pensieri maliziosi (anche un po' incestuosi) di una signora di mezza età
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Lo so che mi guardi. Sono sempre sguardi che durano un attimo, i tuoi occhi che mi scivolano addosso. So che mi guardi e so anche che ti vergogni perché mi guardi.
Sono giovane, ma certe cose ho già imparate a capirle, come funziona la mente di certi uomini. E ho capito anche che tu mi piaci. Anche se potresti essere mio padre, da te mi farei scopare volentieri. Sei un bell’uomo, tutto sommato, ancora attraente. E poi hai una dolcezza di fondo che mi attira. A letto, penso, sei delicato e sai occuparti del piacere della tua donna, non sei il tipo che pensa solo a sè stesso. Secondo me sei anche fedele a tua moglie. E questo mi arrapa ancora di più: portarti a peccare. Con me. La migliore amica di tua figlia, quella che ogni tanto guardi e poi distogli lo sguardo e sicuramente ti vergogni per quello che per un attimo ti è passato per la testa….
È oggi che ho deciso di sedurti, il papà della mia amica. Non c’è occasione migliore. Tua moglie fuori per lavoro, e la mia amica che ha interrotto lo studiare insieme per andare in palestra. Io e te soli in casa. Avrei dovuto raccogliere i libri, salutare e andare via, come ho fatto tante altre volte.
Ma oggi no, è diverso. Ti guardo diritto negli occhi mentre comincio a sollevare la mini. Le gambe me le hai guardate prima, lo so. Chissà cosa hai pensato. Sistemo le calze. Davanti a te. Consapevole che stai guardando e che ti riesce sempre più difficile stavolta distogliere lo sguardo. Ci provi. Sposti gli occhi. Poi tornano su di me. Queste calze bianche. Da educanda. Ma indossate con il reggicalze. Le mie cosce bene in vista.
Balbetti qualcosa. Mi chiedi se vado via. Lo so che vorresti che dicessi sì. Ma non vado via. Sorrido ti guardo e continuo a aggiustarmi le calze sotto i tuoi occhi. Lo so che vorresti alzarti, andare in un’altra stanza, chiudere la porta, cancellare dalla mente quel che ti sto facendo vedere, per evitare di pensarci quando ti masturberai. Ma non lo fai perché come una calamita i tuoi occhi non riescono più a staccarsi. Questa giornata così calda. Questa maglietta così leggera che ho messo. I capezzoli che spingono sotto il tessuto. Il mio seno da cui non puoi più sfuggire, il seno della amica di tua figlia, di una donna….
- Mi raccoglie il libro, signor Paolo?
Ti do del lei come ho sempre fatto. Mi diverte: ti ho in mio potere, ma continuo a chiamarti “signor Paolo”.
Ti chini per raccoglierlo. Ti accarezzo il viso con la mano. Sento la pelle del tuo viso un po’ ruvida per qualche pelo di barba lasciato dal rasoio, da uomo adulto. Gemi. Ti accarezzo i capelli. Potresti anche scappare. Ma non lo fai. Dici solo, sommessamente, un “no” che si sente appena. Sto spingendo la tua nuca. Sto accogliendo il tuo viso fra le mie cosce. Sento quasi un singhiozzo. Passo l’unghia del pollice sul padiglione del tuo orecchio.
Spingo il piede tra le tue gambe. Ti strofino la caviglia contro la patta. Sei duro.
“No, ti prego….”
Povero Paolo, pensi che basti pregarmi di lasciarti stare?
Ti attiro verso di me. Ti sbottono i pantaloni. “no, per favore….” Continui a vergognarti, ma ormai non sei più padrone di quello che fai, vero signor Paolo? Adesso è il tuo cazzo che comanda. Cazzo che è fra le mie mani. Che è duro. Durissimo. Proprio come me lo aspettavo, proprio come lo volevo.
Sei su di me. Sei dentro di me. Stringo le gambe, ti blocco. “Per favore…..sono sposato….” Questa frase la trovo patetica. Ma se è questo che vuoi….
Ti rovescio sulla schiena. Mi chino su di te, mentre comincio a muovermi sul tuo cazzo. “E allora diremo che l’amica di tua figlia ti ha stuprato sul divano di casa, va bene, signor Paolo?”
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Fu mia sorella a dire ad Emanuele che quel giorno facevo il compleanno. “Ecco, fu il mio commento, tua madre non si fa mai i fatti suoi, e così ora che compio oggi 60 anni non è più un segreto!”
Lei gli aveva detto di assicurarsi che lo festeggiassi….e di portarmi fuori.
E, sessant’anni o meno, non chiedevo di meglio.
Quando mi vide Emanuele non cercò nemmeno di nascondere quanto colpo avessi fatto su di lui. Trucco, scollatura, la gonna corta, sapevo di essere sexy.
Erano passati alcuni giorni da quella sera in cui avevamo fumato insieme. Non riuscivo a non pensare a zia Margherita e alle sue gambe e alle sue labbra sulle mie e alla sua lingua che accarezzava la mia bocca….mi chiedevo cosa fosse stato sogno provocato dal fumo e e cosa realtà …ma la realtà era che mi segano freneticamente ogni notte ormai.
Mia madre mi telefonò per dirmi che era il compleanno di zia e che per ricambiare la sua gentilezza doveva portarla fuori a festeggiare, visto che era sempre da sola.
Quando glielo dissi, zia mi parve contenta.
Ma non ero preparato quando la vidi, pronta per uscire. Era fantastica. I capelli, il rossetto, le tette strizzate, e poi praticamente in minigonna e le gambe in calze scure velatissime. Ai piedi tacchi altissimi che la facevano alta quanto me….
Ero molto orgogliosa di uscire per festeggiare il compleanno con mio nipote. Ed ero anche molto compiaciuta di come mi aveva fissato quando mi aveva vista pronta per uscire.
Entrai nel ristorante, mettendogli il braccio sotto il suo. Sguardi di uomini e donne che mi seguivano, ammirati gli uni, invidiose le altre. Ma quello che mi interessava era mio nipote, seduto lì accanto a me al tavolino così stretto che era impossibile che le ginocchia non si sfiorassero. E quando lui cercò di ritrarsi, fui io stessa a mettergli una mano sulla coscia e riportarla a contatto della mia.
Al ritorno, nel taxi, continuai a tenere le gambe a contatto con le sue. Le mani si sfiorarono, poi le dita si intrecciarono. Gli carezzai dolcemente la nuca ringraziandolo per la serata. “Una serata così bella erano anni che non la vivevo, tesoro!”
Fui agitato tutto il tempo. Zia era ancora più allegra del solito. Si mise a braccetto con me quando entrammo nel locale, e durante la cena diverse volte sentii le sue ginocchia contro le mie. Anche in taxi, tornando a casa, stava seduta vicinissima a me e a un certo punto non so come ci tenevamo per mano e lei mi accarezzava dietro la testa….Arrivati a casa, la principale mia preoccupazione era diventata nascondere l’erezione che era aumentata tutta la sera…..
Entrati a casa, gli dissi che l’unica cosa che mi mancava era ballare un po’ con lui. Lo mandai a mettere della musica mentre versavo per entrambi ancora del vino.
Cominciammo a ballare avvinghiati. Con i tacchi alti, potevo guardarlo dritto negli occhi. Gli misi le mani sul culo e senza più remore lo attirai a me. “zia…” mormorò.
Con una mano gli afferrai e strinsi la patta. Era durissimo, come sapevo che lo avrei trovato. “zia…” esclamò di nuovo, stavolta allarmato. Ma la mia lingua era già nella sua bocca..e non poté dire altro.
Ballando non sapevo che fare, ma lei mi strinse fortissimo. Poi sentii la sua mano che mi stringeva il cazzo attraverso i pantaloni. Mai avevo provato una cosa del genere…provai a dire qualcosa, ma sentii la sua lingua che entrava con forza nella mia bocca….e da lì fu la nebbia nel cervello…..
Tenendolo per mano lo portai nella mia camera. Lo spogliai, nudo. Spinto sul letto, accarezzai il suo corpo e poi cominciai a baciargli e leccargli il pene. Emanuele si lasciava fare. Usavo la punta della lingua per stuzzicargli il glande, mentre con le unghie accarezzavo il pene. Gli accarezzai i testicoli e poi spinsi la carezza più giù, tra le sue natiche, finché non venne come una fontana.
Mi ritrovai nudo sul suo letto con lei che mi guardava. Si impossessò del mio cazzo e se lo mise in bocca. Succhiava, leccava, mordicchiava e io non avevo mai provato niente di simile. Sentivo la sua mano che stringeva le palle, poi …..e dita, su…alla base del cazzo, poi ….dentro….uno due dita….urlai…..
Ansimante, mi lasciai guardare mentre mi spogliavo. Non avevo alcuna vergogna a mostrargli il mio corpo da sessantenne, ora che vedevo il suo pene tornare rapidamente eretto. “Vuoi che tenga le calze?” gli chiesi mentre mi sdraiavo accanto a lui.
Fece sì con il capo e cominciò a baciarmi il seno. Mi rovesciai sulla schiena ed Emanuele venne sopra di me. Volevo sentire il suo cazzo dentro di me. Ma prima c’era un’altra cosa che non provavo da tempo….
“Vieni tra le mie cosce, amore, e leccamela….” gli dissi, sollevando le gambe sulle sue spalle e attirando il suo viso in mezzo alle gambe “fammi urlare di piacere…” gli dissi. Sapevo che il mio splendido nipote, a differenza degli altri amanti di una notte, non mi avrebbe deluso.
(3/fine)
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Fu qualche giorno dopo, sistemando la sua camera. C’era un odore….inconfondibile. Non sono così vecchia da non capire o riconoscerla, la marijuana!
“E così fumi?” gli dissi più tardi, prendendolo di sorpresa. Provò a negare, ma gli dissi ridendo che era inutile. Mi pregò di non dire nulla, e gli risposi sorridendogli che avrei tenuto il segreto….solo a condizione che avesse fatto fare un tiro pure a me!
Quella sera ci sistemammo di nuovo sul divano, e ci passammo più volte lo spinello. Eravamo tutti e due rilassati, allegri, e una piacevole sensazione di calore mi percorreva il corpo.
“Aspetta qui, torno subito!”, gli dissi, “ma non te lo fumare tutto da solo!”
Quando zia scoprì che fumavo, mi sentii morire. Già mi sentivo sempre più strano, a vivere con lei. Ora, aveva scoperto il mio segreto. La cosa che mi disse subito dopo però se possibile mi scosse ancora di più. Non potevo crederci che zia mi avesse chiesto di farle fare un tiro! Ma se era lei a chiederlo….
Mi cambiai e tornai da lui. Il vestito era aderente e mi piaceva come mi modellava il corpo. Mi appoggiai mollemente sul divano sollevando le gambe. Gli dissi di farmi fare un tiro. Mi guardava. “Ti piacciono queste di calze, tesoro?” Non mi preoccupavo che il vestito già corto in quella posizione risalisse, rivelandogli anche il bordo delle calze.
Era deliziosamente affascinato, il mio nipotino, e mi fece i complimenti anche per le scarpe con il tacco che indossavo.
Fu a quel punto che, come la sera prima, improvvisamente mi chinai su di lui. Schiacciai le mie labbra sulle sue. Gli presi le guance fra due dita, costringendolo a schiudere le sue. Poi soffiai il fumo nella sua bocca, mentre con la punta della lingua gli leccavo il labbro superiore.
“Sai, ai miei tempi si faceva così….” Gli sussurrai.
Mentre ci scambiavamo lo spinello, zia aveva un’aria rilassata, quasi sognante. Accidenti non avrei pensato che una signora di quella età potesse fumare….e che se lo godesse così tanto…Ero emozionato, e turbato, anche io da quella situazione, eppure mi sentivo bene anche io…e non volevo che finisse. Per questo rimasi dispiaciuto quando zia si alzò e andò nell’altra parte della casa. Avevo forse fatto qualcosa di sbagliato?
Quando tornò, mi lasciò a bocca aperta. Aveva messo su un vestito nero aderente, e incredibilmente corto! Si sdraiò sul divano e mi chiese di nuovo di fare un tiro….Aveva delle calze velatissime, e il vestito lasciava vedere il bordo delle calze. Quelle gambe mi stavano facendo impazzire. Il mio lui si imbizzarrì dentro i pantaloni. Non sapevo che dirle. Balbettai, come la sera prima, che quelle calze erano bellissime e che le stavano bene anche le scarpe con il tacco. Mi sentivo un idiota, ma il peggio doveva venire: all’improvviso, mi afferrò il viso fra le mani, schiacciò le sue labbra sulle mie e mi soffiò dentro il fumo….forse sognai, ma mi parve che con la lingua mi leccasse addirittura le labbra….
Mi alzai e lo lasciai solo, chiedendomi se un ragazzo di quella età, così pieno di energie, si sarebbe masturbato quella notte…..
Rimasi lì come un cretino, mentre la guardavo andare a dormire. Non capivo cosa fosse successo. Come ubriaco andai a letto anche io. La testa mi girava per lo spinello…..ma quella notte mi masturbai nel letto tre volte…..e pensavo a zia Margherita!
(2/continua)
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Quando seppi che il figlio di mia sorella incontrava difficoltà a trovare una stanza nella città dove avrebbe frequentato l’Università, mi venne naturale offrirmi di ospitarlo.
“So che abito lontano dalla sede della Università che Emanuele dovrà frequentare, ma, con il treno, ci mette 30-40 minuti da qui. Per il resto, come sai, la casa è spaziosa, io ci vivo sola, avrebbe la sua stanza, la sua indipendenza. Io posso occuparmi di lui e risparmierebbe un bel po’ per l’affitto, non pensi?” fu quanto dissi a mia sorella.
La mia proposta era così vantaggiosa e ciò convinse facilmente mia sorella. Emanuele, forse un po’ meno, e potevo comprendere che un ragazzo desiderasse vivere completamente da solo, anziché andare ospite di sua zia. Non lo vedevo da parecchio, da quando era un ragazzino.
Mi ritrovai davanti un ragazzo di diciannove anni, molto carino, alto, un bel fisico. Fui felice di avere la sua compagnia: a 59 anni, vedova da alcuni anni, complice il vivere in campagna, avevo finito con l’essere un po’ solitaria, e ritrovare la casa animata da un’altra presenza non mi dispiacque.
Non ero per niente felice all’idea di andare a vivere a casa di mia zia. Non la conoscevo bene, visto che aveva sempre vissuto lontano. Immaginavo una vecchia signora vedova e sola, bisognosa di aiuto nelle faccende di casa, impicciona, una casa piena di muffa. Ma se volevo frequentare l’Università non c’era alternativa. Ma quando la vidi capii subito che tutte le mie idee erano sbagliate. Zia Margherita era certamente più grande di mamma, e fra noi c’erano 40 anni di differenza. Ma sembrava decisamente più giovane della sua età. La sua vita era stretta e i suoi fianchi si allargavano in modo femminile, portando l'occhio verso il basso a gambe piuttosto lunghe e belle, con una gonna al ginocchio e delle calze scure. Aveva i capelli sul biondo, ben pettinati, occhi verdi, truccata con un rossetto color rosso brillante, le unghie smaltate pure di rosso. Inoltre era allegra, giovanile, e non sembrava per niente intenzionata a controllare ogni cosa che facevo….
Emanuele era discreto, attento, e anche se mi occupavo io di cucinare e lavare, cercava di non pesare: si rifaceva da solo il letto, mi aiutava con la spesa…
Più volte, i quei primi giorni, sorpresi i suoi occhi su di me. Gli sorridevo e lui di rimando, arrossiva. Di giorno andava a lezione, al pomeriggio studiava, e la sera non avendo ancora amici, restava a casa e si guardava la televisione insieme. Fu una di queste sere che mi chiese come mai ero sola, e risposi che dopo aver conosciuto alcuni uomini, dopo la morte di mio marito, ed esserne rimasta delusa, preferivo fare a meno di storie. “E poi adesso ci sei tu”, dissi innocentemente, ma gli vidi diventare rosse le orecchie.
Il sabato sera cominciammo a uscire insieme: lo portavo a una pizzeria poco lontana da casa, o a un ristorantino tranquillo, senza entrare in città. Mi truccavo e mettevo lo smalto rosso sulle unghie che sembrava piacergli. Mi piaceva, infatti, come mi osservava, certamente vestita in modo diverso dalle ragazze che frequentava. Mi piaceva anche come arrossiva. E come educatamente scostava la sedia per farmi sedere o apriva la portiera dell’auto….
Con zia mi trovavo davvero bene. Senza essere maniaca dell’ordine si occupava di me e io cercavo di rendermi utile in casa. Sapeva essere spiritosa e non aveva mai insistito perché la sera restassi con lei, anche se certamente essere in mia compagnia le faceva piacere. Non avevo ancora fatto amicizie, ma restare con zia non mi annoiava per niente….Fu lei a propormi di uscire insieme per mangiare fuori qualche volta e questa cosa mi emozionò abbastanza. Mai ero stato invitato da una donna, che guidava e pagava lei la cena. Quando usciva, zia si cambiava sempre d’abito. In pizzeria notavo che quando entravamo diversi uomini la guardavano. E anche io….bè non passava inosservata. Mi vergognavo un po’, ma non riuscivo a non approfittare, quando le tenevo la portiera dell’auto aperta e lei si sedeva al posto di guida, per guardarle le gambe che la gonna scopriva….
Una sera eravamo sdraiati sul divano, a chiacchierare del più e del meno. Mi accorsi che mi guardava le gambe, che tenevo rannicchiate sotto di me sul divano. Quale donna non lo avrebbe notato?
Con civetteria tutta femminile, allora le allungai. “Ti piacciono questi collant ?” Si, belli, rispose, non senza imbarazzo. “Forse troppo poco velati, vero? Sono da signora anziana, come me, le ragazze li portano più velati…” Rispose che le ragazze che conosceva lui non portavano proprio calze e….che non gli sembravo “anziana”.
Quella risposta mi fece molta tenerezza. Avevo 40 anni più di lui! Ero più vecchia di sua madre, mia sorella. Allungai le gambe sul divano, fino a toccargli le ginocchia con le dita dei piedi.
Quella sera avevamo spento il televisore. C’era della musica in sottofondo. Sorseggiavamo del vino. Ne avrò bevuto un po’ troppo. Si, sarà stato questo il motivo per cui, nell’alzarmi e dargli la buonanotte prima di andare a letto, mi protesi su di lui e sfiorai le sue labbra con le mie…solo un istante, solo un bacio…tra zia e nipote…..
Quella sera…non so cosa mi prese…..lei era seduta rannicchiata sul divano….aveva quelle calze scure opache e io non riuscivo a non guardarle le gambe. Pensavo che non avrebbe potuto notarlo, ma poi quella domanda (“Ti piacciono questi collant?”) mi fece accelerare di colpo il battito del cuore…..Risposi di sì balbettando, maledicendomi perché mi sentivo uno sciocco. Ma poi lei allungò addirittura le gambe verso di me, sentii i suoi piedi toccarmi….e la mia confusione aumentò perché il mio coso si era decisamente svegliato tra le gambe. Ero terrorizzato che lei potesse accorgersene….ma quello fu niente rispetto al momento in cui zia mi diede il bacio della buonanotte, non sulla guancia come sempre, ma sulle labbra. Solo un attimo ma mi parve di sentire perfino il sapore del suo rossetto…..Forse abbiamo bevuto troppo vino sia io che lei…pensai, dopo, nel letto, senza riuscire ad addormentarmi e calmando la mia eccitazione nell’unico modo che potevo…..
(1/continua)
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My lawyer's wife fucks with me because her husband allows it and enjoys her cuckolding. She is a beautiful trophy woman who fucks like no one else.
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- Queste scarpe mi uccidono….., dico con una smorfia mentre mi lascio cadere sul divano e ne sfilo una….
Siamo di ritorno dal matrimonio di mia nipote. Ovviamente, come nonna della sposa, sono stata particolarmente attenta a presentarmi elegante e a posto, sapendo che avrei avuto con il resto della famiglia gli occhi addosso degli altri invitati.
Ma forse alla mia età non posso più permettermi di tenere i tacchi alti per tante ore….
- Vu….vuoi che ti aiuti, nonna?
A parlare è mio nipote, l’altro, il maschio, più piccolo di sua sorella la sposa. È lui che mi ha riaccompagnato a casa. Ci siamo divisi in più auto dopo la cerimonia e Marco mi ha fatto da autista. Sotto casa, gli ho detto di salire con me. Sembrava contento.
Adesso, quella frase mi ha un po’ sorpreso. Lo guardo. È arrossito. Però non so che dire, è una offerta così dolce….
Si inginocchia davanti il divano. Sfila una scarpa con delicatezza. Prende il mio piede tra le mani. Comincia a massaggiarlo. Sono ancora più stupita, ma devo ammettere che era proprio ciò che mi ci voleva…..
- A…a…anche l’altra, nonna?
Non rispondo, ma gli porgo il piede. Sfila anche l’altra scarpa. Le sue dita mi massaggiano i piedi. Avvolgono i talloni. Passano delicatamente sotto la pianta. Inarco il piedino. Massaggia, o dovrei dire piuttosto accarezza, le dita.
Mi sfugge un gemito. - Sei bravo….
Il massaggio è ancora più intenso. E me lo godo. Avvolge con le dita la caviglia, pressa nei punti giusti. È tutto intento nel suo lavoro, lo guardo ma tiene il capo chino, non lo solleva nemmeno verso di me.
- Ma dove hai imparato?, dico ridendo.
Mi sembra che inghiotta a vuoto. - V..vu…vuoi che smetta, nonna?
- oh no, assolutamente, rispondo e inarco ancora i piedini.
- Ha…hai dei piedi bellissimi, nonna….
Che dolce complimento. Da mio nipote, ma pur sempre un complimento, e per una vecchia signora….
- Lo pensi davvero o lo dici solo per fare contenta tua nonna?
Che perfida che sei, così lo metti in imbarazzo, il cucciolo.
Ma lui continua, quelle dita, quello sfiorare delicatamente, ora la monta, ora la pianta dei miei piedini, mmm, non riesco a non pensare a quanto siano sensuali quelle carezze. Cosa mi sta succedendo?
- Si, lo p…pp…penso….
-Grazie Marco, quelle scarpe sono eleganti, ma così strette……
Mi sfugge ancora un gemito, quando Marco prende un piede fra le mani e lo porta alle labbra, e le poggia sopra, per un bacio.
O forse sono stata io a spingere il mio piede verso la sua bocca, fino a premerlo sulle sue labbra….
Che importa. Adesso è la pianta, poggiata sul suo viso, che lui bacia. E poi le dita. E poi di nuovo la monta, e la caviglia, risalendo, finché non è la punta della sua lingua che sento attraverso le calze sulla pelle e lui che comincia a leccare piano la gamba….
Potrei fermarlo, certo, allontanarlo, tirare indietro le gambe, sgridarlo…..Invece poggio l’altro piede sulla sua guancia e lo uso per accarezzargli il viso….
- N…no…nonna, hai delle c..ca….calze bellissime, mormora in un sussurro, senza smettere di baciarmi e leccarmi le gambe.
- Davvero ti piacciono le mie calze, amore?, gli dico mettendo una mano sulla sua testa, le dita fra i capelli.
- e….la …riga…., sussurra ancora. Quelle scarpe, con quei piccolissimi pompon, che sapevo avrebbero guidato gli occhi sulla riga delle mie calze….non ho fatto male a metterle, proprio no….
La sua bocca è risalita, mi bacia sulle ginocchia, ora. Si ferma. Solleva finalmente il viso. I nostri occhi finalmente si incrociano.
- s…scu…scusa, nonna. Ho perso la testa…., lo dice strozzato, quasi un singhiozzo.
- Tu solo?, è la mia risposta. Con le dita laccate stringo il suo viso fra le mani. E, dolcemente lo attiro verso il mio grembo. Lo guido a continuare e baciare e leccarmi le calze, mentre allargo le gambe e lo attiro in mezzo alle mie cosce.
Quando le sue labbra arrivano a sfiorare le mutandine di pizzo, emetto un gemito più forte degli altri e un incontrollato riflesso mi fa stringere le cosce sul suo viso. Le sue labbra sentiranno le mutandine bagnate.
Stamattina le ho indossate sopra il reggicalze. Sarà facile farmele sfilare per poi farmelo su questo divano.
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Porto sempre la merenda ai ragazzi mentre studiano, al pomeriggio. È ormai un rito: a una certa ora busso alla porta della camera di mio figlio e porto a lui e ad Antonio, il suo compagno di banco fin dalle elementari, il vassoio, con il tè, i biscotti, le merendine. Sono una brava mamma, giusto?
L’altro giorno la porta non era ben chiusa e quindi….perchè bussare? È stato così che ho sentito chiaramente quelle parole “…..quel gran pezzo di gnocca di tua mamma…”
A dirle Antonio. La voce era bassa, i due stavano confabulando a bassissima voce, i libri aperti, ma, evidentemente, non era sulla lezione che era concentrata la loro attenzione. Ho fatto assolutamente finta di nulla. E loro avranno pensato che non avessi potuto sentire dalla soglia della porta.
Invece….
Ma guarda il ragazzino, ho pensato nei giorni successivi. Eppure senza che provassi indignazione per quella frase così sfacciata. Anzi….e dire che lo conosco da piccolo, chissà da quanto ha sviluppato questa “cotta” per me…..
Comunque sentirmi definire “gnocca”non mi disturba affatto, anzi mi lusinga e mi stuzzica. Antonio è poi un ragazzo adorabile, carino ed educatissimo, niente affatto sfacciato, anzi piuttosto timido e taciturno di solito…..avesse solo qualche anno di più, il fatto che pensi a me come “un gran pezzo di gnocca” più che soltanto lusingare, bè mi farebbe eccitare….
Doveva accadere, ed è accaduto. Antonio che viene a casa, non trova mio figlio, noi due che restiamo soli…..
Lo faccio sedere, anche se solo non è un buon motivo per non preparargli anche oggi il tè con i biscottini. Servirglielo non nella stanza di mio figlio, ma qui in salone. Farlo accomodare sul divano. Sedermi davanti a lui, sul puff….
Che dirgli? Canzonarlo rivelandogli che l’ho sentito definirmi “gnocca”? No, poverino, morirebbe di vergogna. E comunque mi ci sento gnocca, oggi. E da come mi guarda, lo pensa proprio.
È da gnocca questa gonna corta? Si, è vero, mi sono cambiata quando l’ho sentito al citofono, ma lo avrei fatto comunque, non certo per…..fargli vedere le gambe…
Anche i collant ….direi che sono da gnocca….ma porto sempre le calze velate, anche in casa…e a ben pensarci quante volte mi era sembrato che Antonio mi guardasse le gambe mentre stavo in camera loro e attendevo che sorseggiassero il tè …..esattamente come mi guarda le cosce adesso….
Certo, avrei potuto evitare di non mettere il reggiseno. Con il reggiseno, le punte dei capezzoli che si sono induriti sarebbero meno visibili sotto la camicetta. E questi seni gonfi non tenderebbero la camicetta in questo modo, e i capezzoli duri che si vedono non calamiterebbero lo sguardo di questo ragazzo…..
Mi alzo per prendergli la tazza di tè dalle mani. Noto che gli tremano. Mi seggo stavolta accanto a lui. Molto vicina. Non fiata. Spingo il mio corpo a contatto con il suo. Si sposta un po’ ma il divano è finito…..Lo guardo e poggio la mia mano sulla sua. “ Forse disturbo, vado via?” Non rispondo, gli sorrido e porto la sua mano sul mio seno. Spalanca gli occhi. Spalanca la bocca. Mi faccio toccare il capezzolo attraverso la stoffa leggera della camicetta, poi guido la sua mano sulla mia coscia. Mi protendo e gli sfioro le labbra con le mie. Sono morbide, dolci. Gliele lecco con la punta della lingua.
Poi la lingua la spingo tra le sue labbra, gliele faccio aprire, la infilo dentro la sua bocca per il primo vero bacio con una donna della sua vita.
Sento la sua mano contrarsi sulla mia coscia. Anche io gli stringo la patta con la mia. Duro come il ferro. Proprio come lo volevo.
“E così sono un gran pezzo di gnocca, vero?” I miei gesti e l rivelazione che so cosa pensa lo mettono nella confusione totale. Come un bambolotto si lascia guidare in camera da letto, mentre canzonandolo gli dico che merita una punizione…
Mentre lo spoglio nudo, guardo di sfuggita l’orologio per capire quanto tempo ho a disposizione per farmelo. Tre ore almeno, abbastanza per castigare come previsto di fare questo ragazzino insolente.
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Sempre avuto un rapporto molto forte con mio nipote. Forse perché sostituisce il figlio maschio che non ho avuto.
Lui parla e si confida con me molto più che con suo padre e con sua madre, mia figlia. Mi ha sempre raccontato i suoi sogni, le sue idee, le sue emozioni, i suoi problemi. E, da quando è diventato grande, è a me che racconta le sue cotte e le sue delusioni d’amore.
Il mio tesoro non ha fortuna con le ragazze. Saranno le ragazze d’oggi, che disprezzano i suoi modi gentili, timidi, la sua dolcezza. Quante volte ha pianto raccontandomi dei suoi amori non corrisposti. Eppure non è brutto, è solo impacciato. Da nonna l’ho confortato e incoraggiato. Quante volte l’ho stretto a me e accarezzato.
“Dovrei trovare una ragazza come te, nonna…” mi dice. “Sono solo una vecchia signora…” replico. “Sei bellissima, invece….”
Che tenerezza queste parole. E che piacere notare quando mi guarda, non di rado le gambe, e che tenerezza quando gli faccio capire che mi sono accorta e diventa tutto rosso. E che languore mi viene quando lo abbraccio stretto….e sento che si irrigidisce per evitare di stare troppo a contatto con me….”come vorrei trovare una ragazza che mi abbracci come fai tu, nonna….” “E come vorrei trovartela”, penso, senza dirglielo.
L’ennesima delusione d’amore lo ha fatto proprio soffrire. “nessuna mi vuole, nonna, nessuna mi vorrà mai…” Povera stella, penso, mentre lo stringo al mio petto, gli accarezzo il viso e i capelli, cerco di confortarlo, quanto vorrei dimostrarti il contrario….
Stiamo andando a un matrimonio di un familiare. Fuori città, ci fermeremo tutti a dormire in hotel. Mio genero guida, mia figlia sonnecchia sul sedile davanti, io e Marco siamo dietro.
È già buio fuori, in auto c’è silenzio. Marco seduto accanto a me sul sedile dietro sembra che insegua i suoi pensieri. Ma ho visto che spesso il suo sguardo è andato sulle mie gambe. Ne sono lusingata, come lo sarebbe ogni donna. Le muovo e le accavallo. La gonna sale. Le scopre. Lui non perde un movimento. Puoi anche fargli vedere il reggicalze, mi dico, che c’è di male, questo ragazzo si deve svegliare….
Avvicino le labbra alle sue orecchie e gli sussurro: “Ma che guardi?” “N..n..niente, nonna”, è la ovvia, ma bugiarda, risposta.
“Ti piacciono le mie calze?”, insisto, provocatrice. Gli prendo la mano, la guido sulle ginocchia, poi sulle cosce. Lascio che gonna e soprabito vi ricadano sopra per nasconderla. Mio genero è assorto nella guida, mia figlia, sua madre, dorme. E Marco continua il viaggio con la mano che accarezza le mie gambe…..
Il matrimonio è noioso come tutte le cerimonie. La folla di parenti mi da la scusa per evitare Marco. Lo guardo ogni tanto, a distanza, solo, un po’ incupito, non simpatizza con nessuna delle altre ragazze presenti. Peraltro tutte brutte o insipide. Loro.
La festa è finita, tutti salutano e vanno via. Noi siamo troppo lontani per rientrare in nottata. Ci hanno riservato una camera in albergo. Una per mia figlia e mio genero, Marco ha la sua, io la mia.
Quando entro, mi sdraio un attimo, a riposare e ..pensare.
Gli scrivo un messaggio: “Marco, tesoro, non riesco a prendere sonno, mi ci vorrebbe una boccata d’aria. Ho paura però da sola a quest’ora. Mi faresti compagnia? Tra dieci minuti giù nella hall?”
Ovviamente risponde di sì. Ma io faccio passare, dieci, poi quindici, poi venti minuti. Alla fine gli scrivo di nuovo, un nuovo messaggio: “ho cambiato idea. Sono stanca. Vieni a trovarmi in camera?”
Quando bussa gli apro subito. Sbarra gli occhi nel vedere sua nonna accoglierlo in sottoveste. Da quel che è accaduto in macchina in poi non capisce più cosa stia succedendo. Lo faccio sedere sul divanetto che c’è in camera. Sufficientemente piccolo da stargli praticamente addosso. Gli prendo il viso fra le mani, lo costringo a guardarmi negli occhi. “Volevo stare un po’ sola con te” gli dico. Gli faccio appoggiare il viso sul seno. Prendo la sua mano e, stavolta, la guido decisa, non più solo sulle gambe, ma proprio in mezzo alle cosce.
“Pensi sempre che sia bellissima, tesoro?” Un suono strozzato esce dalla sua bocca, a metà fra un sì e un singhiozzo di timidezza.
“Non è vero che nessuna donna ti vuole, amore.” Lo bacio delicatamente sulle labbra. “Ti mostrerò io come ci si comporta con le donne, tesoro. Ti insegnerò io….come si fa l’amore….”
Lo porto sul letto dove si fa spogliare docilmente. Accarezzo il suo corpo. Solo al momento di abbassargli gli slip, il pudore lo trattiene, mi prende il polso. Ma non basta certo questa timida resistenza a fermarmi. Adesso è nudo, e gli accarezzo il pene, duro, grande.
Salgo su di lui mettendomi a cavalcioni. Accarezzo sensualmente il suo petto, i suoi capezzoli, lo sento fremere sotto di me. Mi abbasso su di lui. Quando lo sento penetrarmi mi scappa un gemito di piacere. “Accidenti, nipote, le ragazze di oggi non capiscono proprio niente….” , penso.
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Da non credere cosa può capitare a voler essere gentile con i vicini di casa.
Si erano trasferiti nel condominio da qualche settimana. Padre, madre e un ragazzo adolescente. Non si erano presentati e così mi è sembrato un gesto di buon vicinato andare a bussare io alla porta, e portare un dolce di benvenuto, fatto con le mie mani.
Quando ho suonato il campanello nessuno ha risposto e avevo già girato le spalle per tornarmene nel mio appartamento.
Quando si apre la porta. È il figlio.
“Ciao, gli dico, sono la signora Margherita, quella del piano di sopra. Volevo presentarmi a tuo padre e tua madre e ho portato una piccola torta che ho preparato per darvi il benvenuto….”
Il ragazzo è stranamente tutto rosso in volto. È in tuta e con tutte e due le mani tira verso il basso il bordo della felpa, come se dovesse nascondere qualcosa.
Sono abbastanza vecchia, ed esperta di ragazzi: ho capito subito che, complice il fatto che la casa fosse vuota, stava facendo qualcosa …che avevo interrotto…..
“Mamma e papà non ci sono….” Infatti dice, con un filo di voce. Non un buongiorno, non un grazie, chiaramente imbarazzato. Tanto imbarazzato, e tanto occupato a tirare giù la felpa con le due mani, che non fa nemmeno il gesto di prendermi la torta dalle mani. Sono io che devo chiedergli:
“La torta, posso lasciarla almeno, o devo riportarmela via?” Sorridendo.
A quel punto capisce di esser stato maleducato…”Ah si, prego, scusi” farfuglia. Si scosta dalla soglia, mi fa entrare, ma di prendere questa dannata torta non se ne parla. È evidente che il ragazzino si stava masturbando in beata solitudine e che io lo ho interrotto…..e che il cosino ancora non ne vuol sapere di abbassarsi…
“La poggio in cucina?” chiedo e lui non risponde ma fa cenno di sì con il capo.
Potrei andare via, a questo punto, ma sono molto divertita dalla situazione….e anche un po’ intrigata dall’ immaginare che quella felpa cerca di nascondere un bel pene duro….
Così, senza nemmeno chiederglielo, mi vado a sedere sul divano. Gli sorrido. Mi metto comoda e accavallo le gambe. Faccio cenno con la mano di sedersi vicino a me. “Come ti chiami?”
“Antonio…” risponde a bassa voce. Si vede che soffre per l’imbarazzo, ma non riesce a dire di no alla richiesta di una adulta, e così si viene a sedere vicino a me.
Eh si, l’erezione si vede tutta. Si stava masturbando, chiaramente, tesoro, e forse la mia gonna corta, le calze, quei bottoni della camicetta che con nonchalance ho sbottonato, non aiutano il suo pisellone a ritrovare la quiete.
Lo guardo bene. È carino. Un bocconcino. Mi avvicino a lui. Metto la mia mano sulla sua, per essere pronta a trattenerlo se, impaurito, tentasse di scappar via. I suoi occhi vanno dalle mie cosce al seno. Il pomo d’Adamo nel collo fa su e giù.
“Che hai da guardare, tesoro?” Guido la sua mano sulla mia gamba. Non oppone resistenza, bene. “Forse ti piaccio?”
Resta con la bocca aperta, ma non risponde. Mi chino su di lui, con l’altra mano gli prendo il mento fra le dita, guido la sua bocca verso la mia e lo bacio sulle labbra, facendogliele aprire finché la mia lingua non scivola dentro la sua bocca.
La mia mano lascia la sua che mi sfiora le gambe e va a controllare quanto sia duro sotto la tuta. Con piacere sento non solo che lo è, e tanto, ma anche che sotto la tuta non ha nulla: deve essersi rivestito davvero di fretta quando ho bussato.
Gli abbasso la tuta, continuando a tenergli la lingua in bocca, glielo scopro e lo accarezzo. Lo sento gemere, ma non lo faccio venire, non lì in salone.
“Vieni, mostrami dove è la tua stanza ….” Gli dico prendendolo per mano.
In camera sua lo spingo sul letto, gli ho tolto la felpa, i pantaloni della tuta abbassati sotto le ginocchia. In piedi davanti a lui mi tolgo le mutandine.
“Quando tornano i tuoi?” “Alle 6”, balbetta. “Ottimo” e gli sono di sopra, liberando i seni e dandoglieli da succhiare mentre mi impossesso del suo cazzo per scoparmelo come si deve.
“Da oggi ti aspetto a casa mia ogni giorno a quest’ora, intesi?”, mentre comincia a gemere sotto di me, “e basta seghe!”
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Estate. Caldo. Tutti in vacanza. Tranne io, che sto ancora aspettando che mio marito si decida a interrompere il lavoro e a mettersi in ferie. Mi lascia a casa, in questo periodo in cui non c’è nessuna delle mie amiche in città, nessuno dei vicini, le case vuote, tutti in villeggiatura, anche i negozi chiusi per ferie.
Nessuno nessuno, no. Il figlio dei vicini è rimasto a casa. I suoi sono andati in vacanza, ma lo hanno lasciato solo a casa, per punizione, perché è stato rimandato in alcune materie. Così, niente vacanze, a casa, a studiare, da solo.
Lo vedo sul balcone. Sulla sdraio, un libro svogliatamente in mano, senza maglietta per prendere il sole. È giovane, ma bei pettorali, niente da dire. Non un superfusto ma un bel corpo…..niente male, scopabile direi, certo è così giovane…..
Gli dò chiacchera attraverso il balcone, quando mi affaccio anche io. Risponde timido, a monosillabi, ma come mi guarda il seno attraverso la canotta o le gambe scoperte!
L’eccitazione cresce, la voglia, la noia, mio marito sempre fuori, l’occasione fa la donna….troia!
L’idea che possa essere addirittura vergine mi fa bagnare. Un verginello non me lo sono mai fatta!
Capisco che si cucina da solo e non fa nemmeno la spesa. Lo attiro in casa con l’offerta di una limonata fresca.
Seduta accanto a lui sul divano gli premo il seno sulla spalla. Sfioro la pelle nuda delle sue gambe con le mie. Scopro e gli mostro le autoreggenti.
Quando gli dico che mi sento sola, vedo il pomo d’Adamo che gli fa su e giù ma non reagisce. Con la mano gli accarezzo la gamba. Non sa cosa deve fare e resta fermo. Gli prendo la mano e la porto sulla mia coscia. Le mie dita si infilano nella gamba dei pantaloncini, risalgono, gli toccano il pene.
Non ho voglia di troppe smancerie, ho solo voglia di scoparlo. Gli metto la lingua in bocca mentre gli stringo forte il cazzo con la mano. Non sa baciare! Che cucciolo!
Gli ho tirato giù pantaloncini e slip, un bel cazzo duro svetta davanti ai miei occhi. Mi chino, glielo prendo in bocca e glielo succhio golosa. Geme, urla e poi si lascia andare.
“Chissà quanto ti masturbi, tutto solo a casa” gli sussurro all’orecchio mentre gli salgo a cavalcioni. “Tanto, per lei” risponde a voce bassa.
“Allora, è ora di finirla con le seghe, tesoro” gli dico con tono severo, mentre mi tolgo la canotta. Gli do un capezzolo da succhiare spingendoglielo fra le labbra. Poi arrotolo la minigonna alla vita, scosto le mutandine e gli afferro il cazzo con la mano. Lo guido dentro di me, cominciandolo a cavalcare.
Proprio un bel cazzo questo ragazzo, proprio quel che mi ci voleva per interrompere la noia.
“Quanto stanno via i tuoi genitori?”
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Tre metri. Sette passi. Tanto è lungo il corridoio. Il corridoio che separa la mia dalla camera di mio figlio.
Appena sette passi. Così pochi da fare. Così pesanti come macigni, se quello che pensi è contro la natura, contro la morale, contro ogni convenzione.
Quante volte la notte, ho osservato la sua porta chiusa, dalla soglia della mia stanza. Agitata da pensieri immorali. E quei maledetti sette passi, che separavano il mio essere una brava ed amorevole mamma dall’essere una madre snaturata. Una distanza così piccola, una differenza enorme.
Ci sono state notti in cui alcuni di quei passi li ho fatti. Sono arrivata a metà. A volte sono arrivata anche fin dietro la porta. Ho poggiato l’orecchio, ho sentito il suo respiro addormentato. Una notte ho messo anche la mano sulla maniglia. Non l’ho abbassata, è i sette passi li ho fatti a ritroso, tornando nel mio letto.
Letto, dove non riesco a chiudere occhio. Il divorzio da mio marito. La sua fuga con un’altra. Io che resto sola e che giuro che mi dedicherò solo a mio figlio. Lui che diventa rapidamente così bello al miei occhi, così attraente, così sexy, così desiderabile.
E quei tre metri che separano l’amore dal vizio, che mi dico di non percorrere mai, ma nel frattempo mi accarezzo nel mio letto, e raggiungo l’orgasmo, usando uno i quei giochi che già possedevo quando mio marito c’era ancora e la notte mi ignorava.
Sono solo tre metri, ma sono una montagna che sembra impossibile scalare.
Fino a certe letture, certe storie su internet, certe chat con donne sole come me. Non sei la sola a voler fare quei passi.
E alla fine quei sette passi, stanotte, li percorro leggera. Decisa. Mi sono fatta bella, come altre notti in cui poi non ho avuto il coraggio. Ma stanotte ho la voglia e il coraggio. Mi sono fatta arrapante, pronta a sedurlo.
Sette passi percorsi con passo fermo, il tacco che non mi importa che faccia rumore sul parquet.
La maniglia che cigola. Entrare, vedere la luce fioca dell’abat-jour ancora acceso, anche se la notte è alta. Vedere le coperte aggrovigliate ai piedi del letto. Lui nudo, che si masturba.
Non ero la sola a pensare a quei tre metri che ci separavano.
- Mamma….sussurra immobilizzandosi. Le dita della mano si aprono, da essere strette intorno al suo pene vanno a coprirlo a cercare di nasconderlo.
Ma io, che ho fatto quei sette passi, non ho paura di farne ancora due, fino al suo letto. Sdraiarsi accanto a lui, guardarlo negli occhi, fiera per aver percorso quei metri, spostargli la mano, sostituirla con la mia. Averlo, finalmente.
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Cosa faccio qui? Cosa sto facendo? Sono in auto, parcheggiata, alcuni metri fuori da scuola. E sto aspettando …lui. Che esca da scuola. Già questo dovrebbe spingermi a mettere in moto e andare via. Non lo faccio. Ho perso la testa. Mi sono invaghita di un ragazzo più giovane di mio figlio. Un ragazzo che va ancora a scuola la mattina. E io, qui ad attenderlo.
Tra le gambe sento un fremito. Già l’attesa, il pregustare di vederlo mi fa bagnare. Sei proprio impazzita. Che ti ha preso?
Lo conosci da sempre. Sei amica del cuore della sua mamma. Poi, ti sei accorta di come ti guardava. E anziché riderne e non pensarci hai cominciato a giocare. Sguardi, sorrisi, accavallamenti di gambe, scollature generose, qualche sfioramento solo in apparenza innocente sotto il tavolo. Un gioco di provocazioni che ha portato il ragazzo a cadere nella tua rete. Finché non lo hai sedotto e te lo sei fatto.
Un capriccio. Ma lui è così dolce….e mio dio come ti fa godere Margi.
Così, sei qui, che lo aspetti.
Mi controllo il trucco. Passo le mani sulle gambe, eccitata. Ho messo le calze e il reggicalze stamattina. E senza mutandine. Porca, per andare a prendere un ragazzo adolescente davanti scuola….
Eccoli che escono. Anche lui. Gli accordi sono chiari. Guai a farci notare. L’auto parcheggiata nell’angolo, ad alcune decine di metri dal portone. Lui che cammina, cerca con gli occhi la mia ufo, sorride quando la vede. Ma deve fare finta di camminare diritto. Solo all’ultimo momento aprirà lo sportello e si infilerà nel posto accanto al guidatore. Accanto a me.
Lo guardo. Che voglia di pomiciarlo subito. Anzi, di farmelo subito, qui in macchina, sbottonargli i pantaloni, salirgli di sopra e scoparmelo sul sedile.
Non si può, controllati ancora per qualche minuto.
Metto in moto e sorrido senza dire una parola. Allungo la mano, gli tocco la patta. Poi prendo la sua, e la guido sotto la gonna, sulle cosce. Riporto la mano sul voltante. Lui mi accarezza le gambe, indugia sul reggicalze, poi si spinge in mezzo.
“Devo guidare…” gli dico.
Lo sto portando nella casa appena fuori città rimastami dopo il divorzio. Il mio ex marito neanche sospetta che la usi. Avremo un paio d’ore prima che debba riportarlo a casa, dalla sua mamma. Gli toglierò i vestiti appena chiusa la porta alle nostre spalle. Lo spingerò sul letto. Non ho mutandine, non ho neanche bisogno di spogliarmi. Di sprecare nemmeno un secondo …..
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Stiamo passeggiando in campagna, lui, mio nipote, e io, sua nonna. “Mi accompagni a fare una passeggiata nel prato?” Gli ho chiesto. Lui ha detto subito di sì, è sempre servizievole con la sua nonna.
La giornata è bella, è calda. Gli propongo di fermarsi, di sederci e sdraiarci, di prendere il sole. Il sole sulla pelle è così piacevole. Perché non prenderlo per bene? Mi sfilò il vestito, resto in intimo. Non credo di essere particolarmente osé, ma vedo che lui mi guarda e arrossisce.
Lo invito a togliersi anche lui maglietta e pantaloncini. Resiste. “Resto in mutande, nonna!” “E allora, ti ci ho già visto in mutande, sai?”
Siamo sdraiati in mezzo all’erba ora. Il sole scalda la pelle. C’è silenzio, quiete assoluta intorno a noi. Lo guardo: non è più un bambino, ma un giovane uomo. Gli guardo gli slip. Sono tesi. Sorrido. Lui mi guarda, poi distoglie lo sguardo.
“Che pace!” Dico. La mia mano sfiora la sua mentre siamo sdraiati. Lo sento sobbalzare. Gliela stringo. Mi avvicino a lui. Siamo completamente soli.
Accarezzo il suo petto. Gli slip sono ancora più tesi. Mi viene voglia di toccarli. Di accarezzarlo. Gli è diventato grosso, e duro, e io sono l’unica donna nei dintorni. Io, la sua nonna.
Lo attiro a me, gli accarezzo la nuca, le spalle, la schiena. Lo guardo negli oggi, gli sorrido. È così naturale quando incollo le mie labbra sulle sue. Si irrigidisce. Ma lascia fare. Gli lecco leggermente le labbra. La mia lingua si infila nella sua bocca. Le lingue si intrecciano. Il bacio è inesperto da parte sua, ma ci sono io….
Il bacio diventa lungo, sempre più passionale. La mia mano cerca i suoi slip. Sento attraverso la stoffa il suo pene, durissimo. Senza smettere di baciarlo e di rovistargli la bocca con la mia lingua, gli abbasso gli slip, li lancio lontano.
E poi, tolgo le mie mutandine…..é tanto che non sento un uomo dentro di me, e lui è un maschio perfetto. E sono sua nonna, si….ma non mi importa. Siamo soli, nessuno saprà mai….
È su di me adesso. Impacciato. Sono io ad aver aperto le gambe, ad attirarlo a me. Mi sento bagnata, un lago. Le bocche non si sono ancora scollate l’una dall’altra. Lo stringo a me. Lascio che trovi la strada per penetrarmi. Un’onda di piacere mi attraversa la schiena quando lo sento dentro di me. Le bocche si staccano finalmente. “Vieni, non aver paura, resterà un segreto” gli sussurro, mentre gli do io il ritmo che desidero.
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Impossibile portare un marito a fare shopping insieme. Infatti, mai ero riuscita negli anni di matrimonio.
Ma un figlio è diverso…..Mio figlio, quando gli chiedo di accompagnarmi, non dice mai di no….
Mi segue, non sbuffa, non mi fa fretta mentre provo o scelgo e, soprattutto, mi dà la sua opinione e i suoi consigli quando glieli chiedo, senza mettersi a guardare annoiato il telefonino annuendo distrattamente se gli chiedo se una cosa mi sta bene addosso.
Eccoci qui, insieme, infatti, nel negozio di lingerie della mia amica del cuore. Che, gentilmente, mi ha detto di provare nel camerino più grande che ha e ….di prendermi tutto il tempo che mi serve.
Indosso davanti a lui una sottoveste di seta. Mi piace sentire la sete sulla pelle. Mi muovo davanti ai suoi occhi, pavoneggiandomi. Gioco con i bordi della sottoveste compiaciuta nel mostrargli anche le calze che vorrei abbinare.
“Che ne pensi amore?” E,la risposta, con voce strozzata “stai benissimo, mamma….”
È paonazzo e il bozzo che reca di nascondere con le mani non lascia dubbi. “Grazie dei tuoi consigli, amore. Ora, torniamo a casa…..”
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“Mamma sei pronta?”
Apre la porta senza aspettare che gli risponda, che gli dica che può entrare. E infatti non sono ancora…..presentabile.
Lui resta impietrito, a fissarmi.
“Tesoro, sto ancora finendo di prepararmi…” Ho le braccia alzate, davanti lo specchio, mentre raccolgo i capelli a chignon.
“Lo so che è tardi, ma non preoccuparti, il matrimonio della zia non comincerà mai puntuale….”
“Ma tu sei pronto? Ma cosa fai, lì fermo come un palo?”
Già, cosa fa. Mi sta fissando. Il rosso gli imporpora le guance. Non avrebbe dovuto entrare senza bussare, ma ormai è entrato….
“Che c’è? È forse la prima volta che vedi mamma vestirsi?” Cenno di no con il capo.”Mi hai già visto in intimo, tesoro…” “Così, no…” sussurra…..
Non interrompo quello che sto facendo. Lo guardo dallo specchio, impalato di fianco a me. “Cosa c’è? Non dirmi che non hai mai visto prima una donna con il reggicalze?”
Ho sentito bene? “sei bellissima mamma�� con un filo di voce. Accavallo le gambe, sistemo le calze. “Ti piace questo completo intimo?” Fa cenno di si. Ripete “sei bellissima mamma…” Ha messo una mano davanti. Fa così tenerezza quel gesto. Mi alzo in piedi. Avanzo verso di lui. Gli metto le braccia intorno al collo.
Indietreggia, ma l’armadio lo blocca. “davvero, ti piaccio?” Sussurro mentre cerco le sue labbra. Con la mano gli sbottono i pantaloni. Poi prendo ad aprirgli la camicia, ad accarezzargli il petto, i capezzoli….
“Papà è giù in macchina….” Dice con voce strozzata.
Per fortuna ho messo le mutandine sopra il reggicalze, non devo togliermi tutto, penso. E poi, bisbigliandogli nell’orecchio: “Facciamolo aspettare….”
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È morto e sepolto il vecchio luogo comune secondo cui le donne non sono interessate al sesso fine a sè stesso, ma devono essere innamorate. Un luogo comune consolatorio per gli uomini.
No, alle donne piace il sesso. Hanno bisogno del sesso. Farlo con il proprio uomo è meglio, ma quando sei sola, divorziata, e non hai alcuna voglia di impelagarti in altre storie, e senti comunque la voglia di scopare…..allora devi guardarti intorno….trovare un maschio, e portartelo a letto…..uno qualsiasi, purché abbia tra le gambe il cazzo di cui hai voglia….
E se il maschio più vicino intorno a te….fosse tuo figlio? Potrai mai considerarlo solo un maschio da scopare?
Non ce la facevo più, e, quella sera, lui era di là, nella sua stanza.
Non so quale nebbia si sia improvvisamente impossessata di me, sentivo solo il bisogno fisico di scopare, di scoparlo….
L’incesto, il tabù, niente poteva frenarmi mentre abbassavo la maniglia della sua stanza.
Seduta sul letto lo guardo. Lo sento io stessa il fuoco nei miei occhi. Per non parlare di quello tra le mie cosce. Anche lui mi guarda. Non mi ha mai visto così.
Nessuno dei due dice nulla. Ha capito? Non lo so. Certo è la prima volta che lo sveglio di notte, in sottoveste, che mi seggo sul bordo del suo letto e che fisso il suo corpo….
Senza dire una parola abbasso una bretellina della sottoveste. Scopro un seno. Il pomo di Adamo gli balla. Il sudore comincia a scendergli dalla fronte. Il cazzo a indurirsi.
Si, lo voglio, voglio fotterlo, voglio che mi scopi e niente mi fermerà ormai.
Gli afferrò la mano, lo attiro a me, gli offro il seno da succhiare. Poi lo rovescio sul letto, sono su di lui….
“Mamma, no, cosa …” le sue prime parole. Ma non accetto no, non stanotte. Sono pronta a violentarlo se si fa prendere dal pudore….
Ho già il cazzo tra le mani, fa il ragazzino perbene ma senti come glielo ho fatto venire duro, lo conduco dentro di me, vorace.
È la scopata più bella della mia vita. Il piacere più intenso. L’orgasmo più travolgente. Con mio figlio. Chi dice che non è vero che il piacere più grande si prova nel fare l’amore con l’uomo che ami?
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- Quanto sei bono!
Mi piace parlargli così, in modo un po’ volgare, è un modo per fare capire che mi appartiene..e che sono io che decido.
- Sei proprio un bel pezzo di maschio….
Lo turbano sempre, questi miei complimenti così sfacciati. Trema, anche perché sto accarezzando il suo corpo completamente nudo. Gli pizzico i capezzoli, poi appoggio la mano sul suo sedere, lo accarezzo.
- Proprio un bel culo…
Continuo il mio gioco di provocazione. Ma adesso non è più solo verbale. Affondo le unghie nel gluteo e lo stringo. Poi comincio ad accarezzargli la fessura tra le natiche. Passo le dita, sfiorando e stuzzicando quella parte così sensibile, così intima….Infilo un dito. Adoro penetrarlo così. Mi piace sentire che si irrigidisce. Attiro il suo viso al mio e con prepotenza gli ficco la lingua nella bocca. Con l’altra mano gli stringo il cazzo, ormai duro. Lo limono, e contemporaneamente gl8 stuzzico il buchino e lo masturbo.
Non ci mette molto a venire. Mi scosto per non farmi sporcare il vestito. Il frutto della sua eiaculazione finisce per terra.
- Bravo sporcaccione, ora pulisci….
In ginocchio pulisce il pavimento. In piedi davanti a lui gli sollevo il mento. Sollevo la gonna, allargo le gambe e poi la lascio ricadere sulla sua testa.
Spingo il suo viso contro il mio pube. Lui sa cosa vuole dire. Metto sempre le mutandine sopra il reggicalze. Così me le sfila senza dover perdere tempo a sganciare le calze. Comincia a leccare, come ha imparato a fare. Spingo in avanti il bacino costringendolo a inarcarsi all’indietro, il suo viso incastrato tra le mie cosce. Quando provo l’orgasmo faccio ancora qualche passo in avanti. Lui cade all’indietro, di spalle.
Resta così, nudo sul pavimento. Mi guarda.
Voglio farmelo, li, per terra. Sollevo ancora la gonna e mi abbasso su di lui. Gli pianto le unghie sul petto e comincio a possederlo.
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