#Lago di Como romanzi
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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La sposa del lago di Rita Bonfanti: Un amore perduto nella Como di fine Ottocento. Recensione di Alessandria today
La struggente storia vera di una giovane sposa sul Lago di Como, tra passione, mistero e tragedia, nell'affascinante scenario della fine del XIX secolo.
La struggente storia vera di una giovane sposa sul Lago di Como, tra passione, mistero e tragedia, nell’affascinante scenario della fine del XIX secolo. La sposa del lago, scritto da Rita Bonfanti, è un romanzo storico che ci riporta nella Como di fine Ottocento, raccontando una storia d’amore e mistero realmente accaduta. Il lago, con le sue acque placide e i suoi segreti, diventa il simbolo di…
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daimonclub · 3 months ago
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Citazioni e pensieri sul lago
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Grotte di Catullo Sirmione Lago di Garda Citazioni e pensieri sul lago, aforismi, idee, riflessioni, frasi poetiche sul lago e i laghi, ambienti di vacanza e di relax che creano degli scenari splendidi. Un lago è il tratto più bello ed espressivo del paesaggio. È l'occhio della terra, a guardare nel quale l'osservatore misura la profondità della propria natura. Henry David Thoreau Guardavo il lago, le montagne, il sole e mi risuonava in mente la sua voce, triste presagio di una felicità ogni volta massacrata dalla realtà e quasi risvegliandomi dalla momentanea trance esclamai duramente - Puttana merda - Al diavolo questo aforisma! Carl William Brown Lancillotto del Lago, il più grande di tutti i cavalieri, la cui bravura era superata solo dalla sua nobiltà d'animo. Howard Pyle Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutte a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. Alessandro Manzoni Quanto vorrei avere i miei amici accanto per godere insieme del panorama che mi si presenta dinanzi! Avrei potuto essere fin da questa sera a Verona ma mi si prometteva allo sguardo un’opera ammirevole della natura: il meraviglioso lago di Garda. Goethe
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Lago di Como O Benaco, che gonfi le tue onde e fremi come il mare. Virgilio È il luogo più voluttuoso che io abbia mai visto al mondo. La natura incanta con mille seduzioni sconosciute e ci si sente in uno stato di rara sensualità e raffinatezza. Gustave Flaubert Ricordi sfumati di giornate estive passate al lago con gli amici, e immagini ancora più radicate nella memoria di quando andavo a pescare, accompagnato da mia mamma. Per me questo non è un sollievo, ma pura sofferenza. Carl William Brown Ogni tanto, nelle giornate di vento, scendeva fino al lago e passava ore e guardarlo, giacché, disegnato sull'acqua, gli pareva di vedere l’inspiegabile spettacolo, lieve, che era stata la sua vita. Alessandro Baricco Le frontiere sono i limiti della resistenza. Il lago chiede alle sponde di contenerlo. Georges Braque Finché gli uomini crederanno nell’infinito, alcuni laghi saranno creduti senza fondo. Henry David Thoreau Water is the soul of the Earth. L’acqua è l’anima della Terra. Wystan Hugh Auden If there is magic on this planet, it is contained in water. Se c’è qualcosa di magico su questo pianeta, si trova nell’acqua. Loren Eiseley
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Faro di Desenzano del Garda Spesso la sorpresa viene suscitata nell'anima perché questa non riesce a conciliare ciò che vede con ciò che ha visto. In Italia c’è un grande lago, che viene chiamato Lago Maggiore: è un piccolo mare, le cui rive sono interamente selvagge. In mezzo al lago, a quindici miglia dalla riva, ci sono due isole di un quarto di lega di circonferenza, dette “Borromee”, che sono, a mio parere, il luogo più incantevole del mondo. L’anima è sorpresa da questo contrasto romanzesco, rievocando con diletto i prodigi dei romanzi, nei quali dopo aver superato rocce e paesi aridi, ci si ritrova in luoghi fatati. Charles-Louis de Montesquieu Il segreto della felicità è possedere una decappottabile e un lago. Charlie Brown Abbiamo bisogno di amare. Anche se questo potrebbe condurci laddove i laghi raccolgono fiumi di pianto. Paulo Coelho Non un pesce può saltare, non un insetto può cadere, sul lago, senza che il fatto non venga così riferito da cerchi e increspamenti, con linee aggraziate, quasi fossero il costante zampillare della sua fonte, il dolce pulsare della sua vita, il sollevarsi del suo petto. I brividi di gioia e i brividi di dolore si assomigliano. Henry David Thoreau Le acque tranquille di un lago riflettono le bellezze che lo circondano; quando la mente è serena, la bellezza dell'io si riflette in essa. Belur Krishnamachar Sundararaja Iyengar Il lago e le montagne sono diventate il mio paesaggio, il mio mondo reale. Georges Simenon Su un lago, i fenomeni dell'anno avvengono nell'arco di una giornata, seppure su scala ridotta. In genere, alla mattina, l'acqua bassa si riscalda più rapidamente dell'acqua profonda (anche se non è mai molto calda), e però si raffredda anche più rapidamente, dalla sera alla mattina dopo. Il giorno pare proprio un riassunto dell'anno. La notte è l'inverno, la mattina e la sera sono la primavera e l'autunno, e il mezzogiorno è l'estate. Henry David Thoreau L’estate risplende, il sole riscalda, le mucche depongono torte sui prati… L’estate risplende, il sole riscalda. Si fa finalmente il bagno nel lago. Astrid Lindgren Il lago di Garda non saprei assimigliare ad altro che ad un alto mare chiuso e serrato tra altissimi monti, che stendendosi verso Peschiera, trovate le vie aperte, manda fuori un profondo e largo fiume detto Mincio, che è quello che fa il lago intorno la città di Mantova. Andrea Minucci Fa' che il tuo cuore sia come un lago. Con una superficie calma e silenziosa e una profondità colma di gentilezza. Lao Tzu
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Maderno Lago di garda Il lago, rispetto al mare, trascorsi gli anni dell'adolescenza, mi ha sempre dato l'impressione di essere un posto per vecchi, dove trascorrere magari una convalescenza o preparasi per l'ultimo viaggio verso il cimitero. Carl William Brown Sirmione, perla delle penisole e delle isole, di tutte quante, sulla distesa di un lago trasparente o del mare senza confini, offre il Nettuno delle acque dolci e delle salate, con quale piacere, con quale gioia torno a rivederti; a stento mi persuado d’avere lasciato la Tinia e le contrade di Bitinia, e di poterti guardare in tutta pace. Ma c’è cosa più felice dell’essersi liberato dagli affanni, quando la mente depone il fardello e stanchi di un viaggio in straniere regioni siamo tornati al nostro focolare e ci stendiamo nel letto desiderato? Questa, in cambio di tante fatiche, è l’unica soddisfazione. Salve, amabile Sirmione, festeggia il padrone, e voi, onde del lago di Lidia, festeggiatelo: voglio da voi uno scroscio di risate, di tutte le risate che avete. Catullo I laghi sono le pozzanghere rimaste dopo il diluvio. Ramón Gómez de la Serna I laghi sono un compromesso tra il fiume e il mare: e io non amo i compromessi. Benito Mussolini Quant'è pacifico il fenomeno del lago! Henry David Thoreau Chiudiamo gli occhi per vedere nuotare in un lago infinite promesse Ci rinveniamo a marcare la terra con questo corpo che ora troppo ci pesa. Giuseppe Ungaretti Dentro di me è un lago, solitario, che basta a sé stesso; ma il mio torrente d'amore lo trascina giù in basso con sé? verso il mare! Friedrich Nietzsche La quiete misteriosa, ambigua, affascinante, dei laghi. Di certe persone taciturne. Di alcuni animali silenziosi. Delle piante. Francesco Burdin Il lago era immerso nel silenzio, come se avesse inghiottito tutti i rumori. La superficie sembrava uno specchio, s’increspava a ogni soffio di vento. Si sentiva soltanto, ora alto, ora basso, il canto degli uccelli. Banana Yoshimoto Le case al lago costano sempre di più, anche perché lì l'ambiente è di certo migliore che non lo schifoso e inquinato caos delle città o il misero paesaggio delle periferie. Carl William Brown
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Varenna Lago di Como Vacanze sul lago. Un po' prima che il commendatore lanci la lenza, il cameriere serve l'aperitivo ai pesci. Marcello Marchesi Ora che sono diventato vecchio mi sono reso conto di avere soltanto due certezze. La prima è che i giorni che iniziano con una remata sul lago sono decisamente migliori degli altri. La seconda è che il carattere di un uomo è il suo destino. William Hundert (Kevin Kline) Il mio fantasma riposa, non senza qualche inquietudine, nelle profondità del lago. Scivolato un tempo verso gli ignoti fondali, per dimenticare le memorie delle angoscie passate. Carl William Brown Suso in Italia bella giace un laco, a piè de l’Alpe che serra Lamagna sovra Tiralli, c’ha nome Benaco. Dante Alighieri Forse è così lo spaesamento guardare il lago dalla cima dei monti guardare tutta quell'acqua che sembra ferma in un giorno di pioggia, forte, che nasconde il cielo. Franco Bonvini La mattina, dopo avere zappato o forse dopo avere letto o scritto, di solito mi bagnavo nuovamente nel lago, nuotando attraverso una delle sue insenature, tanto per tenermi in esercizio, e così mi lavavo via la polvere del lavoro o facevo scomparire l'ultima ruga che lo studio mi aveva lasciato, e per il pomeriggio ero completamente libero. Henry David Thoreau Sul lago le vele facevano un bianco e compatto poema / ma pari più non gli era il mio respiro / e non era più un lago ma un attonito / specchio di me una lacuna del cuore. Vittorio Sereni Il matrimonio spesso può essere un lago tempestoso, ma il celibato è quasi sempre uno stagno fangoso. Thomas Love Peacock Che un Dio ci sia, quando si guarda il cielo del lago di Como, è evidente. Robin Williams I saggi, dopo che hanno ascoltato le leggi, diventano sereni, come un profondo, liscio e calmo lago. Buddha Ombre voi dalla luna intrecciate, rompenti in sospiri nel vuoto cristallo del lago montano. Georg Trakl Molte gocce fanno un secchio, molte secchi fanno uno stagno, molti stagni fanno un lago, e molti laghi fanno un oceano. Percy Ross
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Salò Lago di Garda Lancillotto del lago, il prode cavaliere senza macchia, il cui cuore batteva con ardente amore e incrollabile fedeltà per la sua dama. Alfred Tennyson Nulla di tanto bello, puro e insieme tanto ampio, come un lago, forse, giace sulla terra. Acqua-firmamento. Non gli occorrono siepi di sorta. Le nazioni vanno e vengono senza insozzarlo. È uno specchio che nessuna pietra può rompere, il cui mercurio mai si consuma, la cui doratura è sempre riparata dalla natura; nessuna tempesta, nessuna polvere può oscurarne la superficie sempre nuova, uno specchio nel quale ogni impurità che si presenti affonda, spazzata e spolverata dalla nebbiosa spazzola del cielo. Henry David Thoreau Lago di miseria e di lurido fango è il mondo. Il lago è una massa d'acqua che ristagna. non defluisce. Le acque corrotte del mondo sono superbia, lussuria, bramosia di denaro, e mai defluiscono, anzi di giorno in giorno s'accresce il loro livello. Antonio di Padova Le acque tranquille di un lago riflettono le bellezze che lo circondano; quando la mente è serena, la bellezza dell’io si riflette in essa. Bsk Iyengar Piccolo lago in mezzo ai monti - il giorno le calde mucche bevono ai tuoi orli; a notte specchi le stelle - mi sento oggi in un brivido la tua chiarezza. Umberto Saba Quando scriverete la storia di due amanti felici, collocateli sulle rive del Lago di Como. Non conosco contrada più manifestamente benedetta dal cielo; non ne ho mai visto un’altra dove gli incanti di una vita d’amore sembrerebbero più naturali ed iniziatela con queste parole: “Sulle rive del lago di Como". Franz Liszt Avevano scelto il lago di Garda per passare una vecchiaia serena, poi la morte del loro unico figlio, in un incidente proprio vicino al cimitero di Desenzano, aveva trasformato questo desiderio di tranquilla agiatezza vacanziera in un perenne, tragico e angoscioso incubo lacustre. Carl William Brown Se per caso si ha un cuore sensibile, bisogna vendersi anche la camicia pur di vedere i dintorni del Lago Maggiore. Stendhal Se tutti i monti fossero libri, tutti i laghi inchiostro e tutti gli alberi penne, questo non basterebbe ancora per descrivere tutto il dolore del mondo. Jacob Böhome Sul turismo, i laghi e le vacanze, potete anche leggere: Un estate al lago Aforismi e citazioni sul mare Pensieri e riflessioni sulle vacanze Aforismi e citazioni sulle vacanze Citazioni e battute divertenti sulle vacanze Aforismi sul viaggio Riflessioni sul viaggio Italia in breve (E-book) Job tourism in Lombardy Turismo e viaggi Turismo enogastronomico Luoghi più belli del mondo The Lake District Aforismi per argomento Aforismi per autore Pensieri e riflessioni Saggi e aforismi Read the full article
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paoloferrario · 1 year ago
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“Il Rudere”: lì vive lo scrittore Giuseppe Guin
“Il Rudere” è l’antico rifugio dei cavatori di pietra, costruito sul finire del milleottocento, all’interno di una cava di sassi, risalente all’epoca medioevale e situata a Riva di Faggeto Lario, sul lago di Como. Lì vive lo scrittore Giuseppe Guin che in quel luogo, carico di storie e leggende, ha ambientato i suoi romanzi. Home IT – Writer’s Nest Como Home IT
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reginadeinisseni · 1 year ago
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Malombra 1/4
Miranda si compone di tre parti: La lettera, Il libro di Miranda e Il libro di Enrico svolgendo la vicenda di un amore irrealizzato: in Enrico, Fogazzaro avrebbe voluto rappresentare la figura di un giovane poeta estetizzante e troppo egoista per amare altri fuori di sé stesso, un figlio del suo tempo visto nel lato più negativo, mentre in Miranda è raffigurata una ragazza – come scrive il Gallarati Scotti (Vita di A. F.) - «nata tutta dal sogno, anima e corpo, e dei sogni ha perciò il pallore e l'inconsistenza. I suoi piedi non toccano terra e il suo cuore, in fondo, non batte con violenza, come chi ami in questo mondo reale un uomo reale [...] essa ci commuove per quel tanto del mondo interiore che del suo poeta che si accende in lei. Ma non appena essa si muove come un personaggio che è centro di un piccolo intreccio di avvenimenti [...] noi sentiamo che essa non ha mai avuto vita vera».
Se non ai critici e ai letterati, quella poesia piacque però al pubblico dei lettori dei quali solleticava l'allora dominante spirito sentimentale e Fogazzaro ne trasse incoraggiamento per proseguire nella via intrapresa della scrittura letteraria.
Malombra. Protagonista è Marina di Malombra, bella e psicotica nipote del conte Cesare d'Ormengo, nel cui palazzo vive dopo la morte dei genitori. Qui trova casualmente un biglietto scritto nei primi anni dell'Ottocento da un'antenata – moglie infelice del padre del conte d'Ormengo e amante di un certo Renato – Cecilia Varrega, che invitava chi avesse trovato il suo messaggio a vendicarla contro i discendenti del marito.
Il lago del Segrino, dove s'immagina ambientata la vicenda del romanzo Malombra
Puntualmente Marina, che si considera una reincarnazione della disgraziata Cecilia, consumerà la vendetta, facendo morire lo zio Cesare e uccidendo lo scrittore Corrado Silla, a sua volta considerato come la reincarnazione dell'amante di Cecilia. In una notte tempestosa, Marina scomparirà nelle oscure acque del lago.
I protagonisti del romanzo, Marina e Corrado, sono figure che Fogazzaro riprenderà pressoché in tutti i suoi romanzi successivi: Marina è la donna bella, aristocratica, sensuale ma inafferrabile, inquieta e nevrotica; Corrado Silla è l'intellettuale ispirato da importanti ideali che vorrebbe realizzare, ma ne è impedito dalle lusinghe del mondo e dall'inettitudine che lui stesso sente come fondamento del proprio essere.
Nel romanzo, percorso da un'atmosfera morbosa di occultismo, sensualità e morte, Fogazzaro introduce personaggi umoristici e generosi (il segretario del conte e sua figlia Edith, di casta purezza) o macchiettistici, come la contessa Fosca e il figlio Nepo. L'utilizzo del dialetto nei dialoghi di alcuni personaggi e il cogliere l'umana cordialità della provincia lombarda attenua la tensione di mistero e d'imminente tragedia che agita la vicenda.
Il libro, che mostra anche gli interessi spiritisti dello scrittore, suscitò reazioni contrastanti. Criticato da Salvatore Farina e da Enrico Panzacchi, fu parzialmente lodato da Giovanni Verga, che lo definì «una delle più alte e delle più artistiche concezioni romantiche che siano comparse ai nostri giorni in Italia». Anche Giuseppe Giacosa lo descrisse come «il più bel libro che siasi pubblicato in Italia dopo I promessi sposi», ma le maggiori riviste letterarie non lo citarono nemmeno.[1]
La vicenda è ambientata sulle rive del lago del Segrino, un piccolo lago della Brianza comasca. Il palazzo, invece, è l'antica villa Pliniana sul Lago di Como, che Fogazzaro visitò e che con la sua lugubre atmosfera costituì una delle principali fonti di ispirazione del romanzo. La versione cinematografica di Mario Soldati (1942), uno dei capolavori del cinema italiano, venne girata nella stessa villa Pliniana.
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personal-reporter · 1 year ago
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I laghi italiani e la letteratura: i romanzi e i racconti ambientati sulle sponde dei laghi
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I laghi italiani sono luoghi di grande bellezza naturale e attrattiva turistica. Non è quindi sorprendente che siano stati fonte di ispirazione per molti scrittori, che ne hanno raccontato la storia, la cultura e le tradizioni. Tra i romanzi e i racconti più famosi ambientati sulle sponde dei laghi italiani troviamo: Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas (1844), ambientato in parte sul Lago Maggiore. I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni (1827), ambientato in parte sul Lago di Como. La storia di un amore di Dino Buzzati (1960), ambientato sul Lago di Como. Il nome della rosa di Umberto Eco (1980), ambientato sul Lago di Garda. L'isola di Arturo di Elsa Morante (1957), ambientata sull'Isola di Procida, nel Golfo di Napoli. La luna e i falò di Cesare Pavese (1950), ambientato sul Lago di Garda. Il lago di ghiaccio di Primo Levi (1985), ambientato sul Lago di Garda. La ragazza del lago di Andrea Camilleri (2006), ambientato sul Lago di Lugano. L'isola disabitata di Italo Calvino (1945), ambientata su un'isola immaginaria nel Lago Maggiore. Questi romanzi e racconti offrono una visione affascinante dei laghi italiani, che vengono presentati come luoghi di bellezza, mistero e avventura. Il conte di Montecristo di Dumas è un classico della letteratura mondiale che racconta la storia di Edmond Dantès, un giovane marinaio che viene ingiustamente condannato a morte. Fuggito dal carcere, Dantès si vendica dei suoi nemici e diventa un ricco banchiere. Nel corso della sua storia, Dantès visita il Lago Maggiore, dove incontra la marchesa di Villefort e la sua figlia Mercedes, di cui è innamorato. I Promessi Sposi di Manzoni è un altro classico della letteratura italiana che racconta la storia di Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, due giovani innamorati che vengono ostacolati nelle loro nozze dalla malvagità del conte Attilio. Nel corso della loro storia, Renzo e Lucia si rifugiano sul Lago di Como, dove incontrano il cardinale Federigo Borromeo. La storia di un amore di Buzzati è un romanzo d'amore che racconta la storia di Corrado e Giuliana, due giovani che si innamorano durante una vacanza sul Lago di Como. La loro storia è però destinata a finire tragicamente, quando Giuliana viene uccisa in un incidente stradale. Il nome della rosa di Eco è un romanzo giallo che racconta la storia di Guglielmo da Baskerville, un frate francescano che viene inviato a indagare su una serie di omicidi avvenuti in un'abbazia sul Lago di Garda. L'isola di Arturo di Morante è un romanzo che racconta la storia di Arturo, un bambino che vive sull'Isola di Procida con la sua famiglia. Arturo cresce in un ambiente magico e misterioso, che lo porta a riflettere sulla vita, l'amore e la morte. La luna e i falò di Pavese è un romanzo che racconta la storia di un gruppo di amici che trascorrono le vacanze estive in un paese sul Lago di Garda. Il romanzo è ambientato negli anni '30, in un periodo di grande incertezza e violenza. Il lago di ghiaccio di Levi è un romanzo che racconta la storia di un gruppo di prigionieri ebrei che sono costretti a lavorare in un campo di concentramento sul Lago di Garda. Il romanzo è un racconto drammatico e commovente della Shoah. La ragazza del lago di Camilleri è un romanzo giallo che racconta la storia di un commissario di polizia che indaga sull'omicidio di una ragazza sul Lago di Lugano. L'isola disabitata di Calvino è un racconto fantastico che racconta la storia di un gruppo di bambini che scoprono un'isola incantata sul Lago Maggiore. Questi sono solo alcuni dei tanti romanzi e racconti ambientati sulle sponde dei laghi italiani. La letteratura ha contribuito a rendere questi luoghi ancora più affascinanti e misteriosi, e ha permesso ai lettori di conoscere e apprezzare la loro bellezza. Read the full article
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italianaradio · 5 years ago
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NoirFest2019 – Il festival fa pokerissimo
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/noirfest2019-il-festival-fa-pokerissimo/
NoirFest2019 – Il festival fa pokerissimo
NoirFest2019 – Il festival fa pokerissimo
NoirFest2019 – Il festival fa pokerissimo
Cambia la scena e cambiano i protagonisti ma il Noir in Festival che si apre venerdì 6 dicembre a Como non abbassa la guardia: tre giorni fitti di impegni, spettacoli e protagonisti sulle rive del Lago con un’offerta che raddoppia grazie alla collaborazione con AGICI (Associazione Generale Industrie Cine-Audiovisive Indipendenti), che ha scelto il festival come partner per il suo evento annuale, MICI19.
Come sempre in sintonia con la Città dei Balocchi grazie all’impegno dell’Associazione Amici di Como, storico partner del festival, il Noir 2019 si inaugura quest’anno nella cornice suggestiva di Villa Olmo messa cortesemente a disposizione dall’Amministrazione Comunale e per la quale ringraziamo l’attenzione dell’Assessore Carola Gentilini. Sullo sfondo neoclassico della storica Villa si daranno il cambio, tra venerdì e domenica, ospiti eccellenti provenienti da tutta Europa. Si comincia venerdì con i segreti del set più misteriosi nella storia del Noir, Il terzo uomo di Carol Reed con Orson Welles, Alida Valli e Joseph Cotten, raccontati da una protagonista d’eccezione come Angela Allen (allora segretaria di edizione a fianco del regista) che dialogherà con il direttore di Film London, Adrian Wootton, al termine della proiezione nella magnifica versione restaurata.
Sarà poi la volta di tre scrittori che declinano in modo personale il loro rapporto col genere: Piernicola Silvis, il cui racconto della corruzione negli organi dello stato è destinato a fare clamore (Gli illegali, SEM editore), presentato da Vittorio Nessi il 6 dicembre alle ore 18:15; Gino Vignali (della premiata ditta Gino&Michele) con le sue storie di cabaret e intrighi sul filo dell’ironia collocate questa volta nel mondo del fashion e dello spettacolo a Rimini (La notte rosa, Solferino Editore) presentato da John Vignola sabato 7 dicembre alle ore 18:00; per finire con Giancarlo De Cataldo, il maestro di Romanzo Criminale, che a Como porta il suo nuovo giallo storico, Quasi per caso, edito da Mondadori e ambientato ai tempi della repubblica romana nel 1848. A presentarlo sarà ancora John Vignola sabato 7 dicembre alle ore 19:00.
Il noir scandinavo è protagonista anche quest’anno a Como con l’anteprima della serie televisiva Stockholm Requiem in onda a gennaio su LaF dai romanzi di Kristina Ohlsson (da non perdere venerdì e sabato alle ore 15:00) ma anche con la trilogia cinematografica Intrigo diretta dal regista di Millennium, Daniel Alfredson, e ispirata ai romanzi dell’asso del noir svedese Håkan Nesser. Entrambi sono presenti al Noir per accompagnare l’anteprima italiana della trilogia di cui a Como sabato 7 dicembre si vedono i due primi capitoli Morte di uno scrittore (con Ben Kingsley) e Samaria. “Sin dall’inizio – dice Daniel Alfredson – ho avuto l’idea della trilogia, o meglio di un’antologia: tre storie ambientate nello stesso mondo creato da Nesser. Non perché coinvolgano gli stessi personaggi, ma perché affrontano gli stessi temi e il tempo ha in tutte le tre storie un ruolo essenziale. Così è nato il progetto Intrigo”.
E per finire il vincitore del Raymond Chandler Award, il grande scrittore americano Jonathan Lethem che riceverà il prestigioso riconoscimento, una sorta di Nobel per la letteratura noir, dalle mani di Dario Argento che torna a Como per il suo grande affetto per questa terra e i suoi misteri. Esponente di spicco della migliore letteratura postmoderna americana, grande appassionato di cinema e di noir, autore di Motherless Brooklyn, oggi diventato film con la regia di Edward Norton e presente in libreria con il suo romanzo Il detective selvaggio (La Nave di Teseo), Jonathan Lethem dialogherà a Villa Olmo con il critico Sebastiano Triulzi.
Ma il programma nel Noir 2019 (totalmente a ingresso libero) ha anche altre frecce al suo arco: dalla mostra dedicata a Diabolik, il campione del fumetto thriller all’italiana nell’anno in cui il festival celebra anche gli 80 anni del Cavaliere Oscuro, Batman, agli incontri del MICI19 che portano a Como oltre 50 tra autori, produttori e addetti ai lavori in un’edizione spettacolare tutta dedicata al cinema e alla televisione di genere, con la collaborazione della Ticino Film Commission, fino alla presentazione dei nuovi libri di Pietro Berra e Michele Lo Foco (il primo autentico genius loci del cinema sul Lario e il secondo comasco d’adozione).
E poi, da domenica sera… tutti a Milano nel campus universitario di IULM per un programma cinematografico e letterario ricco di sorprese da scoprire giorno dopo giorno, nel segno del noir all’italiana (con la presenza d’eccezione di Marco Bellocchio, invitato da IULM che gli conferisce la Laurea Honoris Causa) e del concorso internazionale per il cinema. Si chiude con le premiazioni la sera di mercoledì 11 dicembre per darsi appuntamento tra un anno, dal 4 al 10 dicembre 2020.
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
NoirFest2019 – Il festival fa pokerissimo
Cambia la scena e cambiano i protagonisti ma il Noir in Festival che si apre venerdì 6 dicembre a Como non abbassa la guardia: tre giorni fitti di impegni, spettacoli e protagonisti sulle rive del Lago con un’offerta che raddoppia grazie alla collaborazione con AGICI (Associazione Generale Industrie Cine-Audiovisive Indipendenti), che ha scelto il festival […]
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Chiara Guida
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La bellezza spesso è una questione di prospettiva. Cambia in ragione del tempo, del luogo e dell'età (soprattutto quest'ultima: cose che da piccoli non ci convincevano, da adulti non ne possiamo fare a meno e viceversa). Tuttavia il lago lo puoi guardare dalla strada, dal cielo, dall'acqua, da giovane, da vecchio, per diritto e per rovescio, con il sole o con la tempesta, ma rimane sempre bello, incantevole e appetitoso come una pizza fumante. . . . . #Bookstagram #bookstagrammer #instabook #instalibri #libri #librisulibri #libriconsigliati #lettori #leggere #leggeresempre #leggerechepassione #scivere #scriveresempre #scriverechepassione #scrittori #scrittoriemergenti #letture #bookgeek #bookaddict #instalibro #romanzi #scrivopostmoderno #landscaper #laghi #lakecomo #lettura #letturatime (presso Villa del Balbianello- Lenno, Lake Como) https://www.instagram.com/p/B1smUlan4I3/?igshid=vm7qg73gfsl9
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lunatikgoeswild-blog · 6 years ago
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VENERDI' 24 MAGGIO, APERTURA IN GRANDE STILE PER LO SPIRITO DEL PIANETA... CON DAVIDE VAN DE SFROOS... PRIMA DATA DEL TOUR DOPO DUE ANNI DI ASSENZA DALLE SCENE
  FESTIVAL dei Popoli indigeni
“LO SPIRITO DEL PIANETA”
 @ Polo Fieristico – Chiuduno (BG)
Via Martiri della libertà
VENERDI’ 24  MAGGIO
  DAVIDE VAN DE SFROOS
“VANTOUR 2019”
Dopo il successo del tour teatrale “Tour de Nocc”, il cantautore e scrittore DAVIDE VAN DE SFROOS annuncia le prime date estive del nuovo “VANTOUR 2019”.
A differenza del tour teatrale, il live estivo si presenterà in una veste più coinvolgente per far ballare e cantare il pubblico. Lo spettacolo, infatti, sarà arricchito da nuovi strumenti e suoni, in particolare dal basso e dalla fisarmonica, che regaleranno ai brani più famosi del suo repertorio delle sfumature nuove.
 Affiancheranno sul palco Davide Van De Sfroos i musicisti Alessandro De Simoni (Fisarmonica), Simone Prina (basso), Angapiemage Galliano Persico (violino, tamburello, cori), Riccardo Luppi (sax tenore e soprano, flauto traverso), Paolo Cazzaniga (chitarra elettrica e acustica, cori) e Francesco D’Auria (batteria, percussioni, tamburi a cornice, hang).
 biografia
 Davide Bernasconi, in arte Davide Van De Sfroos, è un cantautore e scrittore nato a Monza e cresciuto sul Lago di Como, il cui nome d’arte rappresenta una tipica espressione del dialetto tremezzino (o laghée) traducibile con "vanno di frodo".  In diciassette anni di carriera musicale ha pubblicato sei album di inediti, ha ricevuto il Premio Maria Carta, ha vinto due volte il Premio Tenco (“Miglior autore emergente” nel 1999 e come “Migliore album in dialetto” nel 2002) e ha pubblicato cinque romanzi editi da La Nave di Teseo e Bompiani. Nel 2011 si è classificato quarto alla 61ª edizione del Festival di Sanremo con “Yanez”, brano che ha dato il nome al quinto album, certificato disco d’oro. Il brano "El Carnevaal de Schignan", tratto dall’album “Yanez”, viene scelto come colonna sonora del film “Benvenuti al Nord”. Nel 2012 partecipa nuovamente al Festival di Sanremo ma come autore del brano "Grande mistero" interpretato da Irene Fornaciari. Nel 2015 esce l’album “Synfuniia” (Batoc67/Universal Music), contenente 14 brani storici del cantautore comasco riarrangiati dal M° Vito Lo Re per la Bulgarian National Radio Simphony Orchestra. Recentemente ha pubblicato i libri “Ladri di foglie” e “Taccuino d'ombre”, editi dalla casa editrice La Nave di Teseo.
  Ingresso libero
Presente struttura al coperto
che garantirà la realizzazione degli spettacoli anche in caso di maltempo
Orari di apertura del centro
Sabato: ore 17.00
Domenica: ore 12.00
Tutti i giorni feriali: ore 19.00
 INFOLINE
ASSOCIAZIONE LO SPIRITO DEL PIANETA
cell : 347 5763417 - [email protected] -  www.lospiritodelpianeta.it
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shunkawakan-ita · 6 years ago
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VENERDI' 24 MAGGIO, APERTURA IN GRANDE STILE PER LO SPIRITO DEL PIANETA... CON DAVIDE VAN DE SFROOS... PRIMA DATA DEL TOUR DOPO DUE ANNI DI ASSENZA DALLE SCENE
  FESTIVAL dei Popoli indigeni
“LO SPIRITO DEL PIANETA”
 @ Polo Fieristico – Chiuduno (BG)
Via Martiri della libertà
VENERDI’ 24  MAGGIO
  DAVIDE VAN DE SFROOS
“VANTOUR 2019”
Dopo il successo del tour teatrale “Tour de Nocc”, il cantautore e scrittore DAVIDE VAN DE SFROOS annuncia le prime date estive del nuovo “VANTOUR 2019”.
A differenza del tour teatrale, il live estivo si presenterà in una veste più coinvolgente per far ballare e cantare il pubblico. Lo spettacolo, infatti, sarà arricchito da nuovi strumenti e suoni, in particolare dal basso e dalla fisarmonica, che regaleranno ai brani più famosi del suo repertorio delle sfumature nuove.
 Affiancheranno sul palco Davide Van De Sfroos i musicisti Alessandro De Simoni (Fisarmonica), Simone Prina (basso), Angapiemage Galliano Persico (violino, tamburello, cori), Riccardo Luppi (sax tenore e soprano, flauto traverso), Paolo Cazzaniga (chitarra elettrica e acustica, cori) e Francesco D’Auria (batteria, percussioni, tamburi a cornice, hang).
 biografia
 Davide Bernasconi, in arte Davide Van De Sfroos, è un cantautore e scrittore nato a Monza e cresciuto sul Lago di Como, il cui nome d’arte rappresenta una tipica espressione del dialetto tremezzino (o laghée) traducibile con "vanno di frodo".  In diciassette anni di carriera musicale ha pubblicato sei album di inediti, ha ricevuto il Premio Maria Carta, ha vinto due volte il Premio Tenco (“Miglior autore emergente” nel 1999 e come “Migliore album in dialetto” nel 2002) e ha pubblicato cinque romanzi editi da La Nave di Teseo e Bompiani. Nel 2011 si è classificato quarto alla 61ª edizione del Festival di Sanremo con “Yanez”, brano che ha dato il nome al quinto album, certificato disco d’oro. Il brano "El Carnevaal de Schignan", tratto dall’album “Yanez”, viene scelto come colonna sonora del film “Benvenuti al Nord”. Nel 2012 partecipa nuovamente al Festival di Sanremo ma come autore del brano "Grande mistero" interpretato da Irene Fornaciari. Nel 2015 esce l’album “Synfuniia” (Batoc67/Universal Music), contenente 14 brani storici del cantautore comasco riarrangiati dal M° Vito Lo Re per la Bulgarian National Radio Simphony Orchestra. Recentemente ha pubblicato i libri “Ladri di foglie” e “Taccuino d'ombre”, editi dalla casa editrice La Nave di Teseo.
  Ingresso libero
Presente struttura al coperto
che garantirà la realizzazione degli spettacoli anche in caso di maltempo
Orari di apertura del centro
Sabato: ore 17.00
Domenica: ore 12.00
Tutti i giorni feriali: ore 19.00
 INFOLINE
ASSOCIAZIONE LO SPIRITO DEL PIANETA
cell : 347 5763417 - [email protected] -  www.lospiritodelpianeta.it
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tmnotizie · 6 years ago
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PORTO SAN GIORGIO – Ultimo appuntamento per “Il porto degli autori” la serie di incontri e confronti con gli scrittori realizzata dall’Assessorato alla Cultura e curata dal direttore artistico Francesco Rapaccioni: sabato 6 aprile (ore 17) il teatro comunale ospita un volto noto del panorama nazionale, è quello di Andrea Vitali.
Con il libro “Certe fortune” torna sulla scena il maresciallo Ernesto Maccadò. Già alle prese con gli strani svenimenti della moglie Maristella, che fatica ad ambientarsi, il maresciallo deve anche destreggiarsi tra la monta taurina, la prossima inaugurazione del nuovo tiro a segno e un turista tedesco chiuso a chiave nel cesso del battello: quanto basta per impegnare a fondo la pazienza e la tenuta di nervi perfino di un santo.
Andrea Vitali è nato a Bellano, sul lago di Como, nel 1956. Medico di professione, ha coltivato da sempre la passione per la scrittura esordendo nel 1989 con il romanzo Il procuratore, che si è aggiudicato l’anno seguente il premio Montblanc per il romanzo giovane.
Nel 1996 ha vinto il premio letterario Piero Chiara con L’ombra di Marinetti. Approdato alla Garzanti nel 2003 con Una finestra vistalago (premio Grinzane Cavour 2004, sezione narrativa, e premio Bruno Gioffrè 2004), ha continuato a riscuotere ampio consenso di pubblico e di critica con i romanzi che si sono succeduti, costantemente presenti nelle classifiche dei libri più venduti, ottenendo, tra gli altri, il premio Bancarella nel 2006 (La figlia del podestà), il premio Ernest Hemingway nel 2008 (La modista), il premio Procida Isola di Arturo Elsa Morante, il premio Campiello sezione giuria dei letterati nel 2009, quando è stato anche finalista del premio Strega (Almeno il cappello), il premio internazionale di letteratura Alda Merini, premio dei lettori, nel 2011 (Olive comprese). Nel 2008 gli è stato conferito il premio letterario Boccaccio per l’opera omnia e nel 2015 il premio De Sica.
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pangeanews · 6 years ago
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La storia incredibile di Rudy Truffino, l’uomo che ha perso se stesso nella giungla e diventò Fitzcarraldo (ovvero: dialogo con Jan Brokken)
Se dovessi esagerare direi. L’Indiana Jones che inventò Fitzcarraldo. Ovviamente. Fitzcarraldo era nella testa di Werner Herzog da un pezzo. Però. Sarà per la somiglianza – quel viso scavato in modo indecente – con Klaus Kinski. Sarà per quell’aneddoto. Arrivavi nella Gran Sabana, l’immenso altopiano del Venezuela, dove si getta la cascata più alta del mondo, il Salto Angel, fuori dal convegno degli uomini, dove avverti l’ispirazione delle anaconde e il cicaleccio dei giaguari e… l’ouverture del Don Giovanni di Mozart. La quintessenza dell’arte occidentale in uno dei luoghi più selvaggi al mondo, in quegli anni, poi “un territorio pressoché ignoto; dal punto di vista scientifico ancora inesplorato quanto la luna”. Come Fitzcarraldo – che in realtà si chiama Brian Sweeny Fitzgerald, irlandese d’origine – che vuole costruire un teatro per l’opera nei recessi dell’Amazzonia, e farvi esibire Caruso. L’uomo che ascolta ossessivamente il Don Giovanni si chiama Rudy Truffino, origini italiane – il nonno, orafo di talento, Carlo Giuseppe Domenico Truffino, veniva da Pognana Lario, sul lago di Como, e la nonna, Marta Maria Peverelli, pare avesse soddisfatto le voglie del re d’Olanda, affascinato da lei oltre che dai gioielli raffinati dal Truffino – nato in Olanda, che ha lasciato tutto per la vita nella giungla. Rudy Truffino, ribattezzato “Jungle Rudy” dalla troupe americana di Green Mansions, modesto film del 1959 ambientato in quel grumo selvaggio di mondo, con Audrey Hepburn e Anthony Perkins, è l’Indiana Jones della Gran Sabana: porta in giro ricercatori, naturalisti, nobili – il principe Carlo gli diede un po’ di noie, troppo schifiltoso – e si gode la bestiale solitudine, pur con moglie appresso – e matrimonio disastrato. Rudy, nella giungla, ascolta l’opera e legge tanti libri: forse non è un caso che si sia ritirato per sempre nel nulla venezuelano quando Alejo Carpentier pubblica I passi perduti, nel 1953 (Carpentier “partecipò a una delle prime spedizioni geografiche nella Gran Sabana, riversando poi le proprie esperienze nei Passi perduti, un romanzo sulla giungla, sui rapporti tra bianchi e indios, e sulle forme di musica più primitive; un romanzo in cui Truffino sembrava rispecchiarsi parola per parola”). Ora, però, “alla fine degli anni Ottanta”, Werner Herzog scopre l’incarnazione di Fitzcarraldo. Va a trovare Rudy Truffino nella Gran Sabana. Si parlano. Si confessano. “Truffino ascoltava le sue storie e le capiva; quell’uomo aveva fatto di tutto per realizzare i suoi sogni. Come ringraziamento per il viaggio al Salto Angel, Herzog gli mandò un nastro con la colonna sonora del film, e da allora la voce di Caruso risuonò regolarmente nelle foreste intorno a Ucaima”. Questo è soltanto uno – esemplare – tra i tanti aneddoti della vita di Rudy Truffino evocati da Jan Brokken in un libro di lussureggiante bellezza, Jungle Rudy (Iperborea 2018, pp.320, euro 18,00), tanto da evocare, nel 2006 – il romanzo esce in Olanda nel 1999 – un documentario omonimo. Brokken è geniale nello scandaglio delle vite altrui, dissotterrando episodi remotissimi, disseminando il racconto – che di volta in volta è reportage e detective story, romanzo d’avventura e analisi psicologica – di meraviglie: come aveva fatto, con diversa strategia, nel Giardino dei cosacchi, raccontando Dostoevskij, come ha fatto in Bagliori a San Pietroburgo (entrambi i romanzi sono in catalogo Iperborea) rilevando le fantomatiche esistenze di Anna Achmatova, Vladimir Nabokov, Sergej Esenin… In Jungle Rudy, senza frizioni hollywoodiane, non si cela il dolore, c’è una clamorosa storia d’amore e c’è, su tutto, il desiderio di Brokken di conoscere quell’eccentrico esploratore (“Volevo vedere la leggenda in carne e ossa; volevo sentirlo parlare, ridere, imprecare, vantarsi; volevo vedere con i miei occhi quel corpo temprato da quarant’anni di vita nella giungla”). Un desiderio, va da sé, insoddisfatto – ma è il cerchio che non si chiude, sempre, a dare avvio all’infinito labirinto della letteratura. (d.b.)
Jan Brokken è tra i grandi scrittori olandesi di oggi: nel catalogo Iperborea, oltre a “Jungle Rudy”, vanno segnalati “Il giardino dei cosacchi” e “Bagliori a San Pietroburgo”
Come è nata l’idea di questo libro? In assoluto, come sceglie i suoi soggetti: conta lo studio, l’intuizione sporadica, la casualità?
Un libro dà nascita a un altro. Avevo scritto di avventure e di esploratori come il conte Pietro Savorgnan di Brazzà, Paul Belloni Du Chaillu, Paul Crampel e Henry Morton Stanley nel mio libro africano, The Rainbird, pubblicato in Olanda nel 1991 e in inglese nel 1995. In quello stesso anno, nel 1995, viveva nell’isola caraibica di Curaçao e alcune persone mi raccontarono di Rudy Truffino, una versione attuale del classico esploratore e avventuriero, che viveva nella Gran Sabana, in Venezuela. Bene: dalla terrazza della mia casa a Curaçao potevo vedere, durante le giornate limpide, le montagne del Venezuela. L’idea che potessi trovare lì, nel folto della foresta, un autentico esploratore mi eccitava. All’inizio pensavo che fosse italiano, ma quando ho saputo che era cresciuto a L’Aia e che suo nonno era italiano e suo padre un banchiere olandese, sono rimasto stordito. Potremmo dire: questa è intuizione, questo è il caso. Io dico: questa è una storia che fa per me.
In “Jungle Rudy” ci affascina, tra le altre cose, il mito della giungla, del ‘selvaggio’, l’esilio dal mondo civilizzato. Lei è uno scrittore: ama la solitudine o preferisce la compagnia del suo prossimo? Intendo dire… non è stato rapito dal desiderio di fare come Rudy Truffino e colonizzare un mondo vergine? Forse è quello che lo scrittore fa attraverso la letteratura…
Penso che nel profondo di ciascuno di noi viva il desiderio di andare nel completo ignoto, in una delle ultime zone vergini del pianeta… Nel profondo della nostra anima siamo tutti Rudy Truffino. Ma non abbiamo il coraggio di andare fino in fondo, perché, allo stesso momento, siamo legati alla nostra famiglia, ai nostri amici, e non abbiamo la forza di lasciare tutto alle nostre spalle, decidendo di non tornare mai più indietro. “L’ottimo viaggiatore”, dice un proverbio cinese che cito in Jungle Rudy, “sa dove sta andando; il viaggiatore perfetto dimentica da dove è venuto”. È assolutamente vero. Ovviamente, in quanto scrittore sento molte cose in comune con un esploratore: quanto inizi a scrivere un libro, hai davanti a te le pagine bianche, un mondo vergine a cui devi dare un viso e una forma; non hai idea di cosa accadrà durante i due o tre anni che ti ci vorranno per scrivere il libro. Ma in effetti, non lasci la tua casa. Durante la mia giovinezza ho desiderato vivere lontano dalle mie radici, nei tropici, in un ambiente strano e selvaggio. Quando ho iniziato a viaggiare, il mio obbiettivo era ‘lontano, il più lontano possibile’. Ho vissuto a lungo all’estero, il soggiorno più lungo, all’altro lato del mondo, è durato dieci anni. Ma non ho tagliato i legami con la mia famiglia, con le mie amicizie, con i miei colleghi scrittori. Se l’avessi fatto, cosa sarebbe successo? Questo è il motivo per cui ho voluto incontrare Rudy Truffino. Quando ero seduto sull’aereo – un DC 3 davvero vecchio – verso Ciudad Bolivar, avevo centinaia di domande in testa per Rudy, che sembravano una canzone di Bob Dylan: come ci si sente, da soli, senza una casa, come un completo sconosciuto, come una pietra rotolante, like a rolling stone…
Cosa la affascina nello studiare, con un talento da speleologo, le vite degli altri? Non è più interessante scrivere un romanzo totalmente inventato?
In questo caso, sarai sempre limitato dalla tua facoltà immaginativa. Molto presto ho scoperto che la nostra immaginazione non è così vasta come pensiamo. Avrei potuto immaginare un uomo come Truffino. Un uomo che si è lasciato tutto alle spalle, che non vuole più tornare nei luoghi che ha abbandonato. Ma non avrei potuto immaginare che un giorno, innamoratosi di una donna olandese, volesse tornare in Olanda. Era totalmente libero, ma ha trovato, con l’amore, una nuova catena. Come ho scoperto ciò? Tra le centinaia di lettere che ho trovato nello studio di Rudy a Ucaima, ho scoperto una busta piuttosto grossa, con scritto a grosse lettere “RISERVATO”… la cosa, ovviamente, ha stuzzicato la mia curiosità. La lettera era di Els, il suo indirizzo era riportato all’interno e fu facile trovarla: vive ancora nello stesso luogo. Non voleva ricevermi, per cui abbiamo parlato al telefono, o per lettera. In questo modo ho conosciuto una delle più belle (e disperate) storie d’amore che abbia mai scritto nella mia vita. Tramite quella storia, ho cominciato a capire Rudy. Tra la giungla e Els, lui ha scelto la giungla. Perché voleva perdere se stesso nella giungla. Non c’era una via di ritorno per lui. Puoi uscire dal mondo civilizzato, ma non puoi tornarci, dopo aver passato troppo tempo nei luoghi selvaggi.
Quanto di romanzato c’è nella storia di “Jungle Rudy”? Quando di Jan Brokken si riflette in “Jungle Rudy”?
Niente di romanzato. E tutto di me si riflette in Rudy. Ho scovato migliaia di fatti che riguardano la sua vita. Ne ho descritti un centinaio. Come ho operato le mie scelte? E perché? Vengo da una famiglia terrorizzata dalla Seconda guerra mondiale. Rudy lascia l’Europa perché è stato testimone di un bombardamento nella sua città, L’Aia. Ne fu disgustato. Questo sarebbe il mondo civilizzato?, si è chiesto. Ma, questo è il paradosso, non poteva vivere senza Mozart nella giungla. Questo mi rappresenta. Ma non l’ho inventato: Rudy aveva migliaia di dischi, se approdavi al fiume, potevi sentire da molto lontano il Don Giovanni… Sono uno scrittore, eppure mi creo sempre un film nella mente. Per me, questo è l’inizio di un film: arrivi lentamente nell’ansa di un fiume, vedi da lontano un campo, senti il Don Giovanni… L’ultima città è a 700 chilometri dietro di te… Sei nel mezzo del nulla. E lì: la più formidabile ouverture dell’opera europea… Rudy non potrebbe vivere senza quella – che è la summa del nostro terribile continente. Non potrebbe vivere senza dischi e libri… Ma nessuno me lo ha detto. Tutti parlavano delle sue spedizioni, dei giaguari, delle anaconde… I soli testimoni erano i dischi, i libri, ho trovato Von Humboldt e Alejo Carpentier nella sua libreria. Più tardi, ho saputo che Werner Herzog era andato a trovare Rudy Truffino perché aveva intenzione di girare Fitzcarraldo in quei luoghi. Rudy gli ha dato dei consigli…
È stato più difficile scrivere di Rudy Truffino o di Dostoevskij – è più difficile scrivere il romanzo di un uomo dei nostri tempi o di una leggenda già storicizzata?
Quando sono arrivato in Venezuela – non sapevo nulla di Rudy Truffino. Niente della sua vita, delle sue avventure, della moglie austriaca, delle tre figlie. Avevo soltanto una vaga immagine di lui. Ho scoperto molto di lui quando ho rintracciato, nel folto della foresta, i Pemon che gli hanno salvato la vita. Il loro punto di vista intorno a questo uomo bianco era assai diverso da quello degli altri, compresa la figlia Sabrina. Ho dovuto creare questo personaggio molecola per molecola, e se non l’avessi fatto, nessuno avrebbe conosciuto la vita di questo uomo straordinario. Nel caso di Dostoevskij, c’era un altro problema: tutti lo conoscono, tutti hanno un’opinione su di lui, perfino quelli che non hanno mai letto un suo libro. In quel caso, ho costruito il mio ritratto su alcune lettere sconosciute e sulle memorie di un amico completamente dimenticato, Alexander von Wrangel. Ho dovuto modificare l’immagine di Dostoevskij, per modificare le convinzioni su di lui: nel mio libro Dostoevskij è una persona diversa dal famoso scrittore. E alcune persone l’hanno odiato. Soltanto un paio di settimane fa un critico danese ha scritto che Il giardino dei cosacchi è un libro insano, indecente, che mostra un uomo in modo spietato. La mia non è una forma di voyeurismo, ma la scoperta di un uomo reale, un uomo nuovo, come direbbe Georges Simenon, e quell’uomo è incredibilmente più interessante della figura storica, della statua… Scrivendo di Rudy Truffino, ho dovuto creare la leggenda; scrivendo di Dostoevskij, dovevo distruggere il mito e mostrare un uomo in carne e sangue. In entrambi i casi, è stato un esercizio estremamente difficile ed estremamente istruttivo. Come un lungo viaggio nella giungla…
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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"Un Amore di Zitella" di Andrea Vitali: Una Storia di Amore, Solitudine e Intrighi di Paese. Recensione di Alessandria today
Un romanzo delicato e ironico che racconta le vite segrete e i piccoli drammi di un paese sulle rive del lago di Como.
Un romanzo delicato e ironico che racconta le vite segrete e i piccoli drammi di un paese sulle rive del lago di Como. Recensione Nel romanzo “Un Amore di Zitella”, Andrea Vitali ci trasporta, con il suo stile inconfondibile, in un piccolo borgo sulle rive del lago di Como. Come in molte delle sue opere, Vitali dipinge un affresco di vita di paese, con personaggi bizzarri e situazioni…
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daimonclub · 4 months ago
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Amori, lettura e scrittura in estate al lago
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Estate al lago Amori, lettura e scrittura in estate al lago, un articolo che analizza il romanzo Estate al lago di Alberto Vigevani, con un estratto di alcune pagine del testo. Attorno agli anni '90 avevo trovato allegato ad una rivista, in omaggio, il libro Estate al lago di Alberto Vigevani e benché non fossi un grande amante dei romanzi, visto che non potevo andare in vacanza e poiché in gioventù avevo trascorso spesso delle giornate estive sul lago di Garda, benché in questo caso si trattasse del lago di Como, memore di qualche rifermento ai Promessi Sposi del Manzoni, decisi di leggerlo.  Il lago in ogni caso ha comunque un fascino particolare, e come dicevo anch'io ho trascorso in questi ambienti un bel po' di giornate, prima con mia mamma che mi accompagnava per andare a pescare attorno ai 12-13 anni, nelle acque di Salò, Maderno, Desenzano, poi con i miei amici negli anni turbolenti della mia adolescenza, principalmente a Toscolano Maderno, Manerba, Padenghe, e poi ancora sul Lago d'Idro, e infine ancora con mia mamma alle terme di Sirmione. Ora a distanza di più di trent'anni da quel periodo e a ben 66 anni dalla pubblicazione del libro avvenuta nel 1958, ho deciso di dedicargli questo articolo, anche perché, visto che siamo in estate e la gente in genere legge sempre meno, mi sento di affermare che leggere "Un'estate al lago" di Alberto Vigevani è come concedersi una vacanza letteraria, ricca di emozioni, riflessioni e bellezza. Direi per prima cosa che consigliare questo romanzo, snello ma succulento, significa suggerire un viaggio emozionante nella nostalgia e nella bellezza del passato. Ed ora vi elencherò diversi punti per cercare di convincere qualcuno a non perdere questa occasione letteraria. 1) Vigevani è un maestro nel creare atmosfere che trasportano il lettore direttamente nelle calde estati italiane, tra paesaggi lacustri incantevoli e la quiete della natura. 2) I protagonisti del romanzo sono descritti con una profondità psicologica che permette al lettore di immedesimarsi nelle loro vite e nei loro sentimenti. Le loro storie e interazioni sono il cuore pulsante del libro. 3) La prosa di Vigevani è elegante e poetica, rendendo la lettura un'esperienza estetica oltre che narrativa. La sua capacità di descrivere i dettagli con delicatezza e precisione arricchisce ogni pagina. 4) Il romanzo esplora temi come l'amore, la memoria, la perdita e la ricerca di sé, offrendo spunti di riflessione che risuonano profondamente con i lettori di ogni età. 5) Ambientato negli anni '30, "Un'estate al lago" offre un affascinante spaccato di un'epoca passata. Vigevani riesce a catturare l'essenza del tempo e del luogo, permettendo al lettore di vivere un pezzo di storia italiana attraverso gli occhi dei suoi personaggi. 6) Il libro è pervaso da una dolce nostalgia, che invita il lettore a riflettere sulla propria infanzia e sui ricordi estivi. Questa introspezione rende la lettura profondamente personale e toccante. 7) "Un'estate al lago" è stato accolto favorevolmente dalla critica, che ne ha lodato la qualità narrativa e la profondità emotiva. È un'opera apprezzata sia dai lettori che dagli esperti letterari. 8) La descrizione dei paesaggi, delle giornate estive, e delle piccole gioie quotidiane crea un'esperienza immersiva che consente al lettore di "vivere" l'estate al lago insieme ai personaggi.
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Alberto Vigevani Alberto Vigevani (1918-1999) è stato uno scrittore, poeta ed editore italiano. Nato a Milano, si distinse per la sua produzione letteraria caratterizzata da una prosa elegante e malinconica. Oltre a numerosi romanzi e racconti, Vigevani pubblicò poesie e si dedicò all'editoria, fondando la casa editrice Il Polifilo, specializzata in libri d'arte e di alta qualità tipografica. Le sue opere riflettono spesso la nostalgia per un mondo perduto e la complessità delle relazioni umane. Vigevani è ricordato come una figura importante nel panorama culturale italiano del XX secolo. Oltre a Estate al lago ha pubblicato Un’educazione borghese; La casa perduta; L'abbandono; La breve passeggiata. Ha ottenuto, tra altri, il Premio Bagutta. Estate al lago. L'estate era stata diversa da quelle passate: le ultime vacanze dell'infanzia. Era maturata per Giacomo una nuova età: dalla suggestione dei sensi alle delicate immagini del suo amore puerile. Tutto si poteva dire in silenzio e tutto si scioglieva in contemplazione. Come ha scritto Geno Pampaloni nell'introduzione al testo, la verità del libro è in questo attimo di sospensione vitale, in questo (doloroso e insieme corroborante) diritto al segreto di fronte alla violenza della realtà. E, la sua, una sospensione magica, illusa e labile com'è proprio dell’adolescenza. Ma non è solo sua: è anche l’illusione ansiosa del silenzio e della contemplazione, quella lieve vertigine fatta di insicurezza, di angoscia e di nostalgia che caratterizzò la cultura europea tra le due guerre al cospetto delle dittature e nell’imminenza della tragedia. Pampaloni spiega molto bene la natura del romanzo e tutti i suoi risvolti, come si evince da queste sue riflessioni. " Intendiamoci. La qualità poetica del racconto del Vigevani attinge a una cultura riflessa. Tutto è già alle sue spalle. «Tutto è accaduto», come dice un titolo di Corrado Alvaro, che sentì come pochi altri scrittori, con intelligenza amara, la transizione esistenziale propria del nostro tempo. Non per nulla Alberto Vigevani è libraio antiquario, ed è editore di testi preziosi e dimenticati della più raffinata tradizione, quasi che la sua vocazione di uomo sia dedicata al recupero, all’assaporamento di valori non mercificabili, alla fedeltà della memoria. Dietro di lui scrittore si staglia la grande ombra di Proust, il fascino della grande borghesia colta, intenta a cogliere l’ultima essenza di un mondo stremato dai suoi stessi valori... Perciò, contrariamente allo schema usuale, per cui l'adolescente passa dalla innocenza alla torbida scoperta del sesso, egli supera abbastanza rapidamente l’accensione sensuale, e sublima la sua ricchezza affettiva in un amore impossibile per la bionda e gentile madre del suo compagno di giuochi. Ma ecco che qui racconto d’amore e storia di un’educazione sentimentale si saldano.
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Lago di Como in estate Che cosa rivela a Giacomo l’incontro con la giovane donna e il suo figliolo malato e ardente? 1. La forza della passione, così profonda e coinvolgente da risultare rasserenante anche se dolorosa; 2. L’« armonia e tenerezza» che unisce madre e figlio in un legame meraviglioso, compatto, inscindibile; 3. L'ambiguità della figura materna, ove si mescolano la dolcezza sensuale e il tepore protettivo, oscuro modello e | presagio di un’ambiguità esistenziale che accompagna l’intera vita; 4. La gioia pura e malinconica della bellezza, che invita al silenzio e alla contemplazione; 5. Gli rivela infine la possibilità stessa della rivelazione dell’io profondo, vertiginosa «come se si trovasse sull’orlo della propria vita ». Tutto questo lo prepara all’intuizione finale: «com'era complesso l’amore; non solo desiderio d’armonia, di bellezza, ma anche aspirazione a non esistere più, ad annientarsi. E ancora: vi era qualcosa di crudele, d’irrimediabile, qualcosa che non si sarebbe nemmeno potuto confessare, anche se lo avesse veramente compreso ». Questo è, mi pare, il tratto originale del personaggio (e del libro): la perdita dell’innocenza, momento fatale di ogni adolescenza, si trasforma, come in dissolvenza, nella consapevolezza della complessità dell'amore, con tutto ciò che di ambiguo, di doloroso, ma anche di certo e, in qualche senso, di supremo, tale consapevolezza porta con sé. Mentre si chiudono, tra le prime piogge e i colori spenti dell'autunno, le «ultime vacanze dell’infanzia », l'educazione sentimentale di Giacomo può dirsi compiuta, ma nel senso che il velo d’ombra di un’incompiutezza infinita si proietta a occupare ogni possibile futuro. Il crepuscolo di adolescenza, la lacerazione tra innocenza e maturità, che egli ha vissuto nell’estate al lago, è destinata a durare per sempre. Ma si capisce che, avviandosi ignaro verso i tempi della violenza e della devastazione che si affacceranno alla storia, egli entrerà nella vita non sotto il segno della conquista ma sotto il segno della poesia." Ma ora lasciamo lo spazio ad alcune pagine del libro. I primi giorni di vacanza seguirono rapidi, come una febbre che accalori le guance e svanisca lasciando una stanchezza, un senso di sonnolenza, e ancora fame di nuova stanchezza e di sonno. I cugini erano arrivati: l’Elisa, gentile e non bella, dal corpo pesante, la fronte a bauletto sporgente sopra gli occhi; Aldo, che aveva l’età di Stefano e dipingeva all’acquarello; Mario, un ragazzo calmo, maggiore di Giacomo di due anni. Stavano sempre insieme: nuotavano, andavano in barca, a volte salivano sulla strada di Porlezza, dov'era una valle segnata da un fiumiciattolo incassato, il Senagra. Altre partivano per Cadenabbia o, dalla parte opposta, per Acquaseria e Gravedona, in bicicletta, con la merenda al sacco, e dopo aver fatto il bagno si riposavano sui prati. Formavano una compagnia allegra, con altri giovani che s'erano aggiunti: la bruna che Stefano aveva conosciuto al Lido, Elsa, figlia del padrone dell’albergo Victoria, e il fratello, un giovane basso, il tuffatore migliore della spiaggia, che anche fuori portava una calottina rossa sui capelli impomatati. Poi le due ragazze Lanfranchi, già da Milano amiche dei cugini: la maggiore slanciata, con occhi verdi luminosi; la minore, grassottella e addormentata, con gli stessi occhi, ma sbiaditi e gonfi, che le davano l’espressione attonita di un pesce... Giacomo aveva scoperto per conto suo che l’Elsa non era tutta muscoli, ma d’una bellezza così piena e persuasiva che se ne sentiva attirato. Tuttavia la sua inclinazione non andava oltre il piacere degli occhi e quel senso di vergogna che lo istupidiva se gli capitava di rimanere solo con lei. La presenza di Clara, d’altra parte, riusciva a rendere leggera l’aria che li avvolgeva, nulla in essa s’incideva con troppa asprezza, appena vi si accennavano le amicizie ancora incerte. L’Elisa e la minore delle Lanfranchi divennero inseparabili, Mario stava insieme con Giacomo che era il più giovane ma non stonava in mezzo agli altri, in quei primi giorni in cui tutto scaturiva con spontaneità, come se per le vacanze fossero tornati ragazzi anche i grandi. Forse non badavano alla differenza di età, o lo ammettevano perché li faceva ridere con uscite in cui, incitato dal desiderio di farsi notare, caricava il suo senso dell'umorismo di una capacità d’invenzione che si smentiva di rado. Le zitelle che aveva spaventato in bicicletta erano divenute dei personaggi, così Antonio, il custode, di cui rifaceva la voce e imitava i discorsi farciti d’interiezioni, di proverbi detti a sproposito. Ma forse erano gli altri, a completare o ad accrescere il ridicolo dei suoi accostamenti, delle trovate che gli nascevano spontanee dal troppo parlare, quando si eccitava: la verità era che avevano voglia di ridere, di sentirsi disinvolti e spensierati prima d’addentrarsi nel terreno sfuggente e sconosciuto delle nuove amicizie.
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Cartina del lago di Como Finirono anche quei giorni d’attesa: Stefano ora lo respingeva, se gli andava vicino mentre aveva al braccio l’Elsa; rispondeva a monosillabi. Durante le gite Giacomo e Mario restavano indietro. Prima, avevano tutti riso delle sue immagini, si era sentito ammirato dalle ragazze, invidiato da Mario, in brevi momenti di esaltazione che lasciavano adesso il posto a un risentimento. Supponeva d’essere condannato a portare i calzoni corti in eterno, come un segno d'’inferiorità. Tra loro due e i grandi duravano lunghi silenzi, le parole di Giacomo cadevano senza che nessuno le raccogliesse, e a un tratto s'’accorgevano che i giovani camminavano avanti, sulla mulattiera lungo il monte, o rimanevano solo loro sulla spiaggia, mentre gli altri se n'erano andati in barca senza chiamarli. Li ritrovavano poi che ballavano nella sala a pianterreno della villa o all’albergo Victoria... Presto arrivò luglio. Negli alberghi si davano i primi balli: la stagione vera sarebbe venuta a settembre. Clara si metteva in abito lungo e veniva a farsi ammirare prima di uscire. Stefano vestiva lo smoking e Giacomo gli faceva compagnia mentre si preparava in bagno e annodava la cravatta davanti allo specchio. Forte e giovane, le sopracciglia folte, gli occhi vellutati e scuri uguali a quelli del padre, pareva lontano come mai, e proprio nel momento in cui gli offriva maggiore confidenza. Delle feste parlavano a tavola, il giorno dopo. Gli rimanevano nella mente episodi e nomi di persone, uditi nei discorsi dei fratelli, con il prestigio delle cose inaccessibili. Se la festa era a Menaggio, andava con le domestiche a vedere l’entrata dai cancelli. L’Emilia gli metteva una mano sulla spalla; diceva: «Ti piacerebbe vestirti da sera, ballare anche tu? »... A metà d’agosto il padre tornò per fermarsi una settimana. Giacomo quasi non s’accorgeva di lui. Gli era toccato ancora deluderlo: non aveva mai adoperato gli attrezzi e aveva fatto pochi progressi nello studio. Si sentiva in colpa, guardandolo: come provasse il sentimento che il padre fosse, senza sospettarlo, esposto a subire le conseguenze di ciò che a un tratto poteva insorgere nel suo animo. Gli appariva incapace di difendersi, nell’abito di tela un po’ ottocentesco, con la camicia di seta cruda aperta sul collo e il leggero copricapo di panama che sbiancavano ancor più la sua carnagione cittadina. Del resto non stavano mai insieme: usciva con la madre a visitare parenti o conoscenti che poi venivano a prendere il tè in giardino. A Giacomo sembrava che tra loro due qualcosa fosse già cambiato. Forse temeva per il suo segreto, quando gli occhi del padre si posavano sopra di lui, schiariti da un’ironia dolce e penetrante che avrebbe voluto sfuggire. Eppure, durante il giorno, tra Giacomo e l’Emilia tutto si svolgeva come prima, di nuovo non c'era che la carezza più ardita, le poche sere, ormai, che andavano a passeggio insieme. Spesso lei voleva uscire con l’Elvira, dicendo che si recavano al cinema, dove lui non poteva seguirla. Incontrandolo, sorrideva sempre, lo sfiorava col fianco come per scherzo, forse per vedergli in faccia il turbamento che non riusciva a nascondere. Era come fosse per abbandonarsi a piangere, e non potesse trovare comprensione se non in lei che già mostrava di evitarlo. Ma la notte, prima di addormentarsi, era diverso: come un appuntamento, ogni volta si ripeteva il lungo istante in cui, col respiro disordinato, il capo fitto nel guanciale, brancolava sopra un’immagine di lei oscura e avvincente. Se la raffigurava nuda, nella sua ricchezza segreta, lambita dal buio, le spalle e il petto candidi in luce, il ventre affondato in una macchia. Confusa e incerta ossessione, come confuse e incerte le reminiscenze, il negativo del nudo tra le rocce finte, i corpi femminili alla spiaggia, ogni nutrimento anonimo e frammentario della sua fantasia. A sfiorare quella immagine con una carezza, qualcosa entro di lui si rompeva in una breve liberazione che lo lasciava intontito e vergognoso. Infine una sera, appena partito il padre, che tutti erano usciti - l’Elvira aveva voluto andare al cinema da sola -, udì il passo dell'Emilia nella stanza che occupava all’ultimo piano, sopra la sua. Giacomo aveva già un poco dormito e quei passi gl’illuminarono d’improvviso la figura di lei, i suoi gesti mentre andava spogliandosi. Gli pulsavano le tempie; senz’accorgersene si trovò fuori della porta. Salì le scale nell’oscurità, cercando di non far rumore. Si sentiva un ladro, temeva che qualcuno potesse sorprenderlo. Una striscia di luce bagnava il pianerottolo, da sotto la porta. Non udiva nemmeno più il passo della donna. S’appoggiò alla maniglia, la porta cedette. Dalla finestra ovale entrava la luna e illuminava il letto. Il suo volto era quasi al buio: pareva ancora più pallido. Vide che i suoi occhi lo fissavano. « Giacomo », disse a bassa voce, « sei tu? ». Siccome non si muoveva, rigido contro la porta, il cuore che gli batteva di furia, lei riprese, con una voce alterata che sembrò una carezza: «Vieni qua». Andò verso il letto in punta di piedi. Si muoveva in quella luce quasi irreale come in una delle apparizioni che venivano a sorprenderlo la notte, quando non riusciva a dormire. Lei gli prese i polsi, l’attirò a sé. Piegando le ginocchia contro la sponda del letto, premette la guancia sulla spalla nuda. Il suo profumo lo confondeva. Dietro la testa di lei, sopra il candore del guanciale colpito dalla luce, i capelli sciolti addensavano un bosco oscuro e segreto da cui si staccava il suo volto smorto, senza più quel sorriso che sempre lo pungeva, sulle labbra adesso aride e schiuse. Gli occhi, scintillanti, sembravano vetri in cui la luce acquistasse profondità.
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Grand Hotel Victoria Liberò le mani per cercarle il seno: annaspavano contro la tela un po’ ruvida della camicia. Fu lei a offrirglielo, scostando la spalla, e gli sembrò che bruciasse; poi quel fuoco gli entrò nella pelle. Lo palpava intero senza sapere dove indugiare. Si riempiva le mani della ricchezza che lei gli aveva ‘nascosto, e non cedeva alla carezza ripetuta ma la chiamava ancora, rinnovandogli come uno spasimo. Era entro un sentiero buio che lo faceva trasalire, e morbido, in cui ritrovava pungente l’odore dei capelli che gli coprivano le guance, la fronte. Un alito resinoso di terra e di donna che pareva quello del suo sangue. «Giacomo », aveva detto, due, tre volte, irosamente, gli era sembrato, muovendo il petto per svincolarsi. Ma s’avvinghiava a lei come se dovesse spremere, succhiare tutto il profumo e il calore che emanava. Poi gli si abbandonò, ansimante. Gli aveva cercato la bocca, la mano, ma appena raggiunte si era scossa, l’aveva allontanato con violenza, accendendo la piccola lampada sul tavolino. Era rimasto in fondo al letto. La fissava, nella debole luce elettrica, i capelli e la camicia in disordine, il volto quasi cattivo, mutato, con le labbra tremanti e tumide. La sua bellezza pareva a un tratto non più lontana, ossessiva, ma come rozza e affranta. Il torpore lo avvolgeva, allontanando ogni cosa nel tempo: si sentiva quasi spettatore di quel suo risveglio. Vide il seno scomparire nello scollo e gli parve una macchia, un fiore raggrinzito, la punta violacea che esitò un istante sull’orlo della camicia. Contrastando con la pelle chiara del petto somigliava a un oggetto immaginato nel sogno, che alla luce reale stupisca. Anche i suoi occhi erano diversi: lo sfuggivano come fosse lei, ora, a provare vergogna e a temere il suo riso. Gli pareva anche un'illusione il sussurro, quasi un gemito, che aveva colto sulle sue labbra. Si era seduta e aveva preso il pettine. Mentre ravviava i capelli si tolse la forcina dalle labbra e disse, a bassa voce: «Ti voglio bene, però sei un bambino ». Parole così fragili gli avevano fatto l’effetto che le avesse pensate, più che dette. Non capiva perché tornava ora un bambino, quando per un lungo momento era stata lei a soffrire sotto il suo abbraccio, e le sue labbra avevano perduto ogni voglia di sorriso. Read the full article
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colospaola · 7 years ago
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Forse non tutti sanno che il fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, visse i suoi ultimi giorni di vita in un albergo dell’incantevole borgo di Bellagio, sulle sponde del Lago di Como, mentre si sentivano gli ultimi echi della seconda guerra mondiale.
Filippo Tommaso Marinetti nacque ad Alessandria d’Egitto il 22 dicembre 1876, secondogenito dell’avvocato civilista Enrico Marinetti e di Amalia Grolli.
Quando la famiglia tornò in Italia e si stabilì a Milano, i fratelli Marinetti, fin dall’adolescenza, dimostrarono un profondo amore per le lettere, unito a un temperamento esuberante.
Nel 1894 Marinetti ricevette il baccalaureato a Parigi e si iscrisse alla facoltà di Legge dell’Università degli studi di Pavia, frequentata dal fratello maggiore Leone, che però mori nel 1897 a soli ventidue anni per complicazioni cardiache.
Trasferitosi all’ateneo di Genova un anno prima della laurea, che conseguì nel 1899, Filippo collaborò all’Anthologie revue de France et d’Italie, per poi vincere il concorso parigino dei Samedis populaires con il poemetto La vieux marins.
Nel 1902 Marinetti diede alle stampe il suo primo libro in versi La conquete des étoiles, con versi sciolti e quelle figure che caratterizzeranno tutta la letteratura futurista.
Anche se era molto vicino alle idee del socialismo, il giovane scrittore non vi aderì mai del tutto per le sue idee nazionaliste, nonostante la pubblicazione sull‘Avanti di Re Baldoria, riflessione politico satirica.
Nel 1905 Filippo fondò la rivista Poesia, dove cominciò la sua battaglia per l’affermazione del verso libero, per cui incontrò una diffusa ostilità.
Il 20 febbraio 1909 Marinetti pubblicò su Le Figaro il manifesto del Futurismo, fondato su undici punti per le arti, il costume e la politica che delineavano la nuova corrente “E’ un movimento anticulturale, antifilosofico, d’idee, d’intuiti, d’istinti, di schiaffi, pugni purificatori e velocizzatori. I futuristi combattono la prudenza diplomatica, il tradizionalismo, il neutralismo, i musei, il culto del libro”.
Dopo pochi mesi Marinetti chiuse la rivista Poesia, pubblicando nell’ultimo numero il poema futurista Uccidiamo il chiaro di luna, atto d’accusa al sentimentalismo dominante nella poesia italiana, e vero e proprio inno alla follia creativa.
Oltre ai Manifesti, le serate a teatro erano il vero cuore del Futurismo, dove il pubblico, composto di aristocratici, borghesi e proletari, era provocato con abilità e maestria, tanto che spesso le serate futuriste si concludevano con l’intervento delle forze dell’ordine.
Nel 1911, durante il conflitto in Libia, Marinetti ci si recò come corrispondente per il giornale parigino L’intransigeant, e sui campi di battaglia ebbe l’ispirazione che consacrò definitivamente le sue parole in libertà.
Mentre in Italia sempre più artisti aderivano al Futurismo, nel 1913 partì per la Russia per un ciclo di conferenze e un anno dopo pubblicò il libro parolibero Zang Tumb tumb.
Con il primo conflitto mondiale Marinetti e i futuristi si dichiararono accesi interventisti, e parteciparono al conflitto, alla fine del quale al leader futurista furono conferite due medaglie al valore militare.
Nel frattempo Marinetti scrittore un programma politico futurista, e i suoi intenti rivoluzionari portarono alla formazione dei fasci futuristi e alla fondazione del giornale Roma futurista, nel 1923 il poeta sposò la poetessa e pittrice Benedetta Cappa, che gli diede tre figlie.
Con la riunione al San Sepolcro per la cerimonia di fondazione dei fasci dei combattenti del 1919, Mussolini si avvalse della collaborazione dei futuristi e della loro abilità propagandistica, oltre a usare molti dei punti del loro manifesto programmatico.
Intanto, in Al di là del comunismo, pubblicato nel 1920, Marinetti si dichiarò convinto che una rivoluzione bolscevica come quella russa fosse una sicura prospettiva per il popolo italiano, oltre ad allontanarsi dal fascismo, accusandolo di reazionarietà e passatismo, rimanendo però una personalità rispettata e molto considerata da parte di Mussolini.
Dopo aver intrapreso varie tournee all’estero per la divulgazione del Futurismo, Marinetti nel 1922 pubblica l’“indefinibile romanzo” Gli Indomabili, cui seguirono altri romanzi e saggi.
Tra la pubblicazione di poemi e aeropoemi, nel 1929 il poeta fu insignito della carica di Letterato d’Italia e nel 1935 si recò volontario in Africa orientale, dove trasse l’idea per una lunga serie di studi e sperimentazioni sulle parole in libertà.
Con la campagna di Russia del 1942, Marinetti partì per il fronte, ma il suo precario stato di salute all’arrivo del rigido autunno si aggravò ulteriormente e fu rimpatriato.
Nel 1943 dopo la destituzione di Mussolini, il poeta, con la moglie e le figlie, si trasferì a Venezia.
Filippo Tommaso Marinetti morì nella notte del 2 dicembre 1944 a Bellagio sul Lago di Como, mentre si trovava in un albergo in attesa del ricovero in una clinica svizzera, per una crisi cardiaca.
Filippo Tommaso Marinetti Un futurista sul Lago di Como Forse non tutti sanno che il fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, visse i suoi ultimi giorni di vita in un albergo dell’incantevole borgo di…
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reginadeinisseni · 1 year ago
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Piccolo Mondo Antico FILM COMPLETO di Mario Soldati con Alida Valli, ...
Piccolo mondo antico (romanzo)Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
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Piccolo mondo antico
Frontespizio di
Piccolo mondo antico
, 13ma edizione, 1896
Autore
Antonio Fogazzaro
1ª ed. originale
1895
Genere
romanzo
Sottogenereclassico
Lingua originale
italiano
Ambientazione
Regno Lombardo-Veneto
,
anni 1850
Protagonisti
Franco Maironi
CoprotagonistiLuisa Rigey
Antagonisti
Marchesa Maironi
Altri personaggiPietro Ribera, Maria Maironi
Seguito da
Piccolo mondo moderno
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Manuale
Piccolo mondo antico è un romanzo scritto da Antonio Fogazzaro nel 1895.
Generalmente considerato il suo capolavoro, è il quarto dei suoi romanzi; ne seguiranno altri tre, con il seguito della vicenda: Piccolo mondo moderno, Il santo, Leila.
Il racconto è diviso in tre parti, così suddivise:
sei capitoli nella prima parte
tredici capitoli nella seconda parte
due capitoli nella terza parte.
Oltre alla trasposizione cinematografica di Mario Soldati del 1941, è stato uno dei primi romanzi italiani adattato in sceneggiato televisivo (vedi Piccolo mondo antico, regia di Silverio Blasi, 1957). Della fiction televisiva sono stati realizzati poi due remake nel 1983 e nel 2001.
Indice
1Ambientazione
2Trama
3Personaggi
4Edizioni
5Altri progetti
6Collegamenti esterni
Ambientazione[modifica | modifica wikitesto]
Il racconto è ambientato in Valsolda, una località in provincia di Como, posta sulle sponde del lago di Lugano, un luogo in cui Fogazzaro trascorse parte della sua vita. Molti passaggi del romanzo sono quindi autobiografici, a cominciare dalla descrizione della casa dello zio Piero ad Oria, che in realtà è quella materna dello scrittore, per finire con quelle dei personaggi, molti dei quali sono stati ispirati da figure veramente esistite, non necessariamente in quel periodo.
Chiaro il periodo storico nel quale si sviluppa la vicenda, cioè la seconda metà dell'Ottocento, sullo sfondo della lotta dei patrioti del Lombardo-Veneto contro il dominio austriaco. La vicenda prende piede nel 1850, quando non si sono ancora spenti gli echi delle rivolte del 1848 e della loro repressione, e si conclude nel febbraio 1859, alla vigilia della seconda guerra di indipendenza che darà il via al compimento dell'unità d'Italia.
Dai riferimenti temporali è possibile stabilire che la storia si sviluppa in un arco temporale di circa dieci anni, dalla cena del risotto e tartufi in casa della Marchesa alla morte dello zio Piero. Vi sono però dei salti temporali; per esempio lo scrittore, dopo aver narrato il matrimonio di Franco e Luisa, introduce la loro figlia, Maria, che ha già tre anni.
Lo sfondo storico è sempre presente e si trovano quindi notevoli contrasti fra liberali e "austriacanti", come in effetti doveva essere nella realtà. D'altra parte anche il contesto sociale è molto ben centrato nelle descrizioni dei personaggi, dei loro pensieri e delle loro preoccupazioni.
Trama[modifica | modifica wikitesto]
Il romanzo si apre con la descrizione di una cena in casa della Marchesa Orsola Maironi, durante la quale il nipote Franco mostra il suo temperamento acceso, polemizzando con foga contro chi difende il governo austriaco. Luisa Rigey è una popolana valsoldese che abita a Castello. I due giovani si innamorano, ma la nonna di Franco è contraria all'unione, a causa della condizione plebea di Luisa. Per questo minaccia il nipote di non lasciargli l'eredità se deciderà di sposarla. Il ragazzo, di animo forte, idealista (scrive poesie e musiche), reagisce ai divieti della Marchesa con orgoglio: aiutato da alcuni uomini fidati, tra cui lo zio di Luisa, Piero, impiegato del governo austriaco, organizza un matrimonio in segreto, con la benedizione della madre di Luisa, Teresa Rigey, ammalata e prossima alla morte.
Venuta a sapere del matrimonio, la nonna disereda il nipote. Tuttavia il professor Gilardoni svela a Franco che non è vero che suo nonno sia morto senza lasciare testamento: gli mostra infatti una copia autentica del documento nel quale Franco è nominato erede universale. La Marchesa, a suo tempo, aveva creduto di distruggere tutte le copie ed è ignara dell'esistenza di quest'ultima. Franco però non se la sente di intentare una causa contro la potente nonna e prega il professore di distruggere il testamento, senza rivelare l'accaduto a Luisa.
Il matrimonio nei primi tempi procede bene, nonostante le difficoltà economiche: i giovani possono contare sull'aiuto dello zio Piero, nella cui casa di vacanza vanno a vivere. Nel 1852 nasce loro una bambina, Maria, che sarà soprannominata "Ombretta", perché così si chiama l'eroina di una arietta d'opera (tratta da La pietra del paragone di Gioachino Rossini) che lo zio le canta spesso.
Dopo una perquisizione della loro casa, Franco viene arrestato dalla polizia austriaca, ma è subito rilasciato, in quanto si è trattato di un'azione puramente intimidatoria. In effetti, durante la perquisizione non si trova nulla di compromettente, se non alcune monete del governo provvisorio di Lombardia (1849) e uno scudo di Carlo Alberto, oltre al fodero di una sciabola della famiglia Ribera, risalente al periodo napoleonico. Tuttavia questo materiale è sufficiente per un'incriminazione: su richiesta della nonna, Franco non subisce conseguenze, mentre lo zio Piero viene licenziato dal governo in quanto funzionario infedele all'Austria.
Il licenziamento dello zio causa un peggioramento delle condizioni economiche; ciò è fonte di preoccupazioni tra gli sposi, i quali ogni tanto si trovano in disaccordo in virtù del loro carattere diverso: passionale, idealista e tendenzialmente ottimista quello di Franco, più riflessivo e cupo quello di Luisa, che è credente e fiduciosa nella giustizia divina anche se sempre meno convinta della sua fede in Dio. Ella vorrebbe che il marito si impegnasse maggiormente nel mettere in pratica le proprie idee "liberali", mentre Franco ritiene che il suo dovere primario sia quello di rimanere accanto alla famiglia.
Questi lievi contrasti sono destinati ad accrescersi allorché il professor Gilardoni, che si reca dalla Marchesa mostrandole la copia del testamento che non ha distrutto, contrariamente al volere di Franco, svela a Luisa dell'esistenza di questo documento: Luisa vorrebbe servirsi del testamento, mentre Franco è contrario, ritenendolo disonorevole per la nonna.
Per mostrare a Luisa il suo attaccamento alla famiglia ma anche il suo amore per l'Italia, Franco nel 1855 parte per Torino, dove trova lavoro in un giornale ed entra in stretto contatto con gruppi di patrioti. In autunno una tragedia colpisce duramente la coppia: la figlioletta Maria "Ombretta" annega nel lago. La morte della bimba, avvenuta quando Luisa non è in casa perché corsa ad affrontare a muso duro la Marchesa, rischia di spezzare il legame tra i due. Luisa si ritiene responsabile, appare fuori di sé, sembra non riconoscere Franco, tornato precipitosamente da Torino. Luisa non sembra più amarlo, presa solo dal ricordo della sua Ombretta: si reca anche tre volte al giorno al cimitero, perde definitivamente la fede in Dio e chiede al professor Gilardoni (che nel frattempo si è sposato) di fare delle sedute spiritiche per evocare lo spirito della bimba.
Franco dal canto suo, benché molto addolorato, non comprende appieno il silenzio della moglie, il distacco da lui e si prepara a tornare a Torino, anche perché è ormai ricercato dalla polizia austriaca. Nel frattempo la Marchesa, avendo sognato Maria Ombretta che la incolpa della propria morte e pentita per la tentata distruzione del testamento, fa sapere al nipote di volerlo risarcire. Ma Franco rifiuta ogni riconciliazione quando si accorge che la nonna non è mossa da generosità verso lui, ma dalla paura della dannazione eterna e dunque mira soprattutto a salvare se stessa.
La lontananza tra Franco e Luisa dura vari anni, anche perché Franco è braccato dalla polizia austriaca, in quanto considerato un pericoloso patriota. I due si rivedono infine nel febbraio 1859 all'Isola Bella, sul lago Maggiore quando Franco, arruolato nell'esercito piemontese, si prepara a partire per la guerra contro l'Austria (sarà la seconda guerra d'indipendenza, nella quale il Regno di Sardegna avrà come alleata la Francia). Luisa però è stata a lungo indecisa se incontrare il marito: dopo quasi quattro anni è ancora sconvolta dalla morte della figlia e crede che nel suo cuore non possa esistere spazio per l'amore. Ma lo zio le rimprovera il suo atteggiamento assurdo e la sprona a pensare ad un'altra Ombretta. Luisa, sebbene scandalizzata da queste parole, capisce che è suo dovere andare da Franco. Anche lo zio, ormai malato, partecipa all'incontro, volendo rivedere il nipote forse per l'ultima volta.
Sul lago Maggiore, la freddezza di Luisa contrasta con l'amore di Franco e il suo entusiasmo patriottico; la presenza dello zio, inoltre, rende il ragazzo felice. Passeggiando, gli sposi rievocano i bei momenti dell'inizio del loro amore e Franco riesce a fare sentire alla moglie l'autenticità del suo sentimento. Luisa allora, come tornata di colpo alla realtà, si rende conto di amarlo ancora e di non poter essere fredda con un uomo che forse presto morirà in battaglia (cosa che succederà, come si scoprirà in Piccolo mondo moderno). I due passano la notte assieme e al mattino si salutano: Franco parte per raggiungere il suo reggimento, cantando con i suoi commilitoni, mentre Luisa, commossa, sente cominciare in sé una nuova vita. Più tardi lo zio, dopo aver assistito alla riconciliazione tra i due, muore serenamente ammirando il paesaggio del lago Maggiore.
Personaggi[modifica | modifica wikitesto]
Franco MaironiÈ di famiglia nobile e vive con sua nonna, la Marchesa Maironi, in una villa sul
lago di Lugano
. Di lui si descrivono solo il fisico alto e magro, i capelli fulvi e gli occhi chiari, ma si sa che è di idee liberali, molto religioso e facile all'ira ma disposto al perdono; infatti nonostante i torti subiti dalla nonna, avrà sempre grande rispetto per lei.Franco, pur non sopportando i suoi pari rango, ne ha comunque i vizi, se è vero che per anni, nonostante le ristrettezze economiche, vive di
musica
, di
poesia
e di
giardinaggio
invece di trovarsi un impiego che gli permetta l'indipendenza dallo zio della moglie.Quando la situazione diventa insostenibile, solo allora si cercherà un impiego a
Torino
.Luisa Rigey (moglie di Franco)Luisa non è nobile, ciononostante finché il padre è stato in vita ha potuto condurre una vita dignitosa. Dopo la morte del genitore, lei e la madre (cagionevole di salute) verranno mantenute dallo zio Piero.Anche di Luisa non abbiamo una precisa descrizione fisica, ma sappiamo che è di carattere deciso con un forte senso della giustizia.Cresciuta fra contrasti religiosi (il padre
ateo
e la madre molto devota), Luisa ha una concezione molto personale della religione, tanto che è praticante solo per convenienza.Forse proprio a causa di questa scarsità di fede, non saprà affrontare con la forza di Franco la morte della figlioletta Maria, e ne uscirà così provata da rasentare la pazzia.Solo all'ultimo tornerà a provare dei sentimenti positivi nei confronti del marito.Piero Ribera (zio di Luisa)È un uomo ultrasessantenne, impiegato di un
governo
che serve senza troppi rimorsi, in quanto ciò che fa è utile soprattutto per la sua patria.Mantiene la sorella e la nipote, e, dopo il
matrimonio
, anche Franco. È di animo buono e aiuta in tutto ciò che può senza chiedere niente in cambio. Sopporta anche i cambiamenti apportati da Franco nella sua casa di Oria.Morirà serenamente su una panchina dell'
Isola Bella
.Maria Maironi (figlia di Franco e Luisa)Spesso erroneamente conosciuta come Ombretta (in realtà Ombretta è il personaggio di una canzoncina che lo zio Piero le cantava spesso), ha vita breve ma la sua presenza è molto importante nel contesto del romanzo. Rappresenta l'unica gioia dello zio Piero e l'unica ragione di vita per Luisa, dopo la partenza di Franco per il Piemonte.Morirà affogata nel lago a causa della distrazione della sua bambinaia e soprattutto a causa della assenza da casa di Luisa, andata ad incontrare la Marchesa per gridarle in faccia il suo disprezzo. Di questo Luisa non saprà mai darsi pace.Pur non avendo mai avuto incontri con la Marchesa, riuscirà a far breccia nel duro cuore della nobile solo dopo la disgrazia.Marchesa Orsola Maironi (nonna di Franco)La nobile è austriacante per convinzione, a differenza di altri personaggi che frequentano la sua casa che lo sono per convenienza. Fredda, impassibile e di carattere duro, dopo che Franco si è sposato contro la sua volontà, con le sue oscure trame renderà la vita dura al nipote e alla sua famiglia.Emerge la sua voglia di vendetta e solo alla fine del romanzo pare disposta a porgere un ramoscello d'ulivo al nipote, ma non per serio pentimento, quanto per la paura della morte e del giudizio divino.
Questi sono i personaggi principali, ma dietro ad essi si muovono tante altre figure molto caratteristiche, che rappresentano appieno la vita valsoldese di quei tempi. Tra i tanti, i più significativi sono: il sior Zacomo, Giacomo Puttini, celibatario di Albogasio che sarà testimone di nozze di Franco e Luisa e poi protagonista di tante esilaranti scene. C'è poi il Pasotti, soprannominato “Tartufo”, impiegato del governo a riposo, austriacante: sarà il confidente della Marchesa e intermediario nei rapporti fra Franco e la nonna, senza peraltro mai piegare Franco al suo volere (o meglio al volere della Marchesa). Infine il professor Gilardoni, amico di Franco anche se molto più vecchio, depositario di un documento che sarà fonte di grattacapi per lui e di litigi fra Franco e Luisa. Dopo la morte di Maria, si darà da fare, con Luisa, in sedute spiritiche per richiamare lo spirito della bambina con grande disappunto dello zio Piero
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colospaola · 7 years ago
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Ho avuto l’opportunità di intervistare Giuliano Spinelli, uno scrittore originario del Lario che negli ultimi tempi ha scritto una serie di storie con protagonista il grande investigatore Sherlock Holmes.
Innanzitutto, ci parli un po’ di lei. Chi è Giuliano Spinelli?
Sono nato a Seregno nel 1959, e per questo amo definirmi un “diversamente giovane” che vive lavora tra la sua città d’origine e il paese di Abbadia Lariana, in provincia di Lecco. Il mio stato di famiglia certifica l’invidiabile condizione di single, nella quale peraltro mi trovo perfettamente a mio agio. Studi liceali, e a seguire una specializzazione di tecnico colorista, attività che ho svolto per trentacinque anni con profitto. Sublimando le competenze acquisite, sono recentemente approdato a un’attività artistica di pittura su vetro. Attualmente espongo le mie opere in varie mostre ed esposizioni private, e virtualmente su Facebook.
Sono da molti anni impegnato presso una cooperativa ONLUS, dove svolgo attività di marketing e sensibilizzazione su riciclo e riuso. In passato ho seguito progetti di sviluppo in Brasile e Guinea Bissau. Sono da sempre un attivo operatore volontario nel settore, in un’azione concreta di critica a un modello consumistico, indirizzata verso un’ottica di minor impatto sociale.
Lei è molto legato al Lago di Como?
Assolutamente sì. Fin da bambino le sue acque scure hanno esercitato su di me un’attrazione speciale, e non riesco a immaginare di poter vivere in un luogo dove non ci sia dell’acqua nelle vicinanze, sotto tutte le forme che possiamo conoscere; del resto, l’acqua è l’elemento primigenio che determina la vita, e che racchiude in sé tutte le verità, specialmente quelle più nascoste. In psicoanalisi è il simbolo più significativo dell’inconscio, sia personale che collettivo.
Com’è arrivato all’arte dello scrivere, è stato il caso o una scelta precisa?
Precisamente, direi che è stato assolutamente un caso. Mi è sempre piaciuto scrivere, ma l’ho sempre fatto per me stesso, senza immaginare che un giorno qualcuno avrebbe potuto prendere in considerazione una mia opera per la pubblicazione. Solo dopo sollecitazione di una mia amica scrittrice, che aveva letto il mio primo romanzo su Sherlock Holmes, mi sono deciso a proporre il manoscritto a una casa editrice, la DELOS Digital di Milano, che con mia grande sorpresa ha deciso di inserirlo fin da subito in una delle sue collane, praticamente così come si presentava, senza significative correzioni o interventi di editing. Di questo mi sento in dovere di ringraziare il curatore della collana, Luigi Pachì, che mi ha dato fiducia da subito, senza riserve. Quel primo lavoro ha richiesto anni di preparazione e mesi di stesura, e il fatto che la cosa si sia poi risolta nel giro di poche ore rappresenta ancor oggi un enigma irrisolto, almeno per quanto mi riguarda. Bisogna però ammettere che con l’editoria digitale tutto è più facile, e i rischi d’impresa significativamente ridotti.
Comunque sia, alla luce del mio modesto curriculum, il fatto di leggere il mio nome accostato nella stessa collana a tanti altri autori di notevole spessore non può che essere motivo d’orgoglio, e tanto mi basta.
Quando ha conosciuto per la prima volta le avventure di Sherlock Holmes?
Fin da bambino è stato uno dei miei personaggi letterari preferiti. Ho letto e riletto l’intera produzione di Conan Doyle durante tutte le fasi della mia vita, come si trattasse di un testo sacro; ora mi limito a consultare i testi quando ne ho bisogno per scrivere, sia per richiamare fatti e personaggi, sia per evitare anacronismi e contraddizioni. Noi sherlockiani su questo punto siamo molto critici, e ossessivamente attenti ai particolari.
Qual è stato lo spunto per il suo primo romanzo breve “Sherlock Holmes e l’esorcista”, dove s’incrociano il giallo, la religione e il mistero?
Mi è impossibile rispondere a questa domanda senza “spoilerare” la trama e svelare indirettamente la soluzione del mistero. Basti dire che nel canone sherlockiano si fa riferimento alla morte misteriosa di un certo Cardinale Tosca, caso poi risolto dal celebre investigatore, ma che l’autore non ha mai ritenuto di sviluppare in un’opera compiuta. Con poca modestia ho semplicemente ritenuto di sostituirmi a Conan Doyle nel proporre una mia personale interpretazione del caso. In seguito ho scoperto che Luca Martinelli, uno dei miei scrittori di apocrifi sherlockiani preferiti, aveva già sviscerato l’argomento in una sua recente pubblicazione, che ho prontamente acquistato e letto con molto piacere e attenzione. Naturalmente i due romanzi non hanno assolutamente nulla in comune, se non l’identità stessa dello sfortunato protagonista.
Com’è arrivato ad avere l’idea di una serie di racconti con protagonisti Holmes e Jung?
Ritengo che Holmes e Jung abbiano un tratto in comune: sono entrambi indagatori dell’animo umano. Per certi versi, la psicologia del profondo si avvicina come metodologia all’indagine investigativa, e molti studiosi si sono sbizzarriti a dare del “fenomeno” Holmes un’interpretazione psicoanalitica. Il fatto che si tratti di un personaggio di fantasia è del tutto irrilevante: per certi versi, Sherlock Holmes è un uomo del suo tempo, che riflette le peculiarità e le contraddizioni dell’epoca vittoriana. E, in ultima analisi, una psicologia di Sherlock Holmes non può prescindere dall’atteggiamento ambivalente del suo creatore. Conan Doyle, infatti, è un figlio del positivismo ottocentesco, la cui ombra nascosta si esprime nell’oscuro dei bassifondi londinesi, ma non solo. Forse non tutti sanno che l’autore, in aperta contraddizione con l’esasperato razionalismo della sua creatura letteraria, era un fervente appassionato di occultismo e di spiritismo, temi che non trovano spazio alcuno nell’universo sherlockiano, dove tutto è basato sul metodo scientifico e sull’osservazione diretta della realtà. Del resto, tutti gli appassionati conoscono a memoria una delle citazioni più famose di Holmes, che recita opportunamente “quando si è eliminato tutto ciò che è impossibile, quello che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità.”
Nel mio racconto “Elementare, Jung: psicoanalisi di Sherlock Holmes”, ho la presunzione di sottoporre ad analisi il grande investigatore. Trattandosi di fiction, tutto è possibile, e lo schema che ho proposto è da intendersi cum grano salis, e da interpretare per quello che è, cioè un’invenzione letteraria senza pretesa alcuna di attendibilità scientifica. Lo spunto per questo racconto nasce da un’esperienza diretta dello stesso Jung, che durante il suo internato presso l’ospedale psichiatrico di Zurigo, aveva smascherato l’autrice di un furto in corsia mediante il metodo diagnostico denominato “reattivo di associazione verbale”, una sorta di prototipo anticipatore di macchina della verità. Ed è interessante notare che Jun aveva effettivamente prestato la sua opera come consulente presso la polizia cantonale di Zurigo, nella speranza che il suo metodo di associazione verbale potesse aiutare gli inquirenti a scoprire l’autore di certi crimini. Nella finzione letteraria Jung sottopone il test a Sherlock Holmes, riportando alla coscienza un trauma infantile, con conseguente, sconvolgente rivelazione sul passato del grande investigatore.
Trovo molto interessante la trovata di raccontare che cosa è davvero successo a Mary Morstan, la prima signora Watson. Che cosa le ha suggerito l’idea?
Su quest’argomento, è come se Conan Doyle avesse lasciato una pagina vuota. A un certo punto questa figura diventa semplicemente d’impiccio, e viene semplicemente cancellata, in modo che i due protagonisti possano riprendere la loro esistenza da scapoli nell’appartamento al numero 221/b di Baker Street. La povera Mary Morstan semplicemente scompare senza lasciare alcuna traccia dietro di sé; e questo si deve in buona parte alla conclamata misoginia dell’autore e, di riflesso, della sua creatura letteraria.  E dato che nulla si sa della sua morte, questo lascia campo libero a qualsiasi supposizione in merito; sta a noi autori di apocrifi holmesiani il compito di riempire gli spazi vuoti lasciati dall’autore. Anche in questo caso non posso dire di più, per non privare il lettore della rivelazione finale. Posso solo dire che il ritorno sulla scena di Mary Morstan è una delle classiche avventure sherlockiane in cui tutto non è come appare a prima vista…
Com’è arrivato ad avere l’idea per scrivere Sherlock Holmes e lo straordinario caso di madame Babette?
In realtà, l’ipotesi di partenza prevedeva l’incontro fatale tra il più grande investigatore della storia e il primo e più famoso dei ladri gentiluomini. Poi, come spesso succede, la storia ha man mano preso tutt’altra direzione. Però non ho rinunciato del tutto all’idea iniziale, e Arsenio Lupin fa comunque la sua apparizione, anche se come figura di complemento. Non escludo, in futuro, di riprendere il tema e svilupparlo più ampiamente, ma temo che non sarà facile, poiché molto è già stato scritto sull’incontro tra queste due figure decisive della letteratura poliziesca, e sarebbe necessario documentarsi in maniera approfondita per evitare cose già dette.
Quali sono le fonti che ha usato per i suoi racconti?
Principalmente quello che noi sherlockiani, definiamo il canone, cioè l’intero corpus letterario basato sulla figura di Sherlock Holmes, che è composto da quattro romanzi e cinquantadue racconti. Molte sono i rimandi e le citazioni alla produzione originale, e questo è stato necessario per evitare contraddizioni, anacronismi e quant’altro. Uno dei miei romanzi, Sherlock Holmes e l’avventura del farmacista pazzo, non può essere compreso fino in fondo senza aver letto uno dei racconti del canone, per la precisione l’avventura della seconda macchia, di cui per certi versi può essere considerato una sorta di sequel parziale. Poi google maps… per quanto possa sembrare strano, non sono mai stato a Londra, e per l’ambientazione delle mie storie ho utilizzato quanto di più avanzato possa fornire la tecnologia attuale. Ora si può viaggiare virtualmente molto meglio di come faceva, per esempio, Emilio Salgari a suo tempo: basta un click sulla tastiera e sei sul posto. Certo, dall’epoca vittoriana molto è cambiato della struttura urbanistica londinese, ma le direttive principali sono rimaste pressoché inalterate, e grazie alle mappe satellitari non ho avuto bisogno di inventarmi nulla.
Lei è un chitarrista, quali sono i cantanti e gruppi che lei ama di più degli anni Sessanta e Settanta?
Beatles, in primis. Poi David Bowie, Rolling Stones, Neil Young, Pink Floyd, Cat Stevens, Bruce Springsteen, Leonard Cohen, Bob Dylan, Paul Simon… per farla breve, quanto di meglio possa aver prodotto e tramandato quell’epoca straordinariamente feconda della musica moderna. Amo molto anche i cantautori italiani, in testa a tutti Fabrizio De Andrè, ma anche Francesco De Gregori, Lucio Battisti, Ivano Fossati, Francesco Guccini, Roberto Vecchioni, Lucio Dalla ecc. Insomma, tutti i grandi della canzone d’autore, nessuno escluso.
Quali sono i suoi progetti futuri?
Per il momento la produzione letteraria riferita a Sherlock Holmes è in standby, ho un paio di bozze salvate nel mio computer che svilupperò quando sarà il momento. Per quanto possa amare il grande detective, a un certo punto è scattato in me una sorta di meccanismo di saturazione, e ho sentito il bisogno di rivolgere la mia attenzione a qualcosa di diverso. Per troppo tempo i signori Holmes e Watson hanno assorbito tutte le mie energie, senza permettermi di pensare ad altro; e quando un’attività rischia di diventare troppo monotematica e totalizzante, è importante sapersene distaccare, almeno per un po’. Le mie attenzioni ora sono concentrate sulla mia attività principale, che è quella artistica, ed è una scelta peraltro obbligata, perché di diritti d’autore non si campa, se non per rare ed autorevoli eccezioni. Lo scrivere per la maggior parte di noi autori è un’attività collaterale, un hobby che è bene coltivare finché se ne ha voglia, e non certo per ricavarne un mezzo di sostentamento. Comunque, in futuro non escludo di scrivere qualcosa che non sia basato sulla figura di Sherlock Holmes, e ho qualche idea su una serie di racconti ambientati sulle nostre montagne, e su quello splendido lago che ho il privilegio di poter ammirare dall’alto, e che quasi tutti i giorni vado a salutare.
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