#Como di fine Ottocento
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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La sposa del lago di Rita Bonfanti: Un amore perduto nella Como di fine Ottocento. Recensione di Alessandria today
La struggente storia vera di una giovane sposa sul Lago di Como, tra passione, mistero e tragedia, nell'affascinante scenario della fine del XIX secolo.
La struggente storia vera di una giovane sposa sul Lago di Como, tra passione, mistero e tragedia, nell’affascinante scenario della fine del XIX secolo. La sposa del lago, scritto da Rita Bonfanti, è un romanzo storico che ci riporta nella Como di fine Ottocento, raccontando una storia d’amore e mistero realmente accaduta. Il lago, con le sue acque placide e i suoi segreti, diventa il simbolo di…
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Lecco, l'Archivio Touring in mostra alla Torre Viscontea
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Lecco, l'Archivio Touring in mostra alla Torre Viscontea. Sarà inaugurata venerdì 16 settembre alle 18:30 al Palazzo delle Paure la mostra "Archetipi Fotografici. Sguardi sul territorio di Lecco dall’Archivio Touring", che sarà allestita in Torre Viscontea a Lecco e visitabile gratuitamente giovedì dalle 9 alle 13, venerdì e sabato dalle 14 alle 18 e domenica dalle 10 alle 18, fino a venerdì 9 ottobre. L'esposizione, promossa da Les Cultures nell'ambito del Festival di Viaggi, Luoghi e Culture Immagimondo 2022, trova spazio nel calendario 2022 delle mostre del Comune di Lecco e racconta il lago di Como attraverso una sessantina di scatti selezionati all'interno dell'archivio storico del Touring Club Italiano. Mostre passate, presenti e future La mostra segue quella dedicata a "Luxardo e il cinema" della Fondazione 3M, ospitata nelle sale della Torre Viscontea prima della pausa estiva, e precede "Sguardo al femminile", una mostra antologica di Bianca Banfi, in programma da fine ottobre a novembre, che sarà promossa della Cooperativa Sociale Omnia Language di Lecco. Al contempo, a Palazzo delle Paure fino al 20 novembre, resta allestita l'esposizione "Poetiche. Quotidiano e immaginario nell’arte italiana tra Ottocento e Novecento", prodotta e realizzata da ViDi in collaborazione con il Si.M.U.L. con 90 opere di Verismo sociale, Divisionismo e Simbolismo, mentre negli spazi della Fototeca di Palazzo delle Paure è tuttora allestita l'esposizione fotografica realizzata dal Si.M.U.L. "L’archivio presente. Mostra della donazione di Fotografie di Luigi Erba". Read the full article
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sounds-right · 6 years ago
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Cost - Milano: dal giovedì al sabato, dinner show... E la domenica aperitivo lungo
Un grande loft  situato al piano terra di un raffinato palazzo di fine ottocento a due passi da Corso Como e Porta Nuova, il cuore di Milano. Ecco cos'è Cost Milano, dinner & dance da ben 250 coperti divisi in due ampie sale. I party di Cost prendono vita dall'ora dell'aperitivo a notte fonda: i drink sono eccellenti, la cucina è mediterranea e la musica è decisamente happy. Anzi è musica che mette il sorriso. Il giovedì è Unconventional Thursday, un gran bel modo di inizia in anticipo il weekend, con gli artisti (cantanti, ballerini, performer, mangiafuoco) di Visionair. Il venerdì e sabato si continua con dinner show seguiti da dj set infucati. La domenica, invece, va in scena un aperitivo lungo (dalle 19 alle 1 di notte) tutto da vivere. E a pranzo? dal lunedì al venerdì c'è un business lunch d'eccellenza.
E il cibo? Cost è da sempre prima di tutto un ottimo ristorante. Nel menu, sempre diverso a seconda della disponibilità e della stagione, spiccano piatti di pesce come la tartare di tonno in salsa d'ostrica, avocado, germogli e sesamo nero o il filetto di tonno in crosta di pistacchio su salsina di datterini. Da non perdere pure il filetto di Fassona farcito al foie gras con porcini o le cosce d'anatra croccanti, che arrivano sempre da un'unica azienda parmense.
Cost Milano via Tito Speri n.8, Milano 0262690631 https://www.facebook.com/CostDiscoRestaurantMilano/ http://www.ristorantecost.it
MEDIA INFO E FOTO HI RES COST MILANO http://www.lorenzotiezzi.it/lorenzotiezzi.it/cost_milano.html
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pangeanews · 5 years ago
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“Forse è vero che proprio qui, ospite di Ludovico il Moro al castello di Trezzo d’Adda, Leonardo avrebbe cominciato a dipingere il sibillino sorriso di Monna Lisa”: viaggio sulle tracce di Leonardo da Vinci in Brianza
(Oreno, Vimercate, Fiumelatte, sul fiume Adda, Arlate e Civate)
Scrive Michele Mauri da Vimercate nel suo romanzo Salaì che nella località rurale di Oreno ai tempi in cui Leonardo da Vinci creava tra Milano e la Brianza “il buio metteva paura. L’oscurità evocava il regno dei morti, le tenebre quello del demonio. Nessuno si addormentava senza recitare una prece, nemmeno chi aveva proferito bestemmie tutto il giorno per protestare contro la sorte avversa”…
Un mondo della bassa brianzola lontano da quello d’oggi, con le sue cascine lottizzate e in cui di notte le impressioni paniche sono state rimpiazzate quelle della labranchiana “estasi del pecoreccio” e le luci delle mammoniche Torri Bianche di Agrate che esprimono sì un che di geograficamente definito, ma più che altro uno stato dello spirito, mentale, spirituale, estetico, uno stile che per lo scrittore di Pantigliate è un’“espressione globale”.
Ma a poche centinaia di metri dalle Torri ci sono anche le tracce della nobile vita del passato: la tenuta dei Borromeo, con le scene di caccia anche agli orsi, tanto amati dal duca vimercatese, poi senatore, Gian Giacomo Gallarati Scotti cui lo stesso Mauri ha scritto nel suo Trittico vimercatese e che a sua volta a quelle bestie silvestri dedicò una trilogia di saggi. E sempre a poche centinaia di metri ci sono anche le tracce di una vita rurale ancora presente: i campi di patate bianche dette di Oreno ma in realtà olandesi, introdotte in Brianza dalle Americhe a metà Ottocento da un abate, Antonio Müller, anche se pare che a Lazzate le avesse già impiantate nel proprio orto, nel 1777, Alessandro Volta, che v’inventò la pila.
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Brianza terra d’elettricità, infatti, e siccome terra d’acque, ecco quella della meravigliosa centrale idroelettrica Esterle, in località Porto d’Adda, a cinquecento metri dalla già esistente Bertini, rispetto a questa tre volte più potente. Costruita agli inizi del Novecento è un gioiello d’architettura industriale, ricca di decorazioni come motivi geometrici e floreali, colonne con capitelli, vetrate goticheggianti, gronde di ferro battuto, splendidi lampioni e pavimenti. Come la centrale Semenza, in quel di Robbiate, eretta poco dopo per sostituire l’antica Bertini, sita nella stessa località sopra l’alzaia del fiume, e risalente a fine Ottocento, una delle più antiche d’Europa, con una diga, a Paderno. Ai tempi le sue turbine erano seconde quanto a potenza solo a quelle delle cascate del Niagara, ma la sua origine è assai meno moderna e ha radici nei progetti leonardeschi di dighe, chiuse e canali lungo l’Adda, vecchi di secoli.
Altra cascata ma senza bisogno di diga. Altre tracce lasciate dal genio vinciano. Oltre Lecco, nel piccolo borgo lacustre di Fiumelatte, frazione di Varenna, si trova uno dei fiumi più brevi del mondo. 250 metri. I locali dicono il più corto ma mentono. A Cassone, comune di Malcesine, Verona, per esempio, c’è l’Aril, o Ri, un immissario del lago di Garda, di 175 metri. Tuttavia il Ri non è altrettanto speciale.
Perché il Fiumelatte, che nasce nelle Grigne, scroscia sì spumeggiante, da cui il suo candore latteo, ai piedi del monte Fopp, per gettarsi subito nel lago di Lecco, ma lo fa con regolare intermittenza dovuta a formazioni carsiche, sempre tra il venticinque marzo, l’Annunciazione, giorno della festa della località, e il sette ottobre, giorno della Madonna del Rosario, la patrona di Varenna, ragion per cui è detto anche il fiume delle due Madonne.
Già in passato ne parlò lo storico comasco Plinio il Vecchio. E poi il poeta francese Paul Valéry nei Voyages historiques. E naturalmente Leonardo che nel periodo brianzolo annotò: “È il Fiumelaccio, il quale cade da alto più che braccia 100 dalla vena donde nasce, a piombo sul lago, con inistimabile strepitio e romore.”
In tale occasione i fiumelattesi fanno capolino in strada per poter dire infine che el fium l’è ruàa e attendere la discesa delle acque facendo finta di nulla, con aria falsa indifferente tipica dei brianzoli, e controllare così che tutto vada come deve e si possa fare un po’ di moderatissima festa, rovinata nel 2001 da un evento mai accaduto in precedenza. Quell’anno, infatti, il torrente non ha mai cessato di scorrere.
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Ma un simile candido zampillo latte, in Brianza, si collega a un altro antico culto della Vergine, quello della “Madonna del Latte” oggi relegato alle icone votive esposte ormai in poche chiese, e per esempio quella della Beata Vergine di San Lorenzo a Guanzate, in provincia di Como, e ahinoi ad ancor meno celebrazioni.
Forse vittima nei secoli di certo bacchettonismo sancarlino per via dei pur misericordiosi, cattolicissimi seni sfacciatamente esibiti mentre in trono, discinta, allatta Gesù Bambino, questo tema iconografico fu anche di Leonardo con la famosa Madonna Litta, e di uno dei suoi grandi discepoli, il brianzolo Marco d’Oggiono.
In alcuni casi furono cancellati o modificati gli affreschi, ritenuti troppo strani e d’impronta pagana, ma c’è anche chi ha giustamente provveduto a riportare le antiche icone alla forma originale.
Non celato invece si trova, a Imbersago, un altro colpo di genio di Leonardo in Brianza, il traghetto a corde che dal 1515 collega il paese a Villa d’Adda, mosso solamente dalla forza delle acque.
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A proposito delle relazioni tra Toscana e Brianza, nelle quali fiorì il genio di Leonardo e Manzoni, e che certo andrebbero un po’ riviste, Luigi Santucci, sempre imprescindibile fonte, scrive che “l’intonazione lombarda che c’è nel romanzo, non sarebbe restrittivo scoprirla addirittura brianzola. La costante brianzola la c’è, eccome: e la si ritrova in quel dialogato chiaro, preciso, sostenuto dal sale di una piccola e sorniona ironia. Così c’insegna il Gianoli. E son d’accordo con lui che il lodato ‘realismo ma non troppo’ de I promessi sposi il Manzoni lo imparò in queste ville e borgate”. Allo stesso modo, al di là delle mitologie toscanofile che imperano in Italia e non solo, la verità è che la lingua italiana moderna, seppur sciacquata in Arno, è stata forgiata presso l’unico fiume con nome femminile, l’Adda, che nel suo Viaggio in Italia Guido Piovene, giustamente, scrive che, “tortuoso, scavato fra baratri, probabilmente ha suggerito a Leonardo da Vinci i suoi paesaggi meteorici”. Brianza quindi non bucolica bensì misteriosa e conturbante.
“Alzar la ‘camiscia’ alla Brianza per scoprir che cosa ci ha sotto! Smascherarne, cioè, la falsa pudicizia, svelarne insomma l’ambiguità. Giacché proprio di questo mi pare si tratti: d’una virtuosa, costumata, tutta femminea ambiguità” – questo che è ciò vorrebbe fare Santucci con la sua amata Brianza  – Santucci che scrive di una leonardesca enigmaticità della Brianza – di un Leonardo “sommo principe dell’ambiguo e dell’enigmatico” – “che di qui ci passò, sappiamo, ed ebbe a incantarsi […]. Forse è vero allora che proprio qui, ospite di Ludovico il moro al castello di Trezzo d’Adda, lui avrebbe cominciato a dipingere il sibillino sorriso di Monna Lisa del Giocondo”. Sullo sfondo del capolavoro si potrà scorgere quella veduta: “Scruto il capolavoro, ne spio con batticuore lo sfondo: quei monticini cretosi, la serpeggiante strada e il fiume a cascatelle (l’Adda?) attraversato dal ponte ad archi dietro le spalle della Bella; più oltre quelle frastagliature verdeggianti”. E pertanto: “eccola, forse, la Brianza, incarnata, personificata”. Ma è vero?
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Possibilissimo, almeno ai quei tempi. Possibilissimo, poi, se si pensa alla Vergine delle Rocce, con la visione del greto del fiume nel suo punto più tumultuoso e nelle sue anse più gorgoglianti, come descritto da Piovene e poco lontano da dove fu realizzato il sistema di dighe, chiuse e canali progettato dal genio vinciano.
Probabilissimo, almeno ai quei tempi. Probabilissimo, poi, anche che Leonardo non solo abbia studiato il De Divina Proportione del matematico aretino Luca Pacioli, ma che la sezione aurea che si ritrova nel suo celeberrimo disegno della figura umana, l’Uomo Vitruviano, l’abbia vista in una chiesa sita a poche decine di metri dal fiume dal nome femminile, il romanico dedicato ai Santi Gottardo e Colombano ad Arlate, frazione di Calco.
Probabilissimo, per finire, come gli esperti Dario Monti e Rosalba Franchi hanno recentemente ipotizzato in uno studio sulle linee, i volumi, la luce, lo sfondo delle finestre del Cenacolo di Santa Maria delle Grazie, che per il celeberrimo affresco milanese l’artista toscano abbia tratto chiara ispirazione dalla struttura del refettorio di un monastero della Brianza, quello di San Calogero nel comune di Civate.
Marco Settimini
(continua)
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ilquicchio · 7 years ago
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IL CORO HARMONIA FESTEGGIA 35 ANNI DI ATTIVITA'
“NON SI CANTA PERCHÉ SI È FELICI, SI È FELICI PERCHÉ SI CANTA” Così affermava William James, psicologo e filosofo statunitense di fine Ottocento. E cosa può meglio sottoscrivere questa affermazione se non la lunga vita di un coro?
Il coro. Straordinario e quasi magico esempio di come voci e sensibilità diverse possano fondersi in modo armonico per dar vita ad una melodia che, quasi come fosse un fiore allo spuntar del giorno, si apre al cuore di colui che ascolta accarezzando i più nascosti luoghi dell’anima. E questo miracolo, a Vergiate, si rinnova incessante ormai da 35 anni. È vero. Si è felici perché si canta. E la storia del Coro Polifonico Harmonia, oggi, lo dimostra. Quelle prime note, tremolanti e cariche di attese, sbocciate 35 anni fa – era il 1982 – sono state le prime di innumerevoli altre, cresciute più sicure e fiere, volate per ogni dove. Il Coro è sempre stato, e lo è tuttora, felice di poter cantare. Non solo per raccogliere quell’apprezzamento che, dal punto di vista umano, ripaga dei tanti sforzi profusi nello studio dei brani, ma soprattutto per dar voce all’essenza stessa del coro, ossia il piacere che il canto stesso regala, sì a chi ascolta ma ancor di più a chi canta. È stato lungo il percorso del Coro Harmonia. Un cammino che lo ha portato a raccogliere numerose sfide, come quella della registrazione, negli studi RAI di Milano, della colonna sonora per lo sceneggiato televisivo “Piccolo mondo antico” nel 1983. O, ancora, quella di far nascere un’autentica ed innovativa Rassegna Corale. Correva l’anno 1989; da un’idea del Presidente e del Direttore Artistico, con il pieno appoggio e la fattiva collaborazione dell’Amministrazione Comunale, nasceva un appuntamento musicale che, nel 1998, avrebbe assunto l’attuale denominazione ufficiale, “Verglatum”. Pensata e realizzata in occasione della Festa Patronale di San Martino, la Rassegna è sempre stata occasione di incontro con altre realtà corali italiane e straniere. Unite dall’alto valore tecnico e dalla passione per il bel canto, tali realtà corali hanno sempre contribuito all’elevazione culturale e spirituale non solo della comunità locale, ma anche di tutti coloro che, tra il pubblico, provenivano da altre zone del territorio.
I numerosi concerti, in Italia e all’estero, le partecipazioni come ospiti speciali a concerti di altri cori, le molteplici collaborazioni con orchestre ed ensamble musicali, hanno punteggiato gli anni di vita del Coro Harmonia. Accanto a questa “normalità” artistica il Coro ha vissuto parecchi grandi eventi, quali la partecipazione al Festival del Ticino, manifestazione organizzata dall’omonimo Parco Naturale, da Regione Lombardia e Provincia di Varese; gli annuali grandi concerti organizzati dall’USCI (Unione Società Corali Italiane); la maestosa Festa di San Tito a Casorate Sempione, manifestazione che occorre solamente una volta ogni dieci anni.
In tempi più recenti il Coro, che nel frattempo è cresciuto nel numero dei suoi elementi raccogliendo coristi anche da cittadine limitrofe a Vergiate, ha vissuto importanti eventi umani e musicali a livello nazionale. L’udienza concessa al Coro da S.S. Papa Benedetto XVI nel 2011 ha costituito per i coristi oltre che un’opportunità per una esibizione fuori dal comune, un indimenticabile momento di crescita personale spirituale e umana. In quell’occasione è stato anche possibile fare omaggio al Santo Padre dei CD che il Coro ha avuto il piacere di incidere nel corso della sua attività: uno centrato sulla figura di San Giovanni Paolo II e l’altro con melodie natalizie care alle più svariate tradizioni musicali. Nel maggio del 2015 presso l’Arena di Verona, contornato da migliaia di coristi provenienti da tutte le regioni d’Italia, il Coro Harmonia ha preso parte all’iniziativa “Conto cento, canto pace”, concerto organizzato in occasione dei cento anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale come omaggio a tutti i caduti di uno dei più tragici eventi della storia dell’uomo moderno. Un anno dopo, nell’aprile del 2016 in Piazza del Plebiscito a Napoli, il Coro, unico rappresentante delle associazioni canore della Provincia di Varese, ha preso parte alla manifestazione “La Piazza inCantata”, che ha raccolto più di 13.000 coristi provenienti da tutta Italia dando così vita al più grande coro polifonico d’Europa.
Più recente ancora è stata la collaborazione con la soprano Barbara Frittoli e la pianista Irene Veneziano, affermate professioniste di fama mondiale, nata proprio da una esplicita richiesta della soprano. Tale collaborazione si è concretizzata in un gremito concerto tenutosi il 17 giugno scorso nella preziosa cornice dell’Abbazia di San Donato a Sesto Calende.
Trentacinque anni di bel canto, di impegno nello studio delle partiture, di incertezze e aspirazioni, di difficoltà e successi hanno unito sempre di più i coristi del Coro Harmonia, rendendoli voci accordate sulla medesima melodia, l’unica degna di essere cantata, l’unica degna di essere vissuta: la meraviglia della vita appassionata.
Coro Polifonico HARMONIA Boscolo Fabio
sabato 11 novembre ore 21:00 Concerto di San Martino XXIX edizione di VERGLATUM Il Coro Harmonia presenterà la “Missa Brevis” di Jacob de Haan parteciperanno: – Ensamble di fiati Harmonia – Coro femminile Hildegard von Bingen di Como presso la Chiesa di San Martino in coll.ne con l’Amministrazione Comunale
sabato 16 dicembre ore 21.00 TRADIZIONALE CONCERTO DI NATALE Coro Polifonico Harmonia presso la Chiesa di San Martino con la partecipazione del Coro dei Ragazzi dell’Istituto Comprensivo in coll.ne con l’Amministrazione Comunale
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Monza, la Rêverie di Eugenio Spreafico donata al Comune
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Monza, la Rêverie di Eugenio Spreafico donata al Comune. Le raccolte dei Musei Civici cittadini si arricchiscono con una nuova opera donata al Comune: "Rêverie. Ritratto di donna con violetta", un olio su tela di 85x50 cm realizzato dal pittore di origine monzese Eugenio Spreafico, artista rappresentativo del panorama artistico del secondo Ottocento lombardo. Il valore stimato dell'opera è di circa 35mila euro. Con una delibera di Giunta comunale dello scorso 7 giugno il Comune ha accettato la donazione dell'opera per volontà dei nipoti Giorgio Aldo e Milena Camparada, che l'avevano custodita finora nella collezione di famiglia. L'acquisizione rappresenta un arricchimento culturale per la città, che testimonia l'attaccamento del pittore alla terra di Teodolinda, celebrato anche attraverso l'allestimento della mostra in suo ricordo 'Eugenio Spreafico 1856/1919' che si è tenuta al Serrone della Villa Reale nel 1989. Chi era Eugenio Spreafico Nato a Monza il 2 aprile 1856, vi risiede per diverso tempo. Si forma presso l'Accademia di Brera a Milano, dove è allievo di Bertini e Casnedi. Espone per la prima volta a Brera nel 1880. I suoi paesaggi raffigurano principalmente la campagna lombarda, Monza e l'area intorno a Magreglio nei pressi del Lago di Como. La pittura di Spreafico ha toni realistici con intenti fortemente narrativi, che pongono particolare attenzione alle problematiche sociali, quali il lavoro nei campi svolto dalle donne e i disagi che dovevano affrontare. Ma è anche un artista paesaggista, che trae ispirazione dalla sua Brianza con i suoi laghi e la sua vegetazione. Rêverie, la donna al centro Un olio su tela di dimensioni 85 x 50 cm realizzato nel 1891 da Spreafico e donato al Comune dalla famiglia Camparada, proprietaria del dipinto. Legato al tema della figura femminile colta in un momento di riflessione molto apprezzato nella pittura milanese dell'ultimo decennio dell'Ottocento (il titolo Rêverie rimanda espressamente all'abbandono alla fantasticheria, al sogno), l'opera rappresenta una giovane donna elegantemente vestita in un interno, adagiata su un divano. La donna fissa lo sguardo nel vuoto, tenendo fra le dita un mazzolino di violette: la luce soffusa e i colori spenti mettono in evidenza il volto, l'espressione degli occhi, le mani delicate, la fede al dito. Sebbene il pittore – oltre che grande interprete della realtà monzese di fine Ottocento – fosse un fine ritrattista, la tela rientra più coerentemente nella produzione di genere, alla quale Spreafico si dedicò ampiamente, rispondendo al gusto di una committenza elegante che prediligeva temi intimistici, vicini a suggestioni letterarie. La storia dell'opera Il quadro fu esposto da Eugenio Spreafico alla I Triennale di Belle Arti a Brera del 1891 e in occasione dell'importante mostra "Eugenio Spreafico 1856-1919" realizzata nel 1989. La donazione va ad arricchire la già cospicua collezione di opere dell'artista presente nelle civiche raccolte; nelle sale del museo i visitatori possono ammirare in esposizione permanente capolavori come Dal lavoro. Il ritorno dalla filanda e Dolori. La sagra dei morti, oltre al celebre trittico con Le guardiane delle oche e dei tacchini e il Ritratto di Giulio Carlo Silva. Read the full article
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