#Giovane dolce
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Sante Pollastro e Costante Girardengo: Il bandito e il campione
Sante Pollastro e Costante Girardengo nacquero entrambi a Novi Ligure. Il primo era un bandito, il secondo un abile ciclista su strada e un ottimo pistard. L’amicizia tra i due fu molto discussa all’epoca; entrambi provenivano da famiglie povere e avevano la stessa passione per la bicicletta. Continue reading Sante Pollastro e Costante Girardengo: Il bandito e il campione
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Il Sapore della Cannella
Le foglie autunnali cadevano lentamente dagli alberi, creando un tappeto dorato e rosso sul marciapiede. L’aria era fresca, con quell’odore inconfondibile di terra bagnata e legno che si mescolava ai profumi del quartiere. Camminavo senza una meta precisa, godendomi il cambio di stagione che portava con sé una sensazione di pace e rinascita. Ero stanca dopo una lunga settimana di lavoro e volevo…
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ho un'età che mi permette di assistere alla forma adulta di chi ho visto essere bambino e questo vuol dire che questa fase per me è passata, ma riesco a prenderne coscienza soltanto attraverso l'evoluzione di altri perché io mi sento sempre la stessa, neanche un centimetro spirituale in più. ancora più straziante è guardare invecchiare le giovani figure adulte che hanno costellato la mia infanzia o adolescenza. zia si è fatta la tinta bianca ai capelli, li ha sempre avuti scuri, soltanto dodici mesi fa era mora. in un anno li ha schiariti sempre di più fino al bianco. dice che è stanca di fare la tinta ogni mese, lascerà che i suoi bianchi naturali crescano confondendosi con il nuovo colore. e poi forse non metterà più lo smalto e neppure il trucco il sabato sera. la vecchiaia quindi è l'abbandono del superfluo? o è l'abbandono di sè stessi? la tinta è davvero così superficiale oppure è un atto di resistenza? forse non sempre, forse qualche volta. questi movimenti viscidi del tempo che striscia lungo i pilastri solidi della mia esistenza mi mettono a disagio. probabilmente perché li sento anche addosso. probabilmente perché senza accorgermene sono diventata un pilastro della mia stessa vita anche io. probabilmente perché mi sento violata, impotente, non come uno stupro, è una violenza diversa, una violenza dolce, subdola, ingannevole, inesorabile. forse sono in ritardo, forse è troppo tardi per tante cose, forse gli altri sono in anticipo, forse si sentono in ritardo anche loro. da giovane la mia bisnonna aveva sempre uno zigomo gonfio, o un occhio nero, o una frattura da qualche parte. poi suo marito è morto e lei ha iniziato a mettere il rossetto, i gioielli e il profumo. io ero bambina, molto bambina, la ricordo come una delle donne anziane più eleganti che io abbia mai visto. è morta sulla soglia dei cent'anni con le labbra rosse, non è mai stata in ritardo. credo che la resistenza si manifesti sempre di rosso. vorrei passare lo stesso colore sulle mie labbra, per firmare queste parole con un bacio stampato sul foglio, ma il tempo della carta è passato
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Questo balcone si affaccia sul mare. Tocco la schiuma
vagabonda, inesauribile, della spiaggia.
Sul balcone, davanti a La Costilla,
i miei occhi si sono rivolti al mare.
Lontano, la nebbia
disegna un orizzonte che naviga
ne l mio cuore.
Conosco ogni granello
di quella sabbia, il suo nome, la sua estate,
il suo cognome. E l'acqua mi viene offerta
giovane e dolce al mattino. E canta
il suo settembre soleggiato.
Nei vetri
cresce il fiore leggero dei coralli,
ruggisce l'azzurro della gola scolastica
del giorno.
E appare quel bambino, quell'insonne
che ero un tempo. E guarda.
E a Rota
questa finestra è il mare. E il gabbiano
che gli restituisce la parte più bella del cielo.
Ángel García López, da Mester Andalusí, 1978
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Cosa faccio qui? Cosa sto facendo? Sono in auto, parcheggiata, alcuni metri fuori da scuola. E sto aspettando …lui. Che esca da scuola. Già questo dovrebbe spingermi a mettere in moto e andare via. Non lo faccio. Ho perso la testa. Mi sono invaghita di un ragazzo più giovane di mio figlio. Un ragazzo che va ancora a scuola la mattina. E io, qui ad attenderlo.
Tra le gambe sento un fremito. Già l’attesa, il pregustare di vederlo mi fa bagnare. Sei proprio impazzita. Che ti ha preso?
Lo conosci da sempre. Sei amica del cuore della sua mamma. Poi, ti sei accorta di come ti guardava. E anziché riderne e non pensarci hai cominciato a giocare. Sguardi, sorrisi, accavallamenti di gambe, scollature generose, qualche sfioramento solo in apparenza innocente sotto il tavolo. Un gioco di provocazioni che ha portato il ragazzo a cadere nella tua rete. Finché non lo hai sedotto e te lo sei fatto.
Un capriccio. Ma lui è così dolce….e mio dio come ti fa godere Margi.
Così, sei qui, che lo aspetti.
Mi controllo il trucco. Passo le mani sulle gambe, eccitata. Ho messo le calze e il reggicalze stamattina. E senza mutandine. Porca, per andare a prendere un ragazzo adolescente davanti scuola….
Eccoli che escono. Anche lui. Gli accordi sono chiari. Guai a farci notare. L’auto parcheggiata nell’angolo, ad alcune decine di metri dal portone. Lui che cammina, cerca con gli occhi la mia ufo, sorride quando la vede. Ma deve fare finta di camminare diritto. Solo all’ultimo momento aprirà lo sportello e si infilerà nel posto accanto al guidatore. Accanto a me.
Lo guardo. Che voglia di pomiciarlo subito. Anzi, di farmelo subito, qui in macchina, sbottonargli i pantaloni, salirgli di sopra e scoparmelo sul sedile.
Non si può, controllati ancora per qualche minuto.
Metto in moto e sorrido senza dire una parola. Allungo la mano, gli tocco la patta. Poi prendo la sua, e la guido sotto la gonna, sulle cosce. Riporto la mano sul voltante. Lui mi accarezza le gambe, indugia sul reggicalze, poi si spinge in mezzo.
“Devo guidare…” gli dico.
Lo sto portando nella casa appena fuori città rimastami dopo il divorzio. Il mio ex marito neanche sospetta che la usi. Avremo un paio d’ore prima che debba riportarlo a casa, dalla sua mamma. Gli toglierò i vestiti appena chiusa la porta alle nostre spalle. Lo spingerò sul letto. Non ho mutandine, non ho neanche bisogno di spogliarmi. Di sprecare nemmeno un secondo …..
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LEGGENDA DEL GATTO NERO
La leggenda narra che in tempi molto lontani, quando il sole era di cera e la luna di cristallo, due giovani innamorati abitavano in due regni nemici da generazioni.
I loro genitori non approvavano che i loro figli si amassero.
Avevano condiviso giochi da bambini e, ora che i loro corpi fiorivano, erano stati relegati nei loro castelli sotto chiave senza potersi vedere.
Solo una bella gatta bianca, come la neve, attraversava i due regni eludendo la sorveglianza.
Un giorno, la dolce Carina ebbe un'idea: scrisse sul dorso della gatta bianca un messaggio d'amore per il giovane Amadeus, che rispose rapidamente tracciando con bella calligrafia un altro messaggio sulla stessa gatta.
Poco a poco accumulò tante linee di inchiostro sul suo corpo che si trasformò in un'imponente gatta nera, carica di messaggi d'amore e di pace.
Il giorno in cui il suo ventre si gonfiò, diede alla luce sei preziosi cuccioli neri come la notte.
Sei cuccioli frutto dell'amore, della pace e del coraggio.
Sfortunatamente, qualcuno si incaricò di far sì che la storia non venisse alla luce e, come conseguenza, oggi i gatti neri non godono della fama che meriterebbero.
Ogni gatto nero porta scritto sulla sua pelle un'antica leggenda carica di inchiostro, d'amore e di speranza.
Sono messaggeri dell'impossibile.
Dal Web
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𝖄𝖆𝖓𝖉𝖊𝖗𝖊 𝕬𝖗𝖙𝖍𝖚𝖗 𝕻𝖊𝖓𝖉𝖗𝖆𝖌𝖔𝖓 𝖝 𝖗𝖊𝖆𝖉𝖊𝖗
𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ Four Knights of the Apocalypse
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento Yandere, sangue, rapimento, abuso di potere, ossessione, prigionia, giochi mentali
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 3576
Non credeva fosse possibile cambiare così tanto.
Questo era quello che pensava (nome), chiusa nella sua stanza con Arthur seduto davanti al camino aspettandosi forse una specie di spiegazione da parte sua. Ma ancora era scomparsa per 16 anni, chissà cosa sarà successo e cosa l’avrà cambiato, anche se in realtà non lo voleva davvero saperlo. Non quando ha ritenuto opportuno e di suo diritto, mandare diversi cavalieri a riprenderla con la forza e a portarla da lui.
Si sentiva alquanto inquietata e sospettosa sul modo rapido con cui l’hanno trovata. Solo 1 giorno di ricerche e Camelot era a 1 mese di distanza a piedi, contando che non avrebbero potuto sapere dove era, questo era decisamente sospettoso. Ma l’unica cosa che potevi distinguere oltre al terrore e al disgusto, era la delusione. Lui le aveva sempre detto che l’amore significava in qualche modo lasciare andare le persone affinché fossero felici, almeno prima di partire ti disse questo e forse eri diventata più romantica di quanto lo fossi a suo tempo.
Nessuno sguardo caldo e dolce che racchiude sempre un po’ della sua infantilità, nessuna considerazione allegra sulla crescita che la giovane di Camelot poteva aver dimostrato in 16 anni. Solo quello sguardo pieno di malvagia soddisfazione nel vederla difficoltà ed fuori luogo.
Questo non era decisamente amore.
❝ Dove sei stata in questi 16 anni? ❞La sua voce attraversò le silenziose mura della stanza, provocando un nodo di brividi lungo tutto il corpo di Lady (nome). Cosa poteva dire? Era attualmente imprevedibile. Mentire era rischioso, chissà cosa le avrebbe fatto se l’avesse scoperto e la verità era troppo complessa da spiegare, anche se avvolte (nome) si convinceva che non esisteva una spiegazione. ❝ In giro.❞ Forse lui avrebbe potuto anche rammentare come la sua amata non fosse mai stata una persona che amava le lunghe spiegazioni . Dalla sua espressione sembra ricordarlo ora.
Un sorriso più profondo unito al divertimento gli balló nelle iridi e sulle belle labbra. Distolse comodamente lo sguardo dalla figura tesa come corde di violino, per portarlo sulle fiamme del camino. Una volta , (Nome) avrebbe giurato che il riflesso del focolare nelle sue iridi, avrebbe in qualche modo dovuto portarle una sorta di calore e conforto, ma questo non avvenne. Forse era troppo cresciuta per definirsi ancora una immatura sognatrice, che non avrebbe mai capito la differenza tra affetto e ossessione, ma ora lo era. Lady (Nome) é abbastanza grande da capirlo, e semplicemente il nodo allo stomaco era l’ennesima tra le conferme. Doveva andarsene.
La ragazza si guardò attorno il più discretamente possibile, cercando di non far trapelare intenzioni che non avesse già esposto prima. Niente era davvero passato sotto i suoi occhi, che potesse esserle di aiuto. ❝ Sei molta carina così.❞ Si era distratta, o forse era meglio dormire che si era concentrata troppo; e non aveva notato che ora la stesse guardando. Lo sguardo era cambiato, come decine di volte in quell’ultima ora di imbarazzanti discorsi a senso unico.
In cui dalle labbra sottili di Lady (Nome) uscivano solo brevi frasi per accontentarlo. Era qualcosa di dolce e malinconico, come se si volesse scusare di cosa le aveva fatto, ma non si è lasciata ingannare. (Nome) abbassò lo sguardo verso la veste color cipria e non disse nulla. Prima che lui potesse venirla a vedere di persona, Alla giovane di Camelot era stato fatto un bagno, vestita, ed infine acconciata. Forse questa era una tradizione utilizzata a Camelot, tuttavia lei nata e cresciuta a Camelot e poteva vantarsi di conoscere abbastanza Arthur, almeno così aveva sempre creduto. Era tutto un trucco per metterla a disagio.
Un vestito rivelatore, che la metteva in mostra agli occhi del re, nessun segreto, segno o pensiero poteva essergli nascosto. I capelli acconciati abbastanza stretti da rendere difficile il corretto scorrere del sangue. Il forte profumo di incenso e fiori gelsomino era lo stesso che aveva odorato all’entrata di Arthur. Infine quei pesanti ornamenti legavano come un collare attorno al suo delicato collo, al pari di un animale al guinzaglio.
❝ Grazie… immagino sia opera tua.❞ Era stata scortese? Lo sperava sinceramente . Si è impegnata a mettere tutto il disdegno e il rancore possibile nella sua voce e sperava davvero che lo notasse. O prima o poi l’avrebbe fatto. Ma ancora sembrava velatamente farlo, dato che rise sommessamente alle sue parole. ❝ Perspicace come sempre, (nome). e questa situazione ti deve mettere così alle strette da renderti nervosa.❞ Non mosse un muscolo.
Non era come se lo stesse nascondendo in effetti, ma questo non voleva dire che lui potesse sottolinearlo. Era palese che quella situazione non le piacesse e il fatto che lui l’avesse detto non l’avrebbe dicerto cambiato, ovviamente. ❝ Non mi sembra di averlo mai nascosto.❞ Aveva risposto schietta e scortese, solo dopo un attimo di silenzio. Lui non parlò allora lo hai fatto tu, ma non sembrava turbato dalla tua impertinenza.
❝ Devo dire che sei cambiata molto in questi 16 anni.❞ Aveva premuto di nuovo il dito sulla ferita, forse il Re di Camelot voleva farla sentire in qualche modo in colpa. Non che ci fosse riuscito un granchè, e non avrebbe certo finto il contrario. Aveva continuato a divagare ancora in discorsi sul passato e sul tempo in cui era stata via. A volte erano domande retoriche che avrebbero dovuto farla sentire in colpa ma che non lo hanno fatto e altre volte invece erano innocenti ricordi che lei aveva deciso di dimenticare per tutto il tempo dell’incontro.
Anche se ad un certo punto aveva smesso ascoltarlo in verità, concentrandosi su una via di fuga. La sua presenza di Arthur era quello che più le rendeva difficile farlo, era ovvio non le avrebbe permesso di fuggire così tranquillamente, quindi doveva distrarlo.
Solo allora i suoi occhi caddero sul set da the in ceramica, che era posato su un tavolino in mezzo a loro. Strano, Lady (Nome) non ricordava che fossero mai stati là, e non deve essere da molto. La bevanda ambrata all’interno della tazzina fumava ancora intensamente, quindi era relativamente da poco tempo che è stata versa. Tuttavia non aveva visto nessuno entrare. Un’idea balenò nella sua confusa mente, forse non la migliore delle soluzioni che avrebbe potuto pensare per risolvere un problema, ma rimaneva l’unica idea che le era venuta in mente.
Con lenti movimenti si mossé lentamente e con eleganza, prendendo il manico sottile della tazzina e per poi lanciare il contenuto sul volto del Re. Grugnì piegandosi su se stesso cercando di alleviare almeno in parte il suo bruciore. La ragazza ne approfittó per correre verso la porta di uscita. Voleva andarsene il prima possibile.
(Nome) allungò la mano per afferrare la maniglia che però scomparve. Rimase pietrificata, come era possibile? Merlin non era presente e Arthur gli aveva chiesto di andarsene e di non intervenire in alcun modo. Quindi come era possibile? Cercò di spingere la porta nella vana speranza che si potesse aprire, ma non funziona. Lady (Nome) inizió a colpire ripetutamente il legno della porta con le mani strette in pugni. Era ovvio che non si sarebbe aperta, non aveva mai avuto un grande forza fisica, e solo ora poteva rammaricarsi con te stessa per non aver cambiato la cosa prima. I colpi, man mano che passa il tempo, si trasformarono in graffi. Neppure questo era di aiuto e osava dire fosse anche più doloroso per le sue mani. Le unghie raschiavano insistentemente il legno fino a consumarsi. Era doloroso ma non si é fermata nemmeno quando le sue ginocchia sono crollate a terra e il suo respiro divenne affannoso oscurando a poco a poco la sua vista. Per quanto (Nome) cercarse di tenere aperti gli occhi era tutto inutile. Si sentiva stanca e affannata, quando poi le mani di Arthur fermarono le sue era stato ancora più difficile, non caderci definitivamente. Alla fine lo hai fatto.
❝ Stai tranquilla (nome), passerà molto presto.❞ Non voleva sapere cosa intendesse, e scivolò nell’oscurità.
Quando si svegliò, tutto era al suo posto tranne lei stessa. Il fuoco era ancora acceso e le poltrone erano rimaste lì, non erano state spostate. La porta era ancora chiusa e Arthur non era più lì. Un sospiro di sollievo lasció le labbra della giovane ricercatrice, era ovvio che non fosse un sogno. Tutto questo guardando le mani, prive di qualsiasi segno. Le sue unghie erano perfette, curate e dipinte di un tenue colore rosato. Identiche a come lo erano quando le domestiche le avevano curate per lei dopo il bagno. La porta non portava segni dei suoi graffi che era sicura di aver lasciato e la maniglia c’era. Era frustrante non sapere cosa stesse succedendo.
Questo posto avrebbe dovuto portare un calore famigliare e ricordi felici, ma non lo fece. Arthur avrebbe dovuto scherzarci sopra con dolci e innocenti battute. Questo posto non le ricorda niente di così piacevole come la sua infanzia e Arthur era visibilmente cambiato, in peggio ovviamente.
L’unica cosa positiva, che in questo momento poteva trovare era che Arthur non c’era. Sarebbe stato stupido da parte su non approfittarne per guardare meglio l'ambiente e cercare una via di fuga.
(Nome) ha spostato le coperte che avvolgevano il tuo corpo.
Nonostante il torpore dei sensi e la vestaglia leggera che indossava che non apportava molto calore. Il movimento alzò per l'ennesima volta un forte odore, però questa volta diverso. Sembrava un profumo che avrebbe usato un uomo e che sarebbe rimasto impresso sulla sua amata dopo aver passato del tempo con lui. Solo che in tutto questo, (Nome) non era la sua amata e non voleva passare del tempo con lui.
La giovane di Camelot raccolse velocemente una giacca trovata appoggiata sul bracciolo di una delle poltrone e la indossò. Era sua, lo sapeva eppure quella vestaglia era troppo rivelatrice e trasparente per non provare freddo nonostante il fuoco acceso. Raggiunse una delle grandi finestre coperte da pesanti tende per impedire alla luce di entrare, forse per lasciarla riposare. Guardando attraverso la superficie poteva dire con certezza che sarebbe stato impossibile fuggire da qualsiasi finestra di quella stanza.
Non era al pari di una di quelle principesse rinchiuse su una torre, ma comunque la torre é abbastanza in alto da assicurarti una morte rapida, non appena avrebbe toccato il suolo. Forse l’ennesima misura di sicurezza per impedirle di poter scappare, anche se pensavi fosse improbabile. Dalle fattezze e la grandiosità della stanza (Nome) poteva chiaramente dire che era quella dove Arthur dormiva, rendendo l’altezza casualmente strategica. Se davvero avessero temuto per questo, Merlin avrebbe avuto di sicuro qualche incantesimo per risolvere la cosa.
Scosse il capo, non era davvero tempo per pensieri tanto aggrovigliati. Presto sarebbe tornato alla riscossa con qualche altra conversazione, e lei avrebbe trovato un modo per tirarla a suo vantaggio.
Era dura non trovare un qualsiasi motivo per scagliarsi contro di lui. Per questo aveva iniziato a evitarlo e la cosa era risultata più semplice da quando le era stato permesso di aggirarsi liberamente all’interno dei confini castello. Era quasi divertente, poteva quasi definirlo come un gioco se non fosse che perdere, non significa effettivamente perdere qualcosa, ma avere a che fare con colui che più temeva attualmente.
Questo però non lo ha fermato dal trovarla veramente quando voleva assolutamente vederla.
Quel castello non era normale. Non era un classico con torri e muri antiche. No.
O almeno, questi c’erano, ma non erano nel posto in cui dovrebbero essere. Torri e muro o semplici mattoni separati tra loro erano fermi nello spazio a mezz’aria. Senza fili o pilastri che potessero reggerli. Alberi e piante contorti o spezzati, si dividevano in forme mostruose, altri si alzavano in altezza con rami maestosi. No fiori, no frutti, no foglie. Niente di questi essere sembrava avere vita propria o ancora sembrano non avercela proprio una via.
Camelot era un'ombra assurda e oscura di quello che era stato una volta, e di quello che Lady (Nome) poteva ricordare così teneramente.
Ricorda ancora l’amaro stupore e il disgusto, quando l’ha portato fuori dal castello del re, sospeso su tutto quell’orribile spettacolo. La sua amata città natale sembrava un'accozzaglia di pattume ammassato dove lui governava con orgoglio.
(Nome) ricordò le lacrime che hanno minacciato di uscire e la disperazione mista a disgusto, ma non era arrivata ancora così in basso da concedergli le sue lacrime. Ma gli aveva gridato contro, nessuno ti avrebbe potuta trattenere dall’odiarlo apertamente. Era la cosa ti riusciva meglio in questo periodo è ne andavi fiere. Tutti i cavalieri presenti si erano fermati dalla propria marcia per guardare la favorita del Re di Camelot e temere pietosamente per la sua vita.
Lo aveva preso per il bavaglio e aveva continuato ad interrogarlo su questo.
Non ha detto niente.
Assolutamente niente riguardo a questo. Solo che lei avrebbe prima o poi capito che era anche per il suo bene.
Lady (Nome) decise segretamente a se stessa che lo avrebbe fermato. I loro occhi si scontrarono, mentre se lo sei promise e lui guardava solo con soddisfazione quello spettacolo straziante che ballava e vorticava mele iraconde iridi della sua amata. Conservava ancora quel fuoco che poteva ricordare e Arthur ne fu soddisfatto
(Nome) era sicura che il primo passo fosse capire quale assurda magia o maledizione lo affligge. Non ne sapeva molto di questo genere di cose, nessuno lì era disposto a darle più informazioni di quelle che aveva già. Ricordava amorevolmente che da qualche parte ci fosse una libreria. Almeno una volta c’era, ora non lo sapeva più. Annesso che potesse esserci dentro a quel chaos che era camelot e il suo castello.
Velocemente Lady (Nome) apprese che non sarebbe stato facile muoversi per quei luoghi. Le sale intricate e i corridoi infiniti portano a posti che non ricordava o che semplicemente non c’erano mai stati. Ogni ‘porta’ che attraversava portava a qualche punto diverso del castello e la maggior parte delle volte cambiava ogni giorno. La stessa porta non portava mai allo stesso luogo due volte consecutive.
Questo l’ha destabilizzato. Non sapere quale porta, con il quale una volta avrebbe familiarizzato, l’avrebbe portata nel posto che desiderava e sapeva ci fosse dietro, è in assoluto il modo più destabilizzante di torturarla. Annesso che Arthur la consideri una tortura. Anche gli alberi sono porte, o meglio dire portali, ognuno aveva il proprio incantesimo. Ma (Nome) non era una maga e di conseguenza non possedeva magia.
Solo qualche volta é riuscita a trovare la biblioteca, e il suo orgoglio si sarebbe comunque infranto l'istante successivo in cui Arthur ha sorpassato la stessa porta da cui era entrata ma che sospettava non fosse la stessa da cui era arrivata.
Non ha ricevuto nemmeno la possibilità di aprire un libro, nemmeno una di quelle due volte che era stata lì.
Astutamente, ha cercato un modo di dare un senso a questo posto, segnando su un taccuino quali porte portava in quali luoghi.
Ma era tutto inutile. Ogni giorno cambiava e non c’era un ciclo regolare con cui si sarebbe ripetuta quella sequenza di stanze.
Per questo era qui. Passando scale alla cieca e aprendo porte in vana speranza di un qualcosa. Forse lui poteva comandare anche questo susseguirsi di porte e stanze sempre diverse. Dargli un senso allora sarebbe inutile in ogni caso.
(Nome) incimpò sul tuo vestito ma non cade, è riuscita ad appoggiarsi al muro in tempo. Se si potesse chiamare ancora così ovviamente.
❝ TU non dovresti essere qua. ❞ Il suo viso si alzato alla frase sibilata con stupore. Un qualcuno che assomigliava ad una bambina decisamente graziosa e delicata per un posto come questo, era davanti a te. Voleva pensare che non fosse un posto per lei ma qui niente aveva davvero un senso.
Sembrava conoscerla visto la casualità con cui si è riferita a (Nome), tuttavia era sicura di non conoscerla.
Presupponendo fosse di Camelot era da sedici anni che non ci metteva piede, e lei non sembrava aver più di 10 anni ad occhi. Ma poteva sbagliarsi, é incredibilmente facile farlo in questo luogo. Invece se non fosse stata di Camelot non poteva dire con certezza dove si potessero essere incontrate prima.
❝ Ehm… Ciao piccola… ci conosciamo per caso? ❞ I suoi occhi sembravano stupiti di quanto le parole di (Nome) potessero essere delicate nei suoi confronti. La’ espressione della bambina le diceva questo ma ora come ora (Nome) non era sicura. Aveva un comportamento davvero strano.
❝No…❞ Prese una piccola pausa. Un piccolo respiro. Il tempo sembrava quasi scorrere più lentamente mentre la (colore) aspetta pazientemente che continuasse. ❝ Tu non mi conosci e non ci siamo mai incontrate prima. Ma io ti conosco. ❞ Ci capiva ancora meno ad essere sincera.
❝Non riesco a capire… ❞ Ha allungato una mano, piccola e minuta, adatta alla bambina che era. ❝ Non temere, avevo previsto un nostro incontro… ti spiegherò tutto.❞
Guinevere, questo è il nome della bambina, le ha spiegato tutto sul serio. Ogni cosa. Alcune cose erano vaghe altre decisamente dettagliate.
Da quello che (Nome) poteva supporre con il suo livello di compressione, la bambina poteva essere paragonata ad una qualche sorta veggente, anche se non era proprio così. Kaleidoscope. Si era riferita così in merito alla sua capacità.
Le ha spiegato che aveva previsto che loro si sarebbero incontrate. Non sapeva come, quando e dove ma lo aveva visto. Anche se non aveva mai pensato fosse in questo genere di situazione.
Poi le ha parlato di quello che è successo nei suoi più di 16 anni di lontananza da Camelot. Della guerra santa e del Chaos. Le ha rivelato i piani di Arthur, le ha rassicurato che tutto prima o poi sarebbe finito. Ma non aveva previsto il ritorno della stessa (Nome) - o rapimento -. Le ha spiegato in quale modo questi poteri funzionavano e come li controllava Arthur. Le ha rivelato il motivo per cui lei si trovata qua, e che Lady (Nome) non faceva parte del piano di Arthur. Era solo un capriccio che avrebbe tenuto per sé.
È stato straziante per molti versi ascoltarla e poteva quasi crollare su se stessa. Provò un minimo pietà per Arthur, ma non ha smesso comunque di odiarlo per quello che ha fatto.
❝ Cosa posso fare per fermarlo? ❞ Lady (Nome) giocó inconsciamente con le sue stesse dita, cercando di diminuire la tensione. I suoi occhi grandi la guardavano quasi sorpresa. (Nome) era palesemente impotente, lo sapeva già da sola ed era certa lo sapesse anche Guinevere. ❝ Niente... ❞ Stranamente non riuscì a sentire la delusione da questa affermazione pesare sullo stomaco. Si sentiva come una specie di principessa da salvare, anche se non era una principessa e non si vedeva nemmeno come tale.
❝ … dobbiamo aspettare. Ma ne usciremo di qui.❞ Ha giocato con le sue mani ancora, avvolte prendendo anche l’abito soffice insieme.
❝ E se le cose cambiassero…? ❞ Guinevere sbatté gli occhi con un'espressione accigliata. ❝ Hai detto che il fato non può essere modifica o ci saranno gravi conseguenze… ma se lui riuscisse ad evitare tutte le conseguenze…❞
(Nome) è una persona molto negativa e paranoica per natura, anche se la bambina non lo aveva visto questo, lo ha intuito. Ogni domanda che aveva posto durante la loro chiacchierata era qualcosa di assolutamente catastrofico.
❝ Delle conseguenza ci sono sempre… e lui le affronterà se decidesse di proseguire per questa stra-❞ ❝ Quali conseguenze? ❞
Una voce allegra, quasi al limite del fastidioso arrivó da dietro. Successivamente (Nome) venne avvolta da due braccia, rimase rigida anche quando appoggia il mento sulla spalle e le parlò. Un sussurro basso, ma non troppo, tanto che anche Guinevere lo aveva sentito. ❝La mia signora sta forse complottando contro di me? ❞
Il fianco le mancò o forse lo stava solo trattenendo, come se avesse qualcosa da nascondere. Ma ancora Lady (Nome) non aveva capacità, poteri o abilità straordinarie per poter essere utilizzata per i suoi scopi, era più un capriccio che si era concesso nei suoi piani.
Qualcosa dal passato che non era riuscito ancora ad abbandonare del tutto, nonostante fosse stato lui a permetterle di andarsene in primo luogo.
❝ Avrei qualche possibilità forse? ❞ Era retorica la domanda, con unica risposta. No. Ma lui sembrava quasi divertito. ❝No, mia cara… ❞ disse e poi si allontanò, andando a sedere in una poltrona che non ricordava fosse lì - o forse non c’era mai stata -. Congiunge le mani mentre i suoi gomiti sono appuntati sui bracciolo. ❝ Ma guarda qui… potremmo quasi sembrare una famiglia… ❞ Il primo sguardo fu rivolto a (Nome), con note amorevoli parlò ❝… la madre ❞ si voltò su Guinevere induro lo sguardo. ❝… e la figlia irrispettosa. ❞ Sapeva che le aveva raccontato tutto, non che avesse dubbi. Poi si voltò di nuovo verso la ragazza di cui era ancora innamorato, tornando calmo e rilassato. ❝ O ma giusto! Lei non è nostra figlia… Ma potrebbe essere un buon spunto.❞
Mai! Le guance della (colore) si tinsero e mentre le sue mani strinsero il tessuto già arricciato della gonna. ❝Toglitelo dalla testa, non accadrà mai!❞ Canticchia sommessamente. ❝ Non dare fretta al tempo (nome). C’è un tempo e un luogo per tutto. Quando saremo pronti accadrà senza che nemmeno te ne accorgerai…. ❞ Appoggia il viso al palmo della mano e avrebbe voluto spaccargli la faccia.
❝ …abbiamo tutto il tempo che vuoi. ❞
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Ragazza che non ho, ti ho già scritto una volta. Ero più giovane dentro e fuori, sognavo che dal buio fiammante della radio potessi uscire tu, con il mio S.O.S. di carta fra le dita,e uno di quei sorrisi che sembrano dire “Perché ti meravigli tanto? Non hai mai visto uscire una ragazza da una radio?”. Avrei guardato le tue gambe svelte scavalcare la finestra nera della radio, ti saresti lasciata ammirare quel vestitino di carta giapponese, con i fiori d’ acqua e tutti i miei problemi si sarebbero accucciati in un angolo come un cane pentito, perché avevo osato dubitare della materia dei sogni. Vedi, ragazza, credere nell’impossibile è stato la causa dei miei guai e delle mie grandezze. Ho puntato su tutte le roulette, sono andato in spiaggia con le scarpe d’inverno e mi sono steso in cappotto davanti al mare bruciante. Disprezzavo i luoghi comuni. Così non ho mai smesso si credere che esisti, che esistono ragazze che escono dalle radio con i vestiti a fiori. Ecco perché ti ho scritto e imbuco questa lettera nell’universo. Non sono così sciocco da credere che tu non verrai mai ( i miracoli sono più reali dei soldi), la verità è che temo di deluderti. Sono scorbutico, gonfio di dubbi e non ho mai imparato a ballare. Ti annoieresti, temo, e dopo qualche minuto di silenzio mi diresti “Usciamo?”. Ma non mi va di uscire, stasera in televisione c’è il mio documentario preferito, di la cena è apparecchiata per uno. E poi ho l’ansia da prestazione, va bene? Tu hai fatto l’amore fra le stelle, io in letti di serie B, che la sigaretta dopo era l’orgasmo. Non credermi, ragazza che non ho, questo è un vecchio gioco: provocare i miracoli e smettere di stupirsi l’attimo seguente. Se a questo punto te ne andassi via, sarei perduto.Siamo mezzi uomini,mezzi maghi, eterni bambini. Non credermi basta, portami fuori. E’ una serata così dolce. Ci sarà pure da qualche parte una balera deserta dove potrai insegnarmi il ritmo semplice e misericordioso della vita. Ragazza che non ho, stanotte saremo in tanti ad attenderti, lo sai? Fai così, non pensare a me, a forza di credere nei miracoli io ho imparato a reggerne l’assenza. Ma uno, questa notte, uno almeno di noi fallo felice.
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Storia di Libera e di suo padre
Nella memoria della gente della valle di Cepic è rimasta la figura di Libera Sestan, una giovane donna di Novako, un paese del comune di Pisino. Era nata nel 1919 e all’epoca aveva 24 anni. Libera era bellissima e, raccontano, aveva un animo dolce e sensibile. La sua era una famiglia benestante che certo suscitava l’invidia di molti. Si era sposata con un ufficiale dei carabinieri e aveva due figlie piccole. Era solita recarsi molto spesso a Pisino, per fare compere o concludere qualche affare, abitudine che gli abitanti delle campagne attorno alla cittadina hanno mantenuto anche oggi. Questo però fu sufficiente e pretesto a un suo parente, Veljko Sestan, partigiano, per dichiararla spia e nemica del popolo. Andò a prelevarla a casa, con un manipolo di suoi collaboratori, trascinando via con lei anche il padre. Dicono che li pregasse in ginocchio di permetterle di rivedere per un’ultima volta le sue piccine, ma le fu negato. Prima di gettarla viva, insieme al padre, nella foiba di Chersano, la malmenarono e le bruciarono i capelli. Il delitto non restò impunito. Un altro suo cugino, Ervin Sestan, che le era molto affezionato, impazzì quasi dal dolore. Subito dopo quei fatti, si unì per vendetta e per disperazione all’esercito tedesco. Dopo qualche tempo arrivò insieme ai tedeschi a prendere Veljko in casa. Veljko appena li vide tentò di scappare scavalcando la finestra sul retro e correndo via per i campi, ma Ervin sparando con una pistola dalla finestra riuscì a colpirlo alla testa e ad ucciderlo.
Da “La Voce del Popolo”, 26 luglio 1990, a firma di “lama” (Laura Marchig, fiumana)
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Una classe dirigente può esser tale senza avere nessuna delle caratteristiche minime per esercitare dignitosamente questo ruolo? Sicuramente ci si può trovare davanti ad una ruling class inadeguata, ma questo comporta che il Paese disgraziatamente sotto il suo potere sia condannato allo sfacelo. La giornata di ieri ha mostrato un mosaico di avvenimenti che d��nno la misura effettiva della nullità – capitalistica, morale, economica, politica, culturale, ecc – di chi controlla questa sfortunata provincia dell’Impero. Andiamo con ordine, prendendo i titoli dal giornale che pretende di essere ancora “il salotto buono della borghesia italiana”. Il quale, fin da ieri mattina, ci invita a spargere lacrime simpatetiche con “il povero” Luciano Benetton, che si è accorto solo ora – 89enne, al momento di ritirarsi in dolce attesa – che il suo gruppo ha registrato perdite choc: «In pochi mesi da 13 a 100 milioni, ora il rosso sarà di 230». E’ appena il caso di ricordare che l’ex “re del maglioncino” è stato a capo di un piccolo impero economico multinazionale, “a gestione familiare”, che ha responsabilità dirette nella repressione dei Mapuche in Patagonia, nel crollo del Ponte Morandi per risparmiare sulla manutenzione (43 morti), accarezzando nel frattempo anche qualche giovane virgulto “democratico” in vena di arrampicate… Il “povero pensionato” accusa naturalmente l’ultimo amministratore delegato da lui stesso scelto con toni entusiatici, e ora se la vedranno con gli avvocati in tribunale. Secondo capitolo. “Morto nel suv con la fascetta al collo Giallo sul marito di FrancescaDonato”. L’eurodeputata un tempo leghista, quando ci istruiva in ogni talk show circa le cirtù salvifiche del neoliberismo condito con privatizzazioni e taglio delle tasse a ricchi ed imprese, nonché del complottismo novax, ha immediatamente sentenziato “Me l’hanno ucciso”. E noi stavolta – l’unica – le crediamo. Angelo Onorato, imprenditore ed ex candidato alle regionali con la Dc di Totò Cuffaro (formazione cui è approdata anche l’eurodeputata) è stato infatti trovato morto strangolato alle tre del pomeriggio dentro la sua auto, sulla parallela dell’autostrada per l’aeroporto di Palermo. Modalità e luogo dell’omicidio lasciano un portone spalancato a ogni ipotesi che riporti alla mafia (anche se I media sono molto cauti, in queste prime ore). Ma la cronaca nera politico-imprenditoriale ci continua a sottoporre i tormenti del “povero Giovanni Toti”, tuttora presidente della Regione Liguria nonostante sia agli arresti domiciliari, descritto con umana compassione dal Corrierone: “Toti, la vita ai domiciliari: l’ansia nella casa di Ameglia con la moglie convalescente e il cane Arold”. Le accuse di corruzione, le intercettazioni, i soldi di Spinelli… Tutto nelle righe dell’articolo, ma è il titolo che deve restare nella testa dei lettori, no?
Ci sarebbe da fare qualche domanda anche sulla morte del rettore dell’università Cattolica di Milano, suicida (ma non viene quasi mai ricordato, tanto meno nei titoli) e senza alcuna spiegazione apparente. Riserbo massimo, nessuna ipotesi, parce sepulto…
Si potrebbe andare avanti a lungo, ma ci sembra più interessante l’unica notizia di critica sociale vero uno degli esponenti peggiori di questa classe dirigente. A Marina di Pietrasanta, titola sempre il Corsera, “Irruzione degli attivisti al Twiga, ombrelloni piantati fra le tende dei vip: «La spiaggia è di tutti»”
Ma chi sono questi attivisti? Di chi è il Twiga?
Bisogna andare a spiluccare nelle pagine interne… E allora si viene a sapere che I primi fanno parte del coordinamento ‘Mare Libero’, che dal 2019 si battono contro la privatizzazione delle spiagge e per “restituire il mare alla collettività”. Hanno montato ombrelloni e sdraio, steso gli asciugamani tra i lettini dello stabilimento, solitamente meta di vip, calciatori e politici. E lì si sono rimasti, tra le proteste di alcuni clienti che hanno rivendicato la “proprietà privata” della spiaggia.
Mal gliene è incolto, però, visto che come spiegano i ragazzi “Piantiamo i nostri ombrelloni in questa spiaggia tornata libera perché le concessioni sono tutte scadute il 31 dicembre 2023. Lo ha deciso il Consiglio di Stato in attesa, come stabilito anche dall’Unione europea, delle gare”.
Quanto ai proprietari del Twiga, beh, sono storicamente gli stranoti Flavio Briatore e Daniela Santanché, ora ministro del turismo. Che è poi a ragione per cui ha venduto le sue quote al socio, anche se un’inchiesta de Il Domani ha verificato che continua a incassare profitti dal Twiga tramite una società creata ad hoc, la Ldd Sas, ditta creata ad aprile 2023 e controllata al 90% da Immobiliare Dani, a sua volta al 95% di Daniela Santanché.
Scatole cinesi, azzeccagarbugli da commercialisti, rapporto osè – mortiferi – con la grande criminalità organizzata, truffe pure e semplici, amministratori pubblici a busta paga…
In mano a questi stanno le nostre vite.
[...]
Una “classe dirigente” di impressionante squallore - Via
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60. Quale cosa dolce vorresti che qualcuno facesse per te?
Buongiorno.
Sono appena sveglia e ho letto "Quale dolce vorresti che qualcuno facesse per te" e io avrei risposto"Sachertorte", bene ma non benissimo. 😂
Ma vabbè. Piccolissimi dettagli. 😂💖
Allora, immaginando un'ipotetica persona del cuore, direi sicuramente:
Vorrei che mi scrivesse una lettera scritta a mano. Come si faceva una volta (non pretendo il calamaio, ma.. non nascondo che sarei felice.)
Vorrei che portasse al mare, una sera d'inverno e a mangiare la pizza lì, mentre parliamo e ci coccoliamo anche.
Mi piacerebbe ricevere dei fiori. Sono da sempre in fissa con le rose nere e blu, ma so che non sono facilmente reperibili.
Mi piacerebbe che mi riempisse di attenzioni, delicatezze (per esempio sistemarmi bene il pantalone o il maglioncino e/o giacca da dietro la schiena che io non ci arrivo mai. Non voglio cose del tipo "sei bellissima, splendida come un fiore" ogni secondo, perché poi mi sa di falso.
Mi piacerebbe che fosse una persona seria (ma non con me capiscimi) ed è attenta non so.. nel pulirmi il labbro quando mi sono OVVIAMENTE sporcata con il gelato. 😂
Forse sogno troppo, ma vorrei qualcosa più alla vecchia maniera, che non ho mai vissuto perché sono troppo giovane. Ecco qui.
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Nido Oscuro
Parte 1 -> Parte 2
L'incontro
1890
Contea di Marvalia, Inghilterra nel palazzo del Re Taurus tutto sembra procedere
perfettamente per le nozze del figlio, il prossimo in successione al trono, Wilder con la principessa Kassandra.
"É arrivato il grande giorno figliolo, ora questo regno dipenderà da te, devi essere pronto a governarlo con coraggio"
"Si padre, cosí com'è scritto" seguí in risposta. Il ragazzo si guardava nello specchio che poggiava sul banco della sua camera illustre con aria sconsolata, Kassandra non era certo ciò che voleva, mentre dal potere si faceva sedurre e non si faceva neanche lo scrupolo di nasconderlo. Poco dopo entrò nella stanza il suo lancillotto a occuparsi di lui e della sua bellezza. Nessuno poteva immaginare che di lì a poche ore sarebbe cambiato tutto.
Oggi
Un'epidemia si diffonde rapidamente nel regno di Marvalia, Dominick, giovane
aristocratico, viene mandato nella notte dai genitori, amici della famiglia reale, in ritiro
nel palazzo gotico di quello che viene chiamato "L'incantatore della notte", questo perché distante dal regno così da proteggerlo.
Il ragazzo viene scortato dalle guardie reali fino al castello di questa figura misteriosa. Nel tragitto percorre strade tortuose e cupe in cui nota strane ombre dalla tunica nera e con grandi maschere a gas, alcune si facevano luce con delle lanterne.
Dopo ore di viaggio in cui Dominick si faceva impaziente e timoroso, la macchina nera si fermò davanti a un grande campo lasciato a sé stesso in cui poggiava con imponenza il palazzo dallo stile grottesco.
"Siamo arrivati signore."
"Oh si certo, immagino che debba scendere".
Apre la portiera e con estrema classe scende dall'auto per poi innalzarsi davanti alla facciata principale della dimora, era sicuramente spaventato.
Si accinge al portone e bussa, la macchina se ne va ma poco dopo nessuno apre. Dominick è capace di aspettare perché troppo pudico per ritentare ancora, avendo lo scrupolo di disturbare, poco dopo si rende conto di una lieve fessura che portava con sé della luce laterale alla porta, la quale non era di fatti del tutto chiusa, così pone poca resistenza e si decide a tirare la porta in avanti così da poter entrare
"Permesso…" Disse titubante
"Son..sono Dominick" Il ragazzo percorse l'atrio e poi ancora
Si imbatté in delle maestose scale di legno che conducevano al piano di sopra ricco di stanze immacolate, si fece strada da solo intento a trovare l'uomo. Iniziava a sentire dei rumori, voleva tornare indietro ma le gambe lo spingevano a continuare, pensò anche che aveva lasciato la sua vecchia valigia all'ingresso.
D'un tratto i rumori cessarono e da una delle stanze uscì lui, questa alta figura dal corpo esile, sembrava un uomo la cui stravaganza ti strega, aveva una raffinata eleganza e un dolce profumo sulla pelle, aveva indosso un bellissimo completo scuro che sembrava disegnato su di lui, era ricoperto di gioielli, le sue scarpe erano lucide, sotto la giacca aveva una lunga camicia con maniche larghe e con gli sbuffi, erano merlettate e sul collo poggiava un grande fiocco bianco e a cospetto di questo poggiava sul petto una vecchia collana di perle che portava larga, aveva poi sulle mani dei guanti neri e poi non poteva non notare il suo mosso e lungo capello rosso, era eccentrico l'aveva capito
ma era anche affascinante, era semplicemente quello con cui tutte le cattiverie del regno iniziavano "L'incantatore della notte".
Sempre con fare elegante ma allo stesso tempo con simpatia, l'uomo porge la mano al ragazzo in un inchino, intento a fargli strada
verso la sua stanza, ricordandogli di andare a recuperare i suoi averi.
"C'è un brutto male là fuori eh? voglio dire a Marvalia."
"Sta succedendo tutto così in fretta, è destabilizzante"
"Beh si potrebbe dire che essere condannato a stare qui si è rivelata la mia fortuna"
"Lei è condannato a stare qui?"
"Mi piace la premura con cui ti rivolgi a me, ma te ne prego non ce n'è bisogno, voglio che tu ti senta libero qui"
"Non le piace parlarne?"
"L'hai fatto di nuovo"
"Cosa?"
"Questa distanza, non mi piace, non mi è mai piaciuta"
"Scusa non volevo..."
"Oh non scusarti trovo questa tua insistenza deliziosa" Il ragazzo si sentì il cuore in gola, quella casa e quella figura lo facevano sentire così impotente eppure era sempre stato visto come un uomo tutto d'un pezzo, questo dovuto anche alla sua corporatura, era leggermente robusto ed era bellissimo, la sua stazza andava in contraddizione con il suo viso pulito, puro, dolce aveva un mosso capello biondo e nei suoi occhi ci si poteva perdere, aveva i modi e il vestiario di un signore e aveva di certo un cuore nobile, nobile come lui.
"Sistemati pure in quella stanza, tra poco mangiamo, spero tu gradisca della carne ma ho idea che tu sia troppo ligio alle buone maniere perché tu mi dica il contrario, non oseresti"
il ragazzo si limitò a sorridere e si affrettò a prepararsi per la cena.
I due cenarono nella sala da pranzo, piena di ornamenti d'oro e con un grande lampadario di cristalli che poggiava sopra la lunga tavola antica. L'incantatore aspettò già in sala con ansia il ragazzo che tanto gli piaceva, e una volta che questo si era presentato alla porta, lui lo seguí con fare scherzoso:
"Dopo di lei? dovrei dire forse così?" Il ragazzo era divertito dalla sua ironia, ma aveva il costante timore di deluderlo anche se non lo conosceva, sentiva di aver già investito tanto in lui.
Una volta seduti iniziano entrambi a mangiare di gusto e prendendo il suo amato calice di quello che sembrava essere del vino, l'uomo esordí dicendo:
"Allora ti piace il mio palazzo?"
"Si mi piace perché è diverso"
"E questo ti fa paura?"
"Il palazzo?"
seguí immediatamente l'altro
"Il diverso..."
"Mi affascina, perché è qualcosa di nuovo, e le cose nuove ti fanno sentire eterno"
"E con tutta la gente che sta morendo, forse ce n'è anche bisogno, diventa un vizio immorale, una perversione, ma é pur sempre un desiderio"
"Non ti senti solo in un palazzo tanto grande?"
"Oh ma io non sono sempre solo"
"Avete qualcuno?"
"No di certo non quello, ma a volte vengono a farmi visita degli aristocratici come te o meglio non proprio come te"
"Che vuoi dire?"
"Intendo dire che non sono tutti cosí discreti o piacevoli come lo sei tu"
"Ti ringrazio"
"Non ringraziarmi, è quello che penso di te da quel poco che ti conosco"
"Non ha buoni rapporti con questi uomini?"
"No non é questo, é che mi fa sorridere come nonostante la tua giovane età tu sia più rispettoso di tanti signori la cui età ha portato via l'onore" Ripresero poi a mangiare in silenzio e poi ancora.
"Ah Dominick c'è una cosa che devi sapere" Il ragazzo s'irrigidí
"Non vorrei sembrarti scortese ma preferirei non entrassi nella mia stanza, che si trova alla porta dove ci siamo presentati, certe cose preferisco tenerle per me"
"Certo, certo capisco…”
"Certo che capisci" disse con fare amorevole l'uomo sorridendogli e parlando con una mano sotto il mento il giovane si faceva nervoso e fece finta di voler andare a dormire, così l'incantatore lo accompagnò e poi quando questo si mise a letto fece finta di dormire e la figura rimase ferma qualche secondo a contemplarlo, fece per giocare con i suoi capelli e con strazio pronunciò un nome "Ricardo" e se ne andò.
Ma Dominick l'aveva sentito, era ancora sveglio e stava iniziando a farsi delle domande "Perché era stato condannato a stare in quel palazzo? Perché non ha risposto alla mia domanda? Qual'era il suo titolo? E se non fosse riservatezza ma nascondesse qualcosa in quella stanza? Chi era Ricardo?"
Tutto questo mistero lo rendeva ancora più intrigante, voleva conoscerlo veramente anche se in parte si sentiva intimorito da lui, e l'idea di scoprire tutto di lui gli faceva pensare che potesse rovinare la sua bellezza.
#romanzogay#mascxfem#apocalisse#ahs#fantastico#elegante#estetico#passionale#oscuro#mistero#gay men#ossessione
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La Lettera Sbagliata
Era una di quelle mattine in cui il sole sembrava ancora indeciso se apparire o nascondersi dietro le nuvole. Camminavo velocemente, stringendo il mio cappotto intorno al corpo mentre il vento gelido di ottobre mi sferzava il viso. Erano giornate come questa che mi facevano desiderare di essere avvolta in una coperta, con una tazza di tè caldo e un buon libro. Ma la vita universitaria non…
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Ti ho pensato proprio ieri, quando ho scritto il mio post sull'Acca Laurentia e il possibile collegamento con la nostra Sacra Accabadora.
Ho pensato a quanti inorridiscono a sentirne parlare, come se fosse un'assassina legalizzata da una comunità di incivili, come spesso, ancora ci definiscono.
Pensavo a quanta Bellezza nelle tue parole, per raccontarla, e a quanto le parole hanno potere.
Parole che non si vogliono sentire.
Perché certe verità sono scomode, e la donna deve restare sempre un passo indietro.
Hai deciso di andare via e ritornare alle stelle, da cui sei arrivata, proprio nella notte di San Lorenzo.
Forse la tua 'Accabadora interiore, ti stava chiamando.
Perché ogni vera Donna Sarda, lo è.
Colei che capisce i Misteri della Vita e della Morte, perché è "bogadora" e "accabadora".
"Come sopra, sotto"
L'equilibrio è stato ristabilito
A me, mancherai. Tanto.
Grazie per tutta l'abbondanza e la dignità.
Buon ritorno, Michela💖🌟
"Parlare è un potere e dare potere alle donne è sempre stata una cosa problematica nei monoteismi. «L’unico femminismo che ci piace è quello silenzioso della Madonna, – scriveva nell’editoriale prenatalizio del 2020 il giornalista di un quotidiano sovranista improvvisatosi teologo, per poi proseguire – è una madre giovane, semplice, dolce, il cui pianto non diventa mai piagnisteo e che ci insegna l’importanza della riflessione interiore». Il silenzio è una virtú, ma solo se sono le donne a praticarlo. Agli uomini nessuno chiede di tacere le loro riflessioni interiori, anzi sono cosí sollecitati a condividerle che è lecito sospettare che prima di parlare parecchi di loro non abbiano riflettuto a sufficienza. Invece al sesso femminile è consigliato di fermarsi alla fase del pensiero afono, proprio come la Maria di Nazareth che, secondo una certa ermeneutica strumentale tradizionalista, ci venne raccontata come creatura talmente annichilita dalle conseguenze dell’unica volta che ha aperto bocca da non voler aggiungere piú una parola per tutta la vita, dalla mangiatoia di Betlemme alla croce del Golgota".
Tratto da "Stai zitta" di Michela Murgia
Sei nata tu forse da sola, Maria? Sei uscita con le tue forze dal ventre di tua madre? O non sei nata con l'aiuto di qualcuno, come tutti i vivi?
- Io ho sempre... - Maria accennò a replicare, ma Bonaria la fermò con un gesto imperioso della mano.
- Zitta, non sai cosa dici. Ti sei tagliata da sola il cordone? Non ti hanno forse lavata e allattata? Non sei nata e cresciuta due volte per grazia di altri, o sei così brava che hai fatto tutto da sola?
Richiamata alla sua dipendenza con quello che le parve un colpo basso assestato con cattiveria, Maria rinunciò a replicare, mentre la voce di Bonaria si abbassava fino a diventare una litania priva di qualunque enfasi.
- Altri hanno deciso per te allora, e altri decideranno quando servirà di farlo. Non c'è nessun vivo che arrivi al suo giorno senza aver avuto padri e madri a ogni angolo di strada, Maria, e tu dovresti saperlo più di tutti.
L'anziana sarta parlava con la sincerità con cui si fanno le confidenze agli sconosciuti sul treno, sapendo che non si dovrà sopportare mai più il peso dei loro occhi.
- Non mi si è mai aperto il ventre, - proseguì, - e Dio sa se lo avrei voluto, ma ho imparato da sola che ai figli bisogna dare lo schiaffo e la carezza, e il seno, e il vino della festa, e tutto quello che serve, quando gli serve. Anche io avevo la mia parte da fare, e l'ho fatta.
- E quale parte era?
- L'ultima. Io sono stata l'ultima madre che alcuni hanno visto.
Tratto da "Accabadora" di Michela Murgia
Maldalchimia.blogspot.com
Tiziana Fenu ©®
Figlie della Madre
*Un grande libro che non si dimentica *
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Il consigliori
Lei era venuta da me preoccupata: era da un po’ di tempo che litigava in continuazione con suo marito. Sangue giovane e bollente. Io, per parte mia, da buon vicino di pianerottolo, maturo, esperto e uomo di mezza età, tra l'altro da tempo separato, l'ho fatta entrare.
Ci siamo seduti sul divano e lei ha iniziato a sfogarsi, a esternare le sue preoccupazioni. Facendolo, ha iniziato naturalmente a piangere. Io volevo assolutamente tranquillizzarla e rassicurarla.
Nessun secondo fine, nella mia mente: giuro! Solo la sincera volontà di aiutarla. M'è venuto quindi spontaneo abbracciarla, asciugarle le lacrime e coccolarla stringendola a me. Le baciavo le tempie e le carezzavo i capelli. Lei mi diceva di avere bisogno di buttare finalmente fuori tutto e lo faceva con me, raccontando la loro storia sin da quando erano ragazzi.
Suo marito era per lei l'unico uomo, il primo amore, il primo bacio. Intanto l'altra mia mano libera, da poggiata sul ginocchio che era, naturalmente ha iniziato a scivolarle appena sotto la gonna. Sulle prime non me n'ero neppure reso conto. Poi però ho visto che se proseguivo un pelo oltre, verso il suo inguine, lei non ci faceva neanche caso e continuava a parlare!
La mia dolce e bella vicina continuava quindi a raccontare la sua storia e intanto io, arrivato all'interno fino all'attaccatura della coscia, le scostavo le mutandine e le infilavo il medio nella fica. Lei allargava le gambe, mentre intanto mi chiedeva: “ma sinceramente, da persona esperta e di mondo quale sei: secondo te è normale questa crisi? Io amo solo lui, non desidero che lui. Perciò soffro...”
E io, mentre la esploravo a fondo facendo dentro e fuori col dito tra le sue labbra intime, le dicevo di fare comunque la brava. Perché di sicuro lui non avrebbe mai potuto fare a meno di lei; che erano fatti l'uno per l'altra. Che la loro era un'unione solida e inscalfibile.
Nel frattempo le avevo sceso alle caviglie completamente le mutandine e l'avevo pian piano sdraiata sulla schiena. E lei continuava a parlare dei gusti di suo marito, delle cose che a loro due piace fare, sempre insieme e innamoratissimi. Dei progetti futuri.
Mentre standole oramai sopra le infilavo il membro nella fica, le dicevo che secondo me quello era solo un momento di leggera crisi. Iniziando a pomparla poi, la sentivo rispondermi e dire che lei non lo tradirebbe mai, che il loro matrimonio è sacro, inviolabile e che il loro amore sicuramente durerà nel tempo. Io le consigliavo di parlare molto, con lui.
Di essere paziente e di cercare a tutti i costi di ritrovare la sacra e inviolabile unione matrimoniale. A un certo punto desideravo venirle dentro e quindi le ho chiesto di girarsi. Ma lo facevo sempre parlando della loro crisi sicuramente lieve, passeggera e augurandole di avere presto dei bambini.
Che sarebbero di sicuro arrivati a completare un bellissimo quadretto familiare. Le leccavo l'ano, insalivandola bene per prepararla e lei intanto mi metteva al corrente del fatto che aveva con i suoceri un rapporto meraviglioso, che la riempivano di regali.
Penetrandola nel culo pian piano, mentre glielo sfondavo ho appreso che quando fa l'amore col marito non pensa ad altro che a lui, a quanto sia stata fortunata ad averlo sposato e che voleva assolutamente farlo felice, essergli totalmente fedele e rendergli la vita piacevole. Perché il segreto di un matrimonio riuscito sono la fedeltà e l'onestà. Amava solo lui e desiderava solo lui.
Mentre finalmente sborravo e le venivo in culo, gemevo. Quindi sentivo che lei cooperava, alzava le natiche per farmi godere di più, sempre continuando serena a raccontarmi i particolari della loro intimità esclusiva e privatissima, della gelosia del marito sin da quando andavano al liceo.
Quindi dei loro studi, dei sacrifici, del lavoro di suo marito e del suo grande cuore che batte solo per lui, che mai si sarebbe sognata di tradirlo, neppure per tutto l'oro del mondo. Intanto ero uscito dal suo ano e la schiaffeggiavo sul culo con molto rispetto e sua evidente seppur inconscia partecipazione. Sorrideva e arrossiva un po': di viso e di natiche. Però non smetteva di parlare con me.
Mi diceva che non avrebbe mai potuto permettere a nessun altro al mondo di toccarla. Né avrebbe mai potuto immaginare un qualche coinvolgimento emotivo con un altro uomo che non fosse suo marito. Perché la schiettezza e la correttezza erano alla base del loro stupendo rapporto a due.
E mentre stavolta scopandola a pecorina, col suo petto poggiato sul divano, le sborravo dentro nuovamente, stavolta nella fregna, dolcemente coinvolto e a lungo, sempre continuando a parlare, venne anche lei. Con dei gemiti sensualissimi.
Dovetti farla parlare ancora, perché volevo incularla di nuovo. Mi piaceva tantissimo. Dopo circa un'ora di intima confessione e sfondamenti, con estremo godimento di entrambi, infine mi ringraziò per averla fatta sfogare come si deve. Perché un buon vicino di casa così deve fare: se serve un aiuto alla vicina, tu glielo dai!
Si inginocchiò e mi pulì bene l'uccello con la lingua e la bocca, inghiottendo i residui di sborra e succhiando forte per lasciarmi vuoto, pulito e pienamente soddisfatto. Infatti facendolo, forse non volendo, mi fece sborrare ancora una volta. Inghiottì tutto senza esitare, poi mi baciò sulla guancia e se ne andò a casa tranquillizzata.
Pensai di aver sognato. Invece da quel giorno quella splendida trentenne, che di notte sento rantolare di piacere sotto i colpi potenti di suo marito, quando lui non c'è torna spesso per sfogarsi con me: dice che la capisco a volo e che con me si trova molto bene, a parlare.
Parliamo di tutto e io le offro dei pareri oggettivi, disinteressati, frutto delle mie esperienze. Solo per il loro bene. Dice che sono proprio un buon ascoltatore e che le do eccellenti suggerimenti di vita. Io la ascolto e la consiglio saggiamente. Mentre me la scopo e le sborro ovunque in corpo.
RDA
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Amore immaginato
Nella tranquilla via di un quartiere pittoresco, tra le foglie che iniziano a tingere d'arancione, abitava Anna, una donna matura di 48 anni. Aveva sempre vissuto da sola, senza famiglia o storie passate che potessero definire il suo presente. Anna era una donna di bellezza serena, una bellezza che non conosceva l'età e che rifioriva con il passare degli anni.
Un giorno, un giovane uomo si trasferì nell'appartamento di fronte a quello di Anna. Emanava un'energia giovane e vivace che faceva vibrare l'aria attorno a lui. Anna notò il suo arrivo e iniziò a immaginare la vita che poteva condurre, la sua intimità. Immaginò anche il suo nome, Luca. Luca rappresentava la freschezza dell'inizio, un futuro che lei non aveva mai vissuto.
Anna, con un misto di audacia e timidezza, iniziò a mostrarsi dalla finestra ogni sera. Danzava con grazia e sensualità, indossando abiti che esaltavano la sua femminilità senza però svelare troppo. Movimenti dolci e avvolgenti che incantavano lo sguardo di Luca. Le luci soffuse del suo appartamento creavano un'atmosfera magica, una sorta di connessione emotiva invisibile tra loro.
Gli sguardi si incrociavano, profondi e intensi, come se si parlasse un linguaggio senza parole. Era un dialogo di desiderio e di sogni, di unione che non poteva mai realizzarsi. Anna sperava che quelle danze accendessero una passione in Luca, che potesse sentirsi affascinato e attratto da lei.
Ma quella storia rimase solo nella mente di Anna, un segreto custodito nel suo cuore. Non si parlarono mai, non si incontrarono mai, eppure tra di loro c'era una connessione che andava oltre il visibile. E così, quella dolce illusione fu un modo per entrambi di esplorare mondi diversi, di sognare e di sperare in un amore che, forse, avrebbero solo immaginato.
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