#Rubrica ciclismo
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divulgatoriseriali · 8 months ago
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Sante Pollastro e Costante Girardengo: Il bandito e il campione
Sante Pollastro e Costante Girardengo nacquero entrambi a Novi Ligure. Il primo era un bandito, il secondo un abile ciclista su strada e un ottimo pistard. L’amicizia tra i due fu molto discussa all’epoca; entrambi provenivano da famiglie povere e avevano la stessa passione per la bicicletta. Continue reading Sante Pollastro e Costante Girardengo: Il bandito e il campione
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urbancycling-it · 8 months ago
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zibaldone-di-pensieri · 4 years ago
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2 Gennaio 2021 - 2/365
Celebri nati/morti oggi:
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Isaac Asimov🌟 🤖 padre della robotica, famose le sue tre leggi in merito
Fausto Coppi✝️ 🚲 celeberrimo ciclista italiano
Non ho trovato nessun avvenimento particolarmente importante 🤔
Cose positive e negative di oggi:
Ieri è toccato alle Kinder Cards, oggi ai Mikado lol 😅
Sono bloccato in una missione di un gioco e non riesco ad andare avanti....
Oggi ho visto l'ultima puntata di Smackdown, è tornata Sonya Deville, una delle mie preferite 🖤, anche se non ha fatto granché :/
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paneliquido · 3 years ago
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Intanto stanotte la nostra staffetta nel nuoto vince un stratosferica medaglia di bronzo. Un’impresa storica, epica, leggendaria. Che resterà nei libri di storia.
Nel frattempo la medaglia d’oro la vincono gli Stati Uniti, con contorno di record mondiale. E lo staffettista statunitense Caeleb Dressel, vince il suo quinto oro olimpico. Niente di che di fronte alle eccezionali imprese degli italiani.
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e-o-t-w · 3 years ago
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Eyes on the world #51
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-1 settimana al primo anniversario di questa rubrica.
Siamo sopravvissuti in qualche modo a 7 giorni (letteralmente) infuocati, tra grande sport, spionaggio internazionale, assessori sceriffi e polemiche diffuse.
Eccezionalmente di sabato, diamo inizio alla consueta rassegna partendo dall’inizio dei Giochi Olimpici di Tokyo 👇
🥇 La classica cerimonia d’apertura ha segnato l’inizio della XXXII Olimpiade ieri pomeriggio allo Stadio Nazionale di #Tokyo. Pubblico? Assente, per via del recente ritorno allo stato d’emergenza a causa della pandemia (in risalita in Giappone). Oltre 200 paesi si sono alternati nella kermesse inaugurale, nel corso di uno spettacolo particolarmente suggestivo, seppur contenuto. L’Italia, che si presenta alle #Olimpiadi con la delegazione più numerosa di sempre, è entrata come diciottesima nazione, guidata dai due portabandiera Elia Viviani e Jessica Rossi. La pallavolista Paola Egonu è stata scelta invece tra i 6 rappresentanti del Comitato olimpico internazionale, il cui compito è stato portare la bandiera delle Olimpiadi. A chiudere la cerimonia, in quanto paese ospitante, il Giappone, preceduto da Francia e Stati Uniti, che organizzeranno le prossime 2 edizioni (Parigi nel 2024 e Los Angeles nel 2028, mentre è notizia di pochi giorni fa che Brisbane, in Australia, ospiterà la cerimonia nel 2032). L’ultima tedofora è stata la tennista Naomi Osaka, che ha avuto l’onore di accendere il braciere olimpico. Già oggi verranno assegnate delle medaglie (11, per l’esattezza) nelle competizioni più svariate: tiro a segno, ciclismo, judo, scherma e taekwondo. L’Italia può arrivare a 6 di queste 11, ma i primi ori se li è aggiudicati la Cina. Come dicevamo il pubblico non assisterà alla manifestazione, essendo in risalita il numero di contagi sul territorio giapponese. Anche alcuni componenti delle delegazioni arrivate per i Giochi sono risultati positivi al coronavirus e, tra questi, diversi atleti residenti nel villaggio olimpico. Il protocollo messo in piedi dal CIO è molto rigido, al fine di evitare che qualsiasi sportivo possa contagiarsi o contagiare a sua volta. La competizione è appena iniziata, le sorprese non mancheranno.
📲 Ma la notizia più scioccante della settimana giunge da un’inchiesta pubblicata grazie alla collaborazione di 17 testate internazionali. Si parla di un’azienda israeliana chiamata #NSO, che fornisce ai governi sistemi per spiare le attività di terroristi e criminali via smartphone. Tuttavia, secondo gli autori dell’inchiesta, questi metodi sembra siano stati utilizzati per scopi più ampi. L’indagine è proseguita grazie anche all’aiuto di Amnesty International e Forbidden Stories, una no profit “giornalistica” con sede a Parigi. Queste sono entrate in possesso di una lista di circa 50 mila numeri di telefono provenienti da paesi nei quali i governi spesso compiono attività di sorveglianza delle comunicazioni (grazie a NSO, soprattutto). I numeri permettono di risalire a oltre 50 stati diversi e tra le varie personalità “sulla lista” troviamo la famiglia reale saudita, primi ministri, capi di stato, attivisti e giornalisti. NSO è diventata piuttosto famosa e gettonata presso i servizi segreti di tutto il mondo per il suo progresso tecnologico, che gli ha permesso di inserirsi in migliaia di smartphone anche senza alcuna azione da parte del ricevente. Una volta all’interno è possibile registrare e inviare qualsiasi cosa venga mostrata sullo schermo, nonché accedere ad app, messaggi, email, foto, video, ecc. Consente persino di attivare microfoni e videocamera. #Pegasus (e NSO) è stato al centro di molte inchieste giornalistiche prima d’ora; esse sottolineavano l’utilizzo che i governi solevano farne per controllare giornalisti e attivisti. Pare che un tentativo sia stato fatto anche nello smartphone della compagna di Jamal Khashoggi, il giornalista del Washington Post ucciso da un gruppo di sauditi in Turchia nel 2018. Rivelazioni simili sono paragonabili a quelle che fece Edward Snowden nel 2013 sull’NSA, agenzia di intelligence degli USA. Di fronte al miglioramento delle tecnologie per proteggere la privacy, Pegasus rispondeva con un sistema altrettanto forte che consentiva di aggirare i blocchi. Ovviamente sia NSO sia diversi paesi coinvolti hanno negato ogni coinvolgimento in attività illegali, ma è lecito pensare che le rivelazioni non siano finite qui.
🇮🇹 Torniamo in Italia per una vicenda discussa. Protagonista #MassimoAdriatici, ex sovrintendente della polizia e attuale assessore leghista alla sicurezza del comune di #Voghera (PV), da martedì agli arresti domiciliari. Il motivo? Eccesso colposo di legittima difesa per aver sparato e ucciso un 39enne marocchino in centro città. Secondo le prime ricostruzioni tra i due sarebbe scoppiata una lite fuori da un bar, dopo che l’assessore avrebbe intimato l’uomo a non dare più fastidio a dei passanti. Pare che i toni si siano fatti presto più accesi, con l’assessore che (secondo uno dei video diffusi dalle telecamere di sicurezza) ha subito un pugno e, in seguito, avrebbe esploso un colpo di pistola. Le condizioni del 39enne sarebbero peggiorate nella notte, momento in cui ha perso la vita. Adriatici è parte di una giunta di centrodestra e ha da poco emesso un’ordinanza secondo cui non è possibile conservare in frigo bevande alcoliche in determinati luoghi, ad esempio i bar. Questo per evitare, nelle intenzioni, episodi molesti dovuti all’abuso di alcol, specialmente la sera. Ancora non è chiaro perché Adriatici fosse in giro armato, pur possedendo un porto d’armi regolarmente registrato, né è stato confermato tale licenza fosse giustificata da un pericolo specifico che lo riguardasse. Durante il primo interrogatorio ha affermato che il colpo sarebbe partito per errore dopo essere stato spintonato a terra. Secondo alcune testimonianze raccolte dai giornali da fonti vicine alla Procura pare che l’uomo abbia spinto Adriatici in seguito al pugno subito; sarebbe stato quello il momento in cui è partito il colpo mortale. Agli atti anche la telefonata che l’assessore ha fatto a un numero fisso del commissariato di Voghera senza accennare all’uso della pistola (sempre secondo i giornali). Si aspettano anche gli esiti dell’esame tossicologico fatto al corpo del 39enne per stabilire il suo stato poco prima di morire, senza che la famiglia fosse a conoscenza dell’autopsia eseguita. L’uomo era stato ricoverato in una clinica di Vercelli (dove abita la famiglia) con un trattamento sanitario obbligatorio. Ma è poi fuggito per tornare a Voghera, dove viveva per la strada.
✅ Il #GreenPass sempre più al centro della lotta alla diffusione del coronavirus. Il certificato che attesta di aver ricevuto almeno una dose di vaccino anti-Covid (o un tampone negativo nelle 48h precedenti, o ancora essere guariti dal Covid 19 da meno di 6 mesi) ha agitato i partiti di ogni schieramento riguardo l’introduzione di eventuali limitazioni per chi non lo possieda. Alla fine sembra essere passata la “linea dura” e il nuovo decreto legge è stato approvato dal governo. Le nuove misure, che ora tratteremo, entreranno in vigore dal 6 agosto al fine di dare il tempo necessario alle attività per attrezzarsi al meglio. La prima notizia è che il trasporto pubblico è stato tenuto fuori, al momento, da tale manovra e resterà accessibile a chiunque. Discorso diverso per ristoranti al chiuso, cinema, teatri, musei, palestre, sagre, stadi, grandi eventi e congressi. Anche per consumare ai bar al chiuso al tavolo sarà necessario il Green Pass, ma non per il servizio al bancone. Stesso discorso anche per piscine, parchi divertimenti e centri termali. E le discoteche? Al momento rimarranno chiuse, con il governo che ha stanziato un fondo per sostenere economicamente i locali. Sono cambiati anche i parametri per il passaggio di colore di una regione: adesso a contare saranno i posti letti occupati nei reparti di terapia intensiva e il 15% dei posti nei reparti ordinari superati i 50 casi settimanali ogni 100 mila abitanti. Queste percentuali variano al variare dei colori, con conseguente e ovvio aggravamento della situazione epidemiologica. Il governo si è inoltre impegnato a consentire l’accesso a tamponi rapidi anche all’interno di farmacie e altre strutture sanitarie a prezzi contenuti (almeno fino al 30 settembre). Nel corso della prossima settimana sarà affrontato il tema del lavoro e l’eventuale obbligo di possedere il Green Pass per lavorare in presenza. Al vaglio, in merito, la questione scuole: il ministro della Salute Roberto Speranza ha definito priorità assoluta la ripresa delle lezioni in presenza e in piena sicurezza negli istituti.
🔥 Il #cambiamentoclimatico continua a farsi sentire. Tanto “suggestive” quanto terrificanti le immagini che ci arrivano da #USA e #Cina, per motivi diversi. Andiamo con ordine. Lo stato dell’Oregon sta vivendo un incubo chiamato #BootlegFire, il più grande incendio attivo negli Stati Uniti. Dal 6 luglio scorso ha bruciato fino a 1.500 km2 di territorio, con colonne di fumo altissime che stanno influenzando le condizioni meteo del posto. La siccità e l’ondata anomala di caldo tra giugno e luglio (ricordate la tragica situazione in Canada?) sono i principali artefici di questo vastissimo incendio. Il calore che divampa dalle fiamme sta colpendo gli strati più bassi dell’atmosfera, influenzando direzione e intensità dei venti. Questi spostano braci e ceneri che a loro volta scatenano altrettanti incendi, causando enormi problemi anche ai vigili del fuoco che provano a contenerlo come possono. Neanche lo spargimento di liquido ritardante ha consentito di recuperare terreno sulle fiamme. Ormai è l’incendio stesso che si alimenta autonomamente, favorito dalla situazione climatica che esso stesso ha creato (almeno ultimamente). Non sono rari nemmeno fenomeni come i tornado di fuoco, più violenti e distruttivi dei semplici vortici creati dai forti venti. Allo stesso modo, capita spesso che incendi così grandi possano provocare piogge che li spengono e raffreddano il terreno, ma le condizioni atmosferiche in quella zona sono talmente volatili che fare previsioni è totalmente inutile. Contemporaneamente in Cina sembra esserci il problema opposto, quasi sulla falsariga di quanto successo in Germania nelle ultime settimane. La provincia di #Henan è stata colpita da una fortissima alluvione che ha costretto oltre 200.000 persone a lasciare le proprie case. A Zhengzhou (il capoluogo) ne sono morte almeno 33, 12 delle quali rimaste intrappolate nella metropolitana totalmente allagata. I meteorologi locali hanno parlato di quantità di pioggia incredibili: in 3 giorni se n’è riversata tanta quanta ne arriva in un anno circa. Impressionante.
🇩🇪 Stati Uniti e #Germania hanno trovato un accordo sul #NordStream2. Di cosa si tratta? Parliamo di un gasdotto in costruzione che metterà in collegamento la Russia, il più grande esportatore di gas naturale al mondo, con lo stato tedesco. La sua creazione è stata fortemente osteggiata dagli USA, che temono una dipendenza sempre maggiore dell’Europa centro-occidentale dal gas russo, indebolendo la posizione strategica di numerosi stati alleati nell’est Europa. Andando più nel dettaglio, il Nord Stream 2 raddoppierà la portata del Nord Stream, gasdotto principale inaugurato nel 2012. La Russia ha da sempre usato le esportazioni di gas naturale come strumento politico tramite il quale aumentare la sua influenza all’estero. Se prima con Nord Stream era costretta a passare attraverso paesi dello spazio ex-sovietico via terra (principalmente Ucraina e Bielorussia), adesso potrà scegliere quale dei due canali privilegiare. Il Cremlino potrebbe decidere di minacciare i paesi “meno collaborativi”, tagliando loro le forniture di gas, senza intaccare più di tanto gli introiti già massicci provenienti dall’Europa centro-occidentale. L’Ucraina in primis è tra i paesi più a rischio per l’accordo su Nord Stream 2, dal momento che – oltre a un’importante risorsa energetica – il passaggio del gasdotto Nord Stream le consentiva di incassare delle grosse tasse di transito. È qui che entrano in gioco gli USA, che hanno strappato alla Germania la promessa di intervenire con sanzioni adeguate in caso di minacce alla sicurezza degli alleati. Funzionerà? Lo scopriremo.
Facciamo un salto alle menzioni d’onore, che dite? 👇
- Ripartiamo dalle Olimpiadi di Tokyo, dove il judoka algerino Fethi Nourine ha deciso di ritirarsi prima ancora di iniziare la competizione per evitare di affrontare Tohar Butbul, israeliano. Non è la prima volta che il conflitto tra Israele e il mondo musulmano influenza i Giochi. Un fatto simile capitò anche a Rio nel 2016.
- Emesso un mandato di cattura internazionale per l’ex presidente di #ElSalvador, Salvador Sánchez Cerén, attualmente irreperibile e accusato di riciclaggio di denaro e corruzione.
- Il neo eletto primo ministro ad interim di #Haiti, Claude Joseph, ha annunciato che si dimetterà lasciando il posto ad Ariel Henry, che l’ex presidente #JovenelMoïse aveva nominato prima di essere ucciso. Pare che gli Stati Uniti abbiano avuto una forte influenza su questa scelta.
- UE, USA e UK hanno accusato la Cina di essere dietro al grave attacco informatico subito da Microsoft Exchange, software per la gestione di email e calendari. L’azione iniziò lo scorso gennaio e fu scoperta a marzo, quando la stessa azienda accusò il governo cinese.
- Ricordate la “dottrina Mitterrand”, che diede ospitalità sul territorio francese a cittadini italiani autori di crimini violenti, ma ormai lontani dalla lotta armata? Lunedì è stato arrestato a Parigi Maurizio Di Marzio, ex membro delle Brigate Rosse, per cui l’Italia chiese l’estradizione.
- L’accordo tra i paesi produttori di petrolio è finalmente arrivato: la produzione mensile arriverà a 400 mila barili al giorno di media, alzando quella mondiale del 2% entro fine anno. Agli Emirati è stato concesso di produrre di più in cambio dell’ok a estendere il patto fino al 2022.
- Il 22enne sloveno Tadej Pogačar ha vinto per la 2^ volta consecutiva il #TourdeFrance, terminando la competizione con oltre 5’ di vantaggio sul 2° classificato Jonas Vingegaard.
- #JeffBezos alla conquista dello Spazio. Il primo lancio della sua compagnia #BlueOrigin è avvenuto martedì dal Texas. Raggiunto il 100° km di altitudine, la capsula spaziale si è staccata e ha vagato nello Spazio per qualche minuto prima di rientrare sulla Terra.
- A distanza di oltre 6 settimane, abbiamo finalmente l’ufficialità: Pedro Castillo è il nuovo presidente del #Perù. Battuta l’avversaria Keiko Fujimori per pochissimi voti percentuali: 50,1 a 49,9.
- Presentati oltre 1000 emendamenti al #DDLZan al Senato. Circa 700 provengono dalla Lega, 160 circa da Forza Italia e Fratelli d’Italia. Se alcuni di questi dovessero essere approvati, la legge dovrebbe ricominciare dalla Camera l’iter parlamentare.
- I #MilwaukeeBucks, guidati da uno straordinario Giannis Antetokounmpo, hanno vinto il titolo #NBA 2020/21. Dopo lo svantaggio iniziale, hanno vinto 4 incontri di fila imponendosi 4-2 sugli altrettanto grandiosi Phoenix Suns. L’offseason si è ufficialmente aperta.
- Mesi fa parlammo della cosiddetta “sindrome dell’Avana”, un malessere dal 2016 colpì dei diplomatici americani e canadesi a Cuba. Diversi studi hanno ipotizzato che questi sintomi (spossatezza, nausea, problemi a vista, equilibrio e udito) siano stati provocati da esposizioni dirette a onde elettromagnetiche ad alta frequenza. Adesso questo malessere è giunto in Austria, colpendo ancora persone dell’ambasciata americana. Si pensa possa esserci la Russia dietro questo “attacco” reiterato.
- La ministra Marta Cartabia ha reso noto che gli attacchi delle guardie penitenziarie ai carcerati di Santa Maria Capua Vetere saranno oggetto di indagine da parte di una commissione interna del Ministero della Giustizia.
- La contestata legge che vieta di affrontare temi LGBT dentro le scuole in Ungheria sarà parte di un referendum annunciato dal premier Viktor Orban.
- Si è concluso mercoledì un gigantesco sciopero della fame portato avanti da un gruppo di immigrati in Belgio. I cosiddetti #sanspapiers (ovvero sprovvisti di documenti) vivono e lavorano lì da anni, ma a causa di lungaggini burocratiche non sono riusciti a ottenere un permesso di soggiorno regolare. Anche il governo belga ha discusso a lungo su una soluzione, che sembrerebbe essere arrivata dopo 2 mesi di proteste intense.
- Gli Stati Uniti intervengono in risposta alla repressione delle proteste a #Cuba: imposte delle sanzioni al capo delle forze armate e a un corpo di forze speciali noto come “berretti neri”.
- €125 mln è l’ammontare della multa comminata a EssilorLuxottica dall’Antitrust francese per pratiche non concorrenziali. Prima della fusione, Luxottica avrebbe imposto ai rivenditori dei marchi di sua proprietà a mantenere prezzi fissi e ai distributori di non vendere gli occhiali online.
Alla prossima 👋
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giancarlonicoli · 4 years ago
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13 apr 2021 17:20
LEVATEJE ER VINO! - IN UN PAESE IN CUI NON SI E’ RIUSCITI ANCORA A PORTARE L’ALTA VELOCITA’ DA SALERNO A REGGIO CALABRIA, IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE ENRICO GIOVANNINI SI BALOCCA CON LA ''CICLOVIA DEL SOLE'' E SULLA “MOBILITA’ DOLCE” - SI POTRÀ ANDARE IN BICI DA BOLZANO A BOLOGNA - INAUGURATI 46 KM DA MIRANDOLA A SALA BOLOGNESE - VIDEO
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Da repubblica.it
"Il nostro Governo, rafforzando quello che il Governo precedente aveva già immaginato intende inserire nel Piano nazionale di ripresa e resilienza un investimento senza precedenti proprio sulla nella mobilita dolce e sull'uso di nuovi strumenti di mobilità ciclistica". Lo ha detto, inviando un videomessaggio all'inaugurazione della Ciclovia del Sole sull'ex ferrovia Bologna-Verona, il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, Enrico Giovannini.
"Abbiamo inserito nel Pnrr un investimento di 600 milioni di cui 200 dedicati alla mobilità all'interno delle città e aree metropolitane e e 400 per la realizzazione di ciclovie turistiche e ciclovie nel quadro anche europeo di sviluppo e lo facciamo insieme alle Ferrovie".
La Ciclovia del Sole sull’ex ferrovia Bologna-Verona da Mirandola (Tramuschio) a Sala Bolognese (Osteria Nuova) consta di 46 km realizzati in due anni dalla Città metropolitana di Bologna con un costo di 5 milioni di euro, grazie al finanziamento del Ministero dell’Ambiente, alla disponibilità di Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo FS).
Grazie all’apertura di questo nuovo tratto la Ciclovia del Sole, che fa parte del grande itinerario ciclabile europeo Eurovelo7 Capo Nord-Malta, sarà di fatto percorribile da Bolzano a Bologna mentre sono già finanziate e in parte realizzate alcune parti del tracciato Bologna-Firenze (4,5 milioni di euro per la connessione Sala Bolognese-Bologna, 4,5 milioni di euro per la Casalecchio-Marzabotto e 2,5 milioni per la Marzabotto-Silla, oltre ai 7 milioni di euro per il tratto toscano).
L'inaugurazione della Ciclovia
Alla cerimonia di inaugurazione - senza pubblico e nel rispetto delle restrizioni anti-Covid – hanno partecipato il sindaco metropolitano Virginio Merola, il presidente della Regione Stefano Bonaccini, il presidente di Apt Emilia-Romagna e CT della nazionale di ciclismo italiana Davide Cassani e (in collegamento da Roma) il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini e l’amministratrice delegata di RFI Vera Fiorani.
Durante la diretta dell’evento, trasmessa su numerosi canali social, siti web e tv, la giornalista Sabrina Orlandi ha dialogato con le istituzioni, con Cassani e il giornalista Mario Calabresi e sono arrivati anche i video messaggi dei sindaci di Firenze (Dario Nardella) e di Verona (Federico Sboarina), della CEO di European Cyclists'? Federation Jill Warren, di Paolo Pileri, ideatore e responsabile della Ciclovia Vento Venezia-Torino Eurovelo 8 e di  Antonio Dalla Venezia (Presidente Comitato tecnico scientifico Bicitalia, FIAB).
Il taglio del nastro è avvenuto lungo la Ciclovia all’ex stazione ferroviaria della Bolognina di Crevalcore, un luogo particolarmente carico di significati perché a pochi passi da lì, nel gennaio 2005, avvenne il tragico incidente ferroviario con 17 vittime e 80 feriti. Da allora l’esigenza di raddoppiare i binari, affiancata a un potenziamento tecnologico che ne ha innalzato la sicurezza a standard di eccellenza europei - ha liberato 36 km della vecchia linea Bologna-Verona su cui ora corre la Ciclovia del Sole.
Nel tratto aperto oggi da Mirandola (Tramuschio) a Sala Bolognese (Osteria Nuova) sull’ex ferrovia Bologna-Verona sono presenti 5 piazzole di sosta dotate di illuminazione, wi-fi, carica cellulare e e-bike, kit di riparazione, rastrelliere, acqua, tavoli e cestini. E presto sarà installato su ognuna l'impianto fotovoltaico.
Lungo il tracciato sono stati riqualificati i ponti ferroviari di attraversamento dei principali corsi d’acqua (Lavino, Ghironda, Samoggia e Panaro) e altri manufatti per corsi d’acqua minori o per attraversamenti di viabilità private e locali.
L’interconnessione con la viabilità locale esistente è realizzata con 28 connessioni per rendere estremamente fruibile e permeabile il percorso anche dall’utenza locale per gli spostamenti casa/lavoro e casa/scuola.
A San Giovanni in Persiceto inoltre aprirà presto i battenti uno dei primi Bed&Bike dell’Emilia Romagna con possibilità di sosta e pernottamento per ciclisti e annessa attività di riparazione/deposito bici. Il nuovo edificio, si trova a fianco della Stazione Ferroviaria, nell’area recentemente riqualificata con il progetto di Città metropolitana e Comune nell’ambito del Bando Periferie, ed offrirà servizi di bike room (4 camere da 3 posti letto ciascuna, tutte dotate di servizi igienici più 1 bagno per disabili) con attrezzi a disposizione o un meccanico su richiesta. L’edificio ospiterà inoltre una reception, l’area cucina e quella per il lavaggio e la lubrificazione. In questi giorni sono in corso le ultime fasi di collaudo a cui seguirà l’affidamento della gestione tramite bando. Fra i servizi offerti si sta valutando la possibilità di attivare servizi di Bike shuttle e trasporto bagagli, offerta di lunch box e noleggio bici.
Lungo il percorso sono inoltre presenti 22 totem turistici che raccontano le eccellenze artistiche e culturali dei territori attraversati: 50 km di pianura e di purissimo distillato di Emilia. Un percorso ciclabile facile e leggero che attraversa 8 comuni (3 in provincia di Modena e 5 in città metropolitana di Bologna).
Merola e Bonaccini: il futuro è verde
“L’opera che apriamo oggi non è solo una ciclabile  - dice Virginio Merola -. Vi comunico quindi che candideremo il tracciato della Ciclovia del Sole che apriamo oggi al bando nazionale per la riforestazione grazie al quale contiamo di piantumare oltre 5 ettari di verde: migliaia tra "alberi ed arbusti", creando pareti di verde ed aree ombreggiate che non solo miglioreranno il paesaggio ma anche il microclima della Ciclovia ma di tutto l'ambiente”.
“Ambiente, turismo, sport, cultura, paesaggio, agroalimentare - commenta Stefano Bonaccini - : c’è tutta l’Emilia-Romagna in questa infrastruttura che inauguriamo oggi. La Ciclovia del Sole, un progetto di cui la Regione è capofila e che collegherà Verona, Bologna e Firenze coi suoi 392 chilometri - di cui ben 154 si snodano in Emilia-Romagna - non solo si colloca tra le più importanti vie ciclabili europee ma propone una nuova idea di viaggio capace di coniugare la scoperta lenta e attenta dei territori a una maggiore sostenibilità ambientale. Temi che sosteniamo da tempo. La Ciclovia ci permetterà di agganciare la ripartenza valorizzando le tante risorse della nostra tradizione culturale ed enogastronomica nel rispetto della natura e del paesaggio”.
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Mamma mamma! Il velocipede!!
Questa è una rubrica d’arte, è vero. La bicicletta è arte: nella tecnologia, nelle forme, nel mito, nella storia. La bicicletta è bella, immediata, sempre diversa, divertente, rivoluzionaria.
Quanto ci colpiscono le foto dei velocipedi con la ruotona grande davanti e l’altra piccolissima?
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Possiamo immaginarci quanto pesassero le biciclette dei bersaglieri, che tra l’altro avevano già le bici pieghevoli! La Brompton è arrivata terza! Dopo le mitiche Graziella, sempre nei cuori di chi ha più di quaranta anni.
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I corpi piegati sul manubrio nella salita o nel velodromo sanno esprimere una grazia e una linea straordinarie, come altri sport di grande eleganza (pensiamo al nuoto, all’atletica leggera, al corpo libero, solo per citarne alcuni). Sebbene i volti stravolti dei ciclisti che risalgono le cime non raccontino altrettanta bellezza …
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Quando, passeggiando, incrociamo una bicicletta leggera ed essenziale, e anche un po’ fighetta, subito riconosciamo una scatto fisso, dai colori sgargianti o molto sobri, che vengono inforcate come fossero delle moto da GP: anche l’estetica cittadina vuole la sua parte.
La bici con i freni a bacchetta, tuttavia, quella degli anni ’40-’50, dona a tutti, e diciamo a tutti, una eleganza naturale di portamento come nessun’altra, nonostante sia complicato portarla in casa, al primo come al 10° piano, con o senza ascensore (tanto non ci entra!!)
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La bicicletta è storia e mito, è anche rivoluzione perché legata alle guerre e alle trasformazioni sociali. Da poco è passato il 25 aprile e tra qualche giorno comincia la 101° edizione del Giro d’Italia. Se la bicicletta è stata uno dei simboli della Resistenza partigiana, ha continuato a dare sostegno nella rinascita (creando così il mito vero e proprio) nel Secondo Dopoguerra, quando parteggiare per Coppi o per Bartali era inevitabile. Dove Coppi sta per cambiamento e Bartali sta per tradizione (ma anche generosità: gli verrà data la cittadinanza onoraria di Israele il 2 maggio 2018).
Tutti siete invitati ad andare in pellegrinaggio al Ghisallo, dove, oltre a un dolcissimo panorama sul lago di Como, la chiesetta ospita come ex-voto, bici, pedalini, pettorali, maglie, foto, medaglie, coppe di ciclisti, più o meno conosciuti.
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Anche la tecnologia meriterebbe un suo racconto, perché anche nelle parti meccaniche si cela la bellezza estetica della bicicletta, non vi sono dubbi! E diciamocelo: la bici rende belle anche le nostre città!
Solo un’ultima raccomandazione: ciclisti, fatevi vedere e non andate sui marciapiedi! Automobilisti, rallentate quando le incrociate!
Tanti sono i titoli a riguardo, alcuni ve li abbiamo segnalati strada facendo, altri eccoli qui di seguito.
La strada per il Don. Viaggio sulle strade degli alpini dispersi nella campagna di Russia / Paolo Venti
Coppi e il diavolo / Gianni Brera
L'Italia a 2 ruote. Storia d'Italia raccontata in punta di pedali / [regia] di Linda Tugnoli
Felice Gimondi. Storia di un uomo che ha saputo essere campione anche nella vita / Ildo Serantoni
I mondiali di ciclismo : la storia e le storie della rassegna iridata dal 1927 ad oggi / Pier Bergonzi ; prefazione e note tecniche [di] Alfredo Marini
Io, partigiana. La mia Resistenza / Lidia Menapace ; prefazione di Carlo Smuraglia
La bici perfetta
Biciclette. Lavoro, storie e vita quotidiana su due ruote / a cura di Guido Conti
Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada / Paolo Facchinetti
Di furore e lealtà. La mia vita raccontata a Enrico Brizzi / Vincenzo Nibali
Storia di Leda. La piccola staffetta partigiana
Il collezionismo nel mondo della bicicletta / Angelo De Lorenzi
Ciò che conta è la bicicletta. La ricerca della felicità su due ruote / Robert Penn
In bicicletta. Memorie sull'Italia a due ruote / a cura di Stefano Pivato, Loretta Veri e Natalia Cangi.
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tmnotizie · 5 years ago
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FANO – Il 2020 coincide con il 43°anniversario di fondazione dell’Alma Juventus Fano del presidente Graziano Vitali.
La consueta festa di apertura del nuovo anno non si è tenuta come di consueto nel mese di marzo per le cause di forza maggiore legate alla pandemia di Covid-19 che ha creato non pochi problemi in tutta Pesaro e provincia.
L’Alma Juventus Fano è un esempio virtuoso di come il ciclismo non è solo motivo di crescita e divertimento ma anche misurare sé stessi prima di farlo con gli avversari, il tutto condito dalla dedizione dei tecnici e dei dirigenti in maniera volontaria e con spirito di altruismo.
Allo stato attuale, nella Fase-2 dell’emergenza, l’incertezza fa slittare il debutto dei giovanissimi, degli esordienti e degli allievi, in attesa di un allentamento delle restrizioni per poter programmare nel migliore dei modi la ripresa agonistica delle gare. Per svolgere gli allenamenti in maniera consapevole, l’Alma Juventus Fano dà spunti interessanti per tornare gradualmente a quello che si faceva nella normalità prima del lockdown con buon senso e prudenza:
1) Esci da solo e se sei minorenne puoi uscire accompagnato da un maggiorenne.
2) Evita qualsiasi tipo di aggregazione nel tuo tragitto.
3) Porta con te sempre una mascherina, un paio di guanti e un gel disinfettante.
4) Nel caso di sosta rifornimento o guasto meccanico indossa le protezioni.
5) Se nel tuo tragitto incontri un ciclista, mantieni la distanza di sicurezza di 2 metri.
6) Disinfetta sempre al tuo rientro bici, casco e occhiali.
7) Non buttare a terra cartacce, mettile in tasca e gettale negli appositi contenitori.
Di grande interesse la rubrica “quattro chiacchere con” sulla pagina facebook della squadra: con cadenza settimanale, tecnici, atleti e personaggi del mondo delle due ruote raccontano la propria esperienza nel ciclismo, il legame con l’Alma Juventus Fano e la passione per questo sport nel segno del color “arancio-aragosta” che contraddistingue la storica divisa sociale.
Un doveroso ringraziamento a tutti gli sponsor che hanno compreso il momento di difficoltà generale ma che svolgono un ruolo fondamentale nel sostenere il progetto dell’Alma Juventus Fano dando linfa al movimento giovanile locale.
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ridelikeagirlproject · 5 years ago
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Louise Paulin, una mamma in bicicletta
Louise Paulin, una mamma in bicicletta
Le GirlStories continuano e questa volta abbiamo intervistato una rider d’eccezione: Louise Paulin, una mamma in bicicletta.
Vogliamo dare spazio a tutte le donne che amano il mondo del ciclismo e con questa speciale intervista a Louise Paulin apriamo la nuova rubrica Ride Like a Girl dedicato alle mamme in bicicletta.
Ed è proprio Giuli a farlo la nostra “mamma” del gruppo che da qua qualche…
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colospaola · 7 years ago
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“Io sono padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni. E mi sono scoperto figlio legittimo del Po”.
Giovanni Luigi Brera detto Gianni, uno dei nomi più importanti del giornalismo nostrano, nacque dal barbiere Carlo e da Marietta Ghisoni, l’8 settembre del 1919 in quel di San Zenone Po, cioè al classico tiro di schioppo da dove l’Olona, si getta nel Po, in quel di Portalbera.
E il Brera prima di sentirsi profondamente lombardo, si sentiva olonate con uno stretto e forte legame con il fiume, condiviso con un altro grande raccontatore del grande fiume, Giovanni Guareschi. San Zenone Po, un paesino all’incrocio di due fiumi, nella bassa pavese al confine con l’Emilia, sconosciuto ai più ma ricco di talenti: è infatti dello stesso luogo, anche Gualtiero Marchesi, uno degli chef più famosi al mondo.
Gianni Brera lasciò il paese natale a quattordici anni per trasferirsi a Milano presso la sorella Alice e iscriversi al liceo scientifico, giocò a calcio in una delle squadre giovanili che facevano capo al Milan, il “G.C. Giosuè Carducci” di Milano, dove, sotto la guida dall’allenatore Renato Rossi, vinse nel 1935 il Torneo Baravaglio organizzato dal Guerin Sportivo a Torino. Pur continuando a giocare, il sedicenne Brera iniziò a scrivere piccoli articoli a commento del campionato della Sezione Propaganda per il settimanale milanese “Lo schermo sportivo”.
La forte e crescente passione calcistica, lo portava a trascurare gli studi, così il padre e la sorella gli imposero di smettere di giocare e di spostarsi a Pavia, dove terminò il liceo e s’iscrisse all’Università (Scienze Politiche). Nel frattempo scoppiò la Seconda Guerra Mondiale e Giuanin fu costretto a partire soldato, diventando prima ufficiale e poi paracadutista, scrivendo in questa veste alcuni memorabili articoli per diversi giornali di provincia.
La sua bravura non passò inosservata, venne chiamato per alcune collaborazioni giornalistiche al Popolo d’Italia e al Resto del Carlino, testate decisamente importanti anche se controllate dal regime fascista. Durante quel periodo, circa due anni, vennero a mancare i suoi genitori, ma nonostante ciò Gianni si laureò, con una tesi su Tommaso Moro, e in seguito si sposò.
In seguito partì per la capitale per assumere il ruolo di redattore capo di Folgore, la rivista ufficiale dei paracadutisti. Intanto, in Italia gli oppositori del regime andavano organizzandosi sempre meglio, qualche esponente della resistenza contattò anche Brera che, dopo non poche esitazioni, decise di collaborare.
A Milano partecipò con il fratello Franco alla sparatoria della stazione Centrale, uno dei primi atti di resistenza contro i tedeschi. Insieme catturarono un soldato della Wehrmacht, e lo consegnarono ad altri estemporanei ribelli.  Seguì qualche mese di clandestinità. Brera si nascose, a Milano presso la suocera, a Valbrona dalla cognata; dopo un po’ ricomparve partecipando attivamente alla lotta partigiana in Val d’Ossola. Organizzò un piano per sventare un attentato al traforo del Sempione. In seguito si vantò sempre di non aver mai sparato a un uomo per tutta la durata della seconda Guerra mondiale. Il 2 luglio del ’45, a guerra finita, riprese l’attività di giornalista per la Gazzetta dello Sport, dopo la soppressione del giornale da parte del regime fascista, avvenuta due anni prima. Il suo è arrivo fu fortemente voluto dallo storico direttore Bruno Roghi. In pochi giorni cominciò a organizzare il Giro d’Italia di ciclismo, che avrebbe preso l’avvio nel maggio successivo.
Nel 1949, dopo essere stato corrispondente da Parigi e inviato per la Gazzetta alle Olimpiadi di Londra del ‘48, fu nominato, a soli trent’anni, condirettore del giornale assieme a Giuseppe Ambrosini. Ma nel 1954, dopo aver scritto un articolo poco compiacente sulla regina britannica Elisabetta II, provocando una polemica, Gianni Brera si dimise, con una decisione irrevocabile, dalla ‘rosa’.
Lasciata la Gazzetta, Brera compì un viaggio negli Stati Uniti e al suo ritorno fondò un settimanale sportivo, Sport giallo. Di lì a poco Gaetano Baldacci lo chiamò a “Il Giorno”, il giornale appena creato da Enrico Mattei, uno dei fautori del miracolo italiano negli anni 50/60, per assumere la direzione dei servizi sportivi. Iniziava un’avventura che avrebbe cambiato il giornalismo italiano. Il Giorno si distinse subito per l’anticonformismo, non solo politico. Nuovi erano infatti lo stile e il linguaggio, più vicini al parlare quotidiano, e l’attenzione dedicata ai fatti di costume, al cinema, alla televisione. Grande, inoltre, lo spazio dedicato allo sport.
Brera qui mise a punto il suo stile e il suo linguaggio. Mentre l’italiano comune oscillava ancora tra un linguaggio formale e l’emarginazione dialettale, egli si serviva di tutte le risorse della lingua, allontanandosi al tempo stesso dai modelli paludati e dalle forme più banalmente usuali, e ricorrendo in più a una straordinaria inventiva. Tale era la sua fantasiosa prosa che è rimasta famosa la dichiarazione di Umberto Eco, che definì Brera come un “Gadda spiegato al popolo”. Brera fu conteso perché scriveva tanto, cinque cartelle l’ora era la sua media, e perché scriveva bene, uno dei pochi giornalisti studiato dagli epigoni per l’uso dei settenari doppi.
Per “Il Giorno”, Brera seguì le grandi corse ciclistiche, il Tour de France e il Giro d’Italia, prima di dedicarsi completamente al calcio, senza smettere però di amare profondamente il ciclismo, su cui ha scritto, tra l’altro, “Addio bicicletta” e “Coppi e il diavolo”, stupenda biografia del “Campionissimo” Fausto Coppi, del quale fu amico fraterno.
Nel 1976 tornò come editorialista alla Gazzetta dello sport. Intanto, continuava a curare sul Guerin Sportivo la rubrica “Arcimatto” (il cui titolo sembra fosse ispirato all’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam), mai interrotta e mantenuta fino alla fine. Qui Brera scriveva non solo di sport, ma anche su temi di storia, letteratura, arte, caccia e pesca, gastronomia. Scrisse con l’amico e gastronomo Luigi Veronelli “La pacciada”. Mangiarebere in pianura padana, un monumentale lavoro che analizza la cucina e le abitudini contadine di un tempo nella Pianura Padana. Anzi, come rispolverò lui, Padania, per indicare la Pianura padana e il Nord Italia in generale.
Ribadiva che il ragù d’oca della sua Bassa era il miglior cibo del mondo, altro che quello degli chef stellati dei grandi ristoranti d’Oltralpe. Ammetteva una leggerissima superiorità dei piemontesi (Langhe, Monferrato, Astigiano) sui lombardi (vigneti delle sue colline pavesi).
Chiusa la parentesi di editorialista alla Gazzetta, il giornalista di San Zenone Po fu di nuovo al “Giorno” e passò poi, nel ‘79, al Giornale, fondato da Indro Montanelli, dopo la sua fuoruscita dal Corriere della Sera.
Nell’82 fu chiamato da Eugenio Scalfari a La Repubblica. Precedentemente, comunque, aveva iniziato anche una collaborazione saltuaria e poi fissa, alla trasmissione televisiva “Il processo del lunedì”, condotta da Aldo Biscardi. Moltissime in seguito sono state le apparizioni televisive di Brera, come ospite e opinionista in programmi sportivi, e perfino come conduttore sull’emittente privata Telelombardia.
Prima dei Mondiali di calcio del 1982 in Spagna, dichiarò che se l’Italia di Enzo Bearzot avesse vinto il titolo, si sarebbe recato a piedi in un santuario di devozione mariana che si trovava in un paese a pochi chilometri da Milano, dove abitava. Non era passato un mese dal trionfo del Bernabeu che Brera, si fece fotografare in abito penitenziale e scalzo mentre attraversava il sagrato del santuario.
Disse no a Paolo Mieli che, da direttore del Corriere della Sera, si vide rigettare l’offerta di diventare giornalista sportivo di punta in via Solferino. Era l’inizio del dicembre 1992 e, per sua stessa ammissione, Brera si sentiva ormai un po’ stanco. Quello fu l’ultimo “no” della sua vita: qualche giorno dopo il 19 dicembre 1992, al ritorno dalla rituale cena del giovedì, immancabile appuntamento con il gruppo dei suoi amici, sulla strada tra Codogno e Casalpusterlengo, il grande giornalista perse la vita in un incidente. Aveva 73 anni.
Brera rimane indimenticabile per molte cose, una delle quali è la sua nota, la sua teoria “biostorica”, per cui le caratteristiche sportive di un popolo dipendevano dall’etnos, cioè dal retroterra economico, culturale, storico. Così i nordici erano per definizione grintosi e portati all’attacco, i mediterranei gracili e quindi costretti a ricorrere all’arguzia tattica.
Inoltre, è quasi impossibile elencare tutti i neologismi entrati nel linguaggio comune, tuttora in uso presso redazioni e bar sport: la palla-gol, il centrocampista (nome di conio elementare ma cui nessuno aveva mai pensato), il cursore, il forcing, la goleada, il goleador, il libero (proprio così, il nome al ruolo l’ha inventato lui), la melina, l’incornata, il disimpegno, la pretattica, la rifinitura, l’atipico… Celebri anche i nomi di battaglia che appioppò a molti protagonisti del calcio italiano. L’amico dell’adolescenza Giuseppe Bonizzoni (calciatore e allenatore), con cui “tirava” al pallone sul campo di Lambrate, divenne Cina, per via degli occhi a mandorla, “el cinès”. Rivera fu ribattezzato “Abatino”, Riva “Rombo di tuono”, Altafini “Conileone”, Boninsegna “Bonimba”, Causio “Barone”, Oriali “Piper” (e quando giocava male “Gazzosino”), Pulici “Puliciclone”, e così via.
Giuanin Brera, è stato anche un discreto autore letterario. Come l’altro uomo di fiume Guareschi, tutta la sua scrittura deriva per ispirazione dalla terra d’origine: le pianure della campagna pavese, nebbiose d’inverno ma con il sole a picco d’estate. La “Trilogia di Pianariva” è l’opera principe di questo lombardo, che trae il nome da un paesino di fantasia accostabile al borgo natio. Ed è qui che si giocano le sorti di un popolo semplice, che cerca di sbarcare il lunario, nella massacrata Italia del primo dopoguerra.
Poi è la volta de “Il corpo della ragassa” del 1969, con cui si apre la trilogia, una sorta di “My fair lady” in salsa padana. Tirisin è una bella ragazza, circuita dal potente prof. Ulderico Quadrio in cambio di un posto nella società che conta. Ma con le sue doti seduttive, la piccola Teresa saprà tenere al guinzaglio Ulderico, invertendo il rapporto di sottomissione. Racconto da cui ne venne tratto anche un film alla fine degli anni 70, per la regia di Pasquale Festa Campanile con Lilli Carati ed Enrico Maria Salerno.
Non meno sanguigno è il secondo volume, “Il mio vescovo e le animalesse”. Tra il Po e l’Olona si trova un sinistro podere, la Speziana, dove il Male ha preso residenza. Il vescovo Rovati dovrà fronteggiare la pioggia di perversioni e di sacrilegi che la potenza distruttiva del demonio emana. Per concludere, “La ballata del pugile suonato”. Claudio Orsini e la sua lotta a colpi di ganci e diritti in una bassa pavese dove si incrociano fascisti e partigiani.
Oggi come oggi il suo nome è tenuto vivo da siti Internet, premi letterari e giornalistici. Inoltre, la gloriosa Arena di Milano è stata ribattezzata come “Arena Gianni Brera”.
“Frequentando le scuole, ho preso per inconscio narcisismo ad amare i luoghi dove sono nato e a farmi un vanto di avere la casta Olona come madre e il grande Po come padre.”
GIANNI BRERA, OVVERO UNA CLASSICA STORIA DI FIUME "Io sono padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni. E mi sono scoperto figlio legittimo del Po".
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brandsport · 8 years ago
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Rubrica - I giochi dei Piccoli Stati, l'Islanda
Rubrica – I giochi dei Piccoli Stati, l’Islanda
Oggi si parla della nazionale che organizzò  l’edizione passata dei Giochi, quella di due anni fa – Islanda 2015, nella quale rispetto a quella di quest’anno si disputarono solo 11 tipi di sport; non erano presenti ne il ciclismo né le bocce.
In terra islandese si sono svolti anche i Giochi del 1997.
Geograficamente parlando, anche se molti lo sanno, L’islanda è un’isola situata tra la Groenlandia
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donneeciclismo · 8 years ago
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Una squadra vincente.
Questa rubrica nasce come l’opportunità di parlare della mia vita a proposito del ciclismo. Il punto è che non sarei qui a parlarvi di questo fantastico sport se non fosse per i miei genitori. La forte passione per la bicicletta me l’ha trasmessa mio papà, che ha iniziato ad andare in bici l’anno in cui sono nata, facendomi conoscere bene un mondo di cui fino a poco tempo fa non mi sentivo neanche parte, ho infatti praticato tutti altri sport fino a sei anni fa. 
Quantità di tempo che può sembrare decisamente lunga, anche se in realtà paragonandola al tempo trascorso in bici dalle mie attuali colleghe è decisamente limitata. Quantità di tempo che sembra essere infinita per i miei genitori, che non fanno altro che programmare la loro vita in base ai miei bisogni. Due semplici persone che non mi hanno solamente messo al mondo, non si sono comportati come fanno la maggior parte dei componenti di questa categoria, loro sono riusciti a trasformare la mia intera vita in qualcosa di speciale, sacrificando letteralmente la loro esistenza. Oltre ad essere sempre presenti al mio fianco, hanno vissuto e vivono di “pane e ciclismo”, hanno cancellato quelli che potevano essere i loro sogni, i loro impegni e la loro quotidianità per vedermi sorridere.
Da un lato c’è mia mamma, infinitamente dolce e paziente, sempre attenta al fatto che io possa seguire una dieta da brava ciclista, impegnata ad occuparsi della casa tra una serie di lavatrice e l’altra, a farmi il tifo anche quando ho tagliato il traguardo per ultima, e non solo in bici, ma soprattutto a farmi da amica cercando di correggermi senza mai giudicarmi. 
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Dall’altro lato c’è mio papà, con il suo carattere difficile, caparbio e testardo, non sempre compreso da tutti, ed io ho preso in pieno da lui, un uomo che mi ha sempre fatto sentire la sua principessa, ma anche una forte guerriera dandomi sempre l’opportunità di fare ciò che preferivo, e insegnandomi che i nostri sacrifici dobbiamo farli per dimostrare qualcosa solo e soltanto a noi stessi e a nessun altro. Sono loro le uniche persone che sanno davvero la mia storia, che mi hanno visto piangere disperata dopo un infortunio, che mi hanno visto sorridere dopo un bel risultato, che mi hanno visto con l’ansia in attesa di un appuntamento importate, ma soprattutto hanno sopportato e si sono quasi fatti carico del mio forte stress in momenti difficili della mia.
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Ad oggi, se insisto, continuo e resisto in un ambiente difficile, fatto di tanti sacrifici e tanta fatica, ma ricompensato da pochi risultati, come è questo del ciclismo, è grazie al loro inesauribile sostegno e al loro amore infinito. 
Sono questi i motivi per cui siamo una squadra solida e vincente.
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giancarlonicoli · 4 years ago
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12 apr 2021 18:27 UN IMBROGLIONE DI NOME LANCE ARMSTRONG – NON BASTAVA L’EPO, IL TEXANO USAVA ANCHE UN MOTORE SULLA BICI - SECONDO UN GIORNALISTA FRANCESE, CHE HA ANALIZZATO DIVERSI VIDEO, L'EX CICLISTA A CUI SONO STATI REVOCATI PER DOPING I 7 TOUR VINTI E TUTTI I SUOI TITOLI TOCCAVA IL SELLINO QUANDO VOLEVA ANDARE PIÙ VELOCE. ECCO COME FUNZIONAVA IL TRUCCO
Da www.corrieredellosport.it
Un giornalista francese, tale Antoine Vayer, ha fatto uscire lo scandalo: Lance Armstrong usava un minuscolo motore installato sulla sua bici per andare più veloce. L'esperto di ciclismo - si legge sul Mundo Deportivo - se ne sarebbe accorto studiando dettagliatamente diversi video in cui si vede l'ex campione statunitense toccare la parte posteriore del sellino. Subito dopo quel gesto, Armstrong, a cui sono stati revocati per doping tutti i suoi titoli, aumenterebbe di colpo la sua velocità.
Si tratterebbe di un dispositivo di appena 800 grammi, quindi facile da nascondere sulla bicicletta, composto da un motore che produrrebbe 500W di potenza e da una batteria che si inserirebbe dentro la borraccia usata dai ciclisti. Nonostante il supporto, è necessario continuare a pedalare: "Non è come andare in moto. Devi lavorare sodo per farlo funzionare", ha spiegato Harry Gibbings, capo di Typhoon, un produttore di questi tipi di motore. Armstrong avrebbe installato questo sistema durante gli anni della sua carriera.
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giancarlonicoli · 4 years ago
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19 mar 2021 20:02
"AGO-DAGO!" - QUANDO A DAYTONA GIACOMO AGOSTINI SI MANGIO’ KENNY ROBERTS CHE LO AVEVA DENIGRATO (“AGO-DAISY”) E APOSTROFATO CON TERMINI RAZZISTI ("DAGO" NEGLI STATES È IL TERMINE SPREGIATIVO PER DEFINIRE PERSONE DI ORIGINE LATINA) -  "A SORPRESA A CENA ARRIVÒ MIREILLE DARC, COMPAGNA DI DELON. ALAINMI CHIESE DI FINGERMI IL FIDANZATO DELLA SUA AMANTE. NON ASPETTAVO ALTRO" – E POI LA DAMA BIANCA, VALENTINO ROSSI E MARQUEZ, LA FERRARI E…PUTIN – VIDEO
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Flavio Vanetti per il “Corriere della Sera”
Giacomo Agostini, quando gareggiava era più importante lei o la Ferrari?
«La Ferrari era la Ferrari. Però io ero Agostini, correvo con la Mv Agusta e l'Italia la reclamizzavo pure con il casco tricolore. Un messaggio perfetto, piacerebbe anche al marketing di oggi».
Colline di Bergamo. Su un'altura con vista impagabile c'è la reggia del re non ancora detronizzato delle due ruote: Ago per tutti, 15 titoli mondiali, 2 in più rispetto al numero delle stagioni disputate. Nessuno come lui, forse per sempre. Entrare nel museo annesso alla villa significa viaggiare a ritroso nel tempo e assaporare imprese cominciate nell'era delle tute nere e di un motociclismo romantico e pericoloso.
Agostini è più bresciano o bergamasco?
«Sono nato a Brescia, però a 12 anni ho lasciato la città per la provincia. Le radici sono più sbilanciate su Bergamo: le gioie motoristiche le ho vissute lì».
Nello sport aveva un'alternativa alle moto?
«No, sono nato su due ruote. Papà usava la moto, ma solo per andare in ufficio e col sole. Io sognavo di correre e guidare autotreni».
Autotreni?
«Avevamo un'azienda di trasporti sul lago d'Iseo, lì trovavo i camion: non appena possibile salivo sopra, ma guidavo in piedi perché da seduto non toccavo terra».
Le gare dell'inizio erano «clandestine».
«A Lovere frequentavo i paesi della riviera. Tra gli amici del bar c'era uno sbruffone che esibiva moto bellissime, mentre io, taciturno, avevo una semplice Moto Guzzi Lodola. Un giorno mi provocarono: "Volete fare una gara con quel pistolino?". Rilanciai: "Giochiamoci qualcosa". Partimmo, non li vidi più. Li ritrovai al bar: li avevo seminati dopo quattro curve».
Papà non voleva che lei gareggiasse e per dare il permesso si consigliò con un amico notaio. Però costui era sordo e non capì.
«Non era sordo. Aveva compreso male: il ciclismo era popolare, credeva si parlasse di biciclette. Disse: "Lascialo fare, lo sport fa bene". Trasalì quando l'equivoco fu chiarito. Però mio padre s' era ormai impegnato».
È vero che le sabotavano le moto?
«In una gara accadde. Esperienza pericolosa. Le moto erano in un parco chiuso simile a un pollaio. Grattarono il cavo dell'acceleratore: quando diedi gas, si spezzò».
Ha amato la Moto Morini più della Mv?
«La Morini mi ha dato la prima vittoria e ha indirizzato la carriera. Da senior l'ho avuta solo nel 1964, ma è rimasta nel mio cuore».
Il rapporto con il conte Domenico Agusta?
«Era il padrone, io il dipendente: te lo faceva capire. Però ho legato con il team: sento ancora chi è in vita; di recente è morto un meccanico di 100 anni, ero con lui quando è mancato».
Poi dalla Mv divorziò...
«Fu a causa di una moto nuova, una 4 cilindri. Era potente, ma mi trovavo meglio con la più rodata 3 cilindri. Tuttavia a Hockenheim, circuito veloce, chiesi la 4 cilindri. Rocky Agusta, figlio di Corrado, me la negò. Era team manager, faceva il galletto. Ma fu una scelta stupida: se vincevo io, vinceva pure Mv. Mi raffreddai e nel contempo capii che il futuro erano i motori a due tempi. Così scelsi Yamaha».
Oggi sarebbe stato linciato sui social.
«Anche all'epoca: dissero che Agostini era un traditore. Ma ripagai i tifosi vincendo subito, prima a Daytona e poi il Mondiale 350».
Agostini era popolare. Ma vedendo Valentino Rossi non pensa che avrebbe fatto meglio a nascere dopo?
«Non rinnego i miei tempi. Ero felice, era tutto più umano. Eravamo una famiglia anche se l'amicizia era relativa, essendoci di mezzo la rivalità».
Ha visto morire tanti colleghi...
«In certi anni addirittura uno a gara. Al Tourist Trophy, dove ho vinto 10 volte, sono deceduti, a oggi, 250 piloti. È pericoloso. Però correre lì dà emozioni uniche: hai buche, asfalto, salite, discese, salti, rotaie, dossi. In ogni giro, da 60 km, trovi le quattro stagioni. Ma se guardi al pericolo... Ecco, non devi pensarci. Certe cose le fai solo da giovane. Quando torno per i revival mi dico: Mino, eri matto».
Poi c'era la famosa «dama bianca»
«Mi aspettava ogni mattina alle 4.45. Apriva la porta di casa, sulla strada della corsa, e usciva con un vestito bianco: lo alzava e faceva vedere le cosce, quindi lo abbassava».
Agostini contro Pasolini. Era il Coppi-Bartali delle moto?
«All'inizio correvo spesso in Emilia-Romagna, dunque chez Pasolini . Renzo aveva più tifosi, ma poi molti sono passati dalla mia parte. Devo ringraziare Paso: senza di lui come rivale non sarei cresciuto in fretta. Come Coppi e Bartali? Sì. All'estero Renzo rendeva meno: si sentiva spaesato. In Italia era un fulmine».
Lei è stato molto amico di Nieto.
«Ho avuto un rapporto eccezionale, Angel correva nella 50 e nella 125, classi che non erano le mie. Non essere avversari ha aiutato, ma ci volevamo bene. Mi emozionava quando diceva: "Voglio fare quello che fa Giacomo; se lo fa e vince, ha ragione lui"».
I 78 anni: pesano o sono un orgoglio?
«Un po' pesano. Per fortuna mi sento sempre giovane: giro ancora in moto, partecipo a revival, corro, vado ai Gp. Però quando penso che ne ho pochi davanti...».
Valentino Rossi è in fase calante, Marc Marquez s' è infortunato seriamente a un braccio:
Giacomo Agostini ha lanciato macumbe?
«Valentino ha avuto una gran carriera. Alla sua età è difficile emergere, ma finché c'è vita c'è speranza. A Marquez, invece, ho solo detto: "Mi hai dato un anno di respiro in più"».
Il record di Ago è inattaccabile?
«Dipende da Marquez: potrebbe batterlo. Valentino si era avvicinato, ma ora non vince da un po'. E si diventa vecchi, non giovani».
La vostra era una vita dura, non è così?
«Terminavo una gara sotto la pioggia e non potevo cambiare la tuta. Al box preparavano la moto per l'altra prova e prima del via mi portavano una pentola d'acqua calda: mettevo dentro i piedi per qualche minuto, poi sostituivo le calze. Ma tuta e stivaletti restavano fradici».
Quale visione ha Agostini dell'Italia?
«Siamo un gran Paese, però non riusciamo ad andare d'accordo. La politica è pazzesca e mi rifaccio a Zingaretti: tutti sono lì per la poltrona. Poi c'è troppa incompetenza per una Nazione che prima di tutto è un'azienda».
Lei ha casa in Spagna: si trasferirebbe lì?
«È il luogo natio di mia moglie ed è un posto meraviglioso, ma io sto bene in Italia. Quando vado in vacanza non vedo l'ora di tornare».
Ma la Spagna è meglio dell'Italia?
«Meglio no, è simile. Conosco il Sud, bello e con gente come una volta. Le case sono senza barriere. Un giorno la mamma di Maria si trovò un tipo tra i piedi: era un ragazzo ed era venuto a rubare. Dopo un quarto d'ora erano seduti a bere un caffè...».
Una volta a Parigi lei cenò con Alain Delon e Carlos Monzon. E soffiò una bionda a Delon...
«Eravamo al Teatro Dassault a Champs-Élysées. Alain era con una splendida amica, ma a sorpresa arrivò Mireille Darc, compagna dell'attore. Così mi chiese di fingermi il fidanzato della ragazza. Non aspettavo altro... Serata fantastica. Con l'amante di Delon».
Nel 1974 a Daytona la sfotterono chiamandola «Ago-Daisy» e «Ago-Dago».
«La General Motors mi diede un'auto con la scritta "Agostini 13 volte campione del mondo". Ma Kenny Roberts, campione Usa, in un'intervista disse che il mondo è l'America, non l'Europa. Quindi l'iridato era lui. Rimasi male, ma non ribattei».
Kenny aggiunse: «Me lo mangio crudo».
«A metà gara ero già in testa. Però ero disidratato, cercavo il sudore con la lingua per avere un liquido. Volevo fermarmi ma a Daytona c'era il pienone: avrei deluso tutti. Andai avanti e questo spiega quanto contano testa e grinta. Alla fine non stavo in piedi, mi fecero una flebo. Andando alla premiazione incontrai Roberts. Gli dissi: "Hai capito chi è il campione del mondo?". E lui: "Non sei umano"».
Il Drake le avrebbe affidato una monoposto
«Ci incontravamo a Modena, usavamo la stessa pista per i test. Provai la Rossa, andai bene, Ferrari mi fece la proposta. Feci una riflessione, conclusi che ero nato per le moto». Ferrari che cosa disse? «Solo "bravo". Aveva capito che non era giusto che tradissi un amore».
Agostini è stato anche il primo, nelle moto, a curare l'immagine
«Ho vissuto la fase in cui dalle tute nere si passava a quelle colorate, con l'apparizione degli sponsor. Sono stato la transizione tra il pilota povero e quello ricco».
Arrivò l'offerta di Germi per il cinema.
«Avevo già fatto tre film. Germi mi propose un copione, io mi schermii: non sono all'altezza. E lui: "Segui me, farai bene. Cominceremo a marzo". E io: "Ma il Mondiale parte il 19". Germi rimase di stucco: non si capacitava che preferissi le "motorette". Lo ringraziai, finì lì».
Agostini ha saputo dire dei no importanti...
«Nel nome della mia passione: la moto».
È mancato da poco Fausto Gresini
«Correva quando stavo finendo. Persona squisita, aveva il pregio di guardarti sempre negli occhi. L'ho sentito durante il ricovero, ero convinto che ce l'avrebbe fatta».
Quali personaggi ammira?
«Nello sport Muhammad Ali, che ho conosciuto. Tra i politici Kennedy, ma anche Putin. Sarà discutibile, ma non cala mai le braghe».
Che cosa c'è da sperare per il futuro?
«Che la gente sappia scegliere chi ha testa, conoscenza ed è onesto. I messaggi forti sono decisivi. Penso a Maradona, che ho stimato come campione. Ma con la sua vita sregolata che cosa ha lasciato ai giovani?».
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giancarlonicoli · 4 years ago
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5 mar 2021 11:52
L’INCREDIBILE STORIA DEL TELECRONISTA DEL CICLISMO DI EUROSPORT, SALVO AIELLO, FINITO A FARE LO SPAZZINO: “TRE ANNI FA SCOPRO LEGGENDO UN POST SU FACEBOOK CHE HO PERSO IL LAVORO. CAPITA, MI DICO. ALL'INIZIO MI SONO ARRANGIATO E HO TROVATO QUALCHE COLLABORAZIONE OCCASIONALE. INTORNO UN SILENZIO ASSORDANTE: IN POCO TEMPO ERANO SPARITI CONTATTI E CONOSCENZE, NONOSTANTE A MOLTI CONTINUASSI A RIPETERE CHE IO NON STAVO CERCANDO UN BEL LAVORO, MA SOLO UN LAVORO…”
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L’Ordine dei Giornalisti crea disoccupati...
Antonio Ruzzo per www.ilgiornale.it
Il ciclismo è muscoli e sudore. Ma anche voce. E quella di Salvo Aiello, 53 anni, telecronista e speaker sportivo, gli appassionati la conoscono e la riconoscono. Un racconto e una passione inconfondibili che cominciano nell'84 quando, vedendo pedalare Francesco Moser alla Sei Giorni di Milano prima che la neve abbattesse il Palazzetto, scocca la scintilla.
Che negli anni diventa lavoro come voce ufficiale del Giro e d'Italia e come telecronista di Eurosport con Riccardo Magrini. Giro, Vuelta, Tour sembra tutto perfetto, per sempre anche perchè la sua voce e l'ironia del «Magro», raccontano il ciclismo inventandosi una narrazione tutta nuova che piace e fa ascolti. Ogni anno di più.
Ma, pochi giorni fa, la scena è un'altra. La foto sui social non è più di quelle in postazione con cuffia e microfono a raccontare una fuga o una volata ma quella di Salvo Aiello con la tuta dell'Amsa, l'azienda municipale dei servizi ambientali di Milano, che raccoglie rifiuti su un camion nella periferia della città.
È tutta un'altra storia. La ascolti e la voce è la stessa, affascinante, cadenzata, sembra di nuovo in telecronaca spiega ciò che gli sta capitando: una strada lastricata di pietre anche se questa volta non c'è la Roubaix da commentare: «Cosa mi mi succede? Succede che tre anni fa perdo il lavoro. Di punto in bianco. Scopro leggendo un post su Facebook che non sono più un telecronista di Eurosport. Capita, mi dico. Così condivido il messaggio e mi metto il cuore in pace...».
Ma è come quando uno si ritrova ai piedi del Mont Ventoux, il gruppo allunga, e lo vede andare via. Ci provi con tutte le forze a prendere la ruota ma poi resti lì solo, con le tue gambe e i tuoi pensieri. E per uno che è nato il 14 novembre, lo stesso giorno di Vittorio Adorni, Bernard Hinault e Vincenzo Nibali quei pensieri continuano ad essere il ciclismo.
«Si all'inizio è stato così- racconta - anche se non riuscivo a spiegarmi il perchè: era cambiata la proprietà, c'erano stati avvicendamenti, ma sembravano tutti contenti del nostro lavoro e così sono tornate le grandi corse a tappe e io e il Magro siamo tornati raccontarle a nostro modo: una tappa, una classica o una salita erano anche la scusa per parlare di altre cose».
Pensieri che rischiano però di diventare un tarlo quando si hanno moglie e figlia e quando i mesi passano senza che nulla succeda.
«Diciamo che all'inizio mi sono arrangiato - racconta - Ho trovato qualche collaborazione occasionale come speaker di partite dei pallavolo e di beach volley che sono l'altra mia passione ma è ovvio che per vivere non bastavano.
E intorno non vedevo più nessuno. Un silenzio assordante: in poco tempo erano spariti contatti e conoscenze, nonostante a molti continuassi a ripetere che io non stavo cercando un bel lavoro, ma solo un lavoro. A parte qualche ciclista del gruppo e Gianni Bugno che è stato mio compagno di liceo a Monza, l'unico a telefonarmi per farmi coraggio è stato Francesco Guidolin che, fra l'altro, neppure conoscevo...».
Così la chiamata di una nuova piattaforma internazionale che cerca la sua «voce» per affidargli la pallavolo nazionale sembra uno spiralio di luce che però si spegne all'istante: «Si spegne di fronte al no dell'Ordine dei giornalisti che mi nega il tesserino da pubblicista perchè negli ultimi sei mesi non avevo lavorato, nonostane 12 anni di regolari collaborazioni fatturate». Tant'è. I pensieri continuano a girare intorno al ciclismo e alla pallavolo ma il piatto piange e Aiello così ci mette una pietra sopra e inizia a mandare il suo curriculum alle agenzie che offrono lavoro. Qualsiasi lavoro. «Non sapevo davvero più che fare - spiega -. E a quale punto è chiaro che non sei più tu che scegli...».
Nell'ottobre scorso arriva la lettera dell'Amsa, lo cercano per un posto di operatore ecologico e gli fissano le date delle visite mediche. E lui ovviamente va. Da una settimana lavora nella zona del San Raffaele su un camion compattatore: «Dove mi vedo tra due anni? Qui, sempre all'Amsa, magari in una posizione meno basica ma non mi faccio più illusioni...» E il ciclismo? «Il ciclismo non lo guardo più- confessa - Mi sento un po' come Roberto Visentini in maglia rosa tradito dal suo compagno di squadra Stephen Roche. Faccio fatica a guardarlo. E se per caso in tv mi capita di incrociare una corsa abbasso il volume...».
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giancarlonicoli · 4 years ago
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11 gen 2021 16:00
“HANNO FATTO PASSARE PANTANI COME IL DELINQUENTE NEL CONVENTO DI BENEDETTINE MA TRA EPO E VIAGRA I CICLISTI ERANO TUTTI DOPATI” – ANGELO ZOMEGNAN, EX DIRETTORE DEL GIRO, SQUARCIA IL VELO D’OMERTA’: “NEL 1999 QUANDO PANTANI FU FERMATO AL GIRO D' ITALIA, QUASI TUTTI I PRIMI DIECI IN CLASSIFICA FACEVANO USO DI SOSTANZE DOPANTI. IL VIAGRA? C'ERANO ALCUNE MISS CHE… "- E POI IL MASSAGGIATORE DI PANTANI, LE SCOMMESSE CLANDESTINE E IL RETROSCENA SU CANNAVO'-CROZZA - VIDEO
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Giovanni Terzi per “Libero quotidiano”
«Nel 1999 quando Marco Pantani fu fermato al Giro d' Italia a Madonna di Campiglio per la eccessiva presenza di globuli rossi nel sangue, verosimilmente dovuta al famigerato Epo, quasi tutti i primi dieci in classifica facevano uso di sostanze dopanti per migliorare l' ossigenazione del sangue ed avere prestazioni sportive più competitive».
Esordisce così Angelo Zomegnan, giornalista e direttore unico del giro d' Italia dal 2004 al 2011, appassionato di sport e di ciclismo da quando, ragazzino, seguiva un suo amico nelle gare regionali e ne faceva sia l' accompagnatore che l' ufficio stampa.
«Erano anni bui quelli della fine del secolo dove gli atleti cercavano di migliorare in tutti i modi le loro prestazioni, nulla era vietato ma semplicemente governato».
Cosa intende dire Zomegnan?
«Che non si contrastava fattivamente l' uso dell' eritropoietina ma semplicemente i globuli rossi prodotti artificialmente dovevano rimanere entro il cinquanta per cento di percentuale nel sangue. Ossia il quarantanove e nove di percentuale era consentito più l' 1 per cento di tolleranza. Il cinquantuno per cento era fuorilegge».
Lei vuole dire che era una pratica consolidata a quasi tutti i ciclisti?
«Assolutamente sì. Non si vietava l' uso dell' eritropoietina ma si cercava di gestirne l' uso, non una cosa eticamente bella. Le voglio fare un esempio: è come se il furto fosse di soldi fosse consentito e non punito sotto i mille euro ma a mille ed un euro si andasse in prigione».
Ben diverso dal sogno del ciclismo con cui lei è cresciuto nella provincia lombarda...
«Il ciclismo e la metafora della vita. È uno sport che richiede sacrificio, sudore ed una meta da raggiungere. Mi creda che quando una persona inizia a seguire le gare ciclistiche su strada non riesce più a farne a meno e fu così che iniziai a scrivere anche per dei giornali locali. Ero un "abusivo", cosi ci chiamavano quelli senza contratto in modo poco politically-correct, oggi in modo più gentile li chiamano free-lance.
Piano piano iniziai a scrivere fino a diventare vice direttore nel 2003 della Gazzetta dello Sport con la direzione di Pietro Calabrese che prese il posto del mitico Candido Cannavò fatto fuori per colpa di Crozza».
Scusi in che senso Cannavò fu fatto fuori per colpa di Crozza?
«Cannavò diresse la Gazzetta per diciannove anni e il giornale divenne "la Gazzetta di Cannavò". A questo si aggiunse l' imitazione di Crozza che, a mio parere, non piaceva alla proprietà».
Torniamo a Pantani. Quella della test dell' eritropoietina a Madonna di Campiglio fu una tragedia umana e sportiva senza precedenti. Cosa sa di quel momento?
«Premetto che ho un affetto enorme per la mamma di Marco, la signora Tonina, che si batte come un leone per, legittimamente, arrivare ad una verità giuridica dell' accaduto.
Sicuramente, come ho già detto, tutti cercavano di migliorare le prestazioni attraverso una maggiore ossigenazione del sangue e questo è molto importante da dire perché hanno cercato di fare passare Pantani come il delinquente nel convento di benedettine e così non era. C' era chi si faceva di epo, chi si faceva rinchiudere in una camera ipobarica, come Gotti, e chi addirittura si rimpinzava di viagra».
Addirittura il viagra?
«Mi creda possiamo dire che era evidente! C' erano alcune Miss che rimanevano stupite che, dopo duecento chilometri di fatiche estenuanti i corridori mostravano la loro parte intima pronta per un atto sessuale».
L' eritropoietina era la sostanza più usata dai ciclisti?
«Certamente. Sostanzialmente si dopava il sangue facendo aumentare i globuli rossi che sono il mezzo con il quale viene apportato ossigeno dai polmoni ai muscoli e la maggiore concentrazione di questi può migliorare la capacità aerobica di un atleta e di conseguenza anche la sua resistenza». Da sempre Pantani si è difeso dicendo che la sera prima la sua percentuale di eritropoietiina era sotto il cinquanta per cento e che fosse impossibile una crescita percentuale nella notte.
Cosa ne pensa?
«Si sapeva a Madonna di Campiglio che l' UCI avrebbe fatto i controlli così che ogni squadra aveva al seguito un macchinario funzionale al controllo indiretto di Epo nel sangue. Secondo me sta qui l' errore. C' erano squadre che investivano pesantemente nelle pratiche vietate e nei controlli preventivi ed altre che si affidavano ad un semplice massaggiatore».
Un atto d' accusa forte Zomegnan non crede?
«È la verità. Pantani era un perfezionista assoluto e forse chi stava accanto a lui non era all' altezza».
Parla del massaggiatore del campione di Cesenatico?
«A me chi ha dichiarato "mi porterò i segreti nella tomba" non piace. Qui c' è una famiglia, mamma Tonina e papà Ferdinando, che aspettano notizie e vogliono conoscere la verità. Tutti si deve collaborare affinché emerga».
Pantani si sentì tradito da un sistema, aveva ragione?
«Secondo me sì. Il team del Pirata ha commesso errori e lui è diventato il capro espiatorio di un sistema marcio».
Si è parlato di scommesse clandestine ed addirittura di Vallanzasca che raccontò di essere stato messo a conoscenza di giri loschi che volevano non far vincere Pantani. È vero? A chi poteva dar fastidio il campione romagnolo?
«Ho saputo anche io delle scommesse clandestine; certo che un fenomeno come lui e con il suo carattere non era a tutti simpatico».
Mi può spiegare meglio?
«Marco era un ragazzo semplice ed aveva scelto di stare nella sua squadra, la Mercatone Uno, non accettando altre offerte. Questo non ti rende simpatico agli occhi di chi vuole farti cambiare squadra. Poi ricordiamoci l' epica rimonta il 30 maggio del 1999, a pochi giorni da Madonna di Campiglio. Ai piedi della salita finale che portava al Santuario di Oropa, Pantani dovette fermarsi e mettere i piedi a terra. La catena era saltata, così come pareva fosse saltata la possibilità di vincere una gara che avrebbe messo al sicuro la sua maglia rosa conquistata il giorno prima.
Il Pirata si improvvisò meccanico e perdette contatto con il gruppo di testa quando si era appena a dieci chilometri dalla fine; fu lì che diede avvio a una delle più entusiasmanti rimonte della storia del ciclismo a tappe. In pochi chilometri superò complessivamente quarantanove corridori e andò a riprendere Gotti, Jalabert e gli altri rivali di classifica che comandavano corsa».
Dimostrò anche in quella occasione di essere un grande campione...
«Marco era un ragazzo generoso in tutto, nella vita come nello sport. Ricordo Charly Gaul, uno dei più grandi scalatori della storia chiamato "l' Angelo della montagna", che lo aspettava fuori dalla roulotte per salutarlo (un po' come se Mozart volesse l' autografo da Morandi) e, mi creda, questo gesto fa capire quanto Marco fosse considerato un campione straordinario».
Lei racconta di un campione generoso e perfezionista ma quali altre caratteristiche aveva Pantani?
«Era sicuramente fragile umanamente e per questo la vicenda di Madonna di Campiglio gli distrusse la vita, ed era l' uomo degli eccessi. Ricordo che mi raccontava che quando andava sotto sforzo si mordeva la lingua per sentire il sapore del sangue».
Poi incontrò brutte compagnie...
«Si allontanò dal mondo sportivo e si spense prima di tutto la sua anima. Lo vidi una notte a Milano nella sua macchina, non era più lui».
Si poteva salvare secondo lei Marco Pantani?
«Questo non lo so, i campioni sono i primi della classe e se sbagliano non lo fanno con la punteggiatura ma con la sintassi».
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