#Cinema e legge
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campadailyblog · 4 months ago
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Mel Gibson: I Problemi Legali della Star di Braveheart
Mel Gibson, famoso attore e regista, ha affrontato molti problemi legali. Ha subito accuse di violenza da parte della sua ex Oksana Grigorieva. Inoltre, ha avuto una lunga disputa per il mantenimento della figlia Lucia. Nonostante i successi come in Braveheart, dove ha vinto l’Oscar, i problemi legali hanno pesato sulla sua immagine e carriera. Punti Chiave Mel Gibson ha affrontato numerosi…
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pier-carlo-universe · 11 days ago
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I quattro giusti di Edgar Wallace: Giustizia oltre la legge. Recensione di Alessandria today
La prima avventura della leggendaria saga dei Quattro Giusti, tra suspense e mistero, contro i potenti corrotti
La prima avventura della leggendaria saga dei Quattro Giusti, tra suspense e mistero, contro i potenti corrotti Recensione “I quattro giusti” è il primo romanzo della celebre saga di Edgar Wallace, pubblicato per la prima volta nel 1905. Questo romanzo rappresenta un’opera pionieristica nel genere del thriller e del poliziesco anglosassone. Al centro della trama ci sono i Quattro Giusti, un…
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raffaeleitlodeo · 4 months ago
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Andrea ha 15 anni, la madre lava un paio di suoi pantaloni rossi ma stingono e diventano rosa. Andrea non ci fa caso, li indossa e torna a scuola. Inizia così a essere preso di mira. Vessazioni e umiliazioni di ogni tipo fino alla creazione di una pagina Facebook dal nome IL RAGAZZO DAI PANTALONI ROSA.
Andrea si toglie la vita. È il 2012. Sarà il primo minore che in Italia si uccide a causa del bullismo e dell’omofobia.
Per sua madre Teresa si aprono le porte dell’inferno. Fino a che un pomeriggio scopre quella maledetta pagina Facebook e legge tutto il male riversato su suo figlio.
In mezzo al dolore più atroce trova la forza di battersi contro questo fenomeno di violenza sui social. Va nelle scuole, scrive un libro, incontra associazioni.
Il 10 ottobre al cinema uscirà il film Il ragazzo dai pantaloni rosa. Teresa ha trasformato il dolore in speranza. Che nessun altro genitore viva quello ha vissuto lei.
Amen
#Pride2024
Claudia Sarritzu, Facebook
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ilgiardinodivagante · 2 months ago
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Cos'è davvero l'uguaglianza? È come una chimera, un ideale che sfugge, un concetto che ognuno interpreta a modo suo. Da una parte, c'è chi grida al merito, alla gerarchia, a una sorta di legge della giungla dove vince il più forte. Ma il merito è davvero così oggettivo? Non è che spesso è il frutto di un gioco di carte truccato, dove alcuni nascono già con un asso nella manica? E poi, c'è chi, all'opposto, sostiene che siamo tutti uguali, punto e basta. Ma se siamo tutti uguali, che senso ha valorizzare le differenze? È come dire che un Picasso e un bambino di tre anni che scarabocchia un foglio sono sullo stesso piano.
Io credo che l'uguaglianza sia il fondamento di una società sana, ma non nell'accezione di un livellamento che annulla le individualità. È il diritto di ogni essere umano a partire da una linea di partenza equa, a poter sviluppare i propri talenti, a non essere giudicato per l'origine, il colore della pelle o le preferenze sessuali. Ma questo non significa che tutti debbano fare lo stesso lavoro o raggiungere gli stessi traguardi. Un medico e un poeta hanno ruoli diversi, ma entrambi sono essenziali per la nostra società.
Il problema nasce quando confondiamo l'uguaglianza con l'uniformità. È come se volessimo tutti indossare la stessa taglia di scarpe, senza renderci conto che ognuno ha un piede diverso. Certo, possiamo creare delle scarpe standard, ma poi ci saranno sempre quelli a cui stringono e quelli a cui sono larghe.
La meritocrazia, se intesa nel modo giusto, può essere un motore di crescita. Ma deve essere una meritocrazia inclusiva, che non lasci indietro nessuno. È illogico pensare che un bambino cresciuto in un ambiente privo delle risorse fondamentali possa, senza alcun supporto, raggiungere gli stessi risultati di un suo coetaneo cresciuto in un contesto privilegiato. Dobbiamo creare delle reti di sostegno, delle rampe di lancio per chi parte svantaggiato.
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E poi c'è la questione della libertà di espressione. Certo, ognuno ha diritto a dire la sua, ma non tutte le opinioni hanno lo stesso valore. Un'idea ben argomentata, frutto di una profonda riflessione, è diversa da un'opinione buttata lì tanto per dire. E non dimentichiamo che la libertà di espressione ha dei limiti. Non possiamo gridare al fuoco in un cinema, né diffondere notizie false che possano danneggiare gli altri.
Per costruire una società più giusta ed equa, dobbiamo prima di tutto affrontare le contraddizioni e le sfide che ci troviamo ad affrontare. Come possiamo conciliare il principio di uguaglianza con quello di meritocrazia? Viviamo in un'epoca contraddittoria, dove si invocano i valori di pace e fratellanza, ma si perpetuano le disuguaglianze. Più parliamo di uguaglianza, più il divario tra ricchi e poveri sembra allargarsi.
Ci chiediamo allora: vogliamo davvero una società più equa? E se sì, perché le nostre azioni non corrispondono a questo desiderio? Siamo disposti a mettere in discussione i nostri privilegi per costruire un futuro più giusto? Le risposte a queste domande sono fondamentali per definire le azioni concrete che dobbiamo intraprendere.
Insomma, la strada verso l'uguaglianza è lunga e tortuosa. È un percorso che richiede impegno, dialogo e soprattutto onestà intellettuale. Dobbiamo essere disposti a mettere in discussione le nostre convinzioni, a uscire dalla nostra comfort zone e ad ascoltare le ragioni degli altri. Solo così potremo costruire una società più giusta e più equa, dove ognuno possa realizzarsi e trovare il proprio posto.
Questo blog è il mio piccolo angolo creativo. Ogni parola e ogni immagine presente in questo post è frutto della mia immaginazione. Se ti piace qualcosa, condividi il link, non copiare.
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occhietti · 10 months ago
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PRONTUARIO
PER IL BRINDISI DI CAPODANNO
Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale, cucina, albergo, radio, fonderia, in mare, su un aereo, in autostrada, a chi scavalca questa notte senza un saluto, bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta, a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta, a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando, a chi non è invitato in nessun posto, allo straniero che impara l’italiano, a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango,
a chi si è alzato per cedere il posto, a chi non si può alzare, a chi arrossisce, a chi legge Dickens, a chi piange al cinema, a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio, a chi ha perduto tutto e ricomincia, all’astemio che fa uno sforzo di condivisione, a chi è nessuno per la persona amata, a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe, a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia, a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo,
a chi restituisce da quello che ha avuto, a chi non capisce le barzellette, all’ultimo insulto che sia l’ultimo, ai pareggi, alle ics della schedina, a chi fa un passo avanti e così disfa la riga, a chi vuol farlo e poi non ce la fa, infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera e tra questi non ha trovato il suo.
- Erri De Luca
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canesenzafissadimora · 10 months ago
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Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale,
cucina, albergo, radio, fonderia,
in mare, su un aereo, in autostrada,
a chi scavalca questa notte senza un saluto,
bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta,
a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta,
a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando,
a chi non è invitato in nessun posto,
allo straniero che impara l’italiano,
a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango,
a chi si è alzato per cedere il posto,
a chi non si può alzare, a chi arrossisce,
a chi legge Dickens, a chi piange al cinema,
a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio,
a chi ha perduto tutto e ricomincia,
all’astemio che fa uno sforzo di condivisione,
a chi è nessuno per la persona amata,
a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe,
a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia,
a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo,
a chi restituisce da quello che ha avuto,
a chi capisce le barzellette,
all’ultimo insulto che sia l’ultimo,
ai pareggi, alle ics della schedina,
a chi fa un passo avanti e così disfa la riga,
a chi vuol farlo e poi non ce la fa,
infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera
e tra questi non ha trovato il suo.
E.De Luca
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solosepensi · 10 months ago
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Prontuario per il Brindisi di capodanno
Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale,
cucina, albergo, radio, fonderia,
in mare, su un aereo, in autostrada,
a chi scavalca questa notte senza un saluto,
bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta,
a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta,
a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando,
a chi non è invitato in nessun posto,
allo straniero che impara l’italiano,
a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango,
a chi si è alzato per cedere il posto,
a chi non si può alzare, a chi arrossisce,
a chi legge Dickens, a chi piange al cinema,
a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio,
a chi ha perduto tutto e ricomincia,
all’astemio che fa uno sforzo di condivisione,
a chi è nessuno per la persona amata,
a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe,
a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia,
a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo,
a chi restituisce da quello che ha avuto,
a chi non capisce le barzellette,
all’ultimo insulto che sia l’ultimo,
ai pareggi, alle ics della schedina,
a chi fa un passo avanti e così disfa la riga,
a chi vuol farlo e poi non ce la fa,
infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera
e tra questi non ha trovato il suo.
- Erri De Luca
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coccaonthinks · 4 months ago
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C’è qualcosa che tutti possiamo fare un po' di più: è guardare, guardare con più attenzione il mondo intorno a noi. Guardare non è tanto un modo di informarsi, ma l’unico varco per arrivare a un possibile stupore, può essere un paesaggio lontano, può essere vicinissimo a casa nostra. Guardare è un modo per dire alle cose e agli animali di non andarsene, di rimanere ancora con noi. Guardare una lampadina, un imbuto, un albero, un cane, guardare e sentire un momento di vicinanza, mettere in crisi per qualche secondo la solitudine in cui siamo caduti.
In me la ricerca di quello che chiamo Sacro minore è andata crescendo man mano che aumentava l’invadenza della vita digitale. Si può stare in Rete anche molto tempo, ma non bisogna accodarsi all’esodo verso l’irrealtà, bisogna rimanere fedeli al reale, è l’unico bene, è il bene comune, il bene più comune di tutti e non dobbiamo perderlo.
Questo guardare di cui parlo non è un partito, non è un’ideologia, non è andare a rintanarsi in un rifugio, come se altrove fosse tutto deserto e miseria spirituale. Direi che è semplicemente il coltivare una saltuaria abitudine percettiva. Io non so fare di più. Dopo questi brevi slanci verso l’esterno la mia vita rifluisce verso l’interno, si riduce alla continua manutenzione dell’inquietudine. E qui mi pare che si incroci con quella di tanti in questo tempo di vite spaiate, lontane da ogni fuoco collettivo. Ecco il bivio: da una parte l’attenzione al mondo che ci circonda, dall’altra la deriva opinionistica in cui tutti cinguettano su tutto in una babele di parole che girano a vuoto.
La poesia è come un vigile che sta davanti a questo bivio e indirizza chi la legge verso l’attitudine percettiva piuttosto che verso le astrazioni dell’opinionismo. La poesia è la scienza del dettaglio, è il sogno tagliato dalla ragione o la ragione tagliata dal sogno, comunque non è mai nel dominio di una sola logica, è sempre intreccio, sconfinamento, purissima impurezza.
Io credo di essermi educato allo sguardo proprio grazie alla poesia, al suo rendere l’anima più agile, capace di oscillare dall’infimo all’immenso, dal dentro al fuori. E sull’attenzione al mondo esterno posso citare i miei due grandi maestri, Peter Handke e Gianni Celati. Il primo conosciuto e frequentato nei suoi libri, l’altro frequentato anche di persona. Celati mi ha insegnato le meraviglie dei luoghi ordinari, delle giornate qualsiasi. In fondo il mio lavoro di paesologo ha una sola regola che si può riassumere con questo mio aforisma: “Io guardo ogni cosa come se fosse bella e se non lo è vuol dire che devo guardare meglio.” All’inizio la mia attenzione ai luoghi marginali era più in chiave politica, ero infiammato dalle disattenzioni della politica. Il margine era indagato come luogo dell’abbandono, ero protesto a cogliere il passaggio dalla miseria contadina alla desolazione della modernità incivile. Sono rimasto a indagare il margine, ma con uno sguardo diverso, direi più ricco. Non ho abbandonato la lotta contro lo spopolamento delle aree interne, ci ho aggiunto l’attenzione al sacro che ancora resiste in quelle aree, come se Dio amasse i luoghi dove non c’è partita Iva. Da qui è arrivato un libro come Sacro minore o un film come Nuovo cinema paralitico, realizzato con Davide Ferrario. Guardare il mondo quasi come un’attività nostalgica, considerando che stiamo tutti diventando senza mondo, considerando che non bisogna dare per scontata l’esistenza del mondo, come se la fuga nel digitale potesse trafugarlo e lasciarci come ombre vaganti in una terra di nessuno. Una volta si indagava il mistero della vita dopo la morte, adesso è da indagare il mistero della morte che dilaga dentro la vita, dilaga quanto più la morte viene rimossa, occultata dal fervore masochistico del consumare e produrre. Ecco che dal guardare, dalla semplice postura contemplativa, la questione diventa più complessa, diventa politica: non è in gioco solo il nostro modo di abitare la giornata, ma il modo in cui l’umanità abita il pianeta. Si tratta di prendere atto che il modello imperante produce solitudine e depressione negli individui, produce ingiustizie sociali e danni enormi al pianeta. Qualcuno ha detto che la bellezza salverà il mondo. Forse ora si potrebbe dire che il mondo lo salveranno i percettivi. FRANCO ARMINIO
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francescacammisa1 · 2 months ago
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… lo spazio che il buon lettore preferisce ricavarsi mentre legge non è quel terreno che sta fra lo scritto e il suo autore, bensì fra lo scritto e noi stessi.
Amos Oz - Una storia di amore e di tenebra
Ph Dominique Issermann
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m2024a · 3 months ago
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Alain Delon, morto l'attore leggenda del cinema francese: aveva 88 anni Alain Delon è morto. L'icona del cinema francese ed internazionale aveva 88 anni. Lo hanno comunicato i figli all'agenzia Afp. «Alain Fabien, Anouchka, Anthony, oltre che il suo cane Loubo, hanno l'immensa pena di annunciare la dipartita di loro padre - si legge nel comunicato - Si è spento serenamente nella sua casa di Douchy, con accanto i suoi figli e i suoi familiari... La famiglia vi chiede di rispettare la propria intimità in questo momento di lutto estremamente doloroso». Chi era Alain Delon Alain Delon, il più talentuoso e affascinante degli attori francesi, morto all'età di 88 anni, si era imposto sulla scena internazionale negli anni Sessanta alla scuola del regista Luchino Visconti, che aveva messo in luce il carattere ambiguo della sua bellezza nei capolavori «Rocco e i suoi fratelli» e «Il gattopardo». Alternando nel corso di tutta la sua carriera il cinema d'autore - a partire da «L'eclisse» di Michelangelo Antonioni dove affiancò Monica Vitti - a quello commerciale, Delon in patria fu diretto da registi quali René Clement, Jean-Pierre Melville e Jacques Deray che ne fecero risaltare lo sguardo freddo e cinico, in contrasto con il suo volto angelico, rendendolo anche l'interprete ideale dell'antieroe noir di molti polizieschi. Per Melville fu il mafioso italoamericano Frank Costello in «Frank Costello faccia d’angelo»; dette il suo volto al gangster Roger Startet ne «Il clan dei siciliani» di Herny Verneuil e a «Zorro» nel film di Duccio Tessari. Nel 1995 al Festival di Berlino, arrivò il meritato riconoscimento al suo talento: l'Orso d'oro alla carriera, mentre solo nel 2019 il Festival di Canne gli ha conferito la Palma d'oro alla carriera; e nel frattempo, nel 2012, gli era stato assegnato il Pardo alla carriera al Festival di Locarno. Nato a Sceaux (Seine) l'8 novembre 1935, all'età di 17 anni, Alain Delon si arruolò nella marina militare francese e nel 1953 venne destinato al corpo di spedizione nel Sud-est asiatico che partecipava alla guerra d'Indocina. Congedato nel 1956, il giovane Alain iniziò a frequentare a Parigi l'ambiente degli intellettuali e il mondo dello spettacolo e a recitare in teatro, finché la sua singolare bellezza e la sua duttilità nell'affrontare ruoli anche modesti vennero notate da alcuni produttori cinematografici. Fu così che per il giallo di René Clément «Delitto in pieno sole» (1960) l'attore, scelto inizialmente per una parte secondaria, ottenne invece quella del protagonista, il subdolo Tom Ripley che uccide un giovane miliardario per assumerne l'identità. Il film ebbe un buon successo e rappresentò per Delon un trampolino di lancio, proponendo per la prima volta quel personaggio controverso a lui estremamente congeniale. Fu però un maestro come Visconti a consentirgli di lasciar affiorare una complessità interpretativa, che lo impose all'attenzione, quando lo diresse magistralmente in «Rocco e i suoi fratelli» (1960), opera in cui lo spirito neorealista si fonde con le cadenze del melodramma. Delon rese perfettamente l'introversa malinconia del giovane protagonista, Rocco Parondi, un figlio del Meridione immigrato a Milano, proletario dall'animo 'viscontianamente' nobile, ma destinato per la sua eccessiva mitezza a risultare un perdente. È sulla ambigua maschera di Alain Delon che il regista Jean-Pierre Melville costruì la figura del sicario di «Frank Costello faccia d'angelo» (1967). In «Borsalino» (1970) di Jacques Deray, il divo ebbe modo di confrontarsi con l'altro attore simbolo del cinema francese, Jean-Paul Belmondo, gareggiando con lui nell'imprimere un piglio canagliesco alla recitazione in una commedia poliziesca che ebbe successo in tutta Europa. E proprio con Belmondo già da tempo era in scena sulle cronache di gossip l'immagine della rivalità con Delon, sebbene i due grandi attori si considerassero amici fino alla fine. Gli anni Settanta furono per Delon contrassegnati da ruoli sempre legati al 'polar', con qualche altra apparizione nel cinema d'autore. L'attore, infatti, sostituì Marcello Mastroianni nel film «La prima notte di quiete» (1972) di Valerio Zurlini, e contribuì a rendere memorabile la figura torbida e romantica del protagonista, Daniele Dominici, un maestro disilluso che rispecchia le contraddizioni e i dubbi di una generazione. Anche in «Mr. Klein» (1976) di Joseph Losey, Delon raffigura alla perfezione un personaggio tragico e sfuggente: l'usuraio perseguitato dall'idea di un altro sé stesso negli anni bui dell'occupazione nazista a Parigi.
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gcorvetti · 7 months ago
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Torno a parlare di Musica.
Lo so che l'idea era quella di aprire un blog parallelo dove parlavo solo di musica, ma è ancora la e non so se la attuo perché alla fine posso mettere un bel tag e chi vuole si legge i post musicali. Comunque, oggi vedo un video di Silvestrin dove nella foto iniziale c'è Bruce Dickinson (per chi non lo sapesse è il cantante degli Iron Maiden), allora che fa non lo guardo? Nel video Enrico loda, in questo caso, il frontman dicendo che la sua proposta su come tirare su la musica è decisamente la migliore fin'ora. Avevo parlato tempo fa del video sempre di Silvestrin dedicato all'idea di Kanye West, riassumo : lui dice che come nel cinema quando esce un disco per il primo mese lo si trova in vendita e passato quel periodo pure in streaming. Mentre Bruce (la faccio breve, per chi è curioso si può guardare il video che metto sotto) dice che i fan, cioè quelli che tengono alla musica devono avere più spazio, come per esempio quello davanti al palco che ormai è destinato a VIP e influencer solo per far vedere che erano all'evento, perché un fan che compra il disco e poi viene al concerto non ha tutti quei soldi per poter stare in prima fila; per gli altri, cioè gli ascoltatori della domenica, quelli che non gli frega un cavolo della musica e per loro è solo un sottofondo, quelli possono andare a fanQ. Più o meno il discorso è questo, cioè ridare la musica a chi la ama veramente e non a chi si ascolta brani random e non sa neanche chi e cosa sta ascoltando. L'idea non è male di per se, forse non tutti hanno voglia di svilupparla, cioè i due artisti hanno proposto qualcosa che forse alle case discografiche non interessa, oppure a quelli che organizzano i concerti non conviene, anche se lo spazio davanti al palco è grande se ci metti tavolini e bar perdi spazio prezioso dove poter mettere centinaia di persone che anche se pagano 50€ di biglietto sono centinaia, beh questo dipende da come si calcolano i costi, se fai l'area VIP e ci guadagni di più è ovvio che non si potrà mai fare. Ma la cosa che noto è che finalmente qualcuno che sta ai piani alti si sta facendo sentire, se fino a poco fa nessun artista si era fatto avanti adesso si vede che c'è in qualche modo l'intenzione di cambiare le cose dall'alto, questo anche perché attraverso lo streaming (spotify è solo uno dei tanti) nessun artista guadagna, forse le case discografiche ma forse poco, questo è un campanello d'allarme che suona sempre nei momenti di crisi o quando il conto in banca non sale ma scende e basta.
Nel sottobosco le cose vanno diversamente, se ti va bene vendi qualche cd, qualche copia digitale su bandcamp, ma l'incasso lo fai andando sul palco e questo non cambierà mai, ci saranno sempre concerti e ci saranno sempre band che suonano, non importa se si guadagna tanto o poco, se si campa o meno, l'importante è comunicare le proprie idee attraverso la musica, come gli artisti di altre discipline fanno, anche se il periodo è turbolento per tutti.
Un nota personale, non ci sono più movimenti (musicali o culturali) e questo fa si che ci sia poco interesse da parte del pubblico perché ognuno fa per se e così si è da soli a cercare di emergere, coi movimenti si andava tutti in una direzione (tutti quelli che facevano parte del movimento).
A voi il video
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der-papero · 2 years ago
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Buona sera Papero!
Volevo chiederti un parere espero!
Domani installo i due nuovi AP per il Wi-Fi di casa… e c’è un aspetto fondamentale su cui non riesco a prendere una decisione…
Che nome dare al Wi-Fi?? 🤣😝🤪🤓
Si accettano consigli! 😂😂
Per ragioni di buon vicinato, mi hanno bocciato “scemo chi legge” e “sai chi ti saluta tanto?”
Qualcuno propone “Toga! Toga!” Oppure “Hasta la vista, baby!”
Altre idee? 😆😆
Fino a poco tempo fa il mio vicino aveva come SSID "Deine Mutter ist ein Hotspot", giusto pe' te fa' capi' 🙄
Ad ogni modo, queste sono le mie proposte, prese dai film che hanno fatto la storia del nostro cinema:
Funicolare senza corrente
Er grillo del Marchese sempre zompa
Calma e gesso Tombale non è un fesso
Lei ha clacsonato
San Gennaro scansaci tu
Filomegna fa la putegna
Tua madre era austriaca e pure un poco mignotta
Una co-gestione che sia proliferante in senso sobrio
In immondizia veritas
Alzate a cornuto
Vuole diventare Gianni Agnelli o Alain Delon
Anche io compro ai Grandi Magazzini
Scegli una di queste e farai un figurone.
(io voto per quella della mamma austriaca)
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carmenvicinanza · 2 months ago
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Rossy de Palma
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La poesia è stato il mio primo amore. I poeti dadaisti mi hanno aperto una dimensione di pensiero completamente nuova, grazie alla quale in un solo momento mi sono resa conto che mi aspettava un altro mondo. L’arte ci cura e ci aiuta a sopravvivere.
Attrice, modella, scultrice, pittrice, scrittrice, cantante e regista di video e spot, Rossy de Palma è una delle più importanti protagoniste del cinema di Pedro Almodóvar.
Dotata di una bellezza fuori dagli schemi, un viso dai lineamenti irregolari e atipici, di cui ha fatto il suo punto di forza e che sfoggia con grande ironia, è una personalità poliedrica, difficile da etichettare.
Nata il 16 settembre 1964 col nome di Rosa Elena García Echave a Palma di Maiorca da una famiglia di origine asturiana e basca, è cresciuta nelle Baleari per poi trasferirsi a Madrid, negli anni Ottanta, seguendo il suo gruppo musicale, Peor impossible. Il suo nome d’arte era Rossy Peor, poi modificato in Rossy Von Donna.
È stato in quel periodo che, frequentando l’ambiente artistico madrileno, è entrata in contatto con Almodóvar che, nel 1987 le ha chiesto di partecipare al film La legge del desiderio. Da allora è diventata una delle sue protagoniste preferite, tanto da volerla ancora in Donne sull’orlo di una crisi di nervi del 1988, Légami! del 1990, Kika del 1993 e Il fiore del mio segreto del 1995. Per questi due ultimi ruoli è stata nominata al Goya (l’Oscar spagnolo). È anche apparsa in un cameo di Gli abbracci spezzati.
Ha lavorato anche in Italia con Aldo, Giovanni e Giacomo, Giancarlo Giannini, Rupert Everett e Ornella Muti.
Ha avuto un ruolo in Prêt-à-Porter di Robert Altman e nel musical grottesco Franchesca Page, diretto dalla fotografa Kelley Sane, dove ha ricoperto uno dei ruoli più memorabili della sua carriera, interpretando una sadica e psicopatica produttrice teatrale decisa a far fallire lo spettacolo chiave della pellicola, al quale fa perno la rivalità tra madre e figlia (interpretate da due drag queen).
Parallelamente alla carriera di attrice, saltuariamente, si produce come cantante ed è stata modella di stilisti come Louis Vuitton e Jean-Paul Gaultier. Per la primavera/estate 2012 è stata, insieme a Pedro Almodóvar e a Mariacarla Boscono, protagonista della campagna Missoni, ambientata in Spagna. È stata anche madrina di A Shaded View On Fashion Film, festival di cortometraggi sulla moda, creato e curato da Diane Pernet.
Ha anche realizzato una linea di profumi e di make up che portano il suo nome.
Spesso ha legato il suo nome a campagne sociali sostenendo le battaglie per le persone migranti, contro la violenza sulle donne e per i diritti lgbtq+.
Nel 2015 è stata nella giuria del Festival di Cannes.
Rossy de Palma, ironica, intelligente e talentuosa, ha dimostrato che si può diventare un’icona di fascino anche con una bellezza che va fuori dai classici canoni estetici.
Il suo naso strano è stato, a sua detta, il segreto del suo successo.
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bibliotecasanvalentino · 8 months ago
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#bibliotecasanvalentino
Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica Valentina Pace
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: Milieu Edizioni
Buona lettura a tutti!
SUL FONDO DEL BLACK’S CREEK di Sam Millar
In una torrida e sonnolenta giornata d’estate sulle rive del Jackson’s Lake, il quattordicenne Tommy e i suoi amici Brent e Charlie, detto Ferro per la sua fortuna sfacciata, fanno il bagno nudi nel lago, bevono Coca ghiacciata, leggono fumetti della Marvel e, d’improvviso, assistono impotenti al suicidio di Joey Maxwell, un ragazzino di poco più giovane che sceglie di lasciarsi morire nel lago a poca distanza da loro.
La piccola cittadina di Black’s Creek, a nord dello stato di New York, dove i ragazzi vivono da sempre con le loro famiglie, viene scossa da questo tragico evento e in molti pensano di sapere cosa, o meglio chi, abbia spinto il piccolo Joey a togliersi la vita. In città, infatti, gira un losco figuro che lavora come custode part time al cinema Strand e si dice in giro che vada molestando i ragazzini. Jeremiah, il papà del giovane Maxwell con il quale è meglio non scherzare perché “Lui non perdona e non dimentica…”, chiede a gran voce che venga fatta giustizia. Lo sceriffo Henderson, padre di Tommy, si sente sotto pressione ma non ha abbastanza prove per procedere all'arresto del presunto colpevole. La situazione degenera quando a Black’s Creek vengono commessi due omicidi.
Sul fondo del Black’s Creek è un noir coinvolgente, dal ritmo tesissimo e dal linguaggio crudo, che cattura l’attenzione del lettore fin dalle prime pagine, ma è anche un racconto di formazione che descrive la perdita dell’innocenza di un ragazzino e dei suoi amici che si trovano ad affrontare un nemico feroce, malvagio e subdolo e che, pur di sconfiggerlo, sono pronti a commettere atti irreversibili.
COSA MI È PIACIUTO
All'interno del romanzo l’amicizia appare come un elemento fondamentale, ma anche estremamente fragile. Il primo amore è vissuto come un’esperienza memorabile, ma che genera confusione e dolore. Con grande intensità Sam Millar ci descrive il rapporto speciale che Tommy ha con suo padre, lo sceriffo Henderson, un uomo coraggioso, retto, sensibile, che ha una profonda fede nella giustizia: “…È per questo che abbiamo la legge, Tommy. Se consentissimo alle persone di farsi giustizia da sole, avremmo anarchia e linciaggi. Lo capisci questo, vero?”. In alcuni punti del libro l’autore stempera la tensione con situazioni e dialoghi ricchi di umorismo, ad esempio quando Tommy si caccia nei guai, oppure quando viene rimproverato ripetutamente da sua madre, una sorta di generale in gonnella, per le amicizie che frequenta, i continui ritardi e la sua disobbedienza. Del resto, la signora Henderson fa bene a stare in apprensione per quel suo figlio irrequieto. Black’s Creek è un paesino all’apparenza tranquillo, ma quando arriva il buio il pericolo è in agguato; dopotutto, come dice Ferro a Tommy “La notte e le tenebre appartengono ai mostri. Non ai supereroi”.
COSA NON MI È PIACIUTO
Come sempre quando un libro mi appassiona, mi trovo in difficoltà a evidenziarne gli aspetti negativi. Sinceramente, in questo caso, non ne ho trovato nessuno.
L’AUTORE
Sam Millar è uno scrittore e sceneggiatore nato a Belfast e, dopo la lunga militanza nell’IRA, è diventato uno degli scrittori di crime e thriller irlandesi più famosi. I suoi libri sono tradotti con successo in tutto il mondo. Per Milieu ha pubblicato il memoir “On the Brinks. Memorie di un irriducibile irlandese” e “I cani di Belfast”.
LA CASA EDITRICE
Milieu edizioni nasce a Milano come progetto di ricerca sulla storia criminale e sociale del Novecento e, in un secondo momento, si sviluppa come proposta editoriale a partire dal maggio 2012. Nel nome stesso della casa editrice sta il senso di questo percorso, nel fascino verso una mala a suo modo romantica e nella ricerca dei meccanismi “ambientali”, il milieu appunto, che influiscono sulle scelte dei singoli.
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chez-mimich · 10 months ago
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PERFECT DAYS
“Sospendere il divenire è l’unico modo per rimanere eterni”. Lo scrisse Carmelo Bene, molti anni fa, in una intervista. Ecco, se volessimo partire da un punto fermo dell’ultimo ed attesissimo film di Wim Wenders, potremmo partire da questa affermazione del grande uomo di teatro italiano. Hirayama, il protagonista silente di “Perfect Days”, vive “in” e “di” una continua ripetizione degli atti quotidiani della sua umile vita: si sveglia, si rade, si lava, si veste, va al lavoro ascoltando cassette di classici rock, blues, soul (pulisce i bagni pubblici in diversi punti di Tokyo), pranza al parco con un panino e fotografa i rami degli alberi, prima di tornare a casa passa dai bagni pubblici per una doccia, poi esce a cena sempre presso lo stesso localino di ramen, (tranne la domenica); poi torna a casa e legge (Faulkner) prima di coricarsi sul futon dell’umilissima dimora. E al mattino dopo il ciclo ricomincia da capo. La ripetizione è la forza della storia di Wenders e “La ripetizione”, detto per inciso, è anche il titolo di un libro di Peter Handke che con Wenders ha più di una similitudine. Le increspature in questa vita assolutamente monotona, ma soddisfacente per Hirayama, sono pochissime, come il rapporto minimale con un collega un po’ svitato e approssimativo nel lavoro, l’incrocio di sguardi con una donna al parco anch’essa in pausa pranzo o le poche battute scambiate con la proprietaria di un altro locale dove Hirayama è solito cenare alla domenica sera e dove incontrerà il di lei ex-marito sofferente di una malattia incurabile. Anche la sporadica visita di una giovane nipote, non scuote la vita di Hirayama. Per essere perfette le sue giornate non necessitano di nulla: il lindore ritrovato di un water, la cura maniacale della pulizia di un lavabo, l’archiviazione delle fotografie scattate al parco, la quotidianità ripetuta e autosufficiente, fanno di ogni giorno un “Perfect Day”, quasi come quella della canzone di Lou Reed che scorre nella audiocassetta, ma con un surplus di solitudine che basta a sé stessa. Mi piace ricordare qui, una seconda similitudine col pensiero di Peter Handke, che ne “Il peso del mondo” scrive: “Prendere il calamaio, caricare la penna, in questo può risiedere la salvezza”. Di cosa è fatto il film di Wenders? È certamente un film calligrafico (del resto è o non è il Giappone l’impero dei segni, come lo definì Roland Barthes?) e la calligrafia è quella delle immagini che da sole raccontano l’esistenza e l’esistente, senza bisogno di molto altro. Il loro ritmo geometrico, come nelle sequenze (in un raffinatissimo b/n) dei sogni di Hirayama o come nella poesia dell’architettura della città o nelle trame delle superstrade di Tokyo che sembrano trasportare la linfa del vivere quotidiano. Tokyo è certamente co-protagonista del film, una città che ha sempre affascinato il regista dai tempi di “Tokyo-Ga” del 1985, che a sua volta era un omaggio a quel quotidiano di cui si alimentava il cinema del più grande regista giapponese di tutti i tempi, Yasujirō Ozu. Magnifico film che va a completare il mio personale trittico della vacanze natalizie insieme a “Foglie al vento” di Aki Kaurismäki e “La Chimera” di Alice Rohrwacher. Tre film difficili da dimenticare.
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maurosempre · 10 months ago
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Prontuario per il brindisi di Capodanno” di Erri De Luca:
Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale,
cucina, albergo, radio, fonderia,
in mare, su un aereo, in autostrada,
a chi scavalca questa notte senza un saluto,
bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta,
a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta,
a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando,
a chi non è invitato in nessun posto,
allo straniero che impara l’italiano,
a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango,
a chi si è alzato per cedere il posto,
a chi non si può alzare, a chi arrossisce,
a chi legge Dickens, a chi piange al cinema,
a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio,
a chi ha perduto tutto e ricomincia,
all’astemio che fa uno sforzo di condivisione,
a chi è nessuno per la persona amata,
a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe,
a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia,
a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo,
a chi restituisce da quello che ha avuto,
a chi non capisce le barzellette,
all’ultimo insulto che sia l’ultimo,
ai pareggi, alle ics della schedina,
a chi fa un passo avanti e così disfa la riga,
a chi vuol farlo e poi non ce la fa,
infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera
e tra questi non ha trovato il suo.
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