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I quattro giusti di Edgar Wallace: Giustizia oltre la legge. Recensione di Alessandria today
La prima avventura della leggendaria saga dei Quattro Giusti, tra suspense e mistero, contro i potenti corrotti
La prima avventura della leggendaria saga dei Quattro Giusti, tra suspense e mistero, contro i potenti corrotti Recensione “I quattro giusti” è il primo romanzo della celebre saga di Edgar Wallace, pubblicato per la prima volta nel 1905. Questo romanzo rappresenta un’opera pionieristica nel genere del thriller e del poliziesco anglosassone. Al centro della trama ci sono i Quattro Giusti, un���
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A Mario mancano tre anni alla pensione, da 35 è impiegato nella grande distribuzione, in un supermercato Pam di Corso Svizzera a Torino.
A un certo punto la vita comincia a precipitare: il mutuo di casa schizza alle stelle, sua moglie si ammala. Mario stringe i denti, dà fondo ai risparmi. Ma con questi lavori mica metti in banca milioni e i risparmi finiscono presto.
Un giorno perde la testa, sono parole sue, e ruba sei uova e una scamorza affumicata dagli scaffali del supermercato, gli stessi che aveva riempito e su cui aveva vigilato per tanti anni. Lo beccano subito perché lui non è un ladro di professione, è solo un uomo disperato e affamato. Appena viene sorpreso con la scamorza nel sacco, ammette tutto e chiede scusa: “Ho sbagliato, ma vivo una situazione privata ed economica al limite del sostenibile. Non è una giustificazione, solo una spiegazione”.
All’azienda le scuse e la mortificazione non bastano. Il licenziamento in tronco arriva per raccomandata: “Appare particolarmente grave che lei abbia deliberatamente prelevato dagli scaffali di vendita alcune referenze per un valore complessivo di 7,05 euro e sia poi uscito dal negozio senza provvedere al pagamento delle stesse. Le scuse da lei fornite non possono giustificare in alcun modo l’addebito contestato. Considerati violati gli obblighi generali di correttezza, diligenza e buona fede, ritenuto venuto meno l’elemento fiduciario, avendo abusato della sua posizione all’interno dell’organizzazione a proprio indebito vantaggio e a danno della società, le comunichiamo la risoluzione del rapporto di lavoro per giusta causa”.
I sindacati, giudicando la misura del licenziamento sproporzionata, hanno fatto ricorso.
Anche Jean Valjean, il protagonista dei Miserabili, ruba un mezzo pane e per tutta la vita viene inseguito da Javert, il poliziotto che diventerà il simbolo universale della giustizia ottusa e, appunto, sproporzionata.
Ma questi sono gli aggettivi della burocrazia e dei tribunali, abbiamo bisogno di altre parole per capire un sistema disumano, che si basa su uno schiavismo legalizzato che (anche) nella grande distribuzione trova terreno fertile.
Questo sistema feroce – in cui si sono polverizzate le reti sociali (in un alimentari a gestione familiare la vicenda di Mario sarebbe andata a finire nello stesso modo?) e milioni di individui sono esposti alle intemperie del mercato – è pensato a discapito della maggioranza e a vantaggio dei pochi che si spartiscono le ricchezze del mondo, con l’avallo dei governi.
Il nostro, nonostante una situazione di crescente, paurosa povertà, ha abolito il Reddito di cittadinanza anche grazie a un’indegna campagna di stampa portata avanti dai principali giornali italiani per conto di lorsignori.
In un bel libro appena uscito per Einaudi, Antologia degli sconfitti, Niccolò Zancan mette in fila le storie dei nuovi Valjean: nella discesa agli inferi dell’emarginazione gli apre la porta Egle, un’anziana signora che fruga nell’immondizia del mercato di Porta Palazzo, in cerca di verdura per fare il minestrone. Ma nella vita di prima c’erano state una casa, una famiglia, le vacanze a Loano sulla 500. Poi si è ritrovata a vivere con la pensione di reversibilità del marito e la dignità perduta in un cassonetto della spazzatura.
In questo atlante della disperazione c’è tutto il catalogo degli emarginati: un padre separato, un senzacasa che dorme in auto, un cassintegrato, prostitute, migranti, rider. E un ladro di mance che viene licenziato come Mario. L’aiuto cuoco gli dice: “Da te non me lo sarei mai aspettato”. E lui gli risponde, umiliato, “nemmeno io”.
Invece è tutto prevedibile e ha un nome semplice: si chiama povertà. Dei poveri però non frega niente a nessuno, incredibilmente nemmeno dei lavoratori poveri: sono solo numeri nelle statistiche dell’Istat.
Finché non rubano sei uova e una scamorza.
(Silvia Truzzi, FQ 29 febbraio 2024) da Tranchida.
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Il segretario della CGIL di Roma ha scritto al Prefetto per richiedere un intervento contro il pugile e youtuber Simone Cicalone e i suoi "fenomeni di giustizia privata".
Viene il dubbio che ormai gli unici lavoratori che i sindacalisti della CGIL difendono siano i professionisti della delinquenza.
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UNA TRISTE STORIA, MA MERITEVOLE DI ESSERE CONOSCIUTA.
Camille Claudel (1864 - 1943) fu la musa e l’amante dello scultore e pittore francese Auguste Rodin (1840 - 1917), ma anche una scultrice straordinaria, rinchiusa in manicomio in quanto donna libera.
Fin da bambina manifesta un precoce talento per la scultura. All’epoca le donne non erano ammesse all'accademia di belle arti, ma per Camille viene fatta un’eccezione. Fu così che conobbe Auguste Rodin, celebre scultore affermato nei circoli artistici Parigini, divenendone prima l’allieva e infine l’amante. Quella con Rodin sarà una relazione travolgente ma anche tormentata dai pregiudizi della società e dal rifiuto della famiglia di Camille che disapprovava la sua relazione con Rodin.
Molti lavori di Rodin furono realizzati a quattro mani con Camille, ma mentre Rodin riceveva gli onori, Camille viveva all'ombra, accettando di condividerlo con un’altra donna, dalla quale aveva avuto un figlio. Alla fine Camille interrompe la sua relazione con lo scultore, fu allora che la madre di Camille, che aveva vergogna del comportamento della figlia, decise di farla rinchiudere in manicomio.
Non ne uscirà mai più: inutili i tentativi di far capire che non è pazza, questa donna brillante e geniale resterà segregate per oltre trent’anni in una misera stanzetta. “Mi si rimprovera di aver vissuto da sola, di avere dei gatti in casa, di soffrire di manie di persecuzione! È sulla base di queste accuse che sono incarcerata come una criminale, privata della libertà, del cibo, del fuoco. Da cosa deriva tanta ferocia umana?”
Alla fine, dimenticata da tutti, si spegne nel 1943, dopo trent’anni di prigionia. Il suo corpo viene seppellito in una fossa comune, senza che nessun membro della sua famiglia presenzi al suo funerale. Oggi finalmente le è stata resa giustizia e le sue opere vengono esposte accanto a quelle di Rodin. ❤️
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Atterra domenica prossima in Italia (...)Javier Milei(...), a Roma per assistere alla canonizzazione di “Mama Antula” (...), dove incontrerà il suo connazionale Papa Francesco (...), poi diversi protagonisti delle istituzioni, tra cui il Premier Giorgia Meloni.
Alle prese in patria con (...) resistenze figlie del fallimentare status quo argentino, e presentato in Italia come personaggio caricaturale, Milei è invece un caso interessante (...), visto che propone riforme reaganian-tatcheriane a latitudini sconquassate da livelli di assistenzialismo stellari (come le nostre, ndr).
(...) Lodato dal Fondo Monetario Internazionale per l’encomiabile piano di riforme che puntano alla difficile stabilizzazione del paese, tanto da avergli staccato la cedola di un finanziamento di 4,7 miliardi di dollari, Milei propone linguaggio assai diretto verso i cittadini, quasi virulento ma di verità (“No hay plata”, non ci sono soldi) e idee liberiste che in Italia fanno storcere il naso.
E si permette di dire che sì, è licenziabile anche un dipendente pubblico (...), che il perimetro dello Stato spendaccione va ristretto a favore dell’iniziativa privata, e che la spesa pubblica va tagliata con la motosega.
A prescindere da come andrà (lui dice di lavorare per la prospettiva dei prossimi 35 anni), la speranza è che una simile mentalità possa contagiare il centrodestra italiano che invece fatica pure lui a mollare il suo approccio statalista.
E perché no, cominci a pensare di tagliare la spesa pubblica eccessiva che ci fa costare troppo lo Stato e pagare troppe tasse, vendere immobili pubblici per ridurre il debito pubblico, riformare la pubblica istruzione (...), la pubblica amministrazione (...), la giustizia politicizzata che sbaglia tre volte al giorno, ogni giorno, iniziare a ridurre il peso di partecipate e municipalizzate, rivedere le concessioni dinastiche su demanio e trasporto, inaugurare una serissima lotta alla burocrazia. (...)
E chissà che lo ascolti senza pregiudizio anche l’opposizione, impegnata a fare proposte di legge costituzionali lunari come quella di rinominare la “Camera dei Deputati’ in “Camera delle Deputate e dei Deputati”. Quando si dice, le priorità. Afuera…!
Tocca cercarle col lanternino qui da noi e pescarle su Il Riformista, 'ste analisi oggettive, via https://www.ilriformista.it/javier-milei-arriva-in-italia-speranza-contagi-qualcuno-afuera-liberale-407258/
Del resto che te lo dico affà? Verrà, passerà ma laggente docilmente si concentrerà dove li portano col guinzaglio, cioè su veriprobblemi hahahah, quelli che gli evidenzia l'informazzione libbera - non tv e giornali ma I SOCIAL, territorio de-neuronalizzato tutto sentimient' dove guida la quantità mirata, un tempo bot ora AI based senza la I.
Così sedicenti destri senza memoria (quella ce l'hanno nei giga degli smartphone) si caricano tra loro e diventano docili strumenti per deviare le indignazioni dal VERO NEMICO STATAL CLIENTELARE, esattamente come a sinistra li fan diventare Askatasuna Extinction Rebellion - notare: tutti putainisti, antisemiti, antikapitalisti non allineati ma lo Stato non si tocca né si nomina.
«Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza neuroni in gran tempesta, donna e di provincie e di bordello!» (manometto pure Purgatorio, canto VI, vv. 76-78).
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Dalla mela alla pesca
La guerra per la Striscia di Gaza ci aveva un po’ distratti da quella, ben più decisiva per le sorti dell’umanità, per Striscia la Notizia. Ora che è chiusa con un blitzkrieg (il post della Meloni che molla Giambruno), possiamo trarne alcune provvisorie conclusioni. Non sugli aspetti privati della Guerra dei Melones. Ma su quelli pubblici, politici.
1. Chi di famiglia tradizionale ferisce di famiglia tradizionale perisce. Nessuno può dare lezioni di vita privata a nessuno. Ma qui crolla l’arrogante e ipocrita propaganda delle tre destre sulla famiglia tradizionale, dai Family Day alle intrusioni anche normative nei rapporti affettivi, dalla difesa di Vannacci e della sua “normalità” all’uso politico-elettorale dello spot della pesca. E viene smascherato il servilismo della stampa di destra (e non solo) che da 30 anni prende sul serio questi maestri di famiglia tradizionale capitanati prima dal puttaniere B. (che, va detto, faceva tutto in onda, non fuori), poi dal plurimaritato e plurifidanzato Salvini, infine dai Melones. Chissà che ora i sepolcri imbiancati non si decidano a vivere come pare a loro e a lasciarci vivere come pare a noi.
2. Chi di conflitto d’interessi ferisce di conflitto d’interessi perisce. Il post scriptum della Meloni contro “tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa”, fa il paio col “non sono ricattabile” a B. durante le trattative sulla Giustizia, ed è indirizzato anche a Mediaset. Che è stata fondamentale per la crescita vertiginosa del brand Meloni e che, morto B., continua a detenere la cassa e dunque le chiavi di Forza Italia. Noi sappiamo che ciò che fa Antonio Ricci lo decide solo lui: Striscia è l’unica repubblica separata nel Regno del Biscione (a parte il fatto di non attaccare la proprietà). Ma, finché non verrà risolto quel conflitto d’interessi e spezzato quel mostruoso trust finanziario-editoriale, tutto ciò che accade fra Mediaset e il governo sarà letto in chiave politica. Così come la resistibile ascesa di Giambruno in parallelo a quella della fidanzata e la sua repentina discesa agli inferi in sincronia con la separazione da lei. Ora forse la premier capirà l’errore di aver giustificato il conflitto d’interessi del suo ex (e pure il proprio), difeso i suoi deliri e attaccato i pochi giornali critici tirando in ballo la libertà di stampa,che è l’opposto.
3. Chi di Veronica ferisce di Veronica perisce. Quando la Lario piantò B. perché andava a minorenni, la destra politico-mediatica si schierò con lui e lapidò lei come “velina ingrata”. Ora che Giorgia pianta Andrea, sono tutti con lei. E non perché ha ragione lei (come l’aveva Veronica), ma perché comanda lei. La destra italiana è passata dal Banana ai Meloni, ma resta sempre una barzelletta: prima quella vecchia della mela, ora quella nuova della pesca.
Marco Travaglio
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Dal capitalismo moderno, come da una sorgente avvelenata, sgorga quella corrente di detestabile internazionalismo, grazie alla quale i Warburg, i Rothschild e i Morgan dominano gli affari non solo in America, ma anche nelle Banche Centrali d'Europa. È un internazionalismo che non si preoccupa della rettitudine della giustizia sociale o della sana filosofia, ma è disposto, per la protezione della sua proprietà privata, a diventare compagno di letto della prostituta dei secoli.
-Father Coughlin
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Perché stiamo morendo come Europei?
Perché nell’essenza stessa della ragione agiscono forze disgregatrici, distruttive, negative, cosicché ad un certo punto l'uso della ragione, che pure aveva portato allo sviluppo, evapora in un formalismo senza nerbo e sostanza. Ciò si verifica quando una civiltà, che ha conosciuto la piena maturità, si isterilisce in sofisticate astruserie, pervertendo la sapienza nell’inutile e vano esercizio di solitari dotti (i radical chic di oggi),dove tutto è permesso,tutto è interpretativo, dove nulla è più certo, quando, perduta la memoria del passato, le energie vive che si collegano all’infanzia dello spirito, si esauriscono.
Seguono poi il declino delle virtù pubbliche, l’aspirazione generale al denaro e al potere, il disprezzo delle leggi, (prendete ad esempio uno Sgarbi) l’assolutizzazione della vita privata con la conseguente spoliticizzazione delle masse e, infine, la dissolutezza morale con la corruzione generalizzata dei costumi. Prevalendo la presunzione di progettare la storia a misura puramente umana, s’inverte allora il corso che indirizza alla verità, alla giustizia, al rispetto della sacralità della vita e il bene comune viene sostituito dal capriccio individuale.
#europe #endofeurope #liberopensiero #familyaffair #blood #familia #robertonicolettiballatibonaffini #2024 #ww3
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Riflessione breve: Tra il 3 e il 4 febbraio in Ohio si è verificato il deragliamento di un treno carico di sostanze chimiche. I rilevamenti governativi rilevano contaminazioni sotto i livelli di guardia; quelli indipendenti (di università USA) valori superiori. In rete potete trovare il video inquietante del Senatore Vance (link nei commenti). Sono morti oltre 40.000 animali. Suolo e falde acquifere sono contaminate. Gli effetti sulla salute dei residenti saranno visibili tra anni, forse generazioni. Il governo cinese l'ha definita "Chernobyl USA" (non credo ci faranno una serie tv, loro). L'overdose da oppioidi uccide oltre 50.000 statunitensi all'anno. Studi del 2006 indicano che negli USA il 12% dei ragazzi ha utilizzato almeno una volta farmaci non a scopo medico. Tra i 12 e i 25 anni il 35% degli intervistati ha detto di aver utilizzato un farmaco psicoattivo, il 31% di farlo in modo improprio. Il debito pubblico è al 129% del PIL (un mostro). Il 39% delle famiglie possiede un'arma da fuoco; all'interno dei confini ci sono più armi da fuoco che cittadini. Il 13,4% dei cittadini è obeso, il 9% è gravemente obeso (con ciò che ne deriva in salute e giustizia sociale in un paese a sanità privata). Delle ultime 5 elezioni, 2 sono state contestate (una con assalto a Capitol Hill). L'attuale presidente e lo sfidante alle ultime elezioni sono indagati da un procuratore speciale. ... Ma state tranquilli, La Repubblica e La7 sono tre anni che dicono che Putin sta per morire di cancro ed "è sempre più solo"!
Gabriele Germani, Facebook
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO QUARTO - di Gianpiero Menniti
IL FIORE DEL CAOS
Generalmente, l'immagine del caos solleva l'idea del suo contrario: ordine, chiarezza, verità. L'etimo fa giustizia: dal latino chaos che salva il greco χάος, da χαίνω traducibile con "essere aperto, spalancato". Indica un'apertura, una possibilità. No. Infinite possibilità. E infinite soglie di accesso. L'ordine è de-finito. Il disordine è in-finito. La realtà è finita, contingente e necessaria, rappresentabile. Il "reale" non possiede questi caratteri: in esso, nulla appare necessario e nemmeno accidentale. Materia che "precede" e "succede". Materia senza tempo. Materia senza luogo. Quale possibile "rap-presentazione"? Impossibile. Solo "presentazione". In astratto. Forse, è questa l'unica evenienza. Eppure, esiste una traccia del caos. Un sentiero. Un passaggio. Il pensiero. Quando la mente, liberata dalle catene dell'esserci, vaga in una disperata ricerca. Possiede la parola e le immagini. Ma la sintassi scivola. E il segno visivo si contamina. Allora, la forma dell'arte è confusa nell'inconscio. Non è riducibile al significato simbolico: l'Es è inarticolabile e l'Io non può giacere in quel mondo. Dunque, è formazione oltre la coscienza. Appare come nuova presenza. Tra infinite presenze. Si lascia cogliere. Come un fiore. Al quale, nulla si chiede.
Salvador Dalì (1904 - 1989): "Gala mentre contempla il Mar Mediterraneo che a diciotto metri diventa il ritratto di Abraham Lincoln", 1976, Dalí Theatre and Museum, Figueres, Spagna
In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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Nessuno ti conosce come me -Geto Suguru
!TW! Character Death, Description of Anxiety and Violence.
A quell’ora tarda la sala-caffè era silenziosa, privata delle chiacchiere scambiate fra colleghi e dal borbottio incessante della vecchia macchina per il caffè.
Tacendo ascoltava il ronzio costante dei neon accesi nell’ufficio accanto che di tanto in tanto veniva interrotto dal trillo cristallino della bottiglia di sakè contro le due tazzine di vetro scuro, un paio di sospiri e un tonfo secco sul legno appresso all’altro.
Erano rimasti per gli straordinari, indifferenti a dover fare le ore piccole, c’erano solo loro due seduti al tavolo rotondo che si trovava immediatamente a destra varcato l’ingresso della sala, non troppo lontano dalla credenza ad angolo dalla quale si erano procurati il liquore.
Una delle quattro pareti, quella a loro dinanzi, era intagliata da una larga finestra che dava unicamente vista verso la città buia: lontane e calde brillavano le vetrate degli altri palazzi, invece al posto della luna un alto lampione verde filtrava a bande all’interno della caserma. Riuscivano a vedere nella penombra della sala grazie a questo e alla luce che superava la soglia della stanza adiacente, dove avevano lavorato poco prima.
Avevano scambiato a malapena due parole, sostituito la loquacità di cortesia con shot di sakè. Questa volta era il suo turno di riempire i bicchieri e Geto lo lasciò fare perdendosi a fissare la luce che danzava oziosamente sulla superficie del liquore versato.
«Potremmo anche dirlo, no?» borbottò posando la bottiglia e circondando la propria tazzina con le dita della mano sinistra, sollevò lo sguardo ed incontrò quello incuriosito del corvino; «Sappiamo tutti che è stato 🀰🀰🀰 ad uccidere 🀰🀰» disse con ovvietà prima di mandare giù qualche sorso.
«Sono stato io ad ucciderlo» replicò infastidito dai suoi modi saccenti, l’orgoglio gli stampò un leggero ghigno sulle labbra alla reazione sconvolta del collega; «Non 🀰🀰🀰» ribadì per fugare ogni dubbio.
Geto assaporò quegli attimi come il più spietato dei predatori.
Sinistramente vi trovava qualcosa di affascinante in quelle iridi dilatate dalla paura, nel terrore che scatenava quell’animalesco istinto di sopravvivenza di cui gli uomini pavoneggiano stupidamente la dimenticanza.
Il battito cardiaco accelera, i muscoli si irrigidiscono, la sudorazione aumenta per avvisare con il proprio acre odore i simili nei paraggi… sfortunatamente per lui erano soli.
«Perchè?» domandò posando il bicchiere sul tavolo così da celare il tremore nervoso delle dita.
Il corvino sospirò scettico sull’importanza di una sua risposta; «Per tutta la merda che ci ha fatto passare» accontentò ugualmente l’esigenza umana di voler capire anche quando non ce n’è davvero alcun bisogno.
«Ora va meglio?» vanificò le promesse della vendetta e Geto non si interessò minimamente se le sue intenzioni fossero dettate dalla pura curiosità o se invece lo avrebbero portato a presentarsi come paladino della giustizia.
«No, ma mi sono divertito» ammise freddamente sorridendo, «Sono sempre stato consapevole che uccidendo 🀰🀰 le cose non sarebbero potute cambiare così come ero pienamente cosciente del mio desiderio di vederlo morto» spiegò scolando tutto d’un fiato il sakè rimanente; «Ho solo fatto ciò che potevo realizzare fra le due constatazioni, capisci?»
Rimase in silenzio incapace della qualunque, a fatica gli pareva pure di respirare: l’aria si era fatta pesante e stantia aleggiava, ricordando il tanfo di morte. Forse era l’impressione di vedere il sangue tingere di vermiglio le mani del corvino oppure…
Percepì lo stomaco cedergli, una sensazione di vuoto lo colpì bruscamente quando realizzò di aver lasciato la pistola all’interno del cassetto della scrivania in ufficio.
Simile ad una preda costretta all’angolo, immaginò se stesso correre fuori di lì, disperato lanciarsi sulla scrivania e maledire l’obbligo di sette caratteri come codice di sicurezza mentre impacciato dal panico armeggiava contro i tasti-
CODICE ERRATO
riprova più in fretta,
CODICE ERRATO
riprova, dai andiamo, forza, sbrigati!
CODICE ERR–
-la volata contro la nuca sudata.
Essere freddato alle spalle come il vile degli esseri.
«Perché me lo hai confessato?» forzò la lingua asciutta a staccarsi dal palato per pronunciare quelle parole, la gola secca gli complicò maggiormente la respirazione.
Geto inclinò appena il capo sulla sinistra e sorrise cortese.
Gli mostrò quello stesso sorriso che mostrava a tutti quotidianamente, quello così ampio da strizzare i suoi occhi scuri a mandorla affilandoli ancora di più... ma questa volta non allungò la mano verso la bottiglia per servire un altro shot di sakè.
«Potremmo anche dirlo, no?»
🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰
🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰
Tre giri di chiave e poi abbassò la maniglia.
Fu sorpreso nel ritrovare l’albino seduto alla scrivania, indaffarato dalle verifiche di fine trimestre. Si spogliò del cappotto nero e lasciò le scarpe ordinate nel genkan, silenzioso indossò le ciabatte e camminò verso di lui.
La piccola abat-jour faceva brillare d’argento le sue lunghe ciglia, che sfioravano i vetri degli occhiali rettangolari, accarezzava dolcemente il suo profilo rendendo teneri i segni lasciati dalla stanchezza accumulata nell’arco della giornata.
Anche Geto era esausto e dalla stessa mattina in cui aveva lasciato casa, non aveva fatto altro che sperare di ritornarci il prima possibile.
«Satoru, che ci fai ancora in piedi?» gli baciò il capo, mentre con una mano gli coccolò amorevolmente la schiena. Sorrise nel sentirlo abbandonarsi al tocco, rilassare le spalle tese curve in avanti, abbandonare la penna fra le dita e sollevare il viso fino a sfiorargli il naso con il suo.
«Erano rimasti pochi compiti da correggere e volevo finirli per sbarazzarmene al più presto» mugolò assonnato, ma ricambiò la sincera piega sulle labbra.
«Mh, non dovresti sforzare così i tuoi bei occhietti» lo riprese giocosamente, suscitando una sua piccola risata.
Per Gojo n’era valsa la pena dato ch’era riuscito ad accoglierlo tornare dal lavoro. Lo lasciò sfilargli gli occhiali e avvolgerlo in un abbraccio per sollevarlo da quella sedia, che era oramai diventata scomoda sotto il suo sedere. Avvolse le lunghe gambe attorno al suo bacino e sentì cliccare l’interruttore dell’abat-jour ma vedeva già nero perché le palpebre si era chiuse da sole, non appena si era ritrovato avvolto dal suo calore.
Non ebbe alcun timore nel sapere che il corvino si stava muovendo nella totale oscurità dell’appartamento per raggiungere la camera da letto, si fidava del fatto che mai avrebbe permesso che toccasse suolo e poi adorava la sua forza: nonostante la differenza di altezza, Geto non faceva alcuna fatica a prenderlo in braccio e trasportarlo con sé e gli piaceva tanto quella premura che sapeva di quell’infanzia che avrebbe voluto avere ma che non aveva mai avuto… fra le sue braccia, appeso al torace dell’altro, come un koala su di un albero, si sentiva incredibilmente vulnerabile ma al sicuro, protetto e amato.
«Nooooo» piagnucolò rifiutandosi di lasciarlo andare, non appena la sua schiena toccò il materasso.
«Torno subito, dammi solo due minuti per cambiarmi, ‘Toru» gli baciò la guancia e delicatamente lo convinse a slegare gli arti di dosso.
«Sbrigati Suguru, vedi che conto eh!» lo minacciò mettendo il broncio.
Il sonno sfidò la piccola promessa, eppure il corvino riuscì ad affiancarlo prima che si addormentasse davvero e cancellò immediatamente la sua infantile smorfia con un’amorevole Buona notte sussurrato a fior di labbra.
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Santificazione e beatificazione Italianstan 2023
In premessa, ribadisco, per le/i dure/duri d'orecchie, che, distinguo il lato umano, da quello politico. Quindi, pur porgendo le dovute condoglianze ai familiari, per la dipartita, non taccio sul piano politico, sullo e dello spettacolo della messa in scena, dell''oscenita' del potere.
Sono due le ipotesi etimologiche, del lemma oscenità: ob scaevare= sinistro, di cattivo augurio, oppure ob=a cagione, coenum=melma/greco koinòn=immondo; primo significato=brutto deforme, immondo, sozzo e, per traslazione, impudico, disonesto.
Potremmo aprire già una riflessione, su alcune risultanze che i linguisti danno al termine sopra accennato: di cattivo augurio, melma immondo, impudico, disonesto, ma, tralasciamo per brevità, giusto solo il tempo necessario per annotare, una particolare coincidenza, concomitanza, contemporaneità, contestualita', tra il lemma e il defunto.
Una celebrazione acritica, una santificazione ex post, che non rende "giustizia" (volutamente virgolettato, visto i trascorsi e i legittimi impedimenti), della caratura dell'uomo politico sul quale il mondo continua a ridere identificandolo con lo stereotipo dell'Italia più grottesca.
Una santificazione in salsa nord coreana, che segna il divario con il mondo reale, dove la beatificazione non viene compresa, posto che nella memoria collettiva e' ben viva la storia degli ultimi trent'anni del paese, trasformato in mera proprietà privata, con il bene placet dei costituzionalisti.
I media, particolarmente quelli allineati, o, embedded, hanno ormai oltrepassato la soglia del ridicolo, navigando nel buco nero dei dati e della miconoscenza, manipolando con ambiguità il diritto all'informazione, riportando solo ciò che dobbiamo sapere, utile alla formazione di una fittizia coscienza collettiva, minculpop docet.
La memoria, quella vera, si coltiva senza rimozioni di parte e convenienti, altrimenti è solo becera, meschina, infima propaganda
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Marco Rizzo: “L’Interrogazione del Presidente del gruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti, contro la chiusura forzata di Visione TV, accende finalmente i riflettori sul vero problema della libertà di espressione in questo Paese”.
“La piattaforma privata YouTube come sapete ha bloccato Visione Tv, con Francesco Toscano direttore, per una settimana. Una vera e propria censura alla libertà di espressione nel nostro Paese. La fondatezza della nostra critica è testimoniata da questa importante interrogazione del Presidente del gruppo di Fratelli d’Italia alla Camera On. Tommaso Foti e di altri deputati che chiedono il parere del Governo Italiano per questa incredibile situazione. Un’iniziativa di grande rilevanza, un atto concreto da parte di parlamentari che hanno opinioni diverse da noi, ma che individuano nell’enorme potere delle piattaforme social private estere il vero nodo da sciogliere in merito alla libertà di espressione”
A renderlo noto è il coordinatore nazionale di Democrazia Sovrana e Popolare Marco Rizzo.
“Si tratta-sostiene il leader di DSP- della prima iniziativa del principale partito della maggioranza di governo contro un evento così grave come l’ingiusta sospensione delle attività di un’emittente libera. L’interrogazione parlamentare è rivolta al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro delle Imprese e del Made in Italy e al Ministero della Giustizia. Tra i firmatari, oltre all’on. Foti, ci sono l’on. Manlio Messina (Fdi) , l’on. Alfredo Antoniozzi (Fdi), l’on. Augusta Montaruli (Fdi) , Elisabetta Gardini (Fdi) e Massimo Ruspandini (Fdi). Nel testo dell’interrogazione, continua Rizzo, “si definisce disarmante e stupefacente la motivazione addotta perchè si fonderebbe sul fatto di aver pubblicato una prima pagina del quotidiano “La Verità” regolarmente registrato in un tribunale italiano. Il provvedimento appare agli interroganti del tutto privo di fondamento alla luce dell’articolo 21 che sancisce la libertà di espressione. Per questo il canale Visione TV deve poter ritornare attivo”.
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Belva Lockwood
Gli uomini dicono sempre: ‘Vediamo cosa sai fare’. Se parliamo sempre e non lavoriamo mai non realizzeremo nulla. Dopotutto, l’uguaglianza di diritti e privilegi non è altro che semplice giustizia.
Belva Lockwood, avvocata, educatrice e attivista, è stata la prima donna a candidarsi per la presidenza degli Stati Uniti nel 1884.
Si è fatta largo in un’epoca in cui era convinzione che le studentesse distraessero i colleghi e la professione legale fosse appannaggio di soli uomini, in cui si riteneva che il cervello e il temperamento femminile non fossero adatti a lavori con responsabilità. Anni in cui affari e transazioni si facevano in circoli maschili dove le donne non avevano accesso.
Partita dal nulla, figlia di contadini, ha combattuto con determinazione per avere la possibilità di studiare. Ha subito critiche efferate e superato opposizioni di ogni sorta.
Ha fatto approvare una legge per l’uguaglianza di accesso all’avvocatura ed è stata la prima donna ammessa al foro della Corte Suprema.
Per tutta la vita è stata in prima linea nel sostenere i diritti umani, il suffragio universale, l’emancipazione femminile, i diritti e le pari opportunità delle persone nere e native.
Nata col nome di Belva Ann Bennett, a Royalton, New York, il 24 ottobre 1830, era figlia dell’agricoltore Lewis Johnson Bennett e Hannah Green.
A 18 anni ha sposato Uriah McNall, che dopo quattro anni è morto di tubercolosi.
Per assicurare un futuro migliore a lei e alla sua bambina, è riuscita, dopo un’ardua battaglia a iscriversi al Genesee College, dove si è laureata a pieni voti nel 1857.
Per diversi anni è stata insegnante e poi direttrice di diverse scuole femminili.
Influenzata dall’incontro con Susan B. Anthony, attivista per i diritti delle donne, ha adottato un sistema educativo che forniva una maggiore offerta di possibilità formative per le studenti, lavorando per uniformare la retribuzione.
Affascinata dal mondo della giurisprudenza, ha deciso di studiare legge e si è trasferita con la figlia a Washington, nel 1866, il centro del potere legislativo e governativo.
Nella capitale ha sposato Ezekiel Lockwood, un anziano veterano di guerra che ha sostenuto le sue scelte.
Ha aperto una scuola privata mista, che era una grande novità per quei tempi.
È stata ammessa dall’avvocatura dopo che diversi giudici le avevano detto di non avere fiducia in lei, solo perché donna.
Secondo la legge, il suo status di donna sposata la faceva considerare strettamente subordinata al marito, non poteva possedere o ereditare individualmente una proprietà, né aveva il diritto di stipulare contratti o mantenere i soldi guadagnati senza il permesso del marito.
Ma non si è mai arresa.
Ha dovuto superare l’ostilità dei colleghi maschi della National University Law School e fare ricorso per ottenere la laurea in giurisprudenza dalle mani del presidente Ulysses S. Grant, nel 1873.
Aveva aperto un piccolo studio legale nella sua casa prima ancora di essere ammessa all’ordine degli avvocati.
Attivista per l’emancipazione femminile, ha elaborato e esposto un disegno di legge per la parità di retribuzione e testimoniato davanti al Congresso a sostegno della legislazione per dare alle donne sposate e alle vedove una maggiore protezione legale.
Nel 1870 ha redatto un disegno di legge contro la discriminazione delle donne all’avvocatura, facendo pressioni sul Congresso fino a quando non è stato convertito in legge nel 1879. Questo ha permesso alle avvocate di esercitare in qualsiasi tribunale federale.
È stata la prima donna a prestare giuramento all’avvocatura della Corte Suprema degli Stati Uniti, il 3 marzo 1879 e l’anno successivo, la prima a sostenere un caso.
In seguito, ha supportato Samuel R. Lowery, contribuendo a rendendolo il primo avvocato nero a discutere un caso alla Corte Suprema.
Il suo studio legale attraeva una clientela multirazziale appartenente alla classe operaia. Ha operato nel Distretti di Columbia, Maryland e Virginia, senza temere le lunghe distanze.
Metà del suo lavoro riguardava azioni di divorzio, in cui rappresentava quasi sempre donne. Si è occupata anche di procedimenti ingiuntivi e suddivisione dei terreni. Ha elaborato un numero incalcolabile di atti di vendita e testamenti prima di passare ai reati penali, vincendo molte cause e facendosi apprezzare anche dai suoi detrattori.
Dopo la morte del marito Ezekiel, nel 1877, ha acquistato la casa in cui avevano vissuto, una grande proprietà, fortemente ipotecata, che ha utilizzato anche come pensione e ufficio. Un investimento che le è servito da garanzia per prestiti e accordi commerciali. Per anni ha ospitato minori di cui aveva la tutela legale.
Nel 1881, a 51 anni, incurante dell’opinione generale, ha inforcato una bicicletta per percorrere diverse miglia al giorno, spostandosi tra dipartimenti federali, Campidoglio e tribunali.
Nel 1884 è stata la prima donna a condurre una campagna a pieno titolo per la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti, per affermare il diritto al voto e alla partecipazione politica.
Non poteva votare, ma la Costituzione non impediva agli uomini di votare per lei. Ha delineato una piattaforma di 15 punti su un’ampia gamma di temi, tra cui affari esteri, tariffe, pari diritti politici, riforma del servizio civile, nomine giudiziarie, diritti delle persone native che ha spesso rappresentato, protezione delle terre pubbliche, pensioni e diritto di famiglia.
Aveva ottenuto meno di 5.000 voti (tutti maschili) ma non si è scoraggiata e quattro anni dopo si è ricandidata, soprattutto per sollevare agitazione sui diritti delle donne.
È stata anche docente universitaria e ha scritto saggi su suffragio femminile e uguaglianza legale.
Ha collaborato a riviste come Cosmopolitan, American Magazine of Civics, Harper’s Weekl e Lippincott’s e curato il giornale The Peacemaker.
È stata attiva nella National American Woman Suffrage Association e nell’Equal Rights Party e fatto parte della National Women’s Press Association.
Ha rappresentato la Universal Peace Union in congressi in giro per gli Stati Uniti e in Europa.
Nel 1912 ha affrontato e vinto il suo ultimo caso importante, rappresentando una donna che aveva minacciato di uccidere un famoso banchiere di Washington.
All’età di 83 anni ha guidato un gruppo di donne in un tour in Europa e continuato a marciare in sostegno del suffragio femminile e della pace internazionale. Ha continuato a parlare a favore della pace e del disarmo fino alla sua morte, avvenuta il 19 maggio 1917.
È sepolta nel Congressional Cemetery e, nel 1983, è stata inserita nella National Women’s Hall of Fame con la motivazione: “Usando la sua conoscenza della legge, ha lavorato per garantire il suffragio femminile, le riforme del diritto di proprietà, la parità di retribuzione lavorativa e la pace nel mondo. Fiorendo di pubblicità e partigianeria e incoraggiando altre donne a perseguire carriere legali, ha contribuito ad aprire la professione legale alle donne”.
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Come giacimenti Sud Americani creano carbonio sovrano
Il piano poco ortodosso del Suriname per finanziare la protezione delle sue foreste. Potrebbe ricevere assistenza da una recente scoperta di petrolio offshore. Quando all'inizio di quest'anno un giornalista della BBC ha chiesto al presidente della Guyana informazioni sulle esplorazioni petrolifere e sulle emissioni di carbonio associate al paese sudamericano, la discussione si è accesa. "Lasciatemi fermarvi qui", ha detto Mohamed Irfaan Ali. La copertura forestale della Guyana è grande quanto l'Inghilterra e la Scozia messe insieme, ha sottolineato. "Abbiamo mantenuto in vita questa foresta che immagazzina 19,5 gigatonnellate di carbonio, di cui godete, di cui gode il mondo, per cui non ci pagate". Il video è diventato virale, con molti commentatori progressisti che hanno applaudito la difesa sfacciata del leader delle nazioni a basso reddito che sfruttano gli idrocarburi per la crescita economica. Ha scatenato un dibattito sulla giustizia di fare pressione sui paesi in via di sviluppo affinché rinuncino ai profitti dei combustibili fossili per salvare il pianeta da una crisi causata principalmente dai paesi più ricchi. La Guyana sta andando avanti con i piani di trivellazione al largo della sua costa, dove un vasto giacimento di petrolio potrebbe rendere il paese uno degli ultimi petrostati al mondo. Ma la Guyana non è sola. Oggi ho esaminato uno sforzo del vicino Suriname per garantire il pagamento per la propria copertura forestale, con un potenziale aiuto dal petrolio offshore scoperto di recente. La finanza di transizione è una parte crescente dei prestiti bancari e una strategia sempre più utilizzata dai fondi di investimento multimiliardari. Tuttavia, c'è poco accordo su cosa dovrebbe comportare una strategia di finanza di transizione. Questo sarà il focus del nostro prossimo rapporto approfondito del Moral Money Forum, e vogliamo sentire le tue opinioni. Compila questo breve sondaggio per dire la tua. Come una scoperta di petrolio potrebbe aiutare il Suriname a iniziare a commerciare "carbonio sovrano" l Suriname, una nazione sulla costa settentrionale del Sud America con appena 600.000 persone, ha avuto un impatto limitato sui mercati globali da quando ha ottenuto l'indipendenza dai Paesi Bassi nel 1975. Ma ha fornito ai paesi più industrializzati un servizio prezioso gratuitamente. Brownsberg National Park in Suriname, the world’s most densely forested country Il Suriname è il paese più densamente boscoso del mondo e i funzionari hanno sostenuto per anni che dovrebbe essere pagato per la riduzione del carbonio fornita dalle sue foreste pluviali. Ora, ha in programma di attrarre più finanziamenti per la conservazione ambientale, con l'aiuto, tra tutte le cose, delle recenti scoperte di petrolio offshore. Il piano è ancora in fase di sviluppo. Ma i consulenti del governo hanno affermato di sperare che i nuovi requisiti del paese per gli esportatori di combustibili fossili possano aiutare a preservare la foresta pluviale del Suriname. Il programma potrebbe anche aiutare a dare il via a un mercato internazionale del carbonio, creato dall'accordo di Parigi del 2015, che ha lottato per guadagnare terreno. I dettagli Oggi, il Suriname ha annunciato la sua prima offerta di crediti di carbonio sovrani, insieme alla banca d'investimento BancTrust con sede a Londra e ITMO Ltd, una società privata che struttura e commercia in questi strumenti. Il piano si basa su un sistema di contabilità globale del carbonio creato nell'accordo di Parigi del 2015 delle Nazioni Unite. In base a tale sistema, i paesi possono commerciare unità sovrane di emissioni, chiamate risultati di mitigazione trasferiti a livello internazionale (ITMO), e conteggiarle per i loro obiettivi di riduzione del carbonio, i cosiddetti contributi determinati a livello nazionale (NDC). Con questa emissione iniziale, il Suriname offre 1,5 milioni di ITMO, ciascuno corrispondente a una tonnellata di anidride carbonica (o emissioni equivalenti di altri gas serra) ridotta oltre una traiettoria di business as usual. L'emissione di ITMO è retrospettiva: questa "annata" si riferisce alle emissioni ridotte nell'anno 2021. La riduzione è stata ottenuta principalmente attraverso migliori prestazioni nella lotta alla deforestazione e al degrado forestale.
Il Suriname e la Guyana sono tra le nazioni con le foreste più grandi. I sostenitori sperano che, se il mercato degli ITMO cresce, i paesi tratteranno i loro NDC come conti bancari e gli ITMO come denaro. Se un paese spende troppo nel suo budget di carbonio, può compensare acquistando ITMO. I paesi che conservano le loro foreste o riducono le emissioni prima del previsto possono vendere ITMO per recuperare parte del valore di quei risparmi di carbonio.. È una proposta per una sorta di programma globale di cap-and-trade, che potrebbe ridistribuire le risorse dalle nazioni più industrializzate a quelle meno industrializzate. Ma non esiste un "tetto" che imponga limiti di carbonio ai paesi inquinanti e la domanda volontaria di tali crediti rimane bassa. Il mercato degli scambi ITMO ha avuto un avvio lento, con circa 70 accordi bilaterali firmati a dicembre 2023, secondo i dati di S&P Global e delle Nazioni Unite. È qui che entra in gioco il petrolio del Suriname. Le scoperte di petrolio creano nuove opportunità Dal 2019, sono stati scoperti nove giacimenti in acque profonde al largo della costa del Suriname, secondo la società di consulenza energetica Wood Mackenzie, portando le risorse scoperte a oltre 2,4 miliardi di barili di petrolio e liquidi e oltre 12,5 trilioni di piedi cubi di gas. (A titolo di confronto, le cifre per gli Stati Uniti erano rispettivamente di 48,3 miliardi di barili e 691 trilioni di piedi cubi, alla fine del 2022.) Ciò rappresenta un'opportunità per dare una spinta alla domanda di crediti di carbonio sovrani del Suriname, secondo Kevin Conrad, direttore della Coalition for Rainforest Nations, un'organizzazione non-profit che fornisce consulenza all'ex colonia olandese. L'idea, ha affermato Conrad, era di richiedere a tutte le aziende che operano in Suriname di acquistare ITMO per compensare le emissioni nazionali. Ciò includerebbe importanti settori come l'oro, la bauxite e, soprattutto, dato il previsto boom in questo settore, petrolio e gas. Il ministro dell'ambiente del Suriname, Marciano Dasai, mi ha detto in un'intervista che il meccanismo era ancora in fase di sviluppo (una versione di tale piano potrebbe essere portata al voto del parlamento questo autunno, ha confermato) e che sarebbe essenziale che non scoraggiasse gli investimenti. "Non abbiamo molte aziende in Suriname", ha detto, e "dipendiamo da quelle poche aziende per il nostro reddito... Quindi dobbiamo guardare la cosa con molta attenzione, per continuare a dare loro incentivi a continuare a investire in Suriname". Tuttavia, ha detto, se solo le aziende locali versassero in un simile schema, "non sarebbe sufficiente per aiutarci... quindi dipendiamo da aziende esterne, aziende internazionali". Le prospettive restano poco chiare I critici sollevano una serie di preoccupazioni. Isa Mulder, dell'organizzazione non-profit Carbon Market Watch, mi ha detto che il programma ITMO "stabilisce così pochi requisiti per la partecipazione dei paesi che si ottengono queste unità che possono variare notevolmente in termini di effettiva integrità ambientale". Tralasciando le preoccupazioni sull'integrità, resta un problema ancora più fondamentale come generare domanda per un tale schema. Il piano attuale si basa sul rispetto da parte dei paesi dei loro NDC e sull'acquisto di ITMO per coprire l'inquinamento che non possono ridurre a livello nazionale. Ma in assenza di applicazione, ci sono poche ragioni per pensare che si offrirebbero volontari per compensare le emissioni su larga scala attraverso un tale schema. Inoltre, gli scettici hanno chiesto, perché sarebbe più economico, o più politicamente accettabile, per i paesi acquistare crediti di carbonio da un paese con foresta pluviale, piuttosto che tagliare le emissioni a casa? E se lo fosse, ciò suggerisce che l'ITMO è stato valutato a un prezzo troppo basso? "Alla fine, non esiste un modo realmente efficace per creare conformità", ha riconosciuto Ian Robinson, amministratore delegato di ITMO Ltd. Tuttavia, ha sostenuto, gli ITMO hanno maggiori probabilità di generare domanda rispetto ad altri tipi di crediti di carbonio, poiché sono verificati dall'ONU, basati su emissioni passate verificate piuttosto che su ipotetiche emissioni future e su scala sovrana, piuttosto che messi insieme da singoli progetti. Dasai, da parte sua, non sembrava convinto che i fondi per il clima che sono sfuggiti al Suriname si sarebbero ora materializzati. Ma spera che la recente manna del paese possa dargli un punto d'appoggio. "Stiamo seguendo questo meccanismo in cui possiamo ricevere finanziamenti per il clima tramite crediti di carbonio. OK, lo stiamo facendo, ma non funziona ancora", ha detto Dasai della recente esperienza del paese. "Ora abbiamo petrolio e gas". Read the full article
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Intervista impossibile a Rodolfo Siviero: terza parte
Prima parte Seconda parte
Rodolfo Siviero TRAFUGAMENTO DA PARTE DEI NAZISTI DEI NOSTRI TESORI MUSEALI. Come si organizzò per recuperare le opere d'arte? Ero riuscito a formare un gruppo di partigiani addestrandoli a seguire le tracce delle sparizioni dai musei e collezioni private insegnando loro la Storia dell'Arte italiana in modo che potessero riconoscerli a prima vista. Travestiti da Ufficiali Repubblichini, riuscirono ad evitare che gli invasori si impossessassero dei quadri del pittore Giorgio De Chirico. In accordo con la Soprintendenza riuscirono a salvare l'Annunciazione del Beato Angelico dal Monastero di San Giovanni Val d'Arno, sulla quale aveva posto gli occhi niente meno che Herman Goering, voleva portarla in Germania per salvarla, quando si sapeva che sarebbe finita nella sua collezione privata. Tutto quello da portare via veniva deciso dalla Wermacht, con la scusa di salvare le nostre opere dai bombardamenti degli alleati, invece quello che veniva razziato veniva trasportato in Germania o in altri luoghi segreti. Mi dica come faceva ad organizzarsi per giungere prima dei nazisti e portare in salvo quello che volevano portare via. Oltre ai partigiani da me addestrati partecipavo di persona specialmente nelle missioni più difficili. Nella mia abitazione raccoglievo tutte le informazioni utili provenienti da ogni parte, specialmente quando e dove si tenevano le aste pubbliche e private. Tutte queste notizie sono state da me archiviate e si trovano in questa casa. Nel mentre i nazisti svuotavano i magazzini dei musei dove venivano conservati dipinti, statue e altre opere. Intanto l'intelligence americana stava all'erta per sapere, e vi riuscivano, il trafugato, il tutto veniva girato a me. Quando lei venne liberato dalle grinfie della Banda Carità, riuscì a raggiungere gli americani?
Dopo varie vicissitudini, giunsi sul Monte Amiata, fui aiutato dai partigiani a raggiungere gli alleati a Roma ed entrare in contatto con i Monument Men. Rientrai a Firenze nell'agosto del 1944, con la città liberata dai nazifascisti, tornai in questa abitazione a riprendere la mia attività clandestina. Mi racconti dei trafugamenti più consistenti, e il loro recupero. La Divisione Herman Goering nell'ottobre del 1938, venne a conoscenza del trasporto dei capolavori dei musei napoletani all'Abbazia di Monte Cassino, per portarli in seguito nei Musei Vaticani dove sarebbero stati al sicuro. Riuscirono ad infiltrassi e ad organizzarne il trasporto. All'arrivo dei camion caricati a Napoli, ne mancavano due, gli alleati scoprono tramite i loro informatori che erano stati inviati in Germania. Io stesso partecipai al recupero del mal tolto. Venne mai osteggiato nella sua attività di recupero?
Ero riuscito a collaborare con il servizio d'informazione degli alleati presenti in Firenze, ricevendo da loro una tessera di riconoscimento, ma per essere stato in gioventù fascista ero visto con sospetto. Gli americani fecero su di me una investigazione segreta, per sapere se ancora condividevo le idee del fascismo. Come era visto dagli antifascisti italiani? Anche loro mi guardavano con sospetto. Per via del mio carattere scontroso ero inviso a molti. Il più accanito era Carlo Ludovico Ragghianti, mio avversario durante la lotta partigiana. Con insistenza andava chiedendo la chiusura dell'Ufficio Reuiperi aperto il primo di aprile 1946, di cui ero il Capo Ufficio. Mi parli dei suoi recuperi più clamorosi. Venni a conoscenza dei nascondigli in Alto Adige, luogo ritenuto ospitale e sicuro anche per la vicinanza alla Svizzera, dove i tedeschi avevano ammassato i tesori ai Musei degli Uffizi. Erano nascosti a Bolzano precisamente a San Leonardo e Campo Tures, nell'ex palazzo di giustizia del castello. La soffiata era stata fatta nientemeno da Karl Wolf Generale delle SS e proconsole in Italia del dittatore tedesco, con questa confessione trattava con gli americani per salvarsi. Queste opere erano state portate via da Firenze con la scusa di salvarle dai bombardamenti, erano li in attesa di essere trasportate in Germania, per finire nelle collezioni private di Hadolf Hitler e Herman Goering.
Alberto Chiarugi Read the full article
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