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I quattro giusti di Edgar Wallace: Giustizia oltre la legge. Recensione di Alessandria today
La prima avventura della leggendaria saga dei Quattro Giusti, tra suspense e mistero, contro i potenti corrotti
La prima avventura della leggendaria saga dei Quattro Giusti, tra suspense e mistero, contro i potenti corrotti Recensione “I quattro giusti” è il primo romanzo della celebre saga di Edgar Wallace, pubblicato per la prima volta nel 1905. Questo romanzo rappresenta un’opera pionieristica nel genere del thriller e del poliziesco anglosassone. Al centro della trama ci sono i Quattro Giusti, un…
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Un professore di Lettere e Filosofia del liceo Tasso, Giancarlo Burghi, ha scritto una lettera aperta al ministro dell’Istruzione Valditara che è un autentico manifesto PARTIGIANO di difesa altissima della cultura e della Costituzione.
È lunga, ma merita davvero di essere letta tutta, condivisa, applicata. Fino in fondo.
“Egregio ministro,
Le scrivo di nuovo dalla desolazione della “trincea”: quella in cui ogni giorno, con le studentesse e gli studenti, combattiamo l’eterna guerra contro la semplificazione e la superficialità. Oggi, però, le scrivo per ringraziarla delle Linee guida sull’insegnamento dell’educazione civica che ci ha inviato all’inizio dell’anno scolastico. Da oggi abbiamo un punto fermo nel nostro lavoro di docenti ed educatori: ci dirigeremo nella direzione esattamente opposta a quanto ci indica. L’educazione civica, secondo lei deve «incoraggiare lo spirito di imprenditorialità, nella consapevolezza dell’importanza della proprietà privata». In modo quasi ossessivo nel documento traccia l’idea di una sorta di “educazione alla proprietà ”.
Ma cosa dovremmo farci di questo slogan vuoto? Stiamo oltrepassando finanche il senso del ridicolo, andando oltre la teoria delle tre “i” di berlusconiana memoria (inglese, impresa, internet). Ai nostri studenti, signor Ministro, l’articolo 42 della Costituzione lo leggiamo e lo spieghiamo: «La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge […] allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere [..] espropriata per motivi di interesse generale". Dice proprio questo la Costituzione! Però non si ispira a Pol Pot ma alla dottrina sociale della Chiesa, al cristianesimo sociale di Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti. Nelle Linee guida Lei continua, poi, con l’affermazione di sapore thatcheriano, ma in realtà generica e vuota quanto la prima, per cui dovremmo insegnare che «la società è in funzione dell’individuo (e non viceversa)».
Vede Ministro, se le dovesse capitare di sfogliare la Costituzione italiana scoprirebbe che il termine “individuo” semplicemente non compare. (…) Mi consenta di farle notare che, se sfogliasse la Costituzione, scoprirebbe che il termine “patria” compare solo una volta (perché Mussolini lo aveva profanato e disonorato) e per di più non ha niente a che fare con “i sacri confini nazionali” da difendere o l’italianità quale identità da salvaguardare contro la minaccia della sostituzione etnica.
La patria è il patrimonio dei padri e delle madri costituenti, vale a dire le istituzioni democratiche non separabili dai valori costituzionali: l’eguaglianza, la libertà, la pace, la giustizia, il diritto di asilo per lo straniero «che non ha garantite le libertà democratiche».
I patrioti non sono quelli che impediscono lo sbarco dei migranti, ma coloro che ogni giorno testimoniano il rifiuto della discriminazione. Cosi come patrioti non erano i fascisti che hanno svenduto la patria a Hitler e l’hanno profanata costringendo milioni di italiani ad offendere altre patrie, ma i membri dei GAP (che non erano i “gruppi di azione proletaria” come ebbe a dire, per dileggio, Berlusconi), ma i “gruppi di azione patriottica (appunto), che operavano nella Brigate Garibaldi dei patrioti comunisti italiani, protagonisti della Resistenza quale secondo Risorgimento.
Ci consenta di formare i nostri studenti ispirandoci a chi di patria si intendeva: non a Julius Evola o Giorgio Almirante, ma a Giuseppe Mazzini che ha ripetuto per tutta la vita che la patria non è un suolo da difendere avidamente ma una «dimora di libertà e uguaglianza» aperta a tutti: «Non vi è patria dove l’eguaglianza dei diritti è violata dall’esistenza di caste, privilegi, ineguaglianze. In nome del vostro amore di patria, combattete senza tregua l’esistenza di ogni privilegio, di ogni diseguaglianza sul suolo che vi ha dato vita. (Dei doveri dell’uomo). Mazzini non contrapponeva la patria all’umanità, ma la considerava il mezzo più efficace per tutelare la dignità di ogni essere umano: «I primi vostri doveri, primi almeno per importanza, sono verso l’ Umanità. Siete uomini prima di essere cittadini o padri. […] In qualunque terra voi siate, dovunque un uomo combatte per il diritto, per il giusto, per il vero, ivi è un vostro fratello: dovunque un uomo soffre, tormentato dall’errore, dall’ingiustizia, dalla tirannide, ivi è un vostro fratello. Liberi e schiavi, siete tutti fratelli. (Dei doveri dell’uomo)
E ci consenta, da educatori democratici, di trascurare le sue Linee guida, per illuminare le coscienze dei giovani con le parole di don Milani: «Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri». Egregio Ministro, dal momento che la costruzione di una cittadinanza consapevole avviene anche attraverso l’esercizio della memoria storica e civile, Lei ci ha inviato a una circolare con cui ha bandito un concorso per le scuole con lo scopo di celebrare la «Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo». Il titolo del concorso: «1945: la guerra è finita!» Incredibile! Il 25 aprile 1945 che, prima dell’era Valditara, era semplicemente e banalmente la «liberazione dal nazifascismo» ora diventa un momento della «Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo».
Cosa dovrebbero ricordare le giovani generazioni nella sua bizzarra idea di memoria civile? Ecco il suo testo: «Il popolo che ha subito sulla propria pelle gli orrori di quel tremendo conflitto, dai bombardamenti degli alleati alle rappresaglie nazifasciste [equiparati !] fino agli ordigni bellici inesplosi che, nei decenni a venire, hanno continuato a produrre invalidità e mutilazioni». E tutto per andare «al di là della tradizionale lettura vincitori-vinti», opposizione che attentamente sostituisce quella di antifascisti/liberatori e fascisti. Si tratta dunque, secondo lei, di ricordare una guerra tra tante, quasi un ineluttabile evento naturale in cui tutti sono cattivi (i liberatori, gli aguzzini e i partigiani) e dunque tutti ugualmente assolti nel tribunale della neostoria. Del resto, Ministro, devo darle atto di una certa garbata compostezza sulla memoria del 25 aprile. La sua sottosegretaria (la nostra sottosegretaria all’Istruzione) Paola Frassinetti la Festa della Liberazione l’ha festeggiata al campo 10 del Cimitero maggiore di Milano per onorare i volontari italiani delle SS. È immortalata in un video in mezzo a un drappello di camerati che sfidano, tra insulti e minacce, alcuni manifestanti antifascisti. Frassinetti si lascia andare alla rabbia ed esclama “ma vai aff…”.
Sempre a proposito di Linee guida per l’educazione civica… Da sottosegretaria del suo Ministero Paola Frassinetti, il 28 ottobre del 2024, anniversario della marcia su Roma, ha celebrato il “fascismo immenso e rosso”. Capisce, signor Ministro, perché ci sentiamo soli nella trincea? E perché le ho detto che è “passato al nemico” (il nemico è la parzialità, la manipolazione, la contrapposizione faziosa). Ma noi siamo combattenti testardi. Non avendo capi politici da lusingare, la nostra coscienza e la Costituzione antifascista sono le nostre uniche e inderogabili “linee guida” da seguire nel formare cittadine e cittadini liberi e consapevoli. Egregio Ministro, spero che queste parole non mi costino quella decurtazione dello stipendio che ha inflitto a un mio collega per aver pronunciato delle parole che Lei non ha gradito. Sarebbe non solo grave ma anche di cattivo gusto anche perché di recente insieme ad altri ministri lei lo stipendio ha cercato di aumentarselo.”
P. S. Le sue Linee guida stanno conseguendo i primi risultati. Qualche giorno fa uno studente che aveva studiato la divisione dei poteri di Montesquieu ha osservato che se un ministro fa una manifestazione sotto un tribunale per difendere un altro ministro sotto processo viola la separazione dei poteri. Aggiungendo che un ministro non è un semplice cittadino ma un membro dell’esecutivo, cioè di un potere dello stato. Gli ho risposto che ha ragione e gli ho dato un ottimo voto in educazione civica.
Con cordialità, prof. Giancarlo Burghi.
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A Mario mancano tre anni alla pensione, da 35 è impiegato nella grande distribuzione, in un supermercato Pam di Corso Svizzera a Torino.
A un certo punto la vita comincia a precipitare: il mutuo di casa schizza alle stelle, sua moglie si ammala. Mario stringe i denti, dà fondo ai risparmi. Ma con questi lavori mica metti in banca milioni e i risparmi finiscono presto.
Un giorno perde la testa, sono parole sue, e ruba sei uova e una scamorza affumicata dagli scaffali del supermercato, gli stessi che aveva riempito e su cui aveva vigilato per tanti anni. Lo beccano subito perché lui non è un ladro di professione, è solo un uomo disperato e affamato. Appena viene sorpreso con la scamorza nel sacco, ammette tutto e chiede scusa: “Ho sbagliato, ma vivo una situazione privata ed economica al limite del sostenibile. Non è una giustificazione, solo una spiegazione”.
All’azienda le scuse e la mortificazione non bastano. Il licenziamento in tronco arriva per raccomandata: “Appare particolarmente grave che lei abbia deliberatamente prelevato dagli scaffali di vendita alcune referenze per un valore complessivo di 7,05 euro e sia poi uscito dal negozio senza provvedere al pagamento delle stesse. Le scuse da lei fornite non possono giustificare in alcun modo l’addebito contestato. Considerati violati gli obblighi generali di correttezza, diligenza e buona fede, ritenuto venuto meno l’elemento fiduciario, avendo abusato della sua posizione all’interno dell’organizzazione a proprio indebito vantaggio e a danno della società, le comunichiamo la risoluzione del rapporto di lavoro per giusta causa”.
I sindacati, giudicando la misura del licenziamento sproporzionata, hanno fatto ricorso.
Anche Jean Valjean, il protagonista dei Miserabili, ruba un mezzo pane e per tutta la vita viene inseguito da Javert, il poliziotto che diventerà il simbolo universale della giustizia ottusa e, appunto, sproporzionata.
Ma questi sono gli aggettivi della burocrazia e dei tribunali, abbiamo bisogno di altre parole per capire un sistema disumano, che si basa su uno schiavismo legalizzato che (anche) nella grande distribuzione trova terreno fertile.
Questo sistema feroce – in cui si sono polverizzate le reti sociali (in un alimentari a gestione familiare la vicenda di Mario sarebbe andata a finire nello stesso modo?) e milioni di individui sono esposti alle intemperie del mercato – è pensato a discapito della maggioranza e a vantaggio dei pochi che si spartiscono le ricchezze del mondo, con l’avallo dei governi.
Il nostro, nonostante una situazione di crescente, paurosa povertà, ha abolito il Reddito di cittadinanza anche grazie a un’indegna campagna di stampa portata avanti dai principali giornali italiani per conto di lorsignori.
In un bel libro appena uscito per Einaudi, Antologia degli sconfitti, Niccolò Zancan mette in fila le storie dei nuovi Valjean: nella discesa agli inferi dell’emarginazione gli apre la porta Egle, un’anziana signora che fruga nell’immondizia del mercato di Porta Palazzo, in cerca di verdura per fare il minestrone. Ma nella vita di prima c’erano state una casa, una famiglia, le vacanze a Loano sulla 500. Poi si è ritrovata a vivere con la pensione di reversibilità del marito e la dignità perduta in un cassonetto della spazzatura.
In questo atlante della disperazione c’è tutto il catalogo degli emarginati: un padre separato, un senzacasa che dorme in auto, un cassintegrato, prostitute, migranti, rider. E un ladro di mance che viene licenziato come Mario. L’aiuto cuoco gli dice: “Da te non me lo sarei mai aspettato”. E lui gli risponde, umiliato, “nemmeno io”.
Invece è tutto prevedibile e ha un nome semplice: si chiama povertà. Dei poveri però non frega niente a nessuno, incredibilmente nemmeno dei lavoratori poveri: sono solo numeri nelle statistiche dell’Istat.
Finché non rubano sei uova e una scamorza.
(Silvia Truzzi, FQ 29 febbraio 2024) da Tranchida.
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Il segretario della CGIL di Roma ha scritto al Prefetto per richiedere un intervento contro il pugile e youtuber Simone Cicalone e i suoi "fenomeni di giustizia privata".
Viene il dubbio che ormai gli unici lavoratori che i sindacalisti della CGIL difendono siano i professionisti della delinquenza.
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Idee per Natale
Ecco le nostre proposte per questo periodo: si tratta di ristampe di autori noti, da riscoprire o di nuove pubblicazioni. Qualche classico non guasta mai e non manca anche un film e una nuova serie: ce n’è per tutti i gusti. Buone feste!
Appena ristampato da La nave di Teseo, Lo scandalo dell’osservatorio astronomico è diverso dagli altri gialli di Giorgio Scerbanenco: un manoscritto ritrovato dai figli dell’autore e stampato postumo da Sellerio nel 2011. È il sesto giallo della serie di Arthur Jelling, archivista di Boston “prestato” alla polizia, che ama definirsi consulente di giustizia. Un detective timido e intrinsecamente ottimista, che crede nella possibilità di una vittoria del bene sul male. Si distingue perciò dal suo collega Duca Lamberti, che con la serie della “Milano nera” inaugura di fatto il noir italiano, non solo letterario, ma anche cinematografico. Lettura assai gradevole e non priva di tratti ironici.
Dallo scaffale degli scrittori un po' dimenticati ripeschiamo Il tè delle tre vecchie signore di Friedrich Glauser, autore dall’esistenza piuttosto travagliata. Ambientato a Ginevra, città dove l’autore, il Simenon svizzero, visse per un certo periodo. Un bel giallo, scritto molto bene e intricato quanto basta. Diplomatici, poliziotti, medici, avvocati, stregoni, principi indiani e inquietanti vecchie signore si avvicendano in questo noir da leggere tutto di seguito per non perdersi nei suoi avviluppati, ma seducenti meandri.
Giustamente ripubblicato da Sellerio nel 2021, L’ultima corsa per Woodstock di Colin Dexter ci ripropone il saputissimo ispettore Morse, di cui non possiamo non sentire la mancanza. Il cadavere di una vistosa ragazza bionda viene ritrovato nei pressi di un locale assai frequentato. Molti sono i sospettati coinvolti nelle indagini, ma forse nessun lettore potrebbe indovinare l’identità del vero assassino… Finale a sorpresa e qualche lacrimuccia anche per il coriaceo ispettore di Oxford. Giallo di gran classe.
È ambientata a Milano nel 2015 alla fine di Expo l’ultima fatica di Paolo Roversi Una morte onorevole: il fascinoso commissario Botero, detto Amish per la sua nota avversione verso la tecnologia, deve sbrogliare l’intricata matassa di un delitto “vip”, consumato in un albergo extra lusso durante una festa privata destinata al divertimento di ospiti selezionatissimi; ça va sans dire, la fastosa suite è dotata di un’ampia quanto pericolosa piscina. Una curiosità: il nome del terrorista polacco che perseguita Botero e la sua squadra, Kaminski, ci pare un omaggio al giallista americano Stuart M. Kaminsky, che ha ambientato gran parte dei suoi romanzi nel mondo di Hollywood, e di cui abbiamo avuto modo di parlare in un altro post.
Ben tre sono i libri di Simenon recentemente pubblicati da Adelphi: la raccolta di racconti tradotti per la prima volta in italiano La cantante di Pigalle, in cui il maestro del giallo introduce una giovane investigatrice dilettante, Lili, figlia di un ex dirigente della Squadra anticrimine. La prima novella, Sette crocette su un taccuino ha vinto il premio Edgar Allan Poe e ha avuto diverse trasposizioni cinematografiche. La porta, un ménage di coppia in cui apparentemente non succede nulla fino a che la situazione non esplode perché le difficoltà del protagonista hanno scavato negli anni un solco fatto di silenzi, incomprensioni e soffocanti abitudini che non può più essere ignorato. In fondo cos’è la gelosia, se non una profonda insicurezza che ci fa sentire immeritevoli di un amore ricambiato? Simenon, come sempre, fine psicologo. In Malempin non solo il passato, come scrisse André Gide, “fa luce sul presente”, ma lo condiziona in maniera particolare, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con la famiglia. Ed è proprio la malattia del figlio a scatenare nel protagonista, il dottor Malempin, una ridda confusa di ricordi ancora da interpretare: è uno scavo “alla ricerca del tempo perduto”, un ritorno all’infanzia, scatenato da un evento traumatico.
È tornato, attesissimo dai suoi numerosi fan, il commissario Soneri in Vuoti di memoria di Valerio Varesi: l’indagine sul presunto omicidio di un mafioso lo porterà a interrogarsi sugli scherzi della memoria, in un alterno rincorrersi tra ricordi personali e amnesie altrui. Come sempre, scritto molto bene: “Il commissario Soneri pensava a tutto ciò osservando la gramigna forare l’asfalto per riappropriarsi della sua parte di sole. Appariva ammirevole la caparbietà con cui crivellava il sarcofago di bitume che la ricopriva crescendo a chiazze come la barba di un adolescente”. Curiosamente, anche Soneri come Botero è allergico alla tecnologia.
La trama di Bébi, il primo amore di Sándor Márai (appena ripubblicato da Adelphi) ricorda quella di Morte a Venezia di Mann: si tratta cioè di un amore “tardivo”, per non dire quasi senile considerati i tempi in cui la storia è ambientata, di cui la letteratura è ricca, basti ricordare lo splendido Un amore di Buzzati e il classico Senilità di Svevo. “Appena ventottenne e al suo proimo romanzo, Márai si rivela un acutissimo indagatore d’anime, e un magistrale narratore”.
La serie dell’ispettore Stucky, magistralmente interpretato da Giuseppe Battiston (già soprannominato il Colombo italiano) in una Treviso seducente e godereccia, ha riportato in auge i gialli di Fulvio Ervas. Autore di sette romanzi e dieci polizieschi, dalle sue opere sono stati tratti due adattamenti cinematografici: Finché c’è prosecco c’è speranza, sempre interpretato da Battiston (2017) e Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores, con Valeria Golino, Diego Abatantuono e Claudio Santamaria (2019). Commesse di Treviso, per citare solo uno dei gialli dell’ispettore Stucky, è ambientato proprio durante il periodo natalizio.
#scerbanenco#glauser#paolo roversi#colin dexter#georges simenon#valerio varesi#sandor marai#fulvio ervas#giuseppe battiston#thomas mann
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UNA TRISTE STORIA, MA MERITEVOLE DI ESSERE CONOSCIUTA.
Camille Claudel (1864 - 1943) fu la musa e l’amante dello scultore e pittore francese Auguste Rodin (1840 - 1917), ma anche una scultrice straordinaria, rinchiusa in manicomio in quanto donna libera.
Fin da bambina manifesta un precoce talento per la scultura. All’epoca le donne non erano ammesse all'accademia di belle arti, ma per Camille viene fatta un’eccezione. Fu così che conobbe Auguste Rodin, celebre scultore affermato nei circoli artistici Parigini, divenendone prima l’allieva e infine l’amante. Quella con Rodin sarà una relazione travolgente ma anche tormentata dai pregiudizi della società e dal rifiuto della famiglia di Camille che disapprovava la sua relazione con Rodin.
Molti lavori di Rodin furono realizzati a quattro mani con Camille, ma mentre Rodin riceveva gli onori, Camille viveva all'ombra, accettando di condividerlo con un’altra donna, dalla quale aveva avuto un figlio. Alla fine Camille interrompe la sua relazione con lo scultore, fu allora che la madre di Camille, che aveva vergogna del comportamento della figlia, decise di farla rinchiudere in manicomio.
Non ne uscirà mai più: inutili i tentativi di far capire che non è pazza, questa donna brillante e geniale resterà segregate per oltre trent’anni in una misera stanzetta. “Mi si rimprovera di aver vissuto da sola, di avere dei gatti in casa, di soffrire di manie di persecuzione! È sulla base di queste accuse che sono incarcerata come una criminale, privata della libertà, del cibo, del fuoco. Da cosa deriva tanta ferocia umana?”
Alla fine, dimenticata da tutti, si spegne nel 1943, dopo trent’anni di prigionia. Il suo corpo viene seppellito in una fossa comune, senza che nessun membro della sua famiglia presenzi al suo funerale. Oggi finalmente le è stata resa giustizia e le sue opere vengono esposte accanto a quelle di Rodin. ❤️
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Atterra domenica prossima in Italia (...)Javier Milei(...), a Roma per assistere alla canonizzazione di “Mama Antula” (...), dove incontrerà il suo connazionale Papa Francesco (...), poi diversi protagonisti delle istituzioni, tra cui il Premier Giorgia Meloni.
Alle prese in patria con (...) resistenze figlie del fallimentare status quo argentino, e presentato in Italia come personaggio caricaturale, Milei è invece un caso interessante (...), visto che propone riforme reaganian-tatcheriane a latitudini sconquassate da livelli di assistenzialismo stellari (come le nostre, ndr).
(...) Lodato dal Fondo Monetario Internazionale per l’encomiabile piano di riforme che puntano alla difficile stabilizzazione del paese, tanto da avergli staccato la cedola di un finanziamento di 4,7 miliardi di dollari, Milei propone linguaggio assai diretto verso i cittadini, quasi virulento ma di verità (“No hay plata”, non ci sono soldi) e idee liberiste che in Italia fanno storcere il naso.
E si permette di dire che sì, è licenziabile anche un dipendente pubblico (...), che il perimetro dello Stato spendaccione va ristretto a favore dell’iniziativa privata, e che la spesa pubblica va tagliata con la motosega.
A prescindere da come andrà (lui dice di lavorare per la prospettiva dei prossimi 35 anni), la speranza è che una simile mentalità possa contagiare il centrodestra italiano che invece fatica pure lui a mollare il suo approccio statalista.
E perché no, cominci a pensare di tagliare la spesa pubblica eccessiva che ci fa costare troppo lo Stato e pagare troppe tasse, vendere immobili pubblici per ridurre il debito pubblico, riformare la pubblica istruzione (...), la pubblica amministrazione (...), la giustizia politicizzata che sbaglia tre volte al giorno, ogni giorno, iniziare a ridurre il peso di partecipate e municipalizzate, rivedere le concessioni dinastiche su demanio e trasporto, inaugurare una serissima lotta alla burocrazia. (...)
E chissà che lo ascolti senza pregiudizio anche l’opposizione, impegnata a fare proposte di legge costituzionali lunari come quella di rinominare la “Camera dei Deputati’ in “Camera delle Deputate e dei Deputati”. Quando si dice, le priorità. Afuera…!
Tocca cercarle col lanternino qui da noi e pescarle su Il Riformista, 'ste analisi oggettive, via https://www.ilriformista.it/javier-milei-arriva-in-italia-speranza-contagi-qualcuno-afuera-liberale-407258/
Del resto che te lo dico affà? Verrà, passerà ma laggente docilmente si concentrerà dove li portano col guinzaglio, cioè su veriprobblemi hahahah, quelli che gli evidenzia l'informazzione libbera - non tv e giornali ma I SOCIAL, territorio de-neuronalizzato tutto sentimient' dove guida la quantità mirata, un tempo bot ora AI based senza la I.
Così sedicenti destri senza memoria (quella ce l'hanno nei giga degli smartphone) si caricano tra loro e diventano docili strumenti per deviare le indignazioni dal VERO NEMICO STATAL CLIENTELARE, esattamente come a sinistra li fan diventare Askatasuna Extinction Rebellion - notare: tutti putainisti, antisemiti, antikapitalisti non allineati ma lo Stato non si tocca né si nomina.
«Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza neuroni in gran tempesta, donna e di provincie e di bordello!» (manometto pure Purgatorio, canto VI, vv. 76-78).
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Dalla mela alla pesca
La guerra per la Striscia di Gaza ci aveva un po’ distratti da quella, ben più decisiva per le sorti dell’umanità, per Striscia la Notizia. Ora che è chiusa con un blitzkrieg (il post della Meloni che molla Giambruno), possiamo trarne alcune provvisorie conclusioni. Non sugli aspetti privati della Guerra dei Melones. Ma su quelli pubblici, politici.
1. Chi di famiglia tradizionale ferisce di famiglia tradizionale perisce. Nessuno può dare lezioni di vita privata a nessuno. Ma qui crolla l’arrogante e ipocrita propaganda delle tre destre sulla famiglia tradizionale, dai Family Day alle intrusioni anche normative nei rapporti affettivi, dalla difesa di Vannacci e della sua “normalità” all’uso politico-elettorale dello spot della pesca. E viene smascherato il servilismo della stampa di destra (e non solo) che da 30 anni prende sul serio questi maestri di famiglia tradizionale capitanati prima dal puttaniere B. (che, va detto, faceva tutto in onda, non fuori), poi dal plurimaritato e plurifidanzato Salvini, infine dai Melones. Chissà che ora i sepolcri imbiancati non si decidano a vivere come pare a loro e a lasciarci vivere come pare a noi.
2. Chi di conflitto d’interessi ferisce di conflitto d’interessi perisce. Il post scriptum della Meloni contro “tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa”, fa il paio col “non sono ricattabile” a B. durante le trattative sulla Giustizia, ed è indirizzato anche a Mediaset. Che è stata fondamentale per la crescita vertiginosa del brand Meloni e che, morto B., continua a detenere la cassa e dunque le chiavi di Forza Italia. Noi sappiamo che ciò che fa Antonio Ricci lo decide solo lui: Striscia è l’unica repubblica separata nel Regno del Biscione (a parte il fatto di non attaccare la proprietà). Ma, finché non verrà risolto quel conflitto d’interessi e spezzato quel mostruoso trust finanziario-editoriale, tutto ciò che accade fra Mediaset e il governo sarà letto in chiave politica. Così come la resistibile ascesa di Giambruno in parallelo a quella della fidanzata e la sua repentina discesa agli inferi in sincronia con la separazione da lei. Ora forse la premier capirà l’errore di aver giustificato il conflitto d’interessi del suo ex (e pure il proprio), difeso i suoi deliri e attaccato i pochi giornali critici tirando in ballo la libertà di stampa,che è l’opposto.
3. Chi di Veronica ferisce di Veronica perisce. Quando la Lario piantò B. perché andava a minorenni, la destra politico-mediatica si schierò con lui e lapidò lei come “velina ingrata”. Ora che Giorgia pianta Andrea, sono tutti con lei. E non perché ha ragione lei (come l’aveva Veronica), ma perché comanda lei. La destra italiana è passata dal Banana ai Meloni, ma resta sempre una barzelletta: prima quella vecchia della mela, ora quella nuova della pesca.
Marco Travaglio
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Dal capitalismo moderno, come da una sorgente avvelenata, sgorga quella corrente di detestabile internazionalismo, grazie alla quale i Warburg, i Rothschild e i Morgan dominano gli affari non solo in America, ma anche nelle Banche Centrali d'Europa. È un internazionalismo che non si preoccupa della rettitudine della giustizia sociale o della sana filosofia, ma è disposto, per la protezione della sua proprietà privata, a diventare compagno di letto della prostituta dei secoli.
-Father Coughlin
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Perché stiamo morendo come Europei?
Perché nell’essenza stessa della ragione agiscono forze disgregatrici, distruttive, negative, cosicché ad un certo punto l'uso della ragione, che pure aveva portato allo sviluppo, evapora in un formalismo senza nerbo e sostanza. Ciò si verifica quando una civiltà, che ha conosciuto la piena maturità, si isterilisce in sofisticate astruserie, pervertendo la sapienza nell’inutile e vano esercizio di solitari dotti (i radical chic di oggi),dove tutto è permesso,tutto è interpretativo, dove nulla è più certo, quando, perduta la memoria del passato, le energie vive che si collegano all’infanzia dello spirito, si esauriscono.
Seguono poi il declino delle virtù pubbliche, l’aspirazione generale al denaro e al potere, il disprezzo delle leggi, (prendete ad esempio uno Sgarbi) l’assolutizzazione della vita privata con la conseguente spoliticizzazione delle masse e, infine, la dissolutezza morale con la corruzione generalizzata dei costumi. Prevalendo la presunzione di progettare la storia a misura puramente umana, s’inverte allora il corso che indirizza alla verità, alla giustizia, al rispetto della sacralità della vita e il bene comune viene sostituito dal capriccio individuale.
#europe #endofeurope #liberopensiero #familyaffair #blood #familia #robertonicolettiballatibonaffini #2024 #ww3
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Riflessione breve: Tra il 3 e il 4 febbraio in Ohio si è verificato il deragliamento di un treno carico di sostanze chimiche. I rilevamenti governativi rilevano contaminazioni sotto i livelli di guardia; quelli indipendenti (di università USA) valori superiori. In rete potete trovare il video inquietante del Senatore Vance (link nei commenti). Sono morti oltre 40.000 animali. Suolo e falde acquifere sono contaminate. Gli effetti sulla salute dei residenti saranno visibili tra anni, forse generazioni. Il governo cinese l'ha definita "Chernobyl USA" (non credo ci faranno una serie tv, loro). L'overdose da oppioidi uccide oltre 50.000 statunitensi all'anno. Studi del 2006 indicano che negli USA il 12% dei ragazzi ha utilizzato almeno una volta farmaci non a scopo medico. Tra i 12 e i 25 anni il 35% degli intervistati ha detto di aver utilizzato un farmaco psicoattivo, il 31% di farlo in modo improprio. Il debito pubblico è al 129% del PIL (un mostro). Il 39% delle famiglie possiede un'arma da fuoco; all'interno dei confini ci sono più armi da fuoco che cittadini. Il 13,4% dei cittadini è obeso, il 9% è gravemente obeso (con ciò che ne deriva in salute e giustizia sociale in un paese a sanità privata). Delle ultime 5 elezioni, 2 sono state contestate (una con assalto a Capitol Hill). L'attuale presidente e lo sfidante alle ultime elezioni sono indagati da un procuratore speciale. ... Ma state tranquilli, La Repubblica e La7 sono tre anni che dicono che Putin sta per morire di cancro ed "è sempre più solo"!
Gabriele Germani, Facebook
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Nessuno ti conosce come me -Geto Suguru
!TW! Character Death, Description of Anxiety and Violence.
A quell’ora tarda la sala-caffè era silenziosa, privata delle chiacchiere scambiate fra colleghi e dal borbottio incessante della vecchia macchina per il caffè.
Tacendo ascoltava il ronzio costante dei neon accesi nell’ufficio accanto che di tanto in tanto veniva interrotto dal trillo cristallino della bottiglia di sakè contro le due tazzine di vetro scuro, un paio di sospiri e un tonfo secco sul legno appresso all’altro.
Erano rimasti per gli straordinari, indifferenti a dover fare le ore piccole, c’erano solo loro due seduti al tavolo rotondo che si trovava immediatamente a destra varcato l’ingresso della sala, non troppo lontano dalla credenza ad angolo dalla quale si erano procurati il liquore.
Una delle quattro pareti, quella a loro dinanzi, era intagliata da una larga finestra che dava unicamente vista verso la città buia: lontane e calde brillavano le vetrate degli altri palazzi, invece al posto della luna un alto lampione verde filtrava a bande all’interno della caserma. Riuscivano a vedere nella penombra della sala grazie a questo e alla luce che superava la soglia della stanza adiacente, dove avevano lavorato poco prima.
Avevano scambiato a malapena due parole, sostituito la loquacità di cortesia con shot di sakè. Questa volta era il suo turno di riempire i bicchieri e Geto lo lasciò fare perdendosi a fissare la luce che danzava oziosamente sulla superficie del liquore versato.
«Potremmo anche dirlo, no?» borbottò posando la bottiglia e circondando la propria tazzina con le dita della mano sinistra, sollevò lo sguardo ed incontrò quello incuriosito del corvino; «Sappiamo tutti che è stato 🀰🀰🀰 ad uccidere 🀰🀰» disse con ovvietà prima di mandare giù qualche sorso.
«Sono stato io ad ucciderlo» replicò infastidito dai suoi modi saccenti, l’orgoglio gli stampò un leggero ghigno sulle labbra alla reazione sconvolta del collega; «Non 🀰🀰🀰» ribadì per fugare ogni dubbio.
Geto assaporò quegli attimi come il più spietato dei predatori.
Sinistramente vi trovava qualcosa di affascinante in quelle iridi dilatate dalla paura, nel terrore che scatenava quell’animalesco istinto di sopravvivenza di cui gli uomini pavoneggiano stupidamente la dimenticanza.
Il battito cardiaco accelera, i muscoli si irrigidiscono, la sudorazione aumenta per avvisare con il proprio acre odore i simili nei paraggi… sfortunatamente per lui erano soli.
«Perchè?» domandò posando il bicchiere sul tavolo così da celare il tremore nervoso delle dita.
Il corvino sospirò scettico sull’importanza di una sua risposta; «Per tutta la merda che ci ha fatto passare» accontentò ugualmente l’esigenza umana di voler capire anche quando non ce n’è davvero alcun bisogno.
«Ora va meglio?» vanificò le promesse della vendetta e Geto non si interessò minimamente se le sue intenzioni fossero dettate dalla pura curiosità o se invece lo avrebbero portato a presentarsi come paladino della giustizia.
«No, ma mi sono divertito» ammise freddamente sorridendo, «Sono sempre stato consapevole che uccidendo 🀰🀰 le cose non sarebbero potute cambiare così come ero pienamente cosciente del mio desiderio di vederlo morto» spiegò scolando tutto d’un fiato il sakè rimanente; «Ho solo fatto ciò che potevo realizzare fra le due constatazioni, capisci?»
Rimase in silenzio incapace della qualunque, a fatica gli pareva pure di respirare: l’aria si era fatta pesante e stantia aleggiava, ricordando il tanfo di morte. Forse era l’impressione di vedere il sangue tingere di vermiglio le mani del corvino oppure…
Percepì lo stomaco cedergli, una sensazione di vuoto lo colpì bruscamente quando realizzò di aver lasciato la pistola all’interno del cassetto della scrivania in ufficio.
Simile ad una preda costretta all’angolo, immaginò se stesso correre fuori di lì, disperato lanciarsi sulla scrivania e maledire l’obbligo di sette caratteri come codice di sicurezza mentre impacciato dal panico armeggiava contro i tasti-
CODICE ERRATO
riprova più in fretta,
CODICE ERRATO
riprova, dai andiamo, forza, sbrigati!
CODICE ERR–
-la volata contro la nuca sudata.
Essere freddato alle spalle come il vile degli esseri.
«Perché me lo hai confessato?» forzò la lingua asciutta a staccarsi dal palato per pronunciare quelle parole, la gola secca gli complicò maggiormente la respirazione.
Geto inclinò appena il capo sulla sinistra e sorrise cortese.
Gli mostrò quello stesso sorriso che mostrava a tutti quotidianamente, quello così ampio da strizzare i suoi occhi scuri a mandorla affilandoli ancora di più... ma questa volta non allungò la mano verso la bottiglia per servire un altro shot di sakè.
«Potremmo anche dirlo, no?»
🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰
🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰🀰
Tre giri di chiave e poi abbassò la maniglia.
Fu sorpreso nel ritrovare l’albino seduto alla scrivania, indaffarato dalle verifiche di fine trimestre. Si spogliò del cappotto nero e lasciò le scarpe ordinate nel genkan, silenzioso indossò le ciabatte e camminò verso di lui.
La piccola abat-jour faceva brillare d’argento le sue lunghe ciglia, che sfioravano i vetri degli occhiali rettangolari, accarezzava dolcemente il suo profilo rendendo teneri i segni lasciati dalla stanchezza accumulata nell’arco della giornata.
Anche Geto era esausto e dalla stessa mattina in cui aveva lasciato casa, non aveva fatto altro che sperare di ritornarci il prima possibile.
«Satoru, che ci fai ancora in piedi?» gli baciò il capo, mentre con una mano gli coccolò amorevolmente la schiena. Sorrise nel sentirlo abbandonarsi al tocco, rilassare le spalle tese curve in avanti, abbandonare la penna fra le dita e sollevare il viso fino a sfiorargli il naso con il suo.
«Erano rimasti pochi compiti da correggere e volevo finirli per sbarazzarmene al più presto» mugolò assonnato, ma ricambiò la sincera piega sulle labbra.
«Mh, non dovresti sforzare così i tuoi bei occhietti» lo riprese giocosamente, suscitando una sua piccola risata.
Per Gojo n’era valsa la pena dato ch’era riuscito ad accoglierlo tornare dal lavoro. Lo lasciò sfilargli gli occhiali e avvolgerlo in un abbraccio per sollevarlo da quella sedia, che era oramai diventata scomoda sotto il suo sedere. Avvolse le lunghe gambe attorno al suo bacino e sentì cliccare l’interruttore dell’abat-jour ma vedeva già nero perché le palpebre si era chiuse da sole, non appena si era ritrovato avvolto dal suo calore.
Non ebbe alcun timore nel sapere che il corvino si stava muovendo nella totale oscurità dell’appartamento per raggiungere la camera da letto, si fidava del fatto che mai avrebbe permesso che toccasse suolo e poi adorava la sua forza: nonostante la differenza di altezza, Geto non faceva alcuna fatica a prenderlo in braccio e trasportarlo con sé e gli piaceva tanto quella premura che sapeva di quell’infanzia che avrebbe voluto avere ma che non aveva mai avuto… fra le sue braccia, appeso al torace dell’altro, come un koala su di un albero, si sentiva incredibilmente vulnerabile ma al sicuro, protetto e amato.
«Nooooo» piagnucolò rifiutandosi di lasciarlo andare, non appena la sua schiena toccò il materasso.
«Torno subito, dammi solo due minuti per cambiarmi, ‘Toru» gli baciò la guancia e delicatamente lo convinse a slegare gli arti di dosso.
«Sbrigati Suguru, vedi che conto eh!» lo minacciò mettendo il broncio.
Il sonno sfidò la piccola promessa, eppure il corvino riuscì ad affiancarlo prima che si addormentasse davvero e cancellò immediatamente la sua infantile smorfia con un’amorevole Buona notte sussurrato a fior di labbra.
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Santificazione e beatificazione Italianstan 2023
In premessa, ribadisco, per le/i dure/duri d'orecchie, che, distinguo il lato umano, da quello politico. Quindi, pur porgendo le dovute condoglianze ai familiari, per la dipartita, non taccio sul piano politico, sullo e dello spettacolo della messa in scena, dell''oscenita' del potere.
Sono due le ipotesi etimologiche, del lemma oscenità: ob scaevare= sinistro, di cattivo augurio, oppure ob=a cagione, coenum=melma/greco koinòn=immondo; primo significato=brutto deforme, immondo, sozzo e, per traslazione, impudico, disonesto.
Potremmo aprire già una riflessione, su alcune risultanze che i linguisti danno al termine sopra accennato: di cattivo augurio, melma immondo, impudico, disonesto, ma, tralasciamo per brevità, giusto solo il tempo necessario per annotare, una particolare coincidenza, concomitanza, contemporaneità, contestualita', tra il lemma e il defunto.
Una celebrazione acritica, una santificazione ex post, che non rende "giustizia" (volutamente virgolettato, visto i trascorsi e i legittimi impedimenti), della caratura dell'uomo politico sul quale il mondo continua a ridere identificandolo con lo stereotipo dell'Italia più grottesca.
Una santificazione in salsa nord coreana, che segna il divario con il mondo reale, dove la beatificazione non viene compresa, posto che nella memoria collettiva e' ben viva la storia degli ultimi trent'anni del paese, trasformato in mera proprietà privata, con il bene placet dei costituzionalisti.
I media, particolarmente quelli allineati, o, embedded, hanno ormai oltrepassato la soglia del ridicolo, navigando nel buco nero dei dati e della miconoscenza, manipolando con ambiguità il diritto all'informazione, riportando solo ciò che dobbiamo sapere, utile alla formazione di una fittizia coscienza collettiva, minculpop docet.
La memoria, quella vera, si coltiva senza rimozioni di parte e convenienti, altrimenti è solo becera, meschina, infima propaganda
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Marco Rizzo: “L’Interrogazione del Presidente del gruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti, contro la chiusura forzata di Visione TV, accende finalmente i riflettori sul vero problema della libertà di espressione in questo Paese”.
“La piattaforma privata YouTube come sapete ha bloccato Visione Tv, con Francesco Toscano direttore, per una settimana. Una vera e propria censura alla libertà di espressione nel nostro Paese. La fondatezza della nostra critica è testimoniata da questa importante interrogazione del Presidente del gruppo di Fratelli d’Italia alla Camera On. Tommaso Foti e di altri deputati che chiedono il parere del Governo Italiano per questa incredibile situazione. Un’iniziativa di grande rilevanza, un atto concreto da parte di parlamentari che hanno opinioni diverse da noi, ma che individuano nell’enorme potere delle piattaforme social private estere il vero nodo da sciogliere in merito alla libertà di espressione”
A renderlo noto è il coordinatore nazionale di Democrazia Sovrana e Popolare Marco Rizzo.
“Si tratta-sostiene il leader di DSP- della prima iniziativa del principale partito della maggioranza di governo contro un evento così grave come l’ingiusta sospensione delle attività di un’emittente libera. L’interrogazione parlamentare è rivolta al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro delle Imprese e del Made in Italy e al Ministero della Giustizia. Tra i firmatari, oltre all’on. Foti, ci sono l’on. Manlio Messina (Fdi) , l’on. Alfredo Antoniozzi (Fdi), l’on. Augusta Montaruli (Fdi) , Elisabetta Gardini (Fdi) e Massimo Ruspandini (Fdi). Nel testo dell’interrogazione, continua Rizzo, “si definisce disarmante e stupefacente la motivazione addotta perchè si fonderebbe sul fatto di aver pubblicato una prima pagina del quotidiano “La Verità” regolarmente registrato in un tribunale italiano. Il provvedimento appare agli interroganti del tutto privo di fondamento alla luce dell’articolo 21 che sancisce la libertà di espressione. Per questo il canale Visione TV deve poter ritornare attivo”.
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Lettera del prof. Giancarlo Burghi, del liceo T.Tasso di Roma. 18 Dicembre 2024
Egregio Ministro, Le scrivo di nuovo dalla desolazione della “trincea”: quella in cui ogni giorno, con le studentesse e gli studenti, combattiamo l’eterna guerra contro la semplificazione e la superficialità. Oggi, però, le scrivo per ringraziarla delle Linee guida sull’insegnamento dell’educazione civica che ci ha inviato all’inizio dell’anno scolastico. Da oggi abbiamo un punto fermo nel nostro lavoro di docenti ed educatori: ci dirigeremo nella direzione esattamente opposta a quanto ci indica.
L’educazione civica, secondo lei deve «incoraggiare lo spirito di imprenditorialità, nella consapevolezza dell’importanza della proprietà privata». In modo quasi ossessivo nel documento traccia l’idea di una sorta di “educazione alla proprietà ”. Ma cosa dovremmo farci di questo slogan vuoto? Stiamo oltrepassando finanche il senso del ridicolo, andando oltre la teoria delle tre “i” di berlusconiana memoria (inglese, impresa, internet).
Ai nostri studenti, signor Ministro, l’articolo 42 della Costituzione lo leggiamo e lo spieghiamo: «La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge […] allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere [..] espropriata per motivi di interesse generale “. Dice proprio questo la Costituzione! Però non si ispira a Pol Pot ma alla dottrina sociale della Chiesa, al cristianesimo sociale di Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti.
Nelle Linee guida Lei continua, poi, con l’affermazione di sapore thatcheriano, ma in realtà generica e vuota quanto la prima, per cui dovremmo insegnare che «la società è in funzione dell’individuo (e non viceversa)». Vede Ministro, se le dovesse capitare di sfogliare la Costituzione italiana scoprirebbe che il termine “individuo” semplicemente non compare. E questo perché la rinuncia a questo concetto (l’angusto “io” paleo-liberale chiuso nella rivendicazione egoistica dei propri diritti) faceva parte del patto tra i social- comunisti e i cattolici democratici, che lo sostituiscono con la nozione di “persona” che indica «il singolo nelle formazioni sociali» in cui solo si può realizzare.
La questione della patria, che lei intende come appartenenza identitaria e suggerisce di mettere al centro dell’educazione civica, merita da sola una prossima lettera. Mi consenta però di farle notare che, se sfogliasse la Costituzione, scoprirebbe che il termine “patria” compare solo una volta (perché Mussolini lo aveva profanato e disonorato) e per di più non ha niente a che fare con “i sacri confini nazionali” da difendere o l’italianità quale identità da salvaguardare contro la minaccia della sostituzione etnica.
La patria è il patrimonio dei padri e delle madri costituenti, vale a dire le istituzioni democratiche non separabili dai valori costituzionali: l’eguaglianza, la libertà, la pace, la giustizia, il diritto di asilo per lo straniero «che non ha garantite le libertà democratiche» . I patrioti non sono quelli che impediscono lo sbarco dei migranti, ma coloro che ogni giorno testimoniano il rifiuto della discriminazione . Cosi come patrioti non erano i fascisti che hanno svenduto la patria a Hitler e l’hanno profanata costringendo milioni di italiani ad offendere altre patrie, ma i membri dei GAP (che non erano i “gruppi di azione proletaria” come ebbe a dire, per dileggio, Berlusconi), ma i “gruppi di azione patriottica (appunto), che operavano nella Brigate Garibaldi dei patrioti comunisti italiani, protagonisti della Resistenza quale secondo Risorgimento.
Ci consenta di formare i nostri studenti ispirandoci a chi di patria si intendeva: non a Julius Evola o Giorgio Almirante, ma a Giuseppe Mazzini che ha ripetuto per tutta la vita che la patria non è un suolo da difendere avidamente ma una «dimora di libertà e uguaglianza» aperta a tutti: «Non vi è patria dove l’eguaglianza dei diritti è violata dall’esistenza di caste, privilegi, ineguaglianze. In nome del vostro amore di patria, combattete senza tregua l’esistenza di ogni privilegio, di ogni diseguaglianza sul suolo che vi ha dato vita. (Dei doveri dell’uomo). Mazzini non contrapponeva la patria all’umanità, ma la considerava il mezzo più efficace per tutelare la dignità di ogni essere umano: «I primi vostri doveri, primi almeno per importanza, sono verso l’ Umanità. Siete uomini prima di essere cittadini o padri. […] In qualunque terra voi siate, dovunque un uomo combatte per il diritto, per il giusto, per il vero, ivi è un vostro fratello: dovunque un uomo soffre, tormentato dall’errore, dall’ingiustizia, dalla tirannide, ivi è un vostro fratello. Liberi e schiavi, siete tutti fratelli. (Dei doveri dell’uomo)
E ci consenta, da educatori democratici, di trascurare le sue Linee guida, per illuminare le coscienze dei giovani con le parole di don Milani: «Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri».
Egregio Ministro, dal momento che la costruzione di una cittadinanza consapevole avviene anche attraverso l’esercizio della memoria storica e civile, Lei ci ha inviato a una circolare con cui ha bandito un concorso per le scuole con lo scopo di celebrare la «Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo». Il titolo del concorso: «1945: la guerra è finita!»
Incredibile! Il 25 aprile 1945 che, prima dell’era Valditara, era semplicemente e banalmente la «liberazione dal nazifascismo» ora diventa un momento della «Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo». Cosa dovrebbero ricordare le giovani generazioni nella sua bizzarra idea di memoria civile? Ecco il suo testo: «il popolo che ha subito sulla propria pelle gli orrori di quel tremendo conflitto, dai bombardamenti degli alleati alle rappresaglie nazifasciste [equiparati !] fino agli ordigni bellici inesplosi che, nei decenni a venire, hanno continuato a produrre invalidità e mutilazioni». E tutto per andare «al di là della tradizionale lettura vincitori-vinti», opposizione che attentamente sostituisce quella di antifascisti/liberatori e fascisti.
Si tratta dunque, secondo lei, di ricordare una guerra tra tante, quasi un ineluttabile evento naturale in cui tutti sono cattivi (i liberatori, gli aguzzini e i partigiani) e dunque tutti ugualmente assolti nel tribunale della neostoria.
Del resto, Ministro, devo darle atto di una certa garbata compostezza sulla memoria del 25 aprile. La sua sottosegretaria (la nostra sottosegretaria all’Istruzione) Paola Frassinetti la Festa della Liberazione l’ha festeggiata al campo 10 del Cimitero maggiore di Milano per onorare i volontari italiani delle SS. E’ immortalata in un video in mezzo a un drappello di camerati che sfidano, tra insulti e minacce, alcuni manifestanti antifascisti. Frassinetti si lascia andare alla rabbia ed esclama “ma vai aff…”. Sempre a proposito di Linee guida per l’educazione civica… Da sottosegretaria del suo Ministero Paola Frassinetti, il 28 ottobre del 2024, anniversario della marcia su Roma, ha celebrato il “fascismo immenso e rosso”.
Capisce, signor Ministro, perché ci sentiamo soli nella trincea? E perché le ho detto che è “passato al nemico” (il nemico è la parzialità, la manipolazione, la contrapposizione faziosa). Ma noi siamo combattenti testardi. Non avendo capi politici da lusingare, la nostra coscienza e la Costituzione antifascista sono le nostre uniche e inderogabili “linee guida” da seguire nel formare cittadine e cittadini liberi e consapevoli.
Egregio Ministro, spero che queste parole non mi costino quella decurtazione dello stipendio che ha inflitto a un mio collega per aver pronunciato delle parole che Lei non ha gradito. Sarebbe non solo grave ma anche di cattivo gusto anche perché di recente insieme ad altri ministri lei lo stipendio ha cercato di aumentarselo.
P. S.
Le sue Linee guida stanno conseguendo i primi risultati. Qualche giorno fa uno studente che aveva studiato la divisione dei poteri di Montesquieu ha osservato che se un ministro fa una manifestazione sotto un tribunale per difendere un altro ministro sotto processo viola la separazione dei poteri. Aggiungendo che un ministro non è un semplice cittadino ma un membro dell’esecutivo, cioè di un potere dello stato. Gli ho risposto che ha ragione e gli ho dato un ottimo voto in educazione civica.
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Belva Lockwood
Gli uomini dicono sempre: ‘Vediamo cosa sai fare’. Se parliamo sempre e non lavoriamo mai non realizzeremo nulla. Dopotutto, l’uguaglianza di diritti e privilegi non è altro che semplice giustizia.
Belva Lockwood, avvocata, educatrice e attivista, è stata la prima donna a candidarsi per la presidenza degli Stati Uniti nel 1884.
Si è fatta largo in un’epoca in cui era convinzione che le studentesse distraessero i colleghi e la professione legale fosse appannaggio di soli uomini, in cui si riteneva che il cervello e il temperamento femminile non fossero adatti a lavori con responsabilità. Anni in cui affari e transazioni si facevano in circoli maschili dove le donne non avevano accesso.
Partita dal nulla, figlia di contadini, ha combattuto con determinazione per avere la possibilità di studiare. Ha subito critiche efferate e superato opposizioni di ogni sorta.
Ha fatto approvare una legge per l’uguaglianza di accesso all’avvocatura ed è stata la prima donna ammessa al foro della Corte Suprema.
Per tutta la vita è stata in prima linea nel sostenere i diritti umani, il suffragio universale, l’emancipazione femminile, i diritti e le pari opportunità delle persone nere e native.
Nata col nome di Belva Ann Bennett, a Royalton, New York, il 24 ottobre 1830, era figlia dell’agricoltore Lewis Johnson Bennett e Hannah Green.
A 18 anni ha sposato Uriah McNall, che dopo quattro anni è morto di tubercolosi.
Per assicurare un futuro migliore a lei e alla sua bambina, è riuscita, dopo un’ardua battaglia a iscriversi al Genesee College, dove si è laureata a pieni voti nel 1857.
Per diversi anni è stata insegnante e poi direttrice di diverse scuole femminili.
Influenzata dall’incontro con Susan B. Anthony, attivista per i diritti delle donne, ha adottato un sistema educativo che forniva una maggiore offerta di possibilità formative per le studenti, lavorando per uniformare la retribuzione.
Affascinata dal mondo della giurisprudenza, ha deciso di studiare legge e si è trasferita con la figlia a Washington, nel 1866, il centro del potere legislativo e governativo.
Nella capitale ha sposato Ezekiel Lockwood, un anziano veterano di guerra che ha sostenuto le sue scelte.
Ha aperto una scuola privata mista, che era una grande novità per quei tempi.
È stata ammessa dall’avvocatura dopo che diversi giudici le avevano detto di non avere fiducia in lei, solo perché donna.
Secondo la legge, il suo status di donna sposata la faceva considerare strettamente subordinata al marito, non poteva possedere o ereditare individualmente una proprietà, né aveva il diritto di stipulare contratti o mantenere i soldi guadagnati senza il permesso del marito.
Ma non si è mai arresa.
Ha dovuto superare l’ostilità dei colleghi maschi della National University Law School e fare ricorso per ottenere la laurea in giurisprudenza dalle mani del presidente Ulysses S. Grant, nel 1873.
Aveva aperto un piccolo studio legale nella sua casa prima ancora di essere ammessa all’ordine degli avvocati.
Attivista per l’emancipazione femminile, ha elaborato e esposto un disegno di legge per la parità di retribuzione e testimoniato davanti al Congresso a sostegno della legislazione per dare alle donne sposate e alle vedove una maggiore protezione legale.
Nel 1870 ha redatto un disegno di legge contro la discriminazione delle donne all’avvocatura, facendo pressioni sul Congresso fino a quando non è stato convertito in legge nel 1879. Questo ha permesso alle avvocate di esercitare in qualsiasi tribunale federale.
È stata la prima donna a prestare giuramento all’avvocatura della Corte Suprema degli Stati Uniti, il 3 marzo 1879 e l’anno successivo, la prima a sostenere un caso.
In seguito, ha supportato Samuel R. Lowery, contribuendo a rendendolo il primo avvocato nero a discutere un caso alla Corte Suprema.
Il suo studio legale attraeva una clientela multirazziale appartenente alla classe operaia. Ha operato nel Distretti di Columbia, Maryland e Virginia, senza temere le lunghe distanze.
Metà del suo lavoro riguardava azioni di divorzio, in cui rappresentava quasi sempre donne. Si è occupata anche di procedimenti ingiuntivi e suddivisione dei terreni. Ha elaborato un numero incalcolabile di atti di vendita e testamenti prima di passare ai reati penali, vincendo molte cause e facendosi apprezzare anche dai suoi detrattori.
Dopo la morte del marito Ezekiel, nel 1877, ha acquistato la casa in cui avevano vissuto, una grande proprietà, fortemente ipotecata, che ha utilizzato anche come pensione e ufficio. Un investimento che le è servito da garanzia per prestiti e accordi commerciali. Per anni ha ospitato minori di cui aveva la tutela legale.
Nel 1881, a 51 anni, incurante dell’opinione generale, ha inforcato una bicicletta per percorrere diverse miglia al giorno, spostandosi tra dipartimenti federali, Campidoglio e tribunali.
Nel 1884 è stata la prima donna a condurre una campagna a pieno titolo per la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti, per affermare il diritto al voto e alla partecipazione politica.
Non poteva votare, ma la Costituzione non impediva agli uomini di votare per lei. Ha delineato una piattaforma di 15 punti su un’ampia gamma di temi, tra cui affari esteri, tariffe, pari diritti politici, riforma del servizio civile, nomine giudiziarie, diritti delle persone native che ha spesso rappresentato, protezione delle terre pubbliche, pensioni e diritto di famiglia.
Aveva ottenuto meno di 5.000 voti (tutti maschili) ma non si è scoraggiata e quattro anni dopo si è ricandidata, soprattutto per sollevare agitazione sui diritti delle donne.
È stata anche docente universitaria e ha scritto saggi su suffragio femminile e uguaglianza legale.
Ha collaborato a riviste come Cosmopolitan, American Magazine of Civics, Harper’s Weekl e Lippincott’s e curato il giornale The Peacemaker.
È stata attiva nella National American Woman Suffrage Association e nell’Equal Rights Party e fatto parte della National Women’s Press Association.
Ha rappresentato la Universal Peace Union in congressi in giro per gli Stati Uniti e in Europa.
Nel 1912 ha affrontato e vinto il suo ultimo caso importante, rappresentando una donna che aveva minacciato di uccidere un famoso banchiere di Washington.
All’età di 83 anni ha guidato un gruppo di donne in un tour in Europa e continuato a marciare in sostegno del suffragio femminile e della pace internazionale. Ha continuato a parlare a favore della pace e del disarmo fino alla sua morte, avvenuta il 19 maggio 1917.
È sepolta nel Congressional Cemetery e, nel 1983, è stata inserita nella National Women’s Hall of Fame con la motivazione: “Usando la sua conoscenza della legge, ha lavorato per garantire il suffragio femminile, le riforme del diritto di proprietà, la parità di retribuzione lavorativa e la pace nel mondo. Fiorendo di pubblicità e partigianeria e incoraggiando altre donne a perseguire carriere legali, ha contribuito ad aprire la professione legale alle donne”.
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