#Alaska selvaggia
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pier-carlo-universe · 4 days ago
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Il grande inverno – Kristin Hannah. Recensione di Alessandria today
Un romanzo di amore, sopravvivenza e resilienza nel cuore della natura selvaggia.
Un romanzo di amore, sopravvivenza e resilienza nel cuore della natura selvaggia. Kristin Hannah, autrice di bestseller internazionali, ci trasporta nella gelida e affascinante Alaska con Il grande inverno, una storia intensa e avvolgente che esplora i legami familiari, la fragilità umana e la forza necessaria per sopravvivere nelle condizioni più estreme. Trama emozionante e ricca di…
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bibliotecasanvalentino · 5 months ago
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica Valentina Pace
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: Edizioni Clichy
Buona lettura a tutti!
𝐁𝐋𝐈𝐙𝐙𝐀𝐑𝐃 𝐝𝐢 𝐌𝐚𝐫𝐢𝐞 𝐕𝐢𝐧𝐠𝐭𝐫𝐚𝐬
“Qualche volta il peso dei segreti è così grande che non si sa neppure più come liberarsene, salvo sparire con loro.”
Chi vive in un territorio aspro e selvaggio come l’Alaska, sa benissimo che, quando si scatena il blizzard, la tempesta di neve con raffiche di vento che superano i quaranta chilometri orari, è molto pericoloso farsi sorprendere all'aperto. Eppure Bess e il piccolo Thomas, incuranti del pericolo e del freddo estremo, si trovano fuori dalla casa che condividono con Benedict, tra neve e ghiaccio, mentre il vento soffia e congela tutto ciò che si trova sul suo cammino. Un attimo di distrazione, Bess si china per allacciarsi una scarpa, e il piccolo Thomas scompare.
È questo l’incipit di “Blizzard”, opera prima della scrittrice francese Marie Vingtras, un romanzo corale suddiviso in capitoli brevi, in cui si alterna il punto di vista dei quattro protagonisti: Bess, Benedict, Cole e Freeman, ognuno dei quali, per ragioni diverse, si trova a vivere in un paese in cui, la natura implacabile rende la sopravvivenza molto difficile.
Bess è una giovane donna californiana segnata da una tragedia familiare di cui si sente responsabile e per la quale non riesce a perdonarsi. Dagli altri personaggi, che non conoscono la sua storia, viene considerata un’inetta, totalmente inadatta a prendersi cura del piccolo Thomas e a vivere in un ambiente dal clima così aspro.
Benedict, nato e vissuto in Alaska, conosce tutti i segreti della vita selvaggia che ha appreso dal padre Magnus. Ha anche un fratello maggiore, Thomas, che, per ragioni a lui incomprensibili, si ribella alla vita familiare e decide di lasciare la sua terra d’origine. Benedict ne segue le tracce che lo conducono al piccolo Thomas.
Cole è il cattivo della storia, egoista, ignorante, razzista, misogino, alcolizzato, preda di istinti bestiali, nasconde un terribile segreto che viene svelato solo alla fine del romanzo.
Freeman è un afroamericano, veterano del Vietnam, che ha deciso di trascorrere la sua pensione in Alaska e, grazie ai suoi trascorsi nell’esercito, nonostante le difficoltà, impara a sopravvivere in quella natura tanto desolata.
Attraverso questi quattro personaggi, Marie Vingtras ci racconta, un capitolo dopo l’altro, una storia sulla colpa, la paternità e la perdita. “Blizzard” si configura come un puzzle in cui, pagina dopo pagina, il lettore scopre una serie di segreti che vanno a comporre le parti di una vicenda agghiacciante dominata dalla violenza e dalla sofferenza.
COSA MI È PIACIUTO
“Blizzard” di Marie Vingtras ha catturato la mia attenzione fin dalla prima pagina, e ho apprezzato moltissimo l’approfondimento psicologico dei personaggi, lo stile chiaro ed essenziale e le descrizioni della natura aspra e selvaggia.
COSA NON MI È PIACIUTO
Come sempre quando un libro mi piace enormemente, mi trovo in difficoltà a evidenziarne gli aspetti negativi. Sinceramente, in questo caso, non ne ho trovato nessuno.
L’AUTRICE
Marie Vingtras è nata a Rennes nel 1972. Deve il suo pseudonimo ad Arthur Vingtras, a sua volta pseudonimo di Caroline Rémy, la prima donna a dirigere un quotidiano in Francia, alla fine dell’Ottocento. Marie è molto attiva nell’arcipelago femminista francese. “Blizzard” è il suo primo romanzo.
LA CASA EDITRICE
Edizioni Clichy nasce a Firenze nell’ottobre 2012 dalla visione di Tommaso Gurrieri e Franziska Peltenburg-Brechneff, come una casa editrice indipendente con lo sguardo rivolto verso il mondo, dall’identità forte e riconoscibile. L’idea che spinge il progetto editoriale è quella di una proposta che operi una ricerca di qualità, bellezza e originalità. Esplorare partendo dalla lezione dei maestri, portando ai lettori una proposta che stimola la curiosità, che stupisce, che lascia il segno per la necessità e l’urgenza dei temi che si affrontano e si declinano in modo allo stesso tempo profondo e leggero. La coerenza, valore fondamentale, emerge nelle idee, nei personaggi, nelle storie, ma anche nella tipologia dei libri, immediatamente riconoscibili anche per la grafica e la scelta della carta.
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goodbearblind · 3 years ago
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"Questo è l'autoscatto più famoso di Christopher Johnson McCandless, viaggiatore statunitense che all'inizio degli anni novanta, dopo aver conseguito con ottimi voti una laurea alla Emory University, decise di intraprendere un viaggio solitario nell'Ovest Americano. Devolse così tutti i suoi risparmi alla Oxfam, lasciò senza alcun avviso la famiglia benestante e partì da solo sulla sua Datsun che abbandonò poco dopo (lasciandovi all'interno tutti i suoi beni e qualsiasi traccia della sua identità). Proseguì il viaggio in autostop e girovagò tra Stati Uniti e Messico settentrionale. Trascorse gli ultimi 112 giorni della sua vita in Alaska, dove abitò in un autobus abbandonato soprannominato da lui Magic Bus. Durante tutto il suo viaggio Chris, che si era cambiato nome in Alexander Supertramp, scrisse diverse pagine di appunti in cui spiegava i motivi per cui aveva preso la drastica decisione di lasciare la società e in cui descrive il suo lungo viaggio all'interno della natura selvaggia. Venne ritrovato da due cacciatori all'interno del Magic Bus nell'agosto del '92, morto, probabilmente di fame o intossicato. Assieme al suo cadavere furono trovati, oltre che diversi oggetti di cui si era servito per sopravvivere in Alaska, anche i suoi appunti, una macchina fotografica contenente questo autoscatto e alcuni libri di Tolstoj, London e Thoreau. La sua storia ha ispirato il libro "Nelle terre estreme" di Jon Krakauer e il film di Sean Penn "Into the wild" (interpretato da Emile Hirsch e con a colonna sonora di Eddie Vedder). In seguito alla risonanza mediatica , il Magic Bus è diventato meta degli appassionati della storia di Alex e dei turisti estremi, ma nel gennaio del 2014 le autorità locali hanno optato per lo spostamento del veicolo in un punto più raggiungibile, dato il numero eccessivo di persone trovatesi in pericolo mentre tentavano di raggiungere il bus."
#alexandersupertramp
#freedom
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ilcovodelbikersgrunf · 4 years ago
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C’è un solo autobus, il Dalton Highway Express, che percorre quei 666 chilometri della famigerata e iconica Alaska Route 11, la stessa che porta fino all’insediamento di Deadhorse, sulla costa dell’Oceano Artico.
Di avventure in strada se ne possono vivere tantissime, lo abbiamo scoperto attraverso quella selezione di viaggi on the road tra le strade più incredibili del mondo. Tuttavia nessuno itinerario automobilistico può essere paragonato alla leggendaria Dalton Highway.
Percorrere la strada di Dalton è un’avventura destinata a pochi. Il tragitto è molto lungo, alcuni tratti sono sterrati e altri asfaltati. La vera problematica sorge dal fatto che le stazioni di servizio sono davvero poche, e collocate a molta distanza tra loro. A questo si aggiunge il fatto che, lungo tutto il percorso, non è disponibile alcun servizio di telefonia mobile, né di connessione a internet.
Chiunque voglia intraprendere questa avventura su ruote, probabilmente, sa bene che deve dotarsi di una radio o di un telefono satellitare. Del resto si sta sempre percorrendo la strada più settentrionale d’America. E probabilmente anche la più pericolosa.
Costruita nel 1974 per servire la zona petrolifera di Prudhoe Bay, inizialmente la Dalton Highway era una strada destinata solo ai grandi camion. Nel 1994 lo Stato ha aperto l’autostrada ai veicoli privati, anche se è opportuno attraversarla con dei mezzi idonei, viste le strade fangose, le polveri, i ghiacci e le valanghe.
La Dalton Highway è stata definita come l’ultima grande strada selvaggia sulla terra. Si snoda attraverso gli altopiani dello Yukon-Tanana, attraversa il fiume Yukon, si arrampica attraverso il passo Atigun e la fantastica catena montuosa Brooks per poi finire sulle rive dell’Oceano Artico. Eppure è quella l’unica strada che conduce al Circolo Polare via terra, ed è la stessa che affascina da sempre avventurieri e viaggiatori di tutto il mondo.
Da questa consapevolezza è nato, più di vent’anni fa, il Dalton Highway Express, che possiamo definire la linea di bus più isolata della terra. Questo servizio non effettua molte fermate e deve essere prenotato con almeno 14 giorni di anticipo.
Più che un tour, si tratta di un servizio di trasporto tra Fairbanks e Deadhorse, che però garantisce comunque un itinerario panoramico prima di arrivare alla meta.
Dai finestrini dell’autobus solitario, infatti, è possibile ammirare le diverse specie che vivono lungo la Dalton Highway , tra cui alci, lupi, orsi, renne e buoi muschiati, e ancora laghi glaciali, paludi e foreste boreali. Il panorama cambia continuamente, da chilometro a chilometro e nel corso delle stagioni, riservando sempre inedite scoperte. Insomma, il viaggio ai confini del mondo inizia qui.
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freedomtripitaly · 4 years ago
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C’è una zona d’Italia dove sembra di stare in Alaska. È l’Alto Monferrato. Qui, sull’Appennino piemontese, al confine con la Liguria, ci sono angoli incontaminati che nessuno immaginerebbe mai di trovare. Una zona assolutamente “wild”, proprio come nel celebre film che ha visto protagonista Sean Penn. E dire che siamo a un’ora di auto solamente dalle grandi città come Torino, Milano e Genova. Quest’area è il punto d’incontro – raro – tra ambienti mediterranei e montani. Un vero paradiso per chi ama la natura selvaggia e le attività all’aria aperta, anche tra le più inaspettate, come la possibilità di cercare l’oro nel fiume. Si dice che la presenza di sabbie aurifere nei fiumi di questo territorio fosse, già in antichità, sancita dalla presenza delle lettere “or” nei nomi dei fiumi locali, come per esempio il Gorzente, che nasce nel Parco delle Capanne di Marcarolo o l’Orba, piu a valle. Le acque di questi torrenti portano a valle tracce di oro alluvionale, risalente al quaternario, durante il periodo delle glaciazioni e pochi sanno che già nel primo millennio a.C. la ricerca dell’oro veniva praticata setacciando il fiume. @Alexala – Gianluca Grassano I Romani ne fecero una vera e propria attività organizzata, tanto che furono fondati due insediamenti: la Rondinaria (vicino a Ovada) e la Rondinella, in prossimità dell’attuale Casal Cermelli. Un’attività mai interrotta né nel Medioevo e neppure nei secoli successivi, sino a un’estrazione di tipo semi industriale nel ‘900. A Casal Cermelli si trova l’unica area autorizzata per la ricerca dell’oro a scopo amatoriale scientifico e didattico, da parte della Regione Piemonte, proprio per la tradizione antichissima di questa attività che viene gestita dalla Cascina Merlanetta, un’azienda agricola a conduzione biologica nonché fattoria didattica affacciata sulla sponda sinistra del torrente Orba che si trova in zona Sic (Sito di importanza comunitaria) e nella Riserva naturale speciale del torrente Orba. @Alexala – Gianluca Grassano Qui si trova anche il Museo dell’oro, un’area espositiva che racchiude antichi strumenti del mestiere, reperti risalenti all’età Romana, manufatti, oggetti e documenti legati alla ricerca dell’oro. Una volta indossati gli stivaloni e agguntati secchio e pala si va, sotto la supervisione dei responsabili che indicano anche i punti più adatti in cui fermarsi, a cercare l’oro. C’è chi ne trova un grammo, chi due. Si può portrare a casa oro puro al 92% trovato con le proprie mani. Il fiume Gorzente, quello che porta l’oro al Piota e poi all’Orba, nasce in un luogo incontaminato e dalla natura spettacolare: il Parco delle Capanne di Marcarolo (da 335 a 1172 metri s.l.m.) che, sebbene, dal punto di vista amministrativo ricada interamente nel Piemonte, mantiene legami indissolubili – storici, culturali e ambientali- con l’entroterra ligure e genovese in particolare. Paradiso degli amanti della natura, il parco dà il suo meglio dalla primavera all’autunno, quando si possono percorrere 23 sentieri escursionistici di ogni livello e che soddisfano le esigenze di tutti, dalla famigliola con sentieri didattici come il “Sentiero Naturalistico Lavagnina” all’escursionista più esigente che può fare il “Sentiero dei laghi del Gorzente”: 15 km immersi nella natura dell’Appennino piemontese tra boschi e praterie incontaminate in cui sopravvivono piante e animali altrove estinti, torrenti d’acqua limpidissima che scorrono tra pareti ripide e scoscese, profumi di essenze alpine e mediterranee che si mescolano in queste montagne a ridosso del mare. @Alexala – Gianluca Grassano https://ift.tt/2ZVvZq5 Altro che Alaska: il Monferrato come “Into the wild” C’è una zona d’Italia dove sembra di stare in Alaska. È l’Alto Monferrato. Qui, sull’Appennino piemontese, al confine con la Liguria, ci sono angoli incontaminati che nessuno immaginerebbe mai di trovare. Una zona assolutamente “wild”, proprio come nel celebre film che ha visto protagonista Sean Penn. E dire che siamo a un’ora di auto solamente dalle grandi città come Torino, Milano e Genova. Quest’area è il punto d’incontro – raro – tra ambienti mediterranei e montani. Un vero paradiso per chi ama la natura selvaggia e le attività all’aria aperta, anche tra le più inaspettate, come la possibilità di cercare l’oro nel fiume. Si dice che la presenza di sabbie aurifere nei fiumi di questo territorio fosse, già in antichità, sancita dalla presenza delle lettere “or” nei nomi dei fiumi locali, come per esempio il Gorzente, che nasce nel Parco delle Capanne di Marcarolo o l’Orba, piu a valle. Le acque di questi torrenti portano a valle tracce di oro alluvionale, risalente al quaternario, durante il periodo delle glaciazioni e pochi sanno che già nel primo millennio a.C. la ricerca dell’oro veniva praticata setacciando il fiume. @Alexala – Gianluca Grassano I Romani ne fecero una vera e propria attività organizzata, tanto che furono fondati due insediamenti: la Rondinaria (vicino a Ovada) e la Rondinella, in prossimità dell’attuale Casal Cermelli. Un’attività mai interrotta né nel Medioevo e neppure nei secoli successivi, sino a un’estrazione di tipo semi industriale nel ‘900. A Casal Cermelli si trova l’unica area autorizzata per la ricerca dell’oro a scopo amatoriale scientifico e didattico, da parte della Regione Piemonte, proprio per la tradizione antichissima di questa attività che viene gestita dalla Cascina Merlanetta, un’azienda agricola a conduzione biologica nonché fattoria didattica affacciata sulla sponda sinistra del torrente Orba che si trova in zona Sic (Sito di importanza comunitaria) e nella Riserva naturale speciale del torrente Orba. @Alexala – Gianluca Grassano Qui si trova anche il Museo dell’oro, un’area espositiva che racchiude antichi strumenti del mestiere, reperti risalenti all’età Romana, manufatti, oggetti e documenti legati alla ricerca dell’oro. Una volta indossati gli stivaloni e agguntati secchio e pala si va, sotto la supervisione dei responsabili che indicano anche i punti più adatti in cui fermarsi, a cercare l’oro. C’è chi ne trova un grammo, chi due. Si può portrare a casa oro puro al 92% trovato con le proprie mani. Il fiume Gorzente, quello che porta l’oro al Piota e poi all’Orba, nasce in un luogo incontaminato e dalla natura spettacolare: il Parco delle Capanne di Marcarolo (da 335 a 1172 metri s.l.m.) che, sebbene, dal punto di vista amministrativo ricada interamente nel Piemonte, mantiene legami indissolubili – storici, culturali e ambientali- con l’entroterra ligure e genovese in particolare. Paradiso degli amanti della natura, il parco dà il suo meglio dalla primavera all’autunno, quando si possono percorrere 23 sentieri escursionistici di ogni livello e che soddisfano le esigenze di tutti, dalla famigliola con sentieri didattici come il “Sentiero Naturalistico Lavagnina” all’escursionista più esigente che può fare il “Sentiero dei laghi del Gorzente”: 15 km immersi nella natura dell’Appennino piemontese tra boschi e praterie incontaminate in cui sopravvivono piante e animali altrove estinti, torrenti d’acqua limpidissima che scorrono tra pareti ripide e scoscese, profumi di essenze alpine e mediterranee che si mescolano in queste montagne a ridosso del mare. @Alexala – Gianluca Grassano Sull’Appennino piemontese, al confine con la Liguria, ci sono angoli incontaminati che nessuno immaginerebbe mai di trovare.
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predarubia · 7 years ago
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Christopher Johnson McCandless. Self portrait. Stampede Trail, Alaska. 18 Agosto 1992...alcuni giorni prima Predarubia. Intermezzo. 8 Settembre 2017. "Happiness is only real when shared"
La verità è lì davanti ai tuoi occhi, e la scosti come se scostasti una tenda per far entrare più luce. Guardi per un attimo dalla finestra, perché potrebbe essere lì in strada appena fuori dal tuo campo visivo, dal limite che la finestra ti impone. Ti volti sicuro di vederla nella stanza adesso illuminata, adesso che la luce ha cancellato le ombre togliendogli nascondiglio, rifugio. Niente. Non resta che sedersi dove eri seduto prima, continuare a guardare verso la finestra, perché sei sicuro di averla vista in un rapido battito di ciglia.
Sono seduto in poltrona, sfatto. Non è la stanchezza fisica di chi, martello pneumatico in mano, ha martellato le strade per 8 ore sotto il sole rovente. Non c'è sudore ad imperlarmi la fronte. Le mani non hanno traccia di dolore, non vibrano del ricordo di quelle 8 ore che non hanno fatto. Ogni giorno da un mese a questa parte macino i km che mi separano dallo studio dove stiamo registrando il nostro primo disco. Sono svuotato. Non sono le lunghe sedute di registrazioni, ore a ripetere la stessa cosa più e più volte. Ci siamo noi in questo disco, è fatto della stessa materia di cui sono fatti i nostri corpi. E' fisico, nessuna idea astratta, nessuna concezione fintamente intellettuale. L'energia, la forza che le canzoni hanno si alimenta con la forza e l'energia che gli cedi bruciando. Siamo alle voci e lo sforzo di credere in quello che fai, il coraggio che serve a credere, ti svuota l'aria dai polmoni. Domani tocca ad Intermezzo, mi è chiaro cosa c'è dentro, ma forse non basta. "Love burned the ocean" è così, lo è per me. Ma perché non è abbastanza? Perché vogliamo che tutti vedano, ascoltino, che l'amore ha bruciato l'oceano?
Su Netflix in programmazione c'è Into the wild di Sean Penn. Adoro questo film, l'ho già visto 5 o 6 volte. C'è qualcosa però che mi sfugge che so di non aver compreso, che mi disturba. Indosso le cuffie, ci sono le canzoni di Eddie Vedder a fare da colonna sonora al film, nelle orecchie non c'è posto per altro.   Sean Penn ha la sensibilità di raccontarti questa storia senza obbligarti a comprenderla. Te la fa ronzare nelle orecchie per tutto il film, in modo che tu ti chieda da dove arriva quel suono, cosa sia quel suono. Lascia a te il compito di alzarti ed andare a vedere. Guardo rapito con quel senso di fastidio che cresce, non lo comprendo vorrei solo tirar via tutto, spengere ed andare a dormire, se non fosse per la bellezza che mi scorre davanti, se non fosse che capire alle volte è così maledettamente importante. Non mi piace il protagonista del film, che sia questo? Non parlo di Christopher McCandless, per quanto il film parli di lui, racconti una parte di lui. Non è Emile Hirsch l'attore che lo impersona, maledettamente bravo nel ruolo. Nella vita reale le persone si muovono in maniera caotica e disordinata, seguendo traiettorie imprevedibili ai nostri occhi. Noi tracciamo linee davanti a noi, che delimitano la strada, segnano la mezzeria. Chi percorre le nostre strade attraversa quella mezzeria più e più volte e noi facciamo altrettanto. Amiamo ed odiamo la stessa persona più e più volte a seconda di quale lato della strada prende, a seconda di quale lato della strada abbiamo preso noi in quel momento. Per quanto ben congegnati i personaggi di una storia seguono una linea ben marcata e prevedibile, l'autore li pone davanti a noi scegliendo per noi il lato, decidendo se dobbiamo amarli od odiarli. Alle volte non è qualcosa di così netto come l'amore o l'odio, non è come nei vecchi film western in cui era impossibile amare gli indiani per quanto ti sforzassi. Non provo il fascino che prova il protagonista nell'abbandonare la civiltà e rifugiarsi nella natura più selvaggia, per quanto capisca l'alienazione da un modello di vita, da una forma di società. Non comprendo l'amore della famiglia, della sorella. Facile da capire se si pensa a quella reale, ma di questa sullo schermo verso questo Christopher? Forse i genitori (film) sono 2 str****, che lo vogliono forzatamente nei loro schemi, ma la sorella? Lei gli è accanto, lo conforta con la sua comprensione, ed è ugualmente abbandonata. Lo stesso amore che provano gli altri, le persone che incrocia sulla via, mi è incomprensibile. Li sfiora appena mentre prosegue nel suo viaggio. Incurante del loro amore che non si è guadagnato. Siamo al Magic Bus e mi arrendo. Sprofondo in poltrona, lo schermo è la mia finestra. La penna incide il foglio "Happiness only real when shared" ed eccola la verità che ti sei ostinato a scansare, convinto che fosse dietro la tenda, in strada, che servisse luce per vederla, che fosse al limite luce stessa. La verità è una tenda che fa polvere, che scansi per non guardarla, illudendoti in quel gesto di poterla finalmente vedere.
"Happiness only real when shared" lentamente a fatica. Gli occhiali posati, lacrime che liberano. Acqua marrone e sporca scorre sulle gambe magre. Pantaloni che risalgono le stesse gambe, tessuto quasi vuoto che solo l'aria riempie. La mano afferra verde e ruggine e si tira dietro il resto. Respiro, freddo, coperta. Il nome che ti sei dato a raccontare cosa hai fatto, il nome che ti hanno dato a dire chi sei. La zip sale ed un triangolo di cielo da spiare. Respiro, freddo ed un tamburo che va dal petto alle orecchie. Il cielo si allarga come il sorriso, il respiro diventa un urlo che si scioglie nell'abbraccio che ti porta indietro e nuovamente lì dove sei, dove eri prima, ma consapevole. Il tamburo accelera. Cielo, freddo ed un respiro, l'ultimo.
Happiness is only real when shared è tutto lì, la felicità è reale solo se condivisa. Ecco il senso di tutto, del nostro essere band, di voler che quell'amore che brucia l'oceano sia visibile a tutti, che tutti possano ascoltarlo.   Il giorno dopo tocca ad Intermezzo e tutto questo ci finisce dentro "Happiness is only real when shared" è lì, ma non credete a me, ascoltate anche se è ben nascosto e solo in pochi capiranno dove.
Giuseppe Pocai
Clicca per provarci https://itunes.apple.com/it/album/intermezzo/1273723314…
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corallorosso · 8 years ago
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Questo è l'autoscatto più famoso di Christopher Johnson McCandless, viaggiatore statunitense che all'inizio degli anni novanta, dopo aver conseguito con ottimi voti una laurea alla Emory University, decise di intraprendere un viaggio solitario nell'Ovest Americano. Devolvè così tutti i suoi risparmi alla Oxfam, lasciò senza alcun avviso la famiglia benestante e partì da solo sulla sua Datsun che abbandonò poco dopo (lasciandovi all'interno tutti i suoi beni e qualsiasi traccia della sua identità). Proseguì il viaggio in autostop e girovagò tra Stati Uniti e Messico settentrionale. Trascorse gli ultimi 112 giorni della sua vita in Alaska, dove abitò in un autobus abbandonato soprannominato da lui Magic Bus. Durante tutto il suo viaggio Chris, che si era cambiato nome in Alexander Supertramp, scrisse diverse pagine di appunti in cui spiegava i motivi per cui aveva preso la drastica decisione di lasciare la società e in cui descrive il suo lungo viaggio all'interno della natura selvaggia. Venne ritrovato da due cacciatori all'interno del Magic Bus nell'agosto del '92, morto, probabilmente di fame o intossicato. La sua storia ha ispirato il libro "Nelle terre estreme" di Jon Krakauer e il film di Sean Penn "Into the wild". In seguito alla risonanza mediatica , il Magic Bus è diventato meta degli appassionati della storia di Alex e dei turisti estremi, ma nel gennaio del 2014 le autorità locali hanno optato per lo spostamento del veicolo in un punto più raggiungibile, dato il numero eccessivo di persone trovatesi in pericolo mentre tentavano di raggiungere il bus. (Le fotografie che hanno fatto la storia)
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pangeanews · 5 years ago
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Federico Italiano è il Fitzcarraldo della poesia nostra: fonde la cultura all’ispirazione selvaggia (e chiacchiera con Auden, Brodskij, Walcott)
Drasticamente, la poesia italiana è ridotta a due eventi. A: i ‘maestri’ che si sputtanano sputando sul marmo della propria opera, senza altro spunto che recitare se stessi, decrepiti. B: i poeti ‘nuovi’ che sculettano sul palco lirico, manco fosse un trito episodio sanremese (credono nella fama, poveretti, senza altra fame). D’altronde, per farsi notare bisogna ‘saperci fare’ e i critici letterari, da tempo, inaciditi nell’ovvio, vogliono essere considerati poeti puri pure loro, poveretti.
*
Per salvarmi dalla palude, gettando nel cosmo qualche poesia per gli extraterrestri che verranno, sfoglio un libro pubblicato dieci anni fa. S’intitola L’invasione dei granchi giganti, lo ha scritto Federico Italiano, lo ha pubblicato Marietti. Quel libro è un cristallo. Alcune poesie – queste, almeno: Il tradimento dei rospi, La nuova età gregaria o l’invasione delle locuste, L’invasione dei granchi giganti, Dersu Uzala, I Mirmidoni – andrebbero imparate a scuola, per capire come si fa. Poesia, infatti, non è auscultare i moti perpetui del proprio cuore, non è speleologia cardiovascolare; poesia è studio, pensiero raffinato in versi, intuizione selvatica, linguaggio che abbaglia.
*
Quando Federico Italiano fonde la cultura indomita con l’indole selvaggia, è un poeta eccezionale: elegantissimo europeo in una Amazzonia, una specie di Fitzcarraldo. Shakespeare sul Rio delle Amazzoni.
*
Italiano è cresciuto tra le risaie novaresi, ha vissuto quindici anni a Monaco di Baviera, è ricercatore a Vienna. Ha tradotto tanto, facendo della traduzione un’armeria bizantina: dallo spagnolo, dall’inglese, dal francese. Il tedesco è l’altro lato della sua vita linguistica: Einaudi ha da poco pubblicato Variazioni sul barile dell’acqua piovana di Jan Wagner, la traduzione è sua, di Italiano. La sua poesia è riassunta nel titolo del primo libro, Nella costanza (Edizioni Atelier, 2003): una infallibile fedeltà permette di azzerare le distanze tra Potatori di siepi a Hasenbergl (poesia di allora) e Il metodo nigeriano per vincere a Scribble, poesia inscatolata nell’ultima raccolta di Italiano, Habitat (Elliot, 2020), tra Trasloco (poesia di allora) e Le case degli altri (poesia di ora). Come se continuasse a raffinare il vetro in vento, Federico.
*
Federico Italiano è un poeta ‘europeo’, cioè colto: chiacchiera con W.H. Auden, s’è azzardato a scrivere un Post scriptum a Josif Brodskij, prende il caffè con Ted Hughes, strologa di miti ancestrali con Seamus Heaney. In una poesia bellissima, Garzette, mi pare che stia ballando con Derek Walcott, in un Eden dove ogni linguaggio è argento:
Mattino chiaro, azzurro, atletico, nelle distese smeraldo del loro regno acquatico.
Ci scortava una flotta di libellule, elicotteri in miniatura, quando due leprotti
sbucarono dall’ultimo campo di granturco, in missione segreta tra gramigna e sambuco
tra i canneti e le felci, lungo gli argini erbosi di risaia. Dal palo della luce
un nibbio si fiondò dietro loro e con ali che parevano scandire un uffa
un’intera colonia di garzette cambiò lato dell’acqua volando poco sopra le nostre teste.
*
Mantiene la fiamma di una poesia che pare incenerita dal facile, dal fucile patetico, dal vacuo preziosismo. Ma quando ‘imita’ non coltiva il culto alessandrino: Italiano esplicita la fonte, la devia, gioca con la lince della verità. Qui, rinvigorendo Abulafia, maestro cabbalista:
Ti ho visto emergere dal mio respiro con la schiena ancora accesa d’amore, trapunta da milioni di comete.
Come erano belli i tuoi piedi quando s’inerpicavano e si attorcigliavano sul mio collo, dirigendo i miei occhi
verso l’Orsa Maggiore – ma dietro i cristalli della tua stanza il segreto divenne legge e alleanza.
*
Con corrosiva certezza insisto avvicinando Federico Italiano a Stanley Kubrick. Italiano è un poeta ‘fotografico’, ossessionato dall’eleganza, come il regista che studia l’illuminazione di Barry Lyndon, nell’apocalisse delle candele. La forma – candela come endecasillabo – galvanizza il contenuto, la narrazione. A volte, invece, leggerei Italiano con I duellanti in tivù, in sottofondo – il poeta lo vedrei bene in blusa da Ussaro, nella Mosca occupata dai napoleonici, a pasteggiare sul corpo di una divina a Budapest, a disegnare le Sfingi mentre Horatio Nelson fa vela verso le Indie. Vive nel senza tempo, la poesia di Italiano, nell’eccidio geologico: Il monito di Rick Aster (in Nella costanza), Discorso di un giovane alla sua prescelta (in L’invasione dei granchi giganti), Alaska (in L’impronta) e Frammenti di una guerra vivono una simile alchimia, che svasa nell’indimenticabile, nel dispetto a Crono.
*
Mi pare uno che danza sul ghiacciaio, come se fosse una fetta di sole:
La morte sciolse il malinteso che associa i corpi.
Quando la guerra terminò, il cielo si tinse di rosa.
Poi piovve acqua mischiata a sabbia e nacquero giganti.
Certamente Federico Italiano, in esilio dalla nostra lingua, ha costruito un roseto per i reietti, una risposta alla dissoluzione estetica, una pagoda nel deserto, l’Opera in un minuscolo villaggio nella giungla. (d.b.)
*In copertina: Klaus Kinski sul set di “Fitzcarraldo” (1982), il film di Werner Herzog
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italianaradio · 6 years ago
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La terra dei figli di Gipi diventa un film diretto da Claudio Cupellini
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La terra dei figli di Gipi diventa un film diretto da Claudio Cupellini
La terra dei figli di Gipi diventa un film diretto da Claudio Cupellini
La terra dei figli di Gipi diventa un film diretto da Claudio Cupellini
Claudio Cupellini dirigerà l’adattamento cinematografico de La terra dei figli, una delle storie a fumetti di Gianni Pacinotti, Gipi. Il regista di Una vita tranquilla, Alaska e di numerosi episodi di Gomorra – La serie si appresta ad adattare l’ultimo fumetto edito dell’artista pisano, tra le sue opere più popolari e affascinanti.
Il quotidiano La Stampa riporta la notizia che sarà di sicuro interesse per chi si occupa di cinema e fumetti in Italia. Il film si inserisce così nell’ormai fervida attività che vede dialogare fumetto e cinema nel nostro paese. Cupellini ha anche firmato la sceneggiatura del film insieme a Filippo Gravino e Guido Iuculano, e le riprese si svolgeranno tra Veneto, Emilia Romagna e Lazio, mentre alla produzione c’è Indigo.
La storia di Gipi racconta un mondo post-apocalittico violento in cui i sentimenti sono vietati e in cui un padre tenta di mantenere in vita i propri figli educandoli alla dura e selvaggia realtà che li circonda. Edito nel 2016 da Coconino Press, nel 2018 il libro ha vinto Premio della Critica francese ACBD e ha ottenuto una candidatura al Fauve d’Or di Angoulême 2018.
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
La terra dei figli di Gipi diventa un film diretto da Claudio Cupellini
Claudio Cupellini dirigerà l’adattamento cinematografico de La terra dei figli, una delle storie a fumetti di Gianni Pacinotti, Gipi. Il regista di Una vita tranquilla, Alaska e di numerosi episodi di Gomorra – La serie si appresta ad adattare l’ultimo fumetto edito dell’artista pisano, tra le sue opere più popolari e affascinanti. Il quotidiano La Stampa […]
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Chiara Guida
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tuttacolpadeilibri · 6 years ago
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"In Alaska non ha alcuna importanza ciò che eravate prima; qui conta soltanto ciò che diventate. Siete in una terra selvaggia, ragazze. Questa non è una favola né una fiaba. Ed è tosta. Presto arriverà l’inverno e, credetemi, un inverno così non l’avete mai provato."
“Il suo sorriso in un certo senso la risvegliò, ricordandole che nella vita non c’era soltanto il lavoro. Matthew le insegnò qualcosa di nuovo sull’amicizia, ovvero che ricominciava esattamente nel punto in cui si era interrotta, come se la lontananza non fosse mai esistita.”
“Per quei pochi che sono forti, determinati, sognatori come noi, l’Alaska è casa, sempre e per sempre, è il canto che senti quando il mondo è placido e silenzioso. O appartieni a questo posto, a sua volta selvaggio e ribelle, oppure no. Io vi appartengo.” 
“Leni non riusciva a comprendere i come e i perché dell’amore tra i suoi genitori. Era abbastanza adulta da vedere la superficie turbolenta, ma troppo giovane per capire cosa ci fosse sotto.” Recensione "Il grande inverno" di Kristin Hannah
http://tuttacolpadeilibri.blogspot.com/2018/09/recensione-il-grande-inverno-di-kristin.html
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levysoft · 7 years ago
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A 21 anni ho deciso di lasciare la civiltà per diventare un esploratore. Da allora ho visitato alcuni dei luoghi più sperduti del mondo e l’ho sempre fatto da solo con l’obiettivo di imparare a sopravvivere nella natura selvaggia. Dopo aver attraversato l’Islanda, la Mongolia e l’Alaska ho però compreso l’inconsistenza del mio approccio: ero sì riuscito a sopravvivere in luoghi inospitali come il deserto del Gobi, ma sempre grazie al materiale che avevo nel mio zaino.
In Alaska ho iniziato a eliminare l’utile per mantenere solo l’essenziale, ma non ero ancora indipendente. È stato proprio lì che ho capito che se avessi voluto riconciliarmi davvero con la natura e abbandonare il mondo che la sta distruggendo avrei dovuto fare a meno di tutto ciò che la civiltà moderna ha prodotto. Per farla breve: dovevo passare all'"autonomia totale" accontentandomi di ciò che la natura ha da offrire. Dovevo liberarmi di tutto il contenuto del mio zaino. 
È così che è nata l’idea della mia ultima spedizione sull’Himalaya. L'idea consisteva nell’arrivare con il mio zaino e via via sostituirne tutto il contenuto con alternative naturali—andare nella direzione opposta rispetto al progresso della tecnica e cercare di raggiungere l'essenziale. [...]
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goodbearblind · 4 years ago
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"Questo è l'autoscatto più famoso di Christopher Johnson McCandless, viaggiatore statunitense che all'inizio degli anni novanta, dopo aver conseguito con ottimi voti una laurea alla Emory University, decise di intraprendere un viaggio solitario nell'Ovest Americano. Devolse così tutti i suoi risparmi alla Oxfam, lasciò senza alcun avviso la famiglia benestante e partì da solo sulla sua Datsun che abbandonò poco dopo (lasciandovi all'interno tutti i suoi beni e qualsiasi traccia della sua identità). Proseguì il viaggio in autostop e girovagò tra Stati Uniti e Messico settentrionale. Trascorse gli ultimi 112 giorni della sua vita in Alaska, dove abitò in un autobus abbandonato soprannominato da lui Magic Bus. Durante tutto il suo viaggio Chris, che si era cambiato nome in Alexander Supertramp, scrisse diverse pagine di appunti in cui spiegava i motivi per cui aveva preso la drastica decisione di lasciare la società e in cui descrive il suo lungo viaggio all'interno della natura selvaggia. Venne ritrovato da due cacciatori all'interno del Magic Bus nell'agosto del '92, morto, probabilmente di fame o intossicato. Assieme al suo cadavere furono trovati, oltre che diversi oggetti di cui si era servito per sopravvivere in Alaska, anche i suoi appunti, una macchina fotografica contenente questo autoscatto e alcuni libri di Tolstoj, London e Thoreau. La sua storia ha ispirato il libro "Nelle terre estreme" di Jon Krakauer e il film di Sean Penn "Into the wild" (interpretato da Emile Hirsch e con a colonna sonora di Eddie Vedder). In seguito alla risonanza mediatica , il Magic Bus è diventato meta degli appassionati della storia di Alex e dei turisti estremi, ma nel gennaio del 2014 le autorità locali hanno optato per lo spostamento del veicolo in un punto più raggiungibile, dato il numero eccessivo di persone trovatesi in pericolo mentre tentavano di raggiungere il bus." . . #lefotografiechehannofattolastoria #alexandersupertramp #freedom #intothewild (presso Alaska) https://www.instagram.com/p/CO9r2r8llnl/?igshid=1bk4zx0njgeej
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enricocassi · 8 years ago
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La rassegna cinematografica Buone Visioni presenta per la quinta edizione sei emozionanti “Storie al confine”.
Vite emarginate lontano dalla modernità, personaggi sulla soglia della follia, migranti che tentano di varcare barriere impossibili, diversità razziali e religiose che si scontrano e, a volte, si incontrano.
La corte del castello medievale di Roddi si trasforma in un’insolita e affascinante sala cinematografica all’aperto, nel cuore delle Langhe.
E per rendere ancora più coinvolgente l’esperienza, al cinema si abbinano cene a tema con il mood o la provenienza dei film curate da Terra Academy.
Programma
Dalle ore 19.30
Cena delle terre selvagge (gusti forti dalla natura selvaggia)
Costine bbq con patate affumicate 9€
Insalata di erbe, frutti, bacche e toma fresca 7€
Bavarese con frutti di bosco e meringa balsamica 4€
Il menu può essere soggetto a variazioni.
Ore 21.30
Into the Wild di Sean Penn
2007, USA, 140 minuti con Emile Hirsch, William Hurt, Marcia Gay Harden e Kristen Stewart.
Into the Wild – Nelle terre selvagge è un film del 2007 scritto e diretto da Sean Penn, basato sul libro di Jon Krakauer Nelle terre estreme, in cui viene raccontata la storia vera di Christopher McCandless.
Un giovane proveniente dalla Virginia Occidentale che subito dopo la laurea abbandona la famiglia e intraprende un lungo viaggio di due anni attraverso gli Stati Uniti, fino a raggiungere le terre sconfinate dell’Alaska.
Protagonista della pellicola è l’attore californiano Emile Hirsch, che per la sua drammatica interpretazione ha vinto il premio come migliore attore dal National Board of Review.
La colonna sonora del film è stata composta da Michael Brook, con canzoni di Eddie Vedder. Il brano Guaranteed ha vinto il Golden Globe per la miglior canzone originale.
Leggi tutto su Wikipedia.
http://ift.tt/eA8V8J
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pier-carlo-universe · 4 months ago
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"Il grande inverno: Sopravvivenza e Resilienza nell'Alaska Selvaggia". "Una Famiglia alla Prova della Natura e dei Propri Demoni Interiori". Recensione di Alessandria today
"Il grande inverno" di Kristin Hannah è un potente romanzo che trasporta i lettori nella selvaggia e maestosa Alaska, l'ultima frontiera americana.
“Il grande inverno” di Kristin Hannah è un potente romanzo che trasporta i lettori nella selvaggia e maestosa Alaska, l’ultima frontiera americana. La storia è incentrata sulla famiglia Allbright, che si trasferisce in questa terra remota nel tentativo di trovare un nuovo inizio, lontano dai fantasmi del passato. Ernt Allbright, reduce della guerra del Vietnam, è profondamente segnato dai traumi…
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goodbearblind · 4 years ago
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12 Febbraio 1968
Nasceva nel sud della California Christopher Johnson McCandless.
Questo è l'autoscatto più famoso di Christopher Johnson McCandless, viaggiatore statunitense che all'inizio degli anni novanta, dopo aver conseguito con ottimi voti una laurea alla Emory University, decise di intraprendere un viaggio solitario nell'Ovest Americano. Devolse così tutti i suoi risparmi alla Oxfam, lasciò senza alcun avviso la famiglia benestante e partì da solo sulla sua Datsun che abbandonò poco dopo (lasciandovi all'interno tutti i suoi beni e qualsiasi traccia della sua identità).
Proseguì il viaggio in autostop e girovagò tra Stati Uniti e Messico settentrionale. Trascorse gli ultimi 112 giorni della sua vita in Alaska, dove abitò in un autobus abbandonato soprannominato da lui Magic Bus. Durante tutto il suo viaggio Chris, che si era cambiato nome in Alexander Supertramp, scrisse diverse pagine di appunti in cui spiegava i motivi per cui aveva preso la drastica decisione di lasciare la società e in cui descrive il suo lungo viaggio all'interno della natura selvaggia.
Venne ritrovato da due cacciatori all'interno del Magic Bus nell'agosto del '92, morto, probabilmente di fame o intossicato. Assieme al suo cadavere furono trovati, oltre che diversi oggetti di cui si era servito per sopravvivere in Alaska, anche i suoi appunti, una macchina fotografica contenente questo autoscatto e alcuni libri di Tolstoj, London e Thoreau.
La sua storia ha ispirato il libro "Nelle terre estreme" di Jon Krakauer e il film di Sean Penn "Into the wild" (interpretato da Emile Hirsch e con a colonna sonora di Eddie Vedder). In seguito alla risonanza mediatica , il Magic Bus è diventato meta degli appassionati della storia di Alex e dei turisti estremi, ma nel gennaio del 2014 le autorità locali hanno optato per lo spostamento del veicolo in un punto più raggiungibile, dato il numero eccessivo di persone trovatesi in pericolo mentre tentavano di raggiungere il bus.
La felicità è reale solo quando condivisa. (Christopher Johnson McCandless)
[Nicola Croce]
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goodbearblind · 5 years ago
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"Questo è l'autoscatto più famoso di Christopher Johnson McCandless, viaggiatore statunitense che all'inizio degli anni novanta, dopo aver conseguito con ottimi voti una laurea alla Emory University, decise di intraprendere un viaggio solitario nell'Ovest Americano. Devolse così tutti i suoi risparmi alla Oxfam, lasciò senza alcun avviso la famiglia benestante e partì da solo sulla sua Datsun che abbandonò poco dopo (lasciandovi all'interno tutti i suoi beni e qualsiasi traccia della sua identità). Proseguì il viaggio in autostop e girovagò tra Stati Uniti e Messico settentrionale. Trascorse gli ultimi 112 giorni della sua vita in Alaska, dove abitò in un autobus abbandonato soprannominato da lui Magic Bus. Durante tutto il suo viaggio Chris, che si era cambiato nome in Alexander Supertramp, scrisse diverse pagine di appunti in cui spiegava i motivi per cui aveva preso la drastica decisione di lasciare la società e in cui descrive il suo lungo viaggio all'interno della natura selvaggia. Venne ritrovato da due cacciatori all'interno del Magic Bus nell'agosto del '92, morto, probabilmente di fame o intossicato. Assieme al suo cadavere furono trovati, oltre che diversi oggetti di cui si era servito per sopravvivere in Alaska, anche i suoi appunti, una macchina fotografica contenente questo autoscatto e alcuni libri di Tolstoj, London e Thoreau. La sua storia ha ispirato il libro "Nelle terre estreme" di Jon Krakauer e il film di Sean Penn "Into the wild" (interpretato da Emile Hirsch e con a colonna sonora di Eddie Vedder). In seguito alla risonanza mediatica , il Magic Bus è diventato meta degli appassionati della storia di Alex e dei turisti estremi, ma nel gennaio del 2014 le autorità locali hanno optato per lo spostamento del veicolo in un punto più raggiungibile, dato il numero eccessivo di persone trovatesi in pericolo mentre tentavano di raggiungere il bus." . . #lefotografiechehannofattolastoria #alexandersupertramp #freedom https://www.instagram.com/p/CARxpLLqdZf/?igshid=1a46dqrbj7hgu
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