#storia del xx secolo
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gregor-samsung · 22 days ago
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" L'educazione socialista, come quella antiautoritaria, intende evitare il destino borghese delle pulsioni. A questo fine essa deve iniziare in ambiti educativi distaccati dalla famiglia e dalla società. Essa non si arresta tuttavia al fatto che un ambiente diverso crea bambini diversi, ma vuole rendere questi bambini capaci di modificare autonomamente l'ambiente secondo gli interessi sociali. Ciò presuppone che il bambino nel confronto con gli altri bambini (esterni al collettivo), cioè nel suo specifico ambito sociale di conflitto, impari a far valere le « norme » acquisite nel collettivo di. bambini e mediate praticamente nel collettivo dei genitori. Il bambino si prepara così alla lotta nella scuola, al confronto con gli scolari educati autoritariamente e con gli insegnanti repressivi. L'educazione socialista dovrebbe abolire il tabú borghese della apoliticità dei bambini, mettendoli in grado, attraverso la chiarificazione sessuale e la divulgazione della informazione politica, di sostenere il confronto con le « masse infantili » negli asili statali, nei campi da gioco per l'infanzia e nei cortili. La comune infantile non dovrebbe essere un'isola pedagogica, ma servire quale base in cui i bambini esercitano un comportamento collettivo e combattivo nel confronto con le persone di riferimento (collettivo dei genitori). Nel collettivo infantile socialista il bambino deve imparare attraverso il lavoro con materiale di agitazione e di informazione, attraverso il teatro e il gioco infantile politico, « forme di lotta » socialiste che si dimostrino modificabili dall'Io nelle mutevoli fasi della lotta. "
Chiara Saraceno, Dall'educazione antiautoritaria all'educazione socialista, De Donato editore (collana Temi e problemi), 1972¹, pp. 195-196.
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campadailyblog · 9 months ago
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Francis Bacon: Intensità e Distorsione nei Ritratti
Francis Bacon è un artista britannico del XX secolo, famoso per i suoi ritratti intensi e distorti. Nato a Dublino nel 1909, a soli 16 anni lasciò la casa dei genitori. Si trasferì prima a Londra, poi a Berlino e infine a Parigi. Lì, iniziò a lavorare come designer di interni. Nel 1927, dopo aver visto una mostra di Picasso, decise di dedicarsi alla pittura. Era autodidatta. I suoi primi dipinti,…
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angelap3 · 2 months ago
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L’uomo ritratto in questa fotografia non è un mendicante, né un vagabondo, né un povero. Quest'uomo è Lev Tolstoj, uno dei giganti della letteratura russa, celebre in tutto il mondo. Eppure, pochi conoscono la straordinaria storia dietro questa immagine.
A cinquant’anni, Tolstoj precipitò in una profonda depressione. La tristezza lo consumava giorno dopo giorno, senza una causa apparente. Era un conte, uno degli uomini più ricchi del suo paese, ammirato ovunque per i suoi romanzi. Eppure, era infelice.
«Il denaro non era niente, il potere non era niente. Si vedevano persone che avevano entrambi ed erano infelici. Anche la salute non contava molto; c’erano persone malate piene di voglia di vivere e persone sane che appassivano, angosciate dalla paura di soffrire».
Un giorno, passeggiando per il viale Afanasevsky, vide un orfano. Mosso dalla compassione, lo portò a casa con sé. Per la prima volta dopo tanto tempo, provò un senso di pace. Si dimenticò di sé stesso, della sua angoscia, della sua insoddisfazione.
Fu l’inizio di un cambiamento radicale. Tolstoj rinunciò ai suoi abiti eleganti, ai privilegi della sua condizione, e scelse di condurre una vita semplice, dedicandosi agli altri e donando ciò che possedeva ai bisognosi.
«Non parlarmi di religione, di carità, di amore», diceva, «mostrami la religione nelle tue azioni».
Tolstoj divenne il primo grande teorico della non violenza, predicò la fratellanza tra i popoli e le sue idee ispirarono un’altra figura straordinaria del XX secolo: Mahatma Gandhi. Fino all’ultimo giorno della sua vita continuò ad aiutare il prossimo, tanto che molti lo consideravano pazzo.
In un mondo che esalta il possesso, dove tutti vogliono prendere ma pochi sanno dare, Tolstoj sembrava un folle. Un giorno, un vecchio amico, immerso nel lusso e nella comodità, gli chiese:
«Che senso ha tutto questo? Che ti importa degli altri? Dovresti pensare a te stesso».
Tolstoj rispose con parole destinate a restare immortali:
«Se senti dolore, sei vivo. Ma se senti il dolore degli altri, sei umano».
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ambrenoir · 7 months ago
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"Un tempo non era permesso a nessuno di pensare liberamente. Ora sarebbe permesso, ma nessuno ne è più capace. Ora la gente vuole pensare ciò che si suppone debba pensare. E questo lo considera libertà"
Oswald Spengler, “Il tramonto dell'Occidente”
‎ "Il tramonto dell'Occidente" di Oswald Spengler è un'opera monumentale che si pone come uno dei pilastri della filosofia della storia del XX secolo. Pubblicato in due volumi tra il 1918 e il 1923, il saggio esplora la ciclicità delle civiltà umane attraverso una "morfologia della storia universale".
Spengler propone una visione pessimistica del futuro dell'Occidente, paragonando le civiltà a organismi viventi che attraversano cicli di nascita, crescita, declino e morte. Secondo lui, ogni civiltà possiede un'anima, un ethos che ne guida lo sviluppo e il destino. La civiltà occidentale, caratterizzata da un impulso "faustiano" verso l'espansione e la conquista, si troverebbe, secondo Spengler, nella fase di decadenza, o "Zivilisation", dove i valori culturali e spirituali vengono sostituiti dal dominio del denaro e della tecnica.
La profondità di Spengler sta nella sua capacità di intrecciare filosofia, storia, arte e scienza per creare un quadro complessivo delle dinamiche storiche. Egli non si limita a descrivere il declino dell'Occidente, ma fornisce anche una critica acuta della modernità, evidenziando come la perdita di valori autentici porti a una civiltà vuota e senza scopo.
L'opera di Spengler è stata oggetto di molteplici interpretazioni e controversie, soprattutto per il suo fatalismo e il suo determinismo storico. Tuttavia, non si può negare l'impatto che "Il tramonto dell'Occidente" ha avuto sul pensiero contemporaneo, stimolando riflessioni sul significato della storia e sul destino delle società umane.
La sua opera rimane un testo fondamentale per chiunque sia interessato alla filosofia della storia e alle grandi domande sul futuro dell'umanità. La sua lettura richiede un impegno non indifferente, ma offre in cambio una prospettiva unica e provocatoria sulla storia mondiale e sul nostro posto in essa.
Oswald Spengler è stato un filosofo tedesco nato il 29 maggio 1880 a Blankenburg, Germania. È noto principalmente per il suo lavoro "Der Untergang des Abendlandes" (Il tramonto dell'Occidente), pubblicato tra il 1918 e il 1922, che è considerato un importante contributo alla teoria sociale. Dopo aver conseguito il dottorato all'Università di Halle nel 1904, Spengler lavorò come insegnante fino al 1911, per poi dedicarsi alla scrittura della sua opera principale. Nonostante il successo iniziale, visse in isolamento dopo l'ascesa al potere di Hitler nel 1933 e morì a Monaco il 8 maggio 1936.
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fashionbooksmilano · 4 months ago
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La moda
Storia della moda del XX secolo
The Kyoto Costume Institut
Taschen, Koln 2022, 353 pages, 16x22,5cm, ISBN 973 33 536110
euro 35,00
email if you want to buy [email protected]
L'abito che indossa una persona, si tratti di un kimono, un sari o un completo da manager, è un fattore essenziale per capirne la cultura, la classe sociale, la personalità e persino l'appartenenza religiosa. Il Kyoto Costume Institute cerca di sottolineare con le sue attività l'importanza di analizzare e comprendere l'abbigliamento dal punto di vista sociale, storico e artistico. Fondato nel 1978, il KCI possiede una delle collezioni di abbigliamento più grandi del mondo e partecipa regolarmente a mostre itineranti in tutto il mondo. La collezione è particolarmente ricca per quanto riguarda l'abbigliamento occidentale femminile del XX secolo, e annovera ogni tipo di abito e accessorio.
02/01/25
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jazzandother-blog · 3 months ago
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Goodbye Pork Pie Hat listen here live at Montreux (1975)
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(English / Español / Italiano)
Few of the most important names in the history of jazz have the same importance as composers, instrumentalists and bandleaders: Duke Ellington, Charlie Parker, Thelonious Monk, Miles Davis or John Coltrane, for example, are equally relevant from whichever angle you look at them. The same is true of Charles Mingus, a musician as personal and influential as an instrumentalist, as brilliant as a composer, or as a reference among the great ideologues and leaders of formation in the history of the genre. Mingus was a genius, one of the few jazzmen to whom such a heavy label can be attached without fear of it being too big for him. Today, 46 years after his death, it is as necessary as ever to vindicate his figure, beyond his biography and his classic albums; beyond Mingus the activist, the visionary composer, the reference of self-publishing, the irate character, the portentous instrumentalist��� Beyond all of them is Mingus, a multifaceted genius whose legacy is, without a doubt, one of the richest in 20th century music.
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Pocos nombres entre los más importantes de la historia del jazz tienen la misma importancia como compositores, como instrumentistas y como líderes de banda: Duke Ellington, Charlie Parker, Thelonious Monk, Miles Davis o John Coltrane, por ejemplo, son igualmente relevantes sea cual sea el ángulo desde el que se los mire. Lo mismo ocurre con Charles Mingus, un músico tan personal e influyente como instrumentista, como genial en su faceta de compositor, o referencial entre los grandes ideólogos y líderes de formación en la historia del género. Mingus era un genio, uno de los pocos jazzistas a quienes se les puede colgar tan pesada etiqueta sin miedo a que esta le quede grande. Hoy, cumplidos 46 años desde su muerte, reivindicar su figura es tan necesario como siempre, más allá de su biografía y sus álbumes clásicos; más allá de Mingus el activista, el compositor visionario, el referente de la autoedición, el personaje iracundo, el instrumentista portentoso… Más allá de todos ellos está Mingus, un genio poliédrico cuyo legado es, sin duda, uno de los más ricos de la música del siglo XX.
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Pochi dei nomi più importanti della storia del jazz hanno la stessa importanza come compositori, strumentisti e bandleader: Duke Ellington, Charlie Parker, Thelonious Monk, Miles Davis o John Coltrane, ad esempio, sono ugualmente rilevanti da qualsiasi angolazione li si guardi. Lo stesso vale per Charles Mingus, musicista tanto personale e influente come strumentista, quanto geniale come compositore, o come riferimento tra i grandi ideologi e leader della formazione nella storia del genere. Mingus era un genio, uno dei pochi jazzisti a cui si può affibbiare un'etichetta così pesante senza temere che sia troppo grande per lui. Oggi, a 46 anni dalla sua morte, è quanto mai necessario rivendicare la sua figura, al di là della sua biografia e dei suoi album classici; al di là del Mingus attivista, del compositore visionario, del riferimento dell'autopubblicazione, del personaggio irascibile, dello strumentista portentoso… Al di là di tutto questo c'è Mingus, un genio poliedrico la cui eredità è, senza dubbio, una delle più ricche della musica del XX secolo.
Source: Pasión por el Jazz y Blues. (by Yahvé M. de la Cavada. scherzo,es)
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megabif · 1 year ago
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Ettore Sottsass
Carlton, 1981
Garage Bentivoglio
La luce artificiale con la sua pervasiva diffusione nelle abitazioni rappresenta forse uno dei cambiamenti sociali più dirompenti. Se la suddivisone spaziale degli ambienti domestici non ha subito considerevoli variazioni dall’epoca romana, basti confrontare la pianta di una domus repubblicana con un qualsiasi appartamento moderno, la comparsa della luce artificiale, fissa e costante, ha sicuramente cambiato la percezione che abbiamo degli spazi e degli oggetti che quotidianamente ci circondano. L’arte è poi il campo in cui le sperimentazioni tecnologiche hanno influito maggiormente sul nostro sguardo, consegnandoci statue e quadri illuminati in modo perfetto e omogeneo. Opere che per secoli avevano conosciuto l’ombra, finiscono così per trovarsi all’interno delle bianche sale museali, senza più la possibilità di mutare insieme al percorso del sole.Le stanze di Palazzo Bentivoglio, spesso illuminate durante la giornata dalla sola luce che entra dalle finestre sul giardino, permettono ancora di guardare opere e arredi immersi nella penombra, di far disegnare sui muri il vago contorno delle sagome proiettate. Sembra quasi che qui Prometeo debba ancora rubare il fuoco agli dei per consegnarlo agli uomini.L’ombra è all’origine della pittura, come racconta Plinio il Vecchio: Calliroe traccia sul muro il profilo del suo amato in procinto di partire, grazie all’ombra ottenuta da una lampada. A questa storia si può poi affiancare uno dei testi cardine della filosofia occidentale, ovvero il mito della caverna, con tutte le implicazioni ontologiche che da quel momento l’ombra si porta dietro.La Carlton di Ettore Sottsass è uno degli oggetti di design più rappresentativi del XX secolo e, come tutti i mobili di Memphis, ha la caratteristica di essere egoica, di convogliare verso di sé tutti gli sguardi e non volere altro accanto, “come i monumenti nelle piazze”.Poggiante su una base in Bacterio, l’inconfondibile pattern disegnato dallo stesso Sottsass, la libreria si staglia sul muro con la sua silhouette totemica e attesta la prevalenza della forma sulla funzione, aprendo la strada ad innumerevoli librerie che hanno fatto del dato estetico la componente fondamentale, come la Bookworm (1994) di Ron Arad per Kartell.Così, grazie a un semplice gioco di luci, una miniatura da collezione della Carlton si proietta sul muro a dimensione umana, portandoci a fissare l’ombra, a farcela sembrare per un attimo reale, come succedeva ai prigionieri nella mitica caverna di Platone.
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viendiletto · 1 year ago
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Bibliografia
A. Colella, L’esodo dalle terre adriatiche – Rilevazioni statistiche, Opera per l’Assistenza ai Profughi Giuliani e Dalmati, 1958
A. Santin, Al tramonto. Ricordi autobiografici di un vescovo, 1978
L. Vivoda, L’esodo da Pola - agonia e morte di una città italiana, Nuova LitoEffe, 1989
S. Cella, La liberazione negata. L’azione del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Istria, Tipografia Del Bianco, 1990
R. Pupo, Venezia Giulia 1945. Immagini e problemi, Editrice Goriziana, 1992
S. Cella, Dal plebiscito negato all’esodo, ANVGD Gorizia, 1993
G. Perselli, I Censimenti della popolazione dell’Istria, con Fiume e Trieste, e di alcune città della Dalmazia tra il 1850 e il 1936, 1993
E. Bettiza, Esilio, Mondadori, 1996
R. Pupo, Violenza politica tra guerra e dopoguerra: foibe, deportazioni ed esodo delle popolazioni istriane e dalmate (1943-1956), in «Annali/Museo storico italiano della guerra», 1997
N. Milani, A. M. Mori, Bora. Istria, il vento dell’esilio, Marsilio, 1998
G. Nemec, Un paese perfetto. Storia e memoria di una comunità in esilio: Grisignana d’Istria (1930-1960), LEG Edizioni, 1998
F. Rocchi, L’esodo dei 350mila Giuliani Fiumani e Dalmati, Difesa Adriatica, 1998
F. Salimbeni, Le foibe, un problema storico, Unione degli Istriani, 1998
L. Vivoda, Campo profughi giuliani Caserma Ugo Botti, Istria Europa, 1998
N. Luxardo, Dietro gli scogli di Zara, Editrice Goriziana, 1999
A. Petacco, L’esodo, Mondadori, 1999
R. Spazzali, Epurazione di frontiera: le ambigue sanzioni contro il fascismo nella Venezia Giulia 1945-1948, LEG Edizioni, 2000
G. Rumici, Fratelli d’Istria: 1945-2000, italiani divisi, Ugo Mursia, 2001
M. Brugna, Memoria negata. Crescere in un centro raccolta profughi per esuli giuliani, Condaghes, 2002
G. Oliva, Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria, Mondadori, 2002
G. Rumici, Infoibati (1943-1945): i nomi, i luoghi, i testimoni, i documenti, Ugo Mursia, 2002
R. Pupo, R. Spazzali, Foibe, Mondadori, 2003
R. Marsetič, I bombardamenti alleati su Pola 1944-1945, 2004
E. Ratzenberger, Via Volta 2. Un’infanzia a Fiume, Edizioni Biografiche, 2005
G. Crainz, Il dolore e l’esilio. L’Istria e le memorie divise d’Europa, Donzelli, 2005
E. Miletto, Con il mare negli occhi. Storia, luoghi e memorie dell’esodo istriano a Torino, Franco Angeli, 2005
G. Paiano, La memoria degli Italiani di Buie d’Istria, 2005
M. Cattaruzza, L’Italia e il confine orientale, Il Mulino, 2007
L. Giuricin, La memoria di Goli Otok - Isola Calva, 2007
E. Miletto, Istria allo specchio. Storia e voci di una terra di confine, Franco Angeli, 2007
E. Rover, Cronache istriane di un esule, L. G. Ambrosini & C. Tipografia Editrice, 2008
G. Rumici, O. Mileta Mattiuz, Chiudere il cerchio. Memorie giuliano-dalmate. Primo volume: dall’inizio del Novecento al Secondo conflitto mondiale, ANVGD Gorizia - Mailing List HISTRIA, 2008
P. Sardos Albertini, Il rumore del silenzio: la storia dimenticata dell’Adriatico orientale, 2008
S. Tazzer, Tito e i rimasti. La difesa dell’identità italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, Libreria Editrice Goriziana, 2008
R. Turcinovich Giuricin, La giustizia secondo Maria. Pola 1947: la donna che sparò al generale brigadiere Robert W. De Winton, Del Bianco Editore, 2008
L. Vivoda, Quel lungo viaggio verso l’esilio, Istria Europa, 2008
G. Rumici, M. Cuzzi, R. Spazzali, Istria, Quarnero, Dalmazia: storia di una regione contesa dal 1796 alla fine del XX secolo, LEG Edizioni, 2009
E. Miletto, Arrivare da lontano. L’esodo istriano, fiumano e dalmata nel biellese, nel Vercellese e in Valsesia, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli “Cino Moscatelli”, 2010
G. Rumici, O. Mileta Mattiuz, Chiudere il cerchio. Memorie giuliano-dalmate. Secondo volume: il Secondo conflitto mondiale, ANVGD Gorizia - Mailing List HISTRIA, 2010
G. Oliva, Esuli. Dalle foibe ai campi profughi: la tragedia degli italiani di Istria, Fiume, Dalmazia, Mondadori, 2011
G. Nemec, Nascita di una minoranza. Istria 1947-1965: storia e memoria degli italiani rimasti nell’area istro-quarnerina, 2012
G. Rumici, O. Mileta Mattiuz, Chiudere il cerchio. Memorie giuliano-dalmate. Terzo volume: L’immediato dopoguerra, ANVGD Gorizia - Mailing List HISTRIA, 2012
L. Vivoda, In Istria prima dell’Esodo. Autobiografia di un esule da Pola, Istria Europa, 2012
V. Facchinetti, Protagonisti senza protagonismo. La storia nella memoria di giuliani, istriani, fiumani e dalmati nel mondo, La Mongolfiera, 2014
V. Petaros Jeromela, 11 luglio 1920: l’incidente di Spalato e le scelte politico-militari, 2014
R. Turcinovich Giuricin, … e dopo semo andadi via, Edizioni Laguna – ANVGD Gorizia, 2014
F. Molinari, Istria contesa. La guerra, le foibe, l’esodo, Ugo Mursia, 2015
G. Nemec, Dopo venuti a Trieste. Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine 1945-1970, Alpha & Beta, 2015
A. Cuk, Cuori senza frontiere: il cinema del confine orientale, 2016
E. Varutti, Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia esuli in Friuli 1943-1960, 2017
O. Moscarda Oblak, Il “Potere Popolare” in Istria. 1945-1953, 2017
A. Cuk, La città dolente, Alcione Editore, 2020
R. Turcinovich Giuricin, R. Poletti, Tutto ciò che vidi. Parla Maria Pasquinelli. 1943-1945 fosse comuni, foibe, mare, Oltre Edizioni, 2020
R. Pupo, Adriatico amarissimo. Una lunga storia di violenza, Laterza, 2021
G. La Perna, Pola Istria Fiume 1943-1945. L’agonia di un lembo d’Italia e la tragedia delle foibe, Ugo Mursia, 2022
R. Pupo, Il lungo esodo: Istria : le persecuzioni, le foibe, l’esilio, Rizzoli, 2022
R. Spazzali, Pola. Città perduta. L’agonia, l’esodo (1945-47), Ares, 2022
R. Turcinovich Giuricin, Esuli due volte: dalle proprie case, dalla propria patria, Oltre Edizioni, 2022
E. Dionis Bernobi, Una vita appesa a un filo, 2023
R. Spazzali, Il disonore delle armi: Settembre 1943: l’armistizio e la mancata difesa della frontiera orientale italiana, Ares, 2023
E. Varutti, La patria perduta. Vita quotidiana e testimonianze sul Centro di Raccolta Profughi giuliano-dalmati di Laterina (1946-1963), Aska Edizioni, 2023
Documenti e articoli
Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947) – Zrtve talijanske nacionalnosti u rijeci i okolici (1939-1947)
Mappa ed elenco delle foibe
Grido dell’Istria, n° 20, 21 e 41
Arnaldo Harzarich, l’angelo delle foibe
Documentari, incontri e lezioni
Adriatico amarissimo. La stagione delle fiamme e la stagione delle stragi
Conferenze del giovedì dell’ANVGD di Milano
Da quella volta non l’ho rivista più. Incontro con Raoul Pupo
Esodo. L’Italia dimenticata
Esodo. La memoria tradita
Istria: il ricordo che brucia (1, 2)
Le Foibe
Le foibe, l’esodo e la catastrofe dell’italianità adriatica
Il tempo del ricordo. Le foibe e l’esodo istriano-giuliano-dalmata
Vergarolla
Filmati storici
Martiri italiani. Le foibe del Carso (1946)
L’esodo da Pola. La salma di Nazario Sauro a Venezia (1947)
L’esodo degli italiani da Pola (1947)
Pola addio (1947)
Pola, una città che muore (1947)
Le condizioni dei profughi giuliani accolti a Roma (1948)
Fertilia (1949)
Piccoli profughi giuliani (1951)
A Sappada con i piccoli profughi giuliani (1952)
Siti utili
Archivio de L’Arena di Pola
Associazione Dalmati Italiani nel Mondo – Libero Comune di Zara in Esilio
Associazione delle Comunità Istriane
Associazione Fiumani Italiani nel Mondo – Libero Comune di Fiume in Esilio
Associazione Giuliani nel Mondo
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato Provinciale di Bologna
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato Provinciale di Udine
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato Provinciale di Venezia
Associazione Triestini e Goriziani in Roma
Centro di Documentazione Multimediale della Cultura Giuliana, Istriana, Fiumana e Dalmata
Centro di ricerche storiche Rovigno
Circolo di Cultura Istroveneta “Istria”
Comitato 10 Febbraio
Comunità di Lussinpiccolo
Coordinamento Adriatico
Deputazione di Storia Patria
Elio Varutti
FederEsuli
Fondazione Giorgio Perlasca – Le Foibe e l’Esodo
Fondazione Rustia-Traine
Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata
L’Arena di Pola – Libero Comune di Pola in Esilio
Lega Nazionale
Mailing List Histria
Società Dalmata di Storia Patria
Società di Studi Fiumani
Unione degli Istriani – Libera Provincia dell’Istria in Esilio
Unione Italiana
Università Popolare di Trieste
Romanzi d’autori istro-quarnerini e dalmati
P. A. Quarantotti Gambini, La rosa rossa (1937)
E. Bettiza, Il fantasma di Trieste (1958)
F. Tomizza, Materada (1960)
F. Tomizza, La ragazza di Petrovia (1963)
F. Tomizza, Il bosco di acacie (1963)
P. A. Quarantotti Gambini, I giochi di Norma (1964)
P. A. Quarantotti Gambini, Le redini bianche (1967)
F. Tomizza, L’albero dei sogni (1969)
F. Tomizza, La torre capovolta (1971)
F. Tomizza, La quinta stagione (1975)
F. Tomizza, La miglior vita (1977)
F. Tomizza, Il male viene dal Nord (1984)
L. Zanini, Martin Muma (1990)
N. Milani, Una valigia di cartone (1991)
E. Bettiza, Esilio (1996)
M. Madieri, Verde acqua. La Radura (1998)
G. Fiorentin, Chi ha paura dell’uomo nero? (2000)
F. Tomizza, La visitatrice (2000)
F. Tomizza, Il sogno dalmata (2001)
E. Bettiza, Il libro perduto (2005)
F. Molinari, L’isola del Muto. Storia del pescatore dalmata che parlava ai gabbiani (2006)
A. M. Mori, Nata in Istria (2006)
N. Milani, Racconti di guerra (2008)
L. Toth, La casa di calle San Zorzi (2008)
L. Zanini, Martin Muma (2008)
R. Turcinovich Giuricin, S. De Franceschi, Una raffica all’improvviso, navigando lungo le coste dell’Istria e Quarnero (2011)
L. Toth, Spiridione Lascarich – Alfiere della Serenissima (2011)
A. M. Mori, L’anima altrove (2012)
E. Bettiza, La distrazione (2013)
N. Milani, La bacchetta del direttore (2013)
N. Milani, Lo spiraglio (2017)
L. Toth, Il disertore dalmata (2018)
N. Milani, Di sole, di vento e di mare (2019)
N. Milani, Cronaca delle Baracche (2021)
E. Mestrovich, A Fiume, un’estate (2022)
R. Turcinovich Giuricin, Di questo mar che è il mondo… (2023)
Pellicole cinematografiche e spettacoli teatrali
La città dolente (1949)
Cuori senza frontiere (1950)
Magazzino 18 (2013)
Red Land Rosso Istria (2018)
La rosa dell’Istria (2024)
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pier-carlo-universe · 6 months ago
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Recensione de "Gli anelli di Saturno" di W.G. Sebald. Di Alessandria today
Un viaggio tra paesaggi e memorie nel cuore dell'Inghilterra e dell'umanità
Un viaggio tra paesaggi e memorie nel cuore dell’Inghilterra e dell’umanità. “Gli anelli di Saturno” di W.G. Sebald è un’opera unica nel panorama letterario contemporaneo, un libro che sfugge a una classificazione precisa, sospeso tra il diario di viaggio, la riflessione storica e la narrativa autobiografica. In questo testo, Sebald ci accompagna lungo le coste dell’East Anglia, esplorando non…
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ma-come-mai · 1 month ago
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Cari Vecchioni e Scurati, ho ascoltato il vostro intervento in piazza a Roma e vi ringrazio per aver ricordato a tutti la Storia gloriosa e "illuminata" dell'Europa.
Probabilmente vi hanno chiesto di essere brevi, cioè deve essere stato questo il motivo per il quale avete ricordato solo una parte del nostro passato.
Se permettete vorrei completare il ricordo.
Avete parlato di un'Europa bellissima, io vorrei parlare di un'altra Europa.
Un'Europa un po' meno bella, diciamo "un tipo".
L'Inghilterra di Shakespeare e John Milton, ad esempio, che si è distinta per aver costruito il più grande impero della Storia. Per le guerre coloniali, i genocidi, le carestie provocate (India e Kenya), per la tratta degli schiavi atlantica, lo sfruttamento brutale di risorse e popolazioni (India, Africa, Australia) e per essere stata responsabile di milioni di morti per circa 500 anni.
Lettura consigliata:
"Il crollo" (Things Fall Apart) – Chinua Achebe
La Spagna di Cervantes invece, la ricordiamo per la conquista delle Americhe, per lo sterminio e riduzione in schiavitù di milioni di indigeni (Aztechi, Maya, Inca), per lo sfruttamento delle risorse dell'America Latina con il sistema delle encomiendas, per le violente repressioni coloniali nelle Filippine, in Nord Africa e Caraibi.
Lettura consigliata:
"La voragine" (La vorágine) – José Eustasio Rivera
Che dire della très chic Francia di Cartesio, il secondo impero coloniale per grandezza, distintasi per conquiste brutali (Algeria, Indocina, Africa occidentale), per i massacri coloniali, il genocidio in Algeria (1,5 milioni di morti nella guerra d'indipendenza), le repressioni in Madagascar e Camerun, la tratta degli schiavi nelle colonie caraibiche e lo sfruttamento della forza lavoro indigena.
Lettura consigliata:
"Lo straniero" (L’étranger) – Albert Camus
E il tenero Belgio di Magritte, con quella simpatica canaglia di Leopoldo, che in Congo condannò a morte 10 milioni di persone, impose i lavori forzati a tutta la popolazione infliggendo mutilazioni e repressioni perché aveva quella illuminata passione per l'avorio. Senza contare la manipolazione delle divisioni etniche in Ruanda-Burundi, con effetti devastanti nel XX secolo (genocidio del Ruanda).
Lettura consigliata:
"Cuore di tenebra" (Heart of Darkness) - Joseph Conrad
E veniamo all'illuminato Portogallo, il primo impero coloniale europeo, famoso per lo sfruttamento di Angola e Mozambico e le colonie in Brasile.
Lettura consigliata:
"Sotto la pelle" (A Costa dos Murmúrios) – Lídia Jorge
E che dire dei Paesi Bassi di Spinoza con il loro dominio in Indonesia, i massacri e lo sfruttamento della popolazione indigena per le piantagioni coloniali, le guerre nelle Americhe (Suriname, Guyana) e nel Sudafrica (sistema di apartheid iniziato dai coloni olandesi).
Lettura consigliata:
"L’anno del pensiero magico" – Pramoedya Ananta Toer
E l'immancabile Germania di Marx e Hegel, responsabile del primo genocidio del XX secolo (Herero e Nama in Namibia), le brutali repressioni nelle colonie africane (Tanzania, Camerun, Togo), un onestissimo olocausto e crimini di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale.
Lettura consigliata:
"Morenga" – Uwe Timm
E last, but not least, la nostra Italia di Pirandello e Manzoni, che nell'immaginario collettivo offrì dell'ottimo tiramisù in Libia, Etiopia, Somalia, Eritrea, anche se poi passarono all'uso di gas chimici, massacri (stragi della Cirenaica), deportazioni, repressioni, stupri e stermini nei Balcani durante la Seconda Guerra Mondiale. Qualcuno dirà che sono cattiverie degli invidiosi.
Letture consigliate:
"Tempo di uccidere" – Ennio Flaiano
"Omar al-Mukhtar" – Ali Mustafa al-Misrati
Insomma, cari Scurati e Vecchioni, nel ricordare che l'Europa ha umiliato, sfruttato, saccheggiato e depredato in tutti i continenti sulla faccia della terra, io non sono poi così tanto convinto che si debba gridare ai quattro venti il nostro orgoglio.
Luca Delgado
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thegianpieromennitipolis · 1 year ago
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SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
ARTE STORIA DELLO STILE
Roberto Longhi, piemontese di Alba, classe 1890, è stato uno dei più pregevoli critici d'arte italiani.
Per alcuni, il maggiore.
Non faccio classifiche.
Ricordo solamente il suo concetto del fare artistico:
«[...] l'arte non è imitazione della realtà, ma interpretazione individuale di essa [...] Mentre il poeta trasfigura per via di linguaggio l'essenza psicologica della realtà, il pittore ne trasfigura l'essenza visiva: il sentire per l'artista figurativo non è altro che il vedere e il suo stile, cioè l'arte sua, si costruisce tutto quanto sugli elementi lirici della sua visione.»
Così affermava nella sua "Breve ma veridica storia della pittura italiana", effetto di un compendio proposto da Longhi, tra il 1913 e il 1914, per i maturandi dei licei romani "Tasso" e "Visconti".
Era un giovane laureato.
Ma tenne quell'impostazione per tutta la vita: l'arte nasce dall'arte.
Ed è dunque storia dello stile, o meglio degli stili.
Difficile tenere quel modello concettuale entro solidi margini nella creatività caotica dell'arte contemporanea.
A maggior ragione per chi come me sostiene che l'atto lirico non sia individuale e originale libertà ma il riflesso di una cultura che fa traccia nel tempo facendo del corpo dell'artista il suo strumento espressivo.
Eppure, quando osservo i cosiddetti "illustratori", tra XIX e XX secolo (tra i quali è annoverato Toulouse-Lautrec) che per me sono artisti senza alcuna limitazione, mi sento additato dalle parole di Longhi come in un invalicabile atto d'accusa.
René Gruau, al secolo Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate, riminese dalla nascita avvenuta nel 1909, è tra quelli che più di altri mi mettono in crisi.
Ma che, paradossalmente, concorre a salvare la mia tesi.
Infatti, mentre la sorprendente sintesi stilistica dell'artista italiano attraversa il '900 in un raffinato allungarsi e diffondersi di figure dalla strepitosa e diafana eleganza, corroborando la sentenza longhiana sulla traccia lirica come epicentro dell'arte, quelle apparizioni affascinanti altro non sono che l'espressione dell'estetica del secolo, punto di convergenza delle necessarie concatenazioni causali capaci di rendere riconoscibile il gusto per modelli rappresentativi inequivocabili: rammentano la stampa quotidiana e periodica, la pubblicità, il cinema, la moda di quegli anni ruggenti e tragici, disseminati di straripante follia ed estro creativo.
L'arte emerge dalla vita concreta delle società e dalla grafia delle loro visioni culturali.
Nondimeno, sono un tuffo nel passato recente, con una proiezione nel presente e nel futuro: la linea di Longhi mai spezzata nel suo farsi storico.
Dal fondo, emerge l'essere umano, illuso della libertà e immemore del destino di finitezza assegnata ai confini invalicabili di tempo e di spazio.
Che costui disegna nel colore di un'agognata dimenticanza.
- Le immagini sono un'antologia di espressioni figurative di René Gruau sparse lungo tutto il XX secolo.
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ambrenoir · 22 days ago
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L’uomo nella fotografia non è un povero, né un mendicante, né un vagabondo. Quest'uomo è Lev Tolstoj: uno dei colossi della letteratura russa, conosciuto in tutto il mondo, anche se pochi conoscono la straordinaria storia dietro questa immagine.
All’età di cinquant’anni, Tolstoj cadde in una profonda depressione. La sua tristezza cresceva ogni giorno, senza una ragione apparente. Era un conte, uno degli uomini più facoltosi del suo paese, famoso in tutto il mondo, ma nonostante ciò, era infelice. «Il denaro non contava nulla, il potere non contava nulla. Si vedevano persone che avevano entrambi ed erano infelici. Anche la salute aveva poco valore; c’erano persone malate piene di voglia di vivere e persone sane che si consumavano, angosciate dalla paura di soffrire».
Un giorno, mentre passeggiava per il viale Afanasevsky, vide un orfano e, colpito dalla compassione, lo portò a casa sua. E per la prima volta da tanto tempo, si sentì bene. Dimenticò sé stesso, i suoi problemi, la sua tristezza. Da quel momento, Tolstoj abbandonò i suoi abiti da gentiluomo, i suoi lussi e privilegi, e iniziò a vivere una vita semplice, donando ciò che possedeva a chi ne aveva bisogno.
«Non parlarmi di religione, di carità, di amore», diceva spesso, «ma mostrarmi la religione nelle tue azioni». Tolstoj fu anche il primo teorico della non violenza, predicava la fratellanza tra i popoli e le sue idee ispirarono un'altra grande figura del XX secolo, Mahatma Gandhi. Fino al giorno della sua morte continuò a dedicarsi agli altri, e per questo molti lo consideravano pazzo. In un mondo in cui conta solo il possesso, il possedere cose e persino persone, dove tutti vogliono prendere ma pochi sanno dare, Tolstoj appariva come un folle.
Un giorno, un suo vecchio amico, che viveva nel lusso e nella comodità, gli disse: «Che senso ha fare tutto questo? Che ti importano gli altri? Dovresti pensare a te stesso». Tolstoj rispose: «Se senti dolore, sei vivo, ma se senti il dolore degli altri, sei umano».
dal web
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fashionbooksmilano · 1 year ago
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Tina Modotti L'Opera
Roberto Costantini
Dario Cimorelli Editore, Milano 2023, 256 pagine, 200 illustrazioni b/n, 23x28cm, ISBN 9791255610243
euro 30,00
Rovigo, Palazzo Roverella,, 23 settembre 2023 - 28 gennaio 2024
Il volume che accompagna la mostra è la più completa edizione dedicata all'opera di Tina Modotti (1896- 1942), una delle principali protagoniste della storia della fotografia del XX secolo: dagli anni della sua formazione come assistente di Edward Weston fino ai suoi ultimi scatti. Oltre 300 opere tra immagini, filmati e documenti raccontano il suo lavoro, che spazia dalla rappresentazione delle architetture alle nature morte, dal racconto della quotidianità dei ceti popolari, dei contadini, degli operai, dei bambini e delle donne, alle nuove forme della modernità. Accanto al repertorio iconografico, un vasto apparato di saggi di Giuliana Muscio, Gianfranco Ellero, Amy Conger, Federica Muzzarelli, María de las Nieves Rodríguez Méndez, Patricia Albers, Carol Armstrong, Emily M. Hinnov, Fabiane Taís Muzardo, completa il volume. Il lavoro di ricerca, volto alla più completa ricostruzione, a oggi, del corpus della produzione fotografica di Tina Modotti, portato avanti dal curatore Riccardo Costantini con la collaborazione di Gianni Pignat e Piero Colussi, rende dunque questo volume uno strumento fondamentale per approfondire e conoscere l'artista e le sue opere.
30/10/23
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exxio5 · 2 months ago
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rideretremando · 6 months ago
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Che si parli di politica internazionale o di genere, di scuola o di gpa, impressiona un fatto, reso evidente dal panottico social. Buona parte dei lavoratori culturali variamente progressisti formatisi a cavallo tra XX e XXI secolo ha ereditato una quantità immane di menzogne novecentesche; ma soprattutto, questi lavoratori culturali non vogliono o non sanno discutere (e spesso è difficile capire se si tratti della solita rigidità gruppettara da posizionamento o di una vera e propria incapacità di pensare, risultante da un curriculum di studi ormai standardizzato). La refrattarietà al dibattito critico si esprime nella tendenziale riduzione di tutto ciò che nella storia è stato pensato, scritto e discusso, alle misere proporzioni da festival pignetesco, retorica LGBTecc., cinica editoria da testimonial, o tlonismo del 2020. Leggere le nuove introduzioni ai classici, in questo senso, è un’esperienza agghiacciante (vedere i temi delle medie di Tobagi, o quel Maicol Pirozzi delle humanities che è Giammei). Non si sa se prevalga la mediocrità o l’omertà. Lo “spazio delle donne” - cioè la rappresentazione mediatica di argomenti importantissimi - è in genere monopolizzato da persone il cui ideale, malgrado il recitato “femminismo”, sembra la boria di un barone universitario maschio nato nel 1902, e abituato, alla prima difficoltà dialettica, a cavarsela con un “io so’ io” belliano. Purtroppo ad ambienti del genere – a roba di agghiacciante conformismo tipo “Bambine ribelli” – si aggrappano anche gli ex radicali, un tempo diffidenti verso l’establishment ‘dde sinistra’. Negli ultimi giorni, il fatto di cui parlo è stato reso visibile dalle polemiche sulla gestazione per altri. Per quel che mi riguarda, e a parte l’avversione per la brutalità meloniana, non ho una posizione sicura (in passato ho condiviso alcune riflessioni molto articolate e chiaroscurate di Claudia Daniela Basta, e continuano a sembrarmi sensate molte perplessità delle femministe storiche). Sono sicuro, invece, di una cosa: non occorre necessariamente accettare tutti gli argomenti di Cavarero (sineddoche) per constatare che il loro livello è infinitamente superiore, e la loro natura infinitamente più laica, di quelli di coloro che liquidano l’opposizione femminista come “oscurantismo”. Il che rende appunto quasi impossibile un dibattito fecondo: da una parte infatti c’è un pensiero meditato, dall’altra prevale una sloganistica d’accatto. In più, gli sloganisti pro-gpa vengono non di rado da esibite letture del femminismo storico, che hanno mitizzato senza però farsi realmente carico delle conseguenze: così oggi, secondo la tipica prassi dei chierici italiani, essendo in disaccordo coi vecchi miti ma mancando di buoni argomenti, devono o ignorarli o rinnegarli in modi da ‘commissariato del popolo’. Purtroppo trovano a volte un appoggio nelle dichiarazioni o avventate o cerchiobottiste di Lea Melandri: che sia sulla politica internazionale sia sulle donne dà la misura dell’enorme disastro, dell’inconsistenza ideologica e della rincorsa allo Spirito Mediatico del Giorno su cui si fonda la ‘cultura’ della nostra sinistra maggioritaria.
Matteo Marchesini
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jazzandother-blog · 4 months ago
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Charles Mingus - Goodbye Pork Pie Hat
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(English / Español / Italiano)
Few of the most important names in the history of jazz have the same importance as composers, instrumentalists and bandleaders: Duke Ellington, Charlie Parker, Thelonious Monk, Miles Davis or John Coltrane, for example, are equally relevant from whichever angle you look at them. The same is true of Charles Mingus, a musician as personal and influential as an instrumentalist, as brilliant as a composer, or as a reference among the great ideologues and leaders of formation in the history of the genre. Mingus was a genius, one of the few jazzmen to whom such a heavy label can be attached without fear of it being too big for him. Today, 46 years after his death, it is as necessary as ever to vindicate his figure, beyond his biography and his classic albums; beyond Mingus the activist, the visionary composer, the reference of self-publishing, the irate character, the portentous instrumentalist... Beyond all of them is Mingus, a multifaceted genius whose legacy is, without a doubt, one of the richest in 20th century music.
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Pocos nombres entre los más importantes de la historia del jazz tienen la misma importancia como compositores, como instrumentistas y como líderes de banda: Duke Ellington, Charlie Parker, Thelonious Monk, Miles Davis o John Coltrane, por ejemplo, son igualmente relevantes sea cual sea el ángulo desde el que se los mire. Lo mismo ocurre con Charles Mingus, un músico tan personal e influyente como instrumentista, como genial en su faceta de compositor, o referencial entre los grandes ideólogos y líderes de formación en la historia del género. Mingus era un genio, uno de los pocos jazzistas a quienes se les puede colgar tan pesada etiqueta sin miedo a que esta le quede grande. Hoy, cumplidos 46 años desde su muerte, reivindicar su figura es tan necesario como siempre, más allá de su biografía y sus álbumes clásicos; más allá de Mingus el activista, el compositor visionario, el referente de la autoedición, el personaje iracundo, el instrumentista portentoso… Más allá de todos ellos está Mingus, un genio poliédrico cuyo legado es, sin duda, uno de los más ricos de la música del siglo XX.
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Pochi dei nomi più importanti della storia del jazz hanno la stessa importanza come compositori, strumentisti e bandleader: Duke Ellington, Charlie Parker, Thelonious Monk, Miles Davis o John Coltrane, ad esempio, sono ugualmente rilevanti da qualsiasi angolazione li si guardi. Lo stesso vale per Charles Mingus, musicista tanto personale e influente come strumentista, quanto geniale come compositore, o come riferimento tra i grandi ideologi e leader della formazione nella storia del genere. Mingus era un genio, uno dei pochi jazzisti a cui si può affibbiare un'etichetta così pesante senza temere che sia troppo grande per lui. Oggi, a 46 anni dalla sua morte, è quanto mai necessario rivendicare la sua figura, al di là della sua biografia e dei suoi album classici; al di là del Mingus attivista, del compositore visionario, del riferimento dell'autopubblicazione, del personaggio irascibile, dello strumentista portentoso… Al di là di tutto questo c'è Mingus, un genio poliedrico la cui eredità è, senza dubbio, una delle più ricche della musica del XX secolo.
Fuente: Pasión por el Jazz y Blues, (Yahvé M. de la Cavada. scherzo,es)
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