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Il sol dell'avvenire (Nanni Moretti, 2023)
#Il sol dell'avvenire#Margherita Buy#Nanni Moretti#Barbora Bobuľová#Mathieu Amalric#Jerzy Stuhr#Chiara Valerio#Corrado Augias#Jasmine Trinca#Lina Sastri#politica#Renzo Piano#Partito Comunista Italiano#stalinismo#Palmiro Togliatti#intellettuali#cultura#libertà#indipendenza#libertarismo#comunismo#cinema italiano#Trockij#Netflix#l'Unità#Silvio Orlando#Libro Cuore#ottimismo#amore#futuro
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"Então era isso o que se dizia sobre nós: que éramos trotskistas, fascistas, traidores, assassinos, covardes, espiões e assim por diante. Admito que não era nada agradável, especialmente quando imaginava quem eram as pessoas responsáveis por isso. Não é uma coisa prazerosa ver um menino espanhol de quinze anos sendo carregado em uma maca, com o rosto pálido e atordoado, olhando por entre os cobertores, e pensar nas pessoas finas em Londres e Paris escrevendo panfletos para provar que aquele jovem era um fascista disfarçado. Uma das características mais horríveis da guerra é que toda a propaganda bélica, todos os gritos, as mentiras e o ódio vêm invariavelmente de pessoas que não estão lutando. Os milicianos do PSUC que conheci na linha de frente e os comunistas das brigadas internacionais que encontrei de vez em quando nunca me chamaram de trotskista ou traidor; deixavam esse tipo de coisa para os jornalistas na retaguarda. As pessoas que escreviam panfletos contra nós e nos difamavam nos jornais permaneciam seguras em casa ou, na pior das hipóteses, nas redações de Valência, a centenas de quilômetros das balas e da lama. E, além das calúnias da contenda interpartidária, todas as coisas usuais de guerra, o palavreado violento, a grandiloquência, a depreciação do inimigo - tudo isso foi feito, como sempre, por pessoas que não estavam lutando e que, em muitos casos, teriam preferido correr em disparada para não lutar. Um dos efeitos mais deprimentes dessa guerra foi me ensinar que a imprensa de esquerda é tão espúria e desonesta quanto a de direita."
Homenagem à Catalunha, Apêndice 01 George Orwell
#georgeorwell#trotskismo#fascismo#guerracivilespanola#revoluçãoespanhola#espanha#história#socialismo#anarquismo#franquismo#stalinismo#spanishrevolution#esquerda#direita#política#comunismo
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Il nodo gordiano che aprirà spazi alla sinistra del Pci
La storiografia che recentemente si è occupata di ricostruire la storia politica degli anni Settanta ha prevalentemente individuato le origini della nuova sinistra nella reazione di alcuni intellettuali dopo la svolta del 1956 <5.Un’interpretazione di questo genere, se ha giustamente nobilitato l’elemento disgregante che soprattutto la critica allo stalinismo provocò sulle intelligenze di…
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#1944#1945#1946#1956#Albertina Vittoria#Andrea Bertini#astuzia#Chrušcëv#Congresso#Democrazia#impossibilità#insurrezione#legalità#Palmiro Togliatti#PCI#Pcus#progressiva#rapporto#Resistenza#rivoluzione#Salerno#segreto#sinistra#stalinismo#Statuto#svolta#tattica#V#VIII#XX
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Il nodo gordiano che aprirà spazi alla sinistra del Pci
La storiografia che recentemente si è occupata di ricostruire la storia politica degli anni Settanta ha prevalentemente individuato le origini della nuova sinistra nella reazione di alcuni intellettuali dopo la svolta del 1956 <5.Un’interpretazione di questo genere, se ha giustamente nobilitato l’elemento disgregante che soprattutto la critica allo stalinismo provocò sulle intelligenze di…
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Il nodo gordiano che aprirà spazi alla sinistra del Pci
La storiografia che recentemente si è occupata di ricostruire la storia politica degli anni Settanta ha prevalentemente individuato le origini della nuova sinistra nella reazione di alcuni intellettuali dopo la svolta del 1956 <5.Un’interpretazione di questo genere, se ha giustamente nobilitato l’elemento disgregante che soprattutto la critica allo stalinismo provocò sulle intelligenze di…
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Il nodo gordiano che aprirà spazi alla sinistra del Pci
La storiografia che recentemente si è occupata di ricostruire la storia politica degli anni Settanta ha prevalentemente individuato le origini della nuova sinistra nella reazione di alcuni intellettuali dopo la svolta del 1956 <5.Un’interpretazione di questo genere, se ha giustamente nobilitato l’elemento disgregante che soprattutto la critica allo stalinismo provocò sulle intelligenze di…
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Il nodo gordiano che aprirà spazi alla sinistra del Pci
La storiografia che recentemente si è occupata di ricostruire la storia politica degli anni Settanta ha prevalentemente individuato le origini della nuova sinistra nella reazione di alcuni intellettuali dopo la svolta del 1956 <5.Un’interpretazione di questo genere, se ha giustamente nobilitato l’elemento disgregante che soprattutto la critica allo stalinismo provocò sulle intelligenze di…
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dip 022
per un numero di anni, una famiglia, che pure non viveva in affitto ma possedeva una casa, non è stata sempre sicura di poter contare su un piatto in tavola, e contemporaneamente luce e gas pagati. certe volte nemmeno una di queste cose. Continue reading dip 022
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György Lukács | Budapest 1885 - 1971
Nel saggio La poesia bandita (1942), Lukács osserva come i temi utilizzati dagli stalinisti ungheresi riecheggiavano gli orientamenti letterari ed estetici dettati dai nazisti e che egli denuncia .
Crediti: https://dialektika.org Dopo il suo rientro in Ungheria, Lukács pensò in un primo momento di contribuire alla nascita della democrazia popolare nel suo paese, diversa ai contenuti politici e culturali del fascismo che si voleva abbattere, così come anche dal socialismo in un solo paese di matrice sovietica. Nel saggio La poesia bandita (1942), Lukács osserva come i temi utilizzati dagli…
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Uccise più comunisti italiani Stalin, complice delatore o silente il Migliore Togliatti, che Mussolini.
Quanti furono gli italiani comunisti che vennero perseguitati sotto la dittatura di Stalin? Difficile stabilirlo. L'emigrazione in Russia nel "Paradiso dei soviet" negli anni '30 sovente avveniva in modo clandestino. Il partito comunista italiano (...) sostenne fossero circa un centinaio. Ma storie e racconti raccolti da studiosi e ricercatori fanno alzare il numero a una cifra vicino agli 800. Quasi duecento furono fucilati. Uccise più comunisti italiani la Russia di Stalin che l'Italia di Mussolini. (...)
Nel dicembre 1934 viene ucciso Kirov da un militante comunista vicino alle posizioni di Kamenev , Zinov'ev e Trockij. E' il periodo più duro del regime che sfocerà nei processi del 1936, condotti con pugno di ferro da Vyšinskij. Le grandi purghe colpiranno famosi dirigenti della rivoluzione del diciassette a partire proprio da Kamenev e Zinov'ev. (Con) loro vengono perseguitati personaggi minori, per creare un clima di terrore. A volte sono le stesse comunità di esuli a denunciare i connazionali che "sbagliano". (...)
Dante Cornelli (ad esempio ne fu vittima ma si salvò). (Ammazza) il segretario del fascio di Rivoli, fugge dall'Italia e arriva a Pietroburgo (...). Viene arrestato nel 1936 e deportato nel campo di Vorkuta, oltre il Circolo Polare Artico. Viene liberato nel 1946 ma rimane al confino fino al 1948. Nel 1949 è di nuovo deportato, con tutta la famiglia, a Igarka in Siberia. Nel 1960 riesce a stabilirsi in Ucraina, poi rientra in Italia abbandonando la famiglia. Comincia un'opera di denuncia dello stalinismo e delle persecuzioni inflitte a tanti comunisti. La sua opera, "Il redivivo Tiburtino", dopo esser stato rifiutata dalla Rizzoli, dalla Mondadori e dalla Rusconi, esce (...) per le edizioni La Pietra, collegate a Pietro Secchia. Ma la sua denuncia non ha eco. Il partito rimane indifferente. Le sue pesanti accuse a Togliatti, Robotti e Vidali cadono nel nulla. Morrà nel 1990 con un partito che (...) non vuole ancora aprire gli armadi e svuotarli dai tanti scheletri che li abitano, primo fra tutti quello di Palmiro Togliatti. Sul ruolo del Migliore, sui suoi silenzi, ancora la storiografia deve fare chiarezza. (...)
via https://www.mescalina.it/photo/gallery/7799/luigilusenti
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Ha ripristinato lo stalinismo, aggiungendo il nazismo e la mafia.
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Se credete che qualcuno dirà o farà qualcosa qui in Italia per questo altro ed ennesimo soppruso ai danni dell'Italia, vi sbagliate alla Grande, il problema Risiede nella nostra sotto cultura da pezzenti mediocri ignoranti, che ci "obbliga" a far finta che la questione non ci riguardi direttamente, poichè è un "PROBLEMA" dei Pescatori, non del popolo italiano, stesso discorso sarà per gli Agricoltori e Allevatori, ma presto, quando le tavole degli Italioti Indifferenti saranno vuote di cibi genuini e forse, parzialmente occupate da cibo SPAZZATURA (grilli e carne finta) allora qualcuno si renderà conto che parecchio Tempo Prima dovevano RIBBELLARSI allo Stalinismo Europeo!!!!
L'Italia Ormai è Pronta per l'Estrema Unzione.
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Infatti, anche la seconda guerra mondiale poteva essere brevissima, bastava non combattere il nazifascismo e lasciare che regolasse i conti con lo stalinismo senza aiuti occidentali.
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Gli anni Trenta sono davanti a noi
Nel novembre del 1990 Gérard Granel, una delle menti più lucide della filosofia europea di quegli anni, tenne nella New School for Social Research di New York una conferenza il cui titolo, certamente significativo, non mancò di provocare fra i benpensanti qualche reazione scandalizzata: Gli anni trenta sono davanti a noi. Se l’analisi condotta da Granel era genuinamente filosofica, le sue implicazioni politiche erano infatti immediatamente percepibili, dal momento che in questione, nel sintagma cronologico apparentemente anodino, erano puramente e semplicemente il fascismo in Italia, il nazismo in Germania e lo stalinismo nell’Unione sovietica, cioè i tre tentativi politici radicali di «distruggere e sostituire con un “ordine nuovo” quello in cui l’Europa si era fin allora riconosciuta». Granel aveva buon gioco nel mostrare come la classe intellettuale e politica europea fosse stata altrettanto cieca di fronte a questa triplice novità di quanto lo fosse – negli anni Novanta come oggi – di fronte alla sua inquietante, anche se mutata, risorgenza. Si fatica a credere che Leon Blum, leader dei socialisti francesi, potesse dichiarare, commentando le elezioni tedesche del luglio 1932, che, di fronte ai rappresentanti della vecchia Germania, «Hitler è il simbolo dello spirito di cambiamento, di rinnovamento e di rivoluzione» e che pertanto la vittoria di von Schleicher gli sarebbe parsa «più desolante ancora di quella di Hitler». E come giudicare la sensibilità politica di Georges Bataille e di André Breton, che, di fronte alle proteste per l’occupazione tedesca della Renania, hanno potuto scrivere senza vergogna: «noi preferiamo in ogni caso la brutalità antidiplomatica di Hitler, più pacifica, nei fatti, dell’eccitazione bavosa dei diplomatici e dei politici». La tesi di questo saggio, di cui consiglio vivamente la lettura, è che a definire il processo storico in corso, negli anni Trenta come negli anni Novanta in cui scriveva, sia uno stesso primato dell’infinito sul finito, che, in nome di uno svolgimento che si vuole assolutamente senza limiti, cerca di abolire in ogni ambito – economico, scientifico, culturale – le barriere etiche, politiche e religiose che l’avevano fin allora in qualche modo contenuto. E, insieme, anche attraverso gli esempi del fascismo, del nazismo e dello stalinismo, Granel mostrava come un simile processo di infinitizzazione e di mobilitazione totale di ogni aspetto della vita sociale non possa che condurre all’autodistruzione.
Senza entrare nel merito di questa analisi certamente persuasiva, mi interessa qui piuttosto sottolineare le analogie con la situazione che stiamo attraversando. Che gli anni Trenta del Ventesimo secolo ci stiano ancora davanti non significa che noi vediamo oggi riproporsi esattamente nella stessa forma gli eventi aberranti in questione; significa piuttosto quello che Bordiga aveva inteso esprimere scrivendo, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, che i vincitori sarebbero stati gli esecutori testamentari dei vinti. Dovunque i governi, quali che sia il loro colore e la loro collocazione, agiscono come esecutori di uno stesso testamento, accettato senza beneficio d’inventario. Da ogni parte vediamo continuare ciecamente lo stesso illimitato processo di incremento produttivo e di sviluppo tecnologico che Granel denunciava, in cui la vita umana, ridotta alla sua base biologica, sembra rinunciare a ogni altra ispirazione che non sia la nuda vita e si mostra disposta a sacrificare senza riserve, come abbiamo visto negli ultimi tre anni, la propria esistenza politica. Con la differenza, forse, che i segni dell’accecamento, dell’assenza di pensiero e di una probabile, imminente autodistruzione, che Granel evocava, si sono vertiginosamente moltiplicati. Tutto fa pensare che stiamo entrando – almeno nelle società postindustriali dell’Occidente – nella fase estrema di un processo di cui non è possibile prevedere con certezza la fine, ma le cui conseguenze, se la consapevolezza dei limiti non tornerà a destarsi, potrebbero essere catastrofiche.
15 gennaio 2024
Giorgio Agamben
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“ Gli estoni, i lettoni e i lituani ricordano la brutalità con cui i sovietici, dopo la firma del patto tedesco-sovietico dell'agosto 1939, s’impadronirono del loro territorio, imposero nuove istituzioni, collettivizzarono la terra, spensero il dissenso, stroncarono qualsiasi forma di resistenza, trasferirono al di là degli Urali una parte della popolazione e cercarono di russificare i tre Paesi con l’arrivo di una importante immigrazione sovietica. I russi invece ricordano che la Lituania, dopo l’invasione tedesca dell'Urss nel giugno 1941, divenne un satellite tedesco, che i lituani, come avrebbe detto Daniel Goldhagen, furono nella caccia agli ebrei (erano circa 220.000) «i volenterosi carnefici di Hitler», che i loro corpi militari combatterono a fianco della Wehrmacht contro l’Armata Rossa; che gli estoni seguirono, anche se su scala minore, una stessa politica. Quello che ha maggiormente colpito nel corso degli ultimi vent’anni è stata, se mai, la prudenza di cui Mosca ha dato prova nei casi in cui i cittadini russi del Baltico erano trattati come un corpo estraneo a cui occorreva fare capire, con una certa durezza, che i padroni erano cambiati. A Mosca sembrarono rendersi conto che certi atteggiamenti anti-russi, là dove lo stalinismo era stato particolarmente tirannico, rientravano nell'ordine delle cose e dovevano essere pazientemente accettati. Non era difficile immaginare invece che le reazioni di Mosca sarebbero state molto diverse il giorno in cui il problema da affrontare fosse stato quello delle comunità russe in Crimea e nell'Ucraina orientale. Alcuni Paesi europei (quelli che volevano annettere l’Ucraina alla Nato) sembrano avere trattato la questione con superficiale leggerezza. Avrebbero dovuto chiedersi anzitutto se all'organizzazione militare dei Paesi atlantici convenisse avere fra i soci del club un Paese in cui vi sarebbe stata una quinta colonna russa forte di circa sei o sette milioni di persone. Se avessero riflettuto, si sarebbero resi conto che la migliore delle soluzioni possibili, anche e soprattutto per gli ucraini, sarebbe stata un’Ucraina neutrale, né russa né atlantica. “
Sergio Romano, Putin e la ricostruzione della grande Russia, Longanesi, 2016¹. [Libro elettronico]
#Romano Sergio#Vladimir Putin#Russia#leggere#citazioni#Putin e la ricostruzione della grande Russia#saggistica#saggi#Storia del XX secolo#Stalin#russofobia#Estonia#Lettonia#Daniel Goldhagen#Armata Rossa#olocausto#Shoah#libri#seconda guerra mondiale#Lituania#Urss#Baltico#Crimea#Storia contemporanea#Wehrmacht#Ucraina#Nato#U.E.#Iosif Vissarionovič Džugašvili#stalinismo
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E' ormai un anno che stiamo assistendo all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Noi libertari* non abbiamo simpatia per nessuno stato e nessun confine. La nostra solidarietà non va ad alcun regime, partito, stato, ma solo alle popolazioni che subiscono la guerra. Ma ciò non ci impedisce di riconoscere, anche in questo caso, che vi è differenza sostanziale tra chi aggredisce e chi è aggredito: la popolazione bombardata, massacrata, devastata, è quella ucraina: noi siamo totalmente dalla loro parte. L'equidistanza forzata "né con Zelensky né con Putin", che per noi è scontata ideologicamente (potremmo mai essere pro un qualsiasi schieramento di potere?), è però purtroppo spesso diventata un giustificazionismo di fatto, un artificio retorico dietro cui si nasconde una mentalità nostalgica che vede il fu Impero Sovietico come baluardo contro il perfido Occidente capitalista. Ma chi si pone in questo modo proviene proprio da questo "Occidente", e spesso da una posizione di comodo si permette di giudicare e disquisire sulla "reale" resistenza del popolo ucraino. Questo, lo diciamo, è un modo errato, e italocentrico, di porre la questione. Qualcun* lo chiama "west-plaining", ovvero sentenziare a partire da un posizionamento di privilegio, quello di vivere in un Paese occidentale. Altrettanto fuorviante è l'analisi che giustifica questa guerra imperialista con la presenza della NATO. Ora, noi siamo da sempre visceralmente ostili a qualsivoglia alleanza militare, come la NATO (e come lo siamo pure per il Patto di Varsavia!), ma chi giustifica l'intervento russo con la presenza della NATO nei Paesi dell'Est opera di fatto un negazionismo ideologico e culturale pericoloso, oltre che astorico. La NATO è un'organizzazione militarista (che andrebbe smantellata), che fino all'intervento di Putin era avvertita da gran parte dell'establishment come desueta, e c'era chi metteva in seria discussione il suo futuro: ciò che ha ridato importanza a questa stortura militarista è stato appunto l'intervento imperialista russo, che segue le stesse logiche di potere. Putin ha invaso l'Ucraina esclusivamente per riproporre un modello imperialista, colonialista, autoritario; il fatto che non sia il solo, su scala mondiale, a farlo, non sposta la gravità dell'azione militare da lui voluta. Certamente anche altri soggetti (NATO, USA, UE; ecc) approfittano della situazione, ma questa non può essere una giustificazione verso l'invasione russa. Il problema è che in Italia (e non è così nel resto d'Europa!) permangono residui di stalinismo (che è autoritarismo criminale tale e quale il fascismo) in buona parte della sinistra italiana, che ripropone talvolta analisi stereotipate anni '50 cieche rispetto al portato politico e culturale della critica libertaria e liberante post'68. Un ulteriore problema è dato dal retroterra lasciato dalla pandemia, e dalla polarizzazione del dibattito sui vaccini che ha generato posizioni surreali e divisive, da cui hanno preso piede alcune visioni che guardano con simpatia allo Zar Putin, inteso come "campione" che si oppone al "pensiero unico" occidentale. La stesso critica va mossa verso tutti i tentativi di strumentalizzazione, sia di chi usa la presenza di nazisti in Ucraina (come se da noi non esistessero), sia di chi si fissa sull'autoritarismo di Zelensky (vittorioso alle elezioni perchè considerato populista e uomo "di mediazione"), scordando che anche il più progressista degli Stati, purtroppo, in una situazione di guerra interviene con legislazioni speciali, che peraltro vanno denunciate, in ogni momento. Chi invece vede solo il Battaglione Azov e non i gruppi nazisti presenti dalla parte russa, e li sostituisce commosso immaginando fanfare trionfanti e bandiere sovietiche sui carrarmati di Putin, è abbagliato dalla nostalgia. (...)
USI Parma Gruppo Anarchico Cieri -Parma Collettivo Libertario Parma USI Modena Circolo Anarchico Berneri - Bologna
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