#salute e consapevolezza
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Giornata Mondiale della Salute 🩺 - World Health Day Tema del 2025: " Inizi sani, futuri promettenti" #giornatamondialesalute #worldhealthday #perfettamentechic
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Mindfulness che puoi integrare nella tua routine quotidiana
La mindfulness è la pratica di portare intenzionalmente la propria attenzione al momento presente, senza giudizio. Si tratta di allenare la mente a focalizzarsi su ciò che sta accadendo dentro e intorno a noi, anziché rimanere bloccati nei pensieri del passato o preoccuparsi per il futuro. Benefici della mindfulness: Riduzione dello stress e dell’ansia Miglioramento della concentrazione e…

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Il corposo calendario delle Giornate Mondiali, Internazionali, Nazionali e chi più ne ha ne metta
É stato un lavoro certosino, ma alla fine ce l’ho fatta. Lo spunto me l’ha dato il calendario Esselunga 2024, che quest’anno ha dedicato a dodici Giornate Internazionali e Mondiali, associandole ad altrettanti prodotti a loro marchio e mi sono chiesta quanti fossero i giorni dell’anno dedicate a un qualcosa, un tema da commemorare, o per sensibilizzare e accrescere la consapevolezza su importanti…

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Finanza Comportamentale e Benessere della Società
L’importanza del denaro nella vita delle persone è indiscutibile. Tuttavia, la finanza comportamentale ci insegna che le decisioni finanziarie non sono sempre razionali e sono influenzate da emozioni e pregiudizi . In questo articolo, esploreremo come la finanza comportamentale può aiutare a migliorare il benessere finanziario individuale e collettivo. Cos’è la Finanza Comportamentale? La…

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Yoga per atleti: 5 benefici essenziali che trasformano le prestazioni sportive
Uno degli strumenti più utilizzati dagli sportivi moderni è lo yoga per atleti. In questo viaggio esplorativo, ci immergeremo nella profonda connessione tra questa millenaria pratica e le vite degli atleti contemporanei. Come un tappeto che si dispiega sulla via della performance ottimale, lo yoga offre una serie di benefici essenziali, modellando non solo il corpo ma anche la mente di chi lo…

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Narcisismo Patologico: Cause, Sintomi e Trattamenti Efficaci
Il narcisismo patologico è un disturbo complesso e debilitante che può influenzare profondamente la vita di chi ne soffre e di coloro che gli stanno intorno. Comprendere le cause, i sintomi e i trattamenti efficaci è fondamentale per affrontare questa condizione in modo appropriato.
Le cause del narcisismo patologico possono essere attribuite a una combinazione di fattori genetici, esperienze infantili traumatiche e modelli di attaccamento insicuri.
Spesso, individui con un'eccessiva gratificazione durante l'infanzia, in cui le loro esigenze sono state costantemente esaudite senza alcuna opportunità di sviluppare una sana autostima, possono sviluppare tendenze narcisistiche.
I sintomi del narcisismo patologico si manifestano attraverso un costante bisogno di ammirazione, una mancanza di empatia verso gli altri e un senso esagerato di importanza personale. Le persone affette da questo disturbo possono essere estremamente egocentriche, manipolative e incapaci di sperimentare emozioni autentiche.
Fortunatamente, esistono trattamenti efficaci per affrontare il narcisismo patologico. La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è spesso utilizzata per aiutare gli individui a riconoscere e modificare i modelli di pensiero distorti e i comportamenti disfunzionali.
La terapia focalizzata sulla consapevolezza emotiva e sulla gestione del sé può anche contribuire a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie emozioni.
Per approfondire i temi del narcisismo patologico, visita il sito https://NarcisismoPatologicoSconfitto.com. Troverai risorse, informazioni e supporto per comprendere meglio questa condizione e scoprire strategie per gestirla in modo efficace.
In conclusione, il narcisismo patologico è un disturbo complesso che richiede un'attenzione attenta e un trattamento adeguato. Con una corretta diagnosi e un intervento terapeutico mirato, è possibile affrontare il narcisismo patologico e vivere una vita più sana e soddisfacente.
Ricorda di cercare il supporto adeguato e di non esitare a chiedere aiuto. Per approfondire i temi del narcisismo patologico, visita il sito https://NarcisismoPatologicoSconfitto.com.
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A Ecate non piace la Legge del Tre

«Sono cose che succedono. Dormici su, vedrai che domani ti sentirai meglio, va bene?» Roberto mi guarda con uno sguardo così gentile e speranzoso che non posso fare altro che annuire e dargli ragione. Sarei una vera stronza se non lo facessi. E comunque, non potrebbe capire.
«Ma sì, tanto era un vecchio catorcio.» Faccio spallucce e addirittura riesco a tirare fuori un mezzo sorriso dal cilindro delle finzioni. Lo faccio più per Roberto che per me, ovviamente, ma fa il suo sporco lavoro. Lui mi dà una pacca sulla spalla, rasserenato.
«Esatto! Oh, comunque se ti serve domani ti accompagno a fare denuncia.»
«Ok.» Mi aggiusto lo zaino sulle spalle e scendo dal marciapiede.
«Fede, sei sicura di non voler venire con noi? Dai, cosa ti cambia rimanere fuori per una pizza, a questo punto.» Scalpita. Gli altri sono già a qualche decina di metri da noi, dall'altra parte della strada. Ridacchiano e parlano di qualsiasi cosa non riguardi il fatto che qualcuno mi ha appena fottuto la macchina. Letteralmente, qualsiasi cosa. Quando gliel'ho detto, hanno reagito con un corale ooooh! Che sfiga! e fine. Non sono miei amici-amici, li conosco solo attraverso Roberto, quindi non mi aspetto proprio un bel nulla da loro e mi sta bene così.
«Metto quei quindici euro che avrei speso per la pizza nel mio porcellino. Ho una macchina nuova da comprare, a quanto sembra.» Borbotto. Lui mi guarda preoccupato e capisco subito che devo ricalibrare, per non farlo agitare troppo.
«Sono un po' stanca, Robi. Ci vediamo domani, ok?»
Sorride e mi fa ciao ciao con la mano. Non appena salgo sull'autobus, lascio che la cruda consapevolezza di ciò che sta accadendo sbrodoli su di me: sono stata maledetta. È ovvio, lampante, palese.
O meglio, devo aver combinato qualche casino con le energie cosmiche o roba del genere. Devo aver fatto incazzare qualcosa. O qualcuno. E questo qualcosa, o qualcuno, ha deciso di tornare a mordermi le chiappe per punizione.
Dove ho sbagliato? Provo a fare mente locale. Cerchio magico: fatto. Quattro punti cardinali: ringraziati. Candela verde: accesa. Soldo: baciato. Formula – Piccola moneta, porta un po' di gioia a uno sconosciuto e un po' di fortuna a me –: recitata. Cosa ho fatto di male? Mi sono anche assicurata che nessuno mi stesse guardando mentre appoggiavo la moneta vicino alla siepe. Eppure, boom, macchina rubata. E l'avevo pure parcheggiata a pochi metri da quella dannatissima moneta. Mi accascio con un grugnito esasperato e la mia fronte produce un thud appiccicoso contro il finestrino sporco. Rimango lì, scomposta, con la guancia spiaccicata, e mi maledico da sola per essermi messa in quel casino. Tanto, maledizione più o maledizione meno.
E, ovviamente, non è la prima volta. È la terza. Il mio primo incantesimo era avvenuto un mercoledì di luna crescente: ero gasatissima, avevo messo su una playlist bomba witchcore trovata su Spotify, avevo seguito tutti i passaggi del grimorio e mi ero goduta il rituale dell'abbondanza.
Abbondanza è un modo sciccoso e carino per parlare di denaro senza essere troppo venali. Si scrive abbondanza, ma si legge soldi, verdoni, pezzi, cash. Due giorni dopo mi arriva la bolletta del gas più alta della storia delle bollette e un cliente decide di piantarmi.
Trust the process. Fidati del processo. Lo dicono le witchtoker americane in sundress neri che ormai affollano il mio schermo e pure quei post su Instagram che non capisci mai davvero se sono delle pubblicità finché non commetti l'errore di fare tap sull'immagine e allora vieni catapultato in un qualche quiz o form tutto a colori pastellosi. E lo dico pure io a me stessa. È solo un caso, quella bolletta doveva arrivare comunque. E quel cliente era traballante.
Ma poi c'è stato l'incantesimo di buona salute. Ci avevo messo così tanto impegno, a incidere quella dannata candela arancione, a stampare le mie fotografie e a tritare la lavanda. Quando nell'equazione c'è di mezzo la fatica, siamo quasi certi che il risultato sarà più appetitoso. Il risultato per me era stata una diarrea fulminante durata tre giorni.
Una sfiga è, beh, solo una sfiga. Due sfighe iniziano a puzzare. Tre sfighe nell'arco di un mese urlano un messaggio forte e chiaro: brucia quel fottuto libro degli incantesimi per streghe principianti comprato su Amazon, perché dal quarto tentativo probabilmente ci esci in orizzontale. La mia faccia affonda ancora di più contro il vetro. L'autobus prende una curva a una velocità esagerata e la mia testa sbatte forte, più volte, ma non mi interessa. Mi rendo conto di essere in uno stato pietoso solo perché una signora seduta un paio di file più avanti mi lancia un'occhiata preoccupata. Stringe a sé la borsetta.
Ricambio lo sguardo, forse con troppa insistenza. Lei si appallottola ancora di più su se stessa. «È ubriaca» squittisce, ha una voce stridula, teatralmente alta.
Non è neanche una domanda e non capisco se stia sputando quel verdetto addosso a me o all'autista, per avvertirlo. Scuoto la testa e alzo le mani.
«No, signora, no. È che mi hanno maledetta.» Lo dico per farla indignare ancora di più, così impara a ficcanasare nelle disperazioni altrui, ma lei sembra rilassarsi. Si sporge in avanti e piega la testolina di lato, incuriosita. Potrebbe avere quarant'anni come anche settanta, non mi è chiaro. Ha una pelle polverosa, opaca, come se un pugno di sabbia fosse stata lanciato sulle guance e alcuni granelli fossero rimasti appoggiati lì. Mi ricorda mia nonna materna, in un certo senso: condividono la stessa qualità di quelle persone a cui in buona sostanza non frega nulla del proprio aspetto, ma in un modo così esagerato da diventare brutalmente e grottescamente appariscenti.
«E chi ti ha maledetta?» La voce è ancora gracchiante, ma l'ha ridotta a un sussurro. Increspa le labbra come se avesse inghiottito una di quelle caramelle asprissime e stringe le palpebre pesanti. È interessata, ma non si fida.
«Boh» la domanda mi coglie alla sprovvista. «Non lo so, ma mi accadono cose brutte.»
«Hai provato ad andare in chiesa?»
«Signora, credo brucerei ancora prima di poter dire un amen.»
Getta la testa all'indietro e ride di gusto. Rido anche io, solo perché mi sembra maleducato non farlo visto che lei si sta sbellicando, anche se ridere delle proprie battute è un po' da sfigati. Si guarda attorno, addirittura si volta verso l'autista, come se non si capacitasse che nessuno a parte noi si stia pisciando addosso dal ridere. Ma l'autobus è vuoto.
«Come fai a dire di essere stata maledetta, se non sai chi ti ha maledetta? Non è che le maledizioni arrivano per caso, eh!»
Faccio spallucce. «Sto facendo delle… cose. E da quando ho iniziato a fare queste cose ho avuto una serie di sfighe.»
«Semplice, allora. Smettila con queste… cose.» E fa un gesto vago con entrambe le mani, accompagnato da un occhiolino intenditore; vuole farmi capire che ha capito. Droga, vero? Sesso promiscuo. O questioni di cuore, qualcosa con un uomo. Non lo dice ad alta voce, ma so benissimo cosa si nasconde dietro quell'ammiccare. Non ha capito nulla, ovvio. E come potrebbe?
«Forse è quello che dovrei fare, sì.» Torno ad affossarmi, pronta a chiudere quel bizzarro scambio.
«O forse dovresti migliorare in queste tue cose! Sai, un tempo ero una–» L'autobus rimbalza sopra una coppia di dossi e le ruote ruggiscono con un clangore infernale. I sedili fanno su e giù come in una giostra e il volto della signora diventa un grumo sfocato. Quando siamo su, ride. Quando andiamo giù, non ride più. Labbra in su, labbra in giù, labbra in su, labbra in giù. Sento i peli del collo alzarsi e un peso cadere nel fondo dello stomaco, il mio corpo è a disagio.
Incantatrice, mi sembra dica. Le ruote smettono di fare baccano e io mi spingo in avanti per sentire meglio.
«Come, prego?»
«Attrice.»
«Oh!» Ne dubito fortemente.
«Non fare quella faccia, sai!» Ora le labbra sono davvero all'ingiù, le sue guance si contraggono. Sono gonfie, sembra che qualcosa ribolla sotto la sua pelle e voglia uscire da lì.
«Non sto facendo nessuna faccia!»
Lei si mette a ridere, si dà qualche colpetto sulle ginocchia, poi si sporge tutta in avanti. «Ero un'attrice al Grande. Ero pure brava! Avevo talento, mi dicevano tutti che sarei potuta anche finire in qualche film di Antonioni. Io ero la Signorina Julie di Strindberg. E anche la Lola di Cavalleria Rusticana. Poi è arrivata quella là, la Berni.»
Schiocca la lingua con disgusto, come se volesse sputare un capello. Mi guarda e so benissimo che si aspetta che io faccia lo stesso. Manco so chi sia la Berni, ma evidentemente è la cattiva di questa storia e la devo detestare per principio. Arriccio il naso e per fortuna la signora se lo fa andare bene.
«La Berni era più giovane, aveva le tette piccole e a punta da principessina olandese, un culetto che stava in un piatto e piaceva da matti al regista. Quell'anno dovevo essere io la Medea per la stagione d’autunno, ma il ruolo lo diedero a lei. Io mi pigliai la servetta pettegola, una bestemmia se me lo chiedi. Beh, fatto sta che mi lamentai con la mia amica Gelsomina – lei non ci capiva nulla di teatro, era una vera zappa, finiva sempre a fare la parte di quella che muore per prima, ma era tanto cara. Mi disse “Terè, aiutati che il ciel t'aiuta!”»
Scuote la testa e sbuffa. L'autobus fa di nuovo su e giù e per un attimo mi sembra che la testa le voli via dal collo, catapultata lontano da tutto quel rimbalzare. Arriccio di nuovo il naso, ma lei mi guarda male. Ho sbagliato reazione.
«Un ottimo consiglio, altroché! Da interpretare, certo. Sicuramente Gelsomina pensava al lavorare su se stesse, mangiare un po' meno strozzapreti, indossare reggiseni di raso e a fare le carine con il regista e la troupe.»
«E lei lo fece?» provo a buttare lì.
«Cosa?»
«Tutta quella roba. I reggiseni di raso e il resto.»
«Ma no!» Mi scruta come se mi vedesse per la prima volta. Torna ad appallottolarsi su se stessa e a stringere la borsetta di finto pitone, sospettosa. Non c'è bisogno che me lo dica, lo capisco benissimo da come strizza le palpebre e da come la sua voce è salita di svariati decibel: sono tornata a essere una tossichella ubriaca, per lei.
«Ma no, figuriamoci. Ho messo nel caffè della Berni talmente tanto olio di ricino che quella ha finito per cagare anche l’anima. Prolasso di retto e di dignità. Non si è mai ripresa, da quel che ho capito si lanciò di testa giù dalla terza galleria l’anno seguente.»
La saliva finisce nel posto sbagliato e quasi mi strozzo. Tossisco forte, non le tolgo gli occhi di dosso. La guardo incredula, ma non riesco a dire nulla, tra un colpo di tosse e l'altro. La mia gola fa un rumore strano, quel suono imbarazzante a metà tra un conato e una scatarrata, e la signora mi guarda come se io mi fossi trasformata in una gomma spiaccicata.
«Signorina, non bisognerebbe andare in giro con una tosse così, rischi di attaccare qualche schifezza alla gente.» L'autobus sfiata e si ferma. Lei si alza, mi getta un'ultima occhiata schifata, e sgattaiola giù.
«Ma vaffanc–» è l'unica cosa che riesco a sibilare, mentre la saliva finalmente smette di sfrigolare nella mia laringe e mi torna il respiro.
Mi butto sotto la doccia non appena arrivo a casa. Sento di avere uno strato di sporco addosso e ho bisogno di sciacquarlo via. Non so se sia il lerciume dell'autobus o l'idea della Berni che si caga addosso fino a schiattare. Passo la prima parte della serata rannicchiata sul divano, con il portatile sulle ginocchia; rimbalzo da una scheda all'altra, cercando di capire di che morte morire.
Auto rubata che fare? E anche Denuncia auto rubata serve davvero? E Auto rubata assicurazione cosa fa? E poi la più temuta di tutte, Auto usate a basso prezzo in vendita a Brescia. Sto per infognarmi nel marketplace di Facebook quando Bastet & Furious si lancia nello spazio ormai incandescente che separa le mie tette dalla tastiera del laptop. Bastet & Furious è la mia rognosissima gatta calico, chiamata così perché come per ogni millennial stritolato dalla morsa del capitalismo performativo che si rispetti dare nomi idioti ai propri animali domestici è la mia valvola di sfogo per non implodere. Bastet lancia un miiiiaaao che odora di vendetta e appoggia il suo peloso e pesante culone sullo schermo.
«Stronzina, spostati!» Ma non c'è nulla da fare. La sporgenza tondeggiante dei suoi polpastrelli preme in contemporanea una serie di tasti e sullo schermo iniziano ad apparire infinite nuove tab, tutte rigorosamente nere o in fase di caricamento. Nel giro di pochi secondi, il portatile diventa completamente e drammaticamente inutilizzabile. Impallato, bloccato, lentissimo. Mastico una bestemmia tra i denti e provo a spingere via Bastet; lei in tutta risposta si arrampica sulla mia testa e lì rimane.
Non c'è command-alt-esc che tenga: il portatile va riavviato. Mentre il mac soffia, sibila e mugugna il tuo thuuun, mi accascio contro lo schienale e vago su TikTok. Un edit di Meryl Streep in The Homesman, metto mi piace, scrollo. Un tizio piange disperato perché il nuovo update di Sims 4 ha sovrascritto i suoi salvataggi e cancellato la famiglia Thompson con cui giocava dal 2015, scrollo. Una tizia con un cane nero di nome Pig dice che la sua missione è guardare tutti i film del mondo che parlano di lesbiche, metto mi piace, scrollo.
Hello my cursed lovelies, here are the seven reasons your spells aren't working!
Una ragazza con un'aureola di ricci neri e un sorrisone a denti trentadue riempie il mio schermo. Qui si parla di incantesimi. Non solo, si parla del perché gli incantesimi fanno cilecca. Non scrollo.
La reincarnazione statunitense di Esmeralda dice che forse non sto meditando abbastanza e che la mia riserva di energia interiore è bloccata dal tram tram. Dice anche che dovrei passare più tempo sdraiata nell'erba e che i pentacoli comprati su Temu non sono l'ideale. Dice che la magia non dovrebbe ferire e che la Legge del Tre è roba seria. Mentre cinguetta gli altri pilastri della mia disfatta io mi perdo nei commenti. @MidnightMothQueen dice Noi streghe siamo figlie della natura, ovviamente dobbiamo fare scelte sostenibili!
Da quando ho iniziato a fare hiking richiamare a me l'energia è stato moooooolto più semplice, ve lo consiglio! @ArcaneAesthetic.
@MoonphaseMischief ha lasciato undici emoji di manine che applaudono seguite da quella di un gatto nero e quella di una luna. In generale questa witchtoker – @CursedAndCute – sembra piacere parecchio. E grazie al cazzo, mi viene da dire, pare saltata fuori da una graphic novel, ha una voce zuccherosa e gli scorci della sua casa a Los Angeles che intravedo da sopra la landa dei commenti mi ricordano gli allestimenti Ikea, quelli dove venderesti tua madre pur di viverci. Leggo ancora qualche commento.
I vostri incantesimi vi tornano in culo solo perché siete delle pisce mosce. Voi e anche quest'altra scema @HexAndTheCity.
La mia intera spina dorsale si mette a vibrare: Bastet è esplosa in una serie di fusa selvagge. Il commento di @HexAndTheCity ha ricevuto tante, tantissime risposte, per lo più indignate e confuse. Lei – mi dà l'idea di essere una lei – si è limitata a reagire con numerose emoji del dito medio.
Inspiegabilmente, mi accorgo di fidarmi di più del parere rozzo e grossolano di questa hater che dei consigli incoraggianti di Esmeralda della California. Non ha assolutamente senso che il mio interesse ricada su di lei, eppure è così. Sarà perché tutta quella positività scoppiettante di @CursedAndCute e compagnia bella stava iniziando a titillare i miei sensi di colpa – faccio un gran casino con la raccolta differenziata, preferirei il tetano all'hiking, ieri ho dato a Jeff Bezos i miei soldi in cambio di una manciata di palo santo e la mia vita è solo tram tram. Sarà perché @HexAndTheCity ha messo nero su bianco esattamente quello che sta succedendo a me, senza troppi giri sbrilluccicosi di parole: la magia mi sta tornando in culo.
Mentre Bastet&Furious crea un terremoto tra le mie scapole, io pigio sull'username dell'hater e le mando un messaggio privato, nel mio miglior inglese.
> Fedi0093: Ho letto il tuo commento sotto il video di CursedAndCute. Ho bisogno del tuo aiuto.
Non appena premo invio lo schermo del cellulare perde di luminosità, diventa tutto grigio e l'immagine profilo di HexAndTheCity – un pettine stracolmo di capelli strappati – inizia a tremare. Poi smette. Poi ricomincia. Poi smette. E poi ancora. Che diavolo è, una chiamata? Si possono fare le videochiamate su TikTok? Forse è una funzionalità nuova. Bastet mi spara un miagolio acutissimo in pieno orecchio e il mio pollice scatta all'insù: rispondo alla chiamata. La connessione frigge per una frazione di secondo e mi sembra che il cellulare si contorca sul mio palmo, come un lombrico strizzato maldestramente da un bambino. Sto per lasciarlo cadere, schifata e inquietata, quando il grigiore dello schermo cambia tonalità e tutto diventa ombra. Dall'altra parte, ci sono io. Un'altra io. Una pallida donna sulla trentina appallottolata sul divano con un felino sulla spalla, capelli neri corti, viso tondo, occhi incavati, piercing al naso, maglietta nera del pigiama: io. Sono io.
«Hi. 'sup?» La voce è piatta, annoiata. La rete balla un'altra volta, i contorni della ragazza si sfasano per un attimo. Quando l'ombra diventa un po' meno ombra e il contatto è di nuovo stabile, mi rendo conto che, ovviamente, quella non sono io. Però, diamine, mi somiglia. Rispondo al saluto, cercando di mettere il guinzaglio alla mia inflessione maccheronica.
«Italy?»
Ho fallito. «Yeah» rispondo. Lei fa spallucce.
«Cosa vuoi? Che problema hai?» Non si sforza neanche per un secondo di parlare un po' più lentamente, ma ho raschiato il fondo di YouTube per così tante notti insonni che sostenere una conversazione di questo genere non dovrebbe essere un'impresa impossibile.
«Non voglio farti perdere tempo e scusami se ti sembro una pazza,» provo a buttare lì, «ma ho iniziato a praticare da poco e tutto quello che ho fatto mi ha portato sfortuna e basta. Mi è tornato in culo, come hai detto tu.»
Lei sta zitta, mi guarda. Deglutisco. Forse non mi ha sentito, forse la connessione sta di nuovo per rompere le palle.
«Ho visto il tuo commento, quello sotto il video di CursedAndCute. Sembri sapere il fatto tuo.» Ancora nulla.
«Ehi, scusa, mi senti? Ci sei?»
«Sì. Ci sono.» finalmente dà segno di vita, anche se il tono è così vuoto da farmi sospettare il contrario. «Che cosa vuoi?»
«Voglio smettere di avere tutte quelle sfortune.»
«Smetti di praticare, allora.» Sento che sta per riagganciare. In realtà è ferma immobile, anche il gatto – è un gatto? Pare una palla di pelo informe – attorcigliato al suo collo è fermissimo, ma so che sta per scivolare fuori da quella conversazione. Alzo una mano per evitare che questo accada.
«Aspetta. Aspetta. Non voglio smettere. Vorrei che… funzionasse.»
HexAndTheCity schiocca la lingua e si avvicina il cellulare alla faccia, fin troppo. Ora mi sembra di star parlando con una salamandra malaticcia.
«Con che genere di magia lavori?»
La domanda mi lascia interdetta. Boccheggio un attimo, poi mi tornano in mente i capitoli introduttivi di quel libro sulla stregoneria per principianti preso su Amazon e do la mia risposta, tutta fiera. «Sono una strega secolare.»
«Che cazzata.»
«Scusa?»
«Che cazzata, ho detto. Vabbè, chissene, con che oggetti lavori? Dimmi che roba usi.» Vorrei offendermi, ma Bastet fa le fusa peggio di un trattore e qualcosa mi dice che non sarebbe saggio mettersi a discutere di una preferenza che in fondo ho adottato senza neanche pensarci su più di tanto con una che dà delle pisce mosce a delle amichevoli e innocenti sconosciute.
«Cristalli. Avventurina, per lo più. Lapislazzuli. Diaspro, onice, ossidiana e corniola. Poi–»
«No. Agata del fuoco. Ecco, sì, agata del fuoco.»
«Cioè, dovrei prendere anche l'agata del fuoco?»
«Solo.»
La osservo a bocca aperta, in attesa che aggiunga qualcos'altro di più sensato. Non lo fa. Annuisco piano, anche se non ho capito.
«Dicevo. Candele, di vario tipo, forma, dimensione e colore.» Aspetto a continuare e mi preparo a ricevere un nuovo commento, ma lei rimane zitta. Fa spallucce. Le parlo degli incensi, lei mi dice foglie. Le racconto degli oli essenziali e delle erbe essiccate e lei schiocca la lingua, ma non aggiunge nulla. Le parlo del mortaio ereditato da mia nonna, delle ciotole in bambù prese su Aliexpress, degli oracoli acquistati su Vinted e del pentacolo ricevuto in regalo con un ordine su Shein da più di 50€ con spese di spedizione gratuite.
«Quella roba è un problema, vero?» mormoro imbarazzata. «Sono oggetti senza storia, schifezze di bassa qualità che arrivano da chissà dove.»
HexAndTheCity fa spallucce. La sua palla di pelo sobbalza leggermente e Bastet si gira sulla schiena, a pancia all'aria.
«Le puttane altoborghesi come quella Cursedblablabla dicono un sacco di cazzate. Hanno dimenticato che le streghe antiche erano streghe per necessità, non per sfizio. Usavano quello che trovavano, sangue, merda, terra e polvere.»
Quelle parole attivano la mia tendenza autodistruttiva a indignarmi per conto terzi ma mai per me stessa. «Voglio dire, non le chiamerei così, non c'è bisogno» borbotto.
«Cosa, altoborghesi?»
«No, beh… lascia perdere.»
Si stringe nelle spalle, ancora. Il suo sguardo un po' strabico vaga al di là dello schermo, concentrato su altro; sono quasi certa che mi stia ascoltando con un orecchio mezzo aperto e l'altro del tutto chiuso. Eppure, dopo qualche secondo è lei a riprendere la conversazione. Mi incalza.
«Poi? Cos'altro usi? Cos'hai?»
«Fine. Uso quello che ti ho detto.»
«Col cazzo. No, non ha senso. Cos'altro usi?»
Mi guardo attorno, spaesata, come se sulla libreria o sul tavolo della cucina potesse comparire dal nulla qualche oggetto magico degno di nota, il pezzo mancante per completare questo puzzle assurdo. Qualcosa che mi faccia dire Ah, sì, ovvio, uso anche quella roba lì. Ma non c'è nulla di diverso, nel mio bilocale. Nulla che io possa dare in pasto a Hex – non vorrò mai più avere niente a che fare con questa salamandra malmostosa eppure le ho appioppato un soprannome – per far sì che quel ghigno insoddisfatto le sparisca dalla faccia.
«Cioè, io–» provo a buttare lì l'unica cosa sensata che mi venga in mente, «mia nonna, quella del mortaio, mi ha lasciato anche un coltello. Credo sia un coltello da formaggio? Non l'ha neanche lasciato davvero davvero a me, mia mamma l'ha trovato dopo la sua morte e me l'ha dato, come regalo per il trasloco. Anzi, credo me l'abbia rifilato per liberarsene, non le piaceva. Avevo pensato di usarlo come decorazione per un altare, ma ho preferito di no. Non volevo che la gatta si facesse male per sbaglio.»
«Ah-ah» per la prima volta da quando abbiamo iniziato la chiamata, intravedo una reazione definibile come umana sorpresa arricciare le sopracciglia di Hex. «Fammi vedere.»
Sbuffo, esasperata, ma poi mi alzo. Bastet non si schioda dalle mie spalle, anzi scivola pigramente verso la schiena. I suoi artigli si impigliano nella stoffa lisa della maglia e l'orlo del colletto si muove all'insù; quasi mi strozza, ma scelgo di ignorarlo. Mi sposto in cucina e mi spingo in punta di piedi per aprire il mobiletto sopra la lavastoviglie. Perché c'è sempre così tanta polvere? È polvere o sono i resti dei fagottini Balocco che mi ha dato mia madre? Non importa quanto io cerchi di pulire, qui dentro c'è sempre uno strato sabbioso che non va mai via. Sposto l'aceto, la salsa di soia ed eccolo lì.
Occhio che questo taglia, aveva detto mia madre. E in effetti è così: l'ho usato solo una volta, durante una cena tra amici, per tagliare un pezzo di pecorino. Ero sbronza, sovrastimolata da quell'occorrenza sociale e ho commesso l'errore di voler compensare le mie mancanze caratteriali mettendomi in ridicolo. Se non riesco a farli ridere con me, almeno posso farli ridere di me. E quindi, avevo provato a servire pezzi di formaggio con quel coltello assurdo. Ovviamente, la presa mi è scivolata e mi sono quasi squarciata il dorso della mano. Un male cane, ma fissare il sangue che dalle mie nocche scivolava giù nello scolo del lavabo mi aveva dato anche una certa pace. Non mi era piaciuto sentirmi così. Non di nuovo. Non ora che stavo cercando di riemergere.
Adesso che lo guardo meglio e con meno alcol in corpo, è chiaro che non si tratta di un coltello da happy hour. La lama è in acciaio brunito, annerito dal tempo e dall’uso. Il manico, scolpito in osso levigato e ormai ingiallito, sfoggia una decorazione minuziosa: da un’estremità emerge la testa di un levriero, muso snello e orecchie tese, mentre l’altra si contorce nel corpo serpentino di una vipera, le scaglie incise con cura, la bocca spalancata in un sibilo muto. Due bestie incastrate in un unico oggetto, aggrovigliate in eterna lotta. O eterna unione?
Torno sul divano e avvicino il coltello al cellulare. «Ecco qui.»
Hex socchiude gli occhi e spinge la faccia pallida ancora più vicino alla telecamera. Allarga le narici come se volesse annusare la lama nonostante si trovi con ogni probabilità ad almeno sette fusi orari da me.
«Ecate. Non mi hai detto che tua nonna era una strega.»
«Perché non lo era!» Almeno, non che io sappia. Non posso averne la certezza ovviamente, ma mia nonna era il tipo di persona che andava in brodo di giuggiole per la serata danzante di ferragosto indetta da un hotel a tre stelle di Riccione. Non mi è mai sembrata una strega.
«Ecate.» Hex ripete quel nome e Bastet sobbalza. Affonda le unghie dritte nei miei reni e io trattengo a stento una sassaiola di improperi.
«Chi è?» riesco a mugugnare.
«Ecate. Dea a tre facce. Signora della porta. Padrona dei passaggi. Gravida di magia. La cagna delle cagne. Morte e luna.»
La mia espressione deve essere così disperatamente confusa che Hex si spinge a darmi addirittura una spiegazione aggiuntiva. Mi dice che è una vendicatrice, una divinità femminile potente, con cui non scherzare. Mi spiega che è la mano che porta giustizia quando questa non arriva tramite i canali sperati.
«È la badass delle divinità. Una baddie. Il tipo di stronza che non vuoi avere contro, capisci cosa intendo?»
Scuoto la testa, stanca, perché è vero: non capisco. Non capisco cosa c'entri tutto questo con me e non capisco perché la mia vita abbia preso una piega così squilibrata da condurmi qui. Ma poi Bastet mi infila la punta della coda nel naso, starnutisco forte e capisco. Starnutisco un'altra volta, poi un'altra ancora e spalanco gli occhi.
«Oh, cazzo.»
Hex fa uscire dalle labbra quella che credo sia una mezza risatina.
«Oh, cazzo» ripeto. «Credi mi abbia maledetta? Ecate mi ha maledetta?»
«Ma no, scema. Si è offesa. È un po' una drama queen. Se non la calcoli, ti morde il culo.»
«Mi ha devastato lo stomaco, altro che mordere il culo! E mi ha fatto sparire la macchina! E ho perso un mucchio di soldi!»
Hex fa spallucce. «E tu vuoi fare la strega secolare, che cazzata. Hai in casa un pugnale di Ecate appartenuto a un'altra strega e vuoi fare la praticante secolare? Ovvio che le sono girate le palle. Stanno girando a me, figurati a lei.»
Mi prendo la testa nelle mani e mi fisso con insistenza le caviglie, dondolo avanti e indietro. Un risucchio ritmico mi invade le orecchie, davanti ai miei occhi si apre una ragnatela scura che mi offusca la vista.
«Ma io non credo in queste cose» riesco a dire, «quella roba lì non è vera. Come fa a essere vera? Non è roba sana. La Legge del Tre, no? Non posso mettermi a venerare una divinità cattiva.»
Hex fa un fischio basso, un fischio da guarda te questa idiota.
«Che cazzo vuol dire che non credi a queste cose? Cosa credevi di fare, con le tue candele e gli incensi e il pentacolo? Un cosplay di Barbie Passione Necromanzia? Tu puoi non crederci e continuare a giocare a fare le magie, ma le cose stanno così. Bisogna sporcarsi le mani, per fare la strega, hai capito? Non è un cazzo di gioco da bimba annoiata. Tu e quelle puttanelle e Cursedblablabla, tutte uguali. Non mi far parlare di quella! All'inizio la rispettavo anche, ci sapeva fare, poi si è cagata nel pannolino quando alcune tizie le hanno scritto dicendo di aver provato i suoi incantesimi di vendetta e che un demone era saltato fuori da un cespuglio o roba simile. Lo sanno tutti che è andata così. Ha messo la coda nelle gambe e si è messa a parlare di decotti alla menta. Ma ehi, big news, le streghe fanno casino, da sempre!»
Qualcosa vibra e non è Bastet&Furious. L’energia del piccolo soggiorno cambia e il buio diventa qualcosa di diverso, più pesante, denso. È come se una grande mano nera fosse calata su di me e mi stesse premendo contro il divano. Alzo gli occhi verso lo schermo e vedo di nuovo me. Mi sto fissando, da centinaia e centinaia e centinaia e centinaia di chilometri di distanza, e ho un reticolo di rabbia appiccicato su tutta la faccia. Alle mie spalle, la palla di pelo ha aperto gli occhi: sono verticali, sottili, arancioni.
«Sort your shit out!» tuono a me stessa, con una voce che è la mia, ma non è la mia. Sarebbe la mia se io fossi Hex e non avessi paura anche della mia stessa ombra. È la mia, ma non è la mia, perché questa echeggia fin dentro le mie vene e mi terrorizza così tanto che interrompo la chiamata. Non so neanche come ho fatto. Ho messo giù io o ha messo giù lei? Rimango schiacciata contro i cuscini per un tempo indefinito, finché il suono tondeggiante delle notifiche web di Whatsapp non mi riporta alla realtà: il computer si è riavviato completamente.
Mi sporgo per prenderlo e vado nella tab dei messaggi, è Roberto, mi dice che si è ricordato di avere un appuntamento alle poste e che domani non potrà accompagnarmi a fare la denuncia – emoji di una faccina sciolta.
Guardo l'ora: 23.23. Esprimi un desiderio. Riesco finalmente a scollarmi Bastet di dosso e metto in atto una coreografia che già conosco, ma a cui devo dare un finale diverso. Uso un fiammifero, una pietra, un incenso e una tazzina d'acqua per segnare i punti cardinali e aprire il cerchio.
Mi siedo al centro a gambe incrociate, di fronte a me nient'altro che il coltello di Ecate.
Inspiro, espiro. Inspiro, espiro. Mi riempio e mi svuoto fino a che il buio dietro le mie palpebre non si riempie di scintille, la testa ondeggia e mi sembra di levitare a un palmo dal tappeto. Non apro gli occhi, ma appoggio le mani sulla lama fredda. Gli spigoli del levriero e della vipera mi mordicchiano le dita. Schiarisco la voce e inizio a parlare.
«Ok. Ok, allora. Dunque. Dunque. Ecate, sì?»
Come diavolo si dialoga con una divinità incazzata? Inspiro, espiro. Inspiro, espiro. Ci riprovo. «Ascolta. Mi dispiace, ok? Non sapevo di questa cosa della nonna, non so neanche se sia vera, non sapevo che il coltello fosse tuo, non sapevo nulla. Non volevo mancarti di rispetto. A dire il vero non so cosa volessi fare, va bene? Volevo solo–»
Con l'altra mano faccio un gesto vago nell'aria. Mi immagino che lo spazio nero e vuoto di fronte a me si riempia del motivo che mi ha portato qui, così che lei possa capire anche senza la mia voce incerta. Uno, me ne basta uno. Mi basta un perché. Ma, invece, ne arrivano molti. L'ombra dura di una mano che stringe il mio collo. La piega di un ghigno disgustato dove un tempo c'era un sorriso amorevole. Un corpo contro un altro corpo, senza amore. La punta di un chiodo arrugginito che disegna i contorni di una ferita già aperta da parole e unghie rapaci. L'urlo alto di un'anima che vorrebbe bastare a se stessa ma che è sola, tanto sola.
Stringo il pugno, lo abbasso. Tremo. Sento Bastet strofinarsi contro la mia coscia. «Volevo solo avere un'altra scelta. Volevo riavere la forza che mi è stata tolta. Volevo sentirmi potente. Volevo poter scrivere il mio futuro, se non con le mie mani allora con un incantesimo.»
Ma so che non è tutto tutto. Deglutisco e lo sputo fuori. «Volevo che pagasse. Volevo che tutti loro pagassero. Ma poi ho letto quei libri, c'era scritto di non fare del male con la magia, la Legge del Tre, la responsabilità di una brava strega…»
È la prima volta che penso a lui da mesi e il ricordo di ciò che mi ha fatto brucia dentro di me, nello stomaco, in gola, nel naso, ovunque. Lo caccio via, non ha diritto di essere fuoco dentro di me, perché il fuoco sono io. Qualcosa si muove sotto la mia mano, ma non oso aprire gli occhi. La lama è come bagnata e i due animali intarsiati scivolano sulla mia pelle, non capisco se sono io a muovermi, se è solo una suggestione o che altro. Non apro gli occhi.
«Io non voglio essere brava. Io voglio essere io. E voglio avere la mia giustizia. Capisci, vero? Capisci? Mi capisci?»
Nulla. Ovviamente. Il vuoto. Solo io, curva come un piccolo goblin, con Bastet contro la mia schiena e un coltello vecchio come il cucco davanti a me. Ridacchio.
«Cos'è, dovrei trovare le risposte in me stessa? Lo dice anche la mia psicologa, ma a lei allungo quarantacinque euro a botta.»
Una grassa risata esplode alle mie spalle. Chiunque stia ridendo, deve aver trovato la mia battuta davvero fottutamente divertente, perché è un fiume in piena. Ride come se si aspettasse che anche tutto il resto del mondo rida per il mio umorismo.
Stringo il pugnale e mi volto. Apro gli occhi. «Chi cazzo sei?»
La prima cosa che noto è la borsetta. Poi vedo la pelle polverosa. Per un attimo, mi sembra che ci sia mia nonna di fronte a me, assomiglia proprio a lei. Mia nonna, tornata dall'oltretomba. Ma poi la guardo meglio e vedo la signora dell'autobus, continua a ridere e con la testa fa su-giù, su-giù. Sbatto le palpebre, allucinata, dall'altra parte del tappeto non c'è più la signora, c'è una sagoma coperta da un velo nero.
Non ride più. Avanza verso di me, tende fuori dal velo un paio di braccia lunghe, scure come la notte, affusolate come tronchi di betulla. Le sue mani cercano le mie. E il coltello. Lo vuole.
«Vieni, bambina. Vieni.»
…
Bastet lecca qualche goccia di sangue dal parquet. L'orologio segna le 00.00.
Esprimi un desiderio.
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“ Da qualche parte, ai margini, la notte Sta girando e le onde dell'oscurità Iniziano a illuminare la riva dell'alba L'oscurità pesante ricade sulla terra E l'aria liberata impazzisce di luce, Il cuore si riempie di respiro fresco e luminoso E i pensieri si agitano per dare vita al colore. Io sorgo oggi Nel nome del Silenzio Grembo della Parola, Nel nome della Quiete Casa dell'Appartenenza, Nel nome della Solitudine Dell'Anima e della Terra. Io sorgo oggi Benedetto da tutte le cose, Ali del respiro, Delizia degli occhi, Meraviglia del sussurro, Intimità del tocco, Eternità dell'anima, Urgenza del pensiero, Miracolo di salute, Abbraccio di Dio. Possa io vivere questo giorno Compassionevole di cuore, Chiaro nella parola, Grazioso nella consapevolezza, Coraggioso nel pensiero, Generoso nell'amore.” John O'Donohue by Sub-AIRTist ********************* “Somewhere on the edge the night Is turning and the waves of darkness Begin to light the shore of dawn The heavy darkness falls back to the earth And the liberated air is mad with light, The heart fills with fresh and bright breath And thoughts stir to give life to color. I arise today In the name of Silence Womb of the Word, In the name of Quiet Home of Belonging, In the name of Solitude Of Soul and Earth. I arise today Blessed by all things, Wings of breath, Delight of the eye, Wonder of the whisper, Intimacy of touch, Eternity of soul, Urgency of thought, Miracle of health, Embrace of God. May I live this day Compassionate of heart, Clear of speech, Gracious of awareness, Courageous of thought, Generous of love.” John O'Donohue by Sub-AIRTist
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Nel 2024 aumentano i trapianti di cornea ma preoccupano le opposizioni alla donazione. Al via la campagna social AIMO-SISO-SIBO per sensibilizzare. Scopri di più su Alessandria today.
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IL POTERE DI FARE
(Dalla mia ricerca ed indagine interiore-spirituale personale)
Vi siete mai chiesti perché ci sono persone che riescono in tutto, ovunque mettano le mani, e persone che sono sempre bloccate in ogni loro iniziativa?
Non è una questione di intelligenza e nemmeno di consapevolezza, ma solo una questione di karma.
Il potere di fare e di attrarre le cose viene spiegato della medicina tibetana.
Esistono cinque energie fondamentali strettamente legate al nostro karma: l’energia vitale, che è legata alla salute fisica e che dipende da come abbiamo trattato il nostro corpo nelle precedenti incarnazioni; l’energia psichica, a cui è legata la forza della mente e delle psiche, che dipende da come abbiamo usato la mente e le emozioni nei confronti degli altri e di noi stessi; l’energia della fortuna, e cioè la capacità di attrarre quello che ci serve, collegata al modo in cui abbiamo saputo aiutare gli altri, e in fine l’energia del potere, cioè la capacità di mettere in moto le cose, un’energia che dipende da quanto abbiamo saputo mettere in moto processi evolutivi nelle vite altrui.
La buona notizia è che anche se scarseggiamo di alcune di queste energie karmiche alla nascita, possono essere caricate durante la nostra vita mediante le nostre azioni, esattamente come una carta di credito.
Quindi più aiuteremo gli altri, più aiuteremo noi stessi. Più metteremo in moto processi virtuosi nella realtà, più questi processi ci verranno restituiti. È una legge dell’universo e non può essere elusa.
Ovviamente però il gioco non funziona se facciamo del bene a qualcuno con l’intenzione di ricevere il premio, perché essa risulterebbe comunque un’azione egoistica e non altruistica: quando si parla di Spirito, non è tanto l’azione, quanto l’intenzione che conta.
DAL VOLERE AL POTERE. HAI MAI TIRATO CON L’ARCO?
Quando iniziai con i miei primi gruppi di meditazione - allora eravamo tutti tra amici - le prime difficoltà che incontrai furono quelle legate all’organizzazione.
Dovevamo trovare un giorno che andasse bene per tutti e questo, regolarmente, si rivelava un impedimento. A quel punto, decisi di tagliare la testa al toro e fissai il giorno io. Decretai che il mercoledì sarebbe stato il giorno dedicato alla meditazione. Pensai che probabilmente mi sarei ritrovato da solo, ma decisi comunque di procedere in questo modo. Il mercoledì successivo non mancava nessuno all’appello. Tutti erano riusciti a venire, senza particolari problemi.
Negli anni a venire mi capitò più volte di dover organizzare qualcosa e capii quanto fosse importante fissare una data, prenotare una sala o una stanza d’albergo con larghissimo anticipo per direzionare l’energia in quel punto e permettere all’universo di fare altrettanto.
Questo perché siamo ogni giorno immersi in un oceano infinito di variabili e navighiamo nell’energia caotica che ci trasporta di corrente in corrente, senza mai essere direzionata. Fissare un punto nello spaziotempo, significa prenotare il posto di cui abbiamo bisogno ed è così per qualsiasi obiettivo ci poniamo, anche quando si parla di grandi obiettivi e non solo di questioni organizzative.
Per raggiungere qualsiasi obiettivo nella vita sono necessari una grande centratura abbinata alla direzione. È esattamente come accade nello sport del tiro con l’arco. Devi posizionarti nel modo corretto, essere centrato e in perfetto equilibrio, non oscillare.
E poi, guardare il bersaglio. Il bersaglio è là e dal momento in cui scocchi la freccia il tuo intento deve essere tutto lì, la tua energia deve essere tutta nel tiro.
Detto questo, ci sono infinite variabili che dividono te dal tuo obiettivo. Ma se manterrai fermo l’intento e lascerai fare il resto all’universo, avrai una buona possibilità di colpirlo. Diverso è quando siamo troppo concentrati sul bersaglio, in questo caso, perdiamo la centratura, proprio perché siamo troppo proiettati nel futuro e ci perdiamo il momento presente. L’obiettivo, in un qualche modo riesce a distoglierci da noi stessi e non siamo più in grado di mantenerci stabili.
Il segreto del tiro con l’arco, come quello della capacità di centrare i nostri obiettivi della vita, è quello che ritroviamo nell’insegnamento dello Zen, nel paradosso in cui io cerco di raggiungere qualcosa, ma senza cercare di raggiungerlo. Nel libro di Eugen Herringel “Lo zen e il tiro con l’arco” si parla proprio di questo. Un’azione, quella dello scoccare la freccia, che quando si compie non è mai qualcosa di totalmente individuale, ma che fa sua una compartecipazione dell’universo intero, e che pertanto ci fa dire, a bersaglio colpito, non “ho tirato”, ma “si è tirato”.
Detto questo, come si fa ad avere una buona centratura e un intento fermo e stabile come un buon arciere? Innanzitutto dobbiamo non essere troppo frammentati per focalizzare l’energia in quel punto e non disperderla nelle azioni multiple dei nostri Io. In secondo luogo, dobbiamo lavorare sui nodi energetici che ci mantengono bloccati in una certa situazione. Se infatti paragoniamo la vita ad una corda percorsa da cinque o sei nodi, vediamo subito come il percorso che ci è possibile compiere scorrendo con le dita la corda, è unicamente quello che va da un nodo all’altro.
Ogni volta che arriviamo a un nodo, torneremo indietro e ripercorreremo sempre lo stesso sentiero. In questo si trova la causa della ripetitività della vita, il motivo per cui ci accadono sempre le stesse cose, quella condizione che Nietzche definiva come “l’eterno ritorno dell’uguale”. Ma sappiamo anche che lavorando sui nodi dal punto di vista energetico e bypassando la dimensione materiale, possiamo riuscire a scioglierli e a passare oltre, percorrendo un altro tratto di corda, che non avevamo potuto percorrere fino ad allora. In quel tratto di corda ci sono nuove possibilità e nuovi futuri possibili.
Cose che pensavamo che non avremmo mai potuto raggiungere.
Ci sono nuovi bersagli e nuovi obiettivi, archi più sofisticati e frecce più performanti, perché ora abbiamo fatto un salto, quello che probabilmente non eravamo riusciti a compiere in moltissime vite.
ROBERTO POTOCNIAK
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ARRIVANO GLI PSICOLOGI DI STRADA
Nessun appuntamento e totale anonimato. Sono psicologi e psicoterapeuti che si offrono per dare ascolto gratuito per strada. Sono nati in Francia a Parigi dal 2019, a Rennes e Nantes dal 2022 e a Tolosa dall’inizio del 2023.
Si fanno chiamare Les ecouteurs de rues, ‘gli ascoltatori di strada’ e sono tutti professionisti volontari che hanno scelto di dare un’accoglienza incondizionata a chiunque abbia bisogno di parlare, di capire qualcosa della sua mente o di ciò che gli sta capitando, per affrontare una situazione difficile o un trauma. Si trovano sui marciapiedi e nei parchi dove i passanti possono sedersi su una sedia e incominciare a parlare. Uno striscione con la scritta “Qui ti ascoltiamo” basta a far capire. Gli incontri sono brevi, da pochi minuti a 20 minuti e quando serve possono indirizzare verso associazioni, istituzioni e strutture anche se l’obiettivo è dare un sollievo immediato, un orecchio, un conforto.
Le modalità degli psicologi di strada prevedono di essere visibili per diventare alla portata di chi non ha accesso alle cure o di coloro che non osano o non possono permettersi di affrontare la terapia. Rendere la salute mentale accessibile a tutti. Il loro obiettivo è rompere l’isolamento: nessun giudizio, nessuna aspettativa. La presenza di professionisti della salute mentale e psico-sociali nello spazio pubblico consente di creare legami sociali e rendere più inclusiva la salute mentale, aumentare la consapevolezza del fatto che prendersi cura di sé, entrare in relazione ed esistere di fronte all’altro è una dinamica positiva e costruttiva.
___________________
Fonte: Les ecouteurs de rues
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UN CORPO PERDUTO e DIMENTICATO.
Ogni giorno viviamo la triade:
1- perdita di contatto con la produzione del cibo
2- perdita di conoscenza del proprio corpo, Io Biologico.
3- esaltazione della immagine corporea.
Il tutto davanti allo specchio magico del cellulare, che ci fa passare dalla realtà ad una vita artificiale.
Ma tutto parte dalla perdita di contatto con la produzione del proprio cibo, che genera la perdita di conoscenza e di consapevolezza di avere un corpo.
Tutta questa improvvisa scena occupata dal cibo “sintetico” (farine di insetti, carne coltivata, alimenti ultra processati carichi di additivi chimici ….) si basa sull’assenza della percezione di avere un corpo umano.
Al centro c’è il cibo, non il corpo.
Siamo solo all’inizio di una vulgata sul cibo artificiale che occuperà anni.
Si vive questa nuova comunicazione come se il cibo naturale non ci bastasse più.
L’attenzione e’ sul cibo “nuovo” non si parla di piacere alimentare, non ci preoccupiamo se genera salute.
Non interessa conoscere quali effetti esercita sul nostro corpo perché non lo conosciamo, non sappiamo come e’ fatto, come funziona, quale biochimica e fisiologia abbiamo dentro di noi. Mangiare e’ uno degli atti primari della vita.
Abbiamo perso il contatto con il cibo, non sappiamo più cosa mangiamo, da dove venga, cosa contiene; un cibo prodotto senza la coltivazione della terra, definito “sintetico.
Un cibo senza storia, senza terra, senza piacere.
Il cibo e’ stato marginalizzato negli orari della giornata.
Si mangia quando capita, di fretta, da soli. Il piacere alimentare ritorna protagonista nelle ricorrenze e in eventi emotivi.
IO BIOLOGICO.
Ciascuno di noi ha il suo “Io Biologico” unico e diverso da tutti gli altri essere umani, perché ciascuno ha il suo DNA. Ha un”suo” corpo.
La perdita del contatto con la produzione del cibo, genera la perdita di contatto con il proprio io biologico, per arrivare alla esaltazione della propria immagine corporea.
Abbiamo un corpo senza materia ed una immagine corporea artificiale.
La malattia del corpo ci riporta alla realtà. La conoscenza del corpo e del cibo genera la consapevolezza del vivere.
La conoscenza genera la libertà di guidare la mano che sceglie il cibo e lo porta dal piatto alla bocca bocca.
Comandare la mano alimentare vuol dire essere padroni della propria vita perché siamo capaci a gestire un bisogno primario: mangiare.
La natura ci ha donato il piacere sensoriale perché mangiare senza la ricompensa del piacere sarebbe stata una fatica inutile.
PRIMA CONOSCI IL TUO CORPO. Poi SCEGLI IL TUO CIBO PIÙ’ ADATTO.
Mangiare e’ pensare. Un abbraccio di vita.
PS: Ripartiamo dal pane fatto in casa. Domani scriverò come farlo.
Pierluigi Rossi prof.
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Edoardo Zollo: Una guida compassionevole alla crescita personale e alla guarigione delle relazioni
Nel panorama in continua evoluzione della salute e del benessere mentale, il ruolo di un terapista esperto è più importante che mai. Uno di questi esperti, Edoardo Zollo, si distingue per la sua profonda comprensione del comportamento umano e per la sua dedizione nell’aiutare individui e coppie ad affrontare le sfide emotive della vita. Che tu stia lottando con conflitti relazionali, cerchi una crescita personale o abbia bisogno di supporto durante le transizioni della vita, i servizi terapeutici specializzati di Edoardo offrono uno spazio sicuro e di supporto per la guarigione e la crescita.
Edoardo Zollo: un terapista di fiducia per l'individuo e la coppia Edoardo Zollo è un rinomato psicologo che porta una vasta esperienza nella terapia sia individuale che di coppia. Il suo approccio si basa su una profonda comprensione della teoria psicologica e dell'applicazione pratica, attingendo a metodi basati sull'evidenza come la terapia cognitivo comportamentale (CBT), le tecniche di consapevolezza e la teoria dell'attaccamento. L’approccio di Zollo è centrato sul cliente, il che significa che adatta i suoi metodi per soddisfare le esigenze uniche di ogni persona o coppia con cui lavora.
Il lavoro di Zollo può essere sostanzialmente suddiviso in due aree chiave: terapia individuale e terapia di coppia. Ciascuno di essi svolge un ruolo fondamentale nell'aiutare i clienti a raggiungere la salute e la stabilità emotiva, ma sono distinti nel focus e nelle tecniche.
Terapia di coppia: risolvere i conflitti e ricostruire la connessione Le relazioni sono complesse ed è naturale che sorgano conflitti. Disaccordi, problemi di comunicazione e bisogni insoddisfatti possono portare a una distanza emotiva che, se lasciata irrisolta, può minacciare le fondamenta della relazione. Zollo è specializzato in terapia di coppia, aiutando i partner a comprendere le proprie dinamiche emotive, migliorare la comunicazione e ricostruire la fiducia.
La terapia di coppia con Zollo non significa incolpare un partner o "aggiustare" una persona. Si tratta piuttosto di comprendere le esigenze specifiche di ciascun partner e di identificare modelli di comportamento che possono contribuire al conflitto. Il suo obiettivo è aiutare le coppie ad affrontare i loro problemi in modo sano e costruttivo.
Alcuni problemi comuni che portano le coppie in terapia con Edoardo Zollo includono:
Discussioni frequenti: che si tratti di soldi, responsabilità domestiche o bisogni emotivi, le discussioni frequenti possono essere un segno di problemi più profondi all'interno della relazione. Zollo aiuta le coppie a scoprire le cause profonde di questi conflitti e le guida verso strategie di comunicazione e risoluzione efficaci.
Perdita di intimità: nel corso del tempo, le coppie possono sperimentare un declino dell’intimità emotiva o fisica. Zollo lavora con le coppie per riconnettersi, promuovendo un ambiente in cui la vulnerabilità e l'affetto possano prosperare ancora una volta.
Infedeltà e problemi di fiducia: la fiducia è la pietra angolare di ogni relazione e, quando viene interrotta, può essere difficile ricostruirla. Zollo offre uno spazio sicuro e neutrale per le coppie che affrontano infedeltà o violazioni della fiducia, aiutandole a elaborare le proprie emozioni e a lavorare per la guarigione.
Transizioni della vita: i principali cambiamenti della vita, come il matrimonio, la nascita di un figlio, i cambiamenti di carriera o il trasferimento in un nuovo luogo, possono sottoporre a stress significativo le relazioni. Zollo fornisce alle coppie gli strumenti e le strategie per affrontare insieme queste transizioni, garantendo che rimangano solidali e connesse.
Terapia individuale: sbloccare la crescita personale e la guarigione emotiva Mentre la terapia di coppia si concentra sul miglioramento delle relazioni, la terapia individuale offre uno spazio per la riflessione personale, la guarigione emotiva e la crescita. Edoardo Zollo è specializzato anche in terapia individuale, lavorando con i clienti per affrontare una serie di problemi psicologici. Il suo approccio terapeutico individuale è adattato alle esigenze specifiche di ciascun cliente, aiutandolo a comprendere meglio le proprie emozioni, comportamenti e modelli di pensiero.
La terapia individuale con Edoardo Zollo può essere utile per una vasta gamma di sfide, tra cui:
Ansia e depressione: molte persone lottano con sentimenti di ansia, tristezza o disperazione. La terapia di Zollo aiuta i clienti a identificare le fonti del loro disagio emotivo e a sviluppare meccanismi di coping per gestire questi sentimenti in modo più efficace.
Autostima e fiducia: la bassa autostima e la mancanza di fiducia possono avere un impatto su molti aspetti della vita, comprese le relazioni, la carriera e la realizzazione personale. Zollo lavora con i clienti per costruire autostima, aiutandoli ad adottare concetti di sé più sani e dando loro la possibilità di vivere in modo autentico.
Dolore e perdita: il processo di lutto per una persona cara, per un lavoro o per un cambiamento significativo nella vita può essere travolgente. Zollo offre supporto a coloro che affrontano il dolore, fornendo strategie per affrontare la perdita e iniziare il processo di guarigione.
Attraverso la terapia individuale, Zollo consente ai clienti di assumere il controllo della propria salute emotiva, dotandoli degli strumenti per favorire la crescita personale e la resilienza durature.
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