#romanzo di investigazione.
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pier-carlo-universe · 3 months ago
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Stormi di Anime di Simone Rainero: Un Thriller che Sfida il Tempo e il Destino. Recensione di Alessandria today
Simone Rainero intreccia mistero, profezie e indagini in una trama avvincente tra storia e occulto.
Simone Rainero intreccia mistero, profezie e indagini in una trama avvincente tra storia e occulto. Stormi di Anime è l’ultimo thriller mozzafiato di Simone Rainero, che trascina il lettore in un vortice di suspense, indagini e profezie apocalittiche. Il protagonista, Carlo Dalmasso, professore di Sociologia presso l’Università di Savigliano, si trova improvvisamente catapultato in una trama…
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bibliotecasanvalentino · 3 months ago
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica Valentina Pace
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: Neri Pozza
Buona lettura a tutti!
OMICIDIO A CAP CANAILLE - CHRISTOPHE GAVAT
“… il comandante sa bene che i delinquenti marsigliesi non hanno nulla da invidiare ai loro colleghi della capitale in materia di criminalità. In quanto a tecniche per uccidere il prossimo il marsigliese, benché provinciale, non manca mai di immaginazione, e tiene a dimostrare al parigino che in questo campo, come su quello da calcio, il migliore è lui. E che non ha paura di dégun – di nessuno.”
Cos’hanno in comune un cadavere carbonizzato trovato nel portabagagli di un’auto abbandonata a Marsiglia: il cosiddetto “barbecue”, un sistema atroce per regolare i conti tra fuorilegge, con una serie di rapine a furgoni portavalori a Parigi?
Il comandante Henri Saint-Donat, da poco trasferito alla Brigata criminale della città provenzale dal 36 quai des Orfèvres, la celeberrima sede della Polizia giudiziaria di Parigi, capisce subito di trovarsi di fronte ad un caso molto complesso.
Henri ha un curriculum di tutto rispetto, è un poliziotto di grande esperienza ed estrema sensibilità; dopo tanti anni di matrimonio è ancora molto innamorato della sua Isabelle, ma è anche un uomo tormentato a causa di una tragedia familiare che lo ha segnato nel profondo e di cui nessuno dei suoi colleghi è a conoscenza.
Negli uffici dell’Eveché, sede della polizia giudiziaria, nel dedalo di strade che attraversa La Cayolle, quartiere labirintico e malfamato di Marsiglia, nei corridoi delle Baumettes, il tetro penitenziario, Henri non è solo. Lo supportano il giovane tenente Basile Urteguy e il capitano Lucie Clert.
Basile è un ragazzo pieno di vita, un appassionato di musica, un genio dell’informatica e, allo stesso tempo, un poliziotto di grande perspicacia: nel corso dell’indagine il suo apporto sarà fondamentale.
Lucie, invece, è una forza della natura: una gran bella donna dal carattere impossibile che ha il brutto vizio di saltare subito alle conclusioni. Sul lavoro è testarda e professionale, ma la sua vita privata è un vero disastro. Chissà che non trovi l’amore proprio nel corso dell’indagine…
“Omicidio a Cap Canaille” è un polar di azione che mostra al lettore le tecniche di investigazione della polizia francese, ma dà anche molto spazio alla vita privata e ai sentimenti dei suoi protagonisti.
I capitoli sono estremamente brevi e il linguaggio è semplice, diretto, crudo nel raccontare l’evolversi dell’inchiesta giudiziaria, ma altrettanto evocativo nelle pagine dedicate alla descrizione dei luoghi e degli stati d’animo, anche quando i sentimenti, le emozioni e il privato dei protagonisti prendono il sopravvento sul dovere professionale.
L’autore, Christophe Gavat, è lui stesso un commissario della polizia francese e, leggendo il romanzo la passione per il suo lavoro, il rispetto e l’ammirazione per i colleghi sono del tutto evidenti.
“È ancora un piedipiatti nell’anima, perché ama quell’atmosfera ovattata e notturna dell’Evêché, dove i passi riecheggiano nei corridoi vuoti, dove solo poche luci negli uffici, qualche grido o un’invettiva qua e là suggeriscono che ci siano ancora dei poliziotti al lavoro. Lavorano sempre. Soprattutto, sa di amare quegli agenti dal carattere forte, che non mancano né di energia, né di abnegazione, né di senso dell’umorismo per svolgere ogni giorno con passione il loro mestiere, tanto da farlo anche di notte.”
COSA MI È PIACIUTO
La lettura di “Omicidio a Cap Canaille” è stata la mia prima esperienza con un polar e ho apprezzato moltissimo la descrizione vivida dei luoghi, l’approfondimento psicologico dei personaggi e l’analisi dei rapporti che si creano tra di loro.
COSA NON MI È PIACIUTO
Il finale prevedibile.
L’AUTORE
Christophe Gavat, nato nel 1966, è entrato in polizia nel 1989. Parigi, Marsiglia, Grenoble, Guyana: nella sua carriera pluritrentennale è stato decorato al valore, messo sotto inchiesta e reintegrato. Ha avuto a che fare sia con i grandi casi che catturano l’attenzione mediatica, sia con i piccoli casi quotidiani che lasciano il segno. Già autore di tre libri sulla sua vita di poliziotto, con questo suo primo romanzo si è aggiudicato nel 2021 il Quai des Orfèvres, premio deciso da 21 giurati tra poliziotti, avvocati, magistrati e giornalisti.
LA CASA EDITRICE
Neri Pozza è una casa editrice veneta rinomata e prestigiosa, fondata nel 1946 dall’omonimo scrittore e ha pubblicato, nel corso degli anni, opere di autori molto famosi della letteratura italiana come Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale, Goffredo Parise, Massimo Bontempelli, Giuseppe Berto ai quali si affiancano oggi nomi internazionali grandiosi quali Romain Gary, Natsuo Kirino, Tracy Chevalier, Eshkol Nevo, Herman Koch.
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blogexperiences · 4 months ago
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Editoria: "Il buio straordinario". Romanzo di Angelo Molica Franco
UNA BRILLANTE INVESTIGAZIONE LETTERARIA SULLA NASCITA DELL’IDENTITÀ OMOSESSUALE NEL NOVECENTO UN VIAGGIO NARRATIVO APPASSIONATO, INTIMO E POP Angelo Molica FrancoIl buio straordinario La nascita dell’identità omosessuale nel romanzo del Novecento Angelo Molica FrancoPeople Editore (pp. 230, euro 18)Uscita in libreria 24 novembre A inizio Novecento, nella Recherche, il barone di Charlus non…
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sapergo · 4 years ago
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120, rue de la Gare Prendo a prestito il titolo di questo trafiletto, 120, rue de la Gare, da un omonimo romanzo uscito miracolosamente (rispetto alla censura militare, e quale censura!) nella Francia occupata dai nazisti, benché trattasse e dei campi di prigionia dei soldati francesi e delle costrizioni di guerra a carico dei civili, per tentare di stendere qualche appunto sull’autore di quel libro, Léo Malet, che anche nella vita reale ebbe traversie non indifferenti. Mi affido casualmente alla memoria, perché non intendo giocare allo specialista: le recensioni ci sono ormai anche per questo genere, “giallo”, poliziesco, di investigazione, lo si chiami come si vuole, senza fare troppe sottili distinzioni, che lasciano il tempo che trovano, in quanto finalmente ne é stata riconosciuta la dignità letteraria, che da sempre in ogni campo riposa sulla grandezza dei singoli autori. Ma sto divagando e per tornare al tema che mi sono prefissato aggiungerò solo che cercherò di tornare in altre occasioni non solo sul “polar” transalpino ed altre opere similari, ma anche su quelle di altri paesi. Devo compiere di passaggio un omaggio, ma non di rito, come spero si capirà, al Maigret (troppo noto, perché io aggiunga ancora qualcosa) del grande Simenon (comunque, un belga, che ha vissuto molta parte della sua vita in Svizzera). Léo Malet, allora. Fu per l’epoca in cui presentò per la prima volta il suo investigatore privato uno che seppe rompere decisamente gli schemi. Già chiamarlo Nestor Burma (il cognome pescato a caso da un atlante in lingua inglese: si tratta della Birmania, oggi Myanmar!) comporta, pur nel realismo di fondo in cui sono collocate le sue avventure, una garbata ironia nei confronti dei già allora imperanti private-eyes statunitensi, ironia che viene prolungata nei comportamenti del personaggio, il quale con tipica verve, direi parigina più che francese, dà dei punti pur all’ottimo Philip Marlowe di Raymond Chandler. Si aggiunga il nome della sua Agenzia, “Fiat Lux”, collocata in pieno centro di Parigi ed il quadro di riferimento inizia a farsi più preciso. Una affollata galleria di comprimari, presi dalla vita vera, ci accompagna mentre seguiamo i casi affrontati da Burma, casi le cui radici affondano spesso prima della seconda guerra mondiale: tanti personaggi simpatici, uomini della strada e uomini importanti, civili e militari, perdenti come erano (con almeno un po’ di dignità!) quelli di una volta, giornalisti (tra cui indimenticabile l’alcoolizzato e bisbetico Marc Covet, sempre informatissimo), ma soprattutto figure di delinquenti presi pari pari (così la intendo io!) dalle cronache dei giornali e non inventati di sana pianta, trafficanti e falsari d’arte, ricconi d’antan, poliziotti ottusi, ma trattati quasi con affetto dall’anarchico Malet, e le ragazze, le donne, ah, le donne! Raramente ho rinvenuto ritratti più precisi, ma soprattutto affettuosi del nostro immaginario femminino, di quelli dipinti da Malet: ragazze quasi perdute che si riscattano; fanciulle innocenti di tutto ma sempre sul ciglio del burrone; una procace segretaria anch’ella dotata di grande senso dell’umorismo ed acuta osservatrice, ma destinata al nubilato casto, benché platonicamente innamorata del Nostro; anche belle ragazze per qualche flirt di Nestor, che vive, se ricordo bene, almeno una drammatica storia d’amore; cocottes, d’alto e basso bordo, e vere e proprie dark ladies, perché certo non potevano mancare; vecchie streghe e vecchine adorabili; e così via. Con Malet ho respirato e respiro la cosiddetta storia materiale, la storia minuta, descritta, lo ripeto, con molta grazia, perché, scrivendo in tempo reale, da osservatore attento ha lasciato anche una documentazione, per così dire, imponente per gli anni ’40 e ’50 (per lo meno fin dove sono arrivate le mie letture). Proverò a spiegarmi con alcuni esempi, non senza prima aggiungere che sempre, con il giusto distacco dell’artista, Léo ha graffiato con gli artigli della denuncia sociale e politica. Evidenzio solo ora che l’autore con la serie di Burma ha scritto almeno un romanzo ambientato in ognuno degli arrondissements di Parigi. Così la zona della Bastiglia e lì vicino un grande luna-park; vicoli stretti e solite brasseries vicino alle Halles, oggi Centro Pompidour; nei pressi l’ambientazione di un fatto per me molto curioso: come si essiccavano nei primi anni ’50 prima di essere messe in vendita le banane, arrivate acerbe da paesi allora esotici; locali poveri e un po’ malfamati un po’ ovunque, specie a Saint Germain e Montparnasse; ma anche quelli “come si deve”, soprattutto in centro; il Marais, la porta Saint-Denis ed altri siti storici; com’era Lione durante la guerra; e la Germania nazista dei lager; un gigantesco serbatoio dell’acqua potabile a Montsouris; la Port d’Italie, ben prima degli sventramenti che l’hanno trasformata in snodo viario imponente e sede di centri direzionali; belle ville di una volta con grandi giardini nella periferia nord e appena fuori Parigi, con una campagna che sembrava entrare in città; scali merci e linee ferroviarie dappertutto, quasi dentro la Ville Lumiere, ma non mi sembra si parli quasi mai del Metrò, che sappiamo tutti essere da tempo colà una cosa imponente e pressoché obbligata: Burma, tutto elegante (altro particolare che avevo scordato prima), con uno chic più anni ’40 che ’50 che se ne va sempre in automobile, una bella automobile diciamo “intonata”, o in taxi; ed anche abitazioni povere di operai e tuguri di sottoproletari, questi ultimi non solo in sottotetti di case malandate con scale esterne ancora più traballanti, ma talora sotto forma di un solo piano con quattro assi messe in croce in qualche cortiletto polveroso, comunque, più o meno malamente recintato; e potrei continuare, pur nel limite delle mie letture non complete. Dopo di che ognuno può farsi i confronti che vuole con la Parigi che conosce personalmente. In Francia del personaggio Burma vennero, mi pare, fatti anche dei film; di sicuro dei fumetti molto belli, di cui alcune immagini scelte fanno da copertina a certe ristampe in corso in Italia. E di Malet la critica si é soprattutto occupata della sua trilogia noir, vraiment noir.
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bigarella · 4 years ago
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120, rue de la Gare Prendo a prestito il titolo di questo trafiletto, 120, rue de la Gare, da un omonimo romanzo uscito miracolosamente (rispetto alla censura militare, e quale censura!) nella Francia occupata dai nazisti, benché trattasse e dei campi di prigionia dei soldati francesi e delle costrizioni di guerra a carico dei civili, per tentare di stendere qualche appunto sull’autore di quel libro, Léo Malet, che anche nella vita reale ebbe traversie non indifferenti. Mi affido casualmente alla memoria, perché non intendo giocare allo specialista: le recensioni ci sono ormai anche per questo genere, “giallo”, poliziesco, di investigazione, lo si chiami come si vuole, senza fare troppe sottili distinzioni, che lasciano il tempo che trovano, in quanto finalmente ne é stata riconosciuta la dignità letteraria, che da sempre in ogni campo riposa sulla grandezza dei singoli autori. Ma sto divagando e per tornare al tema che mi sono prefissato aggiungerò solo che cercherò di tornare in altre occasioni non solo sul “polar” transalpino ed altre opere similari, ma anche su quelle di altri paesi. Devo compiere di passaggio un omaggio, ma non di rito, come spero si capirà, al Maigret (troppo noto, perché io aggiunga ancora qualcosa) del grande Simenon (comunque, un belga, che ha vissuto molta parte della sua vita in Svizzera). Léo Malet, allora. Fu per l’epoca in cui presentò per la prima volta il suo investigatore privato uno che seppe rompere decisamente gli schemi. Già chiamarlo Nestor Burma (il cognome pescato a caso da un atlante in lingua inglese: si tratta della Birmania, oggi Myanmar!) comporta, pur nel realismo di fondo in cui sono collocate le sue avventure, una garbata ironia nei confronti dei già allora imperanti private-eyes statunitensi, ironia che viene prolungata nei comportamenti del personaggio, il quale con tipica verve, direi parigina più che francese, dà dei punti pur all’ottimo Philip Marlowe di Raymond Chandler. Si aggiunga il nome della sua Agenzia, “Fiat Lux”, collocata in pieno centro di Parigi ed il quadro di riferimento inizia a farsi più preciso. Una affollata galleria di comprimari, presi dalla vita vera, ci accompagna mentre seguiamo i casi affrontati da Burma, casi le cui radici affondano spesso prima della seconda guerra mondiale: tanti personaggi simpatici, uomini della strada e uomini importanti, civili e militari, perdenti come erano (con almeno un po’ di dignità!) quelli di una volta, giornalisti (tra cui indimenticabile l’alcoolizzato e bisbetico Marc Covet, sempre informatissimo), ma soprattutto figure di delinquenti presi pari pari (così la intendo io!) dalle cronache dei giornali e non inventati di sana pianta, trafficanti e falsari d’arte, ricconi d’antan, poliziotti ottusi, ma trattati quasi con affetto dall’anarchico Malet, e le ragazze, le donne, ah, le donne! Raramente ho rinvenuto ritratti più precisi, ma soprattutto affettuosi del nostro immaginario femminino, di quelli dipinti da Malet: ragazze quasi perdute che si riscattano; fanciulle innocenti di tutto ma sempre sul ciglio del burrone; una procace segretaria anch’ella dotata di grande senso dell’umorismo ed acuta osservatrice, ma destinata al nubilato casto, benché platonicamente innamorata del Nostro; anche belle ragazze per qualche flirt di Nestor, che vive, se ricordo bene, almeno una drammatica storia d’amore; cocottes, d’alto e basso bordo, e vere e proprie dark ladies, perché certo non potevano mancare; vecchie streghe e vecchine adorabili; e così via. Con Malet ho respirato e respiro la cosiddetta storia materiale, la storia minuta, descritta, lo ripeto, con molta grazia, perché, scrivendo in tempo reale, da osservatore attento ha lasciato anche una documentazione, per così dire, imponente per gli anni ’40 e ’50 (per lo meno fin dove sono arrivate le mie letture). Proverò a spiegarmi con alcuni esempi, non senza prima aggiungere che sempre, con il giusto distacco dell’artista, Léo ha graffiato con gli artigli della denuncia sociale e politica. Evidenzio solo ora che l’autore con la serie di Burma ha scritto almeno un romanzo ambientato in ognuno degli arrondissements di Parigi. Così la zona della Bastiglia e lì vicino un grande luna-park; vicoli stretti e solite brasseries vicino alle Halles, oggi Centro Pompidour; nei pressi l’ambientazione di un fatto per me molto curioso: come si essiccavano nei primi anni ’50 prima di essere messe in vendita le banane, arrivate acerbe da paesi allora esotici; locali poveri e un po’ malfamati un po’ ovunque, specie a Saint Germain e Montparnasse; ma anche quelli “come si deve”, soprattutto in centro; il Marais, la porta Saint-Denis ed altri siti storici; com’era Lione durante la guerra; e la Germania nazista dei lager; un gigantesco serbatoio dell’acqua potabile a Montsouris; la Port d’Italie, ben prima degli sventramenti che l’hanno trasformata in snodo viario imponente e sede di centri direzionali; belle ville di una volta con grandi giardini nella periferia nord e appena fuori Parigi, con una campagna che sembrava entrare in città; scali merci e linee ferroviarie dappertutto, quasi dentro la Ville Lumiere, ma non mi sembra si parli quasi mai del Metrò, che sappiamo tutti essere da tempo colà una cosa imponente e pressoché obbligata: Burma, tutto elegante (altro particolare che avevo scordato prima), con uno chic più anni ’40 che ’50 che se ne va sempre in automobile, una bella automobile diciamo “intonata”, o in taxi; ed anche abitazioni povere di operai e tuguri di sottoproletari, questi ultimi non solo in sottotetti di case malandate con scale esterne ancora più traballanti, ma talora sotto forma di un solo piano con quattro assi messe in croce in qualche cortiletto polveroso, comunque, più o meno malamente recintato; e potrei continuare, pur nel limite delle mie letture non complete. Dopo di che ognuno può farsi i confronti che vuole con la Parigi che conosce personalmente. In Francia del personaggio Burma vennero, mi pare, fatti anche dei film; di sicuro dei fumetti molto belli, di cui alcune immagini scelte fanno da copertina a certe ristampe in corso in Italia. E di Malet la critica si é soprattutto occupata della sua trilogia noir, vraiment noir.
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collasgarba · 4 years ago
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120, rue de la Gare Prendo a prestito il titolo di questo trafiletto, 120, rue de la Gare, da un omonimo romanzo uscito miracolosamente (rispetto alla censura militare, e quale censura!) nella Francia occupata dai nazisti, benché trattasse e dei campi di prigionia dei soldati francesi e delle costrizioni di guerra a carico dei civili, per tentare di stendere qualche appunto sull’autore di quel libro, Léo Malet, che anche nella vita reale ebbe traversie non indifferenti. Mi affido casualmente alla memoria, perché non intendo giocare allo specialista: le recensioni ci sono ormai anche per questo genere, “giallo”, poliziesco, di investigazione, lo si chiami come si vuole, senza fare troppe sottili distinzioni, che lasciano il tempo che trovano, in quanto finalmente ne é stata riconosciuta la dignità letteraria, che da sempre in ogni campo riposa sulla grandezza dei singoli autori. Ma sto divagando e per tornare al tema che mi sono prefissato aggiungerò solo che cercherò di tornare in altre occasioni non solo sul “polar” transalpino ed altre opere similari, ma anche su quelle di altri paesi. Devo compiere di passaggio un omaggio, ma non di rito, come spero si capirà, al Maigret (troppo noto, perché io aggiunga ancora qualcosa) del grande Simenon (comunque, un belga, che ha vissuto molta parte della sua vita in Svizzera). Léo Malet, allora. Fu per l’epoca in cui presentò per la prima volta il suo investigatore privato uno che seppe rompere decisamente gli schemi. Già chiamarlo Nestor Burma (il cognome pescato a caso da un atlante in lingua inglese: si tratta della Birmania, oggi Myanmar!) comporta, pur nel realismo di fondo in cui sono collocate le sue avventure, una garbata ironia nei confronti dei già allora imperanti private-eyes statunitensi, ironia che viene prolungata nei comportamenti del personaggio, il quale con tipica verve, direi parigina più che francese, dà dei punti pur all’ottimo Philip Marlowe di Raymond Chandler. Si aggiunga il nome della sua Agenzia, “Fiat Lux”, collocata in pieno centro di Parigi ed il quadro di riferimento inizia a farsi più preciso. Una affollata galleria di comprimari, presi dalla vita vera, ci accompagna mentre seguiamo i casi affrontati da Burma, casi le cui radici affondano spesso prima della seconda guerra mondiale: tanti personaggi simpatici, uomini della strada e uomini importanti, civili e militari, perdenti come erano (con almeno un po’ di dignità!) quelli di una volta, giornalisti (tra cui indimenticabile l’alcoolizzato e bisbetico Marc Covet, sempre informatissimo), ma soprattutto figure di delinquenti presi pari pari (così la intendo io!) dalle cronache dei giornali e non inventati di sana pianta, trafficanti e falsari d’arte, ricconi d’antan, poliziotti ottusi, ma trattati quasi con affetto dall’anarchico Malet, e le ragazze, le donne, ah, le donne! Raramente ho rinvenuto ritratti più precisi, ma soprattutto affettuosi del nostro immaginario femminino, di quelli dipinti da Malet: ragazze quasi perdute che si riscattano; fanciulle innocenti di tutto ma sempre sul ciglio del burrone; una procace segretaria anch’ella dotata di grande senso dell’umorismo ed acuta osservatrice, ma destinata al nubilato casto, benché platonicamente innamorata del Nostro; anche belle ragazze per qualche flirt di Nestor, che vive, se ricordo bene, almeno una drammatica storia d’amore; cocottes, d’alto e basso bordo, e vere e proprie dark ladies, perché certo non potevano mancare; vecchie streghe e vecchine adorabili; e così via. Con Malet ho respirato e respiro la cosiddetta storia materiale, la storia minuta, descritta, lo ripeto, con molta grazia, perché, scrivendo in tempo reale, da osservatore attento ha lasciato anche una documentazione, per così dire, imponente per gli anni ’40 e ’50 (per lo meno fin dove sono arrivate le mie letture). Proverò a spiegarmi con alcuni esempi, non senza prima aggiungere che sempre, con il giusto distacco dell’artista, Léo ha graffiato con gli artigli della denuncia sociale e politica. Evidenzio solo ora che l’autore con la serie di Burma ha scritto almeno un romanzo ambientato in ognuno degli arrondissements di Parigi. Così la zona della Bastiglia e lì vicino un grande luna-park; vicoli stretti e solite brasseries vicino alle Halles, oggi Centro Pompidour; nei pressi l’ambientazione di un fatto per me molto curioso: come si essiccavano nei primi anni ’50 prima di essere messe in vendita le banane, arrivate acerbe da paesi allora esotici; locali poveri e un po’ malfamati un po’ ovunque, specie a Saint Germain e Montparnasse; ma anche quelli “come si deve”, soprattutto in centro; il Marais, la porta Saint-Denis ed altri siti storici; com’era Lione durante la guerra; e la Germania nazista dei lager; un gigantesco serbatoio dell’acqua potabile a Montsouris; la Port d’Italie, ben prima degli sventramenti che l’hanno trasformata in snodo viario imponente e sede di centri direzionali; belle ville di una volta con grandi giardini nella periferia nord e appena fuori Parigi, con una campagna che sembrava entrare in città; scali merci e linee ferroviarie dappertutto, quasi dentro la Ville Lumiere, ma non mi sembra si parli quasi mai del Metrò, che sappiamo tutti essere da tempo colà una cosa imponente e pressoché obbligata: Burma, tutto elegante (altro particolare che avevo scordato prima), con uno chic più anni ’40 che ’50 che se ne va sempre in automobile, una bella automobile diciamo “intonata”, o in taxi; ed anche abitazioni povere di operai e tuguri di sottoproletari, questi ultimi non solo in sottotetti di case malandate con scale esterne ancora più traballanti, ma talora sotto forma di un solo piano con quattro assi messe in croce in qualche cortiletto polveroso, comunque, più o meno malamente recintato; e potrei continuare, pur nel limite delle mie letture non complete. Dopo di che ognuno può farsi i confronti che vuole con la Parigi che conosce personalmente. In Francia del personaggio Burma vennero, mi pare, fatti anche dei film; di sicuro dei fumetti molto belli, di cui alcune immagini scelte fanno da copertina a certe ristampe in corso in Italia. E di Malet la critica si é soprattutto occupata della sua trilogia noir, vraiment noir.
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recensioniyoungadult · 5 years ago
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GLI OMICIDI DEI MONUMENTS MEN - Josh Lanyon, RECENSIONE
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Titolo : GLI OMICIDI DEI MONUMENTS MEN  Autore : Josh Lanyon Casa Editrice : Triskell Edizioni Vuoi ricevere in anteprima le nostre uscite ?
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Recensione
GLI OMICIDI DEI MONUMENTS MEN – Josh Lanyon Questo quarto capitolo della serie L’arte del delitto di Josh Lanyon porterà nuovamente scompiglio nella vita dell’agente speciale Jason West. Non basta infatti il pensiero di avere uno stalker  potenzialmente pazzo a perseguitare e minacciare la sua vita, a questo fardello si aggiunge un caso emotivamente importante per Jason: deve indagare per verificare che il suo defunto nonno, ed eroe della sua infanzia, non sia stato coinvolto nel furto di oggetti d’arte e, forse, nella distruzione di un dipinto perduto di Vermeer che fa parte del patrimonio culturale mondiale. Il suo problema era l’affermazione del capitano Thompson secondo cui aveva avuto il permesso di prelevare le opere da un ufficiale in comando, tale Emerson Harley. Ovviamente, visto il coinvolgimento personale, Jason non dovrebbe investigare sul caso, ma se nessuno collega il suo nome al nome del nonno… Una investigazione che potrebbe quindi avere riscontri negativi  sulla carriera di Jason. Quindi cosa fare? Chiedere magari aiuto a Sam Kennedy? Ma come potrebbe mai reagire Sam a questa decisione di Jason? Sam in fondo è capace di vedere le cose in bianco e nero quando è altra gente a infrangere le regole. E una volta che compari sulla sua lista nera non vi è modo di uscirne. Il dilemma quindi: coinvolgerlo e chiedere consiglio? La loro relazione non era un segreto, ma non era neanche di dominio pubblico. Ci si aspettava però che sul lavoro riuscissero a contenersi o a trattarsi come colleghi e non come partner di vita.  Niente abbracci drammatici o frasi come Grazie a Dio stai bene, caro. Abbiamo quindi una storia emotivamente provante per Jason che si trova in bilico tra mille sentimenti e mille decisioni e dubbi che potrebbero portare allo sfinimento chiunque. Emozioni che sono molto ben descritte dalla penna della Lanyon: si capisce perfettamente il tormento e l’ansia che accompagnano Jason per tutto il libro. La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni West La Lanyon mette  a dura prova, in questo quarto capitolo, sia la carriera di Jason che il rapporto tra Sam e Jason. Riusciranno a superare anche questo ostacolo nella loro relazione, già provata dalla distanza fisica che il lavoro pone tra loro? Alcuni aspetti della loro relazione saranno discussi e molti “sassolini verranno tolti dalle scarpe”. Come evolverà quindi il loro rapporto? Per quanto Sam fosse stato arrabbiato quella mattina, non era possibile che desiderasse quella situazione, non più di quanto la desiderava lui. Era impossibile smettere di amare qualcuno all’istante. Romanzo scritto con la solita bravura nell’intrecciare la storia d’amore tra i due protagonisti alle indagini investigative senza sovrapporre l’una all’altra. Abbiamo anche un contorno di personaggi secondari da non sottovalutare. Un esempio è l’agente e collega di Jason  J.J.: il suo personaggio, se ben sviluppato, in futuro potrebbe portare molto alla serie. intervenne J.J. dalla porta puntando la pistola Forse non è il migliore dei libri letti finora di questa serie, anche il caso investigativo è stato un po’  meno interessante dei precedenti, ma la qualità è comunque elevata e  ha tenuto alto l’interesse fino alla fine, compreso il colpo di scena finale che lascia a bocca aperta. SCOPRI IL NOSTRO TEAM Vuoi ricevere in anteprima le nostre uscite ?
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Trama
GLI OMICIDI DEI MONUMENTS MEN – Josh Lanyon Pur avendo puntata addosso l’attenzione di un pericoloso stalker, l’agente speciale Jason West sta facendo del suo meglio per concentrarsi sul lavoro e ignorare i problemi personali. Il suo caso più recente implica però il coinvolgimento di un membro dei Monuments Men nel furto e, forse, nella distruzione di un dipinto perduto di Vermeer che fa parte del patrimonio culturale mondiale. Il capitano di corvetta della Naval Reserve Emerson Harley, oltre a essere stato un eroe della Seconda guerra mondiale, era il nonno di Jason, il suo idolo d’infanzia. Anzi, ha giocato un ruolo importante ispirandolo a entrare nella squadra Crimini artistici dell’FBI. Per Jason, venire a sapere che il leggendario nonno potrebbe aver chiuso un occhio sul fatto che i soldati americani, alla fine della guerra, abbiano “affrancato” opere d’arte inestimabili non è solo spiacevole. È devastante. Jason è deciso a riscattare il nome del nonno, anche se questo significa infrangere lui stesso un po’ di regole e disposizioni, mettendosi in rotta di collisione con il suo partner nella vita, il capo dell’Unità analisi comportamentale Sam Kennedy. Nel frattempo, qualcuno nell’ombra temporeggia… GLI OMICIDI DEI MONUMENTS MEN – Josh Lanyon Buona lettura, simonA. Se ti è piaciuta questa recensione ti consiglio di acquistare questo libro direttamente su Amazon  Cliccando qui Ringraziamo di cuore a tutti quelli che continueranno a sostenerci seguendoci e per chi farà una piccola donazione! Grazie di cuore! SERVIZI ONLINE PER IL TUO LIBRO Vuoi ricevere in anteprima le nostre uscite ?
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peccatidipenna · 7 years ago
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SEGNALAZIONE - SteamBros Investigations – L’armonia dell’imperfetto di Alastor Maverick e L.A. Mely | @darkzone0 ➡️ http://peccati-di-penna.blogspot.it/2017/09/segnalazione-steambros.html A volte unire due generi dà vita a storie particolari e imprevedibili, questo è il caso della fusione tra steampunk e investigazione, unione di un classico giallo al fantasy, ed è quindi il caso di questo romanzo: SteamBros Investigations – L’armonia dell’imperfetto di Alastor Maverick e L.A. Mely. #pubblicazioni #libri #book #books #booknow #bookaddict #booklover #booklove #booklovers #bookaholic #bookworm #bookish #booknerd #bookshelf #bookporn #readinglist #read #reader #stories #story #bibliophile #instabook #instabooks #bookstagram #bookgram #peccatidipenna
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crazy-pot-pourri · 8 years ago
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[Books] Dirk Gently, agenzia investigativa olistica di Douglas Adams
Titolo originale: Dirk Gently's Holistic Detective Agency
Autore: Douglas Adams
Prima edizione: 1987
Edizione italiana: 
- 1989 Douglas Adams, Dirk Gently. Agenzia di investigazione olistica, traduzione di Anna Mariani, collana Mistral n° 4, Rizzoli 
- 1996 Douglas Adams, L'investigatore olistico Dirk Gently, traduzione di Andrea Buzzi, collana I Canguri, Giangiacomo Feltrinelli Editore. 
- 2012 Douglas Adams, Dirk Gently, agenzia di investigazione olistica, traduzione di Andrea Buzzi, vol. 704, Piccola biblioteca Oscar, Mondadori.
DIRK GENTLY AGENZIA INVESTIGATIVA OLISTICA 
Risolviamo il caso per intero 
Troviamo la persona per intera 
Telefonate oggi stesso per l’intera soluzione del vostro problema 
(Specialista in gatti scomparsi e divorzi difficili) 
33a Peckender St. Londra N1 01-354 9112
Dirk Gently, agenzia investigativa olistica è il primo dei romanzi di Douglas Adams (celebre autore di Guida galattica per gli autostoppisti) dedicati alla figura del peculiare detective "olistico", Dirk Gently.
 « (...) Il termine “olistica” si riferisce alla mia convinzione che il punto importante sia la sostanziale interconnessione di tutte le cose. Io non perdo tempo con bazzecole quali la polvere per le impronte digitali, indizi rivelatori prelevati dalle tasche o sciocche orme di scarpe. Ritengo che la soluzione di ogni problema vada ricercata nel disegno e nello schema globale. Il rapporto fra cause ed effetti, signora Rawlinson, spesso è più sottile e complesso di quanto noi, a una prima e sommaria visione del mondo fisico, saremmo naturalmente portati a supporre. «Lasci che le faccia un esempio. Se lei va da un agopunturista con il mal di denti, quello le infila un ago nella coscia. Sa perché, signora Rawlinson? No, nemmeno io, signora Rawlinson. Arrivederci.»
  Una serie di eventi, apparentemente scollegati l'uno dall'altro, finiscono per implicare Richard MacDuff, giovane programmatore ed ex studente di Cambridge, dove ha avuto la fortuna (o sfortuna, a seconda dei punti di vista) di conoscere Svlad Cjelli, alias Dirk Gently, enigmatico individuo dotato di poco chiari poteri paranormali (o privo degli stessi, a seconda dei punti di vista). Le strade dei due si reincrociano dopo anni, subito dopo l'assassinio di Gordon Way, datore di lavoro di Richard, nonché fratello della sua ragazza, Susan.   
Gordon Way era morto, ma non aveva la benché minima idea di cosa fare in proposito. Era una situazione che non gli era mai capitata prima d’allora.
  Dirk convince Richard di essere il principale sospettato per l'omicidio, e lo coinvolge nelle sue indagini, che in realtà non riguardano minimamente l'assassinio, ma sono incentrate principalmente su una saliera, protagonista di un apparentemente innocuo gioco di prestigio, e su un possibile caso di possessione.  Collateralmente, vengono chiamati in causa anche un Monaco elettrico (e il suo cavallo), il fu Gordon Way, un divano incastrato sulle scale, messaggi sulla segreteria telefonica, la British Telecom, il dodo, uno smemorato professore di Cambridge dall'età indefinita, e Samuel L. Coleridge.   Ma ad emergere è soprattutto Dirk Gently con il suo personalissimo metodo investigativo, la sua parlantina, la sua faccia tosta e le sue teorie.
 «La mia teoria è che il suo gatto non si sia perso, ma che la sua forma d’onda abbia avuto un crollo temporaneo e debba essere ricostruita. Schrödinger. Planck. E via dicendo.»
Dirk non lesina certo di dire la sua sulle questioni più disparate, e neppure il paradosso del gatto del già citato Schrödinger si salva:
«(...) alcuni ricercatori stavano conducendo proprio questo esperimento, ma quando aprirono la scatola, il gatto non era né morto né vivo, ma in effetti scomparso, per cui mi chiamarono per indagare. Riuscii a dedurre che non era successo niente di drammatico. Semplicemente il gatto, stufo di farsi rinchiudere in continuazione nella scatola e di tanto in tanto di essere gassato, alla prima occasione aveva infilato la finestra. Per me fu questione di un minuto mettere una ciotola di latte vicino alla finestra e chiamare “Bernice” con voce invitante... “Bernice” era il nome del gatto, sai...» «Scusa, aspetta un attimo...» «... così il gatto tornò al suo posto. Una faccenda abbastanza semplice, ma a quanto pare produsse una certa impressione in alcuni ambienti e poi, come succede, una cosa tira l’altra e tutto è culminato nella brillante carriera che puoi vedere con i tuoi occhi.»
Siamo nel territorio della fantascienza umoristica, genere in cui Adams non ha certo rivali.
Decisamente, stava cercando qualcosa. Decisamente, non sapeva cosa.
  Ma, a modo suo, siamo anche di fronte ad un "giallo" e c'è quindi un enigma da risolvere:
«Ho trasformato il problema da un enigma di somma difficoltà e forse assolutamente irrisolvibile in un semplice rompicapo linguistico. Anche se» mormorò, dopo un lungo momento di silenziosa riflessione «di somma difficoltà e forse assolutamente irrisolvibile.»
e Dirk effettivamente lo risolve, sebbene il suo contributo principale sia... chiedere la soluzione ad un bambino di 7 anni, fermato casualmente per strada.   Poteva poi mancare un riferimento al più celebre dei detective? Ovviamente è d'obbligo:  
Sherlock Holmes una volta ha detto che, eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la risposta. A me, però, non piace eliminare l’impossibile.
  Sebbene sia un continuo accavallarsi, in maniera apparentemente casuale, di situazioni a tratti paradossali (a cui, però, i personaggi reagiscono con il tipico aplomb inglese), alla fine tutto trova il suo perché, e il suo posto, come le tessere di un puzzle.   E in questo turbinio, ci scappa anche la salvezza del genere umano dall'estinzione:  
“Per: salvataggio della razza umana dalla totale estinzione... nessun compenso”.
  Un romanzo indubbiamente piacevole, molto scorrevole, e meno ingarbugliato di quanto ci si possa aspettare, per chi non si sente in dovere di
eliminare l'impossibile.
    Dirk Gently torna in azione anche in La lunga oscura pausa caffè dell'anima (The Long Dark Tea-Time of the Soul, 1988) e nell'ultimo romanzo postumo di Adams, Il salmone del dubbio, che avrebbe potuto essere parte non solo del ciclo di Dirk Gently, ma anche della Guida. Adams ha potuto completare solo 10 capitoli, e il resto di quanto pubblicato deriva da appunti, interviste e quant'altro utile a ricostruire quale fosse il progetto dell'autore.  
Extra
  Dirk Gently è recentemente tornato all'attenzione del grande pubblico grazie alla serie targata BBC America
Dirk Gently's Holistic Detective Agency
, che segue di qualche anno la precedente miniserie in quattro puntate di BBC Four. In entrambi i casi, però, non c'è un adattamento dei romanzi di Adams (ritenuti "inadattabili"), è quel che si cerca di mantenere è soprattutto lo spirito dei libri.   Soffermandoci sulla serie televisiva più recente (di cui è stata annunciata recentemente una seconda stagione), i punti di contatto con l'originale stanno soprattutto nel saper gestire una carrellata di eventi, inizialmente scollegati, e poi ricostruiti in un unico disegno più ampio. Il Dirk Gently di Samuel Barnett è sufficientemente stralunato, ma si accattiva le simpatie più facilmente della sua saccente ed un po' scostante controparte letteraria: alla fin fine, non è altro che un aspirante Sherlock Holmes alla ricerca del suo Watson...  
Ci si sofferma molto di più sulle relazioni e su come si sviluppino alla luce degli eventi in cui vengono coinvolti i personaggi, mentre i toni più tipicamente "british", con quel particolarissimo gusto per il nonsense, si perdono nella traversata dell'Atlantico. Il risultato è comunque molto buono e facilmente godibile.
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pier-carlo-universe · 1 hour ago
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"Nel profondo del bosco": un thriller avvincente tra segreti, misteri e aviditàKendra Elliot ci regala un romanzo intricato, dove l'avidità umana e i segreti di famiglia convergono in un'escalation di suspense. Recensione di Alessandria today
Nel profondo del bosco di Kendra Elliot, in uscita il 19 dicembre 2024, è un thriller avvincente ambientato nella cittadina di Eagle’s Nest, in Oregon.
Trama Nel profondo del bosco di Kendra Elliot, in uscita il 19 dicembre 2024, è un thriller avvincente ambientato nella cittadina di Eagle’s Nest, in Oregon. Una caccia al tesoro nazionale con un premio di due milioni di dollari trasforma il piccolo centro in un terreno fertile per l’avidità e il crimine. Il capo della polizia Truman Daly si trova a fronteggiare non solo la follia collettiva…
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tmnotizie · 5 years ago
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ANCONA – Immergersi in un fantasy e allo stesso tempo dare un contributo alla lotta contro il coronavirus. L’occasione la offre Sisto Merolla, manager della Ariston Thermo Group con il pallino della scrittura che ha deciso di devolvere i diritti d’autore del suo secondo romanzo “Miserere Mei” alla Protezione Civile per l’emergenza Covid-19. Disponibile su Amazon anche in formato ebook, il libro ha già raggiunto il trentunesimo posto tra gli ebook fantasy per ragazzi.
“Questo libro era rimasto nel cassetto – racconta Merolla – poi nei giorni della quarantena ho deciso di riprenderlo in mano e di farne qualcosa che potesse dare un aiuto nella lotta alla pandemia”.
Adatto anche ai ragazzi grazie ad uno stile semplice, un linguaggio moderno e un ritmo serrato, “Miserere Mei” è un racconto avvincente ambientato in un tranquillo e imprecisato paesino. Durante i preparativi per la Pasqua, tre compagni di classe adolescenti spariscono nel nulla. E con loro, spariscono tutti i mezzi di telecomunicazione, precipitando il paese in un limbo dove non esistono Internet, i cellulari, il web e le app. Una squadra di investigazione improvvisata e sgangherata si metterà all’opera per risolvere il caso, ma non sarà facile, perché la minaccia viene dal passato …
Quarantasette anni, tre figli, Sisto Merolla è laureato in Ingegneria, con un Master a Harvard; da sempre affianca all’impegno professionale la pratica della scrittura. Come dirigente Ariston ha trascorso sei anni a Fabriano, dove ha partecipato attivamente alla vita culturale della città, dirigendo insieme alla moglie Giuliana gruppi teatrali di ragazzi e portando in scena musical originali. Oggi lavora in Svizzera, sempre per la Ariston, ricoprendo il ruolo di senior director, nella struttura di Service.
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viaggiatricepigra · 6 years ago
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L'ultimo arrivo del Re in Italia, che ha un po' diviso i lettori. C'è chi parla del ritorno del "vecchio" King, ma io non ho mai colto queste differenze. Resta uno dei migliori scrittori che conosca e con le sue storie rapisce ogni volta. . Come voi sono stata in attesa di questo romanzo e non vedevo l'ora di poterlo leggere, curiosissima di scoprire quale nuovo incubo avesse in mente King per noi. E, purtroppo, devo ammettere che mi ha deluso nel finale, come capita (ahimè) a tantissimi dei suoi romanzi. Un enorme peccato, perché l'inizio incanta il lettore. . Un romanzo che parte come un thriller: un bambino è stato brutalmente ucciso e il principale sospettato è sempre stato considerato un brav'uomo. Arrestato davanti ad un grande pubblico, ciò rovina immediatamente la sua reputazione...ma è davvero lui il colpevole?! . Un investigazione serrata e ricca di colpi di scena che tiene incollati alle pagine. Però....eh, c'è un però.... . . Lo avete già letto o pensate di farlo presto? 😉 . #TheOutsider #StephenKing #King #sperlingkupfer #booksofinstagram #bookblogger #booknerd #bookstagrammer #booklovers #book #bookish #leggere #leggerechepassione #reading #leggeresempre #booknow #leggerefabene #bookblog #booklover #read #booklove #bookshelf #amoleggere #bookaholic #libridaleggere #freepik #viaggiatricepigra https://www.instagram.com/p/BqFce0InkOa/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=176ac5fkl61p
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pleaseanotherbook · 7 years ago
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Storia di cento occhi di Stefano Tevini
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Non saprei più descrivere il silenzio. Non conservo il ricordo dell’assenza di rumore. Basso e costante, il ronzio dei server riempie la quiete quando, terminato l’orario d’ufficio, ognuno torna a casa.
“Storia di cento occhi” è l’inquietantissimo esordio per Safarà di Stefano Tevini. È una storia che si evolve da un presupposto semplice, per finire poi ad esplorare meandri della mente umana che all’inizio non si potevano neanche immaginare. Si sa che non riesco a dire di no ad una distopia.
“I cavi, una nebbia di vasi capillari di rame rivestiti di gomma, convogliano un intero sistema nervoso periferico fatto di ottiche di precisione e microfoni ambientali in un cordone ombelicale innestato qui,
nel mio grembo di acciaio e plexiglass”. Chiuso nel suo grembo metallico, A.R.G.O. vede. Innesto perfetto di software organico e hardware di prima sperimentazione, A.R.G.O. controlla la città attraverso una rete di microfoni e telecamere che convogliano voci, immagini e oceani di dati in un cervello disincarnato. Il progetto è un brevetto Sicurever, multinazionale leader nel mercato della sicurezza. Ma chi è davvero A.R.G.O.? E qual è il suo rapporto con Stefano, un anonimo scrittore che sembra conoscerlo, e temerlo, più di tutti? Crocevia tra distopia e science fiction, Storia di cento occhi esplora le inquietanti possibilità del futuro che incombe oltre la soglia della quotidianità.
Capisci subito quando ti trovi davanti ad una storia insolita che vale la pena di essere letta, capisci immediatamente quando ci si ritrova davanti l’evoluzione di una scrittura quasi asettica che allo stesso tempo favorisce gli inciampi in un mondo spaventoso, pronto a fagocitarti. Il mondo di Tevini è un mondo che ruba l’immaginario collettivo e lo esaspera, amplificando paure e incomprensioni. È qui che si pone A.R.G.O, una cyborg per certi versi, un’intelligenza artificiale per altre, un ibrido complesso che accomuna l’intelligenza umana, con le potenzialità della tecnologia informatica. La macchina incontra il cervello umano, per un controllo capillare della nostra società, raggirata da un male intrinseco che muove i suoi passi sulla paura e l’influenza. Le leggi del mercato sono abbastanza semplici, si crea una domanda e si produce un’offerta. I crimini efferati aumentano o sembrano aumentare? Il terrore di essere i prossimi si diffonde come un’epidemia? Ecco allora che la soluzione è un sistema capace di controllare ogni più piccolo passa di chi gira per la città, sfruttando telecamere della sicurezza, sistemi a circuito chiuso e qualsiasi dispositivo dotato di una telecamera. In fondo è tutto facile, finché la storia non assume tratti inquietanti. D’altra parte per il web si aggira Stefano dotato di una fantasia infinita e capace di produrre racconti su racconti. Isolato e sospettoso, Stefano è il tipo che preferisce mettere a tacere le proprie incertezze in una buone dose di racconti, un mondo che appare tanto più terribile sulla carta che nella realtà. In un secondo ci si avvicina alla follia collettiva della perdita, dell’esasperazione, di omicidi che tracimano il pericolo con cui camminiamo ogni giorno. Ma Stefano è tanto anonimo quanto scaltro, capace di perdersi tra i meandri di una città fagocitante e irreprensibile che sembra destrutturare un passo alla volta l’impassibilità della quiete di chi non vuole perdere le proprie ineluttabili certezze. Gaia, l’unica che attraversa il muro di anonimato di Stefano, costruito tra forum online e chat sventate, sembra metterlo in guardia contro il pericolo di perdersi in un mondo di fantasia, in un mondo tanto esasperato quanto distrutto.
Ma Tevini mette in scena anche un altro aspetto dolente della nostra attualità, quella della televisione che spettacolarizza anche il dramma e l’inferno di chi ha perso. Quei programmi che si fossilizzano nel ricostruire ogni mero dettaglio e che guadagnano nei grandi casi di investigazione poliziesca. Quella “tv del dolore” che in maniera morbosa segue gli sviluppi di indagine e di degrado. Ed è questo che rende il romanzo breve dello scrittore bresciano, questo radicarsi profondamente nel mondo contemporaneo per esasperarlo e tingerlo di oscurità.
 Il particolare da non dimenticare? Una felpa di spiderman...
 La distopia e la fantascienza si uniscono all’horror per una storia che non lascia scampo al lettore, fino all’ultima riga. Il mondo ci osserva, ed è facile cadere vittima di una verità distorta, che si nutre delle nostre paure più profonde.
Buona lettura guys!
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Ringrazio immensamente l’ufficio stampa di Safarà che mi ha regalato la meravigliosa opportunità di leggere questo libro in anteprima in cambio della mia onesta opinione. Collaborare con questa casa editrice è una gioia continua.
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Istanbul, intorno alla metà degli anni Trenta. Nel corso di un ricevimento Charles Latimer, giallista inglese di successo, viene avvicinato dal più imprevedibile degli ammiratori, il colonnello Haki – alto ufficiale dei servizi segreti e scrittore di suspense alle prime armi. La trama che il colonnello sottopone a Latimer, e che vorrebbe che quest’ultimo sviluppasse in proprio, è rozza, fiacca, artificiosa. Ma poi Haki allude alla vicenda «scombinata, non artistica», priva di «moventi occulti» di Dimitrios Makropoulos, il più grande criminale europeo di quegli anni, coinvolto in ogni delitto compreso fra il traffico di eroina e l’assassinio politico. E così, da alcuni indizi contraddittori disseminati in una conversazione apparentemente casuale, ha inizio l’inquietante «esperimento investigativo» di Latimer, che inseguirà le tracce di Dimitrios fra le rive dell’Egeo, i quartieri turchi di Sofia e i boulevard di Bucarest, trasformandosi via via da elegante, distaccato scrutatore di fatti in protagonista di un romanzo a tinte forti. Perfetta fusione di suspense e atmosfera, sottile analisi del funzionamento di ogni investigazione – letteraria o poliziesca che sia –, questo libro, per molti il primo a essere evocato quando si parla di Ambler, è anche lo straordinario documento di un’epoca in cui la civiltà e la mente dell’uomo europeo non potevano non vedersi riflesse in uno specchio oscuro, inafferrabile e sinistro: i Balcani. La maschera di Dimitrios è stato pubblicato per la prima volta nel 1939. #libridisecondamano #ravenna #bookstagram #booklovers #bookstore#instabook #igersravenna #instaravenna #ig_books (presso Libreria Scattisparsi)
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eledriel-blog1 · 7 years ago
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Mi ero detta, va bene, scrivo fino alle 2 di notte, tanto poi domani si dorme. E niente, poi mi sveglio alle 7 e mi ritrovo così. Ma capita anche a voi o sono l'unica? Poi, quando devo andare in ufficio, non mi svegliano nemmeno le cannonate. Boh. #comeibambini proprio! #love #cantsleep #jacklosquartatore #Halloween2017 #lacorteeditore #romanzo #saradifuria #thriller #paranormal #giallo #investigazione #criminologia #libro #daleggere #senzapregiudizi #mentelibera #maschere #dinotte #bookstagram #bookblogger #instalibri#narrativa #inlibreria #daleggere #bookish #consiglidilettura #ioleggo #robadapazzi (presso EUR)
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collasgarba · 4 years ago
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120, rue de la Gare Prendo a prestito il titolo di questo trafiletto, 120, rue de la Gare, da un omonimo romanzo uscito miracolosamente (rispetto alla censura militare, e quale censura!) nella Francia occupata dai nazisti, benché trattasse e dei campi di prigionia dei soldati francesi e delle costrizioni di guerra a carico dei civili, per tentare di stendere qualche appunto sull’autore di quel libro, Léo Malet, che anche nella vita reale ebbe traversie non indifferenti. Mi affido casualmente alla memoria, perché non intendo giocare allo specialista: le recensioni ci sono ormai anche per questo genere, “giallo”, poliziesco, di investigazione, lo si chiami come si vuole, senza fare troppe sottili distinzioni, che lasciano il tempo che trovano, in quanto finalmente ne é stata riconosciuta la dignità letteraria, che da sempre in ogni campo riposa sulla grandezza dei singoli autori. Ma sto divagando e per tornare al tema che mi sono prefissato aggiungerò solo che cercherò di tornare in altre occasioni non solo sul “polar” transalpino ed altre opere similari, ma anche su quelle di altri paesi. Devo compiere di passaggio un omaggio, ma non di rito, come spero si capirà, al Maigret (troppo noto, perché io aggiunga ancora qualcosa) del grande Simenon (comunque, un belga, che ha vissuto molta parte della sua vita in Svizzera). Léo Malet, allora. Fu per l’epoca in cui presentò per la prima volta il suo investigatore privato uno che seppe rompere decisamente gli schemi. Già chiamarlo Nestor Burma (il cognome pescato a caso da un atlante in lingua inglese: si tratta della Birmania, oggi Myanmar!) comporta, pur nel realismo di fondo in cui sono collocate le sue avventure, una garbata ironia nei confronti dei già allora imperanti private-eyes statunitensi, ironia che viene prolungata nei comportamenti del personaggio, il quale con tipica verve, direi parigina più che francese, dà dei punti pur all’ottimo Philip Marlowe di Raymond Chandler. Si aggiunga il nome della sua Agenzia, “Fiat Lux”, collocata in pieno centro di Parigi ed il quadro di riferimento inizia a farsi più preciso. Una affollata galleria di comprimari, presi dalla vita vera, ci accompagna mentre seguiamo i casi affrontati da Burma, casi le cui radici affondano spesso prima della seconda guerra mondiale: tanti personaggi simpatici, uomini della strada e uomini importanti, civili e militari, perdenti come erano (con almeno un po’ di dignità!) quelli di una volta, giornalisti (tra cui indimenticabile l’alcoolizzato e bisbetico Marc Covet, sempre informatissimo), ma soprattutto figure di delinquenti presi pari pari (così la intendo io!) dalle cronache dei giornali e non inventati di sana pianta, trafficanti e falsari d’arte, ricconi d’antan, poliziotti ottusi, ma trattati quasi con affetto dall’anarchico Malet, e le ragazze, le donne, ah, le donne! Raramente ho rinvenuto ritratti più precisi, ma soprattutto affettuosi del nostro immaginario femminino, di quelli dipinti da Malet: ragazze quasi perdute che si riscattano; fanciulle innocenti di tutto ma sempre sul ciglio del burrone; una procace segretaria anch’ella dotata di grande senso dell’umorismo ed acuta osservatrice, ma destinata al nubilato casto, benché platonicamente innamorata del Nostro; anche belle ragazze per qualche flirt di Nestor, che vive, se ricordo bene, almeno una drammatica storia d’amore; cocottes, d’alto e basso bordo, e vere e proprie dark ladies, perché certo non potevano mancare; vecchie streghe e vecchine adorabili; e così via. Con Malet ho respirato e respiro la cosiddetta storia materiale, la storia minuta, descritta, lo ripeto, con molta grazia, perché, scrivendo in tempo reale, da osservatore attento ha lasciato anche una documentazione, per così dire, imponente per gli anni ’40 e ’50 (per lo meno fin dove sono arrivate le mie letture). Proverò a spiegarmi con alcuni esempi, non senza prima aggiungere che sempre, con il giusto distacco dell’artista, Léo ha graffiato con gli artigli della denuncia sociale e politica. Evidenzio solo ora che l’autore con la serie di Burma ha scritto almeno un romanzo ambientato in ognuno degli arrondissements di Parigi. Così la zona della Bastiglia e lì vicino un grande luna-park; vicoli stretti e solite brasseries vicino alle Halles, oggi Centro Pompidour; nei pressi l’ambientazione di un fatto per me molto curioso: come si essiccavano nei primi anni ’50 prima di essere messe in vendita le banane, arrivate acerbe da paesi allora esotici; locali poveri e un po’ malfamati un po’ ovunque, specie a Saint Germain e Montparnasse; ma anche quelli “come si deve”, soprattutto in centro; il Marais, la porta Saint-Denis ed altri siti storici; com’era Lione durante la guerra; e la Germania nazista dei lager; un gigantesco serbatoio dell’acqua potabile a Montsouris; la Port d’Italie, ben prima degli sventramenti che l’hanno trasformata in snodo viario imponente e sede di centri direzionali; belle ville di una volta con grandi giardini nella periferia nord e appena fuori Parigi, con una campagna che sembrava entrare in città; scali merci e linee ferroviarie dappertutto, quasi dentro la Ville Lumiere, ma non mi sembra si parli quasi mai del Metrò, che sappiamo tutti essere da tempo colà una cosa imponente e pressoché obbligata: Burma, tutto elegante (altro particolare che avevo scordato prima), con uno chic più anni ’40 che ’50 che se ne va sempre in automobile, una bella automobile diciamo “intonata”, o in taxi; ed anche abitazioni povere di operai e tuguri di sottoproletari, questi ultimi non solo in sottotetti di case malandate con scale esterne ancora più traballanti, ma talora sotto forma di un solo piano con quattro assi messe in croce in qualche cortiletto polveroso, comunque, più o meno malamente recintato; e potrei continuare, pur nel limite delle mie letture non complete. Dopo di che ognuno può farsi i confronti che vuole con la Parigi che conosce personalmente. In Francia del personaggio Burma vennero, mi pare, fatti anche dei film; di sicuro dei fumetti molto belli, di cui alcune immagini scelte fanno da copertina a certe ristampe in corso in Italia. E di Malet la critica si é soprattutto occupata della sua trilogia noir, vraiment noir.
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