#protagonisti femminili complessi
Explore tagged Tumblr posts
Text
La Torre d'Avorio di Paola Barbato: Una storia di redenzione e persecuzione psicologica. Recensione di Alessandria today
Un thriller psicologico che esplora il peso del passato e il desiderio di redenzione
Un thriller psicologico che esplora il peso del passato e il desiderio di redenzione Un viaggio nella psiche tormentata di Mara Paladini La Torre d’Avorio, ultimo romanzo di Paola Barbato, pubblicato il 29 ottobre 2024 da Neri Pozza, è un thriller psicologico che cattura il lettore dalla prima all’ultima pagina. Protagonista è Mara Paladini, una donna che tenta di sfuggire a un passato…
#Alessandria today#autori italiani#Colpi di scena#fuga dal passato#Google News#introspezione psicologica#italianewsmedia.com#La Torre d’Avorio#letteratura italiana contemporanea#letteratura moderna#letteratura thriller#Letture consigliate#Libri 2024#Mara Paladini#mistero e redenzione#narrativa al femminile#narrativa contemporanea#narrativa di qualità#narrativa drammatica#narrativa psicologica#Paola Barbato#Paola Barbato libri#Pier Carlo Lava#protagonisti femminili complessi#psicologia e narrativa#romanzi coinvolgenti#Romanzi da leggere#romanzi di successo#Romanzi italiani#romanzi Neri Pozza
0 notes
Text
"Girls": La Serie che Spoglia New York
Ironia Tagliente e Sceneggiatura Senza Limiti
"Girls" non ha paura di osare. La serie, creata e interpretata da Lena Dunham, si distingue per la sua scrittura ironica e senza peli sulla lingua. La sceneggiatura è audace, affrontando temi scomodi con un umorismo graffiante e una sincerità disarmante.
Dunham non teme di mostrare la vita reale, con tutte le sue imperfezioni e contraddizioni, offrendo un ritratto onesto e spesso esilarante delle difficoltà e delle gioie della gioventù.
Le Protagoniste: Lontane dalle "Amiche Perfette"
Le protagoniste di "Girls" sono un gruppo di giovani donne molto diverse dalle sofisticate e glamour eroine di "Sex and the City". Hannah, Marnie, Jessa e Shoshanna sono personaggi complessi e imperfetti, ognuna alle prese con le proprie insicurezze e ambizioni.
Infatti, la serie le ritrae in modo realistico, mostrando le loro lotte quotidiane e i momenti di crescita personale senza edulcorarli, rendendole incredibilmente umane e riconoscibili.
I Ragazzi di "Girls": Non Solo Amori e Flirt
I personaggi maschili in "Girls" non sono semplici comparse o interessi amorosi secondari. Adam Driver, nel ruolo di Adam Sackler, spicca per la sua interpretazione intensa e sfaccettata.
Quello che intendo è che i ragazzi della serie sono personaggi a tutto tondo, con le loro problematiche e peculiarità, che contribuiscono a creare dinamiche complesse e spesso imprevedibili con le protagoniste femminili. Infatti, le relazioni, romantiche o amicali, sono sempre trattate con un realismo crudo e una profondità emotiva che aggiunge ulteriore spessore alla narrazione.
New York, New York: La Città che non Dorme (e non Glorifica)
A differenza di "Sex and the City", che spesso dipingeva New York come una città scintillante e piena di opportunità glamour, "Girls" offre una visione molto meno patinata della Grande Mela.
La città è ritratta in modo realistico, con le sue sfide quotidiane, gli appartamenti minuscoli e i lavori precari. New York diventa così un personaggio a sé, una presenza costante che riflette e amplifica le difficoltà e le conquiste dei giovani protagonisti.
Camei da Sballo: Ospiti Inaspettati
Uno degli aspetti più divertenti di "Girls" sono i camei di personaggi famosi. La serie ha visto la partecipazione di numerose star del cinema e della televisione, che spesso appaiono in ruoli inaspettati e memorabili. Questi camei aggiungono un ulteriore livello di interesse e sorpresa, arricchendo la trama con momenti di pura gioia per i fan.
Destini Sospesi: L'Indeterminatezza della Vita
Una delle caratteristiche distintive di "Girls" è l'indeterminatezza dei destini delle protagoniste. La serie non offre risposte facili o finali perfetti. Al contrario, riflette la realtà delle giovani generazioni, in cui il futuro è spesso incerto e le strade da percorrere sono molteplici e confuse.
Questa incertezza è parte del fascino della serie, che cattura l'essenza della giovinezza con tutte le sue speranze e paure.
Realismo Crudo e Cinismo: La Vita Senza Filtri
"Girls" è famosa per il suo crudo realismo e il cinismo esasperato. La serie non edulcora le difficoltà della vita, affrontando temi come la disoccupazione, le relazioni tossiche e le crisi esistenziali con una schiettezza disarmante.
Questo approccio realistico e spesso brutale distingue "Girls" da molte altre serie televisive, rendendola un ritratto autentico e toccante della vita di una generazione.
In conclusione, "Girls" è una serie che ha saputo distinguersi grazie alla sua scrittura incisiva, ai personaggi autentici e alla rappresentazione realistica della vita a New York. È un viaggio emozionante e spesso doloroso attraverso le esperienze di giovani donne che cercano di trovare la loro strada in un mondo complesso e incerto.
E, per chi è fan di Adam Driver, offre anche l'opportunità di vedere una delle sue interpretazioni più memorabili e intense.
Se come me amate le serie televisive particolari e emozionanti, "Girls" fa per voi. Per altri consigli date un'occhiata agli altri post e alle EasyTears List!
0 notes
Text
I fratelli Karamazov - Analisi e considerazioni
I fratelli Karamazov è l’ultimo romanzo dell’autore russo Fëdor Dostoevskij, è stato pubblicato a puntate su Il messaggero russo dal gennaio 1879 al novembre 1880, lo scrittore morì meno di quattro mesi dopo la sua pubblicazione.
Trama
Il fulcro della trama è il parricidio del capofamiglia Karamazov. Nella prima parte del romanzo Dostoevskij descrive e racconta i personaggi principali. Ci sono vicende romantiche, litigi e questioni di soldi.
Poi arriva l’omicidio. In seguito ci saranno interrogatori, dubbi e un grande e approfondito processo.
Personaggi
Fedor Pavlovic Karamazov. Capofamiglia, sposato due volte, benestante proprietario terriero e usuraio, ha tre servitori. Ha una personalità brutale, violenta, cattiva. Gli piacciono i piaceri della carne, ignora i figli e pensa solo a sé stesso. Ubriacone, tirchio, probabilmente stupratore.
Dimitrij o Mitjia. Primogenito, figlio della prima moglie di Fedor Pavlovic, poi cresciuto dal suo servo, Grigorij. Ex comandante dell’esercito, alto, robusto e forte. È buono e generoso ma anche impulsivo e manesco. “Cede alla vita”, non sa gestire i soldi o le relazioni e vive a 3000 all’ora. È il personaggio a cui succedono più cose e attorno a cui si svolge la trama.
Ivan. Secondogenito, primo figlio della seconda moglie di Fedor Pavlovic. Introverso, chiuso, intelligentissimo e non credente. Ha anche tratti asociali e cinici. Nella prima parte del romanzo filosofeggia sull’ateismo e dio, nella seconda parte entra in crisi.
Aleksej o Alesa. Terzogenito e, per Dostoevskij, protagonista del romanzo. È il puro, il buono, l’anima bella. È estremamente credente, casto, sincero e onesto.
Katerina Ivanovna. Nobile che, in guai finanziari, chiede un prestito a Dimitrji per poi diventare sua promessa sposa. Poi viene tradita dallo stesso e gli presta 3000 rubli, che non rivedrà mai più. Si innamora di Ivan ma vive con profondo struggimento il rapporto con Dimitrji.
Agrafena Aleksandrovna Svetlova o Grušenka. Giovane ragazza che a 17 anni è stata abbandonata da un ufficiale polacco e successivamente passò sotto la protezione di un avaro tiranno. È ammaliante, provocante e con una personalità disturbata. Irretisce sia Dimitrij che Fedor Pavlovic.
Smerdjiakov. Figlio illegittimo di Fedor Pavlovic che viene cresciuto dal servo Grigorij. Asociale, chiuso, strano, intelligentissimo. Manipolatore, viscido, infido, personalità disturbata. Soffre di epilessia.
Koljia. Ragazzo che conosciamo nella seconda parte del libro. Sveglio, attento e intelligente, farà conoscenza e amicizia con Aleksej.
Iljusa. Bambino prima solo, poi malato. Ha un carattere orgogliosissimo e sarà una figura importante nel romanzo. Conosce Aleksej, che gli dà una mano più volte. Finisce il romanzo.
Spunti e riflessioni
Alcuni spunti e riflessioni in rigoroso disordine.
Approfondimento sul funzionamento della giustizia imponente e prezioso. La parte dell’indagine prima e del processo poi, tratta con grande attenzione la questione Giustizia. Si parla di diritti degli indagati, di condanne oltre ogni ragionevole dubbio, di giustizialismo, di fallacia della memoria, della necessità di una dimostrazione. “Meglio rilasciare 10 colpevoli che condannare un solo innocente!”. È una questione che mi ha affascinato in quanto il tema delle prigioni, del giustizialismo e della pena giusta lo sento molto vicino.
Presenza di personaggi femminili complessi, sfaccettati e fondamentali: Katerina Ivanovna e Grusen’ka. Ho letto in alcune recensioni che in questo libro, “come in tutti i romanzi dell’800”, non ci sono figure femminili di spicco. Sono fortemente contrario a questa opinione. I protagonisti sono i fratelli Karamazov, che sono maschi, ma l’intera storia si regge su due grandi protagoniste, Katja e Grusen’ka. Sono personaggi niente affatto monodimensionali o trattati con superficialità. Soprattutto Grusen’ka, direi, è un personaggio sfaccettato, sofisticato, complesso, straziato da ipocrisie e moti dell’animo umano.
Non c’è un cattivo assoluto. Ogni cattivo, da Fedor Pavlovic a Smerdjiakov a Liza a Rakitin non è un cattivo totale. Ha debolezze, istinti, lati positivi. È un tema che tratterò anche più avanti perché gira attorno al filo conduttore della realisticità dei personaggi. I “cattivi” in questo libro, come in altri di Dostoevskij, non sono macchiette, non sono cattivi senza motivi, giusto per fare da controparte. Sono esseri umani e sono anche loro sofisticati. In questo modo noi li percepiamo in modo molto più realistico: sono cattivi veri.
Troppi rubli, ma è un problema mio. Noto con dispiacere che non c’è povertà totale tipo come quella di Delitto e castigo. Ci sono i soldi di mezzo ma si parla di rubli, anzi migliaia di rubli, e non di copeche. Secondo me Dostoevskij dà il meglio quando racconta anche il disagio totale economico.
I tre fratelli sono tipi di personalità? All’inizio del libro Dostoevskij descrive i tre fratelli in modo preciso, frontale. Sembra voler dire: ogni fratello ha una personalità precisa, “macchiettistica”, e li uso per dimostrare qualcosa di preciso con ognuno di loro. Ho anche letto recensioni di questo parere. Secondo me non è così. O meglio, Dostoevskij all’inizio li vende così, In realtà sono sofisticati e sfaccettati, e più va avanti il romanzo e più capiamo la loro complessità. Anzi, come dice Dostoevskij, sono “vasti”.
Aleksej, protagonista banale. Aleksej è il personaggio più piatto. Non ha praticamente mai cedimenti sulla fede e sulle sue convinzioni. Non ha sostanziali punti deboli. Le parti che lo rendono più vivo, infatti, sono quei pochi dialoghi in cui è in difficoltà e balbetta o arrosisce o si arrabbia.
Ivan non è affatto il cattivo, secondo me. Si dice che Ivan sia il cattivo per aver suggerito il delitto; secondo me è un modo di Dostoevskij per smuovere un ragionamento astratto, filosofico, non lo vuole davvero dipingere come il vero mandante del delitto, anzi. I cattivi principali sono il padre e Smerdjiakov, punto. Ivan è un tipo, una persona normale con idee precise e forti ma è sbagliato definirlo un cattivo. E non è neanche il protagonista, che è Dmitrij. Lui viene preso dentro in quanto portatore dell’idea che se dio non esiste allora tutto è lecito e per aver “suggerito” il delitto.
Dmitrij è un personaggio splendido. Uno dei migliori mai letti. Vastissimo, contraddittorio, complesso. È buono, generoso, passionale ma anche istintivo, violento, geloso, sempliciotto. Ogni tanto fa cose senza neanche sapere bene perché, ha dei principi tutti suoi e un po’ irrazionali se visti da fuori, è continuamente nel dubbio e avvinto dalla contraddizione dei suoi desideri e pulsioni.
L’unica parte del libro difficile e lenta. Una nota dolente in termini di scorrevolezza della trama è la seconda digressione, quella riguardo la biografia dello Starets Zosima. Mi riferisco al libro sesto intitolato “Il monaco russo” in cui per circa 50 pagine ci viene raccontata la vita dello staretz, che però è veramente poco interessante. Si salva solo un capitolo perché Dostoevskij inserisce improvvisamente uno sconosciuto che ha avuto a che fare con lo staretz: ecco, questo singolo capitolo è ottimo. Il resto è davvero lento e noioso.
La trama è una soap opera. Gli intrecci d’amore sono veramente marcati, esagerati e un po’ macchiettistici. Mi sembra di capire, però, che i “mattoni russi” spesso sono così. E sono belli per questo. È tutto molto marcato, carnevalesco, teatrale, esagerato. C’è gente che si strugge, grida, piange a dirotto, si butta ai piedi di altri, ha crisi e febbri nervose.
Romanzo o trattato filosofico? Parere mio: non c’è così tanta filosofia seria, qua dentro. O meglio, Dostoevskij ci ficca dentro alcune questioni che gli stanno a cuore e, per carità, vengono fuori con chiarezza. Ma l’impianto filosofico non è né preponderante né particolarmente originale. Un altro modo per dirlo: ci sono libri di filosofia molto più adeguati per approfondire alcuni temi. Ci sono pochissimi romanzi che, invece, sono così belli, profondi e trascinanti.
Alcuni temi filosofici trattati. Dio esiste o no? (Mi vorreste venire a dire che questo è un tema particolarmente profondo o originale o inaspettato o pazzeschissimo?) Se dio non esiste allora tutto è permesso. Dio è necessario per mettere limiti alla disgustosa natura umana. Come fa a esistere dio quando i bambini soffrono?
Responsabilità dell’inconscio. Il singolo ha responsabilità rispetto a idee teoriche espresse e poi eseguite da altri? Il singolo che, volontariamente o involontariamente, “ispira” crimini, va punito?
Conservatorismo versus il nuovo socialismo.
Non sto dicendo che non ci sia sostanza filosofica, per carità. Sto dicendo che in primo luogo è un romanzo piacevole da leggere, e va tenuto in considerazione, sennò si allontanano i potenziali lettori.
I personaggi. L’aspetto che mi è piaciuto di questo romanzo è la caratterizzazione dei personaggi. Sono tutti personaggi vivi, li puoi vedere e riconoscere, sono credibili. Due note che ho preso durante la lettura. La descrizione della natura umana come “vasta”, Karamazoviana nel senso di sfaccettata, una scala di grigi immensa. “Proprio perché la nostra è una natura vasta, karamazoviana (a questo voglio arrivare), e può contenere ogni sorta di opposti e può contemplare in un sol colpo i due abissi, l’abisso che è sopra di noi, l’abisso degli ideali supremi, e l’abisso che è sotto di noi, l’abisso del peggiore e del più fetido degrado”. Ci sono dialoghi pazzeschi e sembra di essere a teatro, talmente i personaggi sono vivi. Li vedi proprio vivere davanti a te. Sono insicuri, sfaccettati, contraddittori. Non c’è niente di bianco/nero, com’è, in effetti, la vita.
È un libro difficile? È un libro serio? È un libro “per pensare”? Senso di timore e reverenza per sto libro? No, grazie, non ha davvero senso. Partire dal presupposto che leggere I fratelli Karamazov sia (o debba essere) un’esperienza super seriosa che ci porterà a un nuovo livello di consapevolezza sul mondo e sui fatti umani con potenti dosi intravenose di filosofia, semplicemente non ha senso. Bisogna partire dal fatto che è un romanzo, punto. È lungo, sicuro; ci sono molti personaggi, sicuro; ci sono alcune divagazioni, sicuro. Ma è un romanzo. Anzi! Ciò che tutti si dimenticano di dire è che è un romanzo veramente buffo. È carnevalesco, esagerato, teatrale. Ogni due per tre c’è qualcuno che piange, si dispera, ha febbre nervosa, si butta a terra; c’è gente che si sbaciucchia, che bacia i “piedini”, che strilla, che si commuove. È tutto “tanto”, esagerato. Quello che voglio dire è che si può vivere questo libro anche con meno peso e angoscia, si può viverlo con serenità e con l’obiettivo di goderselo. Sennò non è un piacere ma un peso, un dovere, e non ha senso.
1 note
·
View note
Text
Primo anime che adoro che mi piacerebbe recensire: Your lie in April [Shigatsu wa Kimi no Uso]
Trama: “Conobbi una ragazza sotto un ciliegio in piena fioritura e il mio fato cominciò a cambiare.” “Fermi tutti... com’è che chiamano questa sensazione...? com’è che chiamano questo sentimento...? è come essere... nel pieno della primavera. Durante la primavera del mio 14esimo anno di vita, ho cominciato a correre verso il futuro con te.” Queste le parole di Kousei Arima, un pianista prodigio, almeno fino alla morte della madre, a seguito della quale divenne incapace di suonare, come se avesse una voce che gli sussura all'orecchio, e che gli impedisse si sentire le note del piano. L'incontro con la violinista Kawori Miyazono porterà una nuova luce nella sua vita. La ragazza ha una personalità audace e dirompente, a differenza del protagonista, chiuso e tormentato dalla paura di suonare il piano, che rimane affascinato del modo come Kawori trasforma la musica. Ma dietro tutto questo, c'è qualcosa che Arima ancora non sa.
Recensione: Una canzone, una melodia, un motivetto, un pezzo classico o una filastrocca. Almeno una volta nella vita, ognuno di noi è stato toccato dalla musica nel profondo. Note che sfiorano il cuore, prima di qualsiasi altra cosa. Un linguaggio sopra ogni torre di Babele, comprensibile a chiunque, e che non ha bisogno di spiegarsi. Ognuno di noi ha un momento o triste o felice legato a delle note che glielo faranno riemergere dal profondo della memoria per sempre.
“Bugie d’aprile” (“Shigatsu wa Kimi no Uso”) parla di quelle note: tutto parte da qui.
È uno di quegli anime che tratta musica classica nel migliore dei modi, senza artefare, storpiare, mistificare o iperbolizzare ciò che è l’anima vera e propria dei pezzi sacri ed eterni che propone: l’intreccio fra sceneggiatura emozionante e musiche semplicemente gloriose avviene con cura e con giusta misura, e questo rende il tutto estremamente gradevole, soprattutto agli appassionati del genere.
Visivamente eccezionale sin dai primi episodi, ecco ciò che sembra una classica storia fra alunni delle scuole medie, alle prese coi loro problemi personali e i loro percorsi di crescita: pertanto, non ci è lasciato intendere quali possano essere queste “bugie primaverili”, eppure, pian piano, ci renderemo conto che sarà proprio una di queste il cardine palpitante e delicato di tutta la vicenda.
È una storia dai colori splendidi. Le animazioni colpiscono sin da subito: ventidue episodi con rarissimi cali di qualità, una brillantezza sia nella cromatica che richiama volutamente le pastellate livree primaverili, sia nelle animazioni, sempre incisive, fluide, quantomeno sufficienti, per poi divenire eccellenti nei momenti chiave: il binomio fioritura primaverile e scenari dalle livree tenui e delicate sortiscono un effetto meraviglioso.
E’ questa (anche) la storia di Kousei Arima, quattordicenne che fu prodigio del pianoforte fino a quando, a causa di una grave malattia, la severissima madre non lo lasciò. Egli, in seguito al lutto, finì per sviluppare un vero e proprio blocco psicologico, una sorta di trauma legato a una infanzia sofferta e ricca di sentimenti contrastanti, che lo costrinse a fuggire dalla musica. Così, ora, i giorni di Kousei procedono monotoni ma apparentemente sereni, almeno fino a quando, nel bel mezzo d’un giorno di primavera, non si imbatte in una bella, vivace, euforica biondina di nome Kaori, che, inaspettatamente - in un modo o nell’altro - scuoterà l’anima del giovane ragazzo, trascinandolo in un turbinio di emozioni capaci di smuoverlo nell’intimo più di qualsiasi altra cosa. Ma Kousei non è mai stato davvero solo: è circondato da amici che lo hanno sempre sostenuto e lo sosterranno in futuro, amici che provano sincero affetto per lui, ognuno di loro in modo... differente: alcuni antagonisti di spartito, altri sinceri amici del cuore, altri ancora insospettabili estimatori.
Tuttavia, Kaori non è solo una semplice spalla né “soltanto” la protagonista femminile della storia: è probabilmente uno dei personaggi femminili migliori mai creati in un anime con questo genere di target: in alcuni episodi brilla davvero come una stella, ed è capace di prendersi l’intero palcoscenico (letteralmente e metaforicamente); dietro un carattere irascibile e una verve eccessiva nasconde una bontà d’animo incredibile, una personalità solare e una timida generosità, poiché in quelle amabili contraddizioni vi è racchiuso un amore viscerale e sfrenato per la vita, una voglia di gioire, sorridere, andare “avanti”. “Lasciare il segno nel cuore delle persone a cui vuole bene” e, soprattutto, sfiorare il cuore di chi ascolta la sua musica: è questo il suo motore, la spinta della sua anima, la sua motivazione più grande. Sì, perché Kaori è una violinista di grande talento, istintiva e sregolata, capace di interpretare brani classici in chiave personale unica e farli propri, per poi trasmetterli alla platea filtrati attraverso la sua anima colorata, scoppiettante ed esplosiva, delicata eppur vigorosa, e, soprattutto, così intensa e sincera. È uno spirito libero, capace di folgorare con frasi ad effetto (talvolta magari un po’ eccessive in determinate situazioni, ma capaci di far risaltare dialoghi altresì banali).
Ma come tutti gli adolescenti è fragile, e prova timori. Ma perché vive ogni giorno come fosse l’ultimo? E perché ha deciso di suonare il violino con tanta passione?
“Bugie d’Aprile” è un prodotto davvero molto curato.
Le esibizioni sonore dei protagonisti tengono lo spettatore col fiato sospeso; non solo narrano la vicenda tramite le note di pezzi immortali della musica classica (Chopin, Mozart, Rachmaninov, Beethoven, per fare dei nomi), ma parlano al cuore della platea, le note come parole di una lettera d’amore, o una sfuriata, o un momento triste, come lacrime o come sorrisi, in un turbine di sentimenti ed emozioni come solo la musica può plasmare o trasformare. L’episodio 4, a proposito, è, probabilmente, a livello emotivo e artistico, uno dei migliori della storia dell’animazione giapponese moderna.
V’è una magia cromatica nella correlazione fra lo spettro emotivo dei musicisti coinvolti e i colori scelti per illustrare questa dolce tragedia, quasi come se paesaggi, luoghi e momenti della vicenda possano essere raccontati tramite la musica, metro di misura e idioma universale, capace di trascendere ogni genere di comunicazione e arrivare dritta al cuore di chiunque, se espressa con nobile sincerità.
Bella e pertinente la CG utilizzata per mostrare le mani dei pianisti in azione, esaltanti le scene quando Kaori suona il violino: una cura maniacale nella fedeltà di strumenti e gestualità.
E così, con ritmo compassato ma crescente, la vicenda scivola lentamente in un dramma quasi telefonato che di sicuro non stupisce lo spettatore, ma lo prepara a un finale duro e sofferto.
C’è da dire che qualche volta le scene drammatiche eccedono di intensità, raramente appaiono forzate, ma nel complesso rimangono pertinenti e coerenti alla struttura della trama (sebbene fin troppo semplificata in alcuni punti e troppo complessa in altri, surreale per dei ragazzi così giovani).
Della colonna sonora non ci sarebbe nemmeno bisogno di parlarne. Siamo semplicemente su un altro pianeta. Le opening e le ending sono orecchiabili, allegre le prime, malinconiche le seconde, in linea con la trama, ma, quando si tratta di pezzi classici reinterpretati o suonati alla “lettera”, allora è la magia della musica classica che prende il sopravvento e atterrisce, stupisce, eleva, colpisce e tramortisce. Emozioni inimitabili, in cui si identificano i nostri giovani eroi, che, fra sogni per il futuro e alle prese coi primi amori, costruiscono passo dopo passo il loro futuro.
Ma è per tutti così?
Fra le tristi note di Chopin, l’esaltazione di Mozart e i sentimenti complessi e intrigati di Kousei e compagni, “Bugie d’Aprile” ci ricorda in modo potente e sfacciato che ogni minuto della nostra vita è prezioso, sono minuti che non torneranno mai più, e che nessuno di noi sa esattamente quando lascerà questo mondo. Quindi vivete, vivete sorridendo, non lasciatevi sfuggire nessun momento e fate quello che volete e quel che potete, perché, come citava Lorenzo de’ Medici: “Chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza.”
Il finale di questa tenera e amara vicenda vi svelerà quali, di quelle bugie dette “lo scorso aprile”, sarà la più importante e toccante.
Se amate la musica classica, non perdetevi questa piccola gemma. Se non la amate o semplicemente non ci avete mai pensato, guardatela lo stesso.
La musica tocca il cuore, quando ci si esibisce con l’anima. [Fonte: animeclick.it]
#best anime#animecore#anime / manga#anime quotes#anime aesthetic#anime gif#kousei x kaori#四月は君の嘘#kaori miyazono#bugie d'aprile#a 1 pictures#your lie in april#otakuanime#otakugirl#otakulife#tokyo otaku mode#otaku culture#recensione#anime review#anime recommendation#recensioni#animemidwest#animememes#rewiew#arima kousei#tsubaki sawabe#colorful
5 notes
·
View notes
Link
Scrivere fantascienza non è certo la strada più indicata per gli scrittori che aspirano all'olimpo dei Grandi Autori della Letteratura: eppure ci sono autori di successo che, pur non frequentando assiduamente il genere, a volte ricorrono a tematiche o ambientazioni fantascientifiche dando vita a opere di confine.
Uno sguardo dall'esterno: Margaret Atwood e Kazuo Ishiguro
Negli ultimi anni, due romanzi esplicitamente fantascientifici opera di autori non di genere, si sono imposti all'attenzione del grande pubblico grazie alle trasposizioni cinematografiche: il primo è Non lasciarmi (2005) del premio Nobel Kazuo Ishiguro da cui Alex Garland ha tratto la sceneggiatura per il film di Mark Romanek; e il secondo è Il racconto dell'ancella, romanzo del 1985 a cui è ispirata la serie TV di successo di Hulu.
Se ne parlo insieme non è unicamente per il successo delle rispettive trasposizioni anche fuori dal fandom (che ha avuto anche una ricaduta sulle vendite dei romanzi); ma soprattutto perché credo che entrambi siano esemplificativi dell'approccio diverso e in alcuni casi virtuoso degli scrittori non di genere quando affrontano tematiche fantascientifiche.
Si tratta in entrambi i casi di opere di confine tra la distopia e l'ucronia.
Il mondo di Non lasciarmi è il nostro passato (anni '80-'90 del Novecento) come sarebbe stato se gli esperimenti sulla clonazione umana avessero permesso di generare una riserva di organi da sostituire all'occorrenza, prolungando l'aspettativa di vita ben oltre i cento anni. Un'utopia che mostra la sua faccia terribile non appena ci rendiamo conto che Ishiguro ha adottato il punto di vista dei cloni, i donatori il cui unico scopo nella vita è quello di sottoporsi a quattro-cinque interventi prima di «completare il ciclo».
Il racconto dell'ancella di Margaret Atwood è ambientato Repubblica di Galaad, originatasi dalla disgregazione degli Stati Uniti, un'oligarchia di fondamentalisti cristiani in cui le donne hanno un ruolo subordinato di mogli, serve o ancelle: queste ultime sono strumenti di procreazione per le famiglie dei Comandanti; una volta ingravidate e partorito l'erede del Comandate possono essere assegnate a una nuova famiglia, con tutti gli onori di donne fertili in una società sempre più sterile. Pur essendo ambientato in un vicino futuro, il fittizio saggio che chiude il romanzo colloca l'esistenza di Galaad in un passato ormai concluso e oggetto di analisi storica, di cui la narrazione dell'ancella costituisce un raro documento.
Non mi dilungo oltre sulle trame di questi bellissimi romanzi, molto diversi per epoca, tematiche e approccio narrativo, eppure accomunati dal fatto che gli autori non sono etichettati come scrittori di fantascienza: se la Atwood ha scritto anche altri romanzi di genere, Ishiguro ne ha preso le distanze in diverse occasioni.
Ciò che qui ci interessa è proprio capire quali novità questi romanzi possono portare alla fantascienza: a mio modo di vedere sia Il racconto dell'ancella che Non lasciarmi ribaltano la relazione tra società e personaggi.
Il classico racconto distopico ci descrive una società oppressiva contro cui l'eroe –spesso suo malgrado – si trova a combattere, e alla fine vincere o soccombere. Il personaggio principale, vittorioso o sconfitto, è comunque protagonista della Storia con la maiuscola, la sua vicenda personale entra in conflitto con quella collettiva.
Niente di tutto questo nei romanzi di Atwood e Ishiguro, i cui protagonisti sono tra le tante vittime cadute tra le maglie della Storia, e la cui ribellione al limite può essere individuale, mirare a una piccola conquista personale più che alla distruzione di un regime la cui solidità non può essere scalfita.
Kathy e Tommy, i giovani protagonisti di Non lasciarmi, si illudono che il reciproco amore possa prolungare per un poco le loro vite comunque condannate, differendo di qualche anno le donazioni di organi. Uno spunto che un autore di fantascienza young adult avrebbe saputo sfruttare per una lotta in cui la forza dell'amore vince sul regime oppressivo; i cloni sono anche loro esseri umani e hanno il diritto di vivere quanto chi nasce con la riproduzione sessuata.
Invece la riflessione di Ishiguro si muove su un piano diverso: non c'è nessun diritto di vivere, tutte le vite in fondo sono condannate alla morte, i cloni quanto i «normali», ciò che cambia non è tanto la durata ma come quella vita viene vissuta. Kathy e Tommy hanno sprecato gran parte del loro tempo, non hanno saputo esprimere i sentimenti che provavano finché non è stato troppo tardi, e questo sentimento è alla base del tono dolente che percorre il romanzo fin dalle prime pagine.
È un monologo senza speranze, quello di Kathy H., in cui fin dall'inizio ci viene annunciato che il tempo è finito, e quella che stiamo leggendo è una storia conclusa: per quanto ci affezioneremo ai protagonisti, soffriremo e gioiremo con loro, non potremo mai cambiare il finale.
Quello di Ishiguro è un approccio sottilmente realistico alla distopia; molti si sono chiesti perché in quelle condizioni nessuno si ribelli oppure pensi al suicidio, sorprendendosi di un atteggiamento che è comune alla maggior parte dell'umanità: tutti subiamo ingiustizie, viviamo sofferenze e delusioni, vediamo morire le persone che amiamo e infine «completiamo il ciclo»; eppure quanti di noi si ribellano a questa condizione, quanti hanno solo la semplice intuizione che le cose potrebbero andare diversamente? La maggior parte dell'umanità accetta la vita così come viene, e ci meravigliamo se i cloni di Ishiguro fanno lo stesso?
La situazione di Difred ne Il Racconto dell'ancella è diversa: al contrario dei protagonisti di Non lasciarmi, lei è vissuta nel nostro mondo, negli Stati Uniti democratici; aveva un lavoro, una casa, una relazione con un uomo divorziato da cui è nata una bambina. Nulla poteva farle sospettare che di punto in bianco avrebbe perso tutto. La vicenda del romanzo si svolge appena un anno dopo il colpo di stato, le ancelle non solo ricordano la loro vita passata, ma ne sono appena state strappate. Per questo, a differenza dei cloni di Ishiguro, non credono che quella che conducono sia l'unica vita possibile; se obbediscono, se si sottomettono alla cattività e agli stupri legalizzati è solo per paura, se non provano a fuggire o si tolgono la vita è solo nella speranza di rivedere i figli che sono stati loro sottratti (le ancelle sono donne che hanno già dato prova, nella vita precedente, di essere fertili). Su tutte loro incombono gli Occhi, il capillare sistema di spie che potrebbero nascondersi anche tra le stesse ancelle, al punto da renderle diffidenti l'un l'altra e rendere molto difficile l'organizzazione di una rivolta. Del resto, chi ci prova è punita in una pubblica lapidazione per mano delle stesse ancelle.
Come si vede, qui l'aspetto distopico è in un certo senso più tradizionale, essendo affidato a un regime di polizia, mentre nel romanzo di Ishiguro la coercizione è interiorizzata nella stessa natura umana dei cloni.
Ma anche la narrazione della Atwood si discosta dai meccanismi del romanzo distopico, presentandosi come un diario intimo di una donna che soffre per la propria condizione, cerca con i pochi mezzi che ha di liberarsi, ma soprattutto ricorda il passato felice, in cui non ha saputo cogliere i germi della catastrofe, ora evidenti.
La Atwood sembra dirci che ciò che oggi diamo per scontato, libertà, democrazia, parità di diritti, sono in realtà conquiste molto fragili; da un giorno all'altro potrebbero esserci sottratte, e allora non avremo armi per difenderci, se abbiamo sottovalutato tutti i segnali, chiuso gli occhi di fronte alle quotidiane ingiustizie e al progressivo allentarsi del pensiero democratico.
Un regime totalitario non è qualcosa che appartiene al passato o ai paesi ancora «non civilizzati», potrebbe esserci imposto qui, domani, se rinunciamo a combatterne oggi i suoi propugnatori.
Un aspetto di grande attualità del romanzo, che ricordo scritto negli anni Ottanta del secolo scorso, è che alle radici del regime di Galaad c'è la catastrofe ambientale; guerre, inquinamento, crollo demografico sono gli argomenti su cui i Comandanti fondano la loro propaganda e giustificano la coercizione sui corpi femminili.
Come abbiamo visto, i problemi sollevati da Il Racconto dell'ancella e Non lasciarmi sono complessi e di grande attualità. Se il primo ci invita a riflettere sulla labilità delle conquiste civili e quanto facilmente si possono perdere in un'epoca di crisi, il secondo ci chiede, tra l'altro, a quanta umanità saremmo disposti a rinunciare in nome del prolungamento delle nostre vite.
Tuttavia entrambi i romanzi hanno un approccio intimista alla problematica fantascientifica, tipico di autori che non scrivono fantascienza. Non è un caso se, dal punto di vista stilistico, entrambi gli autori adottano un monologo interiore affidato a una voce femminile accorata, dagli accenti elegiaci.
Siamo abituati a pensare il nostro genere come « letteratura di idee » e sotto questo etichetta vanno molti dei capolavori della SF; ma non dobbiamo dimenticare che il romanzo è anche e soprattutto storia di individui e riflessione sull'esistenza umana « in quella trappola che è diventata la storia » citando Milan Kundera. Ecco cosa ci ricordano autori come Atwood e Ishiguro, grazie alla loro prospettiva esterna, che si rivela sempre più interessante in un'epoca in cui la tecnologia immaginata dalla fantascienza è realtà, incide sulle nostre vite di ogni giorno.
È salutare, di tanto in tanto, spostare lo sguardo dalle idee agli esseri umani e riflettere sull'impatto che quelle idee possono avere nella vita di ciascuno di noi.
3 notes
·
View notes
Text
Un cast che alterna grandi star internazionali, habitué dei più prestigiosi palchi del mondo, nomi affermati e grandi conoscitori della complessa realtà dell’Arena, a giovani emergenti a cui non può mancare nel proprio curriculum il battesimo, temuto e sognato, del magniloquente palco areniano.
Ma questo è anche un cast che fotografa assai bene la diffusione davvero globale dell’opera lirica, ormai non più solo appannaggio della cultura occidentale, ma vera passione di tanti territori emergenti come Cina e Russia, ben rappresentati anche dal pubblico dell’Arena, da sempre il più internazionale al mondo per pubblico e interpreti.
Nel meraviglioso Trovatore firmato da Zeffirelli, dopo le tre recite pressoché sold out con la divina Anna Netrebko, avremo la bella voce italiana di Anna Pirozzi, “straordinario soprano drammatico di coloritura”. Protagonista maschile Jusif Eyvazov, il tenore azerbaigiano che insieme alla compagna Anna Netrebko porta la loro storia d’amore anche a Verona.
La 97ma edizione del Festival lirico inaugura il 21 giugno con il nuovo allestimento firmato da Zeffirelli de La Traviata verdiana, somma sintesi di 60 anni di meditazione sull’amato soggetto, vedrà sul palcoscenico il soprano polacco Aleksandra Kurzak, finissima musicista oltre che cantante e voce contesa dai migliori teatri del mondo; quindi l’americana Lisette Oropesa, vera star dell’ultimo festival rossiniano di Pesaro, la croata Lana Kos, molto legata al palco areniano dove debuttò nel 2011 con La Traviata di Hugo de Ana, e che ascolteremo anche in Carmen, quindi la russa Irina Lungu, più volte applaudita dal pubblico veronese: un quartetto di grandi voci e grande presenza scenica, assolutamente necessarie per un palco che, meglio di ogni altro, sa esaltare la nouvelle vague dell’opera, così attenta alla recitazione e così vicina all’immaginario cinematografico.
Per il trucco della nuova Traviata, il team creativo si avvale di un’importante collaborazione: le face chart per i personaggi principali sono state create dal make-up designer Michele Magnani, global senior artist di M.A.C. Cosmetics.
E in tal senso sapranno essere all’altezza nella première di Carmen la bellissima uzbeka Ksenia Dudnikova e la giovane e talentuosa spagnola Ruth Iniesta, quest’ultima anche nei Carmina Burana.
L’altra grande Prima il 22 giugno sarà Aida di Verdi, magnificamente ideata dal regista Gianfranco de Bosio nel 1982 reinterpretando il progetto originale della prima Aida in Arena creata da Ettore Fagiuoli nel 1913, che quest’anno proporrà qualche interessante elemento di novità.
Sul palco dell’Aida storica vedremo ancora Anna Pirozzi, la statunitense Tamara Wilson “vera forza della natura”, la spagnola Saioa Hernandez, personalità artistica e intrigante madrilena, già apprezzata nell’Attila della Scala, la cinese Hui He grande amica del palco areniano che si alternerà con la Hernandez anche in Tosca, e la bella georgiana Svetlana Kasyan, molto apprezzata nel nostro paese e nel mondo: cinque importanti voci e figure femminili che sapranno dominare l’allestimento senza tempo e le attese dell’immenso pubblico. Prima ballerina l’étoile Petra Conti, Principal Dancer del Los Angeles Ballet.
Tra i cantanti non mancheranno certo presenze importanti sia in termini di voci sia sotto il profilo scenico e attoriale, dal giovane bielorusso Pavel Petrov, Alfredo della première de La Traviata, il trasversale e turbolento Vittorio Grigolo, reduce dalla sua esibizione agli Oscar e vera star del Metropolitan di New York, e il tenore americano Stephen Costello che calca i migliori palcoscenici del mondo. Per l’edizione storica di Aida vedremo Murat Karahan affermatosi in Arena fin dal suo debutto, Erwin Schrott in Carmen, artista poliedrico e trasversale, il grande Luca Salsi ne Il Trovatore e il baritono per eccellenza Leo Nucci.
Un cast davvero intrigante per la presenza di veri protagonisti del jet set internazionale, adatto a soddisfare le aspettative dei melomani e ad incuriosire il nuovo pubblico dell’Opera a cui Arena è stata destinata per vocazione sin dalla prima rappresentazione d’opera il 10 agosto 1913 con Aida, titolo simbolo del Festival areniano.
Il più grande spettacolo operistico del mondo sta per iniziare grazie anche alla professionalità apprezzata in tutto il mondo dei complessi artistici e tecnici della Fondazione Arena di Verona con i numerosi mimi e figuranti.
Il Sindaco e Presidente della Fondazione Arena Federico Sboarina dichiara:
“Presento questa stagione con grande orgoglio, la seconda dopo il rilancio che abbiamo fortemente voluto. Verona ha due grandi gioielli, la Fondazione Arena che in estate dà vita al suo glorioso festival lirico e l’Arena, che oltre ad essere il monumento simbolo della città, è il più grande palcoscenico all’aperto conosciuto a livello mondiale. Le particolari doti acustiche dell’anfiteatro e la professionalità di Fondazione Arena insieme costituiscono un unicum in grado di portare l’immagine di Verona e la musica di qualità in tutto il mondo. Per questo ringrazio il Sovrintendente e tutto il Consiglio d’Indirizzo per l’ottimo lavoro fatto, risultato di grande passione e capacità. Un grazie anche a tutti gli artisti che faranno parte dei cast e ai lavoratori, l’anima di ogni Festival”.
Cecilia Gasdia, Sovrintendente e Direttore Artistico della Fondazione Arena, esprime la sua personale soddisfazione per l’offerta artistica del 97° Opera Festival: “Trepidazione, esultanza, ma anche batticuore mi pervadono senza eccezione all’approssimarsi dell’eccitante colpo di gong che consacra e consegna il nostro anfiteatro veronese al mondo dell’Opera come ogni estate da più di cento anni. Vi presento un’edizione che vedrà esibirsi sul palcoscenico areniano stelle di fama internazionale, a fianco di giovani promettenti al loro esordio. Sarà un festival ricco di importanti conferme, attesi debutti e felici ritorni per un cast davvero stellare”.
Un ringraziamento speciale a tutti gli sponsor dell’Arena di Verona Opera Festival che con il loro prezioso e immancabile contributo sostengono la mission di Fondazione Arena e il suo prestigioso Festival.
Presentata a Verona la 97a Arena di Verona Opera Festival 2019 Un cast che alterna grandi star internazionali, habitué dei più prestigiosi palchi del mondo, nomi affermati e grandi conoscitori della complessa realtà dell’Arena, a giovani emergenti a cui non può mancare nel proprio curriculum il battesimo, temuto e sognato, del magniloquente palco areniano.
1 note
·
View note
Text
"Nella sua ombra" di Mark Edwards. Recensione di Alessandria today
Il thriller psicologico che rivela i segreti più oscuri del passato
Il thriller psicologico che rivela i segreti più oscuri del passato Recensione “Nella sua ombra” di Mark Edwards è un thriller psicologico intenso, che cattura il lettore fin dalla prima pagina. Jessica, la protagonista, vive un’esistenza che viene sconvolta da un dettaglio inaspettato: la sua giovane figlia sembra conoscere segreti legati alla defunta zia Isabel, morta in circostanze…
#Alessandria today#autori di successo#fiducia e tradimento#Google News#intrighi psicologici.#italianewsmedia.com#lettura coinvolgente#lettura di qualità#Letture avvincenti#Libri bestseller#Libri gialli#Mark Edwards#Mark Edwards libri#misteri#mistero#Narrativa avvincente#narrativa contemporanea#narrativa inglese#narrativa moderna#narrativa psicologica#Nella sua ombra#personaggi complessi#Pier Carlo Lava#romanzi avvincenti#romanzi bestseller#romanzi con protagonisti femminili#romanzi consigliati#romanzi drammatici#romanzi internazionali#romanzi per appassionati di mistero
0 notes
Text
Un volo per Sara - Maurizio De Giovanni: Una nuova indagine per la donna invisibile. Recensione di Alessandria today
Segreti, intrighi e suspense nel nuovo noir di Maurizio De Giovanni
Segreti, intrighi e suspense nel nuovo noir di Maurizio De Giovanni Recensione: Un volo per Sara è l’ultimo capitolo della serie di Maurizio De Giovanni dedicata a Sara Morozzi, la “donna invisibile”. La protagonista, ancora una volta, si trova al centro di un’indagine complessa e carica di tensione, in cui segreti ben celati riemergono in seguito a un misterioso incidente aereo. Sara, ex…
#autori italiani#Colpi di scena#complotti internazionali#detective invisibili#donna invisibile#Giallo Italiano#giochi di potere#incidente aereo#intrighi politici#introspezione psicologica#investigatori letterari#Letture consigliate#Maurizio De Giovanni#narrativa contemporanea#narrativa di qualità#narrativa gialla#noir italiano#personaggi complessi#protagonisti femminili#romanzi di suspense#romanzo noir#Sara Morozzi#scrittura coinvolgente#segreti e misteri#Segreti Inconfessabili#segreti italiani#serie di romanzi#storie avvincenti.#storie di crimine#storie di intrighi
0 notes