#polizia giudiziaria
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Ricettavano e riciclavano oro rubato: operazione dei Carabinieri tra Torino e Alessandria. Quattro misure cautelari eseguite per un giro di ricettazione e riciclaggio di materiali preziosi
Nella mattinata del 9 gennaio 2025, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Torino, coordinati dalla Procura della Repubblica, hanno portato a termine un’importante operazione, culminata con l’esecuzione di quattro misure cautela
Nella mattinata del 9 gennaio 2025, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Torino, coordinati dalla Procura della Repubblica, hanno portato a termine un’importante operazione, culminata con l’esecuzione di quattro misure cautelari nei confronti di soggetti residenti tra Torino e Alessandria. Gli indagati sono accusati di far parte di un’associazione a delinquere dedita…
#Alessandria today#Arresti domiciliari#Carabinieri Torino#contrasto reati.#contrasto ricettazione#Criminalità organizzata#criminalità urbana#Cronaca nera#furti in abitazione#giustizia Torino#Google News#indagine Alessandria#indagini preliminari#investigazione Carabinieri#investigazioni avanzate#italianewsmedia.com#laboratorio orafo abusivo#lotta alla criminalità#microcriminalità urbana#misure cautelari#obbligo di presentazione#operazione Carabinieri#oro rubato#pedinamento Carabinieri#Pier Carlo Lava#polizia giudiziaria#presunzione di innocenza#Procura della Repubblica#recupero refurtiva#ricettazione gioielli
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LA RIFLESSIONE - NESSUNO CI HA FATTO CASO...PERÒ...
Non cerchiamo il classico pelo nell’uovo, eppure qualche dubbio ci è venuto ad ascoltare il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, nella conferenza stampa del Governo di ieri, mentre citava l’Arma dei Carabinieri durante l’illustrazione del provvedimento che introduce, a partire dal 2026, i test psicoattitudinali tra le prove per l’accesso alla professione di magistrato. Ha sostenuto, infatti, il…
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Mentre continuano le ricerche della quinta vittima nel cantiere Esselunga, Dario Salvetti spiega a cosa servono gli appalti: «a disumanizzare, renderci irriconoscibili tra di noi»
Nel cantiere nell’ex Panificio Militare, a Firenze, si mettono in sicurezza le travi di cemento crollate, dal peso di tonnellate, e si cerca ancora il quinto cadavere dentro il cantiere di via Mariti a Firenze, il marocchino Bouzekri Rachimi, 56 anni, l’ultimo disperso, giorno e notte, oltre 48 ore dopo il cedimento strutturale nella costruzione del supermercato Esselunga in un’area già demaniale che gli abitanti avrebbero desiderato adibita a tutt��altro. I vigili del fuoco agiscono con le gru – ne è arrivata una terza- fanno alzare un drone, operano con le Usar (dalla definizione inglese Urban Search and Rescue traducibile in “ricerca e soccorso in ambiente urbano” e definisce l’insieme delle pratiche utilizzate per le operazioni di ricerca e soccorso di persone sepolte da macerie in caso di crolli di edifici e strutture, esplosioni o di eventi sismici), rimuovono il cemento crollato, avanti così finché sarà necessario.
L’Ansa parla di inchiesta per omicidio plurimo colposo, ne magnifica l’approccio multidisciplinare, dagli aspetti tecnici alle condizioni dei lavoratori. In queste ore l’inchiesta starebbe prendendo forma con la distribuzione delle deleghe alla polizia giudiziaria. Viene fatto il censimento delle decine di ditte nel groviglio di subappalti che riportano al vertice della Aep di Pavia, l’impresa capofila, la stessa responsabile di un cantiere gemello, a Genova, nel quartiere di San Benigno teatro di incidenti avvenuti lo scorso anno. Aep, Attività Edilizie Pavesi, lavora per conto di La Villata Spa, immobiliare partecipata al 100% da Esselunga, presieduta – grazie ai buoni rapporti con Marina Sylvia Caprotti, la figlia del fondatore di Esselunga – dall’ex ministro Angelino Alfano. Esselunga ha acquisito l’intera società pochi mesi fa acquistando il 32,5% che era posseduto da Unicredit al prezzo di 435 milioni. Ex delfino di Silvio Berlusconi, Alfano è stato ministro della Giustizia nel governo Berlusconi IV e ministro dell’Interno dei governi Letta e Renzi.
Ma è davvero colposo un delitto che avviene nell’intrico di subappalti, contratti e lavoro nero? Ne scrive Dario Salvetti, del collettivo di fabbrica dei lavoratori ex Gkn, che è anche Rsu della Fiom:
Gli appalti sono una montagna di merda
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Poveri noi
Volevo fare una riflessione sulla - come definirla? - tragica, mostruosa, terrificante vicenda del povero bracciante indiano amputato, non soccorso e poi abbandonato davanti casa sua.
Non riesco a capacitarmi di una cosa: il comportamento del datore di lavoro. Ok, non hai cuore, non sei un essere umano, sei un verme miserabile ma, Santo Dio, non ti viene in mente che poi qualcuno soccorrerà questo povero Cristo, lo porterà in ospedale e da lì poi si arriverà per forza di cose a un intervento della polizia, dell'autorità giudiziaria, all'incidente e quindi a te?!!!
Come fai a non capire nemmeno questo?! Davvero si può pensare di abbandonare in mezzo a una strada un uomo morente e sua moglie e sperare, se non addirittura credere che la faccenda possa finire lì?
Nemmeno un briciolo di sale in zucca.
Sono sconvolto.
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Le manifestazioni (a Buenos Aires), iniziate verso le 13, sono terminate verso le 20 e denotano (...) la solita organizzazione che (viene volutamente ignorata d)alla stampa internazionale: gruppi di persone vengono portati sul luogo usando autobus privati o scuolabus, per poi dare inizio ai disordini.
Nella maggior parte questi tours sono organizzati da centri sociali ai quali l’attuale Governo ha tolto la funzione di distribuire i sussidi ai poveri, (...) dato che non solo decidevano chi dovesse avere i soldi ma si trattenevano cospicue percentuali sugli stessi.
(Non s)i sono presentati solo loro, ma pure deputati perokirchneristi che hanno guidato i cortei urlando ai poliziotti (...) la loro condizione di politici: pensando con questo di avere il via libera a violare i codici. Ma la reazione delle forze dell’ordine, a base di gas lacrimogeni, ha fatto esplodere (...) violentissimi incidenti.(...). Questa è stata la risposta della casta (...).
(Il fatto é che) questo Governo (...) sta ottenendo risultati davvero notevoli, anche se ancora insufficienti, che dimostrano un costante cambio della situazione nel Paese. L’inflazione di maggio è stata di solo il 4% e nel corso della sua partecipazione (...) al G7 italiano il Presidente Milei ha iniziato accordi con il Fondo monetario che (...) dovrebbero aiutarlo a (...) iniziare il decollo dell’economia dell’Argentina.
Milei lo aveva detto chiaramente anche nella sua campagna elettorale (...): appena assunte le funzioni di Presidente,(...) aveva chiaramente dichiarato che i primi tempi sarebbero stati duri per tutti, proprio l’esatto contrario di un perokirchnersimo che, anche nel 2019, una volta eletto il suo rappresentante Alberto Fernandez alla Presidenza, aveva promesso, come al solito, di riempire i frigoriferi della popolazione. E che ora, considerato anche il momento di sacrifici, sta tentando di far saltare un Governo che, nei prossimi mesi, dovrebbe far pagare anche penalmente ai responsabili di politiche deliranti e populiste che hanno distrutto l’Argentina.
Arturo Illia via https://www.ilsussidiario.net/news/diario-argentina-i-disordini-di-piazza-telecomandati-per-far-saltare-milei/2718815/
Ecco la sinistra globale reazionaria GOLPISTA: qui i cardinali confessano le pressioni dello Scalfaro per far cadere Berlusca (tra dieci anni confesseranno le trame di Napolitano per elevare il suo cavallo Monti e l'asina Fornero), mentre scattano imbarazzanti gazzarre in parlamento, concordate col nemico francese; là i deputati della casta guidano le cariche contro la polizia. Serve una soluzione giudiziaria contro capi, capetti e finanziatori globali della cospirazione globale che ha portato le guerre la corruzione e anche la pandemia: speriamo che Trump tracci finalmente il solco.
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Come previsto dalla delega, l’articolo 114 del codice di procedura penale sul “divieto di pubblicazione di atti e immagini” sarà modificato cancellando l’inciso al comma 2, inserito nel 2017 dalla riforma Orlando, che esclude l’ordinanza di applicazione delle misure cautelari dagli atti di cui è vietata la pubblicazione fino alla fine delle indagini preliminari, sebbene non più coperti da segreto (perché notificati alle parti). Rimane invece consentito, in base al comma 7, pubblicare il “contenuto” dell’atto, cioè la sintesi parafrasata da chi scrive. Lo schema del provvedimento sarà ora trasmesso alle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, che dovranno esprimere un parere entro sessanta giorni, dopodiché tornerà in Cdm per l’approvazione definitiva, in seguito alla quale diventerà legge. Le conseguenze? Per fare un esempio pratico, se il testo fosse già stato in vigore negli scorsi mesi, sarebbe stato un reato far conoscere i dialoghi che hanno portato all’arresto per corruzione del governatore della Liguria Giovanni Toti, intercettato mentre discuteva di finanziamenti e delibere con l’imprenditore portuale Aldo Spinelli.L’intervento normativo, si legge nel comunicato di Palazzo Chigi, ha lo scopo di “rafforzare la presunzione di innocenza della persona indagata o imputata nell’ambito di un procedimento penale, in coerenza con quanto disposto dagli articoli 3 e 4 della direttiva (UE) 2016/343″. Si tratta della stessa direttiva usata come paravento – anche qui tramite un emendamento di Costa – per introdurre nel nostro ordinamento un’altra legge-bavaglio, firmata nel 2021 dall’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia, che ha imposto dei limiti strettissimi alla comunicazione di pubblici ministeri e polizia giudiziaria: le informazioni sui procedimenti in corso, si prevede, possono essere fornite solo attraverso comunicati stampa oppure – in casi eccezionali di interesse pubblico – conferenze stampa, e sempre dietro autorizzazione del procuratore capo. Una norma che ha reso complicato ai limiti dell’impossibile il lavoro dei cronisti di tutta Italia (qui l’approfondimento sul tema del fatto.it) ed è stata contestata sia dai magistrati che dai giornalisti.
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica Valentina Pace
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: Neri Pozza
Buona lettura a tutti!
OMICIDIO A CAP CANAILLE - CHRISTOPHE GAVAT
“… il comandante sa bene che i delinquenti marsigliesi non hanno nulla da invidiare ai loro colleghi della capitale in materia di criminalità. In quanto a tecniche per uccidere il prossimo il marsigliese, benché provinciale, non manca mai di immaginazione, e tiene a dimostrare al parigino che in questo campo, come su quello da calcio, il migliore è lui. E che non ha paura di dégun – di nessuno.”
Cos’hanno in comune un cadavere carbonizzato trovato nel portabagagli di un’auto abbandonata a Marsiglia: il cosiddetto “barbecue”, un sistema atroce per regolare i conti tra fuorilegge, con una serie di rapine a furgoni portavalori a Parigi?
Il comandante Henri Saint-Donat, da poco trasferito alla Brigata criminale della città provenzale dal 36 quai des Orfèvres, la celeberrima sede della Polizia giudiziaria di Parigi, capisce subito di trovarsi di fronte ad un caso molto complesso.
Henri ha un curriculum di tutto rispetto, è un poliziotto di grande esperienza ed estrema sensibilità; dopo tanti anni di matrimonio è ancora molto innamorato della sua Isabelle, ma è anche un uomo tormentato a causa di una tragedia familiare che lo ha segnato nel profondo e di cui nessuno dei suoi colleghi è a conoscenza.
Negli uffici dell’Eveché, sede della polizia giudiziaria, nel dedalo di strade che attraversa La Cayolle, quartiere labirintico e malfamato di Marsiglia, nei corridoi delle Baumettes, il tetro penitenziario, Henri non è solo. Lo supportano il giovane tenente Basile Urteguy e il capitano Lucie Clert.
Basile è un ragazzo pieno di vita, un appassionato di musica, un genio dell’informatica e, allo stesso tempo, un poliziotto di grande perspicacia: nel corso dell’indagine il suo apporto sarà fondamentale.
Lucie, invece, è una forza della natura: una gran bella donna dal carattere impossibile che ha il brutto vizio di saltare subito alle conclusioni. Sul lavoro è testarda e professionale, ma la sua vita privata è un vero disastro. Chissà che non trovi l’amore proprio nel corso dell’indagine…
“Omicidio a Cap Canaille” è un polar di azione che mostra al lettore le tecniche di investigazione della polizia francese, ma dà anche molto spazio alla vita privata e ai sentimenti dei suoi protagonisti.
I capitoli sono estremamente brevi e il linguaggio è semplice, diretto, crudo nel raccontare l’evolversi dell’inchiesta giudiziaria, ma altrettanto evocativo nelle pagine dedicate alla descrizione dei luoghi e degli stati d’animo, anche quando i sentimenti, le emozioni e il privato dei protagonisti prendono il sopravvento sul dovere professionale.
L’autore, Christophe Gavat, è lui stesso un commissario della polizia francese e, leggendo il romanzo la passione per il suo lavoro, il rispetto e l’ammirazione per i colleghi sono del tutto evidenti.
“È ancora un piedipiatti nell’anima, perché ama quell’atmosfera ovattata e notturna dell’Evêché, dove i passi riecheggiano nei corridoi vuoti, dove solo poche luci negli uffici, qualche grido o un’invettiva qua e là suggeriscono che ci siano ancora dei poliziotti al lavoro. Lavorano sempre. Soprattutto, sa di amare quegli agenti dal carattere forte, che non mancano né di energia, né di abnegazione, né di senso dell’umorismo per svolgere ogni giorno con passione il loro mestiere, tanto da farlo anche di notte.”
COSA MI È PIACIUTO
La lettura di “Omicidio a Cap Canaille” è stata la mia prima esperienza con un polar e ho apprezzato moltissimo la descrizione vivida dei luoghi, l’approfondimento psicologico dei personaggi e l’analisi dei rapporti che si creano tra di loro.
COSA NON MI È PIACIUTO
Il finale prevedibile.
L’AUTORE
Christophe Gavat, nato nel 1966, è entrato in polizia nel 1989. Parigi, Marsiglia, Grenoble, Guyana: nella sua carriera pluritrentennale è stato decorato al valore, messo sotto inchiesta e reintegrato. Ha avuto a che fare sia con i grandi casi che catturano l’attenzione mediatica, sia con i piccoli casi quotidiani che lasciano il segno. Già autore di tre libri sulla sua vita di poliziotto, con questo suo primo romanzo si è aggiudicato nel 2021 il Quai des Orfèvres, premio deciso da 21 giurati tra poliziotti, avvocati, magistrati e giornalisti.
LA CASA EDITRICE
Neri Pozza è una casa editrice veneta rinomata e prestigiosa, fondata nel 1946 dall’omonimo scrittore e ha pubblicato, nel corso degli anni, opere di autori molto famosi della letteratura italiana come Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale, Goffredo Parise, Massimo Bontempelli, Giuseppe Berto ai quali si affiancano oggi nomi internazionali grandiosi quali Romain Gary, Natsuo Kirino, Tracy Chevalier, Eshkol Nevo, Herman Koch.
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Napoli, borseggio nella stazione centrale: arrestato 30enne algerino dalla Polizia di Stato
Napoli, borseggio nella stazione centrale: arrestato 30enne algerino dalla Polizia di Stato. Nella serata di Mercoledì, personale della Squadra di Polizia Giudiziaria del Compartimento Polizia Ferroviaria per la Campania, durante un servizio antiborseggio, ha tratto in arresto per furto aggravato un 30enne di nazionalità algerina, con precedenti di polizia e irregolare sul territorio nazionale. Nello specifico, gli agenti hanno notato il prevenuto che, con fare sospetto, si aggirava all'interno della Stazione di Napoli Centrale scrutando insistentemente i bagagli dei viaggiatori in partenza. Il servizio di osservazione esperito dai poliziotti ha trovato positivo riscontro quando l'uomo, dopo essere entrato in un esercizio commerciale dello scalo ferroviario, ha asportato da uno zaino di una donna un tablet del valore commerciale di circa 1.000 euro per poi tentate di darsi alla fuga. Gli agenti, prontamente intervenuti, hanno raggiunto e bloccato l'indagato e la refurtiva è stata restituita alla legittima proprietaria. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Verona: cinque poliziotti arrestati per tortura - Osservatorio Repressione
Cinque poliziotti, tra cui un ispettore in servizio alla questura di Verona sono agli arresti domiciliari con accuse che vanno dal reato di tortura a quelli – contestati a vario titolo – di lesioni, falso , omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. Altri 20 agenti trasferiti
di Carmine Di Niro
Un nuovo scandalo si abbatte sulle forze dell’ordine italiane. Dopo i pestaggi nella caserma dei carabinieri Levante di Piacenza, questa volta lo scenario delle violenze si sposta nella Questura di Verona. È lì, secondo l’indagine della Procura della Repubblica veronese condotta per otto mesi dalla Squadra Mobile, che cinque poliziotti che all’epoca dei fatti prestavano servizio al Nucleo Volanti si sarebbero resi responsabili di brutali pestaggi.
Nei loro confronti questa mattina il personale della Polizia di Stato di Verona ha eseguito una ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal gip del locale Tribunale: si tratta di un ispettore e quattro agenti, indagati a vario titolo per il reato di tortura, lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio, commessi nel periodo ricompreso tra il luglio 2022 e il marzo 2023 nei confronti di persone sottoposte a vario titolo alla loro custodia.
I cinque agenti del Nucleo Volanti, la sezione che in macchina pattuglia giorno e notte il territorio, erano già stati trasferiti ad altri incarichi all’indomani della chiusura delle attività di indagine: il Questore di Verona ha inoltre disposto la rimozione dagli incarichi di altro personale che, pur non avendo preso parte agli episodi di violenza, si presume possa non aver impedito o comunque non aver denunciato i presunti abusi commessi dai colleghi.
In particolare, scrive Repubblica, gli agenti avrebbero in diverse occasioni pestato persone fermate per strada nel corso di controlli, per poi truccare i verbali in modo tale da allontanare responsabilità e sospetti. Casi non isolati, come dimostra anche la scelta del Questore di allontanare con trasferimenti d’ufficio una ventina di agenti.
Sulla questione è intervenuto a stretto giro Vittorio Pisani, da pochi giorni a capo della Polizia: “Ringrazio la procura della Repubblica di Verona per la fiducia accordata alla Polizia di Stato – dice Pisani – nel delegare alla locale Squadra Mobile le indagini riguardanti gli operatori appartenenti alla stessa Questura. La levatura morale della nostra amministrazione ci consente di affrontare questo momento con la dignità e la compostezza di sempre”.
“Questa vicenda – le parole del questore Giovanni Massucci – dimostra come la Polizia di Stato non sia disposta a macchiare la propria reputazione né con la reticenza né con la poca trasparenza. Abbiamo messo a disposizione dell’autorità giudiziaria tutti gli elementi di prova oggettivi per sviluppare l’attività processuale e, sul fronte interno, appena si sono chiuse le indagini abbiamo spostato in uffici “burocratici” gli agenti che si presume non abbiano impedito o non abbiano denunciato i presunti abusi, per evitare l’eventuale reiterazione del reato». Una professionalità, quella della Polizia di Verona evidenziata dal Gip nell’ordinanza che ha disposto le misure cautelari «in riferimento all’encomiabile efficienza e sollecitudine dimostrata nello svolgimentodelle investigazioni“.
Calci, schiaffi e insulti, i “trattamenti” dei poliziotti arrestati a Verona per tortura: le violenze nell’”acquario” dei fermati
Erano forti con i più deboli i cinque poliziotti del Nucleo Volanti della Questura di Verona arrestati e posti ai domiciliari questa mattina con l’accusa di tortura, lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. È il quadro che emerge dall’inchiesta della locale Procura della Repubblica che ha sostanzialmente smantellato il Nucleo: tra i cinque arrestati, un ispettore e quattro agenti di età compresa tra i 24 e i 44 anni già trasferiti ad altri incarichi all’indomani della chiusura delle attività di indagine, e gli altri venti agenti rimossi dal Questore perché, pur non avendo preso parte agli episodi di violenza, avrebbero non impedito o comunque non denunciato i presunti abusi commessi dai colleghi, l’inchiesta ha “decapitato” la squadra.
Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip sottolinea “un’amara considerazione” relativa agli ‘oggetti’ dei pestaggi, persone fermate per strada nel corso di controlli, picchiate negli uffici della Questura per poi truccare i verbali in modo tale da allontanare responsabilità e sospetti.
Il giudice per le indagini preliminari evidenzia infatti che “i soprusi, le vessazioni e le prevaricazioni poste in essere dagli indagati risultano aver coinvolto in misura pressoché esclusiva (tranne un caso, ndr) soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora ovvero affetti da gravi dipendenze da alcol o stupefacenti, dunque particolarmente ‘deboli’”, le parole del gip riportate dal Corriere della Sera.
La prima tortura contestata è infatti ai danni di un cittadino italiano e risale al 22 agosto dello scorso anno, quando un uomo viene percosso più volte e poi con un “vigoroso schiaffo sul volto tale da fargli perdere i sensi per dieci minuti”. Successivamente gli episodi contestati riguardano solamente cittadini stranieri, in particolare nord africani: il 21 ottobre un fermato viene apostrofato come “tunisino di merda, figlio di puttana, cosa ci fai qui?”, quindi viene utilizzato contro di lui spray urticante e preso a calci mentre scende dall’auto del Nucleo Volanti. Quindi, sfregio finale nei suoi confronti, viene posta in essere una “azione degradante consistita nell’avere, uno dei poliziotti, urinato sulla parte lesa distesa a terra dopo aver proferito le espressioni ‘so io come svegliarlo”.
Cinque giorni dopo, è il 26 ottobre, un secondo cittadino africano fermato dai poliziotti viene definito “marocchino di merda” e “bastardo”, quindi colpito con un calcio. Quarta violenza viene registrata nella notte tra il 9 e il 10 novembre e ha riguardato ancora una volta un cittadino di origini africane preso a “calci, sberle e spintoni”, anche lui riempito di spray urticante e con la minaccia di spruzzarglielo anche “nel culo”.
Negli atti dell’inchiesta c’è anche la telefonata del più giovane tra gli agenti arrestati, il 24enne A.M., che alla fidanzata “ripetutamente descriveva al telefono alla propria fidanzata, con evidente compiacimento, la commissione, da parte sua e di altri colleghi, di condotte gratuitamente violente e sadiche nei confronti di soggetti privati della libertà personale, anche solo per identificazione, spesso trattenuti nella stanza fermati, denominata cinicamente ‘L’acquario’ per la presenza di una parete in plexigas attraverso la quale il personale di polizia era ed è in grado di osservare ‘i pesci’ rinchiusi”.
Per il giudice per le indagini preliminari i pestaggi e i soprusi avvenuti in larga parte contro cittadini stranieri evidenzia il tentativo da parte dei cinque poliziotti di “vincere più facilmente eventuali resistenze delle loro vittime”, oltre a “rafforzare la convinzione dei medesimi di rimanere immuni da qualunque conseguenza di segno negativo per le loro condotte, non essendo prevedibile nella loro prospettiva che alcuna delle persone offese si potesse determinare a presentare denuncia o querela pronto”.
I cinque agenti del Nucleo Volanti della Questura non avevano fatto però i conti con i loro stessi colleghi della Squadra Mobile, delegati ad indagare dalla Procura di Verona. L’inchiesta è nata grazie ad una intercettazione telefonica, compiuta nell’ambito di un’altra indagine in cui un agente si vantava di aver “messo al suo posto” una persona fermata dandogli due schiaffi. “Raccontava alla fidanzata, inframezzando il narrato con risate e commenti divertiti, il pestaggio ai danni di una delle vittime“, scrive il gip
#acab #questurinidimerda #reatoditortura
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Lettera della vittima dello stronzo del Genoa FC
“Negli ultimi anni ho scoperto di avere tanti nomignoli: Chiara, Sara, Claudia, Marta, ’quella di Portanova’, ’sicuramente una poco di buono’, ’la stuprata’ e chi più ne ha più ne metta. Ho scelto di scrivere, una scelta un po’ tarda potreste pensare… ma sapete, non è mai facile esprimere sé e il dolore quando si è in mezzo a una burrasca giudiziaria. Tutto può essere preso di mira, può essere visto da qualcuno come un piccolo enorme dettaglio per puntarmi il dito contro. Ma sono qua oggi, per rispondere a una conferenza stampa, per rispondere a chi potrebbe credere più alle parole di qualcuno rispetto all’esito di un primo grado di giudizio. Per rispondere a voi, che per salvare l’immagine continuate pubblicamente a fare dichiarazioni del tutto distorte.
Perché rispondere? Perché scrivere? Perché oltre a ciò che ho dovuto subire nella notte tra il 30-31 maggio 2021, mi ritrovo oggi di fronte a qualcuno che tenta di affossare la mia persona e mettermi in cattiva luce. Purtroppo oltre ad un tribunale giudiziario ne esiste anche uno mediatico e sociale, molto crudele, del quale con sincerità posso affermare che siamo vittime tutti. Non sono stata io a voler dare clamore a questa orribile vicenda. Però il fatto sta nel voler portare alla luce la verità.
’Ti sei scelta bene i cavalli da giocare’, dice qualcuno. Se solo sapeste quanto sia stato difficile per me riuscire anche solo a denunciare. Vi chiederete il perché. Cosa ci voglia a sporgere querela contro degli autori di reato. Denunciare significava dover ammettere, dover accettare il fatto che tutto era realmente successo. Ma soprattutto denunciare una violenza sessuale significava dover affrontare anni di svalutazioni, di insulti, anni in cui avreste provato a dire che era un gioco e che ero d’accordo. Denunciare significava affrontare processi, udienze, dover leggere articoli su articoli di giornale, dover affrontare le calunnie più malvagie.
Significava dover rivivere ogni volta quei momenti, avvocati che avrebbero tentato di rigirare ogni mia frase contro di me, che avrebbero tentato di farmi inciampare e di mettermi in difficoltà, che avrebbero provato a stravolgere il senso delle mie parole. Confesso che è esattamente ciò che è successo durante le mie 7 ore di incidente probatorio, dove ho raccontato tutta la verità, in mezzo alle lacrime e all’esasperazione. Veramente pensate che io avessi voglia di tutto questo? Che volessi passare il futuro girando tra un tribunale e l’altro? Pensate che a 23 anni, per gioco avessi intenzione di rovinarmi la vita così? Perché questo è, tutto ciò mi ha cambiata e mi ha fatto vivere momenti di buio assoluto. Non ero pronta, dovevo ancora fare i conti col dolore e coi sensi di colpa.
Quando il 1 giugno mi sono svegliata con la polizia in casa, non avevo neanche il coraggio di fare i vostri nomi… dopo quella notte e una giornata passata in pronto soccorso sarei voluta solo sprofondare in un abisso fatto di amnesia. Grazie alle persone vicine ho trovato la forza di parlare, di raccontare, di comprendere che il problema non ero io, il problema non era stata la mia scarsa forza fisica che mi aveva impedito di reagire con potenza, la colpa non era la mia, la colpa non era quella di non aver finto abbastanza bene di svenire sperando che mi lasciaste in pace, la colpa non era quella di essermi fidata di qualcuno a cui credevo di piacere anche solo un po’, la colpa non era di aver smesso di lottare fisicamente e di non aver urlato.
Ho fatto quel che andava fatto perché sapevo che se mi fossi tenuta tutto dentro, mi avrebbe divorata viva. Ho fatto ciò che andava fatto per me stessa, ho ritrovato quell’amor proprio che credevo perso. E si sa, è normale star male, anche dopo aver fatto la scelta giusta.
Ho desiderato spegnermi. Mi sono chiusa in un guscio di silenzio e freddezza, nessuno doveva chiedere, nessuno poteva sfiorarmi, anche solo farmi una carezza, nessuno. Ricordo di aver abbracciato mio cugino per primo e di avergli detto ’mi fa male tutto’. I farmaci mi hanno trasformata per mesi, ma mi hanno aiutata, il dolore negli occhi dei miei genitori non lo dimenticherò mai come l’affetto e l’aiuto di persone insospettabili.
Ad oggi, dopo essermi vergognata di me per mesi per aver dato fiducia ad uno come te, non posso che essere fiera di aver intrapreso questa strada. Per me stessa e per tutte le altre persone che sarebbero potute cadere in questa trappola. Sono fiera di me, di quanto fatto, di chi mi è stato vicino, di essermi ritrovata quando credevo di non poter sopravvivere.
Cerco di riprendere la mia vita in mano giorno per giorno e di andare avanti. Ogni volta le vostre dichiarazioni mi fanno sprofondare di nuovo nel dolore e provocano tempeste mediatiche che mio malgrado mi coinvolgono. Avete organizzato una conferenza stampa per cercare di mettere in dubbio la sentenza di condanna. Credete davvero che il Tribunale non abbia già valutato e respinto tutti gli elementi portati per difendervi? Credete davvero che avrebbe dovuto assolvervi perché, mesi dopo i fatti, ho fatto mie le parole della lettera scritta da una ragazza americana, violentata da un atleta?
Delle tante che ho scritto alla psicologa, l’unica lettera non interamente mia, una lettera a me a cuore perché in quella ragazza ho rivisto me stessa, la stessa notte di buio, lo stesso dolore e ho voluto riportarlo all’interno di un mio scritto quando ancora non trovavo parole mie per esprime l’orrore che vivevo. Non era certo un segreto, quella lettera famosa: ne hanno discusso in tribunale i miei avvocati e il Giudice ne ha tenuto conto. In quella lettera ho trovato anche una possibile via d’uscita: io accetto il dolore, tu accetti la pena, e andiamo avanti. Ti ho invitato a diventare una persona migliore, che riuscirà ad usare questa storia per fare in modo di evitare che un’altra storia come questa possa mai più succedere e ti ho offerto il mio sostegno in questo percorso.
Hai, avete rifiutato la via di uscita che con questa lettera ho offerto e avete cercato di utilizzarla contro di me, come se fosse chissà quale prova della vostra innocenza. Se cercate un perdono sociale e mediatico, accettate le conseguenze di ciò che avete scelto di fare. Una condanna in primo grado non viene emessa in maniera casuale. Se la giustizia ha fatto il suo giusto corso vi chiedo di smetterla di prendervela con me, ancora e ancora in mille modi possibili".
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Controlli nel novese con i cani del Nucleo Cinofili di Volpiano. (Foto e video)
Le scuole al centro del progetto sulla legalità dei Carabinieri con i Dirigenti Scolastici
Le scuole al centro del progetto sulla legalità dei Carabinieri con i Dirigenti Scolastici. Novi Ligure – I Carabinieri novesi, in collaborazione con i Dirigenti Scolastici delle scuole superiori, hanno avviato una serie di controlli antidroga volti a garantire la sicurezza negli istituti scolastici. Tra gli istituti coinvolti, l’I.I.S. “Ciampini Boccardo” è stato oggetto di un intervento…
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Caltanissetta, Polizia di Stato arresta 59enne per cumulo di pene
Caltanissetta, Polizia di Stato arresta 59enne per cumulo di pene
Tratto in arresto un 59enne per cumulo di pene per 7 anni e 10 mesi di reclusione, condannato definitivamente dall’Autorità Giudiziaria, con sentenze divenute definitive, per i reati di ricettazione, detenzione di arma da fuoco, violazione degli obblighi e maltrattamenti nei confronti di familiari. L’uomo, già espiato parte della pena in custodia cautelare in carcere, è stato trovato in possesso…
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Un ventunenne di Catania, esasperato dalla propria dipendenza dal crack, ha deciso di autodenunciarsi presso il Commissariato di Pubblica Sicurezza di Librino. Il giovane, già sottoposto all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per reati precedenti, ha confessato di aver rubato un'automobile il giorno prima nel parcheggio di un supermercato. Durante la visita al commissariato, ha chiesto aiuto agli agenti per affrontare la sua condizione di tossicodipendenza. In lacrime, il ventunenne ha spiegato ai poliziotti di essere incapace di liberarsi dalla morsa della droga e ha chiesto di essere arrestato, nella speranza di poter intraprendere un percorso di disintossicazione. Gli agenti, compresa la gravità del suo malessere, lo hanno ascoltato attentamente e lo hanno segnalato al Servizio per le Tossicodipendenze per inserirlo in un programma terapeutico adeguato. Nel corso del colloquio, i poliziotti hanno chiesto ulteriori dettagli riguardo a possibili reati commessi sotto l'effetto della droga o per procurarsi denaro. Il giovane ha confessato di aver rubato un'auto nel parcheggio di viale Castagnola, indicando anche il luogo in cui aveva lasciato il veicolo. Una pattuglia ha verificato le sue dichiarazioni e ha trovato l'auto con evidenti danni alla carrozzeria. Il giovane è stato denunciato per furto aggravato di autovettura e posto agli arresti domiciliari, in attesa delle decisioni dell'Autorità Giudiziaria. La polizia ha informato il proprietario dell'auto, che ha recuperato il mezzo, esprimendo riconoscenza agli agenti per il loro intervento. Read the full article
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Maxifrode: i fratelli Presta sono due dei novaresi arrestati
Si tratta di Ivan e Guido, il secondo presidente della società di calcio NovaRomentio; altri due, residenti in provincia, sono ai domiciliari
Vi sono anche due imprenditori novaresi, i fratelli Guido e Ivan Presta, il primo presidente della società di calcio NovaRomentin, ex Rg Ticino, fra i quattro arrestati dalle Fiamme Gialle per una maxifrode internazionale.
Maxifrode: arrestati quattro novaresi
I Finanzieri del Comando Provinciale di Milano, coordinati dalla Procura Europea – Ufficio di Milano, ieri hanno, infatti, tratto in arresto per frode fiscale due imprenditori italiani residenti in Svizzera, i due fratelli, altre due persone residenti nel Novarese, un uomo e una donna, e proceduto al sequestro di oltre 95 milioni di euro nei confronti di sedici persone fisiche, diversi residenti in provincia di Novara e due aziende attive nel settore delle telecomunicazioni.
L'indagine
Secondo quanto reso noto dalla Guardia di Finanza l’indagine trae origine da un complesso di attività ispettive di natura fiscale avviate nel corso del 2022 dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Milano e dall’Ufficio Antifrode dell’Agenzia delle Entrate – Settore Contrasto Illeciti, che hanno portato all’emersione di un sofisticato circuito di false fatturazioni nel settore del commercio di traffico dati internazionale VoIP.
Nell’ambito delle indagini, ad ottobre 2023 era già stato tratto in arresto un broker italiano formalmente residente in Svizzera, e domiciliato a Cannobio nel Vco, ed erano stati sequestrati oltre 50 milioni di euro, importo corrispondente all’Iva evasa.
Le investigazioni di natura tributaria e giudiziaria successive a tale intervento hanno permesso di ricostruire ulteriori anelli della catena di frode, individuando altri due imprenditori italiani, anch’essi formalmente residenti in Svizzera, i due fratelli, a cui facevano capo società cartiere e alcune buffer, e altre due persone del Novarese, che, secondo gli investigatori “fungevano da reclutatori e coordinatori delle teste di legno a cui attribuire la rappresentanza legale delle società utilizzate nel circuito fraudolento”.
Le false fatturazioni, aventi ad oggetto il “traffico dati”, transitavano da conduit estere, società cartiere e società filtro italiane, per poi raggiungere le società beneficiarie della frode fiscale sul territorio nazionale che, rivendendo alle prime società estere, attraverso un’operazione non imponibile Iva abbattevano il proprio debito impositivo dando vita ad un nuovo carosello di fatture false.
Le indagini, ancora in corso, svolte dalla Guardia di Finanza di Milano sotto il coordinamento della Procura Europea, “testimoniano l’impegno quotidianamente profuso a presidio della sicurezza e della legalità economico finanziaria del Paese e dell’Unione Europea, con particolare riferimento al contrasto delle frodi Iva”.
Sulla vicenda la dirigenza della società di calcio NovaRomentin mantiene stretto riserbo «preferendo non commentare la vicenda».
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E’ stato l’imprenditore assisano Giovanni Buini a far scattare l’inchiesta che fa tremare i palazzi romani. In ballo milioni di mascherine
E’ stato l’ imprenditore umbro Giovanni Buini, 35 anni, a fare scattare l’inchiesta della Procura di Roma sulle forniture di mascherine nel pieno dell’emergenza Covid. Inchiesta che vede coinvolti due legali importanti e altri undici indagati. Ma è soprattutto l’avvocato romano Luca Di Donna al centro delle indagini degli inquirenti romani, ex socio di Giuseppe Conte. L’ipotesi accusatoria riguarda presunte irregolarità nell’assegnazione di appalti e forniture da parte della Struttura commissariale per l’emergenza Covid, del Ministero dello Sviluppo economico e di Invitalia, l’agenzia nazionale per gli investimenti guidata dall’ex commissario Domenico Arcuri. Pochi giorni fa la polizia giudiziaria ha perquisito gli studi e le abitazioni degli indagati sequestrando diversi documenti. Di Donna sarebbe stato collega di studio dell’ex premieri Giuseppe Conte anche se poi gli studi si sono separati, diventando due entità indipendenti. Buini che con la sua denuncia ha fatto scattare l’ indagine – che potrebbe avere sviluppi anche clamorosi e di cui in queste ore si parla in tutto il Paese – è un giovane imprenditore dell’Umbria che ha raccontato ai magistrati gli incontri avuti proprio con Di Donna e un secondo legale romano, Gianluca Esposito. ” Non avrei mai immaginato che mi avrebbero chiesto dei soldi per l’intermediazione, quando è successo mi sono spaventato”, ha raccontato al Corriere della Sera Giovanni Buini. L’imprenditore cercava contatti con la struttura commissariale dell’emergenza Covid per poter entrare nelle forniture di mascherine. Buini fu poi invitato ad un secondo incontro , nello studio legale di Guido Alpa che è stato il maestro sia di Di Donna che di Conte. Quella volta c’era anche un generale della Guardia di Finanza, Enrico Tedeschi, capo di gabinetto dell’Aise, il servizio segreto per la sicurezza esterna. ” E’ una cosa che mi ha rattristato”, dirà poi l’imprenditore umbro, tanto che successivamente ha disdetto ogni accordo con Di Donna e il suo collega Esposito.
Se oggi c’è l’ inchiesta è – come scrive La Repubblica – grazie a Buini, il quale si è presentato spontaneamente dai pm romani. Giovanni Buini, 35 anni, nato ad Assisi, è il legale rappresentante di un’azienda di prodotti petroliferi che si chiama Carbo-Nafta ed è socio della Ares Safety, che produce dispositivi di protezione individuale. Fu un amico – racconta Buini a La Repubblica – che mi consigliò di incontrare Di Donna ed Esposito ” perché potevano essermi in qualche modo utili. Li vedo entrambi il 30 aprile (2020), nello studio di Esposito. Gli spiego cosa c’è in ballo ed Esposito afferma di potermi garantire affidamenti diretti dalla Struttura perché Di Donna è il braccio destro di Conte”. L’imprenditore assisano ricorda un particolare: ” Mi ha fatto vedere un articolo di giornale in cui Di Donna era descritto come fedelissimo del presidente del Consiglio. E Di Donna annuiva”. Sempre a “La Repubblica” Giovanni Buini racconta che fu convinto ” a firmare una scrittura privata con cui io mi impegnavo a dare loro l’ 8% dell’importo degli affidamenti che avrei ottenuto dal Commissario. La loro attività sarebbe figurata come consulenza legale”. Ora naturalmente saranno gli investigatori a lavorare sui riscontri necessari anche se l’inchiesta sta facendo molto rumore e – a parere di alcuni – potrebbe riservare sviluppi clamorosi.
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