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Recensione: Il pensiero del Lupo della Steppa – Hermann Hesse. Recensione di Alessandria today
Hermann Hesse (1877-1962) è stato uno scrittore, poeta e filosofo tedesco naturalizzato svizzero, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1946.
Biografia dell’autore Hermann Hesse (1877-1962) è stato uno scrittore, poeta e filosofo tedesco naturalizzato svizzero, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1946. Le sue opere più celebri, tra cui Siddharta, Narciso e Boccadoro, Demian e Il lupo della steppa, affrontano i temi dell’introspezione, della ricerca interiore, della dualità dell’animo umano e del conflitto tra individuo e…
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" È necessario comprendere il quadrante della vita: Fino a un certo momento la nostra morte è qualcosa di troppo lontano per destare il nostro interesse. È non vista e invisibile. Questo è il primo periodo della vita, il periodo felice. Poi però, improvvisamente, cominciamo a vedere la nostra morte davanti a noi, e non possiamo più liberarci di questo pensiero. Essa è con noi. E poiché l'immortalità è attaccata alla morte come Hardy a Laurel, possiamo dire che è con noi anche la nostra immortalità. E nel momento in cui sappiamo che è con noi, iniziamo a occuparci di lei febbrilmente. Per lei ci facciamo fare lo smoking, per lei ci compriamo la cravatta, con la paura che vestito e cravatta li scelgano gli altri e li scelgano male. Questo è il momento in cui Goethe decide di scrivere le sue memorie, il suo famoso Poesia e verità, il momento in cui chiama presso di sé il devoto Eckermann (strana concordanza di date: avviene nel 1823, lo stesso anno in cui Bettina gli manda la proposta per il monumento) e gli lascia scrivere le Conversazioni con Goethe, quel bel ritratto scritto sotto l'amabile controllo dell'effigiato. Dopo questo secondo periodo della vita, in cui l'uomo non riesce a staccare gli occhi dalla morte, ce n'è un terzo, il più breve e il più misterioso, del quale poco si sa e poco si parla.
Le forze diminuiscono e una disarmante stanchezza si impadronisce dell'uomo. Stanchezza: un ponte silenzioso che conduce dalla riva della vita alla riva della morte. La morte è così vicina che guardarla è ormai noioso. È diventata di nuovo invisibile e non vista: non vista come non vediamo gli oggetti che conosciamo troppo intimamente. L'uomo stanco guarda dalla finestra, vede le chiome degli alberi e pronuncia dentro di sé i loro nomi: castagno, pioppo, acero. E questi nomi sono belli come l'essere stesso. Il pioppo è alto e assomiglia a un atleta che ha alzato un braccio verso il cielo. Oppure assomiglia a una fiamma levatasi verso l'alto e pietrificata. Il pioppo, oh, il pioppo. L'immortalità è una ridicola illusione, una parola vuota, un vento intrappolato in un retino da farfalle, se la paragoniamo alla bellezza del pioppo che l'uomo stanco guarda dalla finestra. Per l'uomo stanco l'immortalità non ha più alcun interesse. "
Milan Kundera, L'immortalità, traduzione di Alessandra Mura, Adelphi (collana gli Adelphi, n° 47), 2023²¹; pp. 85-86.
[Testo originale: Nesmrtelnost, 1988]
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Perfetti per l'estate
Come di consueto, proponiamo agli affezionati lettori delle biblioteche milanesi la nostra rubrica di consigli di lettura, perfetti per l’estate!
Fonte: Pexels
La recente ristampa de Al paradiso delle signore di Zola è una ghiotta occasione per leggere un romanzo avvincente, tomo XI del ciclo dei Rougon-Macquart: un feuilleton di gran classe per gli appassionati di moda, scritto da un maestro nell’arte della descrizione (il tema è simile a quello de Il ventre di Parigi, ma concentrato sull’abbigliamento), “che esplora lucidamente l’universo femminile”, spaziando per tutti gli strati sociali della Parigi di metà Ottocento. Una lettura che analizza la nascita di un fenomeno moderno tuttora in espansione: il grande magazzino, oggi diventato centro commerciale (come in Il denaro si descriveva la bolla finanziaria del 1860, profetica di quelle dei nostri tempi). Non erano necessarie le parole di Gide (e di molti altri critici citati nella preziosa prefazione di Mario Lunetta) per rivalutare questo capolavoro. Iperbolico, lussureggiante, immaginifico.
A questo romanzo è vagamente ispirata la serie televisiva italiana trasmessa da Rai 1 dal 2015, ora diventata una vera e propria soap, ma ambientata tra gli anni cinquanta e sessanta a Milano, dove esistette davvero un negozio chiamato “Paradiso delle signore”.
Ironico (di un’ironia antifrastica), divertente, scorrevolissimo, Di chi è la colpa? fu pubblicato nel 1947 ed è l’unico romanzo dello scrittore russo Aleksandr Ivanoviĉ Herzen. Dimenticatevi Tolstoj e Dostoevskij, il suo stile ricorda piuttosto il Gogol’ fantasioso e stravagante dei racconti. Citiamo dalla prefazione di questa recente ristampa: «È strano che questo straordinario scrittore, in vita celebre personalità europea, stimato amico di Michelet, Mazzini, Garibaldi e Victor Hugo, a lungo venerato nel suo paese non solo come rivoluzionario, ma come uno dei più grandi uomini di lettere, sia tuttora poco più di un nome in Occidente. Il piacere che si ricava dalla sua lettura … rende ciò una strana e ingiustificata perdita». Sottoscriviamo in pieno.
È già in testa a tutte le classifiche la nuova avventura, attesa da ben sei anni dopo Il morso della reclusa, dell’ispettore Adamsberg, creato dall’abile penna della scrittrice francese Fred Vargas, questa volta in trasferta nella selvaggia Bretagna, il regno di Asterix e dei menhir. Sulla pietra è il decimo resoconto della serie dell’improbabile ispettore e le profonde conoscenze storiche dell’autrice si dispiegano felicemente in questo noir ricco di misteri e di legami con il passato.
Appena ripubblicato da Edizioni Capricorno nella collana Capolavori Ritrovati, L’altare del passato di Guido Gozzano ci consente di scoprire, se ancora non l’abbiamo fatto, la prosa del poeta di “Non amo che le rose che non colsi. Non amo che le cose che potevano essere e non sono state”. In questi undici racconti “riaffiorano tutti i temi cari al poeta - la malinconia, il rimpianto per il tempo che passa, i ricordi ingialliti, l’esitazione amorosa, l’indulgenza verso gli oggetti inutili”.
A cento anni dalla nascita dell’autore (New Orleans 1924 - Bel Air 1984) Garzanti ha appena ripubblicato Bare intagliate a mano: cronaca vera di un delitto americano (presente anche nella raccolta Musica per camaleonti), sorta di reportage esposto in forma narrativa di Truman Capote. Non potevamo aspettarci niente di meno dallo scrittore che, dieci anni prima della pubblicazione di questo giallo, in Sangue freddo (da cui nel 2005 è stato tratto un film con la strepitosa partecipazione di Philip Seymour Hoffman) aveva romanzato un fatto di cronaca che nell’America del 1959 aveva destato grande scalpore: lo sterminio di un’intera famiglia per un bottino di pochi dollari.
Anche questo thriller, per quanto incredibile possa sembrare la sua progettazione (e poi realizzazione), si ispira alla realtà, raccontata in forma di dialogo tra l’autore e l’investigatore incaricato delle indagini. Uno stile assolutamente inimitabile.
Ambientato in una Milano semideserta di metà agosto (il cadavere di una donna annegata viene recuperato nel Lambro) Le conseguenze del male di Gian Andrea Cerone è ormai un best seller. Avevamo già proposto questo autore nel post natalizio (I libri della renna) per un racconto contenuto nell’antologia Un lungo capodanno in noir, la cui protagonista, Marisa Bonacina, era la moglie del commissario Mandelli, che invece campeggia in questo thriller estivo da leggere tutto d’un fiato. Il numero di donne trovate annegate è decisamente troppo alto perché si tratti sempre di suicidi e, contestualmente, il commissario, costretto a interrompere le ferie, si trova a fare i conti con il passato. Un duplice percorso di indagine guidato da una scrittura che attanaglia l’attenzione del lettore per non abbandonarla più.
Il Saggiatore ha appena ripubblicato una raccolta dei racconti di un autore ingiustamente dimenticato, Guido Morselli, intitolata Gli ultimi eroi. “Gli ultimi eroi raccoglie per la prima volta tutti i racconti di Guido Morselli, narrazioni in cui, come solo nelle sue opere più alte, la sua invenzione si libera, dando vita a realtà alternative e a commoventi ritratti umani: da un Mussolini che si trasforma per amore in leader democratico all’incontro fra Pio XII e uno Stalin che vuole sostituirlo con un sosia; dall’ultima grottesca resistenza di un gruppo di soldati nazisti fuggiti da un manicomio a un comico tentativo di far finanziare agli americani l’Unità d’Italia. Fantasmagorie proiettate sul muro da una lanterna magica, la cui luce ci permette di osservare per una volta, una volta ancora, l’abbacinante talento di un maestro nascosto”. Da non perdere.
Se ancora non l’avete letto, vi consigliamo Zipper e suo padre, uno dei migliori romanzi di Joseph Roth. Ambientato durante gli anni della Grande guerra e della repubblica di Weimar, è incentrato sul tema universale dei rapporti familiari e questo ne fa un’opera sempre attuale. Dal padre frustrato che maltratta e umilia la moglie e il figlio primogenito, al protagonista (amico del narratore, rappresentato dallo scrittore stesso) Arnold che, dopo la partecipazione al conflitto, si isola diventando angolista, neologismo che indica la sua volontà di stare in disparte in qualsiasi circostanza sociale, la famiglia Zipper rappresenta il simbolo dei danni provocati dalla guerra. Il risultato è la formazione di una generazione di indifferenti (per citare le parole dell’autore), proprio come li descriveranno Gramsci, nell’articolo Odio gli indifferenti, e Moravia, nel suo capolavoro. Si gusta ogni singola pagina.
#emile zola#herzen alexandr ivanovic#fred vargas#guido gozzano#truman capote#gian andrea cerone#guido morselli#joseph roth#antonio gramsci#alberto moravia#philip seymour hoffman
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Explorando la Cultura Global a través del Blog Multicultural
¡Hola a todos! Soy Clean, y hoy quiero compartir mi entusiasmo por uno de los espacios más inspiradores dentro de los #blogsafines a Superdavitm: el blog Multicultural.
Este blog es un auténtico viaje a través de la diversidad cultural, explorando la riqueza de las tradiciones, costumbres y expresiones artísticas de todo el mundo. Con un enfoque único y una visión abierta, Ma Vaz nos invita a sumergirnos en diferentes culturas y a comprender cómo influyen en nuestras vidas, en el arte y, por supuesto, en el Multiverso Superdavitm.
Un reflejo de Superdavitm
El universo de Superdavitm se caracteriza por su diversidad y riqueza cultural, con personajes e historias que beben de múltiples influencias globales, desde la filosofía oriental hasta la literatura occidental. Multicultural de Ma Vaz es el lugar perfecto para entender estas conexiones, ya que explora:
Tradiciones ancestrales: Desde festivales japoneses hasta rituales africanos, el blog presenta una mirada detallada a las costumbres que han moldeado a civilizaciones enteras.
Arte y música: La influencia de la música y el arte de diferentes partes del mundo en la narrativa visual y sonora de las novelas de Superdavitm.
Moda y estética global: Cómo los estilos de vestimenta de diversas culturas se reflejan en personajes icónicos como Estrella Fugaz o Lady Mariam.
El Multiverso Superdavitm en un contexto multicultural
Es fascinante ver cómo elementos de diferentes culturas se entrelazan en la obra de Superdavitm, dándole una dimensión más auténtica y universal. Desde las épicas batallas de héroes con inspiración europea hasta las intrigas políticas influenciadas por la historia asiática, el blog de Ma Vaz ayuda a contextualizar estos elementos, ofreciendo a los fans una perspectiva más amplia.
Lo que más me gusta del blog Multicultural
Como una amante de la cultura japonesa y del universo de Superdavitm, me encanta la forma en que Ma Vaz analiza la fusión entre tradición y modernidad en cada publicación. Su pasión por la exploración cultural inspira a todos los que amamos aprender y conectar con el mundo a través de historias llenas de significado.
Si aún no lo has explorado, te invito a visitar Multicultural y descubrir un mundo lleno de color, historia y tradición.
¡Nos vemos en el próximo post de Strawberry Zero, donde seguiré explorando las maravillas de la cultura global y su conexión con Superdavitm!
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Rusia y su doble
Por Gérard Conio
Traducción de Juan Gabriel Caro Rivera
Escribí este libro para dar de Rusia una imagen diferente de la que propaga una rusofobia delirante basada en la ignorancia y la denigración sistemática.
En primer lugar, he querido mostrar el estado paralizante de Rusia que observé en 1996, para poder compararlo con el auge que experimenta hoy gracias al giro logrado por Vladimir Putin desde su acceso a la presidencia.
Lo que he observado subjetivamente lo confirman las estadísticas objetivas de economistas y politólogos independientes que se han negado a plegarse a la doxa oficial.
El conflicto entre Rusia y Occidente es ante todo un choque de civilizaciones, un choque de visiones del mundo, y es comprensible que los adoradores de la democracia lamenten una evolución que aleja a Rusia de la sacrosanta libertad individual en nombre de la cual fue atraída a un paraíso que resultó ser un infierno para ella.
Los debates basados en axiomas y peticiones de principio conducen a negar las realidades vividas por el pueblo ruso en su adhesión a una autoridad que le devolvió su soberanía e independencia, proporcionándole una seguridad y estabilidad renovadas y mejorando sus condiciones de vida, que se habían deteriorado como consecuencia del dominio de unos pocos depredadores sobre la sociedad rusa.
La narrativa occidental sobre la «operación especial» se equivoca al centrarse en un momento aislado de su contexto, sin tener en cuenta todos los factores que pesaron en una ruptura cuyas consecuencias no se previeron seriamente ni en una decisión que el Presidente ruso consideró inevitable ni en las «sanciones» que provocó y que se volvieron contra sus autores.
Una «agresión» con objetivos limitados provocó el «vuelco del mundo», porque tenía orígenes muy antiguos. Este momento no se produjo «por casualidad»; formaba parte de un proceso histórico. Por eso me pareció oportuno relatar mi experiencia de las sucesivas etapas de una evolución de la que fui testigo. Pero para iluminar a una opinión que se ha dejado engañar por palabras falsas, ante todo es importante volver a situar a Rusia en su lugar en el mapa mundial.
La historia de Rusia está determinada por el «hecho geográfico» que la abre a Occidente y a Oriente, a Europa y a Asia. Sin fronteras naturales, ha tenido que defenderse de las invasiones que durante siglos se han estrellado contra el Heartland, el corazón del mundo, así bautizado por Mackinder, el fundador de la geopolítica en el siglo XIX, que dedujo el resultado de sus observaciones en una fórmula que ha permanecido célebre: «Quien controla Europa Oriental, controla el Heartland; quien gobierna el Heartland, gobierna el mundo». Mackinder se refería así al Imperio Ruso que abarcaba «la llanura que se extiende desde Europa Central hasta Siberia Occidental y se irradia hacia el Mar Mediterráneo, Oriente Medio, Asia Meridional y China».
Un geopolítico estadounidense, Nicolas Spykman, aplicó esta teoría a la Segunda Guerra Mundial. Añadió al Heartland la franja costera que denominó Rimland y criticó a Mackinder, parodiando su fórmula: «Quien controla el Rimland controla Eurasia, quien gobierna Eurasia controla el destino del mundo». Quería que los estadounidenses controlasen la costa europea para contener la expansión del Heartland.
La visión de Spykman sustentaba la «política de contención» formulada por el diplomático George Kennan en su artículo Las fuentes de la conducta soviética (julio de 1947) y aplicada por Estados Unidos durante la Guerra Fría.
La idea era «contener» el Heartland controlando la zona tampón del Rimland, a la que pertenecían los satélites de la Rusia soviética, de los que Ucrania era el eslabón fundamental.
Este diagrama contiene todos los parámetros del desarrollo que llevó a Rusia desde la caída de la URSS bajo Gorbachov hasta su colapso bajo Boris Yeltsin, y luego a su recuperación bajo Vladimir Putin. La cronología de esta evolución se sitúa entre dos catástrofes: el final de la URSS y la guerra de Ucrania. Pero subyace a esta evolución una continuidad en el pensamiento geopolítico occidental manifestada por Mackinder, Spykman, Kennan y más tarde Brzezinski.
Mackinder estaba convencido de la supremacía de los anglosajones, que les daba derecho a dominar el mundo y, por lo tanto, a apoderarse del Heartland. Enfrentaba a las potencias de la tierra con las del mar y temía la aparición de una Alemania fuerte que pudiera aliarse con el Imperio ruso.
Pero esta obsesión era compartida por los dirigentes estadounidenses, que hicieron todo lo posible por impedir una alianza tan favorable al desarrollo de la economía europea como perjudicial para sus intereses. La minaron definitivamente destruyendo Nordstream 2 y privando a Alemania de una fuente de energía esencial para su industria. Hoy, las empresas alemanas se ven obligadas a trasladarse a Estados Unidos para sobrevivir.
Spykman, al dar primacía al Rimland sobre el Hearland, ya estaba planteando la cuestión del equilibrio de poder entre Rusia y la Unión Europea. Al centrarse en las opciones de Ucrania, este antagonismo está en el origen de un conflicto localizado que, al agravarse, pone ahora al mundo al borde de una escalada nuclear.
Los estrategas norteamericanos se equivocaron al apostar por la superioridad del Rimland y restar importancia al poder del Heartland ruso. En lugar de debilitar a Rusia utilizando a Ucrania como instrumento, Occidente ha demostrado su propia debilidad, de la que claramente no era consciente, infligiéndose fracasos atribuibles a sus errores de cálculo.
Mi relato de una Rusia que se hundía en la anarquía y el caos en la década de 1990 se ve paradójicamente iluminado por El gran tablero del mundo de Brzezinski, publicado en 1997, en vísperas del colapso financiero del Estado ruso bajo el gobierno de Boris Yeltsin.
Ese mismo año, 1998, cuando Rusia estaba a punto de desaparecer, Solzhenitsyn escribió Rusia bajo la avalancha, donde relata la desesperación de una población diezmada por las privatizaciones y por las garras de los oligarcas que habían tomado el poder, estos oligarcas no eran más que los nominados de los «bandidos dentro de la ley» que ya campaban a sus anchas en la época soviética.
A pesar de esta situación desesperada, que parecía eliminar cualquier atisbo de intención imperialista, Brzezinski retomó las ideas de Mackinder y Spykman y las actualizó. Consideró que, a pesar de la desaparición de su poder, Rusia, con su posición dominante en el Heartland, seguía siendo una amenaza para el orden mundial establecido por Estados Unidos. Llegó a la conclusión de que había que separar a Ucrania de Rusia para privar a esta última de cualquier posibilidad de volver a convertirse en una gran potencia.
Si aceptamos que los análisis de Mackinder y Spykman se basaban en un imperio que poseía el Heartland, que abarcaba media Europa, resulta más difícil comprender los motivos de Brzezinski cuando quería destruir una Rusia que ya se había destruido a sí misma. Y conviene recordar que Kennan, pese a ser partidario de la política de «contención» contra la URSS, se mostró muy circunspecto ante las «guerras humanitarias» emprendidas por políticos incompetentes y aventureros que confundían sus deseos con realidades. Incluso hoy se le pone como ejemplo en Rusia, en contraste con la miopía de los dirigentes que le sucedieron. Kennan esaprobó enérgicamente la ampliación de la OTAN, que fue el punto de partida de una escalada que preveía peligrosa para la paz mundial. Es imposible entender el proceso que llevó del final de la URSS a la guerra de Ucrania sin mencionar el «síndrome occidental» que siempre ha pesado en la mentalidad y la política rusas.
El apasionado deseo de Rusia de ser reconocida por Occidente como un socio de pleno derecho la ha enfrentado constantemente a su doble. Y el propio Vladimir Putin no se dio cuenta hasta que fue muy tarde de que estaba poniendo en peligro la seguridad de Rusia al depositar su confianza en interlocutores que, tras la reunificación de Alemania, se negaron a aceptar la mano tendida por los rusos con la esperanza de una cooperación económica que, a sus ojos, debía sustituir al conflicto entre las dos ideologías enfrentadas en la Guerra Fría.
Al sacrificar su imperio, sin contrapartida alguna, Rusia había dado una muestra de su deseo de convertirse en una democracia que fuera miembro de pleno derecho de la comunidad europea. Y esta cooperación se basaba en intereses mutuos que habrían garantizado la consolidación de la paz y una mayor prosperidad en el continente europeo.
Pero las pasiones ideológicas primaron sobre los intereses económicos y esta esperanza se vio truncada en tres ocasiones, cuando la OTAN incumplió su promesa de no expandirse hacia el Este, cuando los acuerdos de Maidan, avalados por la firma de tres ministros europeos, fueron violados sin más, y, por último, cuando los acuerdos de Minsk, destinados a reintegrar las repúblicas separatistas en Ucrania, se firmaron sin voluntad de aplicarlos para rearmar al gobierno de Kiev, fruto de un putsch, y continuar la guerra inaugurada por la «operación antiterrorista» lanzada en 2014 por el gobierno de Kiev contra las poblaciones civiles.
Aunque las profecías de Fukuyama sobre el fin de la historia y las afirmaciones de Brzezinski en 1997 sobre la necesidad de acabar con el peligro potencial que representaba Rusia se consideren ahora obsoletas, lo cierto es que esas convicciones triunfalistas estaban en consonancia con la doctrina Wolfowitz que, ya en 1992, anunciaba la invasión de Irak para perpetuar la dominación estadounidense del mundo. Si bien el belicismo de los neoconservadores puede explicarse desde el punto de vista de Estados Unidos, en su momento pareció contrario a los intereses de Europa, razón por la cual Francia y Alemania, de acuerdo con Rusia y China, denunciaron una violación del derecho internacional que sólo podía conducir a una catástrofe humanitaria.
Pero tenemos derecho a preguntarnos por qué los europeos arruinan su economía participando en la guerra de Ucrania con su propio dinero, sometiéndose, en contra de sus propios intereses, al dictado de Estados Unidos y adoptando los argumentos de los antiguos satélites de la URSS que blanden el espectro de una amenaza rusa. A sus ojos, la agresión en Ucrania confirma esta amenaza, que parece tanto más irreal cuanto que, a pesar de la superioridad militar adquirida por Vladimir Putin, Rusia no dispondría de los medios para llevarla a cabo, habida cuenta de su demografía y de la relación de fuerzas con la coalición de la OTAN.
Y para comprender mejor los entresijos de la ruptura que tuvo lugar el 24 de febrero de 2022, conviene recordar las razones que llevaron a Wolfowitz, en 1992, y a Brzezinski, en 1997, a embarcarse en un enfrentamiento que ahora está llevando al mundo al borde del colapso. Asistimos a una huida hacia delante de los neoconservadores que, a pesar de sus sucesivos fracasos, se niegan a afrontar las consecuencias mundiales de su aventurerismo. Como resultado de sus intentos poco meditados y mal concebidos, tres cuartas partes del mundo desconfían cada vez más de Estados Unidos, que ya no es capaz de imponer su hegemonía en el mundo mediante la supremacía del dólar.
El despertar de Rusia ha sido el principal factor de este derrocamiento del mundo unipolar al que Occidente sigue atado como un ahorcado a su soga. El Occidente democrático sufre ahora la misma psicosis que condujo a la desaparición de la Unión Soviética.
Asistimos a una inversión de papeles y debemos considerar que, para volver a ser una potencia «normal», preocupada únicamente por su independencia y su soberanía, sin ceder a la megalomanía mesiánica, Rusia tuvo que someterse a la cura de una democratización fallida que sigue alimentando los sueños de su minoría liberal. Tras evocar este doloroso pasado con fines pedagógicos en esta primera parte, he recurrido a algunos de mis propios trabajos para mostrar la contribución de Rusia al patrimonio cultural, artístico y científico de la humanidad.
En «La visión rusa del cosmos», señalé las fuentes espirituales del cosmismo ruso fundado por el filósofo Nicolas Fiodorov, mentor de Tsiolkovsky, cuyos trabajos sobre cohetes condujeron al vuelo de Gagarin.
En un momento en que se habla del renacimiento de la religión para compensar el vacío ideológico, en «El Imperio ruso y la Tercera Roma moscovita» tracé la ambivalente relación entre ortodoxia y autocracia.
En «La dialéctica del doble de Dostoievski» analicé el tema del doble como parodia novelística de la dialéctica de Hegel en una estética de la creación verbal que encontraría su plenitud en los futuristas.
En «El último diálogo de Bajtín» extraje la quintaesencia de las memorias habladas del gran filósofo ruso en sus entrevistas con Duvakin, el maestro de Siniavsky y Daniel, cuya defensa asumió en su juicio.
A continuación, analicé detenidamente el tema de la MLB («zambullida en el vientre materno») en Iván el Terrible de Eisenstein y en su producción de la Valquiria en el Bolshói en 1940.
Debido al controvertido papel de Polonia en el conflicto ucraniano, he querido rendir homenaje a Wat y Mlosz, dos autores polacos a los que traduje y comenté para destacar su rusofilia, que a sus ojos no era incompatible con su crítica al comunismo totalitario. La amplitud de miras de estos «disidentes» antisoviéticos contrasta con la amalgama racista e imbecilidad cultural y política en relación con la Rusia actual.
Por último, cité mis contribuciones a un simposio sobre «La URSS, un paraíso perdido». Y concluí con una reflexión sobre las dos Rusias enfrentadas ahora por la guerra de Ucrania. Cada libro es una botella en el mar y espero que éste encuentre los lectores adecuados que sepan extraerle la sustancia.
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Tzilacatzin: Un Guerrero Legendario de Tenochtitlan
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Tzilacatzin fue un guerrero otomí destacado durante la conquista de Tenochtitlán, la capital del Imperio Azteca, en el siglo XVI. Su valentía y destreza en combate lo convirtieron en una figura heroica tanto para los mexicas como para los otomíes.
Durante el sitio de Tenochtitlán, Tzilacatzin se destacó por su resistencia contra las fuerzas españolas lideradas por Hernán Cortés. Según las crónicas, fue uno de los pocos guerreros que se atrevió a enfrentarse directamente a los conquistadores. En uno de los enfrentamientos más famosos, Tzilacatzin se puso un gran escudo y una pesada armadura de algodón para protegerse de las balas y flechas enemigas, lo que le permitió acercarse a las posiciones españolas y causar estragos.
Su figura se ha convertido en símbolo de la resistencia indígena ante la invasión europea. Aunque finalmente los españoles lograron conquistar Tenochtitlán, el valor de Tzilacatzin quedó grabado en la memoria histórica como ejemplo de la lucha y el sacrificio en defensa de su tierra y su pueblo.
La historia de Tzilacatzin no solo resalta su habilidad como guerrero, sino también su compromiso con la defensa de su ciudad y su cultura, haciendo de él una figura emblemática en la narrativa de la resistencia indígena.
#Tzilacatzin#GuerreroAzteca#HistoriaDeMéxico#ConquistaDeMéxico#Tenochtitlan#HernánCortés#ResistenciaIndígena#LeyendasMexicanas#MitologíaAzteca#CulturaMexicana#HéroesMexicanos#NocheTriste#BernalDíazDelCastillo#Aztecas#HistoriaPrehispánica#BatallaDeTenochtitlan#FuerzaYValor#MéxicoAntiguo#LeyendasHistóricas#HistoriaYTradición
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El Impacto de la Migración Europea en la Educación y la Alimentación en Argentina y Nueva York
Hace un par de años, entré en un restaurante argentino en Nueva York, esperando una clásica comida de barbacoa, empanadas o chimichurri.
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Para mi sorpresa, el menú incluía platos europeos como spaghetti alla carbonara de Italia, ratatouille de Francia y schnitzel alemán. Confundido, me pregunté: "¿Entré en el lugar equivocado?" Sin embargo, el diverso menú me intrigó, lo que me llevó a pedir la milanesa de pollo, un plato italiano que estaba absolutamente delicioso.
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Este menú no era simplemente una lista de comidas; representaba la narrativa de la evolución cultural de Argentina, fuertemente influenciada por la migración europea. Como discutimos en nuestra última publicación de blog, desde 1880 hasta 1930, más de seis millones de europeos emigraron a Argentina, trayendo consigo una rica tapicería de tradiciones culinarias. Estas influencias ahora son un pilar nacional, desde las pizzas y pastas inspiradas en Italia en los restaurantes urbanos hasta las cervezas artesanales influenciadas por Alemania en los Andes.
Estos sabores europeos han sido creativamente adaptados en Argentina, mezclando ingredientes locales para formar platos híbridos únicos. Por ejemplo, la pasta italiana tradicional a menudo presenta un giro argentino distintivo, incorporando carnes y productos locales. De igual manera, la tradición española de las tapas se ha transformado en picadas, un surtido de quesos locales, carnes curadas y aceitunas que exhiben la rica diversidad agrícola de Argentina.
Como Ethan observó en su análisis sobre Guayaquil, Ecuador, "En ciudades como Guayaquil, la escena culinaria es vibrante y dinámica, con una gama de platos influenciados por la migración constante dentro del país, ofreciendo una fusión de sabores de diferentes regiones." Esta vibrante fusión de sabores es un eco de lo que sucede en Argentina, donde la constante mezcla de culturas ha creado una cocina innovadora que atrae tanto a locales como a turistas.
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Aquella noche en Nueva York trascendió una simple comida; fue un viaje culinario que hizo eco de la migración de mi propia familia de Europa a América. Me recordó las historias de mis abuelos sobre cómo adaptaban sus recetas queridas con ingredientes del Nuevo Mundo. Esta mezcla de tradiciones culinarias es una piedra angular de la cocina argentina y refleja cómo las comunidades inmigrantes, particularmente las familias judías en Nueva York, utilizan la comida para preservar y evolucionar sus identidades culturales. Los inmigrantes judíos, huyendo de la persecución y buscando nuevos comienzos, trajeron consigo tradiciones culinarias que adaptaron a los ingredientes y gustos de su nuevo hogar. Establecieron emblemáticas delis judías, como Katz's Delicatessen, famosa por sus contundentes sándwiches de pastrami, bagels con lox y queso crema, y una variedad de delicias encurtidas.
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Estas delis no solo han atendido a la comunidad judía, sino que también se han convertido en una parte integral del diverso panorama culinario de Nueva York, querido por personas de todos los orígenes.
Cenar en ese restaurante argentino fue una profunda lección sobre cómo la migración mezcla culturas y redefine identidades, ilustrando que Argentina, al igual que América, prospera como un crisol donde cada ola de inmigrantes enriquece el tejido nacional. Esta comida profundizó mi aprecio por los intrincados sabores de la migración y las historias conmovedoras que cada plato cuenta.
Fuentes:
https://worldcrunch.com/global-gourmet/argentina039s-nueva-cocina-fusion-stirs-life-into-traditional-recipes
https://thedeligram.substack.com/p/the-argentinian-comfort-food-you
- James Rukin
Hola de nuevo, soy Evan. Continuando desde donde James dejó las influencias culinarias europeas en Argentina, exploraremos cómo estas olas de migración han entrelazado intrincadamente un rico tapiz de idiomas en el sistema educativo de Argentina. Esto refleja el vibrante paisaje lingüístico de la ciudad de Nueva York, mostrando el poder transformador de la migración.
Cuando Argentina abrió sus puertas a millones de europeos desde finales del siglo XIX hasta principios del siglo XX, sus aulas se convirtieron en crisoles de intercambio cultural. Las escuelas comenzaron a resonar con idiomas como el italiano, alemán y francés, enriqueciendo la experiencia educativa y abriendo la mente de los estudiantes a diferentes perspectivas e ideas. Por ejemplo, la influencia italiana está profundamente arraigada en el español rioplatense, hablado principalmente en Buenos Aires. Términos como 'laburar' (trabajar) del italiano 'lavorare' y 'fiaca' (pereza) de 'fiacco' son solo algunos ejemplos de cómo el italiano se ha fusionado con el español local, reflejando la significativa presencia de inmigrantes italianos.
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En la ciudad de Nueva York, la mezcla de idiomas hablados en cada calle, en cada metro y en las escuelas refleja una dinámica mezcla de culturas. Esta diversidad moldea el ambiente educativo, donde el aprendizaje de idiomas se adopta no solo como una asignatura, sino como una herramienta crucial para la comprensión y cooperación entre comunidades diversas. Cada clase de idiomas en Nueva York se convierte en una mini-reunión de la mezcla cultural de la ciudad, fomentando ciudadanos globales desde una edad temprana. Por ejemplo, las escuelas públicas en Queens podrían ofrecer clases en idiomas como el bengalí, mandarín y español, que son predominantes dentro de sus comunidades locales. Además, festivales culturales en barrios como Little Italy y Chinatown proporcionan experiencias inmersivas a través de las cuales tanto estudiantes como residentes interactúan con los idiomas en contextos vibrantes y prácticos.
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Madison mencionó algo similar en su blog sobre el papel crucial de la lengua guaraní en el sistema educativo paraguayo. Desde la promulgación de la Ley de Lenguas en 2010, que promueve el uso oficial del guaraní junto al español, las escuelas han incorporado el guaraní no solo para preservar esta lengua indígena, sino también para fomentar un sentido de identidad nacional y resistencia cultural. Este esfuerzo por mantener viva la lengua guaraní a través de la educación es un testimonio del poder de los sistemas educativos para conservar lenguajes en riesgo de desaparición, y refleja un fenómeno similar a lo que vemos en las escuelas de Nueva York con la inclusión de idiomas de diversas comunidades inmigrantes.
Tanto Argentina como Nueva York aprovechan su diversidad lingüística para enriquecer las experiencias educativas, celebrándola como un recurso clave. Este enfoque común subraya el impacto significativo de la inmigración en los modelos educativos, haciéndolos más inclusivos, atractivos y culturalmente variados. En ambas regiones, los estudiantes se benefician del aprendizaje en múltiples idiomas, lo que potencia su capacidad para pensar de manera flexible y empatizar con diferentes culturas.
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Nuestro recorrido por los paisajes educativos de Argentina y Nueva York subraya el profundo impacto que la migración tiene en la configuración no solo de las identidades sociales sino también de las prácticas educativas. Al valorar su diversidad lingüística, ambas áreas maximizan el potencial de sus poblaciones multiculturales para crear entornos de aprendizaje innovadores, inclusivos y bien adaptados para nuestro mundo interconectado.
Fuentes:
https://www.langroops.com/post/what-are-the-most-spoken-languages-in-new-york-city#:~:text=Spanish%20comes%20in%20second%20with,identify%20as%20Hispanic%20or%20Latino.
- Evan Contant
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Zanotelli: «Serve un unico, forte movimento per la pace e l’ambiente»
«Siamo sull’orlo di due abissi: l’inverno nucleare, basta un incidente e ci siamo, e l’estate incandescente per la crisi climatica. Serve un unico forte movimento per la pace e l’ambiente»: così il missionario comboniano Alex Zanotelli fotografa l’attuale momento storico.
Festeggiamo la Repubblica, che vieta la guerra come mezzo di offesa ma anche di risoluzione delle controversie, con una parata militare.
È assurdo e l’ho sempre detto in questi anni. Ma cos’ha a che fare la parata militare con la festa della Repubblica italiana? Una repubblica che è bastata sull’articolo 11, che ripudia la guerra, mentre invece siamo in guerra da tutte le parti. Una contraddizione totale.
Il conflitto in Ucraina va avanti da più di un anno, si riaccende l’ex Jugoslavia. In Italia non c’è un vero dibattito.
C’è una narrativa in questo paese in cui incredibilmente la parola pace è scomparsa. La guerra in Ucraina ha riarmato l’Europa, quello che sta avvenendo fa paura. Secondo il rapporto Sipri, nel 2022 la spesa militare degli stati dell’Europa centrale e occidentale è stata di 345 miliardi di dollari, per la prima volta ha superato quella del 1989. A questo ha contribuito anche l’imposizione dettata dalla Nato di impiegare il 2% del Pil in armamenti. Il presidente Usa Biden ha detto «voglio che la guerra in Ucraina continui per indebolire la Russia per poi fronteggiare la Cina» e questo sta infiammando tutto l’Indopacifico. Gli Usa hanno dato i sottomarini atomici all’Australia e hanno chiesto alle Filippine di installare altre 5 basi militari. Si sta armando fino ai denti il Giappone, che ha una costituzione pacifista. Si sta armando anche la Germania, che pure ha una costituzione pacifista, mettendo sul piatto 100 miliardi. Una Germania che si arma è pericolosa per l’Europa. Giochiamo tutti col fuoco.
Il parlamento Ue ha approvato il progetto di legge Asap a sostegno della produzione di munizioni anche con i fondi del Pnrr.
Una cosa di una gravità estrema. Quei fondi dovevano servire per scuola, sanità, creare possibilità di vita. Invece si potranno dirottare verso l’industria bellica, ci sono già 500 milioni di euro preventivati, una bestemmia. Mi preoccupa come il Pd sta votando: il Partito democratico e la sinistra devono svoltare su questi temi. Non è concepibile barcamenarsi tra visioni opposte.
La giustificazione del provvedimento sono gli arsenali vuoti. Stiamo ristrutturando l’industria europea verso il settore militare?
Siamo dentro un’economia di guerra, del resto basta vedere quante porte girevoli ci sono nel governo verso Leonardo, uno dei maggiori player della sicurezza. Papa Francesco ha detto «siamo già dentro la Terza guerra mondiale». E Gutierrez, il segretario Onu, afferma che stiamo andando «a occhi aperti» verso una nuova guerra mondiale.
Nel 2024 ci sono le elezioni europee che potrebbero segnare un cambio radicale verso destra.
Nel mio libro Lettera alla tribù bianca racconto come il suprematismo sta invadendo il mondo: Bolsonaro, Trump, i paesi europei come Polonia e Ungheria. Se in Spagna vincesse Vox rischiamo che l’ultradestra travolga le stesse istituzioni Ue. Dobbiamo dire «gente, vogliamo davvero andare verso il disastro totale?». Non solo l’olocausto nucleare ma anche l’estate incandescente. Spese militari, guerre, voli di aerei da combattimento stanno pesando sull’ecosistema tanto quanto lo stile di vita del 10% più ricco del mondo. Il pianeta non sopporta più la presenza dell’homo sapiens, divenuto demens.
Industria di guerra, cambiamento climatico provocheranno nuovi movimenti migratori a cui l’Europa risponde chiudendo i confini.
I migranti superano già i 100 milioni, immaginiamo cosa succederà quando il calore crescerà nella zona saheliana. La gente scapperà e vale lo stesso per i conflitti. Fuggono da guerre che facciamo noi, da cambiamenti climatici che provochiamo noi nel nord del mondo. L’Africa nel prossimo secolo potrebbe raggiungere oltre 2 miliardi di persone ma chi ci potrà vivere se si va avanti in questo modo? Ai nostri politici interessa il profitto, se arriva dagli armamenti non importa. Questi sono gli ultimi dati di spesa in Italia: 4 miliardi e 200 milioni destinati all’esercito per 200 carrarmati; alla marina 12 miliardi per la terza portaerei e il raddoppio della flotta; all’aeronautica 8 miliardi e 700 milioni per F35 e Eurofighter Typhoon. È follia.
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*Abu Qasim fece uscire il suo regno anticristico di natura anticristiana fuori dalle Nazioni unite e dalla corte internazionale criminale facendo anche terminare l'alleanza con gli Stati Uniti e l'unione europea perché rifiuta di permettere uno stato palestinese indipendente vicino a Israele e di dare diritti ai cristiani e musulmani sunniti facendo una persecuzione contro quest'ultimi in Israele,Palestina,Yemen,Siria,Iran e Libano rifiutando l'autorità del cristianesimo nel mondo.
Abu Qasim cita la storia ebraica dicendo che il cristianesimo è una religione malvagia che più volte ha causato i pogrom contro i popolo ebraico in tutti secoli dei secoli e che Gesù non era affatto per nulla ebreo ed è per questo motivo che sarà per sempre rifiutato, cita anche l'Islam citando sempre le stesse cose e di come i Quraysh hanno ucciso sempre gli sciiti e ammette anche che lo sciismo non c'entra nulla con l'Islam ma è sempre una religione ebraica e il Messia degli ebrei,cristiani falsi,dei satanisti e dei musulmani sciiti è finalmente arrivato e il velo è stato tolto rivelandosi al mondo.
Gli Stati Uniti di James Sawyer e l'unione europea automaticamente si allontanano dal sionismo perché profondamente delusi confermando infatti che il communismo e lo sciismo erano creazioni ebraiche usando ebrei che erano falsamente convertiti al cristianesimo come Karl Marx e all'Islam come Abdullah Ibn Saba quindi cercano che qualcuno in Germania possa difendere il Vaticano e possibilmente creare un quarto reich.
Abu Qasim odia molto la Germania e l'Italia temendo infatti un qualcosa che non gli piace: un ennesimo Sacro Romano Impero e conosce la storia di Carlo Magno,Carlo Martello,Ottone I,Enrico II e Filippo II temendo che c'è un discedente vivo da quelle parti e non gli piace neppure che ci sono quattro degli ex nazisti ritornati in vita dall'inferno e dal paradiso che potrebbero ostacolare ancora una volta i piani ebraici di distruggere l'Europa e non gli piace neppure la polizia di Berlino e nemmeno le guardie svizzere del Vaticano perché potrebbero continuare ad arrestare terroristi di al-Qaeda, terroristi sciiti,satanisti,ebrei sospettosi, neo nazisti e potrebbero anche mettere nei guai il suo alleato Richard Stuard se venisse mandato in ergastolo o condannato a morte dalla corte internazionale criminale.
Abu Qasim supporta Richard Stuard per promuovere la falsa narrativa che la Russia di Putin è innocente, i cristiani sono malvagi e non hanno nessun diritto di autodifendersi in caso di invasione musulmana sciita, l'ebraismo è la vera religione e fede, questo perché Richard Stuard è segretamente di origini ebraiche da parte materna risultando quindi di essere un falso cristiano,falso profeta, un Mischling e un neo nazista per demonizzare il cristianesimo*
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LITERATURA COLONIAL DE CHILE
¿COMO ERA EL ORIGEN DE CHILE?
Los restos arqueológicos mas antiguos de chile continental han sido ubicados en monte verde a finales del paleolítico superior, convirtiéndolo en el primer asentamiento humano conocido en américa en este periodo descolló la cultura chinchorro, desarrollaba en el norte del pais entre 5.000 y 1.700 A.C.
¿COMO ERA LA LITERATURA EN CHILE?
La literatura de Chile hace mención al conjunto de producciones literarias creadas por escritores originarios de ese país; ha sido producida habitualmente en español, aunque existen también autores, principalmente poetas, que utilizan otros idiomas, en particular el mapudungun. Especialmente en el ámbito de la poesía, cuenta con varios escritores de renombre, como Vicente Huidobro, Enrique Lihn, Gabriela Mistral, Pablo Neruda, Nicanor Parra, Pablo de Rokha, Gonzalo Rojas, Jorge Teillier y Raúl Zurita, entre otros. En el campo de la narrativa, destacan también Isabel Allende, Roberto Bolaño, María Luisa Bombal, José Donoso, Jorge Edwards, Pedro Lemebel, Antonio Skármeta, entre otros.
¿COMO ERA LA SOCIEDAD?
La sociedad colonial en Chile era estamental, es decir, presentaba una escasa movilidad social y estaba conformada en orden jerárquico por los conquistadores españoles, sus descendientes (criollos), las y los mestizos, la población indígena y los esclavos.
Los españoles, con el pasar del tiempo, se transformaron en una elite militar que traspasó su poder mediante las encomiendas. En la zona norte se dedicaban principalmente a las encomiendas y las actividades mineras, mientras que en la zona centro sur conformaron una elite encomendera de rasgo ganadero y agrícola.
¿CUANDO FUE LA COLONIA EN CHILE?
La sociedad colonial, entre los siglos XVII y XVIII, tuvo un carácter estamental y la vida de las personas estuvo marcada por la clase social, el lugar de nacimiento y el género. El grupo social más poderoso estuvo conformado por los españoles y criollos quienes se asentaron en grandes solares en las dos principales ciudades: Santiago y Concepción. Mientras las mujeres estaban encargadas de la economía doméstica, los hombres eran militares, se dedicaban al comercio o a la administración del campo.
El grueso de la población era mestiza y se dedicaron al trabajo rural, oficios urbanos y domésticos. Vivían en pequeños ranchos en los que se agrupaban muchas familias en un mismo espacio. Las mujeres mestizas eran sirvientas, cocineras o costureras, mientras que los hombres eran sirvientes o peones.
AUTORES DE MEMORIA CHILENA
¿COMO ES LA HISTORIA DE CHILE?
La historia de Chile se divide generalmente en doce periodos que abarcan desde el comienzo del poblamiento humano del territorio actual de Chile, hasta la actualidad.1
El periodo prehispánico corresponde a la historia de las diferentes etnias amerindias presentes en el territorio, extendiéndose desde alrededor del año 14 800 a. C. hasta la llegada de los españoles. A partir de 1492, se iniciaron las exploraciones europeas en el continente americano. En 1520 Fernando de Magallanes y su expedición fueron los primeros europeos en llegar a Chile por el sur a través del estrecho que hoy lleva su nombre, y en 1536 Diego de Almagro comandó una expedición hasta el valle del Aconcagua y el norte del actual Chile.
El tercer periodo corresponde a la conquista hispana, que se extendió entre 1536 y 1598 con la guerra de Arauco, durante la cual los habitantes hispanos fueron atacados constantemente por los mapuche rebeldes. El período hispánico cubre algo más de dos siglos, entre 1598 y 1808, lapso marcado por el establecimiento de las instituciones reales.
El denominado periodo de la Independencia se desarrolló desde que Napoleón Bonaparte capturó al rey español de ese entonces Fernando VII en 1808 hasta la abdicación de Bernardo O'Higgins en 1823. Estuvo marcado por la guerra entre patriotas y realistas. La Patria Vieja, iniciada con un cabildo abierto el 18 de septiembre de 1810, llegó a su fin con la derrota patriota en la batalla de Rancagua en 1814, que dio inicio al periodo conocido como reconquista. Los patriotas sobrevivientes huyeron a la ciudad argentina de Mendoza, donde se aliaron con el gobernador independentista de la provincia, el general José de San Martín, y formaron el «Ejército Libertador de los Andes». La reconquista terminó en 1817 con la batalla de Chacabuco, en la cual el «ejército Libertador» derrotó al ejército realista. El triunfo militar definitivo se dio el año siguiente en la batalla de Maipú.
Entre 1831 y 1861, tuvo lugar el periodo de la república conservadora. Estuvo marcado por la puesta en vigor de la Constitución de 1833, establecida por Diego Portales, con un gobierno fuerte y centralizador. A pesar de algunos intentos de subversión, se mantuvo la estabilidad institucional y el país conoció la prosperidad económica.
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Rara avis de la actual narrativa cubana, Mouche, Margarita García Alonso Por AMIR VALLE, en OtroLunes Revista Hispanoamericana de Cultura
GRACIAS INMENSAS POR este ESCRITO, AMIR VALLE, EN Otro lunes, testimonio de FE.
Hacía mucho tiempo no leía una novela tan original, tan rompedora, tan distinta. Una novela que, al tiempo que construye un complejísimo mundo de traumas humanos, atrapa al lector y lo va conduciendo por un singular mundo que me hacía recordar esos universos propios tan vivos que construyeron, por sólo citar dos casos antagónicos, los autores de Alicia en el país de las maravillas, el polémico Lewis Carroll o de El reino de este mundo, el gran Alejo Carpentier.
Hablo de Mouche, de Margarita García Alonso, publicada por Ediciones Exodus en Miami.
Lo primero que llamó mi atención es el particular uso del absurdo cotidiano para definir la psicología de su protagonista: Linsana Mouche, inmigrante ilegal, niña, sonidista, cantante, cuya obsesión es grabar sonidos, entender sonidos, singularizarse a través de ese mundo distinto… Se trata de un absurdo que vincula aspectos muy del día a día, los sueños, por ejemplo, las alucinaciones postraumáticas luego de un accidente, las muy selectivas miradas que esta muchacha lanza sobre esos otros que la rodean, llámense Hermes o Martín, Sabetodo De La Cuadra o Laumi… Es, y es lo que más importa, un absurdo que podemos experimentar todos, está ahí, lo vivimos, lo encontramos en cada paso que damos, pero solamente llegará a nosotros (como llega a Linsana) si decidimos ver nuestra realidad también con esas perspectivas. Un absurdo natural, nada forzado, que brota alrededor del personaje y, en muchas ocasiones, llega a definirlo.
Lo segundo es la capacidad de traslación, una especie de don de ubicuidad mediante el cual la protagonista logra revivir casi al mismo tiempo ante nuestros ojos diversos momentos del pasado y presente de ese conflicto existencial que ella va viviendo: salto de un ojo inquieto podríamos decir, con esa ligereza y esa agilidad expresiva que simula el aleteo de una mosca (porque Mouche es mosca en francés y ese apellido en la protagonista es un leitmotiv con el que la escritora juega en toda la novela)… sus amigos, su familia, momentos definitorios en su existencia, van a surgir a lo largo de la trama como pequeños manantiales de sentido que nos ayudarán a responder o, al menos, a entender las preguntas que Linsana se va haciendo. Y esa capacidad de movimiento escénico, montado sobre las alas de ese particular absurdo del que hablábamos antes, y además enriquecido gracias a un virtuosismo narrativo que nos permite ver lo que vamos leyendo, imprime aún más distinción a esta novela.
El tercer aspecto es justo ese virtuosismo. Margarita García Alonso demuestra en esta obra que es una excelente poeta. Y es que el aliento poético de cada escena, las descripciones que hace Linsana de los escenarios que frecuenta, sus contradicciones humanas mostradas a través de ese lenguaje específico tan elegíaco que tiene el mundo del sonido van edificando capítulo a capítulo el corpus lírico que define la personalidad compleja, soñadora, rebelde, de Linsana Mouche.
Complementan el mundo de esta novela, y de su peculiar protagonista, referencias sutiles y casi siempre volátiles a Cuba, alusiones a los traumas del exilio, insinuaciones sobre el complicado reto de comprender y fundirse en otras culturas, puntadas críticas a la deshumanización que envenena el espíritu de ciertas sociedades europeas… Pero lo que importa es la lucha del personaje porque se produzca esa caída de las máscaras, esa insistencia suicida en vivir ahogados en las convenciones sociales, esa doblez de la especie humana que ella observa curiosamente como una mosca posada en una repisa.
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Una stanza tutta per gli altri di Alicia Giménez-Bartlett. Recensione di Alessandria today
La vita di Nelly Boxall, tra sacrifici e contraddizioni nella casa di Virginia Woolf Un racconto dietro le quinte della storia letteraria. Alicia Giménez-Bartlett, celebre autrice spagnola, si immerge in una prospettiva insolita e straordinariamente umana, raccontando la vita di Nelly Boxall, la cuoca personale di Virginia Woolf. Una stanza tutta per gli altri esplora le contraddizioni tra…
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“ Sono tornata in volo da Monaco a mezzogiorno, e sono andata dritta in ufficio, ricaricata, al massimo dell'efficienza. Adoro questi viaggi. Quello che adoro in realtà è la mia efficienza. Mi piace far funzionare le cose, sapere come si fa. Mi piace essere riconosciuta, mi piace che mi diano la "mia" stanza, che si ricordino i miei gusti. Durante il week end ho visto degli amici. O meglio, dei conoscenti di lavoro. Poi, lunedì e martedì, la fiera. Quello che mi piace è "controllare" la situazione. Sono piena di energia, mangio esattamente quello che dovrei mangiare, non bevo un sorso di più, dormo poco, corro in giro tutto il giorno. So esattamente come presentarmi, e come usare la mia immagine. Lunedì mattina mi sono vista con gli occhi degli altri, arrivare alla sfilata, sedermi, tutti che mi sorridevano e mi salutavano. E contemporaneamente sono tornata indietro di quindici anni, e mi sono vista con gli occhi di allora, mi sono guardata nel modo in cui io, a trent'anni, guardavo le donne arrivate, le donne che facevano quel lavoro da tempo. Le ammiravo, volevo essere una di loro, e mentre le osservavo, attentamente, nei più piccoli particolari, cercavo anche quei segni di cui loro non si accorgevano di certo, i segni dei processi che avrebbero portato alla loro sostituzione. Altre le avrebbero sostituite, e io sarei stata una di loro. Di quelle donne, una sola è ancora al suo posto, alcune delle altre continuano a lavorare nel campo, con mansioni diverse, però. Ho passato quattro giorni a cercare di capire cosa c'è in me che mi porterà al licenziamento, o a restare in ufficio con mansioni meno gravose, mentre un'altra - chissà chi - farà questi viaggi al mio posto. Non riesco a capirlo, però. L'età, semplicemente? No, l'età non c'entra! La noia, la "mia" noia? No, non posso crederci, non ancora.
Quando sono tornata in ufficio Joyce mi stava aspettando per andarsene a casa: senza mai prendere accordi formali, facciamo in modo che una delle due sia sempre presente in ufficio. Joyce aveva l'aria stanca. Ha detto di avere passato giorni tremendi, in mia assenza, per via del marito, mi avrebbe raccontato tutto, ma non subito, poi se n'è andata. C'era un messaggio di Hermione: diceva di non aver ricevuto il mio, di messaggio, che il lunedì, e che Mistress Fowler si era rifiutata di far entrare l'infermiera. Questo mi ha riportata immediatamente alla quotidianità londinese. Ho lavorato tutto il pomeriggio, al telefono per lo più, poi ho organizzato i fotografi per domani. Ma intanto continuavo a pensare a Joyce. Ho già capito che questa storia con il marito significherà la fine del nostro lavoro insieme, o comunque un cambiamento. Ne sono sicura. Questo mi ha resa depressa e ansiosa, prima ancora di lasciare l'ufficio. Un'altra cosa ho capito come non avevo mai capito prima: che Joyce è la mia unica vera amica. Voglio dire, "amica". Ho un rapporto, con lei, che non ho mai avuto con nessun altro, mai. Di certo non con Freddie. “
Doris Lessing, Il diario di Jane Somers, (traduzione dall'inglese di Marisa Caramella), Feltrinelli, 1986¹ [ Libro elettronico ].
[ Edizione originale: The Diary of a Good Neighbour, Alfred A. Knopf Publisher, 1983 ]
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La Diputación de Córdoba colabora en las jornadas de cómic Cocó Docó organizadas por la Escuela de Arte Dionisio Ortiz para visibilizar esta disciplina en auge
La Diputación de Córdoba colabora en las jornadas de cómic ‘Cocó Docó’ organizadas por la Escuela de Arte Dionisio Ortiz para visibilizar esta disciplina en auge https://ift.tt/eKyrdMl Se celebrarán del 19 al 21 de marzo en distintos emplazamientos de la capital cordobesa La Diputación de Córdoba, a través de la Delegación de Cultura, colabora en la celebración de las terceras jornadas de cómic ‘Cocó Docó’, organizadas por la Escuela de Arte Dionisio Ortiz, que se celebrarán del 19 al 21 de marzo en distintos emplazamientos de la capital cordobesa, y tendrán como hilo conductor la búsqueda de nuevas formas de narrativa dentro de la novela gráfica. El responsable del área en la institución provincial, Gabriel Duque, ha puesto de manifiesto “la importante labor que realiza el profesorado de este centro transmitiendo a los alumnos inquietudes y sacándoles fuera del centro para exponer sus trabajos”. El diputado ha puesto a disposición de la Escuela el Centro de Artes Plásticas Rafael Botí “para que puedan exponer los trabajos que realizan a lo largo de todo el año y mostrar a la ciudadanía su arte”. Por su parte, la directora de la Escuela de Arte Dionisio Ortiz, Rosario Coronado, ha expresado su satisfacción porque estas jornadas puedan celebrar su tercera edición con el objetivo de visibilizar la disciplina del cómic, que está cada vez más en auge, no sólo en nuestra ciudad, sino a nivel europeo”. Pero el propósito es también, ha añadido Coronado, “crear un punto de encuentro entre los diferentes agentes de este sector y crear una comunidad en torno al cómic que ayude a nuestros alumnos a ver nuevas vías de desarrollo tanto personal como profesional”. Del mismo modo, la directora de la Escuela Dionisio Ortiz, ha subrayado que “la idea es consolidar estas jornadas en el tiempo y crear un evento cultural en Córdoba de envergadura que sea de cita obligada para todos los amantes del cómic”. Las dos primeras ediciones de las jornadas han estado dedicadas al cómic social y como recurso didáctico y “este año hemos querido ser un poco más ambiciosos y salir de nuestro entorno educativo, y de nuestro centro, y traer más artistas invitados de reconocimiento nacional a internacional”, ha reseñado Coronado. Las jornadas se inaugurarán en Casa Árabe el 19 a las 10.00 horas y a lo largo de tres intensos días se podrá disfrutar de conferencias que mostrarán la diversidad y las enormes posibilidades de las narrativas menos exploradas, desde la realidad del cómic en árabe, con Pedro Rojo a la expresión de la poesía plasmada en novela gráfica de Juan Gallego; todo ello pasando por la experimentación lineal de Roberto Masó, las narrativas alternativas de Candela Sierra, Carla Berrocal o Sergio Arredondo. Del mismo modo, se ahondará en el trabajo de Antonio Hitos, uno de los representantes del cómic andaluz que más proyección tiene a nivel internacional y que nos hablará de cómo se ve el cómic hecho en España desde Angulema, núcleo de la industria y la creatividad europea en el noveno arte. El día 20 de marzo, las conferencias tendrán lugar durante todo el día en la Biblioteca Provincial, ‘Grupo Cántico’. Esta edición viene cargada de importantes novedades, como el fallo del Primer Concurso de Cómic Cocó Docó, convocado hace unas semanas por la Escuela Dionisio Ortiz y vinculado a estas jornadas. Tiene tres categorías, para enseñanza universitaria, enseñanza superior y bachillerato. Del mismo modo, la programación contempla la celebración de dos ponencias en la EADO, el viernes 21 de marzo, y una revisión de los trabajos del alumnado de la Escuela Dionisio Ortiz via Espacio https://ift.tt/lGj9cH4 February 27, 2025 at 07:39PM
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“¿La verdad? Poco importaba que existiera o no; lo esencial era saber hasta qué punto podíamos dominarla. Si no se dejaba adiestrar a golpe de cadenazo, como intentase Jerjes I, bastaba con jugar en la bañera. Hasta el fajín se metieron políticos y periodistas, y muchos de ellos terminaron creyendo que chapoteaban en el Helesponto. Pero, reconozcámoslo, todo empezó en la academia. Antes de que en el periodismo irrumpiera la posverdad, antes de que en política aparecieran las narrativas partidistas y, por supuesto, mucho antes de que en redes sociales cundiera la desinformación, las universidades europeas incubaban el huevo de la serpiente.
El posmodernismo, que despuntó como una reacción escéptica a los grandes relatos, no tardó en llegar al callejón sin salida del escepticismo radical. Como aseguraba el dictum foucaultiano, todo conocimiento es local. Del atolladero en que se metió durante los años ochenta solo consiguió salir al bifurcarse en una miríada de teorías: teoría crítica, teoría queer, teoría poscolonial… Y, al llegar a la década de 2010, volvió grupas y se orientó, en un curioso giro de los acontecimientos, hacia las verdades indudables: que el sexo no es biológico, o que todo hombre blanco es racista, eran de repente certidumbres apodícticas e incontrovertibles, casi dogmas de fe.
Es mentira que el posmodernismo sea relativista. Como ha señalado Alan Sokal, las ideas relativistas son la coartada del absolutismo dogmático. La mutación postrera del pensamiento posmoderno, si es que pensamiento cabe llamarlo, recuerda lo que era sabido desde los griegos: que el sofista no se pone al servicio del plutócrata sin antes decirnos que la verdad no existe.”
— Jorge Freire
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-Scrittore: Allora... i mezzi di comunicazione e la tecnologia avanzata sono in mano a un pugno di oligarchi mondiali ricchi sfondati. -Editore: Ah, un bel romanzo distopico... -Scrittore: Esatto. Dopo ottanta anni di pace e democrazia, l'Europa sta per disintegrarsi in un coacervo di stati che da soli non conteranno niente. Diventeranno riserve di caccia per tiranni e superpotenze liberticide. -Editore: E l'Italia? Non mi ci far pensare... -Scrittore: Eh. In Italia c'è un governo di estrema destra che con i suoi contorcimenti e le sue ambiguità rischia di essere l'anello debole su cui picchiare duro per far crollare l'Unione Europea. -Editore: Purtroppo, ahimè, anche questo è tristemente credibile. -Scrittore: Visti i precedenti, del resto... -Editore: Eh. Però aspetta, l'Italia è comunque un paese fondatore dell'Unione Europea. Nel tuo romanzo questa situazione genererà proteste... -Scrittore: Non proprio. -Editore: Vabbè, almeno una certa fibrillazione. È questa la tensione narrativa, no? -Scrittore: Veramente neanche quello. -Editore: Come no? La rete, i tg, i giornali di che parlano? -Scrittore: Ho immaginato che in quel momento parlino tutti di altro. -Editore: Ah, interessante. E di cosa? Di calcio? -Scrittore: No, troppo banale. -Editore: Giusto. -Scrittore: Ho pensato che parlino tutti di uno che canta Volare con Topo Gigio. -Editore: Che? Uno che canta Volare... -Scrittore: ...con Topo Gigio. -Editore: Con Topo Gigio, ah. -Scrittore: Sì. D'altronde è un romanzo distopico... -Editore: ...e tu vedi Topo Gigio come parte integrante di questa distopia. -Scrittore: Esatto, perché ho pensato che... -Editore: Pronto? Pronto? E niente, purtroppo sto entrando in galleria, non ti sento più. Comunque bella idea, eh. Estrema, coraggiosa... Ma magari ne riparliamo con calma, più avanti. Ciao-cciao. Giampaolo Simi, Facebook
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