#carrierismo
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gregor-samsung · 5 months ago
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“ Sono contento, cari ragazzi, che non abbiate mai sentito il desiderio di fare politica. Ma non ne sono sorpreso. L'ambiente familiare nel quale siete cresciuti non poteva spingervi alla ricerca del potere. Non dico, con questo, che il potere sia di per sé detestabile. Fa parte dei giuochi della vita, e non dei più sciocchi. Ma bisogna intendersi sul suo significato. Per molti, il fascino del potere consiste nella possibilità di influire sulla vita degli altri; in una parola, nella possibilità di comandare. A mio giudizio, questa è tuttavia la parte più fastidiosa del potere, la più volgare, se non la più odiosa. Voi sapete che ho sempre cercato di ridurre al minimo i miei interventi su di voi, perché ritengo che ciascuno, compresi i miei figli, debba esser libero di vivere la sua vita, e di cercare la felicità a modo suo. Perfino il timore che qualcuno agisca in una determinata maniera per compiacermi, e non per sua preferenza, riesce a turbarmi.
È poi vero che le nostre azioni incidono spesso, senza che lo vogliamo, sulla vita del prossimo; ma questa è una realtà di cui mi rammarico. Il fascino del potere è un altro: è la facoltà di decidere. La nostra esistenza si arricchisce quando siamo in grado di prendere decisioni. Kierkegaard afferma che esistiamo in quanto scegliamo, e scegliere significa appunto decidere. Ora, è chiaro che facoltà decisionale e potere coincidono: più si sale nella scala gerarchica, più si decide. Il generale decide più spesso del suo attendente. In questo senso, ma soltanto in questo, vale la pena di fare carriera: la vita di un capo è più ricca, più intensa, più stimolante di quella del subordinato. Purché il capo, e questa è una condizione importante, anzi essenziale, sia capo davvero, sia cioè libero di decidere di testa sua. In questa accezione, potere equivale a libertà. “
Piero Ottone, Le regole del gioco: piccola filosofia ad uso personale, Milano, Longanesi, 1984³; pp. 47-48.
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padrebaldo · 1 year ago
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Perché Gesù corregge i rappresentati di Dio e coloro che dovrebbero essere i detentori della Divina Volontà ? Quale é il significato l'immagine della vigna nella parabola ? Perché i contadini sono così cattivi da pretendere rispetto ma non rispettano a loro volta ? La parabola dà l'annuncio di ciò che succederà al Calvario ma non come volontà di Dio ma volontà degli uomini ? Quale é l'insegnamento che Gesù ci dà con questa parabola a noi oggi per portare frutto e stare alla larga da ogni fariseismo ?
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nunoxaviermoreira · 3 years ago
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another way to die (firenze 06) by juri_kid_a C'erano posti più vicini a casa. Ma il passare tra i turisti e tra i negozi di artigianato 100% Made in Italy che poi in realtà è 100% Made in Cina paradossalmente gli faceva riacquistare fiducia nel mondo, che non era solo litigi tra persone vicine, screzi e carrierismo d'accatto. Così ogni giorno rifaceva due volte la strada da e verso Piazza della Repubblica, estate e inverno, pioggia o sole, lunedì o qualsiasi altro giorno fino al venerdì. Si fermava a guardare casualmente le vetrine sempre più o meno uguali, per origliare qualche frammento di discorso: commessi che parlano con clienti e viceversa, famiglie che si dicono cose mangiando un gelato e idiomi più o meno noti da interpretare. Arrivava poi nel buco della piazza, sempre piena di luce, con la giostra nel mezzo. E allora quasi se ne dispiaceva, guardandosi indietro verso la via scura, sempre in ombra. Vergognandosi per quel dispiacere che gli lasciava l'amaro in bocca. Perché doveva tornare a casa, non poteva più procrastinare. https://flic.kr/p/2mdNxT2
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vintagebiker43 · 4 years ago
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1.Leggo di una influencer che ha imbrattato con l’inchiostro una preziosa scogliera per scriverci il suo nome e farcisi un selfie da consegnare alla storia e al voyeurismo dei suoi adepti. Io, di questa categoria di buffoni ne penso già tutto il male possibile ma mi chiedo anche: se uno è palesemente idiota, come sono quelli che lo seguono? 2.L’unico Sinclair che conoscevo fino ad oggi era Clive, quello che inventò prima lo ZX80 e poi, nell’82, lo ZX Spectrum, vero pilastro dell’informatica per tutti. Scopro oggi che ce ne sarebbe anche un altro, pur se del tutto inutile e trascurabile, visto che fa il dj. Questo soggetto illuminato, tale Bob, si è accalorato nella difesa degli assembramenti in discoteca, e ci sta, visto che quel lavoro gli serve per racimolare quel centinaio di milioni di dollari l’anno che gli servono per affrontare questa vita di stenti. In parte però ha ragione. Il problema non sono gli assembramenti: sono proprio le discoteche, dove torme di giovani all’ammasso vanno a farsi prendere per il culo da uno come lui, convinti che divertirsi sia quella roba lì. 3 (1+2). Visti gli enunciati precedenti, potremmo affermare serenamente che gli influencer(s) stanno al libero pensiero come i dj alla musica. Come Attila alla pace nel mondo e renzi alla Sinistra, per dire. 4. Vediamo: -Me l’ha chiesto la mamma. Si sa, amore di mamma funziona sempre; -Ha fatto tutto il commercialista e io, povera animina del signore, non sapevo niente; -Volevo vedere se il meccanismo funzionava, ma poi ho dato tutto in beneficienza; -L'ho chiesto per dimostrare che era un provvedimento sbagliatio; -Credevo che fosse una lotteria; -Ero sotto copertura per un servizio su Report; -E’ venuto lo Spirito Santo, ma non potendo annunciare nessuna maternità ha rimediato con questo premio di consolazione; -Cosa? Quando? Chi? Ma dai… ……… Ora però i casi sono due. E solo due. O lorsignori e lordame dell’ignobile bonus li mandate a casa, senza se, senza ma, forse e però, oppure raccogliete in un libro tutte le motivazioni che hanno usato per giustificarsi e ne fate un libro di testo per scuole medie. Tanto la scuola più di così non potreste sputtanarla, almeno i ragazzi si fanno due risate. E intanto si preparano, nel caso avessero bisogno di una scusa. 5. Da qui in avanti, fate come io ho sempre fatto. I ‘furbetti’ chiamateli ladri, teste di cazzo, delinquenti, o come volete voi, basta che sia abbastanza dispregiativo. E isolateli, fategli terra bruciata intorno, parlatene male, sfanculateli a ogni piè sospinto (?!?). Non fatene figure, poverine, da giustificare, da perdonare, da invitare nei talk, o da imitare rendendole perfino simpatiche. E certe giovinotte in carriera un po’ spregiudicate, attricette pronte a togliersi le mutande per il primo cesso di produttore che gli offra una parte ma che poi, da vecchie si pentono, per richiamare ancora un po’ d’attenzione, o certe scappate di casa che si danno alla politica o al carrierismo sfrenato, anzi si danno e basta confidando nella fortuna che hanno fra le gambe, chiamatele troie. E quegli essere immondi che sfruttano il loro potere per approfittarsi di certe situazioni chiamateli vecchi porci teste di cazzo. E quelli che violentano, che stuprano, i pedofili, non chiamateli nemmeno, non cercate di capire e non aspettate nemmeno che qualche avvocato fenomeno cerchi di convincervi che hanno avuto un calo di zuccheri che gli ha provocato uno sbalzo ormonale. Sbatteteli dentro e buttate la chiave. Questo buonismo è una melma che ci annebbia il cervello. Chiamate le cose con il loro nome. Le parole meritano rispetto. Compreso le parolacce, con buona pace di chi continua a rompermi i coglioni per questo.
Orso Grigio (alias Scanzi Sr.) su Facebook
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maddalenafragnito · 3 years ago
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Più tempo per vivere
Progetto vincitore della call: I DO NOT HAVE A DREAM JOB, I DON’T DREAM OF LABOUR “Non ho un lavoro da sogno, non sogno il lavoro”. Una collaborazione tra Base, Archivio ISEC e Matrice Lavoro
Dopo un anno di cambiamenti epocali nel mercato del lavoro, stiamo mettendo in discussione le idee sul lavoro di cui siamo stati nutriti per tutta la vita, a partire dal “lavoro dei sogni”, dalla cultura del carrierismo e dall’idea del lavoro nobilitante. La quantità di tempo che passiamo a lavorare diventa una questione politica, culturale ed economica. La pandemia ha impattato sul paradigma neoliberista e postfordista aprendo nuovi fronti di critica al mondo del lavoro contemporaneo. La frase “Non ho un lavoro da sogno, non sogno il lavoro” diventa un trampolino di lancio, a partire dalle lotte operaie del novecento di cui abbiamo testimonianza all’interno dell’archivio ISEC, per immaginare un mondo senza lavoro o un lavoro a misura di mondo, in cui le crisi interconnesse del capitalismo contemporaneo – lavoro, cura e ambiente, rapporto con le tecnologie e giustizia sociale – siano fondamenta per un nuovo pensiero sul modello sociale in cui viviamo.
Questa call per artistə è parte di Playground, il programma di residenze artistiche di BASE, in collaborazione con Fondazione ISEC. La call si inserisce all’interno di Matrice Lavoro, la rete per raccontare cultura e trasformazioni del lavoro costituita da musil – Museo dell’industria e del Lavoro, Coclea, Comune di Cedegolo, BASE Milano e Fondazione ISEC. Matrice Lavoro è un progetto finanziato dai PIC-Piani Integrati della Cultura di Regione Lombardia.
Attraverso Matrice Lavoro i partner hanno voluto attivare una progettazione di rete sulla narrazione e rappresentazione del patrimonio industriale e del lavoro contemporaneo, per la creazione di una “fabbrica culturale diffusa” che avrà le proprie materie prime nella trasformazione dei luoghi e nelle evoluzioni del lavoro. In particolare, la residenza è realizzata in collaborazione con Fondazione ISEC – Istituto per la storia dell’età contemporanea, Onlus nata a Sesto San Giovanni nel 1973 con lo scopo di raccogliere, conservare e valorizzare fonti documentarie e bibliografiche per la storia dell’Italia contemporanea.
LA CALL PER ARTISTə
Tra settembre e ottobre 2021 è stata lanciata la call, invitando lə artistə a presentare un progetto artistica in qualunque forma – performance, pratiche coreografiche e relazionali, progetti workshop-based, scultura, sound and new media art – di nuova realizzazione o come sviluppo di lavori precedenti, avente ad oggetto opere e/o progetti legati all’esplorazione dei materiali d’archivio.
All’artist* viene messo a disposizione il patrimonio a partire dalle parole chiave del progetto Matrice Lavoro: diritti, sicurezza sul lavoro, precarizzazione e tutela, lavoratrici e lavoratori. I materiali disponibili includono: manifesti, fotografie, cartelli antifortunistica, giornali di fabbrica, houseorgan, interviste.
PROGETTI SELEZIONATI PER LA CALL PER ARTISTə
Tra le 130 proposte ricevute, sono stati selezionati i progetti delle artiste Maddalena Fragnito “Più tempo per vivere” e di Francesca Marconi “Manifesto al presente”, con una menzione speciale under30 ad Anouk Laure Chambaz. La giuria – composta da Leonardo Caffo, Paola Fortuna, Adama Sanneh, Linda Di Pietro e Sara Zanisi – ha decretato i risultati all’unanimità, particolarmente colpiti dalla sensibilità nell’affrontare le tematiche, dall’originalità e multidisciplinarietà, dall’attenzione alla dimensione relazionale e dall’approccio innovativo ai materiali d’archivio.
Maddalena Fragnito e Francesca Marconi hanno aperto a gennaio la fase di ricerca all’interno dell’archivio di Fondazione ISEC, un patrimonio che comprende 350 fondi archivistici, 100.000 volumi, 4.000 periodici, 170.000 fotografie, 100.000 disegni tecnici; 2.000 bozzetti pubblicitari, 1.500 manifesti politici, 450 pellicole cinematografiche e video, 800 ore di interviste registrate su supporto audio o video. La ricerca delle artiste mira a mettere in dialogo storie e rivendicazioni del secondo Dopoguerra che emergono dai materiali d’archivio, con le voci e i temi del lavoro contemporaneo di chi si muove su un terreno di incertezza e di mancanza di tutela.
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michelenigrowordpresscom · 3 years ago
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(via San Francesco d'Assisi: da Zeffirelli alla Cavani)
"... Al suo ritorno ad Assisi dopo un anno, quelle parole lette — confrontate con la “vita normale” lasciata prima della partenza — risuoneranno nella mente e nel cuore di Francesco con una forza che richiederà un cambiamento radicale e irreversibile. L’esigenza di un’essenzialità da riscoprire nelle cose semplici; la liberazione dalla schiavitù del possesso e da ogni forma di carrierismo. La pubblica spogliazione — accompagnata dalla frase “Ho un altro padre!” — non è solo la risposta ribelle a un genitore che si lamenta del comportamento stravagante e incomprensibile del figlio, ma soprattutto è il gesto liberatorio di un uomo che vuole cambiare vita, spogliarsi del passato, azzerare la propria condizione per ricominciare, vestire come l’“uomo nuovo” citato da San Paolo nella Lettera agli Efesini; così come è liberatorio il taglio dei capelli di Chiara: una donna che rinuncia a uno dei segni della bellezza femminile prima di abbracciare una nuova vita votata alla conquista di bellezze superiori e invisibili. “… Chi perde, acquista!”..."
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pangeanews · 6 years ago
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“Spesso, nella vita, lo scrittore si presenta come una persona ridicola, e ad ogni modo è sempre un’ombra”: per capire come scrivere bisogna leggere Robert Walser. Ecco un brano di micidiale bellezza
Due cose hanno l’eseguita, esigua esemplarità di una icona. La prima è il corpo; la seconda la scrittura. Il corpo è in mezzo alla neve, il giorno di Natale del 1956, morto, certo, certamente nascosto. Dalla fotografia il corpo appare come il bacio di un incipit, un bisbiglio verbale, sulla pagina bianca. “Il morto che giace sul pendio nevoso è un poeta che amava appassionatamente l’inverno, con la sua leggera e gaia danza di fiocchi – un vero poeta che si struggeva come un bambino per un mondo di quiete, di purezza e d’amore”: così Carl Seelig, seguace di incredibili passeggiate per i monti svizzeri, ricorda l’ultimo istante di Robert Walser, lo scrittore impareggiabile.
*
L’altra è la scrittura. Minima, incomprensibile, come una fatica di formiche. Come se non fosse importante la logica, ma il libero vagabondaggio dei verbi. Come se con minuzia, con la cima di uno spillo sotto le unghie, lo scrittore cominciasse delicatamente, con dedica, a sminuzzare se stesso. Morire nella neve, scrivere nell’incomprensibile. Lo scrittore si cela – è il lettore che deve svelarlo.
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Robert Walser – i cui libri importanti sono editi in Italia da Adelphi – è l’uomo che si è incenerito scrivendo, riconoscendo un valore mistico alla cenere. “La cenere rappresenta in sé l’umiltà, l’insignificanza, l’assenza di valore. E, ciò che è ancora più bello: essa stessa è pervasa dalla convinzione di non valere nulla. Si può essere più inconsistenti, più deboli, più inetti della cenere? È davvero difficile. Si può essere più arrendevoli e più pazienti della cenere? Certo che no. La cenere è priva di carattere, […] dove vi è cenere, non ci è in fondo proprio nulla. Metti il piede sulla cenere, e quasi non ti accorgerai di aver calcato qualcosa”.
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In questo brano, riferito da un lettore dall’attenzione smodata, Walser, nel 1907, delinea l’attitudine dello scrittore, il suo orientamento. Lo scrittore, ridicolo agli occhi altrui, è mosso dal bene e si annulla, ammaliato, in ciò che vede e descrive. Alla luce, predilige la penombra, sta nascosto sotto la palpebra dei fatti. Non ha nulla da dire né da difendere, non ha alchemiche soluzioni per risolvere il dolore del mondo. Lo scrittore osserva e ama, con insostenibile dedizione, “cerca lo straordinario e il vero”. Lo scrittore ama così tanto ciò che descrive, da morire in quell’abbraccio – e risorgere già altro. Definendo le cose con la scrittura, lo scrittore le realizza, uccidendosi.
*
…ma come è possibile sopportare questo amore che spossessa, che esilia dal club degli umani, che pretende ogni grammo di attenzione, inabili alla vita, indifferenti ai risultati e ai rilievi della fama? Il sanatorio è la via perfetta, quella già percorsa da Walser. E infine, insanabili, salvi, inabissarsi nella neve. (d.b.)
***
Lo scrittore
Lo scrittore scrive su ciò che prova, vede e sente, oppure su ciò che gli viene in mente. Solitamente ha molti piccoli pensieri che non può affatto utilizzare, e questa è una circostanza che spesso lo porta alla disperazione. Gli accade d’altro canto di avere in mente molte cose utilizzabili, ma può succedere che il suo capitale resti inutilizzato per anni ed anni, perché non trova o perché nelle sue vicinanze non c’è nessuna persona benintenzionata che gli faccia disinteressatamente notare la sua ricchezza nascosta. Un bel giorno, ad alcuni stimati redattori di giornali può venire in mente di esortare un simile scrittore ad inviare una prova della propria arte. In un simile caso, lo scrittore si sente straordinariamente felice, ha sufficienti motivi per mostrare una gioiosa espressione del volto, e si dispone subito ad attendere nella maniera più precisa possibile ai desideri che hanno bussato alla sua porta. A questo scopo, si gratta anzitutto la fronte, poi si passa la mano tra i capelli, che possiede in enorme quantità, si sfiora il naso con il dito indice, forse si graffia anche, si mordicchia le labbra, assume un atteggiamento energico e nello stesso tempo apparentemente freddo e distaccato, pulisce la penna, siede al suo vecchio tavolo, sospira e comincia a scrivere.
La vita di un vero scrittore ha sempre due lati: un lato in ombra e un lato luminoso. Ha due posti: un posto a sedere e un posto in piedi. Ha due classi: una prima ma anche una deprimente quarta classe. Il mestiere dello scrittore, all’apparenza così allegro ed elegante, può anche essere molto duro, talvolta molto noioso, e spesso può addirittura essere pieno di pericoli. La fame e il freddo, la sete e l’aridità, l’umido e la siccità hanno notoriamente fatto parte, in tutte le epoche storiche e culturali, della mutevole vita dell’“eroe della penna”, e sarà probabilmente così anche in futuro. Ma è altrettanto noto che ci sono scrittori che fanno un sacco di soldi, si costruiscono ville a forma di castello in zone lacustri e vivono di buonissimo umore fino alla fine dei loro giorni. Beh, se lo saranno onestamente guadagnato…
Lo scrittore, così come deve essere, è uno che fa la posta, un cacciatore, un predatore, uno che cerca e trova: insomma, una specie di essere vestito di cuoio che sta sempre a caccia. Fa la posta alle cose che succedono, si mette a caccia delle stranezze del mondo, cerca lo straordinario e il vero, e aguzza le orecchie quando crede di udire dei suoni che annunciano non già l’avvicinarsi al galoppo di indiani a cavallo, quanto piuttosto l’avvicinarsi di nuove impressioni. È sempre sul chi vive, sempre pronto ad assalire di sorpresa. Se ad esempio vede passeggiare un’innocente e inconsapevole beltà femminile, ecco che lo scrittore sguscia fuori dal suo nascondiglio e infilza il cuore della signora che passeggia da sola con la punta acuminata della sua penna intinta nel terribile veleno della capacità di osservazione. Lo scrittore, di regola, è però in grado di dominare anche ciò che è odioso e terrificante, e non si sottrae nemmeno alla violenza descrittiva e poetica nei confronti dell’infanzia. Per la qual cosa, com’è noto oggi più che mai, viene punito col carcere. Lo scrittore, in qualsiasi tempo e occasione, ha sempre ficcato dappertutto il suo naso avido e curioso, e non smette di annusare. In questo, esattamente in questo, si ritiene generalmente che consista il compito più nobile di un solerte e coscienzioso scrittore. Tiene le narici costantemente aperte, è uno che fiuta e che annusa, e considera come un dovere il fatto di affinare fino alla massima perfezione le capacità sensoriali del suo naso. Uno scrittore non sa tutto. Soltanto gli dei, com’è noto, sanno tutto. Lo scrittore, però, sa qualcosa di tutto, e intuisce delle cose che nemmeno l’imperatore in persona si immagina. Approdando su questa terra, lo scrittore ha ricevuto in dote dei cartelli segnaletici, che si trovano nella sua testa e gli indicano sempre la direzione verso la quale devono volgersi i pensieri, se si vuol riuscire ad osservare ciò che è pieno di presentimenti o che addirittura è già quasi indefinibile. Lo scrittore si occupa di tutto quanto al mondo è degno di essere conosciuto e imparato, ed è sempre profondamente convinto che la cosa sia di giovamento per se stesso e per gli altri. Non appena ha provato un sia pur lieve arricchimento interiore, si crede nell’obbligo di mettere nero su bianco questo incremento e questo ampliamento. E per giunta lo fa immediatamente, senza lasciar passare nemmeno un’ora. Questa io la trovo una bella cosa, perché mostra come lo scrittore sia un uomo mosso da una sincera tensione verso il bene, un uomo che troverebbe ingiusto accumulare delle esperienze senza comunicarle nemmeno in minima parte al mondo che lo circonda. Di conseguenza, è il contrario di uno spilorcio che si arraffa tutto. Quale uomo, se non lo scrittore, si sente un servitore dell’umanità e un volenteroso amico dei poveri in questo secolo dominato dal carrierismo e dalla ricerca del piacere? E ne ha le sue buone ragioni, perché si rende conto che nel momento in cui dovesse cominciare a pensare solo al proprio tornaconto, il suo desiderio di creare qualcosa di vitale si spegnerebbe. È un misterioso qualcosa che lo spinge a dimenticare se stesso, un qualcosa che gli sta continuamente attorno. Si sacrifica, perché in fondo che cos’ha dalla vita? Quando gli altri ridono, al punto tale che arrivano perfino a piangere belle e chiare lacrime, ecco che lo scrittore se ne sta appartato nella penombra, tutto preso dal senso del dovere, che gli sussurra: Studia questa allegria, imprimi a fondo nella tua mente i toni di questa gioia, di modo che, quando tornerai a casa, tu li possa descrivere e dipingere con le parole!
Spesso, nella vita, lo scrittore si presenta come una cosiddetta persona ridicola, e ad ogni modo è sempre un’ombra, è sempre discosto; mentre gli altri godono dell’indicibile piacere di trovarsi sotto le luci, lo scrittore svolge invece il proprio ruolo quando tiene in mano la sua operosa penna, e quindi di nascosto. È questa pressappoco la scuola dove, tra mille dolorose offese e privazioni, ha imparato la modestia. Nel rapporto con le donne, ad esempio: lo scrittore, che volge seriamente i propri sforzi verso un unico fine e che si sente del tutto compreso nel proprio servizio, si vede costretto ad una prudenza che spesso ha effetti umilianti per la sua immagine di uomo. Adesso comincio a capire perché non si ha paura di definire lo scrittore un “eroe della penna”. Questa definizione sarà forse banale, però è vera. Lo scrittore, con le proprie sensazioni, vive tutto: è carrettiere, oste, attaccabrighe, cantante, calzolaio, dama da salotto, mendicante, generale, apprendista di banca, ballerina, madre, figlio, padre, mentitore, creatore, amante. È il chiaro di luna, è il mormorio della fontana, è la pioggia, il caldo nella strada, la spiaggia, la barca a vela. È l’affamato e il sazio, lo spaccone e il predicatore, il vento e il denaro. Quando scrive, mette il proprio tesoro sul tavolo, e lei (una contessa polacca) conta il denaro. Lo scrittore è il rossore sulla guancia della donna che si accorge di amare, è l’avversione che prova una persona grettamente dominata dall’odio. In breve: lo scrittore è tutto e deve essere tutto. Per lui c’è solo una religione, solo un sentimento, solo una visione del mondo, e questa consiste nel nascondersi con amorevole attenzione nella visione del mondo, nei sentimenti e nella religione degli altri, forse di tutti. Ogni volta, quando scrive la prima parola, non ha più nulla a che fare con se stesso; e quando ha dato forma alla prima frase, non si riconosce più. Penso che tutto questo glielo si possa consigliare.
Robert Walser
(Traduzione di Mattia Mantovani; da ‘Berliner Tageblatt’, 21 settembre 1907, ristampato in ‘Feuer’, di Robert Walser, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 2003. Copyright: Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main – Carl Seelig Stiftung, Zuerich, 1978)
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uldericodl · 4 years ago
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Fiorentino, eretico e intransigente, Berto Ricci fu uno spirito inquieto che seppe sintetizzare la visione eroica della vita con quella intellettuale.
Fiorentino, eretico e intransigente, Berto Ricci fu uno spirito inquieto che seppe sintetizzare la visione eroica della vita con quella intellettuale.
Le sue tesi anticapitaliste incrociavano quelle del socialismo, della lotta alla borghesia, al moderatismo e al carrierismo politico. Sposò gli ideali del regime e in seno ad esso operò una produzione culturale fatta delle migliori eccellenze letterarie del tempo, dove si aggregavano fede e disincanto, valori e criticismo, filosofia e pragmatismo. Il ritratto di Berto Ricci, intellettuale libero…
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anticattocomunismo · 7 years ago
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Muller e Schneider contro la deriva omoeretica dei confratelli
Muller e Schneider contro la deriva omoeretica dei confratelli
Aumenta il numero dei vescovi che per motivi ideologici e di carrierismo cedono all’omoeresia partecipando a “veglie” anti-omofobia o addirittura “benedicendo” coppie dello stesso sesso. Il card. Muller, prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, e mons. Schnider, vescovo ausiliare di Astana (Kazakistan), non ci stanno e non esistano a condannare severamente l’atteggiamento…
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zazoomnews · 4 years ago
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Bonafede recupero di fiducia nella magistratura e nei magistrati lontani dal carrierismo http://dlvr.it/RZC5xV
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giancarlonicoli · 4 years ago
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19 giu 2020 08:17
MATTARELLA STRAPPA LA TOGA AI MAGISTRATI TRAFFICONI: ''"UNA MAGISTRATURA CHINA SU STESSA, PREOCCUPATA DI COSTRUIRE CONSENSI A USO INTERNO, FINALIZZATI ALL'ATTRIBUZIONE DI INCARICHI. ALCUNI SVELANO UNA MODESTIA ETICA TALE DA FAR CROLLARE LA FIDUCIA DEI CITTADINI NELL'INTERO MONDO DELLA GIUSTIZIA'' - UN DISCORSO DURISSIMO DEL PRESIDENTE, CHE FA RIFERIMENTO ANCHE A CHI VORREBBE ''USARLO'' PER I PROPRI DISEGNI. ''NON INTENDO AMPLIARE I POTERI DEL QUIRINALE''
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Fabrizio Finzi per l'ANSA
Le inchieste della procura di Perugia sul "caso Palamara" hanno trasmesso l'immagine di "una magistratura china su stessa, preoccupata di costruire consensi a uso interno, finalizzati all'attribuzione di incarichi". Alcuni magistrati - certamente una minoranza - hanno svelato una "modestia etica" tale da far crollare la fiducia dei cittadini nell'intero mondo della Giustizia. E' quindi l'ora di riformare severamente il Consiglio Superiore della Magistratura, di tornare al principio fondamentale di fedeltà alla Costituzione, di trovare uno scatto di reni per far recuperare "credibilità" alla magistratura che rischia, in questa sua caduta d'immagine, la sua autonomia e indipendenza.
E' durissimo il "j'accuse" del presidente della Repubblica che non fa sconti alle toghe e, dal suo doppio ruolo di capo dello Stato e presidente del Csm, in un complesso discorso dal Quirinale parla espressamente di "anno difficile" per il mondo della Giustizia. Le conversazioni intercettate - e pubblicate - che hanno messo a nudo distorsioni, brame di potere e ferocissime lotte intestine al Csm, hanno turbato nel profondo Sergio Mattarella che oggi ha efficacemente illuminato le differenze che separano il "correntismo" che infesta l'organo di autogoverno dei magistrati dall'etica e l'attaccamento al dovere che ha pervaso alcuni "servitori dello Stato" uccisi negli anni '80 dal terrorismo e dalla mafia.
Commemorando gli anniversari dell'uccisione dei magistrati Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Giudo Galli, Mario Amato, Gaetano Costa e Rosario Livatino, il presidente ha inviato un monito alle toghe di oggi: "la fedeltà alla Costituzione è l'unica fedeltà richiesta ai servitori dello Stato. L'unica fedeltà alla quale attenersi e sentirsi vincolati". Un messaggio che parrebbe scontato ma che invece è necessario inviare per Mattarella, visto che l'inchiesta di Perugia "fornisce la percezione della vastità del fenomeno e fa intravedere un'ampia diffusione della grave distorsione sviluppatasi".
E in tarda serata arriva la reazione dell'ex presidente dell'Anm Luca Palamara: "Chiedo di essere sentito per chiarire i fatti contestati ritengo di dover parlare a tutti e mi pare giusto farlo", ha detto spiegando le ragioni per le quali ha chiesto di essere ascoltato dal comitato direttivo centrale dell'Anm che sabato prossimo si dovrà pronunciare sulla sua espulsione dal sindacato delle toghe.
L'espulsione era stata chiesta dai probiviri proprio per le vicende emerse con l'inchiesta di Perugia a carico del magistrato. Sulla stessa lunghezza d'onda del Presidente Mattarella si è espresso il ministro Alfonso Bonafede che ha in mano anche la spinosa riforma della Giustizia: "ogni intervento riformatore che stiamo per portare avanti, dalla riduzione dei tempi del processo alla revisione dell'ordinamento giudiziario, deve mirare a consegnare al cittadino una giustizia, non soltanto più efficiente e celere, ma anche e soprattutto più credibile attraverso il recupero della fiducia nella magistratura".
Ma a dare con grande forza il senso della degenerazione che l'ambiente vive in queste settimane è stato il vice presidente del Csm David Ermini: "le garantisco, signor Presidente, che l'abbrutimento etico dell'ordine giudiziario ha nell'attuale Csm l'avversario più tenace e inflessibile. Contrastare ogni scoria correntizia e mantenere l'autogoverno nel solco tracciato dalla Carta costituzionale è già ora e ancor più lo sarà nei mesi a venire il nostro quotidiano assillo", ha assicurato dal Quirinale.
Nelle pieghe di questo severo discorso dedicato alla Giustizia il Presidente trova anche spazio per una puntualizzazione che probabilmente non avrebbe mai pensato di dover ripetere a cinque anni dalla sua elezione al Colle. E che suona più o meno così: basta strattonarmi, chiedermi interventi di ogni tipo e genere che esulano dai miei poteri, io non ho la minima intenzione di espanderli sfruttando alcune debolezze della politica. "Si odono talvolta - ha detto Mattarella con un sottile "understatement" - esortazioni, rivolte al Presidente della Repubblica, perché assuma questa o quell'altra iniziativa, senza riflettere sui limiti dei poteri assegnati dalla Carta ai diversi organi costituzionali. In questo modo si incoraggia una lettura della figura e delle funzioni del Presidente difforme da quanto previsto e indicato, con chiarezza, dalla Costituzione".
E, soprattutto, non intendeva prima e non lo intenderà neanche nel prossimo futuro "ampliare" i poteri del Quirinale. "Non esistono motivazioni contingenti che possano giustificare l'alterazione della attribuzione dei compiti operata dalla Costituzione: qualunque arbitrio compiuto in nome di presunte buone ragioni aprirebbe la strada ad altri arbitri, per cattive ragioni".
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marikabi · 7 years ago
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Sull’Università, decidetevi una buona volta!
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I giornali di questi giorni sono schizofrenici, ma non per loro colpa: essi semplicemente riportano l’attualità delle schizofrenie politico-economiche, la cui frequenza è certamente aumentata negli ultimi anni.
Prendete, quale recentissimo esempio, il combinato disposto delle seguenti notizie: la crisi si è fermata in Italia (dichiarazioni a Cernobbio ed anche pre-Cernobbio); la disoccupazione/inoccupazione giovanile è feroce in Italia; sono aumentati i contratti, ma precari; l’Università deve mantenere il numero chiuso; i giovani cervelli italiani emigrano a folle; siamo il Paese col minor numero di iscritti universitari e tra quelli col più alto numero di NEET; l’Università deve abolire il numero chiuso, anche perché cominciano a scarseggiare docenti; la qualità dei docenti universitari italiani si è abbassata; l’Italia è il Paese dei sottoccupati; saranno agevolate le assunzioni per giovani under 32 (se l’UE non scende la soglia d’età, perché non egualmente adottata in tutti i Paesi).
Messe assieme queste notizie--ciascuna, sulle varie testate a stampa e radio-televisiva, corredata da dati ed opinioni--ciò che emerge è un guazzabuglio di Paese, in cui neanche i nuovi e giovani politici (agguerriti, invero, ma per carrierismo personale) sanno decidere, principalmente perché non ne hanno le competenze.
Per carità, non è per nulla un si-stava-meglio-con-i-puzzoni-della-prima-repubblica, chè quelli avevano ed hanno un oceano di colpe. Tuttavia, spezzerei una lancia in favore degli attuali esponenti politici, svitati/megalomani/estremisti-della-comunicazione, che si stanno provando e vogliono provarsi alla conduzione della res publica: lasciateli sbagliare, lasciateli portarci definitivamente alla rovina, così probabilmente capiremo--noi elettori--che dobbiamo allevare persone migliori (e ci vorranno decenni, ahinoi).
Comincerei a migliorare il sistema scolastico, invece, nel combinato disposto del sistema-famiglia (qualunque esso sia, comunque sia formato), attualmente tutto proteso ad incentivare individualismo ed egoismo nei virgulti italiani (mi pare di aver letto di un incentivo alle pedate come sistema educativo migliore).
Un po’ li capisco pure, questi genitori: in un sistema-Paese in cui non c’è veramente futuro per i ragazzi, meglio insegnare ai figli a fottersene del prossimo (e fanculo alla solidarietà) e ad investire massicciamente in furberia (magari dandosi alla carriera politica, e gli esempi--anche nella nostra provincia--non mancano), laddove il sistema-università (Paese di sistemi malfunzionanti il nostro) non ti consente di investire in istruzione, ovvero non consente l’accesso a cervelli che magari dispiegheranno il loro genio negli anni universitari, non fermati prima, cioè, dal numero chiuso.
Il numero chiuso è per me un’aberrazione, specialmente alla luce del dato sulla più bassa percentuale di studenti universitari detenuta dall’Italia in ambito UE. Non ritengo sia democratica una selezione intellettiva all’università: ritengo più giusto aumentare la qualità globale d’istruzione fornita prima di arrivarci, all’università, selezionando meglio i docenti (come pure obbligando i futuri genitori a seguire corsi di educazione civica, pergiove). Inoltre, i dati ci dicono che il titolo accademico è sempre più raggiunto in tarda età.
Abbiamo un sistema di discensori sociali. Abbiamo livellato tutto al ribasso, per accontentare la pancia (comoda da manipolare), laddove dovevamo temperare i cervelli, anche se scomodi. Abbiamo più ignoranza, più disfattismo, più pigrizia, più assistenzialismo, più emigrazione, più rassegnazione.
Non è un cane che si morde la coda: qualcuno ad un certo punto deve aver alterato l’equilibrio, con qualche scelta politica scellerata, altrimenti non si spiega perché i pochi ben laureati scappino dall’Italia, in cui rimangono e rimarranno sempre più vecchi, invalidi (le pensioni d’invalidità hanno avuto un balzo del 15%, scrive l’INPS) e NEET, tutte categorie che non apportano nulla al sistema produttivo, rimasto sulle spalle dei soliti torchiati soggetti IRPEF.
Da ultimo, anche il riscatto della laurea per i giovani è costoso (dopo aver pagato le tasse universitarie più alte di sempre) e ciò non incentiva l’iscrizione a corsi (in particolate le inutili triennali) spesso noiosi, nonché inattuali in contenuti e metodi didattici.
Aggiungete pure che in Italia se so fare qualcosa--magari anche bene--è come se non servisse, se non ho il pezzo di carta a certificarlo. Se ho un pezzo di carta, però, preferisco andarmene dall’Italia. Un comma 22.
© Orticalab
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corallorosso · 7 years ago
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Borsellino-Falcone, l'eredità tradita e il fallimento di un Paese intero …forse muore in pace Borsellino, se Dio vuole è finita, finita con l'attesa della morte che viene, finita con i corvi, le menzogne, le invidie, l'isolamento, i fraintendimenti, finita con questo Paese di Malebolge, finita questa vita da cani, che non è vita, così a sorridersi incassando ogni giorno il disprezzo e l'odio dello Stato che difendi e che non sa difenderti, non vuole, ti condanna a morte e ti ci manda. Diceva Leonardo Guarnotta, altro giudice del pool antimafia, che vedendo Falcone al pronto soccorso, ormai in agonia dopo l'apocalisse di Capaci, lo aveva trovato perfino sereno, pacificato. Per forza, con tutto quello che gli avevano fatto passare in vita. Per cosa sono morti Falcone, Borsellino e gli altri, le toghe, gli "sbirri" che non si piegavano alle logiche, alle diplomazie mafiose, per cosa sono stati polverizzati, vaporizzati a 25 anni di distanza? Adesso, a 25 anni di distanza dalle mattanze del moribondo Riina, con qualche piccolo aiuto dagli amici, ancora spaccano i busti dedicati ai giudici martiri, ammazzano e lasciano bestie decapitate davanti alle scuole, tutto come prima, come sempre e qui bisogna pur dirlo che non è vero, come dice la sorella di Falcone, Maria, che «la mafia ha paura». Questa è la solita balla autoconsolatoria che giustifica tante cose ma la verità lugubre è che l'Antimafia dei pannolini e delle centovetrine non è servita ad instillare un nuovo costume, un'etica diversa ma solo a piazzarsi nei centri e nelle cosche di potere, oggi come ieri come sempre. Così che a un convegno l'ex giudice Di Lello, anche lui del pool, poi senatore di Rifondazione Comunista, poteva parlare di «Parate antimafia» spiegando «se posso le evito, c'è ben altro da fare». Ma le parate antimafia sono sempre ben frequentate, esattamente come le altre mafiose con la Madonna in processione inchinata sotto casa del boss. Allora a che è servito morire, vivere, agitare agendine rosse, a cosa i convegni, la colonizzazione moralistica delle scuole, le magliette, le navi antimafia e tutto il resto della coreografia circense? A piangersi addosso, a sparlarsi addosso in ragione del potere antimafioso raggiunto, quello ha più finanziamenti di me, quella appare più di me. Quante volte abbiamo visto le foto dei due amici, sorridenti, sprecate nell'ambizione sciocca, nella cialtronaggine, nel carrierismo, nella meschinità. Quante volte abbiamo pensato: ma che c'entra, adesso, scomodarli ancora? Santi laici, santini dalle reliquie inesauste, ciascuno ne strappava un pezzo e ci andava in processione, mollando gomitate e calci negli stinchi ai compagni di giaculatoria. Per questo, sono morti, Falcone e Borsellino? Per quante carriere, di “colleghi”, di giornalisti, di ruffiani, di politicanti? Chissà cosa diranno, guardando giù. Chissà come rideranno, in modo malinconico come nella celebre fotografia. Troppo soli in fine di vita, troppo pieni di amici del cuore da postumi. Tutti piangenti come salici. Quanti ne abbiamo visti, conosciuti. Ne vediamo ancora oggi passare dal samba alle lacrime in diretta e subito tornare al trenino in hotel (a 5 stelle, nel giro antimafia ci si tratta bene). Massimo Del Papa x LETTERA 43
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valeria-manzella · 8 years ago
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..Udienza del Santo Padre alla Comunità del Pontificio Collegio Spagnolo ..San José di Roma..pubblichiamo di seguito stralci del discorso che Papa Francesco ha pronunciato nel corso dell'Udienza..cari fratelli e sorelle, io vorrei fare arrivare il mio saluto a tutta la comunità del pontificio collegio spagnolo di santo jose e ringraziare il cardinale Richard Blázquez Perez per le parole che, come co-datore di lavoro di scuola, mi ha rivolto, e in nome di tutta questa commemorazione..io rendo grazie a Dio per il bel lavoro che ha istituito il pio Manuel Domingo, fondatore di fratellanza di sacerdoti e operatori diocesani del sacro cuore di gesù, e per il lavoro dello stesso istituto durante tutti questi anni..questa istituzione è nata con la vocazione di essere una comunità di riferimento per quanto riguarda per la formazione del clero..per quanto concerne la forma deve essere capace di approcciarsi con umiltà al Signore per chiedergli..quale è la tua volontà?..cosa vuoi da me?..forse sappiamo già la risposta, ma ci fa bene ricordarla, e per questo io vi propongo le tre parole dello shemá con cui Gesù rispose al levita..tu devi amare il Signore con tutto tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze.. (mc 12,30)..l'amore di tutto cuore, senza riserve, senza pieghe, senza interessi personali, senza cercare cioè il successo personale o il fare carriera..la carità pastorale dovrebbe uscire incontro all'altro, comprendendolo, accettandolo e perdonandolo di tutto cuore..cioè la carità pastorale..ma da soli non è possibile crescere in tale carità..perciò il Signore vi chiamò per essere una comunità, di modo che la carità leghi i sacerdoti con un speciale collegamento fatto di ministero e fraternità..per questo c'è l'esigenza dell'aiuto dello spirito santo ma anche di una lotta spirituale personale (rapporto fundamentalis institutionis sacerdotalis, 87)..questo non è passato di moda, rimane attuale, e come nei primi tempi della chiesa. è una sfida permanente per superare l'individualismo, vivere la diversità come un regalo, in cerca di una unità di presbiterio, che è il segno della presenza di Dio nella vita della comunità..il presbiterio che non mantiene l'unità, di fatto, non è una buona testimonianza della presenza di Dio..bisogna agire in questo modo, nel nome del Signore, ricordando il dono dell'eucaristia, con cui Egli ha voluto dimostrare anche sacramentalmente l'amore del suo cuore..secondo..amore con tutta l'anima..è essere pronti a offrire la vita..questo atteggiamento deve persistere nel tempo, e deve riguardare tutto il nostro essere..così il propose il fondatore della scuola..Signore, ti offro e metto a tua disposizione il mio corpo, la mia anima, la mia memoria, comprensione, volontà, la mia salute, finché ho vita..per la formazione di un prete, il percorso non è solo accademico, sebbene la formazione accademica è importantissima e necessaria, ma deve essere un processo integrale, che copra tutte le sfaccettature della vita..la formazione deve servire loro per crescere e, allo stesso tempo, per approcciarsi a Dio e ai fratelli..per favore, non è conformarsi per raggiungere un titolo, ma l'essere discepoli a tempo pieno per..annunciare il messaggio evangelico in modo credibile e comprensibile all'uomo di oggi..a questo punto, è importante crescere nell'abitudine del discernimento, che permettere di valutare ogni istante e movimento, anche quando sembra opposto e contraddittorio, e discernere quello che viene dallo spirito..una grazia che deve essere chiesta in ginocchio..solo con questa base, nei tanti compiti nell'esercizio del ministero, si esercita un discernimento che conduce alla resurrezione e alla vita, e che permette di dare una risposta consapevole e generosa a Dio e ai fratelli..(incontro con i sacerdoti, milano, 25 marzo 2017)..io ho detto che la formazione di un prete può non essere solo accademica e non si conforma a questo solo scopo..di lì sono nate tutto le ideologie che puzzano nella Chiesa, di un segno o di altro, di accademismo clericale..sono quattro le colonne che deve avere la formazione: formazione accademica, formazione spirituale, formazione comunitaria e formazione apostolica..per quanto concerne la formazione apostolica il punto essenziale è interagire..se manca tale interazione già inizia a farfugliare la formazione e finisce paralitico il prete..invece , per favore, l'apostolato si fa insieme, e interagendo insieme..per quanto riguarda la risposta di Gesù, amore con tutte le forze, ci ricorda che lì dove è nostro tesoro è nostro cuore (mt 6,21), e cioè nelle nostre piccole cose, assicurazioni e affezioni, dobbiamo essere capaci di dire di sì al Signore e non tornare indietro come il giovane ricco..non è possibile rifugiarsi nell'avere una vita ordinata e comoda, che permettere di vivere senza preoccupazioni, senza l'esigenza di crescere in spirito di povertà, lo stesso che si trova nel cuore di Cristo che, da ricco che era,si è fatto povero per nostro amore o, come dice il testo, per arricchire noi..questo ci chiama ad acquisire l'autentico libertà dei bambini di Dio, in una appropriata relazione con il mondo e con i beni della terra, secondo l'esempio degli apostoli, che Gesù invita ad affidarsi alla provvidenza e a seguirlo senza interessi economici, né legami (lc 9,57-62; mc 10,17-22)..non dimentichiamo questo..il diavolo sempre entra per la tasca, sempre..inoltre, è bene imparare a ringraziare per ciò che si ha, rinunciando generosamente e volontariamente al superfluo, per essere più vicino al povero e al debole. il pio Domingo disse che, per soccorrere le necessità del povero, il sacerdote dovrebbe essere pronto a ..vendere la camicia..io chiedo così..che i sacerdoti semplicemente siano testimoni di Gesù, di semplicità e di austerità di vita, per arrivare essere promotori credibili di una vera giustizia sociale (Giovanni Paolo II, pastori dabo vobis, 30). e, per favore, questo ve lo chiedo come fratello, come padre, come amico, per favore, fuggite il carrierismo ecclesiastico..è una peste..andate via da esso..mi riferisco a chi primeggia dei collegiali e alunni di questa scuola spagnola di santo jose..fatevi interpreti della speranza del santo patriarca, protettore di questa comunità, delle sue preoccupazioni e progetti..che vi accompagni, vi cammini accanto la beata maria, invocata per tradizione della scuola come madre clementissima, e che possiate crescere in saggezza e grazia, e essere discepoli amati di Gesù buon pastore..che Dio vi benedica..
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gargantua · 8 years ago
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Papa, carrierismo è vera peste Chiesa (Ansa)
Aspetta chi è al comando dopo avere scalato tutte le posizioni? Papa Desmond.
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0like · 6 years ago
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sono emarginata, tu lo sai perché? semplicemente non vogliono accettare gli auguri di amore, di salute senza raptus e di mancanza di sfracellamento. ma il carrierismo, il frastornamento che grattugia in abitudini come scaglie di eventualità, i raptus, appunto. intorno a me è pieno di uomini tampone che non sviluppano appeal. non c’è dialogo o sentimento. e poi fumo da sola. particolare non…
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