#miglioramento della vita
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Il segreto della longevità: le Blue Zones e lo stile di vita che cambia il mondo. Regioni del pianeta dove vivere a lungo è la norma, grazie a scelte semplici e sostenibili
Nel mondo esistono luoghi straordinari dove le persone non solo vivono più a lungo, ma godono anche di una qualità della vita eccellente nella terza età.
Nel mondo esistono luoghi straordinari dove le persone non solo vivono più a lungo, ma godono anche di una qualità della vita eccellente nella terza età. Questi luoghi, noti come Blue Zones, sono stati identificati da un team di esperti guidato da Dan Buettner, giornalista ed esploratore di National Geographic. La loro scoperta non è solo uno studio sulla longevità, ma una guida pratica per…
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Finanza Comportamentale e Benessere della Società
L’importanza del denaro nella vita delle persone è indiscutibile. Tuttavia, la finanza comportamentale ci insegna che le decisioni finanziarie non sono sempre razionali e sono influenzate da emozioni e pregiudizi . In questo articolo, esploreremo come la finanza comportamentale può aiutare a migliorare il benessere finanziario individuale e collettivo. Cos’è la Finanza Comportamentale? La…
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Un tema che mi sta a cuore il narcisismo, e che non auguro a nessuno di incontrare mai nella vita uomo o donna che sia: gli insospettabili camaleonti.
Ecco cosa fanno.
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1. Incolpare Gli Altri:
- Il narcisista sposterà la colpa su di te o su altri, sostenendo che le sue azioni offensive sono state una risposta al tuo comportamento.
2. Esagerando La Loro Sofferenza:
Esagereranno la propria sofferenza, facendo sembrare quelli che sono stati offesi o feriti di più.
3. Fingere l'innocenza:
- Il narcisista agirà in modo completamente innocente e confuso, fingendo di non capire il motivo per cui sei sconvolto/a e accusandoti di reagire in modo eccessivo.
4. Manipolazione delle emozioni:
Useranno la manipolazione emotiva, come piangere o mettere il broncio, per evocare la simpatia degli altri, ritraendo se stessi come la parte fraintesa e maltrattata.
5. GASLIGHTING:
- Il narcisista utilizzerà il gaslighting, negando le sue azioni e distorcendo i fatti per farti dubitare della tua percezione e memoria della situazione, facendoti chiedere se sei tu quello sbagliata.
Cose che guadagni lasciando il narcisista o la narcisista .
1. Libertà: Fuga dalla manipolazione e dal controllo.
2. Pace della mente: Niente più ansia e tensione costanti.
3. Rispetto di sé: riconquista la tua dignità e la tua autostima.
4. Stabilità emotiva: liberati dalle montagne russe emotive.
5. Relazioni autentiche: costruisci connessioni genuine basate sul rispetto reciproco.
6. Crescita personale: concentrarsi sulla scoperta di sé e sul miglioramento.
7. Sicurezza: Proteggiti dai danni emotivi e talvolta fisici.
8. Amore per se stessi: riconnettiti e dai la priorità ai tuoi bisogni e desideri.
9. Energia: Recupera l'energia una volta drenata da interazioni tossiche.
10. Felicità: crea una vita piena di gioia e positività.
11. Confini: Stabilire e mantenere confini sani.
12. Chiarezza: libera la tua mente dalla costante confusione e gaslighting.
13. Opportunità: apriti a nuove possibilità e avventure.
14. Reti di supporto: rafforzare le connessioni con amici e familiari di supporto.
15. Autonomia: Prendi decisioni in base ai tuoi bisogni e valori.
dalla pag fb di Ubaldo Mosca
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E pensare che basterebbe pochissimo. Basterebbe spostare a stacco la nostra angolazione visiva. Guardare le cose come fosse la prima volta. Lasciare fuori campo tutto il conformismo di cui è permeata la nostra esistenza. Dubitare delle risposte già pronte. Dubitare dei nostri pensieri fermi, sicuri, inamovibili. Dubitare delle nostre convinzioni presuntuose e saccenti. Basterebbe smettere di sentirsi sempre delle brave persone. Smettere di sentirsi vittime delle madri, dei padri, dei figli. Smascherare, smascherare tutto: smascherare l’ amore, il riso, il pianto, il cuore, il cervello. Smascherare la nostra falsa coscienza individuale. Subito. Qui e ora. Sì, basterebbe pochissimo. Non è poi così difficile. Basterebbe smettere di piagnucolare, criticare, fare il tifo e leggere i giornali. Essere certi solo di ciò che noi viviamo direttamente. Rendersi conto che anche l’ uomo più mediocre può diventare geniale se guarda il mondo con i suoi occhi. Basterebbe smascherare qualsiasi falsa partecipazione. Smettere di credere che l’ unico obiettivo sia il miglioramento delle nostre condizioni economiche perché la vera posta in gioco... è la nostra vita. Basterebbe smettere di sentirsi vittime del denaro, del lavoro, del destino e persino del potere, perché anche i cattivi governi sono la conseguenza naturale della stupidità degli uomini. Basterebbe rifiutare, rifiutare la libertà di calpestare gli altri, ma anche la finta uguaglianza. Smascherare la nostra bontà isterica. Smascherare la nostra falsa coscienza sociale. Subito. Qui e ora. Basterebbe pochissimo. Basterebbe capire che un uomo non può essere veramente vitale se non si sente parte di qualcosa. Basterebbe abbandonare il nostro smisurato bisogno di affermazione, abbandonare anche il nostro appassionato pessimismo e trovare finalmente l’ audacia di frequentare il futuro con gioia. Perché la spinta utopistica non è mai accorata o piangente. La spinta utopistica non ha memoria e non si cura di dolorose attese. La spinta utopistica è subito. Qui e ora.
Giorgio Gaber - Un'idiozia conquistata a fatica
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Nel ricordo di Marinella… Una scelta di volontariato
“Mi aggiravo tra la folla, attratta da quella moltitudine vociante, dalle bandiere e dai labari delle nostre città istriane, fiumane e dalmate. Era il 1997, si ricordavano nella piazza principale di Trieste i 50 anni dall’esodo, anche i miei cinquant’anni essendo nata nel 1947. Ma il mio pensiero era fisso su mio padre. Vedi – gli dicevo col cuore gonfio – finalmente parlano di noi. Ma lui era mancato qualche tempo prima senza smettere di sentirsi fuori dal coro, un alieno…”
Fu così che, durante quell’esperienza pubblica, Fioretta Filippaz, nata a Cuberton, esule a Trieste dal 1956, si rese conto di sapere ben poco della propria storia e del destino di tanta gente che come lei era stata costretta all’esodo dall’Istria.
Decise così di fare la volontaria?
“Quel ’97 fu per me uno spartiacque importante, i miei genitori non c’erano più ma le domande che avrei voluto rivolgere a loro, erano veramente tante. Allora presi informazioni e mi ritrovai all’IRCI che allora aveva sede in P.zza Ponterosso, nell’ufficio di Arturo Vigini, con lui c’era anche la figlia Chiara. Mi presentai e dissi che avrei voluto rendermi utile, partecipare dopo tanto silenzio. Non cercavo un lavoro di concetto, mi bastava anche semplicemente imbustare e affrancare gli inviti per le numerose iniziative dell’ente o per spedire la rivista Tempi&Cultura. Così ho cominciato”.
Una “volontaria”, oggi una del gruppo che segue l’attività dell’IRCI in via Torino, accoglie i visitatori delle mostre che si succedono numerose durante l’anno a cura di Piero Delbello e con il supporto del presidente Franco Degrassi, raccontando un esodo per immagini, attraverso i suoi personaggi, a volte famosi, a volte sconosciuti…
“Viene sempre tanta gente, chiede informazioni, racconta la propria storia, queste sale diventano un contenitore di tante vicende mai emerse, di tante storie familiari mai portate alla luce. Molti arrivano con fotografie, locandine, documenti per il museo. Per noi volontari è una responsabilità, ma anche un profondo desiderio di condivisione. Vede, questo documento alle mie spalle nell’ambito della mostra ‘Come ravamo’ è quello della mia famiglia, è lo storico dell’anagrafe dal quale hanno cancellato Marinella…”.
Chi è Marinella? È una delle storie emblematiche dell’esodo, quella di una bambina che non ce l’ha fatta, in quell’inverno polare del ’56. Aveva appena un anno e una polmonite se la portò via, “morta di freddo” sentenziarono i medici dell’ospedale che non furono in grado di salvarla.
“Ero già grandicella e Marinella me la portavo in braccio, le davo il biberon, la cambiavo, me ne occupavo per alleviare il lavoro di mia madre che doveva pensare a tutta la famiglia, al marito e ai cinque figli. I suoi occhi erano per me, con i sorrisi e i primi borbottii, una gioia infinita: non sono mai riuscita a dimenticarla, a farmene una ragione”.
Per quanti anni siete vissuti in quella baracca?
“I miei genitori dodici anni, finché io e mio fratello non siamo riusciti a terminare le scuole nel collegio dove eravamo stati trasferiti per poter avere un’istruzione e migliori condizioni di vita”.
Vita?
“Quando la famiglia vive separata tutto è molto duro. Mio padre a Cuberton era un bravo contadino, da esule poté fare il manovale, la qualifica di profugo non era servita a nulla. Aveva sperato di entrare in fabbrica, ma nessuno ci aiutò. Ricordo che spesso diceva con convinzione, non sembrava neanche un lamento ma una semplice constatazione: ‘noi ne vol, proprio noi ne vol’ e così continuò per anni sentendosi fuori luogo, forse sconfitto. Quando ebbi diciannove anni, ci diedero una casa comunale, una sessantina di metri per la nostra famiglia numerosa, ma era comunque un miglioramento. Andai a lavorare alla Modiano”.
In che veste?
“Alle macchine per la stampa, ci ho lavorato fino alla pensione. All’inizio vista con sospetto, la nostra presenza di esuli a Trieste veniva ancora considerata un peso, ma noi istriani siamo lavoratori, disciplinati, vivaci, con il tempo mi sono conquistata le simpatie delle persone che hanno saputo apprezzare il mio impegno”.
E la famiglia?
“Mi sono sposata a 25 anni, per qualcuno era quasi tardi, per me anche troppo presto, vista la tragedia che avevamo vissuto in famiglia, non mi sentivo pronta”.
Non era solo per Marinella?
“Soprattutto per lei il cui sguardo non ho mai smesso di cercare, ma anche per tutto ciò che avevo visto al campo di Padriciano: la gente si lasciava morire, di disperazione, per mancanza di qualsiasi prospettiva, in quelle baracche dove non si poteva accendere un fuoco per scaldarsi. La mia casa era rimasta a Cuberton. Ci sono tornata per andare al cimitero. L’ho vista da lontano, diroccata, non ho avuto il coraggio di avvicinarmi”.
Nessuna assistenza psicologica in tutti questi anni?
“Nessuna. E ce ne sarebbe stato bisogno”.
Che cosa ha rappresentato il Giorno del ricordo?
“La possibilità di parlare, andando nelle scuole, fornendo testimonianza sui giornali, le televisioni. Gli italiani hanno iniziato a conoscere squarci della nostra vicenda. Ogni anno mi invitano a Cremona, in Umbria, nel Veneto, con le docenti è scattata un’amicizia importante. Dopo che Simone Cristicchi ha raccontato di Marinella nel suo spettacolo Magazzino 18, l’interesse è diventato maggiore, mi chiedono di raccontare. Lo faccio per i miei genitori, per restituire dignità a tanta gente, per rivivere il ricordo di Marinella, doloroso, ma necessario. I ragazzi delle scuole mi hanno omaggiato dei loro lavori di gruppo che custodisco gelosamente. È incredibile con quanta pietas abbiano saputo raccontare le nostre vicende, anche quelle più difficili. Mi fanno tante domande”.
E Padriciano?
“Ho accolto le scolaresche per tanti anni insieme a Romano Manzutto, finché l’associazionismo ha deciso di formare dei giovani perché raccontassero la nostra storia”.
In maniera più asettica?
“Certo hanno avuto modo di studiare, approfondire, possono rispondere a tante domande, non certo a quelle sull’esperienza diretta che rimane di chi l’ha vissuta veramente, ormai non siamo tantissimi, il tempo decide per noi”.
Dal campo di Padriciano molti partirono per gli altri continenti…
“Avevamo considerato anche questa ipotesi, ma cinque figli piccoli a carico erano una condizione che non favoriva il giudizio dell’emigrazione. Mio padre era una persona di grande cuore, certo avrebbe fatto fortuna, ma era convinto che nessuno avesse compreso che non eravamo venuti via se non perché fosse impossibile rimanere. Questa sensazione non lo abbandonava mai e forse gli toglieva la forza di tentare altre strade. Non ne abbiamo mai parlato successivamente. Ma mi accorsi del suo dolore quando giunti al cimitero di Cuberton, al momento di decidere di andare a mangiare qualcosa insieme, mi pregò di riportarlo velocemente oltre confine. La paura non li aveva ancora abbandonati e non l’avrebbe mai fatto fino alla fine”.
Di cosa avevano paura?
“Di restare e di tornare. In Istria tutto era cambiato e quindi non ritrovavano più la loro dimensione, c’era stata la dittatura che aveva spaventato tutti. In Italia avevano dovuto imparare a vivere il quotidiano, in Istria pagavano le tasse e basta, non erano abituati ad andare per uffici, fare domande, ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Quando Marinella morì nessuno venne a manifestare la propria solidarietà, non fecero che cancellare il suo nome dal nostro stato di famiglia”.
Quale spiegazione riesce a darsi oggi?
“Lo dico spesso e l’ho anche scritto: fummo accolti con fastidio e indifferenza, eravamo un corpo estraneo che tentava di inserirsi in un tessuto sociale che non voleva intrusioni”. Dire che la storia si ripete è anche troppo ovvio.
Intervista di Rosanna Turcinovich Giuricin a Fioretta Filippaz per La Voce del Popolo, 5 gennaio 2020
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GLI OMICIDI NEL MONDO CALANO (E LE DONNE SONO MENO)
A differenza della percezione comune, gli omicidi nel mondo sono in costante calo e vedono coinvolte molto di meno le donne degli uomini.
Negli ultimi decenni, la maggior parte dei Paesi del mondo ha visto un calo significativo dei tassi di omicidio, in particolare in alcune nazioni dell’Europa e dell’Asia. Diversi fattori hanno contribuito a questa tendenza, come il miglioramento nel sistema di giustizia penale, la maggiore presenza delle forze dell’ordine, i programmi di prevenzione della violenza e le iniziative comunitarie. Anche il progresso economico e sociale hanno avuto un ruolo cruciale, riducendo le disuguaglianze e migliorando la qualità della vita e il benessere.
Il tasso globale di omicidi negli ultimi 25 anni è diminuito di circa il 20%, scendendo da 8,8 a 6,1 ogni 100.00 abitanti all’anno. In particolare in Europa vi è stata una riduzione del 63% dal 2002 al 2023 (da 4 a 1,5 per 100.000 abitanti) e in Asia dove si è registrata una diminuzione del 36% nei tassi di omicidio nello stesso periodo (da 3,5 a 2,2 all’anno). Storicamente gli uomini sono vittime di omicidio in numero maggiore rispetto alle donne (circa 4 volte di più), spesso a causa di fattori come la criminalità organizzata e la violenza armata. Le Americhe hanno il tasso di omicidi più alto, con circa 12 vittime per 100,000 abitanti, sebbene il trend sia, anche in questa regione in calo (-20% dal 2000).
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Fonte: Ufficio studi Mezzopieno – Guarda altri grafici
Global study on homicide UNODC
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Da Joseph Campbell
I ROTTAMI.
"Qualunque sia il tuo destino, qualunque cosa accada, tu [puoi] dire: “Questo è ciò di cui ho bisogno. ’ Può sembrare un rottame, ma vai avanti come se fosse un’opportunità, una sfida. Se porti amore in quel momento, non scoraggiamento, scoprirai che la forza c'è. Ogni disastro a cui puoi sopravvivere è un miglioramento del tuo carattere, della tua statura e della tua vita. Che privilegio! Questo è quando la spontaneità della tua stessa natura avrà la possibilità di scorrere.
"Poi, guardando indietro alla tua vita, vedrai che i momenti che sembravano essere grandi fallimenti seguiti dai rottami sono stati gli incidenti che hanno plasmato la vita che hai ora. Vedrai che è proprio vero. Non ti può accadere nulla che non sia positivo. Anche se sembra e sembra in questo momento una crisi negativa, non lo è. La crisi ti riporta indietro, e quando ti viene chiesto di mostrare forza, arriva. ”
Da "Un compagno di Joseph Campbell: riflessioni sull'arte di vivere"
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Storia Di Musica #305 - Robert Johnson, King Of The Delta Blues Singers Vol.1, 1961
Riparto da quel tavolino della copertina di Bringing It All Back Home. Su quel tavolino c'è anche questo disco, che probabilmente non dirà moltissimo ai più, ma è uno dei dischi fondamentali della musica occidentale del '900, e sta lì per svariati motivi. Il re dei cantati del Blues del Delta (è quello del fiume Mississippi) è Robert Leroy Johnson, una delle figura più misteriose, carismatiche e leggendarie di tutte. Intorno alla sua figura, alla sua musica, alla sua vita breve e di cui si sa pochissimo c'è un alone quasi mistico e fu questo disco, una compilation delle sue maggiori registrazioni degli anni '30. Di Johnson si sa pochissimo: non è sicura la data di nascita del maggio 1911, nemmeno i genitori, la tesi più accreditata afferma che nacque una relazione extraconiugale della madre Julia Dodds con Noah Johnson, dopo che il marito di Julia, Charles Dodds Jr., l'aveva abbandonata per un'altra donna e la sua infanzia e adolescenza è avvolta in misteri e leggende, aiutati dal fatto che nel Mississippi di quei tempi i documenti per una famiglia nera non fossero la prima preoccupazione ad Hazlehurst della Contea di Copiah. Sta di fatto che all'inizio, aiutato da uno dei figli di Noah, impara a suonare l'armonica a bocca, e poi la chitarra, ma all'inizio è tutt'altro che appassionato allo strumento. Si sposa due volta, nel 1929 con Virginia Travis, che muore di parto l'anno successivo a 16 anni con la bimba neonata, e nel 1931 con Calletta Craft. Secondo la leggenda, da lui stesso raccontata e accresciuta, lascia la seconda moglie per seguire la sua passione per la musica e, nel vagabondare, all'incrocio più profondo e sperduto nelle terre del Delta, fa un patto con il Diavolo, a cui vende l'anima in cambio dell'arte di saper suonare la chitarra. Secondo molti che ne alimentano il mito, davvero d'un tratto Johnson ebbe un miglioramento colossale nel suonare, e secondo alcuni biografi, fu suo maestro un misterioso bluesman di nome Ike Zimmerman, altra figura avvolga nel mistero: Johnson sfruttò alla grande queste storie, a cui lui aggiunse una particolare vocazione nel suonare nei cimiteri, tra le tombe, nota al punto da venire additato quale emissario del demonio. Se il patto è vero, funzionò: Johnson, dopo aver registrato la sua musica in modi e tempi che vi dirò a breve, morì a 27 anni, nel'Agosto del 1938, primo nome di quel futuro Club dei 27, che comprende i grandi della musica morti a quell'età. Anche sulla morte ci sono numerose leggende, ma la tesi più accreditata è che fu avvelenato dal barman del locale dove lui, Sonny Boy Williamson II e David Honeyboy Edwards erano la resident band, nei pressi di Greenboro, contea di Jackson: Johnson divenne l'amante della moglie del proprietario, che lo avvelenò versando un veleno nella sua bottiglia di whisky. A rendere tutto ancora più iconico, nessuno sa dove sia sepolto, dato che nella contea di Jackson, dove fu scritto il certificato di morte, esistono tre tombe di Robert Johnson, e nessuno sa con certezza quale delle tre sia autentica.
Oltre il mito, Johnson fu rivoluzionario per tre motivi: il suo fingerpicking, divenuto iconico e all'epoca del tutto prorompente, il suo modo di cantare, che abbandonava i toni bassi per una voce squillante e lamentosa, che sprigionava tutta la dolorosa natura del blues, e il fatto che fu il primo che in pratica sviluppò i racconti musicali di quei periodi nelle strutture del blues. È certo che non scrisse mai propriamente una canzone, ma rielaborava al momento motivi conosciuti o inventati su cui improvvisava dei testi, i quali sprigionano una così forte carica evocativa e spirituale che non passarono inosservati. Inoltre molti dei suoi alimentavano le leggende oscure e diaboliche che lo riguardavano.
Johnson registrò solo 29 canzoni: per 13 di esse è stato possibile rinvenire anche le rispettive alternate take – all'epoca scartate in quanto giudicate meno brillanti delle versioni poi pubblicate su 78 giri – per un totale di 42 registrazioni complessivamente note. Tutte registrate tra il 1936 e il 1937, probabilmente a Dallas, ma anche su questo ci sono leggende infinite, e molti sostengono che le registrazioni che abbiamo siano velocizzate, fatto che conferirebbe il particolare tono acuto alla voce di Johnson.
Tutte le sue canzoni sono degli standard, e dopo che la Columbia iniziò, con il disco di oggi, The King Of The Delta Blues Singers Vol. 1 (che esce nel 1961, il Vol.2 uscirà nel 1970, quando era super conosciuto) a riproporle, diventeranno il trampolino di lancio per la rinascita del blues in tutto il mondo. Questo del 1961 fu il primo tentativo di riportare le registrazioni degli originali 78 giri, della etichetta Vocalion, al suono mono di un Lp. Le note di copertina dell'epoca erano del tutto inventate, nell'impossibilità di risalire all'epoca a notizie "certe" su Johnson, e furono del tutto riscritte negli anni '90 con la pubblicazione in CD. In scaletta, classici ripresi da centinaia di artisti: Cross Road Blues, 32-20 Blues (32.20 è il calibro delle munizioni Winchester), Ramblin' On My Mind per citare solo i più conosciuti, sono standard nel repertorio di migliaia di artisti, e sono stati i testi basi su cui gente del calibro di Eric Clapton, Jimmy Page, Jimi Hendrix, i Rolling Stones hanno sviluppato la loro sensazionale musica. E Bob Dylan? il disco è lì per due motivi: uno, piuttosto estetico, è che sebbene non ebbe all'inizio nessun successo commerciale, l'album divenne una sorta di distintivo su che musica si ascoltava, era per usare un termine di quegli anni decisamente hip. E poi c'è un motivo più profondo, e uso le parole dello stesso Dylan: Quando Johnson ha iniziato a cantare, sembrava un ragazzo che sarebbe potuto balzare dalla testa di Zeus in armatura completa. Ho subito differenziato tra lui e chiunque altro avessi mai sentito. Le canzoni non erano solite canzoni blues. Erano così fluide. All'inizio passavano veloci, anche troppo veloci per arrivarci. Sono saltati dappertutto per portata e argomento, brevi versi incisivi che hanno portato ad alcuni fuochi panoramici della storia dell'umanità che esplodevano sulla superficie di questo pezzo di plastica rotante (da Chronicles, Volume 1).
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Marry My Husband
"Hai bramato la mia spazzatura. Portala fuori. Sposa mio marito." – Kang Jiwon
Spoiler a pioggia come bouquet di fiori durante le nozze
Ho bramato questo drama sin dalla sua uscita poiché le serie che trattano temi di vendetta e rivalsa, avranno su di me, sempre un fascino incalcolabile. C'è qualcosa di karmico nel vedere persone ottenere quello che si meritano dopo essersi comportate come delle vere merde.
E sono stata accontentata?
Si.
La serie mi ha dato ciò che ha promesso?
Si.
Marry My Husband per certi versi assomiglia a Perfect Revenge Marriage: c'è una bella e buona fanciulla sposata con un uomo viscido e meschino che la tradisce, senza nessun rimorso, con un'altra donna mentre tutti intorno a lei, trattano la povera ragazza come pezza da piedi. Succede che la ragazza muoia e torni nel passato e approfitti di questa seconda possibilità per ottenere la sua vendetta sugli stronzi e ottenendo il lieto fine per se stessa. C'è inoltre un Principe Azzurro che ama solo lei e che l'aiuterà in tutto e per tutto coronando poi assieme a lei il loro sogno d'amore.
Bene. A grandi linee questa è la macro trama sia di Perfect Marriage Revange sia di Marry My Husband.
Ma ci sono delle differenze. Oltre a situazioni di trama e di eventi la diversità tra le due serie io l'ho recepita nella maggiore psicologia dei personaggi e nella profondità di temi trattati.
Marry My Husband infatti, approfitta del viaggio del tempo dei due protagonisti, per evidenziare come se si è infelici nella vita si può e si deve cercare di cambiare le cose: Ji Won - pur sentendosi sola - passa la sua prima vita ad ignorare le persone che lavorano con lei. Non le conosce e non è minimamente interessata ad aprire la cerchia delle sue amicizie. Ma nella seconda vita, non perde quest'opportunità e passando del tempo con loro, si accorge di quanto quelle persone siano invece individui meravigliosi.
Il miglioramento e la felicità che la lead di questo drama ottiene andando avanti con la storia non cala dall'alto ma è un lenta e progressiva modifica della vita e delle scelte di Ji Won: ottiene più consapevolezza e sicurezza di sé poiché la sua prima vita le ha dato solo infelicità e adesso sa - grazie al viaggio nel tempo - cosa vuole e come ottenerlo.
Discorso simile per Yu dove il viaggio nel tempo diventa quasi una simbologia per mostrare come sia quasi meglio vivere con i rimorsi che con i rimpianti. Nella prima vita ha passato 17 anni a desiderare Ji Won ed a vederla sposata ad un altro uomo per poi essere uccisa malissimo. Il rimorso per non averci mai provato con lei, per non aver avuto manco una possibilità di renderla felice è ciò che lo guida quando, nella seconda vita, si attacca come una cozza alla lead.
Ma molte altre tematiche vengono poi espletate quando si parla dei personaggi.
Al di là della trama infatti - che comunque mi è piaciuta - la cosa che mi ha più tenuta incollata alla serie sono stati i personaggi: le loro caratterizzazioni, psicologie e tematiche che racchiudevano.
Partendo dalla lead. Ji Won è una buona lead. Una normalissima ragazza, laboriosa e gentile che vive una prima vita miserevole e infelice: per decenni la sua sola e unica amica Soo Min fa di tutto per umiliarla e sparlare male di lei, tenendola sempre sotto la sua agenzia e non permettendogli mai di essere libera dalla sua influenza. Suo marito Min Hwan invece è un perdigiorno, lavativo, spreca soldi, super viziato dalla madre, che chiaramente non ha sposato la povera Ji Won per amore, ma per soldi. Il loro matrimonio è terribile e tutti gli sforzi della lead per recuperare la relazione si rivelano vani di fronte al menefreghismo di Min Hwan. Oltretutto Ji Won scopre di avere un cancro allo stomaco e mentre fa le cure deve pure sentire il marito che si lamenta perché " se sua moglie muore, chi gli farà da mangiare?" Dio ti ha dato delle mani Min Hwan. Usale.
Ji Won non è felice della sua vita ma tiene botta perché almeno Soo Min è assieme a lei che l'aiuta ad affrontare tali disgrazie. La incoraggia, le fa sentire la sua presenza come amica.
Ed il suo "metodo d'aiuto" consiste nell'andare a letto con Min Hwan e complottare assieme a lui per uccidere Ji Won e prendersi i soldi dell'assicurazione. Bell'aiuto.
Quando la lead lo scopre, finalmente apre gli occhi sulla sua misera vita: vede le sue uniche due persone che ama per quello che sono sempre stati. Due stronzi. Chissà se ha pensato di aver buttato decenni a stare appresso a queste persone che non si meritano manco di guardala in faccia.
La realizzazione è dolorosa ed il tradimento rende Ji Won ancora più sola e infelice.
Ed è proprio affrontando i due traditori che Min Hwan colpisce Ji Won uccidendola e regalandogli - senza saperlo - una seconda chance. Perché Ji Won si risveglia dalla morte nel 2013 - 10 anni prima gli eventi fino a qui raccontati - quando lei e Min Hwan erano fidanzati e Soo Min non era ancora l'amante di suo marito.
E perché penso che Ji Won sia una buona lead? Perché una volta nel passato avrebbe potuto vendicarsi. Anche se gli eventi del 2023 non erano ancora accaduti, già nel 2013 Soo Min e Min Hwan erano delle merde e l'avrei giustificata nel cercare la vendetta contro questi due.
Ji Won invece, non cerca e non è interessata alla vendetta ma ad ottenere una bella vita felice .E' un qualcosa che riguarda se stessa, il suo percorso e la sua vita e sti cazzi Min Hwan e Soo Min.
Via quindi l'amicizia tossica con Soo Min e sì a nuove amicizie a lavoro. Addio a vestiti da vecchia in pensione e benvenuto tailleur e tacco a spillo.
Fedele alla sua idea di non sprecare opportunità, di vivere davvero questa seconda vita, Jin Won reincontra anche le bulle del Liceo per farsi finalmente spiegare perché la bullizzavano.
Ma soprattutto addio a marito tossico Min Hwan e welcome Direttore dell'azienda alto 1 metro e 90, ricco come un sultano, con due spalle da nuotatore olimpionico ed una forte predisposizione ad amarla. chiamala scema
Ovviamente Min Hwan e Soo Min non stanno con le mani in mano di fronte a questo cambiamento di Jin Won ma la ragazza questa volta non si fa mettere i piedi in testa e dimostrando di conoscere bene i suoi polli, riesce a fregarli in modo eclatante.
Da notare inoltre che Ji Won non è una buonista poiché non ha pianto una lacrima quando nel finale è morto Min Hwan o quando Soo Min è stata arrestata.
Chiariamoci, non è un personaggio perfetto poiché soprattutto in due puntate, mi ha fatto venire il mal di testa. Ma è un personaggio che cresce. Cambia. Evolve. E non solo d'aspetto fisico ma anche di mentalità, atteggiamento, emozioni.
Il suo piano di appioppare Min Hwan a Soo Min è stupendo e gioca proprio sulla conoscenza dei suoi polli: Ji Won manipola i due e scommette sulle debolezze dei suoi avversari: più Ji Woo esalterà falsamente Min Hwan davanti a Soo Min e più Soo Min avrà voglia di rubare quest'uomo a Ji Woo. Brava Ji Woo.
Ma se devo dare un premio al mio personaggio preferito, voterei lei: Soo Min.
Ragazzi, spettacolare. La recitazione di Song Ha Yoon ci regala una villain meravigliosa: macchiavellica, manipolatrice, tossica, bugiarda con un altissimo analfabetismo emotivo, egoista... il modo di recitare di Ha Yoon è perfetto per questo personaggio: le movenze, gli sguardi, i finti sorrisi...perfetta.
C'è questa scena dove viene mostrata l'attento lavoro di Soo Min: Min Hwan sospetta che Ji Won lo tradisca e chiama Soo Min per sapere dove si trovi Ji Won. Soo Min, che sa dei sospetti di Min Hwan, con un abile mossa da amica svampitella e amorevole, butta lì nel discorso che:
oh... non so dove sia Ji Won. Oggi è uscita dal lavoro tutta carina, specchiandosi più volte. Pensavo che uscisse con te, no? risponde tutta carina e sorridente. Poi smette di sorridere e abbassando il tono delle voce e crucciando un po' la fronte , aggiunge a voce più bassa, quasi a parlare con se stessa - ma facendosi sentire benissimo da Min Hwan - "forse ha un altro? d'altronde la mela non cade mai lontano dall'albero". Lui che ha sentito tutto le chiede a cosa si stia riferendo e la regina della recitazione, sbarella gli occhi, indietreggia, quasi a far intendere che l'ultima frase, lei non voleva dirla. "io insomma... Min Hwan, pensavo lo sapessi... che la mamma di Jin Won aveva un amante. Oh ti prego, non pensare male. Jin Won non è niente come lei e sicuramente non ti sta tradend...ti scongiuro non dirle che te l'ho detto...la faresti soffrire." Min Hwan chiude la chiamata sbarellato dalla scoperta sulla madre della sua ragazza mentre Soo Min sorride perfidamente.
Questa scena è emblematica infatti: Soo Min ha sgangiato una bomba sulla vita privata della sua amica, ha accentuato il sospetto del tradimento ed allo stesso tempo, ha difeso Ji Won agli occhi di Min Hwan. Perfetta.
Ma è Soo Min ad essere eccellente. Poiché rappresenta perfettamente - all'eccesso - quell'amica di vecchia data che pensavi che ti volesse tanto bene ma che poi scopri che così bene non ti voleva. E di fronte a cattivi che sono cattivi perché si e fanno cose cattive perché vogliono "il pooooteeereee" , Soo Min brilla quantomeno per crudeltà.
La ragnatela emotiva che costruisce su Ji Won è inquietantemente perfetta - tanto che Ji Won è dovuta morire per accorgersene - e si basa su poche cose:
isolare Ji Won facendole credere di essere l'unica persona al mondo sui cui lei potrà contare. Così facendo Ji Won si fiderà e affiderà sempre e solo di lei. Per questo ai tempi dell''Università Soo Min andava 4 giorni su 7 a trovare Jin Won: per assicurarsi che non facesse amicizia con nessun'altro che lei.
Tenere l'amica sempre bruttina e sciatta per fare in modo che Soo Min a confronto, brilli per eleganza e bellezza. Così regala a Ji Won vestiti appositamente orribili e gioielli falsi, appellandosi alla sua amicizia per farglieli indossare e farla passare per una ragazza poco attraente e povera.
Parlare male di Ji Won alle sue spalle, inventandosi cattiverie e cazzate per fargli ottenere una brutta reputazione. Così facendo non nessuno di avvicinerà mai a Ji Won per farci amicizia. Ma se viene fuori qualcosa di brutto su Ji Won, iniziare a difenderla davanti a tutti per passare bene agli occhi di Ji Won che l'ha difesa con gli altri sia davanti agli occhi degli altri perché Soo Min è così buona che difende anche le persone orribili come Ji Won.
Riempire Ji Won di elogi e complimenti per ricordargli costantemente che c'è solo Soo Min che la apprezza veramente.
Controllare costantemente cosa fa e con chi è mandandole messaggini e cuoricini durante il giorno per essere sempre presente nella sua vita e diventare così imprescindibile.
Usare la loro amicizia e conoscenza di vecchia data per ottenere da Ji Won più cose possibili. Che sia un vestito, un paio di scarpe costose o un lavoro.
Senza contare che Soo Min è riuscita anche a mandare a monte la prima storia d'amore di Ji Won e l'ha fatta bullizzare senza un perché dalle sue compagne al Liceo.
Queste sono solo alcune delle tecniche manipolatorie di Soo Min nei confronti di Ji Won. La cosa spettacolare qui è che queste due sono "amiche" da decenni. Roba che si conoscono dalla medie. Ed arrivare a 32 anni come la lead e rendersi conto di quanto fosse tossica questa relazione, farebbe sbarellare chiunque. Ma non mi fa sbarellare tanto quanto la consapevolezza che per Soo Min... davvero lei e Ji Won sono amiche!
Nonostante Soo Min odi la lead e faccia di tutto per renderla infelice, è lei la prima a cercare Ji Won. La chiama "la sua altra metà", pensa a lei settordicimila volte al giorno. Diventa paranoica al primo avviso che la lead le si è allontanata.
E' interessante notare la psicologia malata di Soo Min: è felice di regalare a Ji Won dei gioielli falsi e insiste che lei li indossi poiché prevede che quest'ultima farà una orribile figura di merda al ritrovo del liceo. Che è il suo obbiettivo. Ma quando, in quella stessa occasione, Ji Won la smerda davanti a tutti e fa passare lei per una orribile persona, Soo Min va in crisi.
Ji Won se ne va arrabbiatissima e il 99% delle persone sane di mente, nei panni di Soo Min, si sarebbe andata a nascondere dalla vergogna. Soo Min no! Anzi. Chiama incessantemente Ji Won al cellulare, in ansia e panico, implorandola di rispondere al telefono. E non lo fa perché è dispiaciuta per ciò che ha fatto eh! Ma semplicemente perché è terrorizzata che Ji Won la abbandoni.
E perché dico che questa è un "amicizia" per Soo Min? perché questo è l'unico modo in cui questa ragazza si relaziona agli altri. Mentendogli, raggirandoli, manipolandoli... quindi, nella mente malata di Soo Min, non c'è assolutamente nulla di male nel comportamento che lei tiene con Ji Won.
Essendo un' analfabeta emotiva, Soo Min non riconosce i sentimenti altrui. Non si fida di nessuno e gli altri sono tutti carne da macello per lei. Conta solo se stessa.
Ovviamente tutto ciò non è nato dal nulla. Ci viene detto che in passato, il padre di Soo Min ha abbandonato la famiglia per stare con la madre di Ji Won e vivere assieme a lei.
Soo Min va quindi ad incontrare la figlia della donna che gli ha portato via suo papà e scopre che Ji Won è sì triste per l'abbandono della madre, ma regge botta meglio di lei. Il papà di Ji Won è un brav'uomo che ama sua figlia e la tratta con amore mentre la madre di Soo Min ferisce la figlia in più e più modi.
Così Soo Min si mette in testa di diventare amica di Ji Won con l'unico scopo di rovinargli la vita: come la madre di Ji Won gli ha portato via il papà/la felicità, così anche Soo Min porterà via a Ji Won tutto ciò che la rende felice.
Per certi versi, Soo Min è ossessionata da Ji Won. Come un'amore tossico, arriverà a tentare di ucciderla pur di non vederla felice.
Non è un personaggio meraviglioso?! Soo Min vince a mani basse il Premio Miglior Villain di quest'anno.
Assieme a lei poi, anche Min Hwan fa la sua porca figura. Misogino, violento, bugiardo, avido, menefreghista... viziato dalla madre sin dalla tenera età, Min Hwan come Soo Min sembra incapace di provare amore o sentimenti - che non siano rabbia - verso qualcuno. Sposa Ji Won perché è una brava moglie e Soo Min perché gli servono i soldi. Va a letto con quest'ultima, la sera che chiede a Jin Won di sposarlo. Non si fa remore nel mentire a sua madre e per soldi è disposto ad uccidere anche sua moglie. Ma tanto non vuole bene a nessuno
Come Soo Min sembra incapace di provare empatia per qualcuno e come Soo Min non vuole assumersi nessuna responsabilità poiché non è mai colpa sua...ma sempre di altre persone. L' incapacità di riconoscere i proprio errori sarà proprio quello che lo condurrà poi nel baratro della sua vita di merda.
Infine Yu, il principe Azzurro di questa storia. Mi è piaciuto il fatto che Yu venisse presentato come un erede d'azienda senza sogni o obbiettivi con una vita già tristemente programmata per lui. Anche per lui il viaggio nel tempo è un modo per fare tutto ciò che ha sempre voluto - a partire dalla lead - per vivere davvero come un essere umano con speranze e desideri veri.
Yu aiuta, prima segretamente e poi platealmente, Ji Won ad essere felice e poi a vendicarsi di Soo Min e Min Hwan. Ma lo fa sempre rimanendo un passo indietro alla donna che ama, lasciandogli piena agenzia nel fare le cose con le sue forze, sostenendola e consigliandola ma senza imporsi.
La loro storia d'amore è infatti molto carina - anche se per me un po' esagerata su alcune cose - riflettendo davvero una relazione sana e normale. Capirai, abituati a Soo Min e Min Hwan.. C'è confidenza, riflessione, sostegno, coccole, abbracci...
Infine Marry My Husband presenta altri personaggi secondari che pur non avendo una grande profondità sono ben caratterizzati: magnifica la sorella di Yu - l'ho amata tanto - e divertente il signor Lee. Un grande abbraccio alla Manager Yang e allo Chef Eun Ho. Molto carini.
E adesso che ho sviscerato ciò che mi è piaciuto, passiamo a ciò che mi ha fatto storcere il naso: tutta la vicenda Yura che si può riassumere in 2/3 puntate.
La serie veleggiava felice e intrigante fino al 12 episodio e poi... ecco Yura. La ex fidanzata di Yu. E con lei arrivano due puntate di rapimenti, trilioni e azioni, scene da kdrama tra ricconi , drammi, pianti, omicidi...ecc ecc.
Ok, è vero che Yura era stata nominata precedentemente. Quindi non è sbucata fuori dal nulla. Ma ci era stato anche detto che il fidanzamento era finito di comune accordo. Quindi...? che cazzo è venuta a fare? E perché Ji Won trema di fronte a lei e lascia Yu? Perché non gli ha detto che era fidanzato precedentemente?! E che ti doveva dire? sai, sono promesso sposo con una ma ho interrotto di comune accordo il fidanzamento e ora sono single?
Scusate, ma per me, tutto il pezzo dove i due lead si lasciano per colpa di Yura, si regge in piedi con la stagnola.
E ancora...la bellezza della serie è mostrare come anche le persone accanto a noi, che ci vogliono presumibilmente bene, possono essere delle persone cattive. E' una tematica reale che colpisce ognuno di noi. Quante volte aprendo il giornale leggiamo di figli che uccidono i genitori, fidanzati che ammazzano le loro ragazze ecc ecc?
Ma con Yura si alza il livello e si inizia a parlare di roba più lontana dalla quotidianità: rapimenti, incidenti, trilioni che passano di mano in mano, azioni da comprare e vendere... onestamente, quanti di noi vivono una vita così?
E poi Yura è onestamente una villain terribile. A differenza di Soo Min e Min Hwan che sai il perché sono così stronzi e un po' ti fanno pena - ma molto godi - per le loro vite di merda, Yura è cattiva perché sì. E' la cattiva standard dei drama koreani. Ricca, invidiosa, piena di puzza sotto al naso, elegante, violenta.
Ma noi avevamo già due villain. Cattivi che conosciamo e abbiamo imparato ad odiare per dodici puntate. Perché dovrebbe fregarmi qualcosa di questa tizia? Non ha NULLA di interessante. Non è malata mentalmente come Soo Min e Min Hwan. Mentre questi ultimi fanno cose orribili senza nemmeno rendersi conto della gravità degli atti compiuti, Yura sa che sono sbagliati ma li compie unicamente perché può. E' ricca e potente e quindi fa come cazzo vuole. WOW che originalità.
Dall'arrivo di Yura fino alla sua morte - tre puntate dopo. E' durata quanto un gatto in tangenziale - ho notato un mio lieve calo di interesse. Peccato perché fino a quel momento la serie stava andando da Dio.
Comunque sia, questi "difetti" non abbassano l'opinione che ho della serie.
Marry My Husband infatti è per me una buona serie per chi cerca una storia di vendetta ma anche di rinascita e di miglioramenti della vita. Ha buone psicologie dei personaggi e affronta con profondità diverse tematiche. Romanticissima la storia d'amore come adorabili sono stati i villain. Peccato per quei tre episodi verso il finale che mi hanno un po' guastato la visione.
Voto: 8.5
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@ Memorie di una vagina
Quando avevo 20 anni Morgan mi piaceva un casino.
Non che lo abbia mai propriamente amato, il mio unico vero amore del panorama italiano è sempre stato quel signore di Manuel Agnelli. Però mi piacevano i pezzi dei Bluvertigo e pure i suoi. Mi piacevano gli arrangiamenti che faceva dei classici della musica italiana. Mi piacevano gli stralci delle prime edizioni di X Factor in cui era giudice. Mi piaceva il suo eloquio forbito da tizio che ha fatto il classico. Mi piacevano i suoi spiegoni.
Mi piacevano anche le interviste che faceva con Daria Bignardi, in cui parlava, e suonava, e si raccontava, mettendosi a nudo, non per puro esibizionismo, ma per scelta. Perché l’imperfezione può essere una scelta, perché l’auto-miglioramento può essere un comandamento da rifiutare in un mondo che ti dice che puoi fare tutto ed essere tutto anche se non è vero.
Perché si può essere outsider, si può fare fatica, si può anche fallire, concludere poco, non fare un disco da chissà quanto, non trovare una collocazione, né la giusta ispirazione. Si possono avere dipendenze da cui non si guarisce, e custodire ferite che non si rimarginano, che spesso ne chiamano altre, e altre ancora peggiori, e tutto questo esiste, magari non luccica, ma è parte della vita. O almeno, questo era ciò che io vedevo nella sua parabola.
Ero, in modo sciocco e certamente puerile, affezionata alla sua fragilità, ai suoi denti da tabagista, gialli come i miei; alle foto che lo ritraevano giovane, truccato, con le unghie pittate in un’epoca di machismo; mi piaceva che fosse ribelle, imprevedibile, sempre un po’ strafatto come i poeti maledetti francesi, rock in quel senso autodistruttivo in cui molti artisti si sono dissolti in passato.
Oggi, dopo anni di liti pubbliche, sproloqui smodati, comportamenti misogini, sbrocchi omofobi, bullismi sanremesi, cause giudiziarie, simpatie discutibili, amicizie improbabili, tentativi stentati di tornare in sé, ma chi è poi questo sé verrebbe da chiedere, ebbene oggi leggo i fatti riportati da Lucarelli. Leggo gli screenshot dei suoi messaggi. E mi arrendo.
Provo solidarietà, per Angelica Schiatti che ha subito questa persecuzione (immaginate, immaginate le conseguenze psicologiche di certi messaggi).
Provo rabbia, per un sistema che lascia passare 4 anni dalla prima denuncia e intanto nulla di fatto, a parte ripetuti tentativi di indurre la vittima a trovare un accordo col suo stalker! Però, mi raccomando, a novembre dipingiamoci un baffo rosso sulla guancia, mentre contiamo il numero delle vittime sull’abaco impossibile della violenza di genere.
Provo delusione, per l’artista che ho apprezzato, per l’ignoranza che ha dimostrato, per la stupidità.
Provo disprezzo, per le connivenze sistemiche e istituzionali di cui questa violenza campa e prospera. Provo disgusto, per un uomo adulto, un uomo colto, uno che ha vissuto, uno che ama l’arte, la musica, la letteratura, e poi è capace di una tale miseria. Nel 2024. A cosa serve la cultura, se non ci salva dalla brutalità?
Infine, mi chiedo quanto ci si possa odiare, per fare di sé questa maschera grottesca. Quanto male si può invecchiare? Quanto in basso si può cadere? Quanto privi di amor proprio bisogna essere, per diventare questo genere di persona? Quando esattamente si decide di abdicare alla bellezza, di rinunciare alla civiltà? C’è un momento preciso o è un lento processo degenerativo?
Che gran peccato, ridursi così, Marco Castoldi, in arte Morgan. Non so se era questo ciò che desideravi per te. Non so cosa tu abbia mai desiderato per te. Non lo so. Non ti conosco. Per fortuna, mi tocca dire. Oggi mettiamo un punto. Definitivo. Di non ritorno.
Che gran peccato. Che cazzo di schifo.
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Qualità della vita 2024: Bergamo al primo posto nella classifica del Sole 24 Ore
Il capoluogo lombardo svetta nella graduatoria annuale grazie a economia, salute e cultura. Alessandria in posizione intermedia.
Il capoluogo lombardo svetta nella graduatoria annuale grazie a economia, salute e cultura. Alessandria in posizione intermedia. Bergamo si aggiudica il podio della qualità della vita La classifica annuale del Sole 24 Ore sulla qualità della vita nelle province italiane premia quest’anno Bergamo, che conquista la vetta grazie a performance eccellenti in settori chiave come economia, salute,…
#affari e lavoro#Alessandria classifica qualità della vita#Alessandria news#Alessandria today#Aosta classifica#benessere cittadini#Bergamo qualità della vita#Bolzano qualità della vita#Brescia cultura#Città vivibili#classifica 2024#classifica Sole 24 Ore 2024#competizione tra province#Cultura e turismo#Disuguaglianze territoriali#economia Bergamo#economia locale.#Google News#governance territoriale#indicatori qualità della vita#indicatori sostenibilità#italianewsmedia.com#macroaree Sole 24 Ore#miglioramento servizi pubblici#migliori province italiane#Nord e Sud Italia#Pier Carlo Lava#Politiche territoriali#province italiane 2024#provincia italiana migliore
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Oggi sono stato con i miei amici al Gamics Carrara. Nonostante ci fossero alcune cose carine, come un libro sull'arte di Nausicaä della Valle del Vento tutto in giapponese, non ho comprato nulla. Né per me né per altre persone. Non ho soldi da spendere, già è tanto che io abbia avuto il privilegio di esserci stato. (tra l'altro la graduatoria della croce rossa ancora non è uscita, boh..)
Mentre pranzavamo ad un certo punto è venuto fuori il quesito "tette o culo?". Hanno chiesto anche a me e io, con la risposta pronta da una vita, ho detto: " Culo tutta la vita. Perché una ragazza non può scegliere quanto seno avere ma può allenarsi per *gesto a indicare il miglioramento del sedere*. Al massimo può provare ad ingrassare ma non è detto che il grasso vada sul petto. "
Abbiamo visto Dario Moccia, lo dico anche se non lo seguo. Abbiamo giocato in anteprima a Evolversi Male di BarbascuraX. Abbiamo fatto aperitivo in un piccolo locale in spiaggia davanti al mare. I pezzi di frutta della mia bevanda analcolica finivano nella cannuccia tappandola, mentre un'amica, unica ragazza presente, chiedeva a noi ragazzi (escluso il suo ragazzo) perché dubitiamo di noi stessi. Abbiamo cenato all'Hamerica's a Prato.
Portafogli Sanrio e Lucky come riempitivo
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Una giornata di sole
È una giornata piena di sole, una di quelle in cui egli trascorre un'ora al balcone a capo scoperto, come gli ha consigliato il medico. La sua carnagione, di solito, è pallida, ma il sottotono olivastro della sua pelle gli impedisce di arrossarsi e scottarsi, cosicché egli si abbronza, assumendo un'aria più sana. Ed è solo per esibire al medico questa illusione di salute che si sottopone al bagno di sole. Gli chiedo, mentre guardo la strada sottostante, popolata di venditori ambulanti e ragazzetti che si rincorrono, se avverta un miglioramento nelle proprie condizioni. "Sì, come ogni anno quando finisce l'inverno," ma conclude la frase con un colpo di tosse. Volgo le spalle alla ringhiera del balcone e immergo gli occhi nella penombra della stanza dove in fondo, proprio sopra il letto, sulla parete azzurra, è appeso un grande rosario dai grani di legno scuro. "E così reciti le preghiere prima di andare a dormire," dico per scherzo. "Oh sì," risponde lui con gravità, "tridui e novene".
"Quella ragazzetta ha lo sguardo vispo," sussurro accennando a colei che sembra affaccendarsi riassettando le carte sopra uno scrittoio. "Ti assiste con amore?" "Amore di carità," soggiunge lui. "Le invidio che sappia leggere il greco, il latino e il francese; sapessi farlo anch'io, le farei recuperare tutto il sonno che ha perduto in queste notti." La ragazza esce dalla stanza senza salutare, con passo zoppicante, ma leggero. Ha lasciato sullo scrittoio una Bibbia, accanto a un'Iliade.
"Nella Bibbia è scritto che i morti dormono," dico trasognata. "E nell'Ade gli eroi non sono altro che ombre," prosegue lui. "Ma allora, se questa vita è sogno, e poi continueremo a dormire, non ci sveglieremo mai? Conosceremo soltanto il sonno?"
Lui tiene gli occhi chiusi al sole. "Io credo che stiamo facendo esattamente ciò a cui la necessità ci spinge. Tutto in noi è materia," prosegue. "Da bambino trascorrevo molte ore in ginocchio, pregando di essere risparmiato dall'inferno; poi da ragazzo sognai di poter entrare in paradiso con una corona di lauro. In realtà non ci spettano premii né castighi, dal momento che siamo esseri governati dalla fortuna. L'unico bene sarebbe non ricordare mai più di essere stati, e che qualcosa vi sia".
"E se la tua coscienza sopravvivesse?"
"Immagino che la natura dei morti non li faccia riguardare più la vita. In nessun modo. L'istinto di conservazione, la speranza...sono nelle fibre di questa carne."
"Torneresti?..." gli chiedo.
"Se fosse utile."
"A te o ad altri?"
"A chiunque, anche a un topolino. Purché ne avessi certezza."
"Se gli dei vogliono continuare a giocare con noi, dovranno farlo a carte scoperte," azzardo.
"Vorrei non capirli mai, gli dei."
"Ma se hai detto che vuoi certezza..."
"Ho risposto alla tua domanda: mi chiedevi se sarei tornato, non cosa volessi. Io voglio esattamente questo silenzio, questo mistero, in cui si è identici a prima di nascere e si può ignorare sia la vita che la morte, e che esistono differenze. Se un dio si chiarisse, ci darebbe la vita, e con essa la morte."
"Infatti Dio si è espresso," spiego accennando alla Bibbia.
"No," dici: "Quello lo abbiamo sognato..."
"Sai qual è l'espressione più evidente di Dio?" Lancio la sfida, e proseguo: "Quella ragazza. Si sacrifica per te, e potrebbe non farlo. Questo si chiama libero arbitrio, non necessità".
"Lo fa per ambizione," sorride amaramente, "vuole diventare santa, per compiacere suo fratello, l'unico uomo che non l'abbandonerà. Se morissi prima di stanotte, per lei sarebbe un sollievo."
"Che dici!" Protesto. Ma dentro di me so ch'è vero.
"Io e lei siamo due infelici che non s'incontreranno mai. E ora sono stanco, vorrei riposare un po'."
Lo accompagno a letto. Gli sistemo i due grossi cuscini che tiene sotto la testa e, mentre lo faccio, avverto qualcosa di duro tra l'uno e l'altro. "E questi?" Dico, vedendo un cartoccio di confetti.
"Me li ha regalati lei. La mia dolce morte. Stanotte, lei potrà finalmente riposare."
"Piantala," gli dico brusca. "Stanotte penserò io a intrattenerti. Ti leggerò le mie poesie e i miei racconti."
"Tu scrivi?" Chiede con una sfumatura sarcastica, inarcando leggermente le sopracciglia.
"Ma certo. Ti ho dedicato tante poesie..." Gliene recito subito una.
"Sono frasi, non è poesia. Non c'è metrica. E il linguaggio è colloquiale, direi trasandato."
"Questa è poesia contemporanea," spiego. "Si chiamano versi liberi."
"I versi sciolti sono tutt'altra cosa..."
"Infatti questi non sono sciolti, ma proprio liberi. Come i pensieri, come il vento..." sorrido. "Vuoi provare anche tu?"
"Certo. Sembra facile come parlare nel sonno."
Io assaggio un confetto, mentre lui sussurra con aria canzonatoria: "Dalla vita volevo fuggir via,
perché la morte sola beltà mi apparia;
ma la mia vile anima immortale
mi parla e dice che ancora avrò a dare
e la beltà di ciò che darò
è così grande che più non morirò!"
"Ecco, bravo," lo incoraggio ridendo. Forse attratta dalle risate, entra la graziosa ragazzetta zoppa. "Vuoi?" Dico offrendole il cartoccio di confetti. "Questo screanzato li aveva rubati per suicidarsi prima di stanotte," dico scrollando il capo.
Lei arrossisce e si torce le mani. "Il suicidio è peccato mortale..." finge di rimproverare il malato con lo sguardo fisso alla punta delle proprie scarpe. Esce portandosi via i confetti.
"E ora?" Mi chiede lui.
"Faremo versi tutto il pomeriggio e la notte. I più liberi e sciocchi che riusciremo a fare. Ma prima voglio leggerti un mio racconto."
"Come s'intitola?" Chiede rassegnato.
"Una giornata di sole"...
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Nietzsche mi ha insegnato una lezione di vita fondamentale: «l’amor fati», l’amore per il proprio destino.
Ad un certo punto della sua vita, Nietzsche ha concepito questa idea potente: qualunque sia il tuo destino, qualunque cosa accada, devi dire a te stesso: «Questo è ciò di cui ho bisogno.» Anche se tutto sembra andare a rotoli, affronta ogni situazione come se fosse un’opportunità.
Ogni disastro che superi diventa un miglioramento del tuo carattere, della tua statura e della tua vita. Che privilegio incredibile! Ripensando al tuo passato, ti renderai conto che quei momenti che sembravano grandi fallimenti, seguiti da caos, sono stati in realtà quelli che hanno plasmato la tua vita attuale. Ciò che ti hanno fatto diventare ciò che sei diventato.
Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c'è dubbio... Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.
Joseph Campbell, filosofo
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Studio NewLife Nutrizione e Salute: Incontra il Miglior Nutrizionista di Bologna per Trasformare la Tua Salute
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L'IKIGAI: UNA PROFONDA ESPLORAZIONE DELLA FELICITÀ
L'ikigai, un concetto giapponese, rappresenta il nostro motivo di vita, ciò che ci spinge a vivere ogni giorno con passione e significato. È la somma di diversi elementi che insieme plasmano la nostra visione del mondo e il senso che attribuiamo alla nostra esistenza.
Esplorare l'ikigai significa comprendere le quattro dimensioni fondamentali che sono la chiave di accesso alla felicità duratura:
Quello che amiamo: Le nostre passioni, ciò che ci appassiona e ci rende veramente felici. Questo può essere un'attività, un'arte, un obiettivo.
Quello che gli altri amano di noi: La percezione che gli altri hanno di noi, ciò che apprezzano o ammirano in noi. Spesso questo coincide con le nostre qualità uniche.
Quello che sappiamo fare: Le nostre abilità, competenze e talenti unici che possiamo offrire al mondo. È il nostro bagaglio di conoscenze.
Quello che possiamo fare per il mondo: Come possiamo contribuire al benessere degli altri e al miglioramento della società. È legato all'impatto che desideriamo creare.
Il percorso verso l'ikigai richiede una profonda auto-riflessione:
Identificare i valori e gli ideali personali: Ciò che è veramente importante per noi.
Riconoscere la passione e ciò che ci motiva: Ciò che ci spinge ad alzarci ogni mattina e rende la vita significativa.
Capire come possiamo contribuire: Scoprire come le nostre abilità e passioni possono essere utili agli altri.
Esempi di trasformazione attraverso l'Ikigai:
Storia di Laura: Laura ha sempre amato cucinare e si rende conto che vuole condividere la sua passione. Avvia un'attività di catering che non solo le permette di esprimere la sua creatività, ma offre anche pasti sani e deliziosi per le persone occupate del suo quartiere. Questo la fa sentire appagata, contribuendo al benessere degli altri.
Storia di Matteo: Matteo ha sviluppato una passione per la fotografia e ha una competenza straordinaria nel catturare momenti speciali. Decide di unire le sue abilità alla sua passione per l'aiuto agli altri e inizia a lavorare come fotografo per organizzazioni no-profit. Ora cattura i momenti toccanti delle missioni umanitarie e aiuta le organizzazioni a raccogliere fondi per cause sociali.
Questi sono solo alcuni esempi, ma mostrano come individui diversi possono scoprire e realizzare il loro Ikigai, integrando passioni, abilità, valori e bisogni del mondo circostante.
Spesso, raggiungere l'ikigai richiede tempo e impegno, ma è un viaggio che può trasformare profondamente la nostra vita. È un cammino in cui investire le risorse e decidere la direzione che desideriamo per la nostra esistenza. Se desideri esplorare ulteriormente questo viaggio alla scoperta del tuo ikigai e desideri supporto nell'analisi dei tuoi valori e delle tue passioni, sarò lieto di essere il tuo sostegno in questo viaggio. Contattami per iniziare questo straordinario percorso verso la scoperta del tuo ikigai.
"Scopri il tuo Ikigai e avvicinati alla felicità duratura! Inizia oggi il tuo viaggio verso la realizzazione personale e la gioia autentica. Contattami per iniziare questa meravigliosa esplorazione della tua esistenza e dare il significato che meriti alla tua vita!"
Tito Bisson
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