#metaletteratura
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Finalmente Marlena scopre che cos'è questo progetto segreto chiamato "Danny Phantom Afterdark", quello che il suo collega Neil pensa essere così interessante. Perché mai è stato interrotto? Cosa c'era di oscuro, nascosto in un semplice cartone animato? E perché adesso la polizia sta per fare irruzione negli studios?
Scoprite questo, e molto altro ancora, nel nuovo, divertente capitolo de "Gli dei in catene". Non perdetevelo ;)
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Lunedì 23 Settembre 2024 alle ore 20.30 il GdL "Chiave di Lettura", presso i locali della Biblioteca San Valentino, si incontrerà per discutere insieme del libro “Oltre l’inverno” di Isabel Allende proposto dalla nostra Arianna Pascetta
Lucía, cilena espatriata in Canada negli anni del brutale insediamento di Pinochet, ha una storia segnata da profonde cicatrici: la sparizione del fratello all’inizio del regime, un matrimonio fallito, una battaglia contro il cancro, ma ha anche una figlia indipendente e vitale e molta voglia di lasciarsi alle spalle l’inverno. E quando arriva a Brooklyn per un semestre come visiting professor si predispone con saggezza a godere della vita. Richard è un professore universitario spigoloso e appartato. Anche a lui la vita ha lasciato profonde ferite, inutilmente annegate nell’alcol e ora lenite solo dal ferreo autocontrollo con cui gestisce la sua solitudine; la morte di due figli e il suicidio della moglie l’hanno anestetizzato, ma la scossa che gli darà la fresca e spontanea vitalità di Lucía restituirà un senso alla sua esistenza. La giovanissima Evelyn è dovuta fuggire dal Guatemala dove era diventata l’obiettivo di pericolose gang criminali. Arrivata avventurosamente negli Stati Uniti, trova impiego presso una facoltosa famiglia dagli equilibri particolarmente violenti: un figlio disabile rifiutato dal padre, una madre vittima di abusi da parte del marito e alcolizzata, un padre coinvolto in loschi traffici. Un incidente d’auto e il ritrovamento di un cadavere nel bagagliaio della macchina che saranno costretti a far sparire uniranno i destini dei tre protagonisti per alcuni lunghi giorni in cui si scatena una memorabile tempesta di neve che li terrà sotto assedio.
Isabel Allende (1942) è una scrittrice e giornalista cilena naturalizzata statunitense. Considerata una delle scrittrici più famose dell'America Latina, “La casa degli spiriti” è il suo romanzo più famoso. Ha partecipato a molti tour mondiali per promuovere i suoi libri e ha anche insegnato letteratura in vari college statunitensi. Vive in California dal 1989 e ha ottenuto la cittadinanza statunitense nel 2003. Nel settembre 2010 è stata insignita del Premio Nazionale di Letteratura del Cile. Ha scritto romanzi basati sulle sue esperienze di vita, ma ha anche parlato delle vite di altre donne, unendo mito e realismo, ha scritto anche romanzi storici, come “Inés dell'anima mia”, basato sulla vita di Ines Suarez, la prima spagnola ad aver raggiunto il Perù, oltre a “L'isola sotto il mare” che racconta la vita di una schiava di nome Zarité a Santo Domingo, ora Haiti, alla fine del XVIII secolo. La sua opera viene accostata al movimento letterario conosciuto come posboom, anche se alcuni studiosi preferiscono il termine novisima literatura. Questa corrente è caratterizzata dal ritorno al realismo e da una prosa più facile da leggere. Si abbandona il tentativo di creare nuovi modelli di scrittura (metaletteratura), e si pone l'accento sulla storia e la cultura locale.
Se volete partecipare, contattateci all'indirizzo mail: [email protected] oppure all'indirizzo, sempre mail, [email protected] e riceverete, in prossimità dell’incontro, il link di riferimento.
Vi aspettiamo per confrontarci insieme su questa autrice e scoprire il suo libro, non mancate!!!
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i brogli dei tca che diventeranno uno scandalo nei prossimi tca questa è metaletteratura
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Cos’hanno in comune Oscar Wilde e Umberto Eco?
Il capolavoro ha non solo l’incommensurabile dono di piacere in sé, ma anche quello di essere continua fonte di ispirazione: l’epopea omerica è stata emulata da Virgilio; un racconto popolare tedesco del XVI secolo ha ispirato, tra gli altri, il Faust di Goethe, il Doctor Faustus di Mann, Il maestro e Margherita di Bulgakov, opere musicali, pittoriche e una ventina di film; Il nome della rosa è stata la fonte di un grande film, di varie riduzioni teatrali, di un adattamento radiofonico a puntate, addirittura di giochi di società e ora anche di una fiction. Sono infatti iniziate a gennaio, a Perugia ma principalmente negli studi di Cinecittà, le riprese della serie TV Fox tratta dal romanzo di Umberto Eco. Rupert Everett si è accaparrato il ruolo dell’inquisitore domenicano Bernardo Gui, mentre John Turturro rivestirà i panni di Guglielmo da Baskerville (il nome è chiaramente un omaggio a uno dei più famosi romanzi di Conan Doyle), che nella pellicola del 1986 di Jean-Jacques Annaud era stato interpretato da Sean Connery. Nell’intervista “A Eco piacerebbe” Rupert afferma di essere entusiasta: “Il mio ruolo mi piace tanto perché è l’Inquisitore, un personaggio fantastico, deciso a combattere per il tipo di Chiesa che dovrebbe essere secondo lui la chiesa cattolica; è spietato e senza umorismo, sessualmente frustrato, un personaggio fantastico”. Inoltre, la durata di circa otto ore dovrebbe permettere di sviluppare temi di cui il libro è ricchissimo, mentre il film, per ovvi motivi di durata, aveva potuto toccare solo in superficie. Nel cast anche diversi attori italiani, tra i quali Fabrizio Bentivoglio e Alessio Boni.
Per essere meglio preparati, se ce ne fosse bisogno, vi consiglio di consultare i cinque motivi per cui (ri)leggere Il nome della rosa o le cinque curiosità che forse non sapete sul libro.
Per Rupert Everett la letteratura è costante fonte di stimolo: dopo aver portato sulla scena le commedie di Oscar Wilde (i bellissimi L’importanza di chiamarsi Ernest con Colin Firth e Judi Dench e Un marito ideale con Cate Blanchett e Julianne Moore, gustoso caso di metafilm o metateatro o metaletteratura, in cui i personaggi a teatro guardano una commedia di Wilde, che ne avrebbe composto un fantastico aforisma) e alcuni gialli - ahimè troppo pochi, era perfetto nelle vesti dello spocchioso detective britannico - in cui interpretava Sherlock Holmes, si è cimentato nella regia in The Happy Prince, biopic ambientato a Napoli che si concentra sull’ultima parte della vita dello scrittore irlandese, da lui stesso magistralmente impersonato (lodevole anche il trucco, data la scarsissima somiglianza tra i due).
Una breve carrellata dei suoi film tratti da opere letterarie: Another Country - La scelta, capolavoro assoluto sul tema LGBT tratto dall’omonima pièce di Julian Mitchell; Dellamorte dellamore dal romanzo di Tiziano Sclavi; Cortesie per gli ospiti da McEwan; Gli occhiali d’oro, da Bassani, di Giuliano Montaldo con Philippe Noiret, Stefania Sandrelli, Valeria Golino e Roberto Herlitzka (e non dimentichiamo la colonna sonora di Morricone) che affronta il tema LGBT durante il fascismo; Cronaca di una morte annunciata di Francesco Rosi da García Márquez, con Ornella Muti, Anthony Delon, Gian Maria Volonté e Irene Papas; Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali da Ransom Riggs; Sogno di una notte di mezza estate da Shakespeare; Stardust dall’omonimo romanzo di Neil Gaiman; La pazzia di re Giorgio dalla pièce di Alan Bennett.
Qualche curiosità sull’opera:
il titolo avrebbe dovuto essere in origine L’abbazia del delitto o Adso da Melk: lo dichiara l’autore stesso in una interessante intervista apparsa su Repubblica·
Eco ha dichiarato che l’incipit del primo capitolo «Era una bella mattina di fine novembre» è un riferimento al cliché «Era una notte buia e tempestosa», usato da Snoopy per l’inizio di ciascuno dei suoi romanzi·
le fonti sono innumerevoli: da Sherlock Holmes, a padre Cadfael di Ellis Peters, a L’ordalia di Alighiero Chiusano, a Borges a infinite altre·
ha ottenuto un vasto successo di critica e di pubblico, è stato tradotto in oltre 40 lingue con più di 50 milioni di copie in trent’anni. Ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti, tra cui il Premio Strega, ed è stato inserito nella lista de “I 100 libri del secolo di Le Monde” e in quella de “I 1000 romanzi che ognuno dovrebbe leggere” del quotidiano inglese The Guardian, benché (ingiustamente) sconfessato dall’autore, ma si tratta, è chiaro, di un vezzo da star...·
il nome del monaco anziano Horge da Burgos, pericoloso antagonista di Gugliemo, è evidentemente un omaggio a Jorge Luis Borges·
ecco il segreto del finale, secondo le parole stesse dello scrittore: “Coloro che ad esempio nella ‘rosa’ hanno trovato un riferimento allo shakespeariano a rose by any other name, sbagliano. La mia citazione significa che le cose non esistono più e rimangono solo le parole. Shakespeare dice esattamente l’opposto: le parole non contano niente, la rosa sarebbe una rosa con qualunque nome”.
Qualcuno ha detto che finire un buon libro è come dire addio a un amico; a me personalmente prende il panico e mi dico: “E adesso come faccio, non ne troverò mai un altro così bello!”. Per fortuna non è così e libri belli se ne trovano sempre, certo Il nome della rosa resta indelebilmente nella memoria di chi l’ha letto, anzi è opportuno rileggerlo perché la prima volta si è travolti dalla irresistibile trama gialla, mentre la seconda si possono apprezzare con maggiore attenzione gli excursus letterari, storici e filosofici, le descrizioni di architetture e opere d’arte (sembra quasi di riassaporare lo Hugo alle prese con i gargoyle di Notre Dame), le innumerevoli notizie sulle sette eretiche del medioevo e molto altro ancora.
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Vorrei iniziare a leggere Italo Calvino ma non so da dove iniziare ;; da quale libro mi consiglieresti di partire?
MI FAI UN SACCO FELICE CON QUESTA DOMANDA ANON
Allora, partiamo dal presupposto che Calvino ha scritto di tutto e in quantità abnormi, quindi veramente hai l’imbarazzo della scelta.
Se non hai mai letto niente niente niente e vuoi spulciartelo un po’ da zero, ecco, ti consiglio di seguire questo ordine qui, ma non prenderlo come un regolamento assoluto da seguire alla lettera, prosegui come preferisci.
Il sentiero dei nidi di ragno, è il suo primo romanzo, tratta della Resistenza e ci sono già tutti i suoi tratti distintivi, primo tra tutti la leggerezza dello stile e un sottotesto quasi fiabesco - nonostante il tema truce.
La trilogia degli antenati (Il visconte dimezzato, Il barone rampante, Il cavaliere inesistente) è praticamente una trattazione filosofica sull’uomo, ma anche senza tutta questa analisi è comunque una lettura piacevolissima, leggera (ancora: molto fiabesca) e... bella. Non so come altro definirtela, Anon. Il mio preferito è il testo di mezzo, per la cronaca, Il barone rampante. Ah, puoi leggerli nell’ordine che preferisci.
Gli amori difficili se vuoi qualcosa di più leggero e meno impegnativo, sono raccontini piuttosto brevi,
E adesso passiamo alle cose più tostarelle:
Le cosmicomiche: racconti di stampo scientifico. Pazzesche, ma tutt’altro che letture leggere in alcuni casi.
Le città invisibili, sono descrizioni di città immaginarie che potrebbero sembrare un esercizio di stile, ma su ciascuna delle quali si potrebbe scrivere un saggio.
Se una notte d’inverno un viaggiatore. Metaletteratura. Non ti dico altro: scoprilo
Palomar: le vicende di questo individuo apparentemente del tutto inabile alla vita, in realtà una enorme riflessione sui limiti della letteratura e della scienza nella rappresentazione della realtà.
Se invece ti vuoi buttare sulla saggistica, te ne consiglio due:
Una pietra sopra, saggi e articoli di argomento vario.
Lezioni americane, un saggio sugli aspetti della letteratura/narrazione che ti consiglio caldamente anche e soprattutto se ami scrivere.
Ecco, scusami il papiro Anon, ho fatto di tutto per mantenermi più concisa possibile. Buona lettura, fammi sapere se li leggerai, quali leggerai e se ti piaceranno!
#Italo Calvino#Calvino#Letteratura#Ask#Anon#Letteratura Contemporanea#Il sentiero dei nidi di ragno#La trilogia degli antenati#Il barone rampante#Il visconte dimezzato#Il cavaliere inesistente#Le cosmicomiche#Gli amori difficili#Le città invisibili#Se una notte d'inverno un viaggiatore. Palomar#Una pietra sopra#Lezioni americane#Anonymous
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Metaletteratura
Mi piacerebbe raccontare una storia.
Una storia di due persone. Due adulti, che, in quanto tali, hanno già delle storie alle spalle. Queste storie, come quelle di tutti, sono fatte di sconfitte e di battaglie, momenti di gloria e di sconforto.
Siccome mi piacerebbe che la storia che racconto fosse una storia d'amore, dovrei concentrarmi sul vissuto sentimentale di questi personaggi, fatto di ferite subite ed inferte, di estasi tramutate in incubi, di fiducia e speranze tradite.
Come premessa potrebbe sembrare alquanto cupa, ma, in effetti, perché il racconto funzioni, i due protagonisti dovrebbero essere in vario grado soli, all'inizio della storia (il fatto che esistano diverse gradazioni nella solitudine è uno degli argomenti di cui si dovrebbe occupare il racconto, per cui non lo sviluppo qui).
Mi piacerebbe raccontare di come queste due persone arrivino ad incontrarsi, in modo più o meno casuale, come sono casuali quasi tutti gli incontri. Vorrei che si piacessero, che si sentissero attratti, che avvertissero una strana forza, inspiegabile ma efficace come la gravità, che vuole unirli, e al contempo raccontare di come loro oppongano a questa forza una strenua resistenza.
Del resto, questa resistenza, è già scritta nel percorso che li ha portati fino a qui. La loro esperienza gli ha insegnato che è fin troppo facile farsi o fare del male, quando sono in gioco i sentimenti, e nessuna delle due situazioni (attiva o passiva) è particolarmente desiderabile.
E così racconterei delle accelerazioni e dei rallentamenti (come si abbracciano due porcospini? con molta, molta cautela), degli avvicinamenti e dei distacchi, dei momenti in cui comanda l'istinto e di quelli dominati dalla ragione.
E mi piacerebbe chiudere il racconto con un equivalente moderno del "vissero per sempre felici e contenti", perché sappiamo che il "per sempre" non esiste, ormai siamo grandi e le favole non ci infinocchiano più, però felici e contenti, magari non in continuazione ma per una buona percentuale di esistenza, possiamo esserlo.
Ecco, non so se ne sarei mai capace, ma mi piacerebbe.
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“Tolstoj e Dostoevskij facevano sembrare artificiali i romanzi scritti in Europa”: rileggiamo William Somerset Maugham, uno scrittore al servizio (segreto) di Sua Maestà, in Russia
Uno dei generi più bistrattati dall’editoria italica sono i diari privati degli scrittori. Capiamoci: possiamo leggerne quanti vogliamo, sia andando in libreria che in biblioteca. Il punto è un altro. Rispetto al lettore inglese del Regno Unito, quello italiano ha meno consuetudine col pensiero lento dell’ideazione, con l’annotazione quotidiana, quasi a scarico di coscienza, tipico della scrittura e del mental habit anglosassone. Peccato, perché molti scrittori sottovalutati per i loro libri si mostrano invece di grandezza inaudita nei diari privati. Uno per tutti: William Somerset Maugham.
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Nel 1917 è Maugham ha 43 anni ed è affermato al punto da venir impiegato dal Servizio di Sua Maestà per andare a spiare cosa succedeva nella novella Repubblica dei Soviet. Traduco alla data 1917 del suo diario reso pubblico nel 1949 e mai apparso in italiano (A writer’s notebook): “Sono stato indotto a interessarmi della Russia per le stesse ragioni, più o meno, che avevano i miei contemporanei. Ragione ovvia: l’invenzione. Tolstoj e Turgenev, ma soprattutto Dostoevskij, offrivano un’emozione diversa dai romanzi degli altri paesi. Facevano sembrare artificiali i romanzi scritti in Europa occidentale. La loro novità mi rese iniquo nei confronti di Thackeray, Dickens e Trollope con la loro morale convenzionale; e persino i più grandi di Francia, Balzac, Stendhal e Flaubert, al confronto sembravano formali e un tantino frigidi. La vita che questi inglesi e francesi ritraevano era familiare; e io, come altri della mia generazione, ne ero stanco. Descrivevano una società manierata. I suoi pensieri erano stati pensati troppo spesso. Le sue emozioni, anche quando stravaganti, lo erano all’interno di limiti ordinati. Era un’invenzione idonea per la società medio borghese, ben pasciuta, ben vestita, ben arredata e i suoi lettori era determinati a tenere in mente che tutto quel che leggevano era dato perché vi credessero”. Come nota di viaggio di un uomo in più serie cose affaccendato che non la letteratura, non è per niente male.
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Un’altra spulciatura nelle pagine di diario: “I fantastici anni Novanta smossero gli intelligenti dalla loro apatia, rendendoli senza requie e scontenti, ma non diede loro nulla di soddisfacente. Vecchi idoli furono scossi, ma quelli innalzati al posto loro erano di cartapesta. Gli anni Novanta parlarono molto di arte e letteratura, ma le loro opere furono come conigli giocattolo che saltano intorno per un’ora da quando li carichi e poi improvvisamente con un click si fermano stecchiti”.
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Del resto, nel diario Maugham annota caratteri trovati nelle traversate in boat negli anni Trenta: il soppalco dei suoi racconti nei Mari del Sud. A volte, anzi, anche meglio il diario delle storie inventate: c’è una nota di sette righe dove descrive un certo Melville. Realtà che si tinge di metaletteratura.
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Come è consueto nel genere diaristico, Maugham inizia da giovane a segnare pensieri e aforismi. Sono di un cinismo inaudito, se solo pensiamo che un secolo fa scrive “la vita moderna richiede la specializzazione dei sessi, di conseguenza bisogna rivedere le nostre idee sulla prostituzione”. Oppure, meno delicato: “Poeti moderni. Mi contenterei se fossero meno intelligenti a patto che avessero più sentimento. Producono piccole canzoni non da grandi dolori, bensì da sobri piaceri di gente bene istruita”.
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Maugham, per tornare alla sua statura di letterato, ha delle buone pagine dove riflette sulle mode culturali. Eccone una del 1917: “Resurrezione è un libro che deve la sua reputazione al suo autore. Lo scopo morale ha oscurato l’arte, ed è un trattato più che un romanzo. Le scene in prigione, il resoconto del viaggio della prigioniera in Siberia, danno l’impressione sfortunata di esser stati prodotti da uno sgobbone; ma Tolstoj aveva grandi doni e nemmeno qui essi scompaiono del tutto. Gli effetti di natura sono descritti con mano felice, a un tempo realistica e poetica, e riesce a darci come nessun altro nella letteratura russa i profumi della notte del villaggio, il calore del mezzogiorno e il mistero del tramonto. Il suo potere di caratterizzazione è straordinario e in Nechljudov, benché forse non abbia ritratto il carattere come desiderava, con la sua sensualità e misticismo, la sua testa arruffata, la sua timidezza e testardaggine, ha creato un tipo nel quale ogni russo può riconoscersi. Ma forse da un punto di vista tecnico il fatto più notevole del libro è la galleria immensa di caratteri subordinati, alcuni dei quali compaiono in una sola pagina, e che sono ritratti, spesso in tre o quattro righe, con una distinzione e un’individualità che ogni scrittore deve per forza rilevare come straordinaria. La maggior parte dei personaggi nelle opere di Shakespeare non sono per nulla caratterizzati: sono dei semplici nomi con un certo numero di righe da dire, e gli attori, i quali hanno spesso un istinto preciso in materia, ti diranno quali grandi sforzi richieda mettere dell’individualità in queste marionette; ma Tolstoj dà a ogni uomo una sua propria vita e carattere. Un commentatore astuto potrebbe arzigogolare sul passato e suggerire il futuro per i caratteri meglio ritratti”.
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Insomma, perché Maugham non sfonda più, nonostante le conclamate perle ripescate da Adelphi? Forse perché si è usurato, almeno davanti al pubblico italiano, con le belle edizioni Mondadori tra anni Cinquanta e Sessanta. È una risposta plausibile ma certo ve ne sono altre. Chiaramente il suo cinismo non ha pagato bene. Eccovi qui in fondo, come esortazione a riscoprire Maugham all’infinito, un “assaggio di saggio” che gli dedicò Graham Greene, altro scrittore a tempo perso.
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Nota per scassinatori. Maugham in URSS fu agente di influenza. Gli agenti di influenza sono le cose più fini e intelligenti, perdonate il gioco di parole, dell’intelligence. Se noi sapessimo chi sono oggi quelli operativi in Italia, da una parte o dall’altra, ci metteremmo a ridere o a piangere. Il comunismo URRS era un golpe, ma fatto male: e così tutti gli altri comunismi. Quello che però venne bene, a San Pietroburgo, era opera dei servizi altrui e di una certa ingenuità del potere zarista. Leggete il libretto di Malaparte sulla Tecnica del colpo di stato, ma evitate come la scarlattina quello di Luttwak, un fesso inimmaginabile. Luttwak, come Ginzburg e tutto il leftism presi per la collottola, è così banale e abborracciato al confronto di Malaparte.
Altri danni del leftism: se si capisse davvero come è fatto tuttora, all’interno, il comunismo (Sogno l’aveva capito perfettamente) non avremmo più questa influenza universitaria. Andate a vedere la tesi di Andrea Pannocchia, che si laureò a Firenze, Cesare Alfieri, con una tesi su La disinformazione sul caso Gladio, un buon lavoro che per essere realizzato ha visto, come nei videogiochi, tutti i “livelli”, uno dopo l’altro. La trovate sulla rete.
Quanto alle note di servizio di Maugham, non saranno mai messe fuori dagli inglesi, per nessuno. Sarebbe utopia, invece, se le università ci regalassero libri approfonditi sul tema “professori in servizio”. Ma è un’utopia spiacevole: l’università, in USA come da noi, serve solo a chi ci prende lo stipendio dentro. Niente è pensato per il mercato, l’utente finale, l’utile e il reale. Goethe sì che si laureava (in Legge) a sedici anni, noi dobbiamo fracassarci i cabbasisi per garantire un quid (vedere Wodehouse) agli illustri Professori. Ricordiamoci perciò di Lawrence d’Arabia: “niente è scritto”. Se solo avessimo un libro scritto da universitari su storici universitari, come Michael Grant (m. 2004) che conosceva a menadito il mondo antico e le sue monete, scavava in Turchia fino all’inizio della guerra e prima di tornare a Khartoum fingeva di fare il giornalista a Roma. Grant è stato realmente l’ultimo degli archeologi di Sua Maestà: i suoi libri su Tacito, pieni di fatterelli, sono ancora piacevoli ed esatti. Probabilmente lui era un pessimo agente segreto, ma certo dalla sua biografia verrebbe fuori una storia piacevole. Dicono che Grant fosse simpaticissimo e parlasse un buon italiano: forse era persino gradevole, ma dopo il terzo whisky.
Andrea Bianchi
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Graham Greene, Pensieri diversi su Somerset Maugham
Don Fernando è un libro inatteso per quelli che considerano Maugham in prima battuta come: adulterio in Cina, assassinio in Malesia, suicidio nei mari del Sud, e altre storie violente e colorate che hanno alzato così bene il livello delle riviste di consumo. Ma c’è un Mr Maugham più importante di questo: l’osservatore astuto, critico e umano de Lo scheletro nell’armadio, quello delle migliori storie in Ashenden, quello della prefazione alla raccolta di racconti (The Casuarina Tree). La caratteristica più evidente in questi libri e in Don Fernando è l’onestà. È emersa lentamente dal passato cinico e romantico del nostro; ci sono passaggi nei racconti asiatici e ne Il velo dipinto che Maugham deve trovare assai imbarazzanti da ricordare, ed è interessante apprendere in Don Fernando che la sua vasta conoscenza di testi spagnoli la accumulò da giovane, quando voleva materiali grezzi per un romanzo dongiovannesco che non compose mai.
Maugham non è pedante né soffre di poca immaginazione. L’onestà è una forma della sensibilità, e avete necessità di un orecchio molto sensibile per rintracciare nelle opere verbose di Calderon, come dice Maugham, “il rullo di tamburi di potenze invisibili, un rullo dal rumore sottile, mentre accade questa e quella cosa”. Si può sorridere al solo pensiero di Maugham che pratica gli esercizi spirituali di Loyola e li trova assai severi (“mi sembrava di stare per ammalarmi”), ma è questa qualità di esperienza onesta a dare al suo stile tanta vividezza. (…)
Le storie brevi di Maugham sono così note che un recensore può essere perdonato se si sofferma principalmente sulla prefazione che Maugham ha apposto alla raccolta di racconti. È un testo piacevole e per gente sensibile e tratta delle sue storie brevi, opera pregevole perché segnala un punto di vista del tutto ignoto tra gli scrittori inglesi: conosco solo Cechov come autore in grado di rappresentare con precisione di mano la comunicazione tra spirito e spirito. Invero, in anni recenti gli scrittori inglesi di storie brevi hanno seguito Maupassant invece di Cechov.
Maugham è scrittore di grande deliberazione anche quando il suo stile perde la cura (“bocca bruciante”, “nudità dell’anima”, “bocca come una ferita scarlatta”); sentiamo che non perderà mai la testa; ha un punto di vista bilanciato. (…) Anche nel suo libro personale, Catalina, l’autore non vuole comunicare più di quel che pertiene all’autorità di un autore in senso generale; diversamente da un autobiografo professionista, non ci porta con prontezza di venditore dentro la sua confidenza. La sua vita è una raccolta di materiale adatto per la drammatizzazione e lui l’ha adoperato ai fini dell’inventiva. C’è un sentiero fisso nella sua scrittura e non siamo incoraggiati a guardare l’ordito dietro la trama della sua vita: la sua vicenda in ospedale (la reputazione di Liza di Lambeth); l’agente di influenza (andare a Ashenden); il viaggiatore – ci sono molti libri. Il senso di privacy, così raro e attraente come qualità d’autore, si sprofonda nei riferimenti lasciati in bianco alle esperienze dentro il servizio segreto in Russia, poco prima della Rivoluzione, riferimenti dei quali non vi sono tracce dirette nelle sue storie.
Maugham semmai si avvicina alla confidenza nella descrizione del suo credo religioso – se siete in grado di definire come credenza l’agnosticismo, e inoltre il fatto che sul punto Maugham parla anche senza conoscere i suoi interlocutori, ebbene questo ci lascia di stucco. Ci sono segnali di confusione, contraddizioni, lampi di inibizione. Se non fosse così, non troveremmo la sorgente profonda delle sue limitazioni, giacché l’arte creativa sembra rimanere una funzione della mentalità religiosa. Maugham l’agnostico è forzato a minimizzare tutto – dolore, vizio, l’importanza dei suoi compagni sulla terra.
Non può credere in un Dio che punisce e perciò non può credere nell’importanza dell’azione umana. Non è difficile, scrive, “perdonare le persone per i loro peccati” – e suona come carità, ma potrebbe essere, banalmente, disprezzo. In un altro punto fa riferimento con comprensibile distacco agli scrittori che “con magniloquenza ti diranno se una troietta [trollop] può finire a letto con un giovane uomo, bello ma noioso”. Questo è tema vecchio come Troilo e Cressida, ma per la mente del Cinquecento cose come “uomo noioso” e “importanza del peccato” non esistevano proprio; gli scrittori creativi di quel tempo tracciavano i caratteri umani con una chiarezza che non abbiamo più eguagliato, chiarezza che ci hanno mostrato solo i Russi in anni recenti, e questo perché gli uomini rinascimentali come Shakespeare erano accesi dall’ira luminosa e dalla estrema importanza che per poco ci trasmette la guerra. Togliete agli uomini la loro importanza che li porta in paradiso o in inferno e avrete spogliato i caratteri della loro individualità: di qui alla domandona “Cosa deve fare una Donna Socialista?” il passo è breve. Non siamo riusciti a ricordare i caratteri di Maugham ma semmai il loro narratore, col suo disprezzo per la vita umana, la sua infelice onestà. (1935-8)
Graham Greene
* traduzione di Andrea Bianchi dai Collected essays
L'articolo “Tolstoj e Dostoevskij facevano sembrare artificiali i romanzi scritti in Europa”: rileggiamo William Somerset Maugham, uno scrittore al servizio (segreto) di Sua Maestà, in Russia proviene da Pangea.
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di Alceo Lucidi
GROTTAMMARE – Gli incontri culturali dell’associazione “Blow Up” di Grottammare, nell’ambito del copioso programma 2017/2018, intitolato Qualunque cosa pensi. Pensa il contrario (23ema stagione), sono giunti al quinto appuntamento. La cena letteraria, organizzata di concerto con il blog “Leggere 54” e condotta da Filippo Massacci, nell’incantevole scenario della Vineria M481 del paese alto di Grottammare, ha avuto per tema l’Odissea di Omero vista come tappa fondamentale nella nascita della letteratura e della costruzione narrativa.
Nel testo, datato tra il IX e l’VIII secolo a.c., forse non attribuibile all’opera di un unico autore, per le diverse forme linguistiche (dialetti greci) che vi mescolano, vi è la prima affermazione del soggetto parlante in forma scritta della storia umana, esordisce Massacci. Ripercorrendo tre momenti salienti della tormentata vicenda epica del figlio di Laerte, dopo la vittoriosa battaglia dei greci a Troia del XIII secolo a.c., incentrata attorno alle sfolgoranti gesta dell’ingegnoso Ulisse e del suo cavallo, è stato dunque individuato il centro dell’opera stessa nell’affermazione della volontà del soggetto eroico come fattore di determinazione del proprio destino.
In effetti, nel libro quinto, prima Ulisse rifiuta l’immortalità promessagli dalla bellissima Dea Calipso, che vuole a tutti i costi trattenerlo a sé, presso l’isola di Ogigia; poi, nell’affrontare il ciclope Polifemo, nel libro IX, svela la propria identità, dopo avere beffato il gigante, attirando così le ire del padre Poseidone, dio dei mari, che lo porta nuovamente a naufragare; da ultimo, nel delizioso libro VIII, piange per vedersi riflesso nella storia della propria avventurosa vicenda narrata dell’aedo Demodoco, nell’isola di Scheria, presso il re Anchiloo. Primo emblematico esempio di metaletteratura (la letteratura che riflette sopra se stessa).
Ad ogni modo, nello stile di queste serate, incentrate sull’approfondimento, la condivisione, la riflessione, dove il buon cibo si alterna alle delizie dello spirito, l’attenzione è stata portata, a più ampio raggio, anche sull’origine del pensiero critico e, di riflesso, della scrittura, di cui l’Odissea è compiuta e diretta filiazione. Argomenta il buon Filippo che, alla fine dell’ultima glaciazione (detta di Würm), terminata oltre 9.000 anni prima di Cristo e duratane bene 100.000, vi fu una generale riorganizzazione degli assetti sociali ed organizzativi delle comunità preistoriche, dovuta, in età neolitica, all’introduzione delle pratiche agricole, al perfezionamento della lavorazione della pietra e alla costituzione dei nuclei urbani (il primo che si ricordi, di importanti dimensioni, ancora in corso di scavo, è quello di Catalhöyük, sugli altopiani meridionali dell’Anatolia in Turchia, risalente ad almeno 7.400 anni prima di Cristo).
Più in particolare, venuto meno l’assillo della pura lotta per la sopravvivenza, il surplus produttivo ed una maggiore disponibilità di tempo spinsero l’uomo a meditare sulla propria condizione, ad acuire l’ingegno, a costruire complessi di relazioni. Massacci cita in tal senso il libro di un noto fisiologo americano, Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie (Premio Pulitzer 1997), dove si fissano i fattori di sviluppo culturale, geografico ed ambientale che determinarono il predominio della civiltà occidentale sul mondo ed una più compiuta evoluzione antropologica in senso generale.
L’ultima parte, dedicata alle curiosità attorno all’Odissea, ha dato modo di espandere la trattazione in direzione diverse e, a volte, impreviste, spaziando nella storia della letteratura. Si è giunti così all’Ulisse di James Joyce, uscito nel 1922, opera rivoluzionaria per eccellenza, dissolvitrice del romanzo tradizionale, nel suo stile irrisolto ed imploso, uno dei testi fondamentali del XX secolo. Lo sapevate poi che un certo Fenice Vinci, ingegniere nucleare, appassionato di classici, si applicò a studiare, in un saggio dal titolo Omero nel Baltico del 1995, la tesi per cui i reali i luoghi di ambientazione dell’Odissea e anche dell’Iliade sarebbero stati i più freddi lidi dei mari del Nord (Baltici appunto) e non il Mediterraneo orientale?
Pur senza solide basi scientifiche, al centro di dibattiti accademici, la teoria di Vinci, secondo la quale gli Achei, agli inizi del II millennio a.c., a seguito di un irrigidimento del clima, si sarebbero spostati nel sud dell’Europa con il loro carico di racconti e saghe orali, fu in seguito assecondata dal camaleontico Umberto Eco nel suo volume Storia delle terre e dei luoghi leggendari.
Il programma prevede, per la settimana in corso, in occasione della ricorrenza della Rivoluzione bolscevica, un doppio appuntamento: questa sera 24 ottobre lo spettacolo Majakovskjana, recital di poesie del grande poeta russo di e con Vincenzo Di Bonaventura, presso il Teatro dell’Arancio di Grottammare a partire dalle 21 e, giovedì 26, la lectio magistralis del prof. Roberto Crespi dal titolo Geometrie d’ottobre. Le arti in Russia e la Rivoluzione del 1917.
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Tutti i libri di agosto.
“Le ore” di Michael Cunningham
Tre donne, una famosa scrittrice morta nel 1941, una casalinga degli anni Cinquanta e una newyorkese dei giorni nostri; cosa le accomuna? L’amore per la letteratura, certo, ma non basta. In questo libro emerge ogni tipo di amore: quello per il marito, per la sorella, per i figli o per la propria compagna, quello per il migliore amico che sta morendo, quello per il proprio lavoro. Ma anche qualunque tipo di dolore: quello per le atrocità della guerra, per la solitudine, per il lutto imminente, per non aver realizzato i propri sogni. Questo miscuglio di emozioni si condensa in tre storie che appaiono distinte e separate solo all’inizio, ma che ben presto lasceranno intravedere il filo rosso che le lega. Un romanzo che rimane dentro anche dopo averlo finito, che lascia con l’amara consapevolezza di quanto difficile sia trovare la strada per la propria felicità.
“La pioggia prima che cada” di Jonathan Coe
Una vita di ricordi narrata attraverso le fotografie. Sì perché come si può condividere un’immagine con una persona che non può vedere, se non attraverso le parole? Rosamond, l’anziana protagonista di questo romanzo, è morta, tuttavia la sua voce viaggia tra le pagine dall’oltretomba, descrivendo in ogni particolare gli eventi principali della storia che l’hanno portata a perdere le tracce della destinataria del racconto. Noi lettori veniamo sospinti attraverso gli anni e attraverso le fotografie che ne hanno impresso degli attimi, sull’onda dei ricordi, delle emozioni e dei rimpianti di una donna che decide di raccontare la propria verità prima di morire.
“Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino
L’idea alla base di questo libro è veramente bella e originale (e da Calvino non ci si aspetterebbe diversamente), trattandosi propriamente di “metaletteratura”. La storia riguarda noi lettori, all’inizio proprio noi in senso stretto, in quanto l’autore sceglie di rivolgersi direttamente a chi lo sta leggendo in quel momento, e in seguito alla figura del lettore in astratto, personificata nel protagonista, il quale è costretto a compiere un viaggio alla ricerca dei finali delle storie che inizia, interrompe suo malgrado e, alla fine, non riesce mai a concludere. L’originalità sta nel fatto che Calvino ci coinvolge direttamente inserendo, alternandoli ai capitoli che riguardano il protagonista, le storie che egli legge durante tutto il corso della vicenda. Questo ci consente di condividerne la frustrazione del non riuscire mai a sapere come andranno a finire! Bello, no?
“Cinder” e “Scarlet” di Marissa Meyer
Saga che sancisce il mio ritorno al fantasy dopo parecchio tempo, riuscendo in ciò che credevo improbabile, cioè farmene sentire la mancanza. La saga delle Cronache Lunari prende le mosse da quattro fiabe che tutti noi conosciamo, in particolare nei primi due volumi le storie personali delle protagoniste, Cinder e Scarlet, ricordano per alcuni dettagli quelle di Cenerentola e Cappuccetto Rosso. L’abilità dell’autrice è stata innanzitutto quella di non cadere nel rifacimento ma di averne sfruttato, per l’appunto, solo pochi dettagli; in secondo luogo, la Meyer è stata capace di creare un universo distopico senza forzature e affascinante, con una Terra divisa in pochi Stati e una Luna abitata da esseri con poteri mentali e guidata da una “Regina Cattiva” che vuole muovere guerra al nostro pianeta. Le due eroine, a differenza delle corrispettive fiabesche, non hanno bisogno di nessun principe per uscire vincitrici dalle proprie battaglie.
“Strane creature” di Tracy Chevalier (che non appare nella foto perché me ne sono subito liberata)
Basato sulla storia vera di Mary Anning, paleontologa britannica che da ragazzina trovò il primo scheletro completo di ittiosauro, il libro cerca di far emergere le difficoltà connesse all’essere una donna nell’Ottocento, nello specifico ad essere una donna appassionata di fossili, mestiere ritenuto, come ogni altra cosa, prerogativa degli uomini. Le premesse per scrivere qualcosa di grandioso c’erano tutte, purtroppo la scintilla tra me e questa autrice non è mai scattata e mai lo farà. L’ho trovato un romanzo piatto, noioso, estremamente lento, con dialoghi forzati e personaggi scarsamente caratterizzati e fin troppo stereotipati.
“Pastorale americana” di Philip Roth
Difficile trovare un altro libro che esprima così bene il crollo delle illusioni e delle speranze che guidano ciascuno di noi nell’immaginare la vita che vorremmo avere. Roth toglie la maschera all’ideale di perfezione americano e lo dà in pasto ai suoi lettori, che assistono impotenti e affascinati allo sfacelo di ciò che era attraente solo in apparenza. I personaggi sono di una complessità fuori dal comune, riescono a catapultarci nel vortice degli accadimenti nascondendo fino alla fine quale sia il vero protagonista: l’America, con tutte le contraddizioni, paradossi ed esagerazioni di cui è capace. Un libro lento da digerire che merita molto più che poche righe scritte in fretta. Leggetelo e lasciate che vi cresca dentro.
“La casa degli spiriti” di Isabel Allende
Romanzo familiare che copre quasi un secolo di storia cilena, dallo sfruttamento dei mezzadri alla presa di coscienza di possedere anch’essi tutti i diritti appartenenti alla sfera del rispetto della dignità umana, alla pari di qualsiasi altro lavoratore, dai lunghi anni di potere mantenuto a tutti i costi da parte del Partito Conservatore all’ascesa del Comunismo, per finire con il colpo di Stato e alla conseguente dittatura militare. Su questo sfondo storico si compiono le vite dei protagonisti e dei loro fantasmi, le cui storie eterogenee approfondiscono ogni aspetto del variegato contesto politico cileno, affiancando figure ispirate e rivoluzionarie ad altre profondamente stoiche e conservatrici. L’elemento centrale del romanzo, tuttavia, è il realismo magico, incarnato nella figura eterea e fuori dal tempo di Clara, la quale molto spesso si rivela essere argine alla violenza, salvatrice, fonte di ispirazione, nonché snodo principale delle vite, delle vicende e dei destini di tutti i protagonisti.
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Black Butterfly La metaletteratura è un genere da usare con la massima cautela. Se sei Calvino, Borges o anche "solo" Paul Auster puoi creare dei capolavori, altrimenti rischi.
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di libri e di città
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Comincia la vivisezione! Ma tranquilli, ad essere vivisezionato ed analizzato sarà solamente... un pupazzo! Un grosso, grosso pupazzo. E il nostro team di "dottori" è composto da una storyboard artist, una fangirl entusiasta e un "jack of all trades" con la passione per i piercing.
Quali sono i segreti di Plazzy, la maquette che Marlena (la nostra protagonista) ha trovato negli studi della Nickelodeon?
Scoprite questo, e molto altro ancora, nel nuovo, divertente capitolo de "Gli dei in catene". Non perdetevelo ;)
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- Charles Bukowsky ; Storie di ordinaria follia Definizione da Dizionario. arraffazzonato,approssimativo ed incisivo come sempre Chinaski
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Stranieri
Com'è spiazzante sentirsi così stranieri! E invidiare i lampioni e le pietre del corso perché fanno parte della città più di te. Certo, per le pietre e i lampioni le unità di spazio e di tempo non sono state mai messe in discussione. Ma per noi, per noi tutto fugge. E si disgrega. Anche l'identità.
Giustificazione #1 : Notate bene come io me ne sbatta altamente del corretto uso della congiunzione copulativa. "E" comunemente si usa per coordinare e il punto fermo traccia un solco grande così tra una frase e l'altra. Un fossato, con tanto di coccodrilli. E' un po' da schizofrenici (no?) tentare di tagliare i ponti in questo modo e poi contraddirsi clamorosamente con certi rimandi... E' un'arte che ho imparato da te. Un'arte che odio.
Metamarketing e metaletteratura. La seconda è arrivata un po' prima però, stronzi. Non avete inventato nulla di nuovo, vi siete semplicemente messi al passo con qualcosa che esisteva da molto tempo prima che veniste voi a demolire tutto.
No, no e poi no, non me la tolgo dalla testa queta storia della pubblicità. L'uomo vuole vivere, non semplicemente respirare (certo, in alcuni casi. Molti, invece, ignorano la differenza a meno che non gliela sbattiate sul muso). Vi dico questa massima, in definitiva, solo per accennarvi (timidamente) il fatto che ci stanno togliendo anche la facoltà di respirare. Figurarsi poi vivere...
La deformazione della realtà ormai è la nostra unica alternativa.
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Marlena si è dovuta portare a casa l'ingombrante pupazzo del fantasma-vampirone, Plasmius: è stato il suo capo a volerlo, anche se in teoria questa potrebbe essere un'ostruzione alla giustizia, visto che la polizia sta indagando su un omicidio successo negli studi di animazione.
Ed è ora che la situazione si fa complessa... come reagirà la mamma di Marlena, vedendosi comparire in casa questo bestione? Come mai Jenkins ha voluto che la ragazza se lo portasse via? E se ci fosse un segreto, nascosto nel corpo del pupazzo?
Scoprite questo, e molto altro ancora, nel nuovo, divertente capitolo de "Gli dei in catene". Non perdetevelo ;)
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Ancora un intermezzino con protagonisti Danny e i suoi amici! Chi è il fantasmoniglio? Riusciranno i nostri piccoletti a riposarsi? Qual'è il mistero dietro il movimento apparentemente insensato delle lancette dell'orologio?
Scoprite questo, e molto altro ancora, nel nuovo, divertente capitolo de "Gli dei in catene". Non perdetevelo ;)
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