#libri sugli alberi
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pier-carlo-universe · 18 days ago
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VISITA AL SECOLARE PLATANO “GRANDO” PAPAFAVA E PRESENTAZIONE DI “STORIA DI ALBERI E DELLA LORO TERRA” DI MATTEO MELCHIORRE
Primo incontro del ciclo “…E la storia continua” della Biblioteca di Storia del Dipartimento di scienze storiche geografiche e dell’antichità dell’Università di Padova “…E la storia continua” è il ciclo di incontri iniziato lo scorso anno che ha lo scopo di stimolare la curiosità, ispirare riflessioni ed aprire un dialogo attivo tra gli autori ed il pubblico. Gli autori che vi partecipano sono…
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francescacammisa1 · 9 months ago
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- Cosa vuoi dire? Che sono geloso?
- Fai bene a essere geloso. Ma tu pretendi di sottomettere la gelosia alla ragione. - Certo così la rendo più efficace. - Tu ragioni troppo. Perché mai l’amore va ragionato? - Per amarti di più. Ogni cosa, a farla ragionando, aumenta il suo potere. - Vivi sugli alberi e hai la mentalità d’un notaio con la gotta. - Le imprese più ardite vanno vissute con l’animo più semplice. Continuava a sparar sentenze, fino a che lei non gli sfuggiva: allora lui, a inseguirla, a disperarsi, a strapparsi i capelli.  Italo Calvino - Il barone rampante
Ph Nanda Moira Hagenaars
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errabonda · 11 months ago
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Uno dei problemi che ho dovuto affrontare nel mio viaggio minimalista è stato come gestire l'amore per i libri. Come molte lettrici e lettori anch'io amo il libro cartaceo, mi piace la consistenza della carta, vedere che le pagine da leggere diminuiscono mentre quelle lette aumentano. Amo girare la pagina, sfogliare il libro avanti e indietro, mettere il segnalibro quando è ora di spegnere la luce...
Tuttavia il collezionismo è decisamente contrario alla mia filosofia di vita. Benché abbia dei libri che conservo perché ho amato molto o perché ho dovuto comprarli non trovandoli in prestito, tendenzialmente preferisco non riempirmi la casa di cose, neanche se sono libri. Senza contare che il libro cartaceo è sempre più un danno per l'ambiente che non sempre viene bilanciato con un vantaggio per la cultura umana. La carta è sempre più rara, il che significa sia che gli alberi iniziano a scarseggiare sia che quanto più una risorsa è rara tanto più costa. E infatti i libri iniziano ad avere costi decisamente proibitivi. Io ho trovato la soluzione per conciliare la passione per la lettura, l'amore per il libro e il desiderio di collezionare i testi che leggo nella biblioteca. Soluzione tanto semplice quanto geniale. La biblioteca è il luogo più bello che esista sulla faccia della Terra. Un luogo in cui puoi prendere i libri che vuoi senza pagarli. È perfino troppo bello per essere vero. E per tenere traccia delle mie letture senza accumulare quintali di carta sugli scaffali?! Per questo è venuta in mio soccorso la tecnologia. Siti e app permettono di salvare i titoli letti e io ho scelto di usare Goodreads. Non è necessario acquistare il libro per “tenerlo con me”, mi basta la mia libreria virtuale e, se volete, mi potete trovare qua https://goodreads.com/errabonda
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hannosceltoipiubelli · 1 year ago
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La provincia si assomiglia tutta, senza eccezioni. Ad ogni stazione rido per i nomi dei paesi che scorrono fuori dal finestrino, in riproduzione continua. Moncalieri, Trofarello, Cavallerleone. Sono stata qui da bambina ma non ricordo niente e la campagna sembra quelle delle mie parti: deserta e sconfinata. Mentre i controllori parlano dei loro turni di lavoro, io mangio mentine e passo di nuovo il rossetto. Mi alzo, molto prima del tempo, e aspetto in piedi, con la valigia incastrata tra le gambe. I campi ora si fanno più verdi ed è uscito il sole. Penso che sia di buon auspicio per l’incontro. Ricorderemo che quel giorno c’era il sole, nonostante fossero i primi di marzo, in Piemonte. Quando scendo dal treno, tu sei al binario. Compari e scompari tra le persone che scendono con i bagagli. Hai gli occhiali da sole, un cappotto verde e non fai nessun cenno. Io rido perché il sole è uscito solo adesso e tu hai già deciso di metterti un velo sugli occhi. I miei invece sono spalancati, entusiasti, e forse traspare. Un abbraccio, due baci e siamo già sulla tua nuova macchina. Penso a tutti i viaggi che ho fatto per raggiungere Michel a Rieti, a tutti quei paesi arroccati sulle montagne, a quei sorrisi e ai baci che ci scambiavamo alla stazione appena scesa dal pullman. Penso anche a come sarebbe adesso, con la vita fatta solo di lavoro e controlli medici, e se uno sguardo, il tuo, può salvarmi e posso rimanerci aggrappata. In macchina cambi di continuo le canzoni, ma appena salgo suona Calcutta. “E poi si ritrovano in un’altra città / sembra una vita fa”. Sono passati dieci mesi e a me sembra di non averti mai davvero perso. Sei sempre stato qui, tra i libri, i dischi e i film che commentiamo al telefono. Le strade sono rettilinei e su entrambi i lati, a perdita d’occhio, ci sono le coltivazioni degli alberi da pesco. Immagino come sarebbe tornare d’estate, con le pesche e il Monviso a proteggerci. Le tue premure sono piccole, ma le noto tutte. Piccoli gesti che scandiscono un discorso amoroso più ampio, fatto di sguardi e parentesi di leggerezza. Finiamo nel cortile di una chiesa e mentre mi parli di affreschi, io penso solo a quel film di Zurlini, la prima notte di quiete, ma non voglio interromperti, non ora.
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personal-reporter · 2 years ago
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Gli altri sport: Suzanne Lenglen
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La più grande tennista del Novecento… Suzanne Lenglen nacque a Parigi il 24 maggio 1899 e fin da piccola fu colpita dall’asma e l’emicrania cronica, che  costrinsero i suoi genitori a trasferirsi prima a Compiègne, nella Piccardia, poi a Nizza, nel cuore della Costa Azzurra, a due passi da un noto tennis club. Fu il padre Charles a mettere la prima racchetta in mano a Suzanne e la sottoponeva ad allenamenti massacranti per l’epoca, infatti l’uomo posizionava una moneta ovunque sul campo, costringendo la figlia a colpire fino a quando non la impattava. Dopo la Prima Guerra Mondiale  Suzanne fece il suo debutto nel mondo del tennis e in poco tempo fu la padrona di Wimbledon e del Roland Garros, come fece moltissimi anni dopo lo svedese Bjorn Borg. A Wimbledon nel 1919 Lenglen fu la prima tennista  non inglese a vincere i Championships, battendo Dorothea Lambert Chambers, sette volte vincitore del titolo, in una finale epica. La sua popolarità crebbe anche grazie alla rivoluzione che, insieme allo stilista Jean Patou, portò sul campo da tennis, infatti giocava con vestitini senza maniche e con la gonna tagliata appena sotto al ginocchio. Suzanne era cosi nota da costringere gli organizzatori di Wimbledon a traslocare da Worple Road a Church Road, sede attuale del torneo, per ideare strutture più capienti per le folle che pagavano il biglietto per vederla giocare. Anticonformista e glamour, Lenglen lottò contro il tradizionalismo parallelamente a una carriera che fu costellata di sei titoli al Roland Garros e sei titoli a Wimbledon, per un totale di dodici Slam. Nel 1920 vinse tre medaglie alle Olimpiadi di Anversa, con l’oro nel singolare femminile e nel doppio misto, insieme a Max Decugis,  e bronzo nel doppio femminile e brillò anche in America, dove fu protagonista di un testa a testa con la futura stella Helen Wills,  i tremila spettatori presenti furono testimoni di un grande spettacolo, mentre che non riuscì ad accaparrarsi i biglietti salì anche sugli alberi per vedere la Lenglen battere la giovane collega. Dopo essere passata al professionismo, la Lenglen scelse di ritirarsi definitivamente dalle competizioni per dirigere una scuola di tennis a Parigi, che fondò con l'aiuto del suo compagno Jean Tillier. La scuola, collocata presso i campi del Roland Garros, venne riconosciuta come centro di allenamento federale dalla Federazione Tennistica Francese nel 1936, mentre la Lenglen scrisse diversi libri sul tennis. Nel giugno 1938, la stampa francese annunciò che alla Lenglen era stata diagnosticata la leucemia. Tre settimane dopo, la tennista divenne cieca morì per una anemia perniciosa il 4 luglio 1938 ed è sepolta nel cimitero parigino di Saint-Ouen, fuori Parigi, rimanendo La Divine del tennis femminile per sempre. Read the full article
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gelsomini · 4 years ago
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quella improvvisa sensazione di voler comprare qualsiasi cosa ti passi per la testa (la chiamo anche addio opinamento, addio regolamento privacy, addio colleghi cari, la mia anima è votata allo shopping adesso)
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mucillo · 3 years ago
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Bertolt Brecht “A Quelli Nati Dopo Di Noi”
 
Veramente, vivo in tempi bui!
La parola disinvolta è folle. Una fronte liscia
indica insensibilità. Colui che ride
probabilmente non ha ancora ricevuto
la terribile notizia.
Che tempi sono questi in cui
un discorso sugli alberi è quasi un reato
perché comprende il tacere su così tanti crimini!
Quello lì che sta tranquillamente attraversando la strada
forse non è più raggiungibile per i suoi amici
che soffrono?
È vero: mi guadagno ancora da vivere
ma credetemi: è un puro caso. Niente
di ciò che faccio mi da il diritto di saziarmi.
Per caso sono stato risparmiato. (Quando cessa la mia fortuna sono perso)
Mi dicono: mangia e bevi! Accontentati perché hai!
Ma come posso mangiare e bere se
ciò che mangio lo strappo a chi ha fame, e
il mio bicchiere di acqua manca a chi muore di sete?
Eppure mangio e bevo.
Mi piacerebbe anche essere saggio.
Nei vecchi libri scrivono cosa vuol dire saggio:
tenersi fuori dai guai del mondo e passare
il breve periodo senza paura.
Anche fare a meno della violenza
ripagare il male con il bene
non esaudire i propri desideri, ma dimenticare
questo è ritenuto saggio.
Tutto questo non mi riesce:
veramente, vivo in tempi bui!
Voi, che emergerete dalla marea
nella quale noi siamo annegati
ricordate
quando parlate delle nostre debolezze
anche i tempi bui
ai quali voi siete scampati.
Camminavamo, cambiando più spesso i paesi delle scarpe,
attraverso le guerre delle classi, disperati
quando c’era solo ingiustizia e nessuna rivolta.
Eppure sappiamo:
anche l’odio verso la bassezza
distorce i tratti del viso.
Anche l’ira per le ingiustizie
rende la voce rauca. Ah, noi
che volevamo preparare il terreno per la gentilezza
noi non potevamo essere gentili.
Ma voi, quando sarà venuto il momento
in cui l’uomo è amico dell’uomo
ricordate noi
Con indulgenza.
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unbiviosicuro · 3 years ago
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appunti su giorni di settimana santa a Genova: la processione del giovedì santo tra i vicoli, chierici in bianco percorrono l'oscurità della parallela alla nostra, e allora avanziamo e li vediamo ogni volta che una traversa ci congiunge loro; intonano un canto che fa da sottofondo costante e che noi conosciamo a memoria dall'infanzia, infatti cantiamo. a un certo punto non li vediamo più ma le loro voci ancora arrivano flebili nella notte. sembra un film di Frammartino. poi: odore di incenso fuoriesce dalle numerosissime chiese, ci chiediamo quanti preti ci vogliano per coprire tutte le celebrazioni che ci accorgiamo stanno avvenendo in contemporanea, mentre ci spostiamo in lungo e in largo cercando un posto per mangiare. i preti attendono confessioni leggendo libri sulle seggioline, gli ulivi della domenica precedente giacciono sugli altari, a volte sono veri e propri fasci che mi fanno pensare all'utopica immagine di una chiesa così come la conosco ma piena di alberi lungo le navate; allora sarebbe luogo sacro perfetto
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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Ogni albero è un poeta di Tiziano Fratus: un viaggio poetico nella natura. Recensione di Alessandria today
Tiziano Fratus, con Ogni albero è un poeta, ci conduce in un percorso di riflessione intima e poetica, esplorando il rapporto tra uomo e natura. Il sottotitolo, “Storia di un uomo che cammina nel bosco”, rivela l’anima del libro: un viaggio fatto di osser
La profonda connessione tra uomo e bosco Tiziano Fratus, con Ogni albero è un poeta, ci conduce in un percorso di riflessione intima e poetica, esplorando il rapporto tra uomo e natura. Il sottotitolo, “Storia di un uomo che cammina nel bosco”, rivela l’anima del libro: un viaggio fatto di osservazione, ascolto e immersione nella bellezza e nel mistero delle foreste. Pubblicato da Mondadori, il…
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sottileincanto · 3 years ago
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Ricordo quando ero piccola. Lui era la mia certezza. L'uomo più forte del mondo, l'uomo più grande del mondo. Ancora oggi a quarandue anni saprei ricostruire fin nei dettagli più piccoli la forma delle sue mani. Ogni segno, ogni piega. Quelle mani dentro le quali guardavo le mie, così piccole, sparire e ridevo, felice e meravigliata di tanta differenza. Il mio eroe. Che mi portava in spalla, mi raccontava dei misteri degli etruschi e dei tombaroli ai quali a volte si accompagnava da ragazzo, che mi faceva disegnare a china aiutandomi a tenere il pennino senza fare disastri. Ancora ricordo il pennino arancione della Pelikan a cui si cambiava la punta e tutte le boccette di china colorata, ognuna con un tappino di colore diverso. E io in braccio a lui. E quelle domeniche alle giostre, dove vinceva per me tutti i giocattoli di plastica con quei bracci meccanici, nessuno era più bravo di lui. Ma poi. L'eroe all'improvviso diventava mostro e io mi sentivo morire dalla paura. Avevo paura anche di respirare, perché sapevo che se avessi attirato la sua attenzione avrebbe fatto male. Perché quelle mani così grandi facevano male. Quelle mani così forti spezzavano le ossa alla mamma, mentre lei gridava "Dai, ammazzami, ammazzami!" e io che avevo paura che lo facesse davvero alla fine mi mettevo in mezzo. "Dai papà ti prego smettila, papà ti prego, ti prego...". Perché io dovevo difenderla, non potevo permettergli di ucciderla davvero. Forse era colpa mia, perché non andavo abbastanza bene a scuola. In fondo, matematica non la capivo mai, la maestra mi sgridava sempre perché proprio non riuscivo. Sì, doveva essere così. O forse perché non ero carina come tutte le altre bambine, con i loro vestitini...io ero un maschiaccio. Mi arrampicavo sugli alberi, giocavo a pallone e facevo a botte con i maschi. O forse perché non ero nata maschio, come sarebbe piaciuto a lui. Intanto il tempo passava e arrivata ai dieci anni, non so perché, per lui sparii completamente. Già prima sapeva poco di me, poi fu come non esistere più, tranne quando si incazzava. Lei da sempre votata anima e corpo al suo lavoro, lui sempre più perso dentro se stesso e dietro ai suoi spettri. Io sempre più trasparente. Io che volevo solo sparire e che tenevo dentro l'armadio uno zainetto con qualche risparmio, un po' di vestiti e un libro. Nel caso in cui una sera finisse davvero con l'ammazzarla e fosse necessario sparire in fretta per non fare la stessa fine. Ma lei me lo diceva sempre, sei uguale a tuo padre, ricordati che nessuno al mondo ti ama più dei tuoi genitori. Il mio dogma: "Nessuno al mondo ti ama più dei tuoi genitori". Però che strana cosa il vero amore. Pieno di lividi, di cambi improvvisi e inspiegabili d'umore, di fughe nel cuore della notte. Davvero questo amore ti abbandona così, all'improvviso? Davvero devi essere pronto a difenderti da un momento all'altro? Davvero è come camminare su un pavimento di tavole sconnesse, che non sai mai quando cederà? Eppure nei libri lo raccontavano in modo tanto diverso...
Sono passati tanti anni e tante persone hanno attraversato la mia vita. Ognuno a modo proprio mi ha aiutato a capire, con buoni o cattivi esempi. No, quello non è il vero amore. È un rapporto profondamente disfunzionale tra due individui pieni di traumi dei quali continuano a rimanere vittime, ancora e ancora. Quello che so è che io tutto quel dolore non lo voglio più. So che rimarrà lì, annidato in un angolo, come Gmork della Storia Infinita. Non posso impedirgli di esistere, ma posso fare in modo di non fargli divorare tutto il futuro. Ogni tanto si farà sentire ancora, ogni tanto tornerà a mordere, ma è possibile rispedirlo a cuccia, ridurlo soltanto a un cupo brontolio, ad un rumore di fondo, a un'entità trascurabile. Perché io ho voglia di vivere.
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corallorosso · 4 years ago
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Ecco cosa sta succedendo a Peschiera Borromeo un paese di oltre 20.000 abitanti alle porte di Milano. In questa piccola cittadina c’è un viale, Viale Galvani per l’esattezza, che da una parte ha i campi del parco Sud e dall’altra delle aziende, dei capannoni e in fondo un gruppo di case. Ecco questo viale che avrebbe potuto essere anonimo e squallido, uno dei tanti viali senza gloria dei nostri paesi, grazie invece a due filari di pioppi cipressini é diventato un magnifico viale, alberi maestosi e lussureggianti, sani verdissimi, giovani, sono ben 240 e per percorrerlo tutto in auto ci vogliono oltre 3 minuti. Ebbene ai primi di giugno scoppia una bomba: il comune intende abbatterli tutti e al loro posto pianterà da un lato 163 frassini di un metro e mezzo e dalla parte dei capannoni una siepe composta da 700 piantine di carpino alta un metro e venti. Quindi loro ritengono di essere a posto: tolgono 240 alberi e piantano 800 essenze, come se fosse possibile paragonare alberi di 20/25 metri a una siepe di un metro. Se si calcola che un singolo albero in media si mangia dai 30 ai 50 kg di Co2 moltiplicalo per 240 e poi per 20 anni, perché questo é il tempo che impiegheranno questi alberelli di frassino (ammesso che vivano) a raggiungere la massa fogliare dei nostri pioppi, salta fuori una cifra pazzesca qualcosa come 240 tonnellate di anidride carbonica che rimane nell’atmosfera. La Co2, ormai lo sappiamo tutti, é la principale responsabile di tutti i nostri guai climatici, al suo posto invece gli alberi ci danno ossigeno che per noi é vita. Inizialmente la motivazione all’abbattimento é stata imputata al fatto che le radici di questi pioppi hanno rovinato la pista ciclabile che corre a lato di un filare, tra l’altro una pista non molto lunga e di relativa importanza, quindi l’amministrazione comunale chiede al Parco Sud l’autorizzazione all’abbattimento di 163 pioppi, il Parco Sud dopo una velocissima ispezione incredibilmente la concede subito. Questo avviene nell’autunno 2019, a marzo del 2020 il comune commissiona ad un agronomo, il dr. Giorgetti, delle prove strumentali su 4 alberi, quindi questo agronomo esegue 4 carotaggi e 4 prove di trazione eolica. I carotaggi evidenziano che il sottosuolo non presenta una terra adatta alle radici perché é una terra di riporto e le prove di trazione,effettuate a una potenza simile all’uragano katrina circa 120 km l’ora, stabiliscono la pericolosità degli alberi. Da qui la decisione di abbatterli tutti e 240. Quindi 4 prove su 4 alberi decidono la vita di tutti e 240. Ovviamente la spesa é stellare. É successo che noi sei donne, amiche, che frequentiamo un gruppo di scrittura locale, non ci rassegniamo a perdere questa meraviglia e decidiamo di lanciare una petizione perché si faccia un tavolo con le associazioni ambientaliste per cercare in tutti i modi di salvare questo viale. In pochi giorni questa petizione raggiunge oltre 1500 firme ma la risposta del comune é immediata: il 4 luglio inizieranno i lavori di abbattimento. Facciamo una manifestazione, chiamiamo i giornali, ci appelliamo alla legge 157 del 1992 e alla direttiva europea che impedisce gli abbattimenti nel periodo delle nidificazioni pena severe sanzioni. Perché pensate a quanti nidi, a quanti uccelli, a quante uova ci possono essere in 240 pioppi cipressini alti 20/25 metri. Il comune si ferma e rimanda il tutto alla fine di agosto, poi ci propone un video incontro con le associazioni ambientaliste, noi firmatarie della petizione, il vice sindaco e l’agronomo del comune, qui si capisce subito che il loro intento é di procedere quanto prima ai lavori ma, dopo trattative estenuanti, ci concede 15 giorni per portare una controperizia. 15 giorni a partire dal 21 luglio! Una presa in giro. Ma noi donne non ci diamo per vinte e troviamo un agronomo che si schiera dalla nostra parte, un agronomo famoso a livello internazionale, un luminare e uomo appassionato della natura, una mente libera che non pensa alla possibilità di inimicarsi un’amministrazione comunale (e credetemi non é facile). Questo agronomo viene a vedere questo viale e rimane ammaliato dalla sua bellezza, dice addirittura che in quarant’anni di attività é la prima volta che vede un tale viale e che questi alberi potrebbero essere iscritti tra gli alberi monumentali. Prende la perizia del Dr. Giorgetti la analizza punto per punto e la trova superficiale, lacunosa, discutibile, inconsistente e approssimativa. Per completare la controperizia deve fare le prove strumentali sugli stessi alberi su cui é stata fatta la perizia dell’agronomo del comune ma l’autorizzazione necessaria da parte dell’amministrazione tarda ad arrivare e intanto arrivano le ferie. Nel frattempo riusciamo ad avere anche un’altra perizia preliminare fatta da un anziano professore che ha scritto centinaia di libri su cui studiano gli agronomi di oggi ed é un esperto proprio di pioppi addirittura a livello mondiale, anche questa perizia preliminare é assolutamente contraria all’abbattimento. Intanto noi donne facciamo interviste a radio, giornali, coinvolgiamo il comitato cittadino e i partiti all’opposizione, facciamo adozioni simboliche di alberi, post sui social. Un’artista italiana che vive a Londra, Giovanna Iorio, ci regala una meravigliosa installazione perenne, scaricando un app tramite qrcode e geolocalizzazione, passeggiando sotto gli alberi di via Galvani si possono sentire le voci dei nostri più grandi poeti del Novecento e contemporanei, da Montale a Alda Merini, da Pasolini alla Rosselli e addirittura anche nostre tre poetesse peschieresi. Finalmente arriva l’autorizzazione alle prove strumentali ma con una data rigida il 20 agosto non un giorno prima non un giorno dopo. Il Dr. Zanzi, nostro agronomo, é in ferie e quel giorno non può essere presente ma a loro non importa, anzi decidono di commissionare al loro agronomo altre dieci prove. Il nostro Dr.Zanzi manda il suo team di collaboratori e negli scorsi giorni ha fatto 4 prove tecniche sugli stessi alberi testati da Giorgetti e nei prossimi giorni sapremo il risultato. L’amministrazione comunale dopo aver bocciato una mozione presentata dai 5s e sostenuta da pd e forza Italia ha accettato che nella commissione tecnica del 1^ settembre ci sia oltre il dr.Giorgetti anche il nostro dr. Zanzi. Questa é la situazione attuale. Il Comune ha tutte le delibere già firmate quindi in qualunque momento potrebbe iniziare i lavori di abbattimento. Aiutateci a divulgare questo fatto, a far conoscere a più gente possibile questa situazione perché in Italia abbattere alberi pare sia diventato lo sport nazionale, guardatevi in giro 40 di qua, 60 di là, da noi addirittura 240. Al loro posto piantano alberelli che non vengono curati e difficilmente sopravvivono. Noi siamo in allerta, sosteneteci nella nostra battaglia affinché un patrimonio arboreo così bello venga mantenuto e messo in sicurezza. Maria Bacchetti Benedetta Murachelli Stefania Benaglio Simonetta Favari Cinzia Giangiacomi Flavia Rossi
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intotheclash · 4 years ago
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Veramente, vivo in tempi bui! La parola disinvolta è folle. Una fronte liscia indica insensibilità. Colui che ride probabilmente non ha ancora ricevuto la terribile notizia. Che tempi sono questi in cui un discorso sugli alberi è quasi un reato perché comprende il tacere su così tanti crimini! Quello lì che sta tranquillamente attraversando la strada forse non è più raggiungibile per i suoi amici che soffrono? È vero: mi guadagno ancora da vivere ma credetemi: è un puro caso. Niente di ciò che faccio mi da il diritto di saziarmi. Per caso sono stato risparmiato. (Quando cessa la mia fortuna sono perso) Mi dicono: mangia e bevi! Accontentati perché hai! Ma come posso mangiare e bere se ciò che mangio lo strappo a chi ha fame, e il mio bicchiere di acqua manca a chi muore di sete? Eppure mangio e bevo. Mi piacerebbe anche essere saggio. Nei vecchi libri scrivono cosa vuol dire saggio: tenersi fuori dai guai del mondo e passare il breve periodo senza paura. Anche fare a meno della violenza ripagare il male con il bene non esaudire i propri desideri, ma dimenticare questo è ritenuto saggio. Tutto questo non mi riesce: veramente, vivo in tempi bui! Voi, che emergerete dalla marea nella quale noi siamo annegati ricordate quando parlate delle nostre debolezze anche i tempi bui ai quali voi siete scampati. Camminavamo, cambiando più spesso i paesi delle scarpe, attraverso le guerre delle classi, disperati quando c'era solo ingiustizia e nessuna rivolta. Eppure sappiamo: anche l'odio verso la bassezza distorce i tratti del viso. Anche l'ira per le ingiustizie rende la voce rauca. Ah, noi che volevamo preparare il terreno per la gentilezza noi non potevamo essere gentili. Ma voi, quando sarà venuto il momento in cui l'uomo è amico dell'uomo ricordate noi Con indulgenza.
(Bertolt Brecht)
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4-ball · 4 years ago
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IL RAGAZZO MISTERIOSO
Sofia era seduta sulla sua solita panchina, nel parco vicino la scuola. Quel posto era sempre quello che le dava più calma per concederle un momento per pensare. Era anche il posto in cui era solita stare con Leila ed Anna. La visione del ponticello sopra il laghetto le sembrò un po' offuscata, accorgendosi un secondo dopo che aveva gli occhi socchiusi quando voleva allontanarsi da ciò che la circondava. Non aveva voglia di andare a lezione, ma con un sospiro cercava di invogliarsi a tirarsi su e uscire dal parco Casanova, che si trovava di fronte la scuola. Non c'era anima viva e una nebbia fitta le rendeva difficile guardare un po' oltre il suo naso. Intanto, sfogliava un piccolo album con alcune foto di lei, Leila ed Anna. Da quando Anna si era trasferita nel bel mezzo dell'estate, sapeva che l'inizio di un nuovo anno di scuola non sarebbe stato lo stesso senza di lei. Stavano sempre insieme, con Leila. Le mancava molto. Non avrebbe mai pensato che arrivate al terzo anno di liceo, lei con Leila si sarebbero separate da una delle amiche più importanti per loro. Così Anna disse a loro che un po' di lei sarebbe stata in ciascuna nel loro cuore, in modo che ogni volta che Sofia e Leila si trovavano insieme era come se anche lei fosse stata con loro in ogni momento. L’album era un modo per stare più vicino a lei quando sentiva la sua mancanza. Si tirò su, percorse per un po' il parco, poi attraversò la strada e andò verso il cancello della scuola, dove si potevano già notare alcuni gruppi. Mentre cercava Leila, notava che Rosa, una ragazza del quarto anno, si era colorata i capelli di rosso e sembrava più sicura di quanto non lo era già. Forse si stava vantando di qualche bel ragazzo conosciuto in estate con le sue amiche, che a parer di Sofia, sembravano rispondere con un ronzio, come le api verso la propria ape regina. L'anno scorso Rosa non era molto popolare, perché la regina della scuola era Marianna, che ormai frequentava l'università di Felsina. Rosa era famosa per i molti ragazzi che le giravano intorno e Marianna le aveva lasciato il suo trono, forse a sua insaputa. A Sofia ben poco importava di una simile monarchia e quindi continuò ad andare verso le scalinate, all'entrata della scuola. Riconobbe Beatrice e Cristopher, seduti sugli scalini verso la seconda entrata all'angolo della scuola e sembrava che Cristopher avesse appena raccontato qualcosa che faceva ridere a Beatrice, che portò la testa all’indietro mentre rise allegramente. La campanella suonò e Sofia entrò in aula dove erano già occupati alcuni banchi. Andò al suo solito banco accanto alla finestra. Mentre aveva lo sguardo rivolto fuori dalla finestra, si voltò verso l'aula e notò entrare un ragazzo nuovo. Aveva uno stile un po' dark, con un ciuffo di capelli neri. "Ma chi è il ragazzo nuovo?"- sussurrò Lara a Gemma. "Non lo so, non sapevo che dovesse esserci un ragazzo nuovo nella nostra classe". Sofia continuò a guardarlo e le parve che fosse un po' annoiato. Gemma andò verso il ragazzo nuovo e si presentò. Lui cortesemente la salutò e si presentò. "Mi chiamo Juri"- disse con un tono leggermente basso. Juri...che nome bizzarro pensò Sofia, ma il ragazzo sembrava portare in sé un mistero che andava svelato. Sofia continuò a guardarlo, poi inviò un messaggio a Leila: "Dove sei? C'è un ragazzo nuovo!" Dopo Gemma seguirono Lara e altre ragazze. Quasi solo ragazze si presentarono al nuovo arrivato. Juri aveva occhi di un castano intenso, nascosti un po’ da un ciuffo ribelle. Ad un certo punto notò che Sofia lo stava guardando e le sorrise. Sofia ricambiò, sorpresa dall'interesse di lui. Lo salutò con la mano, rammentando un secondo dopo di quanto fosse stato stupido, invece di alzarsi come hanno fatto gli altri e presentarsi di persona. Lui sembrò un po' divertito, ma fece un sorriso educato e ricambiò il saluto con la mano.
Mentre Sofia si sentiva un po’ a disagio da quella presentazione a distanza, Leila entrò in aula, cercando Sofia. Andò da lei e si sedette. "Finalmente, ma che fine hai fatto?" "Mio fratello, non voleva andare a scuola." "Hai letto il messaggio?" "Si, chi è?". Leila seguì lo sguardo di Sofia. Leila fece per prendere dei libri e sembrava particolarmente presa dal nuovo arrivato. "Come si chiama?" "Juri.". Leila poi notò che quasi tutte le ragazze cercavano di aspettare il loro turno per guardarlo un po’, scambiandosi dei bisbigli con la vicina. "Direi che ha generato un po' di scompiglio. Chissà se saranno in grado di andare con lui al galà d'autunno.". Leila sembrava già avere l'aria di chi aveva vinto un trofeo. A Leila piacevano le novità e possibili conquiste da ottenere. Forse Sofia desiderava che fosse lei la regina, aveva tutte le carte in regola: ambiziosa e anche un po' temeraria, quando cercava di ottenere ciò che desiderava. Il galà d'autunno era una solita ed elegante ricorrenza nel liceo Merisi. Era un modo per farsi conoscere da alcune persone importanti, a capo di università prestigiose e di riviste importanti della città. La ricorrenza annuale era più rivolta a quelli degli ultimi anni, ma era sempre un modo per farsi notare. Così Sofia e Leila non persero di vista questa occasione. Ma, al galà d’autunno non ci si presentava da sole, ma accompagnate da un ragazzo. Leila ancora non era riuscita a chiedere a Juri di accompagnarla e mancavano ormai poche settimane al giorno più importante dell’anno per gli studenti del liceo Merisi. Rosa, insieme alle sue amiche erano le responsabili dei preparativi e di solito chiedevano alle ragazze dei primi anni di aiutarle. Leila credette che potesse essere un modo per far parte del loro gruppo ma Sofia non ambiva alla sua amicizia. "Credo proprio che fareste una bella coppia insieme."- disse Sofia a Leila. "Lo credo anch'io, ma non pensare che non ci verrai anche tu al galà. Dobbiamo assolutamente trovare qualcuno per te.". Sofia annuì e le sorrise, poi entrò il professore in aula. A lezione finita, Sofia sistemò il libro di algebra nella sua borsa per prendere quello di storia, quando si accorse che l'album di foto non c'era più. Non ci poteva credere, la cosa che più univa lei con Anna e Leila l'aveva lasciato nella panchina al parco. Doveva recuperarlo al più presto. Disse a Leila che doveva andare subito al parco, e le disse di coprirla con il professore dicendogli che era andata al bagno e si stava sentendo poco bene. Sofia cercò di arginare chi si trovava nei corridoi e sapeva che c'era un'altra uscita dalla scuola, vicino la palestra. Riuscì ad uscire dalla scuola dall'altra parte, e poi nascondendosi fra gli alberi attraversò la strada e andò subito verso il parco. Arrivò alla panchina e fortunatamente l'album era ancora lì. "Mio dio, come ho fatto ad essere così distratta". Non c’erano segni di danneggiamento per fortuna,, eccetto un biglietto che le era caduto sulla mano da una pagina. Sofia lo prese e lo lesse: "Dovresti stare più attenta a ciò che ti dimentichi, non solo gli album.". Sofia non sapeva se c'era un accenno di ironia o di dissenso. Lo strappò e se ne andò dal parco per tornare subito in classe.
Tutto sommato, il primo giorno non era andato così male come si aspettava, pensò mentre stava tornando a casa con Leila.
Leila le aveva detto di vedersi nel pomeriggio da CiakCoffee perché Rosa doveva dire delle novità importanti riguardo il galá d’autunno.
Adesso il cielo prometteva bene e l’umidità del primo mattino se n’era andata, così come la nebbia. Quel giorno era anche il compleanno di sua sorella minore, Jessica, e sperava di potersene dimenticare. Ma era quasi impossibile perché ogni anno i suoi cercavano di prometterle tutto ciò che desiderava per una festa sempre impeccabile. Anzi, la sua festa di compleanno era una delle ricorrenze a cui i suoi amici così come anche i loro parenti aspettavano nel corso dell'anno, per via della sua importanza, a partire per quello che avrebbe indossato, le decorazioni. Tutto era sempre organizzato in modo perfetto. Doveva compiere sedici anni, ma ogni volta sembrava che ne dovesse compiere diciotto.
Allora Sofia, avrebbe preferito, anche se non le importava tanto quanto Leila del galá d’autunno, di sentire ciò che doveva comunicare Rosa.
Spesso pensava ancora al volto di Juri. Chissà se si è trasferito da poco in città. Ambrosia era una cittadina in cui bene o male conoscevi quasi tutti, perlomeno chi si trovava nelle zone più centrali. Eppure sembrava come se lo avesse già visto da qualche parte.
A un certo punto notò che stavano percorrendo una via che Sofia non era solita fare quando doveva tornare a casa dopo scuola. Via delle Torri era sempre stata un po' tetra e cupa, perché era quasi completamente disabitata, c'era solo qualche negozio di oggetti antichi che Sofia riuscì a scorgere. Non si sapeva con certezza se qualcuno abitasse lì, anche se qualcuno sembrava camminare con una calma raggelante.
A volte però ci si passava perché si collegava a una delle vie principali, e si poteva arrivare prima nella zona residenziale della città.
"Perché abbiamo preso questa strada, circolano storie di questa via che fanno rabbrividire."
"Sofia, bisogna cercare di cambiare punti di vista, poi non è la prima volta che ci passiamo. Luoghi troppo rassicuranti non mi faranno avere la giusta motivazione di invitare Juri al galá d'autunno."
"Okay, ma alziamo il passo."
"Ma dai, che vuoi che succeda?". Mentre Sofia prendeva la mano di Leila intimandola di alzare il passo, si sentii uno strano rumore provenire dal secondo piano di un palazzo un po' mal ridotto. Sembrava come se fosse caduto qualcosa. Sofia e Leila si guardarono.
"Cosa è stato?"-disse agitata Sofia.
"Sarà stato un gatto randagio. Qui poi c'è molto silenzio."
"Andiamocene subito Leila, non mi piace questo posto."
"Va bene, tanto un giorno ti convincerò ad entrare in quel palazzo."
"Sì, un giorno, ma non questo.". Le ragazze presero un passo svelto e mentre stavano per girare e allontanarsi da Via delle Torri, qualcuno dietro un negozio di farmacia abbandonato sembrava osservarle.
Il pomeriggio quando Sofia raggiunse Leila da CiakCoffee, i tavoli erano quasi tutti occupati soprattutto dagli studenti del Merisi. Leila aveva preso un tavolo vicino al palchetto e aveva già ordinato.
“Ah che bello sei arrivata, ho preso dei tacos.”
“Mh, li adoro.”. Sofia si sedette e ne prese uno, mentre fece un rapido quadro della situazione. La maggior parte di chi si trovava nel locale erano ragazze e quei pochi ragazzi seduti con la loro compagna facevano esplicitamente notare il loro disinteresse, sia per quel momento che per l’evento tanto atteso dell’anno.
“Ma quello non è Juri?”- accennò Sofia. Bastava la metà del suono del suo nome che Leila si girò di scatto e vide Juri in fondo alla sala che stava chiacchierando con dei suoi amici. Sofia non vedeva Leila così attenta a qualcosa, in questo caso a qualcuno da tanto tempo, forse da quando il supplente di storia se ne era andato e le aveva fatto amare Il regno di Enrico IV.
“Oh mio dio, chi sono i suoi amici, non ho mai visto neanche loro”. I suoi amici non sembravano come lui, anzi sembravano essere più presenti nei luoghi e con le persone. Ma Sofia pensò che è normale per una persona che aveva da poco cambiato scuola. In quell’istante Sofia fece un pensiero strano: “forse vorrei anch’io stare con lui nell’ombra di ogni cosa”. Poi sentì in lontananza la voce di Leila che la stava chiamando e poi ripiombò nella realtà come se stesse quasi in dormiveglia.
“Stai bene? Sembravi ipnotizzata.”.
“Sì scusami, stavo solo pensando a mia sorella. Non le ho fatto ancora un regalo”- incalzò subito Sofia.
“Vedrai, troveremo qualcosa, tanto le regalano sempre tutto quello che vuole”.
Poi iniziò ad esserci un urlo di alcune amiche di Rosa e la sala iniziò ad applaudire al suo arrivo.
“Ciao a tutti, grazie a tutti di essere qui. Volevo ricordarvi del tanto atteso evento dell’anno del Liceo Merisi. La nostra preside vuole sempre che facciamo bella figura di fronte a Rettori delle Università e ai Direttori dei giornali, come Written Cloud.”
Il galà d'autunno era una solita ed elegante ricorrenza nel liceo Michelangelo Merisi. Era un modo per farsi conoscere da alcune persone importanti, a capo di università prestigiose e di riviste importanti della città. La ricorrenza annuale era più rivolta a quelli degli ultimi anni, ma era sempre un modo per farsi notare. Al galà d’autunno non ci si presentava da sole, ma accompagnate da un ragazzo.
Rosa era una delle responsabili dei preparativi, e di solito chiedevano alle ragazze dei primi anni di aiutarle. Leila credette che potesse essere un modo per far parte del loro gruppo.
“Quest’anno però ci sarà una particolare attenzione per le tradizioni e le buone maniere. In primis bisogna assolutamente far parte del ballo all’inizio della cerimonia. Ovviamente ci saranno degli incontri per imparare il ballo tradizionale della nostra città, il cosiddetto “ballo della rondine”.”
Tutti erano attenti ad ogni parola che diceva Rosa.
“Detto questo, nei giorni seguenti ci saranno altre indicazioni. Intanto Lara e Gemma passeranno da ognuno di voi per lasciarvi i giorni e gli orari delle prove del ballo e prenderanno così anche i nominativi per chi vuole partecipare per presentarsi alla giuria. Viva il galá d’autunno!”. A quelle ultime parole la sala ritornò nel caos iniziale.
Leila non sembrava molto felice di quelle notizie.
“Cos’hai?”- le chiese Sofia.
“Niente. Se c’è un ballo non penso che i ragazzi siano molto propensi a volerlo imparare. E in questo modo sapremmo subito se Juri voglia partecipare o no.”.
“Ma dai non essere così negativa. Il galá è fra più di un mese.”.
“Hai ragione, non bisogna disperarsi così in fretta”- disse risoluta prendendo un tacos.
Tumblr media
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paper---airplane · 4 years ago
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Se dovessi parlarti ancora e se la lingua esistesse per queste cose, malgrado il piede che ci calpesta, e le cellule in cui noi moriamo e il silenzia come una fossa, io ti direi come un incantesimo.
Vieni, è una sorpresa, la freschezza di un profumo di un mese di aprile di buon’ora, o la felicità, o le orme di ogni bestia dell’Arca, è così che tutto è incominciato. Scoprendo un mondo che stava per rinascere. Vieni.
Dopo di te raccoglierò tra le pagine di libri e tra i racconti, negli interstizi, tutto, unghie, ferite, capelli e fili di labirinto, colmeranno il vuoto in me per una nuova nascita.
Ti aspetterò, ti terrò cara, così cara che contraddirai d’una contraddizione felice questo mondo.
Raccolte le tue forze, passa pure, la porta del ventre, caccia l’acqua dai polmoni. Le tue parole calde copriranno tutte le altre. E saranno per noi testimone del peso d’ogni pietra lanciata contro l’innocenza.
Non volermene, perché se tutto fosse leggibile, troppo, sarebbe contro la tua venuta. La tua rinascita. Che non può esserci che questa follia, che sotto la lingua ‘perdono’ si mescoli alla bava, per sputare in faccia ai nostri boia.
La notte cala sugli occhi dei morti giovani, notte di alberi serrati gli uni agli altri. E’ la loro, la notte verticale di dittatori, e ci separa.
Ci separa? Forse no, basterebbe a te una parola sola, per rinascere. Basterebbe una parola, s’essa dicesse tutta la pietà degli uomini uniti.
Etienne Cesari
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thecatcherinthemind · 5 years ago
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Durante questo periodo abbiamo letto i consigli per la quarantena da parte di chiunque (ex detenuti, attori, professori, utenti di tumblr), ma non di chi in questa situazione si sente effettivamente in gabbia e senza via d’uscita. 
Chi mi segue da un po’ sa che in famiglia ho un caso di autismo e le poche volte che ne parlo lo faccio per portare un minimo di sensibilità nei confronti dell’argomento, senza retorica e senza fare discorsi di tipo medico o psicologico.
Oggi il tutor di D. mi ha informata di avergli chiesto qualche giorno fa un lavoro abbastanza impegnativo: voleva ricevere per iscritto dieci proposte per la propria quarantena, in modo da concentrarsi sulle cose positive anziché sulla sensazione di perdita dei rapporti sociali. Lui ha fatto il suo lavoro talmente bene che mi si è stretto il cuore. 
Vi presento quindi, con le lacrime agli occhi 
GLI OTTO CONSIGLI PER LA QUARANTENA DI UN RAGAZZO AUTISTICO
1) LA MUSICA: “quando ci si ritrova a dover rimanere in casa una delle tante attività da poter svolgere e a cui dedicarsi con passione e diletto è certamente la musica”, scrive. “Se si ha una chitarra è ideale risuonare e riscoprire alcune numerose canzoni degli autori preferiti” (n.d.r. lui consiglia De André e De Gregori) oppure “ascoltare programmi radiofonici (n.d.r. lui ama Virgin Radio) dove c’è tanto da imparare”.
2) IL DISEGNO: “liberare e utilizzare meglio la fantasia, sbizzarrendosi e realizzando opere davvero carine da poter regalare agli amici quando ci si rivedrà”. C’è da dire che lui è un artista eccellente (tempo fa sono andata ad una sua mostra di disegno e sono rimasta estasiata) e consigli di usare “alberi, animali, paesaggi per creare le storie che sono rimaste solo nella nostra immaginazione” oppure “creare fumetti”.
3) LA LETTURA: “dalle pagine dei libri c’è sempre da imparare, già in momenti normali con infiniti impegni e momenti di svago” a maggior ragione quando “abbiamo tempo di leggere perché non abbiamo impegni esterni”. Lui consiglia “romanzi fantasy, libri di storia, fumetti e biografie” (n.d.r. divora i libri sugli animali, quelli di cui faceva collezione sin da piccolo).
4) L’ESERCIZIO FISICO: “certo che è meglio correre al parco” (ne abbiamo uno bellissimo nel nostro quartiere) però si può “fare anche esercizio fisico a casa, specie se qualcuno ha più piani, ma anche se io ho un piano solo lo faccio lo stesso”. A quanto dice, l’esercizio fisico permette di essere “effervescenti quando torniamo alla normalità”
5) IL CONTATTO CON LE PERSONE CARE: “un tema caro a tutti, che non conosce età e non può mancare: il contatto con parenti e amici”. Su questo punto penso sia andato fuori tema, ma un plauso. “Se poi non fosse possibile” aggiunge sotto “usare Zoom per non perdersi perché: chi trova un amico trova un tesoro”
6) COCCOLARSI: “un bel bagno caldo o una doccia rilassante, prendendoci cura anche dell’igiene” Perché? Ma ovviamente perché “ricordiamoci che poi dobbiamo rivedere le persone”e dobbiamo essere pronti ad “incontri divertenti e...galanti”
7) CONFIDARSI CON LE PERSONE GIUSTE: discutere di temi mirati per conoscere le proprie difficoltà e “mi sono reso conto che le mie figure di riferimento (famiglia, amici, psicologi), non mi abbandoneranno mai”.
8) NON PIANGERSI ADDOSSO: “bisogna prendere ciò che la vita ci offre senza pensarci troppo e saper trovare il modo di superare i momenti di difficoltà”. Piangersi addosso “non serve a nulla, non mi sta dando soluzioni quindi basta”.
Dovevano essere dieci ma ha preferito usare il tempo restante per fare effettivamente queste attività.
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pangeanews · 5 years ago
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“Ho derubato i boschi”. Valentina Meloni traduttrice di Emily Dickinson. (O della poesia come l’apparizione di una volpe)
I poeti s’incontrano per destino. Non per altro, e non tanto così per dire. Valentina Meloni è una di quelle rare folgorazioni, le cui poesie le scorgi inaspettatamente su un prato, la notte, illuminate dalle lucciole, quando sei esausto degli imbrogli della vita e ti nascondi nei boschi. Poesie come bagliori di fuochi antichi, come apparizioni improvvise di volpi. E non è un caso se lei ha scelto di vivere la vita tutta per la Letteratura, allontanandosi dal mondo, vivendo in un borgo arroccato sul lago in Valdichiana, tra prati, boschi, rumori d’altri tempi. Valentina mi parla di sé, dell’amore smisurato che sente e prova per l’epistolario immortale tra Rilke e la Cvetaeva; del suo attaccamento alla natura, dell’amore ancestrale che lega gli uomini agli alberi. Infatti, spiritualità, ecologia, alberi e natura sono i temi fondamentali della sua poetica.
«Scrivo poesie, quando poesia chiama» mi dice spesso, quasi fosse un motto. Ma non solo. È traduttrice, scrittrice di saggi, testi teatrali, aforismi, haiku e libri per bambini. Tra i tanti, ricordiamo Le regole del controdolore (Temperino Rosso, 2016), Il fiore della luna-Leggenda di Rosaspina (La Linea dell’Equatore, 2018) e Storie di goccia, Nanuk e l’albero dei desideri (Temperino Rosso, 2017). Strabilianti inoltre, per bellezza, le sue lunghe poesie sugli alberi.
Esiliata anche lei dall’invidia di quei pochi, la cui pochezza è risibile e raglio d’asino, il suo silenzio ha incontrato il mio. Ne è scaturito un trovarsi, un assomigliarsi, un comprendersi. Soprattutto per me è stata una scoperta, della quale voglio farvene dono. Perché in letteratura non esiste cosa più grande che il parlare, non di sé, ma degli altri. Sacrificare il proprio ego, per omaggiare l’opera di un altro, è rituale antico, perso, da riprendere e praticare se si vuole imparare l’umiltà del mestiere. Meloni fa un lavoro infausto, sottopagato, ma lo porta avanti con tenacia. Appunto perché credere nella sacralità della parola, corrisponde non solo a una scelta precisa di vita, ma anche e soprattutto a una chiamata, che del fato ne segue l’ombra. Per questo è fine traduttrice di vari poeti stranieri contemporanei e classici del passato, tra i quali spicca, per preferenza, l’immensa Emily Dickinson. Valentina Meloni fa della traduzione il suo rifugio, la sua quiete, la sua sorella lontana, il latte verde a cui si abbevera in solitudine ‒ sono parole sue, che illuminano tutta la professionalità e passione che impiega il quotidiano lavoro del tradurre. Ecco dunque alcune sue poesie e alcune poesie della Dickinson da lei tradotte. (Giorgio Anelli)
*
hanno portato via il mio unico amore
hanno portato via il mio unico amore tagliate le sue ali di angelo dannato lo hanno preso e processato ‒ loro dicono ‒ per troppo amore pare che mi abbia amato più di quanto si deve che abbia trascurato Dio per la mia pelle ma non sanno che attraverso di me egli ha adorato l’altissimo più di ogni altro non sanno che lo ha glorificato che ha sussurrato preghiere ardenti e fatto dell’anima un altare non sanno loro che egli ha reso onore al cielo desiderante di ogni uomo che di ogni bacio ne ha fatto un’orazione di ogni carezza un rito di purificazione di ogni sua sillaba l’eucarestia preziosa della bellezza eterna e silenziosa dell’amore
*
la piccola volpe che ero
tengo stretta al grembo la piccola volpe che ero: le orecchie dritte i denti aguzzi il muso puntuto che saggia l’aria e la lunga coda rossa una carezza al grano di primavera. ho sempre con me i suoi occhi vispi ‒ addormentati tra le mani ‒ una fiammella che s’accende improvvisa quando scopre il passero del perduto amore ancora cinguettante sul ramo dei ricordi.
*
Prendi questo nome e fanne un pane caldo da spezzare domani quando avremo fame e non avremo nessuno a cui dire grazie. Prendilo e impastalo con mani di rinuncia che lascino al tempo il compito lieve della gemmazione. E non aver paura d’ingoiare la notte prendi il mio nome e, insieme al tuo, rendilo cielo di questa nostra bocca.
(da Corrispondenze da un mondo increato ‒ epistolario poetico con Giorgio Bolla, La Vita Felice, 2018)
*
nel palmo delle mani
infine tolsi la pietra e tolsi il corpo come se io non fossi più nascosta dentro un vuoto inospitale e stanco perché non mi toccasse ancora la sua mano perché non fossi detta più terra di conquista e nessuna spada più venisse a giudicarmi di me solo rimase una lontana voce una croce pesante lasciata sopra i muri e un filo sottilissimo di rose e fiori d’acqua nel palmo delle mani una lontana luce che brucia senza sosta.
Valentina Meloni
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Traduzioni da Emily Dickinson
  Caro Marzo
Caro Marzo – avanti – sono così felice – ti ho atteso a lungo – posa il cappello – devi aver camminato – come sei spossato – caro Marzo, come stai, e gli altri – hai lasciato bene la natura – oh Marzo, sali di sopra con me – ho così tanto da raccontare –
Ho ricevuto la tua lettera, e gli uccelli – gli aceri non sapevano che stessi arrivando – non ti dico – come sono arrossiti i loro volti – però Marzo, perdonami – tutte quelle colline che mi lasciasti da tingere — non c’era un cremisi adeguato – l’hai portato tutto con te –
Chi bussa? Ecco Aprile – chiudi la porta – non mi farò raggiungere – è stato via un anno per chiamare ora che sono occupata – quanto sembrano futili le inezie non appena arrivi tu
Che il biasimo è prezioso quanto l’elogio e l’elogio sincero come il biasimo –
F1320 (1874) / J1320 (1874)
*
Da così minute galanterie
Da così minute galanterie, un bocciolo, o un libro, sono piantati i semi dei sorrisi – che s’aprono nell’oscurità.
J55 (1858) / F37 (1858)
*
Ho derubato i boschi
Ho derubato i boschi – i fiduciosi boschi – gli alberi ignari porgevano le loro galle e i muschi lusinghe alla mia fantasia – esaminai curiosa i loro ninnoli – li afferrai – li portai via – cosa dirà l’austero abete – cosa la quercia?
F57 (1859) / J41 (1858)
*traduzione di Valentina Meloni
**In copertina: una immagine da “A Quiet Passion” (2016), film biografico di Terence Davies sulla vita di Emily Dickinson
L'articolo “Ho derubato i boschi”. Valentina Meloni traduttrice di Emily Dickinson. (O della poesia come l’apparizione di una volpe) proviene da Pangea.
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