#libri spirituali
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Tempi inquieti e altre poesie di Wanda Lombardi
Viaggio attraverso l’anima e la spiritualità nelle liriche di Wanda Titolo: Tempi inquieti e altre poesieSottotitolo: Viaggio attraverso l’anima e la spiritualità nelle liriche di Wanda LombardiAutore: Wanda LombardiEditore: Guido Miano Editore, MilanoAnno di pubblicazione: 2024ISBN: 979-12-81351-38-7 Recensione: In “Tempi inquieti e altre poesie,” la poetessa sannitica Wanda Lombardi ci…
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queerographies · 5 months ago
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[Detriti del fiume celeste][Gian Piero Bona]
"Detriti del Fiume Celeste" è il canto del cigno di Gian Piero Bona. I versi testimoniano la sua senilità, rivelando bagliori e ombre, e rappresentano una fedeltà esemplare alla poesia.
Gian Piero Bona: poeta, esploratore e testimone di un’epoca – “Detriti del Fiume Celeste” il suo canto del cigno Titolo: Detriti del fiume celesteScritto da: Gian Piero BonaEdito da: Interno Poesia EditoreAnno: 2024Pagine: 120ISBN: 9788885583870 La sinossi di Detriti del fiume celeste di Gian Piero Bona Nella sua «lunga, magica vita» Gian Piero Bona è stato molte cose: studioso di tradizioni…
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cesarecitypilgrim · 11 months ago
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CITYPILGRIM 2023 SUMMARY
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susieporta · 4 months ago
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Fante di Spade.
"La Verità del Cuore".
Molte persone identificano il processo che sta accadendo come qualcosa che poco riguarda i Sentimenti umani.
Essi vengono come "estromessi" dalla loro "funzione evolutiva", in favore di principi di ascesi e di dissociazione medianica.
Nei secoli, Spirito e Materia si sono separati, al pari del principio Femminile e del principio Maschile. Ma essi appartengono in egual modo all'Unità e ne sono parte integrante.
Non esiste una separazione tra i due Mondi. Esiste un dialogo profondo e connesso, dal quale sgorga ciò che impropriamente è stata per secoli definita "Illuminazione".
L'Illuminazione non è qualcosa di esterno all'Incarnazione e alla sua densità materiale. Ma è un processo di apertura della Coscienza Interiore. E avviene anche attraverso la "comprensione" della Mente, unita alla potenza energetica del Cuore e alla Sensibilità del sistema delle Memorie ancestrali di provenienza Animica.
E' per questo che la diffidenza verso queste "pratiche" di innalzamento energetico, osteggiate dal bisogno Umano di portare nella logica ogni azione dello Spirito, si è potuta compiere solo attraverso la mediazione del Cuore. Poiché esso ha fatto da connettore e ha permesso la riunificazione delle due parti separate.
Chi non comprende o denigra, o addirittura ridicolizza coloro che si sentono parte della Riunificazione, è perché "non sente". Non ha ancora completato il processo di Attivazione del Sistema Centrale. Non si è concesso di "aprire" ciò che lo porterebbe alla Rivoluzione di ogni parte del Sistema.
La paura blocca. Le resistenze sono tante.
E questo va compreso, per non incorrere nel tentativo sfrenato di "convincere" chi non sente. Non è possibile. "Sentire" è il prerequisito. Tutto il resto poi fluisce da sé. Non senza dolore, ma con un navigatore interiore dedicato, con una bussola che può dirigere verso la Verità interiore, verso la Stella Polare.
Non è tempo di "convincere". Nessuno può forzare movimenti evolutivi che non sono sostenibili o che non sono fortemente accompagnati dalla volontà.
Rispettiamo chi non "sente". Chi non condivide. Chi ritiene tutto questo una delle solite "buffonate" spirituali.
E' una visione che ha pari dignità di manifestazione rispetto alla nostra, che ha lo stesso valore d'esperienza di ciò che stiamo vivendo noi.
Però quanto è bello giungere nelle profondità di noi stessi e sentirci in sintonia con la nostra Essenza. Dentro, non fuori. Poi magari anche fuori, pian pianino, nel tempo.
Potremmo provare a mostrarlo, ad esprimerlo, ad esserne "esempio" e vedere se all'Altro piace, se lo incuriosisce, se lo sente entusiasmante per se stesso, se magari, dopo un iniziale titubanza, se ne innamora perdutamente.
Ciò che sta accadendo è magico.
Ed è magico a livello Umano, prima che Animico.
Non riguarda l'Ascesi. Non com'era stata interpretata in altra Epoca, dove la consistenza energetica sul Pianeta Terra era troppo densa e spingeva verso il basso le Energie di introspezione e connessione.
Oggi si può trasformare questa Vita percepita in una vera e propria "vacanza dimensionale", anziché come perenne condanna al limite e all'afflizione.
Ma non si può "spiegare" questo a chi ancora soffre e crede che tutto questo sia punitivo e brutto, che questa incarnazione sia fatta solo di dolore e costrizione.
Accogliere l'Incarnazione come un Dono non è un processo "mentale" o "spirituale", è un processo di "Sentimento". Di Cuore.
E chi ha il Cuore chiuso non potrà accedere a questa sensazione così Cristallina e Pura. Non potrà concedersi all'Amore, né alla piena Verità di se stesso e neppure alla Magia delicata e brillante del suo Mondo Interiore.
Non è "new age" e non è "religione".
E' "Sentito interiore".
E' puro e limpido "Sentito". Non c'è sui libri, non c'è sui manuali, non ha una piattaforma scientifica.
E' solo "Cuore Cristallino connesso". Null'altro.
E come si spiega? Non lo so. Non ci sono sufficienti parole. O perlomeno non ancora ...
Mirtilla Esmeralda
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sottileincanto · 6 months ago
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Berenice
- Edgar Allan Poe -
La sventura ha molti aspetti; la miseria sulla terra è multiforme. Domina il vasto orizzonte come l’arcobaleno e i suoi colori sono altrettanto variati, altrettanto distinti eppure strettamente fusi. Domina il vasto orizzonte come l’arcobaleno. In che modo ho potuto trarre un carattere di bruttezza da un esempio di bellezza? Dal sogno dell’amicizia e della pace una similitudine di dolore? Ma come, in morale, il male è la conseguenza del bene, ugualmente, nella realtà dalla gioia nasce l’affanno; sia che il ricordo del passato felice crei 1’angoscia dell’oggi, sia che le agonie reali traggano la loro origine dalle estasi che sono state possibili.
Io ho da raccontare una storia la cui essenza è piena di orrore. La sopprimerei volentieri se non fosse piuttosto una cronaca di sentimenti che di fatti.
Il mio nome di battesimo è Egeo, il mio nome di famiglia non lo dirò. Nella regione non c’è castello più carico di gloria e d’anni che il mio vecchio e melanconico maniero avito. Da molto tempo la nostra famiglia aveva nome di una razza di visionari; il fatto è che in molte particolarità notevoli- nel carattere della nostra casa padronale- negli affreschi della gran sala- negli arazzi delle camere- nei fregi dei colonnini della sala d’armi- ma più specialmente nella galleria dei vecchi quadri, nell’aspetto della biblioteca e finalmente nella natura peculiare del contenuto di questa biblioteca- si può trovare di che giustificare ampiamente questa persuasione.
I ricordi dei miei primi anni sono legati unicamente a quella sala e a quei volumi dei quali non parlerò più. Quivi morì mia madre; quivi nacqui io. Ma sarebbe ozioso dire che non ho mai vissuto prima d’allora- che l’anima non ha un’esistenza anteriore. Lo negate?- non discutiamo su questa materia. Io son convinto ma non cerco di convincere altri. C’è, del resto, una rimembranza, di forme eteree, di occhi spirituali e parlanti, di suoni melodiosi e melanconici, una rimembranza che non vuole andarsene; una specie di memoria pari a una ombra,- vaga, trasmutabile, indeterminata, vacillante; e di questa ombra essenziale non potrò mai disfarmene, finché brillerà il sole della mia ragione.
Io nacqui in quella stanza là. Emergendo così di mezzo alla lunga notte che sembrava essere ma non era la, non esistenza, per cadere ad un tratto in una regione fantasmagorica, in un palazzo fantastico- negli strani domini del pensiero e dell’erudizione monastica- non è meraviglia che io guardassi intorno a me con occhio ardente e sbigottito- che abbia consumato l’infanzia fra i libri e prodigato la mia gioventù in fantasticherie; ma quel che è strano- quando gli anni passarono e il meriggio della mia virilità mi trovò vivo ancora nella dimora dei miei antenati- quel che è strano è quel ristagno che si produsse nelle sorgenti della mia vita, quella completa inversione che si produsse nelle qualità dei miei pensieri più abituali. Le realtà del mondo agivano su me come delle visioni e solo come visioni, mentre che 1’idee folli del mondo dei sogni divenivano, in compenso, non solo il pascolo della mia esistenza quotidiana, ma effettivamente la mia stessa unica, la mia intera esistenza.
Berenice ed io eravamo cugini e crescevamo insieme nella casa paterna. Ma crescemmo disugualmente: io malaticcio e sepolto nella mia melanconia, essa agile, graziosa, esuberante di energia; a lei il vagabondare per le colline- a me gli studi da monaco io vivevo nel mio cuore stesso e mi votavo, anima e corpo, alla più intensa, alla, più ingrata meditazione- essa errava traverso alla vita, noncurante, senza pensare alle ombre del suo cammino né nella fuga silenziosa delle ore alla nere piume Berenice!- io invoco il suo nome – e dalle grigie rovine della mia memoria su levano a questo nome mille ricordi tumultuosi. Ah, La sua immagine è là, vive dinanzi a me come nei giorni primi della sua spensieratezza e della sua gioia! Oh, magnifica e insieme fantasiosa bellezza! Oh silfide nei boschetti di Arnheim! Oh naiade di quelle fontane! Poi- poi tutto diviene mistero e terrore storia che non vuole esser raccontata. Un male- un male tragico piombo sul suo corpo come il simoun; anzi mentre la contemplavo, lo spirito trasformatore passava su di lei e la rubava a poco a poco, impossessandosi della sua mente delle sue abitudini, del suo carattere, perturbando perfino la sua fisionomia in modo sottilissimo e terribile. Ahimé! il distruttore veniva e se ne andava; ma la vittima- la vera Berenice- che è diventata? Quella lì non la conoscevo o almeno non la riconoscevo più quale la Berenice di un tempo. Nel corteo numeroso di malattie apportate da quel fatale e principale attacco che produsse una rivoluzione così orribile nell’essere fisico e morale di mia cugina, la più tormentosa e la più ostinata era una specie di epilessia che spesso finiva in catalessi- catalessi che rassomigliavano in tutto alla morte, da cui essa, certe volte, si risvegliava in un modo brusco e improvviso. Nel tempo stesso il mio male- perché mi hanno detto che non potevo denominarlo altrimenti- il mio male aumentava rapidamente i sintomi erano aggravati dall’uso dell’oppio; e finalmente prese il carattere di una monomania di nuovo genere e mai vista. Ogni ora, ogni minuto, guadagnava in energia e alla fine conquistò su me il più strano e il più incomprensibile potere. Questa monomania se devo servirmi di questo vocabolo consisteva in una morbosa irritabilità delle facoltà dello spirito che il linguaggio filosofico comprende sotto il nome di “facoltà di attenzione”. È più che probabile che non sia capito; ma in verità, temo di non poter dare in nessun modo alla più gran parte dei lettori un’idea esatta di questa intensità d’interesse per la quale, nel caso mio la facoltà meditativa- eviterò il linguaggio tecnico – si applicava e si sprofondava nella contemplazione delle cose le più banali di questo mondo.
Riflettere infaticabilmente per ore ed ore, inchiodando l’attenzione su qualche puerile citazione in margine o nel testo di un libro- restare assorto per quasi tutta una giornata d’estate per un’ombra bizzarra che si allungava obliquamente sugli arazzi o sul pavimento- dimenticare tutto per una intera notte nel sorvegliare la fiammella diritta di un lume o la brace del caminetto- sognare giorni interi sul profumo di un fiore- ripetere in una maniera monotona qualche parola volgare fino a che il suono a forza d’esser ripetuto, non rappresenti più allo spirito nessuna idea- perdere ogni coscienza di movimento e di esistenza fisica in un assoluto riposo prolungato ostinatamente- queste erano alcune delle più comuni e perniciose aberrazioni delle mie facoltà mentali, aberrazioni che certamente non restano del tutto senza esempi, ma che certamente sfidano ogni spiegazione e ogni analisi. Anzi mi spiego meglio. L’anormale, intensa, morbosa attenzione eccitata così da oggetti in se stessi frivoli, non e di natura tale da confondersi con quella inclinazione al fantasticare che è comune a tutta umanità, a cui si abbandonano sopratutto le persone di ardente immaginazione.
Non solamente non era, come si potrebbe supporre a prima vista, un termine remoto, un’esagerazione di quell’inclinazione, ma anzi n’era differente per origine e per qualità. Nell’un caso il sognatore, l’uomo immaginativo occupato da un oggetto generalmente non frivolo, perde a poco a poco di vista il suo oggetto attraverso un’ infinità di deduzioni e suggestioni che ne scaturiscono fuori, cosicché in fondo ad una di queste meditazioni spesso piene di voluttà si accorge che l’incitamentum o causa prima delle sue riflessioni è completamente svanito e dimenticato. Nel caso mio invece il punto di partenza era sempre banale sebbene assumesse un’ importanza immaginaria e di rifrazione, traversando il campo della mia visione malata. Io facevo poche deduzioni- se pure ne facevo, e nel caso, esse tornavano ostinatamente all’oggetto principale come a un centro. Le meditazioni non erano mai piacevoli; e alla fine del sogno la causa prima lungi dall’essere fuori questione aveva raggiunto quell’importanza straordinariamente esagerata che era il tratto dominante del mio male. In poche parole la facoltà dello spirito in modo speciale acuita in me era, come dissi la facoltà, dell’attenzione, mentre che nel sognatore comune quella della meditazione.
In quel tempo i libri se non mi servivano proprio a irritare il male, partecipavano ampiamente come si può capire, nel loro carattere imaginativo e irrazionale, delle qualità peculiari del male stesso. Mi ricordo bene, fra gli altri del trattato del nobile italiano Celio Secondo Curione, Della grandezza del felice regno di Dio; la grande opera di S. Agostino, La Città di Dio e Della carne del Cristo di Tertulliano, il cui inintelligibile detto: credibile est quia ineptum est; sepultus resurrexit, certum quia est quia impossibile est– assorbì esclusivamente tutto il mio tempo, per più settimane di una laboriosa e infruttuosa investigazione.
Senza dubbio più d’uno concluderà che la mia ragione, scossa nel suo equilibrio da certe cose insignificanti, offriva una certa somiglianza con quella rocca marina di cui parla Tolomeo Efestio che resisteva immutabilmente a tutti gli attacchi degli uomini e al furore più terribile delle acque e dei venti e che fremeva al tocco del fiore chiamato asfodelo. A un giudice superficiale parrà semplicissimo e fuor di dubbio che la terribile alterazione prodotta della condizione morale di Berenice dalla sua malattia dovesse fornirmi più di una occasione ad esercitare questa intensa e anormale meditazione di cui a grave fatica ho potuto definirvi la qualità. Ebbene le cose non stavano punto in questo modo. Nei lucidi intervalli della mia infermità, la sua sventura mi cagionava è vero molto dolore; quella rovina totale della sua bella e dolce esistenza mi pungeva acutamente il cuore; io riflettevo spesso e amaramente sul modo misterioso e strano nel quale aveva potuto prodursi una sì rapida trasformazione. Ma queste riflessioni non avevano il colore proprio al mio male ed erano uguali a quelle che in circostanze analoghe si sarebbero presentate alla massa comune degli uomini. Quanto alla mia malattia, fedele al suo carattere, si faceva un pascolo dei cambiamenti meno importanti ma più visibili, che si manifestavano nell’organismo fisico di Berenice- nella strana e spaventevole distorsione del suo aspetto. È certissimo che nei giorni più luminosi della sua incomparabile bellezza io non l’avevo amata. Nella strana anomalia della mia esistenza, i sentimenti non mi sono mai venuti dal cuore e le mie passioni mi son sempre venute dallo spirito. Traverso alla pallidezza del crepuscolo- a mezzogiorno fra le ombre intrecciate della foresta- e la notte nel silenzio della mia biblioteca- essa mi era passata oltre gli occhi e io 1’avevo vista, non come la Berenice vivente e respirante, ma come la Berenice di un sogno, non come un essere della terra, un essere carnale, ma come l’astrazione di un tal essere; non come una cosa da ammirare, ma da analizzare non come oggetto di amore, ma come il tema di una meditazione tanto astrusa quanto anormale. E ora, ora tremavo al suo cospetto, impallidivo al suo avvicinarsi; intanto sebbene lamentassi amaramente la sua triste condizione di deperimento, mi ricordai che essa mi aveva amato lungamente e, in un momento infelice, le parlai di matrimonio. Il tempo fissato per le nostre nozze si avicinava quando un pomeriggio d’inverno- una di quelle giornate nebbiose che preparano la febbre al cuore- mi sedei credendomi solo nella stanza della biblioteca. Ma, alzando gli occhi, vidi Berenice dinanzi a me.
Fu la mia immaginazione sovreccitata, o l’influsso dell’atmosfera brumosa o la veste oscura, che avvolgeva la sua persona, che le diede quel contorno così tremante e indeciso? Non potrei dirlo. Forse dopo la sua malattia era cresciuta. Essa non disse una parola; e io non avrei pronunziato una sillaba per nulla al mondo. Un brivido gelato mi corse il corpo; una sensazione di angoscia insopportabile mi opprimeva; una curiosità divorante s’introdusse nel mio animo; e appoggiandomi riverso sulla poltrona rimasi un po’ di tempo senza moto e senza respiro cogli occhi inchiodati sulla sua persona. Ahimé era estremamente smagrita; dell’essere di una volta non era sopravvissuto vestigio né era rimasto neppure un lineamento. Finalmente i miei sguardi caddero sulla sua faccia. La fronte era alta, pallidissima e supremamente serena; i capelli, una volta di un nero corvino la coprivano in parte e ombravano le tempie incavate colle fitte anella, ora di un biondo caldissimo; e quel tono capriccioso di colore stonava dolorosamente colla malinconia dominante sulla sua fisionomia. Gli occhi erano senza vita e senza splendore, come senza pupille, e involontariamente io distornai lo sguardo da quella vitrea fissità, per contemplare le labbra affinate e aggrinzite. Esse si aprirono e in un sorriso stranamente espressivo i denti della nuova Berenice si rivelarono lentamente alla mia vista. Non li avessi mai guardati o fossi io morto subito dopo averli guardati.
Una porta chiudendosi mi scosse e, alzando gli occhi, vidi che mia cugina era uscita dalla camera. Ma nella camera sconvolta del mio cervello lo spettro bianco o terribile dei suoi denti restava e voleva andarsene più. Non una scalfittura, sulla superficie di quei denti, non un’ombra sul loro smalto, non una punta sul quel sorriso passeggero non fosse bastato a imprimere nella mia memoria. Anzi li vidi allora più nettamente che non poco prima. Quei denti! quei denti!- Essi erano qui- poi là, per tutto- visibili palpabili, dinanzi a me; lunghi stretti e bianchissimi, colle labbra pallide che si torcevano intorno, orribilmente tese, com’erano poco prima. Allora sopraggiunse la furia piena della mia monomania ed invano lottai contro la sua irresistibile influenza. Nella massa infinita degli oggetti del mondo esteriore, non avevo pensiero che per i denti. Tutte le altre cose, tutte le alterazioni diverse furono assorbite in quella unica contemplazione. Essi, essi soli, eran presenti all’occhio del mio spirito e la loro esclusiva individualità divenne il fulcro della mia vita intellettuale. Io li guardavo sotto tutte le luci; li volgevo in tutti i sensi; studiavo le loro qualità; osservavo i loro segni particolari; meditavo sulla loro conformazione. Riflettevo sull’alterazione della loro natura. Rabbrividivo attribuendo loro nella mia immaginazione una facoltà, di sensazione e di sentimento e anche, senza neppure il concorso delle labbra, una potenza d’espressione morale. Fu detto eccellentemente della signorina Sallé che tutti i suoi passi erano dei sentimenti e di Berenice io pensavo seriamente che tutti i denti erano delle idee.- Delle idee!- ah! ecco il pensiero assurdo che mi ha perduto!! Delle idee! ah! ecco dunque perché li desideravo così pazzamente! Sentivo che solo il loro possesso poteva restituirmi la pace e ripristinare la mia ragione. E la sera così discese su di me- e le tenebre vennero, si fissarono e poi se ne andarono- e una luce nuova comparve e le nebbie di una seconda notte si agglomerarono su di me- ed io ero sempre immobile in quella camera solitaria, sempre seduto, sempre sepolto nella mia meditazione, o sempre il fantasma dei denti manteneva la sua influenza terribile a tal punto che io la vedevo fluttuare qua e là e traverso la luce e le ombre cangianti della camera, colla più viva e la più orrida limpidezza. Finalmente in mezzo ai miei sogni scoppiò un gran grido di dolore e di spavento al quale successe dopo una pausa, con suono di voci desolate, intramezzato da gemiti sordi di dolore e di lutto. Io mi alzai e aprendo una delle porte della biblioteca trovai nell’anticamera un servo piangente che mi disse che Berenice non viveva più! Era stata presa dall’epilessia nella mattinata; e ora, sul cader della notte, la fossa aspettava la futura abitatrice e tutti i preparativi del seppellimento erano terminati.
Il cuore grave di angoscia, oppresso da sbigottimento, mi diressi con una certa ripugnanza nella camera da letto della defunta. La camera era vasta e oscura e ad ogni passo inciampavo nei preparativi della sepoltura. Le cortine del letto, mi disse un domestico, erano chiuse intorno alla bara, e dentro a questa bara, aggiunse o, voce bassa, giaceva tutto quel che restava di Berenice. Chi fu dunque che mi domandò se volevo rivedere il corpo? – Io non vidi che nessuno muovesse le labbra; eppure la domanda era stata proprio fatta e l’eco dell’ultime sillabe strascicava ancora nella camera. Era impossibile opporsi e con un senso di oppressione mi trascinai accanto al letto. Sollevai adagio il cupo panno dello cortine, ma nel lasciarle ricadere discesero sulle mie spalle e separandomi dal mondo vivente mi chiusero nella più stretta comunione colla defunta. Tutta l’atmosfera della camera sapeva di morte; ma l’odore particolare della bara mi faceva male, e mi pareva che un odore deleterio esalasse già dal cadavere. Avrei dato l’oro del mondo per scappare, per fuggire il pernicioso influsso della morte per respirare ancora 1’aria pura dei cieli immortali. Ma non avevo più la forza di muovermi; i ginocchi mi vacillavano; avevo preso radice nel suolo, guardando fissamente il cadavere rigido, steso in tutta, la sua lunghezza nella bara aperta. Dio del cielo! è mai possibile? Il mio cervello delira? o il dito della defunta si è mosso sotto la tela bianca che lo chiude? Tremando di un terrore indescrivibile alzai gli occhi lentamente per vedere la faccia del cadavere. Avevano messo una benda intorno alle mascelle, ma non so come si era sciolta. Le labbra livide si torcevano in una specie di sorriso e traverso alla loro melanconica cornice i denti di Berenice bianchi, lucenti terribili mi guardavano ancora con una realtà troppo viva. Io mi scostai convulsamente dal letto e senza dir parola mi slanciai come un maniaco fuor di quella camera di misteri, di orrore e di morte.
Mi ritrovai nella biblioteca, ero e solo. Mi sembrava di uscire da un sogno confuso ed agitato. Vidi che era mezzanotte ed io avevo preso le mie precauzioni perché Berenice fosse sepolta subito dopo il tramonto. Ma di quel che accadde durante quel lugubre intervallo non ho conservato memoria certa né chiara. Pure la mia mente era ingombra di orrore, tanto più orribile quanto più vago, di un terrore che l’ambiguità rendeva più spaventoso. Era come una pagina paurosa nel registro della mia esistenza scritto interamente con ricordi oscuri, orrendi e inintelligibili. Mi sforzai di decifrarli, ma invano. Pure di tanto in tanto simile all’anima di un suono fuggevole, un grido sottile e penetrante- come voce di donna- mi sembrava che si ripercuotesse nelle mie orecchie. Io avevo fatto qualche cosa, ma che cos’era mai? Io mi rivolgevo la domanda ad alta voce e gli echi della camera mi bisbigliavano per tutta risposta: Che era mai?
Sulla tavola accanto a me ardeva una lampada e accanto c’era una piccola scatola di ebano. Non era una scatola di stile notevole e 1’avevo già vista più volte perché apparteneva al medico di famiglia; ma come mai era venuta lì, sulla tavola, e perché mi venivano i brividi a guardarla? Eran cose che non valeva la pena di attrarre l’attenzione; ma gli occhi mi caddero alla fine sulle pagine aperte di un libro e su una frase sottolineata. Erano le parole bizzarre, ma molto semplici del poeta Ebn Zaiat: Mi andavan dicendo i compagni miei che se avessi visitato il sepolcro dell’amica i miei affanni sarebbero alquanto allievati.
Perché mai dunque a leggere quelle linee mi si rizzarono i capelli sulla testa e il sangue mi si ghiacciò nelle vene? Un colpo fu battuto alla porta, e un servo, pallido come un cadavere, entrò sulla punta dei piedi. Aveva gli occhi sconvolti dallo spavento, e mi parlo con voce bassissima, tremante, soffocata. Che mi disse? Io sentii qualche frase qua e là. Mi raccontò, sembra, che un grido spaventoso aveva turbato il silenzio della notte, che tutti i domestici si eran riuniti, e che avevan cercato nella direzione del suono, poi la sua voce bassa divenne chiara in modo da darmi i fremiti parlandomi di violazione di sepoltura, d’un corpo sfigurato, spogliato del lenzuolo, ma che ancora respirava e palpitava, che viveva ancora.
Mi guardò i vestiti; erano imbrattati di fango e di sangue aggrumato. Senza far parola mi prese dolcemente per mano; la mia mano aveva delle impronte di unghie umane. Poi richiamò la mia attezione sopra un oggetto appoggiato al muro, 1o guardai qualche minuto. era una vanga. Mi gettai con un grido sulla tavola ed afferrai la scatola di ebano, ma non ebbi la forza di aprirla e nel tremito mi sfuggì di mano, cadde pesantemente e andò in pezzi; ne uscirono rotolando con fragore di terraglia degli strumenti da dentista e con essi trentadue piccole cose bianche, simili ad avorio, che si sparpagliarono qua e là sul pavimento
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riflussi · 10 months ago
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"Rituals: Power, Healing and Community" - M. P. Somé
Ci ho messo solo ottomila anni a finire questo libro interessantissimo, ma siamo sempre allo stesso punto: io che comincio i libri e non li finisco mai perché sì. Allora, il saggio si incentra (strano a dirsi) sui rituali spirituali, sull'impatto che hanno sulla vita dell'essere umano. Quella descritta è ovviamente l'esperienza dell'autore, ma (come ci insegna Lagalisse) non bisogna in alcun modo sminuire le esperienze spirituali e religiose, poiché sono parte integrante della nostra esperienza sulla Terra. Difatti, il libro porta il lettore a riflettere sul proprio vissuto: quanto la società occidentale sottovaluta i rituali? Quanto ci siamo distaccati dalla nostra spiritualità? Quanto dolore comporta questo distacco? Sono domande lecite a cui Somé tenta di dare risposte. Chi legge può anche non rispecchiarsi nelle credenze di Somé (è difficile credere, nella cultura occidentale, che l'esecuzione errata di un rituale possa portare alla morte), tuttavia è innegabile il fatto che, spesso, l'assenza di una spiritualità nella vita quotidiana porta a un distacco emotivo. Vivere per lavorare, correre da un posto all'altro per raggiungere gli obiettivi prefissati, perderci nel guardare i nostri dispositivi elettronici per non pensare, sono azioni che comportano una grande tristezza. Non abbiamo il tempo di elaborare ciò che proviamo, come dice Somé, e questo non può che essere causa di sofferenza. Ultimamente, mi sono proprio persa (volontariamente) nei giochi (e nei podcast) sul telefono per non pensare. Credo che dopo aver finito di leggere questo libro sia arrivato il momento di smettere di crogiolarmi nel dolore per ricominciare a vivere in una maniera che più si adatta a me e al mio essere.
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carmenvicinanza · 2 years ago
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Kimberlé Crenshaw
https://www.unadonnalgiorno.it/kimberle-crenshaw/
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Kimberlé Crenshaw, avvocata e attivista statunitense esperta in teoria critica della razza è la donna che ha rivoluzionato il femminismo.
Per prima, infatti, ha introdotto il concetto di intersezionalità come ipotesi sociologica in un articolo scritto per il Forum legale dell’Università di Chicago nel 1987.
Dal titolo Emarginare l’intersezione tra razza e genere: una critica femminista nera della dottrina dell’antidiscriminazione, della teoria femminista e della politica antirazziale, forniva uno studio che evidenzia la discriminazione a cui sono soggette le donne nere e precarie negli Stati Uniti.
Kimberlé Crenshaw definisce l’intersezionalità come una situazione in cui una persona mette insieme caratteristiche razziali, sociali, sessuali e spirituali che la rendono soggetta a diverse forme di discriminazione. La sfida particolare è che le leggi guardano al genere e alla razza separatamente e di conseguenza le afroamericane e le altre donne di colore sperimentano forme di discriminazione sovrapposte e la giurisprudenza, ignara di come combinarle, le lascia senza giustizia.
Specializzata in diritto costituzionale, insegna alla UCLA School of Law e alla Columbia Law School dove ha fondato il Center for Intersectionality and Social Policy Studies.
Presiede anche il Center for Intersectional Justice  di Berlino.
Nata a Canton, in Ohio, il 5 maggio 1959, la prima laurea conseguita è stata in scienze politiche e  africanistica. Ha conseguito un dottorato a Harvard e un master all’Università del Wisconsin. Successivamente si è laureata in giurisprudenza all’Università della California di Los Angeles ed è diventata docente universitaria nel 1995.
Tiene seminari e conferenze in tutto il mondo. I suoi interessi di ricerca, divulgazione e formazione sono i diritti civili, il femminismo nero, il concetto di razza, il razzismo e i loro legami con la legge.
È direttrice e fondatrice del think tank African American Policy Forum che si concentra su questioni di genere e diversità con la missione di costruire ponti tra ricerca accademica e discorso pubblico nell’affrontare la disuguaglianza e la discriminazione.
Fa parte della Women’s Media Initiative e collabora con varie riviste tra cui Ms Magazine e The Nation. È una commentatrice regolare del The Tavis Smiley Show.
Ha scritto il documento di base sulla discriminazione razziale e di genere per la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul razzismo, fatto parte del Comitato per la ricerca sulla violenza della National Science Foundation Against Women e del gruppo del CNR sulla ricerca sulla violenza contro le donne.
Nel 2015, è stata inserita nell’Ebony Power 100 ed è risultata al primo posto nella classifica delle personalità femministe della rivista Ms Magazine. L’anno successo ha parlato di intersezionalità in un seguitissimo Ted Talk.
Dal 2018 conduce il podcast Intersectionality Matters.
È molto attiva nel movimento Say Her Name, che cerca di far fuoriuscire dall’invisibilità le donne nere vittime della violenza della polizia.
Il suo lavoro ha influenzato la stesura della clausola di uguaglianza nella Costituzione del Sud Africa.Si è occupata ampiamente anche di molestie sul posto di lavoro.
Tra i vari libri scritti ricordiamo:
Parole che feriscono: teoria della razza critica, discorso d’assalto e primo emendamento e Teoria della corsa critica: documenti chiave che hanno plasmato il movimento.
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blog-980089 · 12 days ago
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Il Viaggio di Paulo Coelho verso l’Icona Letteraria Globale
Paulo Coelho è diventato uno dei più celebri scrittori contemporanei grazie alla sua capacità di toccare corde universali con le sue storie spirituali e ricche di saggezza. Nato in Brasile, la sua vita è stata un percorso straordinario che lo ha portato da esperienze difficili a un successo globale come autore. Il suo cammino, nonostante le numerose sfide, ha ispirato milioni di lettori in tutto il mondo, e attraverso piattaforme come z.library Coelho ha visto le sue opere diffondersi tra coloro che amano la lettura digitale.
Le Origini di Coelho: Ribellione e Sogni Infranti
Il viaggio di Coelho inizia con una giovinezza turbolenta caratterizzata da una ricerca costante di libertà e comprensione. Cresciuto in una famiglia conservatrice, trovava spesso rifugio nei libri e nei sogni di diventare uno scrittore. Tuttavia, il suo spirito ribelle portò anche a difficoltà personali. Fu mandato in istituti psichiatrici dai genitori preoccupati per il suo comportamento anticonformista ma non si lasciò abbattere e usò queste esperienze come fonte d’ispirazione.
Un insegnamento nascosto nella sua esperienza adolescenziale è l’importanza della perseveranza e della ricerca di sé, valori che traspaiono in molti dei suoi scritti. È come se ogni libro fosse una parte di lui stesso riflessa tra le pagine.
Il Momento di Cambiamento: Santiago e il Pellegrinaggio
Uno dei momenti più significativi nella vita di Coelho avvenne quando decise di intraprendere il famoso cammino di Santiago de Compostela. Questo pellegrinaggio fu un’esperienza di trasformazione profonda che segnò una svolta spirituale e letteraria nella sua vita. Al termine del cammino, Coelho sentì il bisogno di condividere questa scoperta interiore attraverso la scrittura.
Il Pellegrinaggio divenne il primo romanzo in cui Coelho esplora il concetto di ricerca personale e realizzazione, un tema che sarebbe poi diventato centrale in tutta la sua opera. Per lui, scrivere non era solo raccontare una storia, ma offrire ai lettori una guida alla scoperta di sé.
L'Alchimista: Il Successo Mondiale
Con la pubblicazione de L’Alchimista, Paulo Coelho raggiunse il successo planetario. Questo romanzo, incentrato sulla ricerca del proprio destino, ha conquistato lettori di ogni età e cultura per la sua semplicità e profondità. L’alchimista ha venduto milioni di copie e ha trasformato Coelho in una figura iconica nella letteratura moderna.
La sua popolarità si basa su alcuni punti distintivi che fanno di lui un autore unico:
Storie dal linguaggio semplice e diretto
Temi universali come l’amore e la realizzazione personale
Spiritualità e filosofia accessibili a tutti
Utilizzo di personaggi che riflettono il viaggio interiore dell’autore
Inoltre, la presenza delle sue opere nelle biblioteche digitali ha permesso a sempre più persone di scoprire il suo mondo letterario senza dover andare in una libreria fisica.
Il Messaggio di Coelho: Trasformare il Dolore in Crescita
I libri di Paulo Coelho non sono solo romanzi ma veri e propri strumenti di riflessione per affrontare le sfide della vita. Coelho invita i lettori a considerare le difficoltà non come ostacoli, ma come opportunità di crescita e trasformazione. La sua filosofia si rivolge a chiunque cerchi uno scopo più profondo nella propria esistenza e riconosce che la vita è una continua evoluzione.
Riflessioni Spirituali nei Romanzi di Coelho
Le riflessioni spirituali sono il cuore della narrativa di Coelho. Nei suoi romanzi, ogni esperienza è vista come un tassello essenziale del viaggio umano. Tra visioni mistiche e insegnamenti antichi, Coelho invita ciascun lettore a esplorare la propria anima e a trovare risposte dentro di sé.
Un Esempio di Perseveranza per Scrittori Emergenti
Paulo Coelho è oggi una fonte di ispirazione non solo per i lettori, ma anche per molti scrittori emergenti che vedono nel suo percorso una prova che, nonostante le difficoltà, il successo è possibile.
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dominousworld · 2 months ago
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IL MONACO E IL GUERRIERO
IL MONACO E IL GUERRIERO
di Luisa Scognamiglio Il vero tesoro accumulato in Terra Santa da una ristretta cerchia di Cavalieri, riguardava quella conoscenza esoterica che noi andiamo a cercare sovente nei libri e nelle scuole spirituali, riguardava quell’ Alchimia dello Spirito che non poteva essere rivelata, e per questo occultata fino alla tomba nella viva carne del loro persecutore, quale fu la chiesa che di certo non…
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ilgiardinodivagante · 2 months ago
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Mi sento spesso come un pianeta errante in un universo di stelle immobili. Tra pianeti che indossano una brillante veste di stelle, io mi muovo nell'ombra, un corpo celeste solitario. Intorno a me, tutti sembrano indossare maschere, recitare una parte per un pubblico invisibile. Parlano, ma non comunicano davvero. Si nascondono dietro etichette e definizioni, costruendosi identità fragili come case di carta. Cerco profondità in un mondo che sembra averla persa. Voglio dialoghi autentici, scambi di idee che vadano oltre la superficie. Desidero comprendere le anime, non solo le parole.
Ho provato a connettermi, a far parte del coro. Ma la melodia mi stonava. Le loro note erano false, ripetitive, prive di armonia. Sentivo solo un rumore di fondo, un'eco vuota. Mi dicono che sono diversa, speciale. Ma la diversità, in un mondo che celebra l'omologazione, è una condanna. Sono un'opera d'arte appesa in una galleria di poster. Ammirata, ma mai compresa.
Ho cercato risposte nei libri, nei film, nelle canzoni. Ho cercato rifugi in mondi immaginari, sperando di trovare un'anima gemella, un'eco della mia solitudine. Ma anche lì, l'autenticità sembrava un lusso riservato a pochi. Mi chiedo spesso: sono io il problema? Forse sono troppo esigente, troppo sensibile. Forse cerco qualcosa che semplicemente non esiste. Ma dentro di me, una voce mi sussurra che no, non è così.
Mi dicono che siamo tutti maestri ascesi, stelle cadute sulla Terra. Ma se è così, perché il mondo è ancora un caos? Perché l’egocentrismo e l’egoismo ancora comandano? Se fossimo davvero tutti così illuminati, avremmo già costruito un paradiso. La realtà ci mostra un'altra verità: siamo creature imperfette, in cerca di un senso. E questo è bellissimo, perché significa che siamo vivi, che stiamo crescendo. Ma negare la nostra umanità, nascondendoci dietro false etichette, ci allontana dalla vera trasformazione.
Nel corso della storia, grandi maestri spirituali hanno sempre incontrato resistenza, persecuzione. Gesù, Buddha, Gandhi...nessuno di loro è stato accolto come un eroe. Perché? Perché la vera trasformazione spesso spaventa, perché mette in discussione lo status quo. Se tutti ci applaudissero, forse dovremmo iniziare a preoccuparci.
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Voglio credere che ci sia (o, almeno, sia possibile) un mondo oltre le apparenze, là fuori. Un mondo dove le persone si connettono davvero, dove l'empatia è più importante dell'ego. Un mondo in cui la scelta non è più tra un palcoscenico e una poltrona in platea e dove le domande contano più delle risposte. Ma per ora, continuo a camminare da sola. Portando con me un fardello di domande e un cuore pieno di speranze. Forse un giorno troverò la mia tribù, un gruppo di anime affini con cui condividere esperienze e prospettive.
Nel frattempo scrivo, dipingo, esploro. Per dare un senso al caos, per trovare un filo conduttore nel labirinto delle mie emozioni. Per connettermi con me stessa, per riscoprire la parte più profonda e autentica di me. E spero che le mie parole possano risuonare in qualcuno. Forse c'è qualcun altro là fuori che si sente come me, un'isola in un oceano di conformismo e superficialità. Forse insieme potremo creare un nuovo continente, un luogo dove l'autenticità è la valuta più preziosa.
Questo blog è il mio piccolo angolo creativo. Ogni parola e ogni immagine presente in questo post è frutto della mia immaginazione. Se ti piace qualcosa, condividi il link, non copiare.fi
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whydonateitalia · 8 months ago
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7 Idee Caritatevoli Dinamiche per la Raccolta Fondi del Ramadan
Mentre il Ramadan si avvicina, è il momento di accendere lo spirito della generosità e fare un impatto significativo. Ecco sette potenti idee di beneficenza per elevare la tua campagna di raccolta fondi del Ramadan:
Organizza un Evento di Beneficenza del Ramadan: Unisci le comunità organizzando un evento di donazione Zakat. Condividi i dettagli sulla tua pagina di donazione per contributi facili.
Raccolta Fondi Tra Pari: Mobilita la tua rete per il supporto. Incoraggia amici e familiari a creare pagine di raccolta fondi e a sfruttare i loro contatti per le donazioni.
Raccolta Donazioni: Organizza una raccolta di donazioni per articoli essenziali come cibo, vestiti e forniture mediche. Coinvolgi nella pianificazione strategica e nel marketing per massimizzare la divulgazione.
Vendita di Libri: Vendi libri usati per sostenere la tua causa. Non solo raccoglie fondi, ma favorisce anche il coinvolgimento della comunità e la cultura della lettura.
Raccolta Fondi per Artigianato del Ramadan: Sii creativo con eventi di creazione di lanterne o opere d'arte islamiche. Vendi articoli fatti a mano come regali di beneficenza per donazioni extra.
Raccolta Fondi per Ritiri Spirituali: Organizza incontri incentrati sulla lettura del Corano e sulle discussioni. Offri vie per donazioni facili per sostenere la tua causa.
Raccolta Fondi per l'Educazione Islamica: Offri corsi sulla cultura e gli insegnamenti islamici, incoraggiando le donazioni per coloro che ne hanno bisogno. Condividi la conoscenza mentre supporti i tuoi obiettivi di beneficenza.
Avvia la tua campagna di beneficenza del Ramadan con WhyDonate per una raccolta fondi senza soluzione di continuità. Facciamo di questo mese un faro di generosità e compassione per tutti.
Riferimento: https://whydonate.com/it/blog/idee-per-il-ramadan/
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bergamorisvegliata · 9 months ago
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EMISFERO DESTRO CHIAMA
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In questa "realtà" ingannevole e manipolata (e manipolatoria) è essenziale muoversi mantenendo sempre alto il livello di Attenzione. Cosa intendo per "Attenzione"? Lo stato di Presenza, ovvero "esserci", ricordarsi di noi.
Pare banale e scontato, ma sappiamo per certo che veniamo sequestrati ogni 3x2 da ciò che accade dentro e fuori di noi, e possono essere cose che vediamo, che ascoltiamo, interazioni che abbiamo, pensieri che giungono, ricordi, dialogo interno, ipotesi, analisi di fatti e situazioni, rimuginare, fantasticare…o no? Siamo tutt'altro che presenti per la maggior parte del tempo. 😎
Se c'è un "percorso" da fare, davvero utile ed essenziale per sopravvivere qui e gestire noi stessi e la realtà, è proprio quello che ci allena a rimanere presenti. Serve davvero a poco fare pratiche olistiche e pseudo spirituali varie, se per la maggior parte del tempo "non ci siamo", perché verremo gestiti da altre energie che non sono la nostra.
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Ed è pieno zeppo di queste energie predatorie che non vedono l'ora di impadronirsi di una mente "disabitata", ovvero senza l'osservatore, o senza il padrone di casa, come lo definirono alcuni rispettabili ricercatori, anni or sono.
Come spiega anche il buon Vadim Zeland (l'autore dei libri sul Reality Transurfing) non è attuabile nessuna gestione della realtà, senza essere attivamente presenti e svegli.
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Ciò che ci sequestra sono soprattutto i PENSIERI automatici, che poi generano STATI EMOTIVI, che ci sbilanciano e ci portano fuori rotta. Non riuscire a governare il pensiero è un bel problema, perché il pensiero, unitamente all'energia degli stati emotivi, crea la nostra realtà. Chi controlla il genere umano lo sa bene, e difatti innesca dei movimenti energetici intenzionalmente e con l'obiettivo di creare la realtà che vuole. In pratica veniamo letteralmente usati per generare la realtà che vuole qualcun altro, e che abilmente sfrutta questa capacità umana.
Bello, eh? Il Sistema, la Matrice, funziona così: ci sequestra attraverso il lavorío mentale incessante, ci pilota attraverso gli stati emotivi, ci direziona verso la creazione della realtà che gli interessa, e poi ci fa pure pagare i risultati di questa creazione inconsapevole. E ci mantiene costantemente schiavi in questo loop.
Siamo circondati da interferenze che cercano di sequestrarci in continuazione, l'unica arma è restare Presenti, ed essere coscienti che siamo in un film, e abbiamo solo due chance: continuare a prendere parte alla sceneggiatura del film come marionette teleguidate, o svegliarci e iniziare a interpretare un ruolo attivo e autonomo nello stesso film 🎬 (o sul palcoscenico, se preferite la metafora teatrale) 🎭
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Per restare sul pezzo, sto attuando il metodo "Shh!!" che spiegherò a breve in qualche video e che applicherò all'interno dei miei percorsi di #teatrotrasformativo. L'obiettivo coincide sempre con l'uscire dai #recintipercettivi. 🏃‍♀🏃
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oliverodomenico · 9 months ago
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5-14/03/2020 Salone della Biblioteca Civica di Cuneo ospita la mostra “Non esistono errori” con le opere dell’artista Domenico Olivero.
La mostra si muove sulle tracce della poetica di Charles Bukowski, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita. Accomunano l’artista e lo scrittore l’approccio innovativo nel cambiare registro alla tradizione, non più una visione enfatica ed estetica ma una percezione vitale e autentica, con tutte le conseguenze e complessità. L’autore americano è stato artefice di una scrittura sincera e senza freno, libera dalla “buona educazione”, così è la serie di opere pittoriche realizzate dall’artista che vengono presentate in questa occasione.
Si tratta di sei lavori che da diversi anni, alcuni anche una decina, l’artista ha stratificato lentamente, senza un preciso schema e struttura, opere in forma di leale intensità emotiva, nate da stati viscerali che nel tempo si sono sovrapposti, accumulati; espressione di tempi passati, che mutano e si consolidano formando un presente temporaneo.
A corredo dell’esposizione Sabato 14 Marzo alle ore 10,30 si svolgerà un reading con una selezione di poesie di Charles Bukowski.
Biblioteca civica di Cuneo (via Cacciatori delle Alpi 9), salone primo piano. Apertura dal Martedì al Venerdì nelle ore 9-12 / 15-18 al Sabato 9-12 Inaugurazione Giovedì 5 Marzo alle ore 17 Dal 5 al 14 Marzo 2020 Ingresso libero
Domenico Olivero, fra gli artisti più sperimentali e innovativi del panorama artistico. Ha ideato una complessa poetica che partendo dalla dimensione quotidiana sviluppa diverse ricerche in ambiti inusuali, come la storia popolare, le tradizioni spirituali e la ricerca estetica.
La Biblioteca Civica di Cuneo ha sede nel seicentesco Palazzo Audiffredi, nel centro storico del capoluogo della Granda. È la più antica biblioteca civica del Piemonte; i primi documenti relativi alla sua istituzione risalgono al 1802, con apertura nel 1803, quando Cuneo, sotto la dominazione francese, era capoluogo del Dipartimento della Stura. Nelle sue diverse sedi custodisce 300.000 volumi, registra 100.000 prestiti all’anno, gestisce l’ufficio del Deposito Legale, ospita numerosi eventi, tra cui presentazioni di libri e mostre, e cura diverse pubblicazioni.
Charles Bukowski (Andemach 16/08/1920 Los Angeles 09/03/1994) poeta, romanziere statunitense, dalla scrittura realistica e immediata, narratore di quotidianità, parte della corrente denominata “dirty realism”.
domenicoolivero #oliverodomenico
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personal-reporter · 1 year ago
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Elba Book Festival 2023
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L’edizione 2023 di Elba Book Festival ha lo scopo di spronare gli editori indipendenti a confrontarsi sul futuro dei libri e tracciare nuove rotte mentali.  Da martedì 18 a venerdì 21 luglio, tra vicoli e piazzette, il borgo di Rio nell’Elba ospiterà il momento di confronto estivo della piccola e media editoria italiana e il tema di quest’anno sarà  Mappe. Le mappe sono di varie tipologie, ma spiegano, uniscono, concorrono a creare una comunità e sono una ventina gli editori che hanno sposato la visione dell’iniziativa toscana, come Odoya, La Vita Felice, Exòrma, Marcos y Marcos e Wom. Ogni sera i laboratori ElbaKids si prenderanno cura dei più piccoli, grazie alla dedizione del Sistema Museale dell’Arcipelago Toscano, focalizzandosi sul concetto di orientamento, specialmente del singolo nei confronti di una società complessa e diversificata. Sia Elba Book sia I fumi della fornace,  a Valle Cascia dal 24 al 27 agosto si sono costituiti nei loro territori, rendendosi condivisibili nell’approccio e nell’ascolto del genius loci di appartenenza. Il gemellaggio tra i due festival si concretizzerà durante la kermesse elbana, attraverso una performance poetica di rifondazione semantica di un luogo, a partire dal libro La specie storta, e curata da Giorgiomaria Cornelio, Lucamatteo Rossi e Valentina Compagnucci. Entrambe le realtà sono rivolte ai fantasmi dei rispettivi paesaggi per colmare un’identità industriale perduta e rimediare a diversi dissesti ambientali dove, se il versante orientale dell’Elba ha subito l’abbandono delle miniere ferrose, la provincia di Macerata ha la dismissione dell’imponente fornace di mattoni. Il programma di Elba Book verrà inaugurato martedì 18 luglio alle 18:30 nella terrazza mozzafiato del Barcocaio con la cerimonia di assegnazione del premio Lorenzo Claris Appiani, nato con l’Università per Stranieri di Siena per celebrare la memoria del giovane avvocato ucciso nel Palazzo di Giustizia di Milano e il legame con la sua terra d’origine. L’obiettivo è dare luce alle figure quasi invisibili di traduttori e traduttrici, attori insostituibili nel delicato processo di mediazione linguistica e antropologica. Quest’anno la vincitrice sarà Francesca Lazzarato con la traduzione del romanzo argentino Le cugine di Aurora Valentini e la menzione d’onore andrà a Valerio Nardoni per la traduzione di La voce a te dovuta di Pedro Salinas. Inoltre entra nel vivo la terza edizione del Premio Demetra, riconoscimento dedicato ad autori e editori indipendenti che mettono al centro delle loro opere le tematiche ambientali, concepito da Elba Book Festival e da Comieco – Consorzio per il recupero e il riciclo degli imballaggi a base cellulosica. La giuria ha selezionato 12 finalisti dopo aver vagliato 53 opere che, sommate a quelle candidate nelle due edizioni precedenti, portano a 150 i titoli presentati in rassegna in tre anni. I vincitori di ciascuna categoria verranno premiati nel corso della cerimonia di chiusura del 21 luglio, alle 18:30, sempre nella terrazza del Barcocaio ed è previsto un premio speciale della giuria,  consistente in un’opera dell’artista Elena Marengoni. Lo staff di Elba Book, sostenuto dal Consorzio Comieco, riconoscerà pubblicamente al fotografo Hans Georg Berger un encomio per il recupero dell’Eremo di Santa Caterina d’Alessandria, orto botanico di origine medievale nell’arcipelago toscano. Grazie all’associazione fondata dal filantropo tedesco nei primi anni Ottanta, dopo l’incontro con l’intellettuale parigino Hervé Guibert, che lo scelse come luogo ideale per la genesi delle sue opere, l’Eremo è diventato un centro culturale deputato all’incontro tra arte e scienza. Situato sul monte Serra e in cima a una periferie depauperata dal sistema capitalista del proprio passato prossimo, quello minerario, l’Eremo ha mantenuto le fondamenta più remote, quelle legate a un passato religioso e valoriale, rimanendo ancora oggi meta di pellegrinaggi e cammini spirituali. Read the full article
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scienza-magia · 2 years ago
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La magia nell'antico Egitto
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La tradizione magica risale a tempi antichissimi. Non è certo la Grecia a custodirne i segreti originari ovvero quelli più lontani nel tempo. Per rintracciare una tradizione già consolidata di sapienza magica dobbiamo risalire all’antico Egitto. Dobbiamo dire che sulle rive del Nilo non esisteva nulla di simile alle religioni rivelate. In quei luoghi e tra quelle popolazioni i testi di riferimento erano costituiti da raccolte di incantesimi e formule magiche. Così accadeva nelle pratiche funerarie regolate da precisi rituali che dovevano garantire al defunto un viaggio felice e un felice soggiorno nella realtà che l’attendeva dopo la morte. Nella religione egiziana i sacerdoti maghi si appellavano al potere della parola e recitando misteriose formule magiche si proponevano di consentire alla divinità la più ampia possibilità di operare richiamandola sulla terra e più precisamente nelle statue. Di conseguenza tali statue diventarono non una semplice rappresentazione della divinità ma una dimora in cui la divinità raffigurata abitava e poteva agire. Pertanto nella religione egiziana gli dei non erano entità irraggiungibili. Al contrario essi erano raggiungibili se si conosceva il loro nome segreto nascosto sotto la coltre dei loro molti appellativi. I sacerdoti maghi che conoscevano il nome segreto delle divinità possedevano un immenso potere magico che permetteva loro di far agire le divinità secondo il proprio volere. Chi sapeva investirsi di tale potere sulla dignità e di conseguenza sull’ordinato svolgimento delle realtà umane e cosmiche era senza dubbio considerato nell’antico Egitto un sacerdote-mago. Dobbiamo dire che nell’antico Egitto alla base delle azioni del mago vi era l’idea radicata di una vera e propria “simpatia” cosmica. Per dirla in altro modo in Egitto era considerato mago colui che volendo interagire con le forze cosmiche di natura divina non si sottometteva a quelle forze ma cercava in qualche modo di controllarle. In una società intensamente magica quale era quella dell’antico Egitto il dialogo con le forze invisibili magiche nonché con le divinità era frequente appannaggio tanto dei sacerdoti-maghi quanto della gente comune. Nella religione egiziana Osiride e la sua sposa Iside rappresentavano la garanzia di una salvezza sempre possibile per qualunque individuo credente. Del mondo egiziano ogni essere umano si riteneva dotato di elementi vagamente spirituali quali “il doppio “ “l’anima” “lo spirito” “la personalità” i quali tutti consentivano di rapportarsi al divino in senso augurale tanto per il singolo individuo quanto per l’intero cosmo di affrontare con minor paura la morte momento essenziale della religione magica dell’antico Egitto. I testi sacri della religione egizia cui ancora oggi è possibile fare riferimento (i Testi delle Piramidi quelli del Sarcofago e del Libro dei Morti) sono tutti più o meno strettamente collegati con i riti funerari con il tema della morte. Sono libri magici ricchi di incantesimi e formule di parole segrete cui spesso si attribuivano incredibili potenzialità. A titolo di esempio citeremo le formule magiche racchiuse nel Libro della Saggezza di Thot. Tali formule dovevano consentire di incantare il cielo, la terra, l’aldilà, i monti e i mari. Ma se il libro di Thot con le sue misteriose e potentissime formule magiche rivestivano una grandissima importanza nella religione magico egiziana nulla hanno da invidiargli i molti papiri magici giunti fino a noi. Essi sono autentici manuali di magia costituiti da materiali diversi tra i quali prevalgono le formule incantatorie. In tali papiri magici si legge di scribi che pronunciavano formule sacre, di maghi che riuscivano a leggere lettere sigillate senza aprirle: di sogni e di presagi di sventura o di fortuna nonché di magie trasformatrici vendicatrici ma anche propiziatrici e difensive. Per fare un esempio gli antichi egizi erano soliti rivolgersi alle divinità per chiedere la salvezza di una persona morente. Ma ogni morte evitata ne comportava una sostitutiva quasi una, legge di compensazione e di equilibrio per evitare ogni inopportuna rottura dell’ordine cosmico. D’altro canto fin dai suoi inizi immemorabili la magia è sempre stata fondata su una sapienza capace di assicurare pratiche operative trasformatrici in sintonia con il fragilissimo equilibrio che tiene insieme tutte le cose dell’universo fisico e psichico, materiale e spirituale. Per le popolazioni situate nella valle del Nilo la magia era “heka “e la parola indica l’energia attiva dell’universo donata agli uomini dalla divinità per ristabilire gli scompensi e gli squilibri provocati dalle forze del male. Poiché le malattie indicavano una rottura dell’equilibrio organico la magia era anche medicina e il mago era anche medico. Nell’antico Egitto i sacerdoti maghi per mezzo delle pratiche magiche ottenevano l’aiuto divino là dove le sole forze dell’uomo risultavano insufficienti. Inoltre per mezzo della magia tali sacerdoti maghi giungevano anche a conoscenze altrimenti impossibili da ottenere relative al passato al presente e al futuro. Ovviamo dire che l’Egitto pullulava di ricorrenze specifiche magico religiose feste rituali e città sacre nonché di spazi e tempi più di altri adatti al culto magico. Pertanto la civiltà egiziana era una civiltà impregnata di spiritualità magico-esoterica. Dobbiamo precisare che al centro della religione magica egiziana si trovava per molti aspetti il tema della morte. Più precisamente vi era la ferma convinzione che la vita continuasse dopo la morte. Pertanto gli antichi egizi erano sicuri che vi era un altro mondo aldilà di quello dei vivi con cui era possibile entrare in diretta comunicazione. Tale mondo dei morti era un mondo altro dunque non diversamente da quello delle divinità che venivano come abbiamo detto in precedenza chiamate a essere presenti in casi di particolare necessità. Per fare un esempio concreto si chiamava in causa il mondo delle divinità quando si voleva conservare in vita una persona già quasi alle soglie della morte. In tal caso i sacerdoti maghi egiziani utilizzavano delle statuette raffiguranti una determinata divinità. Tali statuette agivano per una propria virtù magica sebbene alimentata da formule e pratiche rituali magiche. Dobbiamo dire che alcune invocazioni magiche utilizzate dai sacerdoti egiziani appaiono oggi assai curiose. Tali invocazioni prescrivono come utilizzare materiali oggetti parole allo scopo di convincere una divinità riottosa a farsi viva di persona. Spesso tali invocazioni alle divinità si concludevano con formule del tipo:” ti prego di manifestarsi a me qui stanotte, di parlare con me e darmi risposta veritiera sulla tal cosa intorno alla quale ti ho interrogato”. Ma a tale categorica ingiunzione alla divinità si accompagnavano da parte della persona che la invocava riti e devozioni particolari. Per fare un esempio concreto la stanza in cui si chiedeva la presenza della divinità doveva essere buia, pulita, aperta verso sud e purificata con acqua di natrom. Concludiamo tale articolo mettendo in evidenza che l’antica sapienza magica e egiziana era uno degli elementi caratterizzanti la natura profonda di quel popolo. Nell’antico Egitto infatti la magia appariva strettamente legata a una forma di religione essa stessa magica. Di conseguenza dobbiamo sottolineare che nel mondo dell’antico Egitto esisteva una sostanziale identità sia pure in una indispensabile diversità tra filosofia, sapienza, religione e magia. Prof. Giovanni Pellegrino Read the full article
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pastrufazio · 2 years ago
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Mi hanno dato da recensire la raccolta di alcuni scritti “spirituali” di un autore che ha scritto in russo. Ne parlerò quando #Avvenire la pubblicherà. Tra i miei libri ne ho altri di suoi. Vengono da anni remoti. Uno è un Oscar Mondadori, acquistato qualche anno prima di iscrivermi alla Statale. Ritornarci su e poterne parlare, da lettore, mi riconcilia col passato. Il mio, ma anche quello di un mondo editoriale che non c’è più. Ma se si riesce ancora a parlarne vuol dire che qualcosa si può ancora salvare. Sono poche luci, scintille, come dal braciere di mia nonna, in certe serate tempestose di fine estate. La porta del suo basso era rimasta socchiusa ma la bufera l’aveva spalancata. Il tempo di ravvivare il fuoco dei carboni. Subito veniva richiusa. Il braciere continuava a riscaldare le povere gambe piagate di mia nonna, ma consumava l’ossigeno della stanza senza essere più in grado di riaccendersi. Non appena la tempesta si spegneva anche il braciere impallidiva. Così sono quei libri che ora mi tornano tra le mani. Si stanno spegnendo perché la tempesta ha finito per qualche minuto di imperversare… ma solo perché non c’è più nulla da distruggere. I bracieri spenti sono il segno della bufera.
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