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PD Casale Monferrato. Riforme del Governo Meloni: tra propaganda e inutilità?
Il Partito Democratico di Casale Monferrato critica le priorità dell’attuale governo
Il Partito Democratico di Casale Monferrato critica le priorità dell’attuale governo Il Partito Democratico di Casale Monferrato, attraverso una riflessione firmata da Gabriele Farello, mette in discussione le tre riforme costituzionali promosse dal Governo Meloni, accusandole di essere più strumenti di propaganda politica che risposte concrete ai bisogni del Paese. Le tre proposte, che vedono…
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PRIMA PAGINA Libero di Oggi martedì, 21 gennaio 2025
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Compagni contrordine!
Così in una nota l'Associazione nazionale magistrati (zecche rosse):
"Si segnala, al fine di fare chiarezza, il totale fraintendimento da parte di numerosi esponenti politici dell’attività svolta dalla procura di Roma, la quale non ha emesso, come è stato detto da più parti impropriamente, un avviso di garanzia nei confronti della presidente #GiorgiaMeloni e dei ministri #Nordio e #Piantedosi ma una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto perché previsto dall’art. 6 comma 1 della legge costituzionale n. 1/89. La disposizione impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, ed omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati affinché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati. Si tratta, dunque, di un atto dovuto."
Ve la traduco semplice io:
Finito il momento orgiastico facilmente immaginabile nei salotti del PD💩, qualcuno di loro ancora in grado di far funzionare 3 o 4 neuroni in parallelo, deve aver chiamato i compari per dirgli
"Oh ma che cazzo fate???
Guardate che per un avviso di garanzia che tanto finirà nel vortice del sifone, a questa così le fate prendere un altro 10% entro il fine settimana."
Da qui, la "precisazione" in retromarcia sgommata da parte dei compagni in toga.
PS: Se mai servisse precisarlo, come è buona pratica fare con i sinistroidi, non credo ad una sola parola della "precisazione".
E' in atto un palese ennesimo tentativo di far cadere un governo democraticamente eletto ma non per questo meno inviso al PD💩, perchè l'avviso di garanzia alla Meloni c'è eccome.
Solo che si son resi conto che forse ne hanno pestata una talmente grossa, che per uscirne gli toccherà farsi verricellare dagli elicotteri della protezione civile.
- Fabio Armano
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SIETE STATI NOMINATI.
Tutti parlano del "Decreto Sicurezza" (attualmente in esame al Senato) ma nessuno lo ha letto.
E' un'inveterata attitudine in Italia dove tutti parlano e nessuno legge. Meno che mai pensano. Ormai la gente è totalmente rincoglionita.
L'art. 31 del Disegno di Legge governativo sulla sicurezza obbliga tutte le Pubbliche Amministrazioni e tutte le Società a partecipazione pubblica, oltre che i privati che agiscono in virtù di concessioni, a prestare ai servizi segreti interni ed esterni ogni collaborazione e assistenza richieste. Anche le Università e gli Enti di ricerca hanno obbligo di collaborare con i servizi cosiddetti segreti, anche in deroga alle norme vigenti in materia di riservatezza (per esempio dei dati personali).
A un simile livello di violenza politica mai erano arrivate le peggiori e le più feroci dittature esistite.
Vedremo se il Parlamento sceglierà di rendersi autore di una siffatta ulteriore infamia dopo l'introduzione nell'Ordinamento del ricatto tramite legge (mi riferisco alle infamie dell'obbligatorietà vaccinale covid).
Vedremo se l'attuale governo presieduto da colei che ha mancato a tutte le sue promesse elettorali, ingannando il Popolo italiano, e composto da intermediari di armi, incompetenti e teste di legno (come anche di altro genere), vorrà ricoprirsi di una definitiva coltre di letame morale.
Vedremo se finalmente il Popolo italiano, ancorché ormai in stato di decerebrazione, si vorrà rendere conto che siamo tutti prigionieri di una infame gabbia finalizzata ai più ignobili scopi.
Il Generale Augusto Ugarte Pinochet al confronto appare come una educanda delle Suore Betlemite.
Vedremo, infine, se il noto Mattarella Sergio riterrà costituzionalmente compatibile questa infame porcheria di iniziativa governativa, e firmare l'atto di promulgazione della legge.
Se lo farà, confermerà di essere quello che è ma una cosa è certa: prima di sproloquiare sul Fascismo dovrà sciacquarsi la bocca con l'acido muriatico.
Altri Capi di Stato, Re o Presidenti, dinanzi a simili situazioni preferirono abdicare o dimettersi, per non essere chiamati a responsabili di così palesi oltraggi all'ordine costituzionale e alla democrazia (quella vera non quella di cui parla certa gente).
Parlano di esigenze di sicurezza e vorrebbero perseguirla reprimendo e soffocando ogni più elementare libertà dei cittadini. La sicurezza nasce dall'osservanza rigorosa della legalità, cominciando dall'arresto di Benjamin Netanyahu se questi mettesse piede in Italia o dal trattenimento in carcere di un noto criminale libico (e a tale riguardo Nordio Carlo e i suoi ossequiosi giudici sembra che non abbiano nulla da dire).
Augusto Sinagra
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Autonomia differenziata spiegata in parole povere.
In Parlamento e' in discussione la legge costituzionale che istituisce autonomia regionale su molte materie, dalla scuola alla sanita', agli ordini professionali fino alla gestione di corpi militari, 23 materie in tutto. Premessa di tutto, assicurare comunque ad ogni regione, livelli essenziali di prestazione, livelli che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
Iniziamo con il dire che "essenziale" e' un aggettivo fumoso. Se chiediamo per strada, l'80% delle persone non saprebbe rispondere sul suo significato. Un sinonimo piu' comprensibile: indispensabile. Cosa serve di indispensabile per far funzionare la scuola? Banchi, lavagne e cattedre. Ecco, questo assicura lo Stato. E la sanita'? Letti, lettighe, ambulanze, gli strumenti per interventi chirurgici, per visite specialistiche, e per degenze.
Che succedera'? Le regioni svantaggiate avranno scuole con lavagne in ardesia, palestre con la spalliera e la cavallina di legno come negli anni '70 e i ragazzi scriveranno con penne e calamaio; l'essenziale, appunto. Qualche altra regione avra' lavagne luminose, proiettori a parete, aria condizionata e palestre con attrezzatura tecnologicamente avanzata e i ragazzi studieranno con Ipad e pc portatili.
In alcune regioni si faranno interventi chirurgici con il bisturi e 80 punti di sutura per una semplice appendicite e in qualche regione gli interventi verranno fatti con il laser compiuterizzato in day -hospital.
Vogliamo rendere tutto piu' semplice? Ok! Per andare al lavoro serve l'automobile. Lo Stato assicura il livello essenziale per soddisfare quel bisogno. "Ecco, almeno una bella Fiat Panda". Vedremo cittadini di alcune regione tutti a bordo di Fiat Panda e cittadini di altre regioni a bordo di Mercedes Plug-in hybrid.
Chi non capisce questo, credo capisca niente nemmeno con i disegnini.
@ilpianistasultetto
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questo è il momento giusto per apprezzare la nostra costituzione e tutti gli funzioni messe in piedi per impedire esattamente quello che hanno appena impedito.
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Corte di Giustizia dell'Unione Europea
LA CGUE: IO SONO CHI DICO IO (thread) Da ormai anni viene insegnato agli studenti delle facoltà di Giurisprudenza che le sentenze della Corte di Giustizia hanno valore di legge riguardo all'interpretazione delle norme dei Trattati europei e che superano qualsiasi legge anche costituzionale dei singoli Stati, diventando così direttamente applicabili come fonte di diritto primaria.
Il giudice nazionale deve quindi disapplicare qualsiasi norma sia in contrasto con la decisione della Corte. Ciò pone tali sentenze al di fuori del normale ambito di efficacia: come sanno benissimo gli studiosi di diritto infatti le sentenze hanno valore di legge solo fra le parti processuali e sono opponibili erga omnes solo riguardo la questione concreta risolta dalla sentenza.
Per tutti gli altri essa ha valore di mero precedente non vincolante, anche se fosse un caso simile a quello precedentemente deciso. Solo negli ordinamenti di "common law", di tipo anglosassone, il precedente è legge e vincola al suo rispetto anche ogni successivo caso simile. Ma chi ha deciso che le sentenze della CGUE sono legge per tutti gli Stati e sono fonte primaria al pari delle direttive europee? La CGUE.
Scorrendo le norme del TFUE che regolano il funzionamento della Corte infatti di questo valore di fonte primaria non ve n'è traccia. Solo l'art. 267 afferma laconicamente che essa "è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a) sull'interpretazione dei trattati". Tale norma specifica che ciò accade su richiesta di un giudice nazionale, al fine di risolvere una controversia nella quale la questione è dirimente.
Da nessuna parte si indica tale pronuncia come una fonte di diritto. È un potere equiparabile alla funzione nomofilattica della nostra Corte di Cassazione, il che non impedisce, come sanno i giuristi, che una sentenza posteriore, anche di un giudice di merito, decida, motivando rigorosamente, in maniera difforme. E allora chi ha dato alla CGUE questo straordinario potere? Nessuno, se lo è preso da sola. La stessa Corte e la dottrina fanno riferimento ad alcune sentenze (Da Costa, Cilfit, International chemical Corporation, fra le altre) per affermare che essa avrebbe il compito di dare un'interpretazione autentica ai Trattati e alle norme europee, interpretazione vincolante per giudici, ma anche per gli organi dei singoli Stati.
Di questo potere non vi è traccia nei Trattati. La nostra Corte di Cassazione è persino andata oltre definendo le sentenze della CGUE, in base ad alcune sentenze della Corte Costituzionale, come vere e proprie fonti del diritto, sopraordinate persino alle norme costituzionali, stravolgendo così il sistema italiano basato sulla "civil law".
Questa è l'anomalia alla base dell'attuale contrasto fra potere esecutivo e potere giudiziario e non può essere risolto con una legge nazionale. Va presentato il problema a livello UE se si vuole fermare questa forma di giuristocrazia strisciante, che toglie alla politica dei singoli Stati ogni spazio di manovra.
-Luigi Pecchioli
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ogni riferimento a - dibattiti e soluzioni - è puramente casuale.
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IL POPOLO SUDCOREANO VINCE CONTRO IL PROPRIO GOVERNO: “AGIRE PER IL CLIMA”
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La Corte costituzionale della Corea del Sud ha stabilito che l’assenza di obiettivi giuridicamente vincolanti per ridurre le emissioni ha violato i diritti costituzionali delle generazioni future e che il Governo è colpevole di inadempienza e dovrà porre rimedio.
La sentenza ha rilevato che la mancanza di misure climatiche nel Paese va contro le disposizioni della sua costituzione che garantiscono ai cittadini il diritto di vivere in “un ambiente sano e piacevole” e alla “libertà e felicità per tutti”. L’Assemblea nazionale della Repubblica della Corea è ora tenuta a modificare la legge e a stabilire obiettivi e programmi di riduzione del carbonio, anno per anno per il periodo 2031-2049 entro febbraio 2026. La decisione arriva dopo quattro anni di cause legali avanzate da 255 querelanti, tra cui molti gruppi di giovani attivisti, ed è la prima sentenza di questo tipo in Asia in materia di contenzioso sul clima. Gli attivisti e gli osservatori ritengono che potrebbe creare un precedente per future azioni legali legate ai diritti ambientali in tutta la regione e per un’accelerazione dei programmi per preservare la natura e gli ecosistemi.
Il Ministero dell’Ambiente sudcoreano ha espresso sostegno alla decisione della Corte e ha annunciato piani per rispondere con misure concrete immediate. Od oggi, solo circa il 9% dell’elettricità della Corea del Sud proviene da fonti rinnovabili, molto al di sotto della media del 34% dei Paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).
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Fonte: Corte costituzionale coreana; foto di Mathew Schwartz CC
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Io non vorrei dire, ma non sarebbe una riforma costituzionale? La Meloni non ha i 2/3 del parlamento, e neanche il 50% +1 della popolazione per un referendum. Quindi dovremmo stare tranquilli in teoria no?
È legge, l'hanno approvata alle camere dove la riforma ha ottenuto la maggioranza
Quindi no, non stiamo tranquilli
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De Gasperi era stato arrestato e incarcerato dal fascismo perché antifascista. E dopo la guerra aveva cacciato i comunisti dal governo perché anticomunista. Le due cose sono strettamente legate. Per lui la democrazia era, infatti, innanzitutto “Stato di diritto”. E dunque nessuno, nemmeno i rappresentanti del popolo, potevano considerarsi al di sopra della legge. Nei suoi scritti è vivido il pensiero politico cattolico. Esso però non coincide con quello della chiesa. De Gasperi non mette in discussione la sua obbedienza al papa, ma si riconnette alla Rivoluzione francese. Scrive: “La libertà politica è legata alla libertà economica, e la democrazia senza la giustizia sociale sarebbe una chimera o una truffa. Accanto a quella che fu detta democrazia formale bisogna costruire la democrazia sostanziale, riformare cioè la struttura sociale”. E continua: “Le libertà politiche fondamentali, insomma le basi del sistema rappresentativo, sono conquistate già nell’89 col concorso dei cattolici. […] È la reazione dei violenti del 1798 che interrompe l’evoluzione della democrazia e ritarda di un quarto di secolo l’avvento di un regime costituzionale di ordinaria libertà”.
La democrazia di De Gasperi
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Che i magistrati rimproverino a Giovanni Toti di rimanere ai domiciliari «in quanto ha dimostrato di non aver compreso appieno la natura delle accuse» ci pare un fatto senza precedenti.
Come ha scritto il governatore nella lettera al suo avvocato, c’è qualcosa che non quadra: «Ora, per tranquillizzare i giudici del Riesame, che ritengono io non abbia capito il reato commesso e dunque lo possa reiterare, vorrei essere chiaro: ho capito benissimo cosa mi viene addebitato. Per i magistrati sarebbe reato essermi interessato ad un pratica, pure se regolare, perché interessava ad un soggetto che ha versato soldi al nostro movimento politico, pure se regolarmente. Che, per paradosso, vuol dire che se mi fossi interessato alla stessa pratica di un imprenditore che non ci ha mai sostenuto, non sarei stato corrotto. E se l’imprenditore avesse finanziato un movimento politico di cui così poco stimava la politica e i leader, tanto da non parlargli neppure dei suoi progetti, non sarebbe stato un corruttore. Mi si perdoni, ma pur capendo, non sono d’accordo. Pur avendo confermato ai magistrati punto per punto quanto accaduto, senza nascondere nulla. E tuttavia la reiterazione di quel reato resta impossibile»
È cambiato qualcosa? No
Se torniamo per l’ennesima volta a parlare della carcerazione preventiva cui è sottoposto dal 7 maggio il governatore ligure non è per ribadire che, per quel che si riesce a capire, le accuse che gli vengono mosse sono piuttosto flebili (se accettare finanziamenti leciti e dichiarati è un reato, chiunque fa politica è un presunto colpevole), ma per sottolineare l’enormità di quel che appare un accanimento.
Come ha scritto Giuliano Ferrara sul Foglio, Toti è a casa sua, «sequestrato ad Ameglia. Un’indagine durata quattro anni, con largo uso di intercettazioni dirette e ambientali, non ha trovato per adesso prove decisive di corruzione, solo pettegolezzi di incontri su una barca, insinuazioni sui finanziamenti ai comitati elettorali e sul famoso voto di scambio, illazioni su amicizie e frequentazioni di imprenditori privati, generici sospetti su licenze a uso commerciale. Il malloppo estortivo o corruttivo non c’è».
È cambiato qualcosa? No
La legge dice che il governatore dovrebbe rimanere ai domiciliari solo se esistono le condizioni di pericolo di fuga, reiterazione del reato, inquinamento delle prove. Non si comprende, dato anche il clamore della vicenda, come queste tre condizioni sussistano. Persino il Manifesto ha parlato di «un processo alle intenzioni».
Di più: finora il governatore ligure è rimasto ai domiciliari perché – così è stato detto – avrebbe potuto di nuovo influire sulle immediate elezioni. Passate le europee, è cambiato qualcosa? No. “Però potrebbe influire sulle future elezioni regionali”, è stato ancora detto. Ora, a parte che si vota nel 2025 (Toti deve aspettare un altro anno?) lui stesso ha fatto sapere che, pur potendolo fare, non si ricandiderà. È cambiato qualcosa? No.
Contro la detenzione domiciliare, la difesa ha presentato un parere espresso dal Presidente emerito della Corte costituzionale, Sabino Cassese, ma nemmeno questo ha sortito gli esiti sperati e il riesame ha confermato la misura restrittiva.
«Un tribunale dell’Inquisizione»
Cos’altro dovrebbe o potrebbe fare Toti per riavere un po’ di libertà. O meglio, si capisce benissimo e ci chiediamo: dovrebbe dimettersi? Toti – sebbene siamo ancora nella fase delle indagini, sebbene non vi sia stato alcun rinvio a giudizio, sebbene non ci sia stato alcun processo, sebbene non vi sia stata alcuna condanna – dovrebbe, siccome «non ha capito le accuse», abbandonare subito quella poltrona che è diventata, come ha scritto nella lettera, «più un peso che un onore»? Siamo arrivati a tanto?
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Renato Balduzzi: Migranti in Albania – Una Questione Giuridica, Non Politica
La riflessione di Renato Balduzzi sulla distinzione tra politica e diritto nella gestione dei migranti nelle strutture italiane in Albania.
La riflessione di Renato Balduzzi sulla distinzione tra politica e diritto nella gestione dei migranti nelle strutture italiane in Albania. In un editoriale pubblicato su Avvenire, Renato Balduzzi, giurista e politico italiano, affronta una questione di grande attualità: la mancata convalida, da parte del Tribunale di Roma, dei provvedimenti di trattenimento dei migranti nelle strutture…
#analisi giuridica Balduzzi#Avvenire#Balduzzi Avvenire#Balduzzi migranti#conflitto politica giustizia#controversia giuridica#critica politicizzazione#democrazia costituzionale#detenzione migranti Albania#diritti costituzionali#diritti umani migranti#diritto e politica#discrezionalità politica#gestione migranti#giustizia italiana#indipendenza magistratura#intervento magistratura#legalità e diritto#legge e politica#leggi costituzionali#libertà e detenzione.#magistratura e diritti#migranti e costituzione#migranti in Albania#opinione pubblica migranti#politica e diritto#provvedimenti detenzione migranti#provvedimenti governo#rapporto politica e giustizia#regole costituzionali
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La signora “Gloria”, paziente oncologica veneta di 78 anni, è morta ieri mattina, il 23 luglio, nella sua casa: è la seconda persona in Italia ad aver scelto di porre fine alle proprie sofferenze tramite l’aiuto alla morte volontaria, reso legale a determinate condizioni dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019 sul caso Cappato-Antoniani, e la prima persona ad aver ottenuto la consegna del farmaco da parte dell'azienda sanitaria regionale.
"Gloria" ha potuto auto somministrarsi il farmaco letale attraverso la strumentazione fornita dal sistema sanitario, sotto il controllo medico del dottor Mario Riccio, Consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni, che nel 2006 aveva assistito Piergiorgio Welby e, il 16 giugno 2022, Federico Carboni, "Mario", il primo italiano che aveva potuto accedere a questa tecnica nelle Marche.
“In questo momento il nostro pensiero va alla famiglia di “Gloria”, al marito, vicino a lei fino all’ultimo istante - hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Cappato, Segretaria Nazionale e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni - Anche se “Gloria” ha dovuto attendere alcuni mesi, ha scelto di procedere in Italia per avere accanto la sua amata famiglia e sentirsi libera nel suo Paese. Ringraziamo il dottor Mario Riccio, che ha seguito la vicenda fin dall'inizio e che dopo l'impossibilità da parte dell'azienda sanitaria di fornire anche assistenza medica ha aiutato “Gloria” in questa fase finale, nel rispetto della sentenza 242/19 della Corte costituzionale. Le è stata risparmiata una fine che non avrebbe voluto, grazie alle regole stabilite dalla Consulta e grazie alla correttezza e all’umanità del sistema sanitario veneto e delle istituzioni regionali presiedute da Luca Zaia."
Intanto il Veneto è la prima Regione d’Italia ad aver raggiunto, e poi depositato, la soglia delle firme necessaria per poter portare la proposta di legge regionale sul suicidio assistito in Consiglio regionale. Sono infatti oltre 7.000 i cittadini veneti che hanno sottoscritto il testo di “Liberi Subito”, la proposta di legge regionale elaborata dall’Associazione Luca Coscioni per regolamentare l’aiuto medico alla morte volontaria. - Ass. Luca Coscioni
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Tanto terronismo per nulla
Il testo di legge sulle Autonomie, approvato in prima lettura al Senato e ora in votazione alla Camera, composto di undici articoli, introduce tali e tante condizioni da rappresentare la tomba dell’autonomia più che la sua attuazione. Vediamo quali.
1) Lo strumento costituzionale era pronto ma è stato artatamente complicato.
La Costituzione, all’art. 116 comma 3, regola le "forme e condizioni particolari dell'autonomia", prevedendo che tre materie attualmente di competenza statale e venti materie definite "di competenza concorrente" tra Stato e Regioni, possano essere richieste dalle Regioni per renderle di propria esclusiva competenza; stabilisce che il procedimento da adottare per questo trasferimento sia quello dell’intesa, già previsto in altri due casi nella Costituzione (l’approvazione degli accordi internazionali e la regolazione dei rapporti con le confessioni religiose).
Quando, nel febbraio 2018, furono stipulate le intese tra Governo e tre Regioni (Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto), il procedimento fu esattamente quello costituzionale ex Art.116; prevedeva l’attribuzione di tutte e ventitré materie disponibili e il voto delle Camere sull’intesa raggiunta. Ma nessun Governo da allora l'ha mai portato in Parlamento.
(L'attuale legge sulle Autonomie complica tale quadro e lo rende) incostituzionale, introducendo lo strumento della legge di attuazione.
2) I LEP chiudono la strada all'Autonomia
i fautori del centralismo assistenzialista hanno escogitato un ulteriore sistema per vanificare il regionalismo e l’efficientamento del servizio pubblico,(...) ottenendo che l’attribuzione dell’autonomia fosse posposta all’attuazione di un’altra previsione costituzionale, quella che riguarda i livelli essenziali delle prestazioni o LEP.
L’art. 117 della Costituzione prevede che tra le materie di esclusiva competenza dello Stato vi sia la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Questa parte è diventata preminente nel disegno di legge sull’autonomia approvato in prima lettura al Senato. (E' un compito esclusivo dello Stato, ci pensasse da solo: che ci azzecca come prerequisito per negoziare le autonomie regionali?)
Non solo i LEP devono essere individuati su tutto il territorio nazionale (...) ma devono anche essere finanziati prima che possa avvenire qualsiasi trasferimento alla Regione della materia richiesta. Quindi, oltre ai tempi estremamente lunghi e articolati, intervengono questioni finanziarie: se (si scegliesse di adottare) costi e fabbisogni standard elevati di alcune Regioni, questo impedirà il loro completo finanziamento e chiuderà la strada all’autonomia. (...)
3) Nessuna riduzione dei trasferimenti fiscali
(...) Anche superato l’insormontabile ostacolo di cui al punto precedente, quando finalmente iniziasse l’iter per l’attribuzione di autonomia, il procedimento sarà tutto in mano dello Stato ed eventuali modifiche sulle proposte regionali dovranno essere accettate senza alcuna trattativa. Non solo, nel disegno di legge è presente una lunga serie di norme perequative a favore delle Regioni che non chiedono l’autonomia e la possibilità di ridurre la compartecipazione ai tributi della Regione richiedente nel caso si verificasse un surplus a suo favore (ciò non vale, invece, nel caso contrario). In conclusione non è prevista alcuna, seppur minima, riduzione del residuo fiscale. Il quale era il primo motivo della richiesta dell'Autonomia.
4) Autonomia a scadenza.
Il disegno di legge scrive: l’intesa prevede inoltre i casi, i tempi e le modalità con cui lo Stato o la Regione possono chiedere la cessazione della sua efficacia (...). Oltre a questo è stato introdotto un comma che si commenta da solo: il Presidente del Consiglio dei ministri (…) può limitare l’oggetto del negoziato ad alcune materie o ambiti di materie individuate dalla Regione nell’atto d’iniziativa. (...)
Paolo Franco, via https://www.serenissima.news/paolo-franco-il-disegno-di-legge-calderoli-approvato-al-senato-e-la-tomba-dellautonomia/
I terronisti si agitano come al solito solo per facite ammuina: ci han pensato i nazionalisti, altra forma di frateme statalisti, a depotenziare le Autonomie e mantenere i carrozzoni rom ben agganciati alle "locomotive".
Chi ci rimette, oltre ai "tasi e tira" sono quelli che come sempre non troveranno né servizi né aiutini, furnuti tutti ai cacicchi locali.
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ADDIO A SCIARRA SILVANA
Tra pochi giorni la Signora Sciarra Silvana lascerà la Presidenza della Corte costituzionale e finalmente andrà in pensione. Sicuramente nella mente della nota giurista fioriscono aspettative di nuovi e più alti destini. Per il bene della Nazione speriamo che non abbia altri incarichi.
È stato un soggetto chiaramente non del tutto adatto a presiedere la Corte costituzionale, che richiede ben diversa saggezza e competenza, oltre che equilibrio nel dirigere l’udienza.
Il suo nome resterà legato ad uno dei periodi più tristi della Corte costituzionale. Sarà ricordata come colei che unitamente ad altri giudici costituzionali, ha dichiarato la costituzionalità di leggi illogiche, contraddittorie e palesemente negatrici di diritti fondamentali della persona garantiti dalla Costituzione. A cominciare dal noto art. 32 relativo alla materia sanitaria.
La Corte costituzionale da lei presieduta ha “ucciso” per la seconda volta il grande Presidente Aldo Moro che fu il Deputato costituente che volle il secondo comma dell’art. 32 Cost. in base al quale sono in ogni caso banditi trattamenti sanitari violativi della dignità umana.
In una intervista incautamente rilasciata dalla Sciarra Silvana al “Corriere della Sera” il 2 dicembre 2022 il soggetto in questione, a proposito della pretesa costituzionalità delle leggi liberticide in tema di Covid, ebbe a dichiarare (anticipando illegittimamente la motivazione delle sentenze), che la Corte aveva “seguito la scienza”.
A parte il fatto che la scienza medica non esiste in termini di acquisizioni definitive, essendo essa attività di continua ricerca scientifica, è di pochi giorni la notizia che la European Medical Agency e la Commissione europea hanno riconosciuto quel che non si poteva e non si può più nascondere; e cioè il fatto che i sieri magici inoculati nel corpo dei cittadini in forza di una legge estorsiva e ricattatoria, hanno provocato e ancora provocano in misura crescente, migliaia e migliaia di morti.
Non so quale sia il peso di quanto è accaduto sulla coscienza della Sciarra Silvana e dei suoi Colleghi della Corte costituzionale. Non so se la sua sensibilità personale è tale da comprendere che con quelle infauste sentenze, si è resa corresponsabile morale del decesso di migliaia di persone.
Non m’interessa saperlo.
AUGUSTO SINAGRA
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Palermo torna a pullulare di mafiosi responsabili di efferati omicidi, che sempre più spesso hanno accesso a benefici penitenziari pur non avendo mai aperto bocca sui loro pesanti trascorsi criminali. Nelle ultime settimane, a ottenere la semilibertà sono stati infatti lo “strangolatore” dell’Acquasanta Raffaele Galatolo e lo spietato killer di mafia Paolo Alfano, mentre sono stati elargiti permessi premio allo storico reggente del mandamento di Santa Maria di Gesù, Ignazio Pullarà, nonché ad altri importanti mafiosi come Franco Bonura, Gaetano Savoca e Tommaso Lo Presti. Alla rimpatriata palermitana manca solo Giovanni Formoso, punito con l’ergastolo per aver caricato l’autobomba utilizzata nell’attentato di via Palestro a Milano, il 27 luglio 1993, che causò 5 morti. Anche lui ha ottenuto la semilibertà – è la prima volta per un boss mafioso condannato per strage e mai pentitosi –, ma, almeno per ora, ha il divieto di tornare in Sicilia.
Il caso di Giovanni Formoso è sicuramente quello più altisonante. Il boss è stato infatti condannato all’ergastolo tra gli esecutori materiali della strage di via Palestro, uno degli attentati che, nel 1993, insanguinarono l’Italia nella cornice di una “strategia eversiva” che vide Cosa Nostra in prima linea. Esplodendo nei pressi del Padiglione di Arte Contemporanea, l’autobomba causò la morte di cinque persone. Formoso era uomo dei fratelli Graviano, registi della stagione delle stragi del ’93, nonché organizzatori dell’attentato in via D’Amelio del 19 luglio 1992, in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino insieme ai membri della sua scorta. Anche Raffaele Galatolo, tornato a Palermo, è un profilo di peso: fu uno dei membri di spicco della nota “camera della morte” di Vicolo Pipitone, dove all’inizio degli anni Ottanta venivano uccisi i nemici mafiosi del capo di Cosa Nostra Totò Riina. Centro nevralgico delle attività di Cosa Nostra, il luogo – come emerso dalle testimonianze di molti pentiti – sarebbe stato il punto di incontro tra i mafiosi e vari esponenti dei servizi segreti, tra cui Bruno Contrada, Arnaldo La Barbera e Giovanni Aiello, alias “Faccia da Mostro”. Un altro nome autorevole tra quelli dei mafiosi che hanno ottenuto benefici penitenziari è quello di Ignazio Pullarà, che sarebbe il custode dei segreti sui legami tra l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, Silvio Berlusconi e i boss di Cosa Nostra. Nella sentenza con cui la Corte d’Appello di Palermo condannò il braccio destro dell’ex premier per concorso esterno in associazione mafiosa, si legge infatti che Vittorio Mangano – il famoso “stalliere” della villa di Arcore, boss mafioso della famiglia di Porta Nuova – fra il 1988 e il 1989 aveva manifestato lamentele a un altro mafioso per il «comportamento, che aveva giudicato scorretto, tenuto nei suoi confronti da parte di Ignazio Pullarà, reggente della famiglia di Santa Maria di Gesù, che si era appropriato delle somme che erano state versate da Berlusconi e che Mangano riteneva spettassero a lui». Altro mafioso ergastolano che è potuto rientrare nel capoluogo siciliano è poi Paolo Alfano. Condannato a 17 anni di carcere al Maxiprocesso e successivamente all’ergastolo per due omicidi, era ritenuto da Falcone e Borsellino «uno dei killer più fidati e spietati della famiglia di corso dei Mille».
Questo scenario trae origine da un approccio giurisprudenziale molto più permissivo rispetto al passato per i mafiosi che non si pentono, segnato da dirimenti sentenze da parte della Corte Europea dei Diritti Umani e della Corte Costituzionale. Nel 2019, la Corte Europea dei Diritti Umani ha infatti affermato che l’Italia dovesse «riformare la legge sull’ergastolo ostativo, che impedisce al condannato di usufruire di benefici sulla pena se non collabora con la giustizia». Nello specifico, l’ergastolo ostativo – introdotto in seguito alle stragi di Capaci e Via D’Amelio – consiste in un particolare regime carcerario, delineato dall’art. 4 Bis dell’Ordinamento Penitenziario, che esclude dalla possibilità di godere dei benefici penitenziari coloro che hanno subito condanne all’ergastolo per reati particolarmente gravi, tra cui l’associazione mafiosa e il terrorismo. La Consulta si è subito adeguata alla pronuncia della CEDU, sancendo che anche i mafiosi possono accedere ai permessi premio «pure in assenza di collaborazione con la giustizia». Nonostante il decreto con cui il governo Meloni è intervenuto sulla materia abbia eretto dei paletti molto “stringenti” per la concessione dei benefici penitenziari, la strada è segnata: come dimostrano le cronache, infatti, il divieto di permessi premio e libertà condizionale per la mancata collaborazione con la giustizia non è più assoluto, dovendo invece i Tribunali di Sorveglianza valutare caso per caso. Per i mafiosi, dunque, collaborare con la giustizia è sempre meno conveniente.
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