#lavoro all’estero
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La perdita dei talenti italiani: un impatto economico da 134 miliardi di euro
Il fenomeno dell'emigrazione giovanile continua a crescere, con gravi ripercussioni economiche e sociali
Il fenomeno dell’emigrazione giovanile continua a crescere, con gravi ripercussioni economiche e sociali La migrazione dei giovani talenti italiani verso l’estero rappresenta una sfida significativa per il Paese, con costi economici e sociali sempre più evidenti. Secondo il recente rapporto “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero” della Fondazione Nord Est, il costo della cosiddetta…
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Agadir

"Te le vorrei scrivere addosso, sulla schiena, sul culo, intorno ai seni, lungo i fianchi, tutte quelle parole che non riesco a dirti quando mi stai davanti." (Luigi Mancini)
www.malikahajer.tumblr.com
Dopo aver passato un brutto periodo con parte del personale in cassa integrazione e altri di noi invece in alternativa obbligati a fare lavoro part-time, grazie a un notevole sforzo collettivo comune, a scelte sagge e lungimiranti dell’Amministratore Delegato e della Direzione Generale, la nostra piccola azienda, formata da circa trecento unità in tutto, negli ultimi anni ha ripreso decisamente quota.

La primavera di quattro anni fa, a revisione dei conti e del bilancio avvenuta, s’è visto che eravamo passati finalmente in attivo e anche di molto. Quindi sarebbe presto partito un piano di espansione. Hanno comunicato che avrebbero assunto altro personale, aperto delle filiali all’estero e ci sarebbero state comunque nuove prospettive per tutti. Personalmente io ho la fortuna di lavorare da sempre con Carlo: uno dei dirigenti più quotati e professionalmente proattivi e produttivi.

Mi ha assunta lui quindici anni fa e mi ha fatta crescere molto, professionalmente e umanamente. Per dare un’ulteriore motivazione al personale, con l’estate a seguire a tutti noi fu corrisposta una corposa gratifica: un premio di produzione variabile tra tremila e seimila euro, a seconda dell’inquadramento nella scala organizzativa. Inoltre, una piccola rappresentanza aziendale di due o tre unità, tra manager e collaboratori per ogni ramo aziendale, diciotto persone in totale, fu spedita ad Agadir, Marocco.

Motivazione: workshop d'aggiornamento su nuovi prodotti e tecniche di vendita innovative. Il luogo fu scelto scelto apposta dalla DG per spronare, motivare e ovviamente premiare. Al mio capo, incluso anche lui nel gruppetto, fu chiesto di selezionare una persona di sua fiducia e lui scelse me. Non stavo nella pelle. Due settimane di corso, con impegno limitato al solo mattino e dopo pranzo mare, sole e riposo. Incredibile! E poi con Carlo: il mio mentore, una pasta d’uomo!

Ne avevo proprio bisogno. Anche perché mio marito Raimondo e i suoi colleghi, nel loro posto di lavoro in pericolo da anni, nel tempo hanno dovuto subire dapprima tagli dolorosi e alla fine una cassa integrazione a termine, conclusasi con la perdita definitiva del posto. Era quindi di fatto confinato in casa da diversi mesi. Sempre di umore nero e nervosissimo. Spediva curriculum a destra e a manca, ma senza risultato. C’era sempre tensione, grazie ai soldi che scarseggiavano.

Suoi lavoretti qui e là, ogni tanto lo facevano tornare orgoglioso e sorridente. Per qualche ora. Logicamente facevamo economia su tutto: si spaccava il centesimo. Più nessuna tenerezza tra coniugi. Sesso praticamente azzerato. Fine di ogni suo tentativo di seduzione nei miei confronti. I suoi approcci erano infatti conditi solo di sarcasmo e si finiva sempre col discutere. Masticavo amaro. La sua cattiveria, la frustrazione quotidiana veniva a sera regolarmente sfogata su di me. La mia femminilità era sempre e regolarmente mortificata.

Comunque, almeno in ufficio raccattavo ancora qualche sorriso o complimento e quando succedeva era acqua fresca versata su un cuore femminile inaridito e assetato di apprezzamento. Però a settembre dello stesso anno… il corso d'aggiornamento in Marocco! Che bello: viaggio in aereo, sistemazione mia e di Carlo in camere attigue e finalmente uno stacco totale dall’atmosfera familiare più cupa mai sperimentata in oltre dieci anni di matrimonio.

A mio figlio e alla casa per quindici giorni avrebbe pensato Raimondo. Tutta la prima settimana fu un vero sogno, persino troppo bello per essere vero. Con il mio capo, al mattino si seguiva con scrupolo il corso, si prendevano appunti. Poi pranzavamo e al pomeriggio correvamo immediatamente a rosolarci al sole rovente del Marocco. In spiaggia si scherzava, si nuotava, si andava al largo in barca. Immersioni in un mare blu e pieno di pesci multicolore. Un vero sogno. Finalmente da Carlo era uscito fuori il suo lato più umano, allegro e gentile. Lo stimavo e lo apprezzavo, sebbene avesse circa vent’anni più di me. E poi era un bel fusto, oggettivamente.

In segreto avrei desiderato mille volte di più avere lui come marito, invece di quel musone che mi stava ormai esasperando l’esistenza. Ma la realtà è quella che è. Intanto mi godevo lo stacco. Al venerdì sera della prima settimana, dopo cena, esausta me ne tornai in camera. Verso le dieci già dormivo, ma Carlo bussò. Insolito: non s’era mai permesso. Pensai: “avrà bisogno di un’Aspirina o di ago e filo” ma come entrò già mi sentii inquieta. Infatti indossava l'accappatoio. Era anche un po’ brillo. Si sedette sul bordo del letto e mi confessò che s’era separato dalla moglie da circa cinque mesi.

Non l’aveva mai detto a nessuno e non voleva si sapesse in giro. Ma che comunque lui aveva le sue esigenze di uomo, che si facevano ogni giorno più pressanti. Il cuore mi batteva forte: ero terrorizzata e non sapevo cosa fare. Non volevo ferirlo, chiedendogli di uscire fuori, magari fraintendendo ciò che stava cercando di dirmi. Ascoltavo lo sviluppo del suo discorso. La mia bocca era asciutta. Continuò dicendomi che sapevo bene quanto m’avesse aiutata negli anni, che lui era a conoscenza delle difficoltà sia economiche che coniugali che stavo affrontando e che quindi potevamo forse aiutarci a vicenda con reciproco vantaggio. Stava arrivando al nocciolo…

Mi confessò che dal primo pomeriggio di lunedì, giorno in cui mi aveva vista in bikini al mare, era rimasto fortemente colpito dalla mia bellezza folgorante, dal profumo della mia pelle, e poi la mia bocca ormai lo ossessionava. Disse che se fossi stata generosa e aperta con lui mi avrebbe fatto salire entro l’anno di un livello categoriale, cosa che avrebbe comportato un aumento salariale in busta paga di oltre trecento euro lorde e l’anno dopo, se fosse stato contento della mia “fedeltà” m’avrebbe premiata con un corposo assegno mensile di “maggiori prestazioni.” Si trattava a suo dire di circa novecento euro lorde in totale!

Come finì di parlare s’alzò e aprì l’accappatoio. Mi venne vicino completamente nudo, mostrandomi la sua erezione totale. Era inequivocabile: mi voleva. Si sedette nuovamente sul bordo del letto e mi fece cenno di venire tra le sue cosce allargate e inginocchiarmi. Aggiunse che se mi fossi rifiutata ne avrei avuto tutto il diritto, per carità. Che lui non obbligava nessuno… ma che probabilmente, parlando molto chiaro, questo avrebbe segnato la fine della mia carriera e l’inclusione sicura in una lista nera di “sfaccendati” da liquidare alla prima occasione…

Non ebbi il coraggio di parlare e in silenzio obbedii. Ero incazzata nera, ma allo stesso tempo anche lusingata e onestamente confesso che un po' anche io lo desideravo. Mi inginocchiai, aprii la bocca e la feci riposare sul suo glande per circa trenta secondi, in cui cercai di trovare da qualche parte della saliva residua, per lavorarlo come si deve. Poi iniziai a succhiare e a farmelo entrare. Succhiavo sempre più forte. Lui inziò a gemere: “ooooh… femmina benedetta… finalmente… sapevo che avresti capito… brava, brava….” Erano secoli che mio marito non mi toccava. Anche se sotto ricatto, avevo proprio il bisogno fisico di succhiare un bel cazzo.

Mi ricordavo i “basics” e tra le lacrime, fra la gratitudine e la rabbia, rassegnata pian piano lo feci accomodare meglio che potevo nel mio cavo orofaringeo. Svolsi la pratica con competente e diligente freddezza, sebbene dentro bruciassi di rabbia e umiliazione. Venne in maniera esagerata: pretese che ingoiassi tutto. Fortunatamente era di sapore gradevole, al mio palato. Alla fine devo dire che… si: la sua sborra mi piaceva proprio! Saranno stati tutti i dolci che mangiavamo ogni giorno. Era molto che non stava con una donna, mi disse. Mi stese per terra a pancia in giù con un cuscino sotto il bacino, mi allargò le cosce e con fare deciso, senza delicatezze, mi penetrò la vulva. Serrai le mascelle mentre schiumavo rabbia. Ma pensavo all'aumento di stipendio. Entrò facendomi molto male, perché comunque non ero certo lubrificata e piena di libidine per lui.

Pian piano, purché finisse presto, mi adattai ai suoi movimenti e iniziai inevitabilmente a collaborare, ad agevolare la sua penetrazione. Involontariamente iniziai a godere di quel notevole uccello nella fica che pretendeva amore e prepotente accettazione. Venni da pazzi e mentre venivo gli accarezzai i testicoli dolcemente, inarcando la schiena per raggiungerli. Gli chiesi con voce flautata e dolce di spingere di più. A sentirmi ammansita e domata, Carlo intensificò le sue spinte e alla fine uscì dalla mia fica, inondandomi di sborra la schiena. Avevo goduto come una porca, con lui nudo sulla schiena e dentro di me! Incredibile! Ero incazzata nera ma anche sessualmente soddisfatta. Poi, con ovvio imbarazzo lui si alzò e indossò nuovamente l’accappatoio. A occhi bassi, senza guardarmi in viso, mi lasciò come una cosa buttata lì sul tappeto della stanza e se ne andò.

Piansi a dirotto: ero incazzata con me stessa e mi sentivo in colpa. Soprattutto perché non avevo saputo oppormi e poi perché m'era proprio piaciuto: sia nel prenderlo in bocca che mentre mi rompeva la fica: coi minuti che passavano, in entrambe le situazioni avevo provato puro godimento. Moltissimo. Mi ero sentita nuovamente desiderata, apprezzata come femmina fonte di piacere sessuale per un uomo e non sapevo più cosa fare, cosa pensare. Denunciare la cosa avrebbe fatto scoppiare uno scandalo, che di sicuro si sarebbe ripercosso negativamente su tutta l’azienda. Mi avrebbero odiata: per tutti sarei stata di sicuro io la puttana provocatrice. Avrebbe significato certamente perdere il mio lavoro a breve termine.

Tacere e adattarmi invece avrebbe comportato una mia totale sottomissione a Carlo, ma per la mia famiglia alla fine solo dei vantaggi. E del mio lavoro avevamo assoluto bisogno. Tra la rabbia e i dubbi, alla fine mi addormentai. Sognai che Carlo mi prendeva, ma nel sogno non ero imbarazzata, anzi: lo desideravo. Mi sorpresi nel mio dormiveglia tormentato a provocarlo con vestiti sexy e un atteggiamento civettuolo e malizioso, a volerlo dentro. E incredibilmente, pur standomene rilassata a letto, con la fica che mi bruciava ancora, sentivo fisicamente il mio ano contrarsi e desiderare il suo cazzo, in modo inequivocabile.

Verso l’una mi alzai, andai in bagno e pensando a lui mi infilai il manico della spazzola nel culo, mentre mi davo piacere da sola sgrillettandomi la fica. Mi accorsi mio malgrado che non pensavo ad altro che a Carlo! Ma finalmente mi placai e potetti dormire. Lo pensavo intensamente e lo desideravo, soprattutto in culo. Il mattino dopo era sabato; a colazione lui non scese. Me ne andai in spiaggia: neanche lì si fece vedere. Passai la mattinata cercando di essere il più normale possibile, ciarlando con i colleghi: spettegolai come al solito e presi il sole. A pranzo mangiai un’insalata e bevvi un’aranciata. Scambiai solo due chiacchiere rapide con i commensali e subito me ne tornai in camera.

Non riuscendo a riposare, per il nervosismo e l’eccitazione della novità, né a leggere qualcosa, mi risolsi verso le due ad andare a trovarlo in camera. Bussai e lui mi aprì, ancora in pigiama leggero di raso. Sempre restando a occhi bassi, iniziò dicendomi che si scusava tantissimo. Che l’alcool la sera prima gli aveva completamente offuscato la ragione e mi pregava di dimenticare tutto, se potevo. Si vergognava da morire e mi si inginocchiò davanti, abbracciandomi le gambe a occhi chiusi e inalando il profumo della mia pelle cosparsa di crema profumata. Mi stava adorando e si stava umiliando! Carlo: l’uomo più orgoglioso ma generoso, combattivo e a suo modo dolce e pieno di sé che abbia mai conosciuto, adesso era psicologicamente ai miei piedi! Finalmente!

Francamente, ero entrata per dirgliene comunque quattro e poi ero sicura che sarei andata avanti a braccio, a strillare che non poteva trattarmi così, che ero una persona piena di dignità, che avevo una famiglia e i miei diritti di donna. Però, lì per lì mi venne solo da accarezzargli la testa. Ero bellissima e fiera, in costume e pareo. Dopo le sue scuse quindi, mi venne spontaneo solo di girarmi e andarmene. Stava soffrendo ed era vero. Lo conoscevo bene, ormai. Però sul letto in camera mia mi sentivo inquieta: la mamma che era in me provava un assoluto e urgente bisogno di perdonarlo.

La femmina a digiuno da tempo di attenzioni invece era lusingata dal suo desiderio per il mio corpo e continuava a chiedere il suo sesso. Con insistenza. Non resistetti. Era ufficiale: lo volevo da impazzire. Tornai da lui. Mi guardò come se aspettasse una sentenza, ma io invece mi girai di schiena e mi tolsi il costume. Restando completamente nuda, mi inginocchiai spalle a terra e culo altissimo, cosce ben aperte. Gli dissi solo:

-sfondami il culo, Carlo. Sarò tua quando mi vorrai, d’ora in poi, se proprio mi desideri così tanto. Ma in segreto e con tutte le cautele del caso. E non dovrà mai saperlo nessuno. Chiaro?
Sorrideva e piangeva, mi disse solo:
-grazie, grazie, mio dolcissimo tesoro: vedrai, sarò un amante discreto e focoso. Ti piacerà e ne avrai solo grandi vantaggi… sai, ti desidero molto e…
ma io:
-basta chiacchiere: t’ho già perdonato e ti imploro solo di sfondarmi, dai che ti voglio…

Mi prese dolcemente. Fu un vero signore, stavolta. Si inginocchiò e mi ammirò a lungo. Sentivo che mi mangiava con gli occhi, nuda davanti a lui e desiderosa. Quindi iniziò. Dapprima mi inumidì, leccandomi per un po’ prima la fica e dopo molto a lungo il buco del culo. Era abbastanza chiaro cosa volesse provare, del mio corpo. Ero impaziente e glielo facevo capire, contraendo e rilassando l’ano di seguito. Non ne potevo più: lo volevo da morire. Gemevo.
Quando mi entrò in culo, esclamai un: “oooooh… finalmente, amore mio…” capii finalmente che lo avevo sempre segretamente amato e che ormai sarei stata la sua puttana felice da quel momento in poi. Mi cavalcò e mi sfondò per un sacco di tempo. Era contento come un bambino. Mi baciava la schiena, il collo, le spalle e continuava a ringraziarmi, a dirmi che ero una femmina bellissima, che il suo cazzo mi reclamava in segreto da sempre. Moltissimo.

Mi stuzzicava i capezzoli, tenendo le mani a coppa sul seno, intanto che mi cavalcava. Mentre lui si dava da fare, venni due volte di culo: non m’era mai successo prima. Poi con fermezza mi girò. Mi baciò con intensità. Era innamorato pazzo. Mi prese e portò sul letto, mi sdraiò sulla schiena. Mi scopò con amore e gioia reciproca. Aveva un ottimo arnese. Ed era inesauribile: aveva un uccello grosso e per giunta duro come il marmo, per essere un quasi sessantenne. Non sapendo se prendevo precauzioni, al momento opportuno lo tirò ancora una volta fuori e mi sborrò sul ventre e sulle tette una notevole quantità di seme.

Scoprii che anche questo suo gesto mi piaceva! Poi col glande prese a titillarmi i capezzoli. Con notevole e reciproca soddisfazione. Giocammo, scherzammo come dei ragazzini, ridemmo e parlammo. Gli dissi comunque che avevo la spirale e che quindi poteva venirmi dentro liscio. Anzi, lo avrei gradito molto perché sarebbe stato un suo segno di gran desiderio di intimità con me. Gli confessai che ero stata molto colpita dal fatto che tra le tante belle ragazze sulla spiaggia lui comunque fosse stato interessato soltanto alle mie tette e al mio culo! M’ero accorta infatti che guardava solo me! Mi baciò appassionatamente e riprendemmo a scopare.

Ci baciavamo come due innamorati. Al momento opportuno mi accorsi che stava nuovamente venendo e gli dissi: “sai, ho cambiato idea. Quando vieni, ricoprimi nuovamente di sborra il ventre e il seno. Mi piace, quando mi oltraggi così. Trattami come la tua troia da quattro soldi, mancami di rispetto. Poi stasera dopocena ordinami nuovamente di succhiarti il cazzo e ingoiare. Vedrai che sarà tutt’un altro godere. La mia lingua è capace di veri miracoli, se mi ci metto. Ti farò felice. Per tutto il weekend e la settimana restante, voglio passare la notte sempre nel tuo letto: a succhiarti il cazzo, masturbarti, leccarti le palle e l’ano e a farmi sfondare come e quanto tu vorrai.”

Così, piena di vergogna interiore, passai comunque forse la settimana più peccaminosa ma più bella della mia vita. Carlo fu di parola: dopo tre mesi ebbi un livello categoriale e l’anno dopo un aumento per “maggiori prestazioni”. Con grande scorno delle colleghe, che mi guardano tuttora con occhi taglienti. Soprattutto di quelle che si erano dichiaratamente offerte a lui senza che però Carlo neppure le prendesse in considerazione. So che tra loro mi chiamano “la troia del Capo” ma non mi interessa minimamente. Scopiamo regolarmente e io lo ingoio sempre di gusto: spesso a pranzo ci chiudiamo in ufficio e lo spompino rapidamente. Eravamo e siamo comunque molto discreti. Non lasciamo mai tracce evidenti.

Mio marito da circa due anni ha iniziato un lavoro in proprio come rappresentante di infissi ed è spesso fuori casa per alcuni giorni. Non mi manca, però. Quando ha voglia, lo faccio scopare ovviamente, mi faccio inculare e mi fingo innamoratissima. Sono un’attrice nata. Tutte noi donne lo siamo! Lo accarezzo, me lo bacio, lo confondo col profumo e il gusto della mia fica sulla sua bocca. Me la faccio leccare a lungo, da lui. Ma la felicità per me ormai è solo il cazzo del mio capo Carlo: quando mi riempie o mi copre di sborra, io godo veramente come una troia professionista. Tra due amanti consenzienti, nulla è peccato e tutto è assolutamente benedetto in cielo dalla passione.

RDA
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Sanzioni flop, mosca cresce 6 volte l’europa
DUE ANNI DI PROPAGANDA E DATI IGNORATI - Crescita, Pil, Borse e banche (non il gas): i numeri sull’economia russa indicano che è ancora lontano l’obiettivo perseguito dall’Unione. Si va verso il 14° pacchetto
DI MARCO MARONI
Con il 13° pacchetto di sanzioni approvato dall’Unione europea ed entrato in vigore ieri, con misure restrittive su altre 1056 persone e 88 entità, il volume delle iniziative messe in campo per frenare l’economia russa e la sua capacità di finanziare la guerra in Ucraina ha raggiunto lo straordinario volume di oltre 19 mila. I bandi all’importazione e all’esportazione, il price cap sui prezzi energetici, la stretta su sistemi di pagamento e intermediari finanziari, il congelamento di beni pubblici (300 miliardi di dollari di riserve valutarie) e privati all’estero, fanno della Russia il Paese più sanzionato al mondo e il più sanzionato della storia. Ma dopo due anni di guerra economica scatenata dai Paesi ai due lati dell’Atlantico, e mentre il presidente Usa Biden studia un ulteriore pacchetto da 500 nuove sanzioni, sembra essere senza precedenti anche lo scostamento tra l’obiettivo che si voleva raggiungere e la realtà dei fatti.
Partiamo dalle macro cifre. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) che nel settembre 2022 stimava un’economia russa in contrazione del 6% per quell’anno e del 3,5% nel 2023, ha dovuto fare un notevole lavoro di revisione: gli ultimi dati pubblicati indicano che nel 2023 il Prodotto interno lordo (Pil) russo è cresciuto del 3%, e la previsione per il 2024 è del +2,6%. La crescita è la migliore di tutti i Paesi dell’area dell’euro, quasi in stagnazione: più 0,5% nel 2023 e una previsione dello 0,9% per quest’anno. Peggio di tutti la Germania; l’economia della cosiddetta locomotiva europea, prima vittima del caro energia e dei cali nell’export, l’anno scorso è entrata in recessione, con un Pil a meno 0,3% che quest’anno potrebbe risalire allo 0,5%. Peggio di Mosca hanno fatto anche gli Stati Uniti, più al riparo dagli effetti delle sanzioni: più 2,5% l’anno scorso e una previsione del 2,1% quest’anno. Riguardo ai mercati finanziari, la Borsa di Mosca ha guadagnato il 27% rispetto a due anni fa, il cambio del rublo ha recuperato le perdite subite, tornando ai livelli del 2021. A sperimentare una crescita da record è il sistema bancario. Grazie alla corsa ai nuovi mutui sussidiati dallo stato e ai finanziamenti per acquistare le attività delle imprese occidentali che lasciano il Paese, le banche russe l’anno scorso hanno fatto profitti per 37 miliardi di dollari, 16 volte quelli dell’anno precedente. I buoni dati economici, insieme a una propaganda che è riuscita a descrivere la guerra come una necessità esistenziale, contribuiscono peraltro al consenso, con la popolarità di Putin ai massimi da sette anni, è all’85% di gradimento.
Ciò che analisti e politici cercano di capire è come mai le sanzioni non sortiscano l’effetto sperato. I motivi sembrano risiedere in una notevole capacità della Russia e dei suoi partner commerciali di aggirare le sanzioni, e in una riconversione nell’economia e nei rapporti finanziari internazionali. Mosca ha spinto su nuovi mercati, alleato cinese innanzitutto. L’anno scorso l’interscambio commerciale tra Cina e Russia è stato di 240 miliardi di dollari, in aumento del 26,3 % sull’anno precedente. A seguire gli scambi in valuta, con la yuan cinese che sta sostituendo il dollaro.
Capitolo importazioni, ambito sensibile per i partner Nato in quanto funzionali anche all’industria degli armamenti. Dopo il brusco arresto nei primi mesi dell’invasione, con le consegne dall’Europa calate del 52%, ora si è tornati ai livelli pre-guerra. È aumentato l’import dai fornitori esistenti, sono stati sostituiti prodotti, fatti accordi con nuovo fornitori e, soprattutto si è seguita la strada delle importazioni parallele. Crescite dell’export si sono registrate dalla Turchia e da una serie di Paesi dell’ex blocco sovietico, come Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirgizistan.
In molti casi questi Paesi fanno da tramite, riesportando in Russia prodotti importati da altri che adottano la politica sanzionatoria. Per avere un’idea di come funziona, basti pensare al boom dei cellulari (i cui chip possono essere usati anche per gli armamenti) in Armenia, dove le importazioni sono decuplicate in valore.
Qualche effetto positivo sembrano invece aver avuto le misure su gas e petrolio, prima voce dell’export russo. Se nell’estate del 2022 i prezzi del gas erano arrivati a 340 euro per Megawattora, una manna per le casse russe impegnate a finanziare la guerra, la quotazione ora è a 23 euro. Mentre il petrolio è sceso dai 120 dollari al barile dell’estate 2022 a 76 dollari. Ma anche qui, Mosca non è stata messa fuori gioco. Prima del price cap, che ha proibito agli importatori occidentali di trattare petrolio russo a più di 60 dollari al barile, il 60% dell’export russo era trasportato da petroliere europee. Oggi gran parte di quel petrolio è trasportato da compagnie con sedi in Paesi non sanzionatori.
Le prossime misure, secondo quanto annunciato da Biden, dovrebbero colpire di più le banche e i loro affari, spesso poco rintracciabili con le imprese che riforniscono la Russia. Ma secondo gli analisti, il rischio qui è di mettere in pericolo la stabilità del sistema finanziario internazionale.
Chi dubita sulla reale ripresa del sistema produttivo russo argomenta che la crescita è dovuta soprattutto alla riconversione di parte della sua economia in un’economia di guerra, non sostenibile sul lungo periodo. Un ragionamento che sembra non considerare che, nella storia, la guerra è ciò che ha fatto fare un balzo in avanti produttivo alle economie in crisi.
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NO NON CI PAGHERANNO LE PENSIONI - il basso livello dei redditi medi degli stranieri (13.000€ anno) comporta che non versano imposte e non contribuiscono al sostegno della fiscalità generale.
Inoltre, avendo tipicamente nuclei familiari numerosi (con la possibilità di autocertificare i figli che vivono all’estero, circostanza molto difficile da verificare), ciò consente detrazioni fiscali e la percezione di assegni familiari, l’accesso prioritario rispetto agli italiani a molte integrazioni al reddito, quali i contributi all’affitto, gli alloggi popolari, gli asili nido.
Il che significa una differenza tra quanto versano e quanto usufruiscono per titoli di sanità e di altri servizi e assistenze, con uscite di circa 16 miliardi a carico del bilancio pubblico (...). Da ciò si evince quanto sia falsa e infondata la tesi che “gli immigrati ci pagano le pensioni”, semmai sono un onere rilevante.
Tra l’altro, gli immigrati si avvalgono del diritto di inviare nei loro Paesi di provenienza parte dei guadagni: sono circa 5 miliardi l’anno che non vengono spesi nel territorio italiano e nella sua economia. (...) Inoltre, l’immigrato che fa ritorno nel proprio Paese (...) chiede i trasferimenti dei contributi versati in tale Stato. (...)
Tutte le nazioni del mondo, circa l’ingresso degli immigrati, pretendono il possesso preventivo di un contratto di lavoro: ad esempio Regno Unito, Canada, Usa, Australia (...). Si può aderire online e partecipare a un’intervista o a un colloquio da remoto in videoconferenza. Anche l’Italia ha simili liste quantificate in quote. Come mai coloro che giungono sui barconi, tutti dotati di cellulare, invece di farsi traghettare dalle Ong non accedono alle liste del Ministero Interno e si mettono in contatto con i datori di lavoro, per un colloquio online? Non hanno i requisiti? Allora non possono entrare.
Evidentemente (...) ci sono interessi per favorire l’ingresso illegale di migranti, (...) un sistema di fondi e contributi che arricchiscono organizzazioni e soggetti coinvolti nel miliardario affare della cosiddetta accoglienza (il famoso "business più lucroso del traffico di droga", cit. un protagonista della prima ora, Buzzi)
Solo in Italia si consente l’ingresso di stranieri che non sono in grado di mantenersi ed entrano senza alcun reddito o patrimonio. (...)
(G)li altri Paesi (...) intendono attrarre immigrati che vogliono scambiare lavoro in cambio di una retribuzione, non una immigrazione finalizzata allo sfruttamento dello Stato sociale (...). Senza questa clausola di salvaguardia il Paese si sta trasformando in una sorta di bancomat al servizio delle popolazioni mondiali bisognose, rendendo insostenibile la spesa pubblica, il welfare e l’equilibrio dei conti pubblici.
da https://opinione.it/politica/2023/09/28/elena-vigliano_migranti-pensioni-welfare-contribuenti-reddito/
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Ho capito che spesso e volentieri i suddetti soft boys che amo possono essere tranquillamente i più inetti alla vita che si possono incontrare, parlando di andare a vivere all’estero esponendo le mie paure sull’ambientarsi in una società diversa dalla nostra con usi costumi burocrazia casa lavoro mi hanno detto “ah si andrei nei pub a farmi degli amici!! Per me gli amici sono importanti” come se per me non siano importanti ma che porcodio fra hai 28 anni ma organizzati ma pensi che puoi chiamare tua mamma per aiutarti nella dichiarazione dei redditi in Olanda?!?!?! Boh
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Resto scettico/pessimista
“Non mi capita spesso di ringraziare Elon Musk, ma ha fatto un lavoro eccezionale nel dimostrare un punto che sosteniamo da anni: viviamo in una società oligarchica in cui i miliardari non solo dominano la politica e le informazioni che consumiamo, ma anche il nostro governo e le nostre vite economiche.
E oggi questo è più evidente che mai.
Ma dato il clamore e l’attenzione che il signor Musk sta ricevendo nelle ultime settimane mentre smantella illegalmente e incostituzionalmente le agenzie governative, mi sembra il momento giusto per porre una domanda che i media e la maggior parte dei politici evitano: cosa vogliono davvero lui e gli altri multimiliardari? Qual è il loro obiettivo finale?
A mio avviso, ciò per cui Musk e chi gli sta attorno stanno lottando con tanta aggressività non è qualcosa di nuovo, né di complesso. È ciò che le classi dominanti hanno sempre desiderato e creduto fosse loro di diritto: più potere, più controllo, più ricchezza. E non vogliono che le persone comuni e la democrazia intralcino il loro cammino.
Elon Musk e i suoi colleghi oligarchi vedono il governo e le leggi semplicemente come ostacoli ai loro interessi e a ciò che ritengono di meritare.
Nell’America prerivoluzionaria, la classe dominante governava attraverso il “diritto divino dei re”, la convinzione che il re d’Inghilterra fosse un agente di Dio, e quindi non dovesse essere messo in discussione. Oggi, gli oligarchi credono che, in quanto padroni della tecnologia e “individui dall’intelligenza superiore”, abbiano il diritto assoluto di governare. In altre parole, sono i re dei nostri tempi.
E non si tratta solo di potere. È una questione di ricchezza sconfinata. Oggi, Musk, Bezos e Zuckerberg hanno una ricchezza combinata di 903 miliardi di dollari, più di quanto possieda la metà più povera della società americana — 170 milioni di persone. Dall’elezione di Trump, incredibilmente, la loro ricchezza è esplosa. Elon Musk è diventato 138 miliardi di dollari più ricco, Zuckerberg 49 miliardi più ricco e Bezos 28 miliardi più ricco. Sommando il tutto, i tre uomini più ricchi d’America hanno accumulato 215 miliardi di dollari in più dal giorno delle elezioni.
Nel frattempo, mentre i ricchi diventano sempre più ricchi, il 60% degli americani vive di stipendio in stipendio, 85 milioni non hanno un’assicurazione sanitaria adeguata, il 25% degli anziani cerca di sopravvivere con meno di 15.000 dollari all’anno, 800.000 persone sono senzatetto e gli Stati Uniti hanno uno dei tassi di povertà infantile più alti tra i paesi avanzati.
Pensate che gli oligarchi si preoccupino di queste persone? Credetemi, non lo fanno. La decisione di Musk di smantellare l’USAID significa che migliaia di persone tra le più povere del mondo soffriranno la fame o moriranno per malattie prevenibili.
Ma non si tratta solo di quello che accade all’estero. Anche negli Stati Uniti attaccheranno presto i programmi per la sanità, la nutrizione, l’edilizia abitativa e l’istruzione che proteggono i più vulnerabili — così che il Congresso possa garantire enormi sgravi fiscali a loro e agli altri miliardari. Come re moderni, convinti di avere il diritto assoluto di governare, non esiteranno a sacrificare il benessere delle persone comuni per difendere i propri privilegi.
Inoltre, utilizzeranno i giganteschi mezzi di comunicazione che possiedono per distogliere l’attenzione dagli effetti delle loro politiche, mentre ci “intrattengono fino alla morte”. Mentiranno, mentiranno e mentiranno. Continueranno a spendere enormi somme di denaro per comprare politici di entrambi i principali partiti.
Stanno conducendo una guerra contro la classe lavoratrice di questo Paese, e hanno tutta l’intenzione di vincerla.
Non vi prenderò in giro: i problemi che affrontiamo oggi sono gravi e non facili da risolvere. L’economia è truccata, il nostro sistema di finanziamento delle campagne elettorali è corrotto e stiamo lottando per affrontare il cambiamento climatico — tra molte altre sfide.
Ma so una cosa:
La più grande paura della classe dirigente in questo Paese è che gli americani — neri, bianchi, latini, delle città e delle campagne, gay e etero — si uniscano per chiedere un governo che rappresenti tutti noi, non solo una ristretta élite di ricchi.
Il loro incubo è che noi non ci lasciamo dividere in base alla razza, alla religione, all’orientamento sessuale o alla nazionalità d’origine e che, insieme, troviamo il coraggio di sfidarli.
Sarà facile? Ovviamente no.
La classe dominante di questo Paese vi ricorderà costantemente che ha tutto il potere. Controllano il governo, possiedono i media. “Volete affrontarci? Buona fortuna,” diranno. “Non c’è nulla che possiate fare.”
Ma il nostro compito oggi è non dimenticare le grandi lotte e i sacrifici che milioni di persone hanno fatto nel corso della storia per costruire una società più democratica, giusta e umana: • Rovesciare il Re d’Inghilterra per creare una nuova nazione e l’autogoverno. Impossibile. • Garantire il suffragio universale. Impossibile. • Porre fine alla schiavitù e alla segregazione. Impossibile. • Dare ai lavoratori il diritto di formare sindacati e abolire il lavoro minorile. Impossibile. • Garantire alle donne il controllo sul proprio corpo. Impossibile. • Approvare leggi per creare la Previdenza Sociale, Medicare, Medicaid, il salario minimo, standard per l’aria pulita e l’acqua pulita. Impossibile.
In questi tempi difficili, la disperazione non è un’opzione. Dobbiamo combattere con ogni mezzo possibile.
Dobbiamo impegnarci nel processo politico: candidarci, connetterci con i nostri legislatori locali, statali e federali, donare a candidati che difendono la classe lavoratrice di questo Paese. Dobbiamo creare nuovi canali di comunicazione e condivisione delle informazioni. Dobbiamo fare volontariato non solo in politica, ma anche per costruire comunità a livello locale.
Qualsiasi cosa possiamo fare, dobbiamo farla.
Inutile dire che io farò la mia parte — sia all’interno del Congresso che viaggiando per il Paese — per difendere la classe lavoratrice americana. Nei prossimi giorni, settimane e mesi, spero che vi unirete a me in questa lotta.
(Bernie Sanders)
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Come mai con un corso di Laurea di stampo artistico (comunque stiamo parlando sempre di dams non di un corso di economia manageriale) ti ritrovi in un’azienda?
Perché con il cinema non ci mangio e non ci pago le bollette o l’affitto al momento. Conta che per il festival di questa estate ancora non mi hanno dato i passa 4000€ che mi spettano. Ho vari progetti, il direttore artistico mi vorrebbe com lui in altri festival, anche all’estero, ma per il momento finché non sarà tutto definito e soprattutto stabile non lascio un lavoro ben pagato. Se la domanda è come ci sono finita a lavorare in aziende senza una laurea in economia o marketing o giurisprudenza o quello che ti pare boh perché sono brava, perché sono piaciuta subito in fase di colloquio tant’è che il mio attuale capo ha chiesto al suo capo di farmi il secondo colloquio il 25 aprile perché non voleva che mi arrivassero altre offerte di lavoro (spoiler non avevo altre offerte di lavoro) ed effettivamente sono piaciuta anche a lui e ora sono soddisfatti di me e mi ritengono molto brava. Come? Boh, lavoro, faccio quello che devo fare, sono gentile, aiuto gli altri e sono simpatica, oltre a essere estroversa e apprendo in maniera facile come a scuola. Fintanto che gli piaccio per me
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La sudditanza verso Parigi
Sul Post si scrive: «I principali sindacati del settore bancario e finanziario – Fabi, First Cisl e Fisac Cgil – hanno annunciato uno sciopero dei lavoratori di Borsa italiana, la società che gestisce i mercati finanziari italiani e che è conosciuta anche come Piazza Affari, dal luogo in cui ha la sua sede a Milano: i dipendenti dovrebbero scioperare dalle 15.30 alle 17.30 di giovedì 27 giugno e limiteranno poi in altri modi l’attività fino al 14 luglio, per protestare contro il loro perenne lavoro in straordinario e contro alcune scelte della società, che sembra aver intenzione di delocalizzare parte dell’attività all’estero».
Finita la stagione di quel vero europeista e atlantista che fu François Mitterrand, già con Jacques Chirac si ebbero segnali di una rottura francese dell’unità atlantica rispetto all’amministrazione Bush jr travolta dall’11 settembre 2001. Un salto di qualità nei confronti di Roma fu, poi, attuato nel 2011 da Nicolas Sarkozy, come spiega lui stesso nelle sue memorie quando ricorda che fu necessario massacrare la Grecia per far fuori Silvio Berlusconi, messo apertamente nel mirino dai sorrisini sarkoziani d’intesa con quell’altra imbrogliona di Angela Merkel. Alla fine però Parigi sta pagando la sua scelta di declassare l’Italia e concentrare sull’asse franco-tedesco tutto il potere bruxellese: alla fine è risultato che l’influenza francese economica conquistata negli ultimi decenni, soprattutto grazie alla subalternità italiana dimostrata da larghi settori del nostro establishment e dal nostro ceto politico di sinistra, tende a indebolirsi invece che rinforzarsi: vedi Borsa, Eni, Tim, Stellantis. Chissà se torneranno mai i tempi delle intese tipo Mediobanca e Lazard che aiutarono a crescere insieme sia la nostra economia sia quella d’Oltralpe.
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BE INTERNATIONAL together
Martedì 5 marzo è iniziata a Scenario Pubblico la settimana dedicata a Be International un progetto «selezionato per la seconda volta tra i vincitori della quarta edizione del bando Boarding Pass Plus del MIC che incentiva l’internazionalizzazione delle carriere dei giovani artisti e dei giovani organizzatori italiani attraverso un percorso di formazione e di esperienze da sviluppare all’estero e in Italia».
Capofila del progetto è la Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano relazionata a partner nazionali (Bolzano Danza, Festival Ipercorpo, COORPI, Festival Prospettiva Danza, Scenario Pubblico) e internazionali (Festival KoresponDance, Nu Dance Festival, Art Republic, Chrysanthi Badeka, Machol Shalem, Quinzena de Dança, Centre de vidéo-danse de Bourgogne).
Il workshop intensivo svolto a Catania fino a domenica 10 marzo è stato dedicato alla video danza ed è stato tenuto da Chrysanthi Badeka, partner internazionale di Be International, nonché danzatrice, coreografa e video maker ateniese.
Attraversiamo brevemente in questo diario il "succo" di ogni giorno - con punti, immagini, citazioni - consapevoli che l'essenza di questa esperienza sia (giustamente) impossibile da trasmettere nella sua globalità.

Il primo incontro si è svolto martedì pomeriggio, durante il quale tutti i partecipanti si sono presentati attraverso la condivisione di un lavoro performativo in video, sia proprio che di altri autori.
Dalle visioni video Chrysanthi ha esordito presentando la dance on screen come
un linguaggio diverso, peculiare, che non ha a che fare con la documentazione e dunque la "semplice" ripresa di un evento performativo.
mercoledì. La prima giornata si è aperta con un esercizio dei corpi nello spazio. L'obiettivo è stato quello di immaginare di essere ad una festa all'interno della quale gli occhi di ognuno dovevano concentrarsi per diventare come le ottiche di una camera. Dal lavoro è scaturita una scaletta dei movimenti degli occhi-camera per ognuno diversa. Divisi in coppie, director - camera operator, ognuno ha poi realizzato il proprio long shot (piano sequenza) immaginato con strumenti amatoriali.
dentro la grammatica. Chrysanthi ha guidato il gruppo in un percorso analitico del linguaggio filmico specifico della danza dove esistono la VIDEO DANCE o SCREEN DANCE o DANCE FOR CAMERA - ovvero un prodotto audiovisivo breve - e il DANCE FILM - cioè un prodotto audiovisivo più lungo e articolato. In entrambi i casi il corpo umano e il corpo della camera dialogano tra loro - come nella contact improvisation - collaborando per la trasmissione di una storia. Quindi, la scelta della location, insieme a ogni sua possibile angolatura, risulta importante poiché sarà la camera a guidare lo sguardo degli spettatori, un po' come è accaduto durante l'esercizio del "party", in cui ciascuno decideva attentamente dove indirizzare il proprio sguardo. Da esso vengono a svilupparsi una storia e una drammaturgia:
parole -> inquadrature frase -> scena paragrafo -> sequenza capitolo -> macro-sequenza libro -> film


Come guardo? Cosa? A che altezza? Da quale angolatura? A quale distanza?
Prima di creare sono molto importanti le prove corpo-camera affinché possa essere deciso un movement script consapevole. Si ritorna allora alla location che, oltre ad essere scelta, deve essere visitata, studiata e vissuta più possibile per poi essere ri-mappata in studio. Dallo script dei movimenti (corpo - corpo camera) emergeranno o dovranno essere decisi tutti gli altri elementi da sviluppare: scene, costumi, musica e tutti gli altri aspetti della post-produzione.
longline synopsis script storyboard decoupage
Per poter comunicare bene con quel linguaggio tecnico Chrysanthi ha mostrato due lavori di video danza grazie al quale è stato possibile consolidare la terminologia della grammatica filmica in inglese e, allo stesso tempo, provare a estrapolare longline e synopsis da due opere a posteriori. Fare questi esercizi è servito a tutte e tutti a capire di più anche del proprio sguardo, tappa necessaria per chi vuole sviluppare propri progetti autoriali.

giovedì. Dopo aver assistito alla performance Body Teaches della CZD Chrysanthi ha guidato le riprese del party del giorno prima stavolta con il gimbal. Ognuno ha ripreso la propria festa e dopo sono stati proiettati tutti i video: un esercizio dello sguardo attivo. Alla fine della giornata, ognuno ha presentato la propria idea di progetto, con la lettura della logline e della sinossi. Insieme poi, si è presa la decisione su quale idea realizzare.




Il progetto che ha convinto tuttə è stato quello di Alessandra Indolfi, director, quindi, del corto realizzato.
TRE GIORNI INTENSI NEL WORKSHOP INTENSIVO.
venerdì. E' stato svolto tutto il lavoro di pre-produzione: lavoro coreografico in studio insieme alla director e al camera operator scelta dei costumi scelte del suono composizione dei soli divisi in tre gruppi con rispettivi director, cinematographer e assistenti sopralluogo a villa Bellini.



sabato. giornata di riprese




domenica. editing e presentazione del lavoro.


a sinistra Lucia Carolina De Rienzo (COORPI) a destra Chrysanthi Badeka.
IL PROGETTO UNTIED HANDS
Torna sovente e prendimi, palpito amato, allora torna e prendimi, che si ridesta viva la memoria del corpo, e antiche brame trascorrono nel sangue, allora che le labbra ricordano, e le carni, e nelle mani un senso tattile raccende. Torna sovente e prendimi, la notte, allora le labbra ricordano, e le carni... (Torna di Konstantinos P. Cavafis)




creato da Alessandra Indolfi Carmine Dipace Eros Brancaleon Mariangela Di Santo Melania Caggegi Roberta Indolfi Siria Cacco Sofia Bordieri Veronica Messinese Vanessa Lisi
Special thanks to Chrysanthi Badeka, Mara Serina, Lucia Carolina De Rienzo.
#scenariopubblico#catania#danza contemporanea#danceonscreen#beinternational#civicapaolograssi#danza#filming
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Cosa ne pensi della multa al medico perché durante la pandemia "ha lavorato troppo"?
sinceramente che in italia funzioni tutto al contrario non è una novità, anche se mi pare abbiano sospeso la procedura visto che rasentava il ridicolo 😅 ma comunque in generale va così in questo paese, basti pensare che per insegnare (ripeto, per insegnare) dovresti pagare migliaia di euro per ottenere i fantomatici 60 cfu mentre nelle scuole e nelle università ci sono letteralmente i dinosauri che odiano questo lavoro ma lo fanno perché beccano un bel po’ di soldi, in ogni caso ci sono centinaia di esempi che potrei fare per descrivere questo paese morto e sepolto, se avete la possibilità scappate all’estero
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mi sento molto “business woman” quando faccio un viaggio di lavoro all’estero, ma in realtà sono solo un clown che non sa cosa sta facendo della propria vita però tutto ok amicï
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Contrasto alla Violenza contro il Personale Sanitario: Le Misure della CSE Sanità e l'Incontro con il Ministro della Salute
CSE Sanità ribadisce la necessità di soluzioni strutturali per prevenire le aggressioni nei confronti del personale sanitario.
CSE Sanità ribadisce la necessità di soluzioni strutturali per prevenire le aggressioni nei confronti del personale sanitario. Negli ultimi mesi, l’aumento delle aggressioni contro il personale sanitario in Italia ha destato preoccupazione in tutto il Paese, con episodi di violenza segnalati in città come Foggia, Pescara, Vibo Valentia, Napoli e Cagliari. La situazione ha spinto le parti…
#aggressioni ospedali#Arresto in flagranza#Asl#crisi SSN#CSE Sanità#deficit personale sanitario#disfunzioni sanitarie#Elena Izzo#FLP#Fondo Sanitario Nazionale#fuga medici all’estero#investimenti sanità.#Legge di Bilancio#mancanza di personale medico#Ministero della Salute#misure di sicurezza sanitarie#Orazio Schillaci#personale sanitario pubblico ufficiale#presidi di sicurezza sanitaria#prevenzione violenza sanità#riforma sanità#rinnovo CCNL sanità#riorganizzazione sanità pubblica#segnalazioni episodi di violenza#Sicurezza sul lavoro#sistema Sanitario Nazionale#tutela lavoratori sanità#videosorveglianza ospedali#violenza contro il personale sanitario
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19 lug 2023 09:54
È MORTO QUESTA MATTINA A ROMA ANDREA PURGATORI - IL GIORNALISTA, STRONCATO DA UNA FULMINANTE MALATTIA, AVEVA 70 ANNI - HA LAVORATO AL “CORRIERE DELLA SERA”, DOVE SI OCCUPÒ DI TERRORISMO, INTELLIGENCE, CRIMINALITÀ, DEDICANDOSI SOPRATTUTTO ALLA STRAGE DI USTICA DEL 1980 - HA CONDOTTO CON SUCCESSO “ATLANTIDE” SU LA7 - IL RICORDO DI PAOLO CONTI: “UN PROTAGONISTA DELLA NOSTRA STORIA CIVILE. ANDREA PURGATORI HA SVELATO LE BUGIE E LE OMISSIONI DI CHI PORTAVA AVANTI LA TESI DI UNA BOMBA ESPLOSA A BORDO DEL DC9 A USTICA” – LA TELEFONATA DI ALI AGCA, L’UOMO CHE NEL 1981 SPARÒ A PAPA GIOVANNI PAOLO II, DURANTE “ATLANTIDE”, IL CASO ORLANDI (“ESISTE UNA 'STRATEGIA DEL SILENZIO' CHE LA SANTA SEDE HA USATO”) E I VIDEO HARD DI EVA BRAUN – VIDEO
(ANSA) – È morto questa mattina a Roma in ospedale dopo una breve fulminante malattia il giornalista, sceneggiatore, autore Andrea Purgatori, classe 1953. La notizia all'ANSA dai figli Edoardo, Ludovico, Victoria e dalla famiglia rappresentata dallo studio legale Cau.
Per anni al Corriere della Sera dove si è occupato di terrorismo, intelligence, criminalità, si dedicò tra l'altro con tenacia alla strage di Ustica del 1980. Autore di reportage, ha condotto con successo su La7 Atlantide. Docente di sceneggiatura, consigliere degli autori, tra i suoi ultimi lavori la partecipazione al docu Vatican Girl sul caso di Emanuela Orlandi.
youtube
BIOGRAFIA DI ANDREA PURGATORI
Da www.cinquantamila.it - la storia raccontata da Giorgio Dell'Arti
Andrea Purgatori, nato a Roma il 1 febbraio 1953. Giornalista. Inviato del Corriere della Sera in Iraq, Iran, Algeria. Sceneggiatore, tra i film scritti Il muro di gomma (nel quale il protagonista è lui stesso alle prese con il caso di Ustica), Il giudice ragazzino, Nel continente nero, Vite blindate, Fortàpasc, L’industriale.
Anche autore televisivo: Caravaggio (2007), Lo scandalo della Banca Romana (2010), Il commissario Nardone (2012), tutti andati in onda su Raiuno. Nel 2010 ha collaborato alla scrittura del film Vallanzasca - Gli angeli del male di Michele Placido, ma a lavoro terminato ha disconosciuto la sceneggiatura, ritirando la firma e dicendosi contrariato dal risultato qualitativo: «È venuto fuori un altro film».
• «Vengo da una famiglia di cineasti. Mio padre distribuiva i film italiani all’estero, mio zio, nel 1932, riuscì a portare Chaplin al Festival di Venezia e mio cugino fu candidato all’Oscar come sceneggiatore in Boccaccio ’70. Io già ai tempi del liceo facevo il segretario di produzione».
• Amico di Corrado Guzzanti, ha partecipato nel 2002 al programma Il caso Scafroglia (era la voce fuori campo) e nel 2006 al film Fascisti su Marte (nella parte del camerata Fecchia). È apparso anche in un puntata della serie Boris.
IL RICORDO DI PAOLO CONTI
Paolo Conti per corriere.it
Parlare di Andrea Purgatori significa partire da un punto essenziale della sua vita professionale che nel tempo in una sorta di suo sinonimo. Grazie al suo impegno e a un lavoro che non ha conosciuto né pause né incertezze, l’inchiesta sulla strage di Ustica è rimasta aperta.
Andrea Purgatori ha svelato le bugie e le omissioni di chi portava avanti la tesi di una bomba esplosa a bordo dell’Itavia che il 27 giugno 1980 viaggiava con 81 persone a bordo rivelando come il disastro fosse stato causato dall’impatto con un missile. E rimanendo sempre al fianco dei familiari delle vittime e soprattutto garantendo la ricerca della verità. Per questo Purgatori-Ustica è diventato un vero sinonimo, un marchio professionale di straordinaria continuità, di desiderio di arrivare alla verità, di difendere chi (i familiari delle vittime) si è ritrovato senza una persona cara e privato del proprio diritto a sapere cose fosse accaduto.
La vicenda di Ustica sintetizza tutto il carattere di Andrea Purgatori, il suo istinto di eccellente cronista (teneva molto a questo appellativo), di inviato di grande livello e qualità (per anni si occupò di Iran e di Libia in tempi in cui lavorare su quei campi era particolarmente complesso). Una scrittura densa, rapida, priva di inutili orpelli, diciamo severa. Esattamente come il linguaggio televisivo che i telespettatori hanno ritrovato nell’avventura di «Atlantide».
Chi legge queste righe perdonerà l’uso del pronome personale. Ma io ho avuto il piacere, direi ora il privilegio, di lavorare per anni con lui. A metà degli anni ’80 l’allora direttore Piero Ostellino decise un radicale ricambio generazionale al vertice della cronaca di Roma. Andrea capocronista, 32 anni, ed io suo vice, a 31. Decisione che provocò molte perplessità in una redazione di consolidati professionisti. E fu come gettarsi in una vasca d’acqua ghiacciata. Cominciammo a lavorare insieme dalla mattina a notte fonda. Andrea aveva continuamente intuizioni controcorrente. Sapeva che una cronaca come la nostra, che doveva fare i conti con concorrenti storicamente molto radicati nel territorio, poteva attirare lettori solo giocando di contropiede, sorprendendoli continuamente.
Rivoluzionò la grafica guardando ai quotidiani statunitensi (la sua permanenza da giovane negli Stati Uniti fu essenziale per la sua vita professionale e anche personale), puntò su un uso anche spettacolare delle fotografie, decise titoli più che coraggiosi. Pur essendo di fatto coetanei, devo a lui (oltre a mille, indelebili gesti di amicizia e di solidarietà, un patrimonio incancellabile) la scoperta di un modo diverso, direi proprio più coraggioso, di fare cronaca, di raccontare Roma, di non fare facile scandalismo ma di non temere mai il potere.
Quando presi il suo posto partii da tutto questo patrimonio costruito soprattutto grazie a lui. Si potrebbero scrivere intere pagine sulle inchieste di Andrea Purgatori, sul suo stile, sulla sua classe professionale e umana, sul suo amore per la vita, per i tre figli e anche per le occasioni di felicità e di bellezza che l’esistenza può offrirti. Una magnifica e fiera persona, incapace di ipocrisie e di patteggiamenti, schietta, ironica ed elegantissima. Un vero giornalista, un protagonista della nostra storia civile. Un amico che nessuno potrà mai sostituire. Mai.
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Vicini ma lontani: i social e le relazioni interpersonali
SOFIA: La grande costellazione istantanea, magari un giorno le stelle diventeranno dei pianeti o dei quadrati

PIETRO: Reti sociali intricate

ROSA: Una visione con tante relazioni strette e poche lontane

ELEONORA: Pochi ma buoni

RACHELE: Le relazioni umane in competizione con le relazioni online

MLADEN: Controcorrente: reti sociali solo faccia a faccia e Whatsapp

Dai diversi sociogrammi risulta che il social più utilizzato dai membri del gruppo* è WhatsApp. A seguire, Instagram (utilizzato da cinque persone), Tik Tok (quattro persone), BeReal (due persone), Discord (una persona) e giochi online (una persona).
Nel primo cerchio tutti hanno inserito genitori, fratelli e nonni. Sofia è stata l’unica ad inserire anche gli zii. Con queste persone comunichiamo molto di più faccia a faccia che online, e quando comunichiamo online utilizziamo maggiormente WhatsApp, fatta eccezione per i fratelli con cui alcuni come Rachele e Pietro utilizzano Instagram e BeReal. Eleonora è l’unica ad utilizzare WhatsApp con la nonna, ma il motivo è perché quest’ultima abita all’estero. Sofia e Rosa hanno inoltre aggiunto i propri fidanzati all’interno del primo gruppo, con i quali comunicano maggiormente faccia a faccia. Sofia, oltre ai social già citati, è l’unica ad utilizzare anche piattaforme di giochi online con il proprio ragazzo.
È molto interessante come metà gruppo ha inserito i migliori amici nel cerchio stretto perché li considera come una famiglia, mentre l’altra metà li ha inseriti nel secondo cerchio. In ogni caso, comunichiamo con loro sia online che offline, utilizzando WhatsApp, Instagram, BeReal e TikTok.
Nell’ultimo cerchio sono state inserite persone come colleghi universitari e di lavoro, datori di lavoro, compagni di sport e hobby, persone conosciute a militare, amici d’infanzia con cui si hanno contatti molto rari, amici di amici etc. Con queste persone il gruppo comunica maggiormente online rispetto che faccia a faccia. Anche in questo caso è emerso un aspetto interessante: la maggior parte dei membri del gruppo ha inserito i colleghi universitari all’interno dell’ultimo cerchio, mentre Rosa e Sofia hanno diviso i colleghi universitari in due: quelli con cui hanno più rapporti li hanno inseriti nel secondo cerchio, mentre gli altri nel terzo.
Possiamo dire che i social fanno parte della vita quotidiana di tutti noi, e quindi tutti comunichiamo, chi più chi meno, attraverso i social con gli stessi tipi di persone. Rosa per esempio comunica molto meno via social con le sue migliori amiche rispetto ad Eleonora e Rachele.
Tutti i membri del gruppo comunicano maggiormente in maniera ibrida con le persone inserite nei vari cerchi, fatta qualche eccezione: nonni (solo offline tranne Eleonora), amici molto lontani (solo online), famigliari che non hanno i social (solo offline), famigliari del fidanzato (solo offline), alcuni conoscenti (solo online).
Per concludere, possiamo dire che tutti i membri del gruppo sono abbastanza allineati, cioè utilizzano maggiormente lo stesso social, ovvero WhatsApp, e utilizzano i social più o meno in egual modo. C’è però un outsider: Mladen non utilizza nessun social oltre a WhatsApp, e di conseguenza è meno attivo sui social rispetto agli altri che invece utilizzano molto altre piattaforme come Instagram, Tik Tok e BeReal. Inoltre Sofia utilizza un social inaspettato per mantenere dei contatti con alcuni amici: un gioco online. Oltre che mantenere con loro il contatto tramite WhatsApp e Instagram, comunica anche attraverso il gioco.
In più, alcuni di noi utilizzano i social anche per motivi lavorativi. Eleonora infatti è l’unica ad utilizzare Discord per comunicare a lavoro, mentre Sofia e Rosa gestiscono le pagine social di un podcast, e quindi il loro lavoro si svolge unicamente online proprio su Instagram e Tik Tok.
Questo lavoro ci ha permesso di confrontare le nostre abitudini su come rimaniamo in contatto con le persone. Pensiamo che sia interessante notare come la maggioranza comunica molto anche online e non se ne rende quasi conto poiché questi social fanno talmente tanto parte della nostra routine quotidiana e delle nostre abitudini che sono diventati parte integrante della nostra vita. Infine abbiamo riflettuto sul fatto che se questi social da un giorno all’altro ci venissero tolti all’improvviso, non sapremmo come ritrovare alcuni nostri amici e non sapremmo con quante persone rimarremo veramente in contatto (probabilmente famigliari e colleghi di scuola/lavoro).
*Alessandro era assente quindi questa volta non ha partecipato al workshop.
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(...) Il merito principale del presidente argentino Javier Milei non è tanto quello di aver vinto le elezioni, quanto l’aver creato un movimento, una figura e soprattutto un messaggio capace di dare il via a un cambiamento culturale (...). Già le sue manovre iniziali hanno provocato un vero e proprio sconquasso (...) e pure la paura di molti leader populisti che l’esempio argentino, in caso di successo, possa provocare un effetto domino di prospettive per ora non quantificabili (...), sensazione che si percepisce (...) anche in alcuni Paesi europei e specialmente in Italia (...).
È curioso notare come la stampa mainstream nostrana lo ha perseguitato nel corso dell’intera campagna elettorale e anche dopo, attribuendogli politiche di estrema destra e addirittura ipotizzando una dittatura (...). Ma anche se Milei si è tolto il vestito da Beppe Grillo (...), continua la persecuzione a suon di interpretazioni fasulle di certe sue decisioni iniziali e attuali.
(I) ben 340 decreti presidenziali emessi già la prima settimana di lavoro , mettono in moto un cambiamento radicale di un universo politico, economico e sociale che ha permesso a quella che, fino al 1947, era la terza potenza del mondo anche a livello di riserve auree nelle casse dello Stato, già nel 1953 di non avere in pratica nulla (...), proseguito fino ad arrivare a portare la nazione (a) default continui, ma anche di tracolli sempre più grandi come l’ultimo (:) la povertà è salita al 50% con un’indigenza infantile che ha raggiunto il 67%. Bei risultati, non c’è che dire.
La stampa italiana rispondente al Pensiero Unico Radical-Chic ZTL ha immediatamente parlato (...) di tutta una serie di “scioperi generali” dichiarati nei prossimi mesi dai sindacati legati al peronismo (...), ma anche sbandierando il licenziamento di ben 7.000 dipendenti pubblici, privatizzazioni “selvagge” delle aziende statali e cessioni di terre ai grandi investitori stranieri.
A parte che quest’ultima affermazione è una gigantesca bufala (o fake se preferite), pure le altre sono frutto di una interpretazione totalmente (deviata). È da giorni che chi scrive riceve telefonate da persone che lavorano presso i Ministeri, dove pare che (...) risulti impossibile trovare sedie nei vari uffici (...), scrivanie e strutture utili al lavoro.
No, non c’è stato un furto di massa di suppellettili, bensì una presenza totale del personale (:) da un giorno all’altro si sono presentati al lavoro migliaia di persone che negli ultimi 4 anni non si erano fatte vedere, ma si è pure scoperto che circa 159.919 di loro percepivano stipendio (e) ricevevano pure sussidi che spendevano in viaggi all’estero con aerei, navi, auto. Una truffa resa possibile da un sistema che elargiva benefit a persone vicine a partiti o organizzazioni sindacali in cambio di (...) “militancia”. (...) Tra questi si registrano pure coloro i quali (i famosi 7.000), per decreto, sono stati (assunti) dall’ex presidente nell’anno elettorale (...).
Altro particolare non di poco conto, inserito nel decreto definito “omnibus” (...) è quello che prevede che i Parlamentari e tutte le cariche dello Stato provvedano al pagamento dei propri viaggi privati di tasca propria (...). Milei ha firmato la settimana scorsa un decreto dove ha sottoscritto di non ricevere alcun compenso da parte dello Stato, cosa già da lui attuata da deputato. (...)
Il citato Decreto Omnibus (...) prevede tutta una serie di decisioni che configurano cambi epocali nella gestione non solo dello Stato ma anche dei suoi doveri nei riguardi della cittadinanza. Saranno privatizzate 41 aziende pubbliche (quasi tutte con deficit colossali o attivi “pompati”), riformata la legge sulla concorrenza, creata l’Agenzia per i mercati, liberalizzate le tariffe delle compagnie assicurative (...). Si introduce la sentenza diretta per reati inferiori ai 5 anni, la legge sulla legittima difesa (dove se chi commette un reato muore non ha diritto a nessun risarcimento), la possibilità di divorzio senza intervento giudiziario.
Per quanto concerne l’istruzione, le Università potranno tariffare la presenza di studenti stranieri non residenti e i professionisti non insegnanti potranno partecipare al processo educativo. È altresì vietato l’ingresso nelle scuole superiori di alunni che non abbiano completato con un diploma la scuola secondaria.
L’Argentina inoltre ha comunicato la sua uscita dal gruppo Brics, la sua adesione agli accordi di Parigi sul clima e alla Convenzione internazionale sulla protezione delle nuove varietà vegetali, stabilita nel 1991.
Come si vede si tratta di un vero giro a 180 gradi di una nazione che vuole uscire al più presto dalla gigantesca crisi nella quale il populismo peronista e kirchnerista l’ha inserita da decenni, in un processo nazional-popolare che ha aumentato la ricchezza della casta politica e i suoi privilegi e portato la povertà a livelli inaccettabili (...).
Ed è anche chiaro che questa serie di riforme (che al contrario di quanto annunciato anche dai media italiani ha provocato manifestazioni ben poco “spontanee” e partecipate) se potrà essere attuata, lo ripetiamo, provocherà un effetto domino che potrebbe investire anche il nostro Paese.
via https://www.ilsussidiario.net/news/diario-argentina-la-cura-anti-crisi-di-milei-che-non-piace-alla-nostra-stampa-mainstream/2639760/
SPERIAMO.
Applausi a scena aperta per Milei, un Grillo che ce l'ha fatta (perché non é gretto come Grillo, si basa non sui mal di pancia ma su un (anzi IL) sistema di riferimento positivo socioeconomico scientifico solido a supporto, non la boita Casaleggio&Associati).
Il 2024 si presenta come anno di crescenti pianti mainstream e forge di fake per i medioman su Milei: un anno tutto da godere.
Mica solo sul piano economico sociale, anche su quello della politica estera: supporto a Israele in primis, fanculo Cina e ciaone al satrapo retrò Putin, en attendant dello sciacquone pulisci Biden a fine anno che tutto quanto sopra risolverà (le sue lavanderine ucraine seguiranno automaticamente).
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Carla Cerati

La fotografia mi serve per documentare il presente, la parola per recuperare il passato.
Carla Cerati, autrice anticonformista e fotografa impegnata, ha realizzato ricerche innovative ed è stata autrice di diversi romanzi di successo.
Prima donna a documentare la drammatica situazione dei manicomi italiani nel 1968, le sue immagini implacabili e impietose raccontano un trentennio della storia italiana.
Ha registrato quello che succedeva in un paese in mutamento, il teatro, il Sud, artisti e intellettuali, la Milano da bere, il movimento delle donne, le proteste degli anni Settanta, gli anni di piombo, i processi. Con sguardo profondo e inedito, ha esplorato drammi, eccessi, leggerezze e realtà crude e dolorose.
Nata a Bergamo il 3 marzo 1926, sognava di diventare scultrice e aveva anche superato l’esame d’ammissione all’Accademia di Brera, ma i suoi genitori pressarono affinché si sposasse, a 21 anni, nel 1947, vivendo prima a Legnano e poi a Milano, dove aveva iniziato a lavorare come sarta.
Verso la fine degli anni ’50 ha scoperto la fotografia, dai primi ritratti familiari è passata al teatro. Nel 1960, senza sapere ancora come si sviluppava un rullino, ha iniziato a collaborare con il regista Franco Enriquez al Teatro Manzoni di Milano. Aggirandosi fra le quinte teatrali, ha fotografato gli spettacoli di Giorgio Strehler, Eduardo de Filippo, Tadeusz Kantor, Carmelo Bene, Monica Vitti. Dal 1967 ha seguito il Living Theatre in Italia e all’estero.
Nel 1965, viaggiando in macchina attraverso la penisola, ha prodotto diversi reportage come Maghi e streghe d’Abruzzo e Sicilia uno e due e la cartella fotografica Nove Paesaggi Italiani, con design di Bruno Munari e presentazione di Renato Guttuso.
Assidua frequentatrice della Libreria Einaudi di Milano, ha ritratto i più grandi nomi del mondo culturale italiano del Dopoguerra, come fotoreporter inviata da L’Espresso, ha immortalato gli ambienti e le occasioni culturali, celebri i suoi bei ritratti di Pierpaolo Pasolini, Laura Betti e Andy Warhol.
Nel 1968, con Gianni Berengo Gardin e in collaborazione con lo psichiatra Franco Basaglia, è andata a fotografare nei manicomi italiani, dal suo lavoro è nato Morire di Classe, del 1969, libro di culto che ha costretto la popolazione italiana ad aprire gli occhi sulle spaventose condizioni di vita negli ospedali psichiatrici e che avrebbe contribuito nel 1978 all’approvazione della legge sulla loro chiusura.
Nel corso degli anni Sessanta, ha fotografato, per i maggior periodici illustrati del tempo, i movimenti giovanili, i volti e i luoghi del settore industriale, l’alluvione a Firenze e una Milano in pieno cambiamento.
In uno dei momenti più cruciali e tesi della nostra storia, ha fotografato le manifestazioni, i processi e gli scontri, documentato il Processo Calabresi-Lotta Continua, i funerali di Feltrinelli e tante manifestazioni femministe. Nella Spagna Franchista, si è infiltrata nella rete della resistenza culturale per ritrarre più di cento personalità che sfidavano la dittatura.
La sua Milano da bere che è diventata il libro Mondo Cocktail, del 1974.
Verso la fine degli anni ’80, ha abbandonato gradualmente la professione di fotoreporter e dato vita a una serie di progetti fotografici volti all’astrazione e alla composizione.
Ha curato diverse esposizioni e collaborato a lungo con la ballerina Valeria Magli con cui ha realizzato Capricci e la serie Forma Movimento Colore.
Del 1991 è la mostra e il relativo catalogo Scena e Fuori Scena, una riflessione sui confini fra realtà e finzione, vita e teatro.
Il suo primo romanzo, Un amore fraterno, del 1973, è stato finalista al Premio Strega.
In trent’anni di scatti è passata dalle foto delle manifestazioni studentesche a quelle dei vernissage patinati, dalla violenza degli anni di piombo, al glamour milanese.
Fotografare ha significato la conquista della libertà e anche la possibilità di trovare risposte a domande semplici e fondamentali: chi sono e come vivono gli altri?
Quella di raccontare il mondo che la circondava è stata una vera e propria necessità, soprattutto fermare la disperazione, il malessere, l’ansia del cambiamento.
Negli ultimi anni della sua vita ha scritto diversi libri che ripercorrono il suo percorsa politico e femminista come Un matrimonio perfetto (1991), Legami molto stretti (1994), La cattiva figlia (1996), La condizione sentimentale (1999), Una donna del nostro tempo (2005) e molti altri ancora, l’ultimo è stato L’eredità. Idee e canzoni di un sessantottino: Federico Ceratti del 2012.
Si è spenta a Milano il 19 febbraio 2016.
Il suo archivio, che ha provveduto a organizzare personalmente, è una fonte fondamentale per la conoscenza della nostra storia recente e la testimonianza del suo lavoro appassionato.
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