#la bella di lodi
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Capiamoci subito
«In questa casa comando io!» «Finché sto al mondo io si fa come si è sempre fatto!» «Finché campo io, in questa casa non si cambia un bel niente!»
A. Arbasino, La bella di Lodi [1972], Milano, Adelphi, 2002
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Happy 78th, Stefania Sandrelli.
Mario Missiroli’s La bella di Lodi (1963).
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La Bella di Lodi
(A Bela de Lodi)
I, 1963
Mario Mussiroli
6/10
Banal
Um drama romântico sobre uma jovem de família rica (Stefania Sandrelli) que se apaixona por um mecânico (Ángel Aranda), que conhece na praia.
Embora reconheça que o filme tem um ritmo elevado, que Stefania Sandrelli é uma atriz apaixonante, que a festa de casamento na mansão familiar tem um manifesto propósito de crítica social, numa exposição da decadência burguesa e até que a personagem da avó, velha matriarca da família, a quem Roberta sucederá inevitavelmente, atenta a sua iniciativa e vigor, é de uma densidade inquestionável, tenho que concluir que tudo isto sabe a pouco.
No final a sensação inevitável é de desperdício, de banalidade, de perda de tempo.
Um filme para fetichistas da bela Stefania Sandrelli.
Banal
A romantic drama about a young woman from a wealthy family (Stefania Sandrelli) who falls in love with a mechanic (Ángel Aranda), whom she meets at the beach.
Although I recognize that the film has a fast pace, that Stefania Sandrelli is a captivating actress, that the wedding party in the family mansion has a clear purpose of social criticism, in an exposition of bourgeois decadence, and even that the character of the grandmother, the old matriarch of the family, whom Roberta will inevitably succeed, given her initiative and vigor, is of an unquestionable density, I have to conclude that all of this is not enough.
In the end, the inevitable feeling is of waste, of banality.
A film for fetishists of the beautiful Stefania Sandrelli.
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Stefania Sandrelli and Gianni Clerici in La Bella di Lodi (1963)
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Ogni volta che viene l'estate, mi viene in mente questo.
"Senti, Pietro, ma tu ci sei mai stato al mare?" Chiese Bomba, mentre tentava di togliersi un po' di rena di dosso.
La domanda oggi sembrerebbe assurda, ma allora era più che legittima. Infatti, di tutti e sei, solo io e Schizzo ci eravamo stati, con esiti diversamente disastrosi.
"Certo che ci sono stato!"
"E com'era?"
"Com'era? Com'è, vorrai dire, Bomba. Mica è morto il mare!"
"Vabbè, hai capito, allora dimmi: com'è?"
Avrei voluto, ma non potevo mentire ai miei migliori amici, così:"Una cagata!" Esclamai, mentre con la mente correvo a quell'unico, maledetto giorno in cui i miei mi avevano portato al mare.
Era successo l'anno prima. Il ricordo ancora mi bruciava. Per anni, mia madre, tutte le estati, ad Agosto, quando mio padre era in ferie, aveva insistito per farsi portare al mare, ma non c'era mai stato verso di spuntarla. Come ho già detto, il mio vecchio era un camionista, tutta la vita su e giù per l'Italia col culo schiacciato sul sedile della cabina. Va da se che, di domenica, o durante le ferie, guai a parlargli di motori e di strade. Iniziava a bestemmiare come un turco e non la finivi più. Iniziava in sordina, sottovoce, poi un po' più forte, alla fine si lasciava prendere la mano e andava a finire che tutto il vicinato era costretto ad ascoltare le sue pittoresche lodi al Signore.
"Mi avete rotto i coglioni co' 'sto mare!" Diceva, "Mi spacco il culo per voi tutto l'anno su quella merda di camion e, quando finalmente ho un minimo di riposo, voi pretendete che salga sull'auto per scarrozzarvi dove vi fa comodo? Ma che razza di cervello bacato avete? Non se ne parla nemmeno!" Non se ne parla nemmeno era l'epitaffio. Tutte le volte. Quindi, figurarsi il nostro stupore quando, una mattina, alle sette in punto, il vecchio ci buttò tutti e tre giù dal letto, annunciandoci la lieta novella:" Sveglia poltroni! Preparatevi, oggi si va al mare!" Ricordo che tra lo stupore e la felicità ci fu una bella lotta. Eravamo rimasti tutti senza parole. La prima a riaversi fu mia madre, che obiettò:" Ma come faremo per il pranzo? Certo che sei sempre il solito! Non potevi dircelo ieri sera? Avremmo avuto tutto il tempo per prepararci, sant'Iddio!"
Lui la guardò per un istante, fece la faccia più sbalordita di cui fosse capace e rispose:" Ma come? Sono anni che scassi con il mare e oggi che mi sono deciso, crei tutti questi problemi? E poi ve l'ho detto stamattina perché ieri sera non ne avevo voglia. Oggi si! Allora? Cosa dobbiamo fare? Andiamo o no?" "Andiamo! Andiamo!" Gridammo entusiasti io e mia sorella. Ci infilammo di corsa i costumi sotto ai pochi vestiti, mia madre preparò in fretta i panini e li mise in una cesta di vimini con la frutta e le bottiglie d'acqua. Eravamo pronti. L'avventura poteva cominciare. E, Cristo, se fu un'avventura. E chi se la scorda più! Ci impiegammo ben tre ore per coprire i novanta chilometri che ci separavano dalla costa. Una volta arrivati a Tarquinia, mio padre strabuzzò gli occhi e disse imprecando:"Madonna, che casino! Ma da dove salta fuori tutta questa cazzo di gente? No, qui non ci possiamo davvero fermare. Grasso che cola se ce ne tocca un secchio a testa di acqua salata." "Allora cosa vorresti fare?" Domandò preoccupata mia madre. "Tranquilla donna! Ora te lo cerca il tuo bel maritino un posticino tranquillo per farti il bagnetto!" E lo cercò davvero. Eccome se lo cercò. Gli ci volle un'ora e mezza, ma alla fine lo trovò. Arrestò l'auto in quello che, probabilmente, era il posto più brutto del Tirreno. Infatti non c'era anima viva. Nessuno tranne noi. Niente persone, niente bar, niente ombrelloni, nemmeno sabbia. Solo sassi. Sassi enormi che partivano da dove avevamo lasciato la macchina, fino ad arrivare per diversi metri dentro l'acqua. Acqua che io e mia sorella facemmo giusto in tempo ad assaggiare. Neanche la maglietta riuscii a togliermi. Riuscimmo a bagnarci solo per metà, perché da lì a dieci minuti, nostro padre fischiò e ci fece uscire. Con quel suo tono perentorio che non ammetteva repliche, disse:"Su, venite fuori ragazzi. Basta bagni per oggi. Ora si pranza e si torna a casa. Che non ho voglia di beccarmi tutto il traffico del ritorno." Mia madre era nera di rabbia, a me veniva quasi da piangere, pure a mia sorella, ma non ci fu niente da fare. Quella, per fortuna, fu l'unica volta che ci portò al mare.
A Schizzo andò ancora peggio. Molto peggio. Lui neanche ci voleva andare al mare. I suoi ce lo mandarono per forza. In colonia. A Montalto di Castro, per quindici giorni filati. Quindici giorni che lui, naturalmente, non fece mai. La notte del secondo giorno scappò via scalzo, con indosso soltanto il costume e una canottiera a righe bianche e rosse. La mattina seguente, i responsabili della colonia, resisi conto dell'accaduto, telefonarono subito ai suoi genitori, che, tra una bestemmia e l'altra, dovettero montare sulla loro seicento per andare a ripescare il proprio figliolo così lontano da casa. Lo trovarono verso le quattro del pomeriggio, che vagava senza meta sulla Statale Aurelia. Fortuna che, quel giorno, c'era poco traffico. Appena gli fu accanto, il padre inchiodò l'auto, scese come una furia e gli diede un fracco di botte senza proferire verbo. Schizzo le prese tutte. Non tentò di schivare neanche un colpo. Ma non versò una lacrima che fosse una. Anzi, quando il padre si stancò di colpirlo, lui, con tutta la rabbiosa calma che possedeva, promise che, se lo avessero lasciato ancora li, sarebbe scappato la sera stessa. Naturalmente si guadagnò una seconda razione di legnate, seduta stante.
Schizzo aveva molti difetti, ma manteneva sempre le promesse fatte. Fu così che, nonostante le difficoltà oggettive e la sorveglianza raddoppiata, quella stessa notte se la svignò di nuovo. Portò a lungo i segni neri e bluastri della fibbia della cintura di quell'avvinazzato di suo padre, ma vinse lui. I suoi dovevano decidere se ammazzarlo di botte lì, sul posto, o riportarselo a casa impotenti. In verità ci pensarono su piuttosto a lungo, ma alla fine decisero che sarebbe stato meglio per tutti riportarlo a casa. Negli anni a venire, quando sentivo dire che al mare bisognava stare attenti, che era pericoloso, io pensavo sempre a Schizzo.
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Non ride più
Giorgia Meloni è una romanaccia simpatica. Battuta pronta, risata contagiosa e un po’ di sana autoironia. Anche sulla statura non proprio slanciata, eterno cruccio dell’altro nano ancor più della calvizie (“Sono alto un metro e 71, cribbio!”). Ma, nelle ultime uscite pubbliche, di quella Giorgia non rimane neppure l’ombra. La sostituisce una donna truce, torva, astiosa, biliosa, minacciosa, in una permanente crisi di nervi. Non ride né sorride: ghigna e digrigna. Non parla: ruggisce. Non c’è più l’underdog che, dopo un’infanzia difficile e una carriera costruita con le sue mani, ce l’ha fatta. Ora c’è una capetta che fa la spavalda per nascondere l’insicurezza e attacca per difendersi da nemici immaginari. Come se fosse ancora lì col 4% a fare opposizione sola contro tutto e tutti. Invece è a Palazzo Chigi con un potere smisurato, il 99% dei media che canta le sue lodi e le opposizioni che balbettano (quando non la fiancheggiano). E il travestimento da San Sebastiano non suscita solidarietà, ma ilarità. Dalle praterie dell’opposizione solitaria alle strettoie del governo, dai voli della campagna elettorale all’atterraggio sulla realtà, c’è un bel salto. Che però non basta a spiegare una metamorfosi che può costarle cara. Ci dev’essere dell’altro. Forse si rende conto di quanto sia scadente il personale politico di cui si circonda (e giustamente diffida). Forse in cuor suo soffre a fare o a subire tutto ciò che rinfacciava agli “altri” (migranti, accise, austerità, condoni, politiche anti-sociali e anti-legalitarie, riverenze a Usa e Ue, Mes, draghismo, Figliuolo, Panetta, scandali di ministri gaffeur o impresentabili). La “pacchia” che doveva finire per l’Ue è finita per lei. E questo suo primo luglio al governo lo ricorderà e lo ricorderemo tutti. Ci rammenta quello di un altro neo-premier che Montanelli immortalò sulla Voce nel luglio ’94, nei giorni del “Salvaladri”: “Uno strazio aggiuntivo di questi torridi giorni sono per me le apparizioni sul video del Cavaliere che, avendone a disposizione sei tra pubblici e privati, non perde occasione di abusarne… A opprimermi è il sorriso con cui Sua Presidenza accompagna le parole: tirato, stirato, studiato col consueto puntiglio cosmetico, ma ormai completamente estraneo a un volto non più bene ambrato come una volta, ma lucido di sudore. Non erano questi i sorrisi di Berlusconi quando non era ancora ‘il Cavaliere’. Anzi, quelli non erano nemmeno sorrisi, ma risate: belle, aperte, squillanti, a gola spiegata… Ecco perché mi fa tanto male vederlo sul video con quel sorriso fasullo. Quasi un ghigno, che non ricorda neanche da lontano la bella risata fresca e squillante del Silvio di Arcore, non ancora Cavaliere”. Era il ritratto di Silvio. Pare quello di Giorgia.
Marco Travaglio
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All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove piú il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d’erbe famiglia e d’animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l’ore future,
né da te, dolce amico, udrò piú il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né piú nel cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell’amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a’ dí perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
tutte cose l’obblío nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto; e l’uomo e le sue tombe
e l’estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo.
Ma perché pria del tempo a sé il mortale
invidierà l’illusïon che spento
pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l’armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de’ suoi? Celeste è questa
corrispondenza d’amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l’amico estinto
e l’estinto con noi, se pia la terra
che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall’insultar de’ nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
e di fiori odorata arbore amica
le ceneri di molli ombre consoli.
Sol chi non lascia eredità d’affetti
poca gioia ha dell’urna; e se pur mira
dopo l’esequie, errar vede il suo spirto
fra ‘l compianto de’ templi acherontei,
o ricovrarsi sotto le grandi ale
del perdono d’lddio: ma la sua polve
lascia alle ortiche di deserta gleba
ove né donna innamorata preghi,
né passeggier solingo oda il sospiro
che dal tumulo a noi manda Natura.
Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
fuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morti
contende. E senza tomba giace il tuo
sacerdote, o Talia, che a te cantando
nel suo povero tetto educò un lauro
con lungo amore, e t’appendea corone;
e tu gli ornavi del tuo riso i canti
che il lombardo pungean Sardanapalo,
cui solo è dolce il muggito de’ buoi
che dagli antri abdüani e dal Ticino
lo fan d’ozi beato e di vivande.
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
spirar l’ambrosia, indizio del tuo nume,
fra queste piante ov’io siedo e sospiro
il mio tetto materno. E tu venivi
e sorridevi a lui sotto quel tiglio
ch’or con dimesse frondi va fremendo
perché non copre, o Dea, l’urna del vecchio
cui già di calma era cortese e d’ombre.
Forse tu fra plebei tumuli guardi
vagolando, ove dorma il sacro capo
del tuo Parini? A lui non ombre pose
tra le sue mura la città, lasciva
d’evirati cantori allettatrice,
non pietra, non parola; e forse l’ossa
col mozzo capo gl’insanguina il ladro
che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
l’úpupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerëa campagna
e l’immonda accusar col luttüoso
singulto i rai di che son pie le stelle
alle obblïate sepolture. Indarno
sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d’umane
lodi onorato e d’amoroso pianto.
Dal dí che nozze e tribunali ed are
diero alle umane belve esser pietose
di se stesse e d’altrui, toglieano i vivi
all’etere maligno ed alle fere
i miserandi avanzi che Natura
con veci eterne a sensi altri destina.
Testimonianza a’ fasti eran le tombe,
ed are a’ figli; e uscían quindi i responsi
de’ domestici Lari, e fu temuto
su la polve degli avi il giuramento:
religïon che con diversi riti
le virtú patrie e la pietà congiunta
tradussero per lungo ordine d’anni.
Non sempre i sassi sepolcrali a’ templi
fean pavimento; né agl’incensi avvolto
de’ cadaveri il lezzo i supplicanti
contaminò; né le città fur meste
d’effigïati scheletri: le madri
balzan ne’ sonni esterrefatte, e tendono
nude le braccia su l’amato capo
del lor caro lattante onde nol desti
il gemer lungo di persona morta
chiedente la venal prece agli eredi
dal santuario. Ma cipressi e cedri
di puri effluvi i zefiri impregnando
perenne verde protendean su l’urne
per memoria perenne, e prezïosi
vasi accogliean le lagrime votive.
Rapían gli amici una favilla al Sole
a illuminar la sotterranea notte,
perché gli occhi dell’uom cercan morendo
il Sole; e tutti l’ultimo sospiro
mandano i petti alla fuggente luce.
Le fontane versando acque lustrali
amaranti educavano e vïole
su la funebre zolla; e chi sedea
a libar latte o a raccontar sue pene
ai cari estinti, una fragranza intorno
sentía qual d’aura de’ beati Elisi.
Pietosa insania che fa cari gli orti
de’ suburbani avelli alle britanne
vergini, dove le conduce amore
della perduta madre, ove clementi
pregaro i Geni del ritorno al prode
cne tronca fe’ la trïonfata nave
del maggior pino, e si scavò la bara.
Ma ove dorme il furor d’inclite gesta
e sien ministri al vivere civile
l’opulenza e il tremore, inutil pompa
e inaugurate immagini dell’Orco
sorgon cippi e marmorei monumenti.
Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
decoro e mente al bello italo regno,
nelle adulate reggie ha sepoltura
già vivo, e i stemmi unica laude. A noi
morte apparecchi riposato albergo,
ove una volta la fortuna cessi
dalle vendette, e l’amistà raccolga
non di tesori eredità, ma caldi
sensi e di liberal carme l’esempio.
A egregie cose il forte animo accendono
l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta. Io quando il monumento
vidi ove posa il corpo di quel grande
che temprando lo scettro a’ regnatori
gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue;
e l’arca di colui che nuovo Olimpo
alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide
sotto l’etereo padiglion rotarsi
piú mondi, e il Sole irradïarli immoto,
onde all’Anglo che tanta ala vi stese
sgombrò primo le vie del firmamento:
- Te beata, gridai, per le felici
aure pregne di vita, e pe’ lavacri
che da’ suoi gioghi a te versa Apennino!
Lieta dell’aer tuo veste la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festanti, e le convalli
popolate di case e d’oliveti
mille di fiori al ciel mandano incensi:
e tu prima, Firenze, udivi il carme
che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco,
e tu i cari parenti e l’idïoma
désti a quel dolce di Calliope labbro
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d’un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste;
ma piú beata che in un tempio accolte
serbi l’itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l’alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t’ invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi
intelletti rifulga ed all’Italia,
quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
venne spesso Vittorio ad ispirarsi.
Irato a’ patrii Numi, errava muto
ove Arno è piú deserto, i campi e il cielo
desïoso mirando; e poi che nullo
vivente aspetto gli molcea la cura,
qui posava l’austero; e avea sul volto
il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita eterno: e l’ossa
fremono amor di patria. Ah sí! da quella
religïosa pace un Nume parla:
e nutria contro a’ Persi in Maratona
ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi,
la virtú greca e l’ira. Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l’Eubea,
vedea per l’ampia oscurità scintille
balenar d’elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor, corrusche
d’armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna; e all’orror de’ notturni
silenzi si spandea lungo ne’ campi
di falangi un tumulto e un suon di tube
e un incalzar di cavalli accorrenti
scalpitanti su gli elmi a’ moribondi,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.
Felice te che il regno ampio de’ venti,
Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi!
E se il piloto ti drizzò l’antenna
oltre l’isole egèe, d’antichi fatti
certo udisti suonar dell’Ellesponto
i liti, e la marea mugghiar portando
alle prode retèe l’armi d’Achille
sovra l’ossa d’Ajace: a’ generosi
giusta di glorie dispensiera è morte;
né senno astuto né favor di regi
all’Itaco le spoglie ardue serbava,
ché alla poppa raminga le ritolse
l’onda incitata dagl’inferni Dei.
E me che i tempi ed il desio d’onore
fan per diversa gente ir fuggitivo,
me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
del mortale pensiero animatrici.
Siedon custodi de’ sepolcri, e quando
il tempo con sue fredde ale vi spazza
fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
di lor canto i deserti, e l���armonia
vince di mille secoli il silenzio.
Ed oggi nella Troade inseminata
eterno splende a’ peregrini un loco,
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
talami e il regno della giulia gente.
Però che quando Elettra udí la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove
mandò il voto supremo: - E se, diceva,
a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie, e non mi assente
premio miglior la volontà de’ fati,
la morta amica almen guarda dal cielo
onde d’Elettra tua resti la fama. -
Cosí orando moriva. E ne gemea
l’Olimpio: e l’immortal capo accennando
piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,
e fe’ sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
cenere d’Ilo; ivi l’iliache donne
sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
da’ lor mariti l’imminente fato;
ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dí mortale,
venne; e all’ombre cantò carme amoroso,
e guidava i nepoti, e l’amoroso
apprendeva lamento a’ giovinetti.
E dicea sospirando: - Oh se mai d’Argo,
ove al Tidíde e di Läerte al figlio
pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete! Le mura, opra di Febo,
sotto le lor reliquie fumeranno.
Ma i Penati di Troia avranno stanza
in queste tombe; ché de’ Numi è dono
servar nelle miserie altero nome.
E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
di vedovili lagrime innaffiati,
proteggete i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti,
e santamente toccherà l’altare.
Proteggete i miei padri. Un dí vedrete
mendico un cieco errar sotto le vostre
antichissime ombre, e brancolando
penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne,
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far piú bello l’ultimo trofeo
ai fatati Pelídi. Il sacro vate,
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.
I Sepolcri-Ugo Foscolo.
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🐆AMICI DEL GIAGUARO?
Si rafforza la bella ipotesi complottista secondo cui c'è qualcuno che ci sta parando il kiulo nel NON ratificare il Mes. Qualcuno che ci deve più di qualcosa, vista l'adesione incondizionata e zerbinata alle sue guerre, ma anche che non vede l'ora che la Germania finisca con le chiappe a terra e senza ancora di salvataggio (come appunto i soldi italiani). 🍿
"Senza Mes salirà lo spread e crollerà il rating!" Invece sta succedendo proprio il contrario: le grandi agenzie americane (da Fitch a Bloomberg) da giorni non fanno che tessere le nostre lodi per la crescita e l'affidabilità, e probabilmente -come accadde già in passato- gli Usa stanno anche facendo man bassa di Btp per far scendere lo spread.
Ipotesi ottimista? Può darsi. Ma sarebbe pure ora che tanta zerbinaggine abbia un ritorno.🙄
🗡by @criscersei
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AMA
un mese dopo, a fine febbraio, l'Italia intera si sarebbe trovata in un film distopico a tinte horror. Quello che abbiamo vissuto è stato terribile, sul piano individuale e collettivo. Il Covid spazzò via tutta la felicità e i complimenti di quell'edizione. Nessuno sapeva bene come agisse e ci toccava assistere al solito ping-pong tra chi era già in allarme e chi sottovalutava il virus. Chi aveva ragione?
Lasciai Sanremo e tornai a Milano, e lì il Covid era già un argomento di conversazione molto serio, ne parlavano tutti. Se invece chiamavo gli amici di Roma, loro mi rassicuravano: «Qui non c'è nulla» mi dicevano. Io cominciavo a non capirci più un granché, perché l'epicentro con il <<paziente zero» fu a Codogno, in provincia di Lodi, quindi vicinissimo a Milano e, onestamente, non sapevo cosa fare. Credo che da quel momento in poi il destino mi sia venuto incontro ancora una volta, sia nella vita reale sia in quella professionale. Poco prima del mio primo Sanremo ero andato a trovare Gigi D'Alessio in una zona di Roma un po' lontana dal centro, un'area residenziale immersa nel verde che si chiama Olgiata. Mi piacque da subito, le villette sono immerse nella natura e si vive nella tranquillità. Lì, Gigi, ha una casa molto bella e mi disse: «Ma perché stai a Roma, in città è nu casin', vieni qua, hai l'occasione... Ora che tuo figlio cresce trova una casettina qui, anche in affitto, poi vedi, se ti piace magari la compri». Per fortuna mi feci convincere. Mi affascinava l'idea di una casetta carina con il giardino: ne trovai una perfetta e progettai di trasferirmi con Giovanna e José subito dopo il Festival. È incredibile quanto quella nuova casa ci abbia salvato dal Covid.
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Il Toro spreca, Carbonaro lo punisce.
MANFREDONIA - NARDO' 1-0
Goal: 57' Carbonaro
MANFREDONIA: (5-3-2) Paduano; Forte, De Luca, Cicerelli, Konate, Fissore; Babaj (75' Bamba), Giacobbe, De Vito; Carbonaro (80' Orlando); Calemme (92' Sfrecola). 12+ Borrelli, Prencipe, Viti, Achick, Amabile, Spina.
Trainer: Francesco Cinque
NARDO': (4-3-1-2) Viola; De Giorgi, Lanzolla, Gennari, Di Benedetto; Ceccarini (77' Borgo), Guadalupi, Ciracì; Gentile (65' Addae); D'Anna (82' Enyan), Ferreira. 12+ Biffero, Latagliata, Rossi, Cellamare, Mariani, Russo J.
Trainer: Massimo Costantino
Arbitro: Pietro Marinoni di Lodi
Assistenti: Giuseppe Dell'Aquila di Barletta e Giovanni Sparapano di Molfetta
Nardò subito pericoloso al Miramare. Al 10' - Bella combinazione Ferreira-Ciracì, tiro di quest'ultimo e grande risposta di Paduano! Dal successivo angolo, gran botta dal limite dell'area di De Giorgi, ancora Paduano devia in angolo.
15' - Occasione Manfredonia! Gran palla di Babaj per Calemme, sforbiciata del numero 10 sipontino e miracolo di Viola che devia in angolo.
19' Nardò pericoloso con Ceccarini, provvidenziale intervento di Forte che blocca il tiro in scivolata.
24’ Ammonito De Vito. Infortunio per Viola, dopo un testa a testa aere con Konate. Bendaggio per il portiere neretino.
29' Azione solitaria di Giacobbe, il quale entra in area e calcia, parata di Viola.
39' Ammonito Konate. 46' ammonito Fissore.
Finisce il primo tempo a reti bianche.
Secondo tempo. Nessuna sostituzione nell'intervallo. 49' Occasione Nardò! Miracolo Paduano! D'Anna tutto solo nell'area di rigore calcia, ma il portiere sipontino chiude la porta. Goal del Manfredonia. Contropiede del Manfredonia, palla di Giacobbe per Carbonaro, il quale si accentra e la piazza all'angolino alla sinistra di Viola. 57' Manfredonia-Nardò 1-0
Tarda a farsi sentire la reazione granata, nel frattempo il Manfredonia sfodera tutte le tecniche di i perdite di tempo. 65' Entra Addae al posto di Gentile. 67' Cross di De Giorgi, devia di testa Ferreira ma il pallone finisce largo.
70' fraseggio prolungato neretino che si infrange sulla difesa di casa molto compatta dopo il goal. Siamo giunti alla mezz'ora del secondo tempo. Ritmo spezzettato, con tanti falli a centrocampo. Nardò che attacca alla ricerca del pareggio e Manfredonia che cerca di contenere e ripartire. 75' Sostituzione Manfredonia: dentro Bamba, fuori Babaj 76' Corner di Guadalupi, allontana Konate di testa. 77' Entra Borgo per Ceccarini.
80' gioco praticamente sempre fermo. Sostituzioni: Orlando per Carbonaro nel Manfredonia. Enyan per D'Anna nel Nardò. 82' corner Guadalupi. Mischia in area e il portiere si inventa un altro fallo. Non si gioca. 89'- Ci saranno 7' di recupero. Si gioca con lanci in area ma su ogni giocata l'arbitro vede un fallo in attacco. 94' cross di Ferreira in area. Palla fuori. 96' doppio dribbling di Borgo e tiro deviato in corner. Segue mischia e palla spazzata lontano. Finisce così: Manfredonia - Nardò 1-0.
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Da I segreti della quinta dimensione
(…) "Perché renderci graditi a Dio mediante la sofferenza? Perché non soddisfarlo per mezzo di lodi o del semplice pentimento dei peccati, o di qualcosa del genere, ma in modo indolore?”
L’anima beata di Teneramata risponde sicura e fornisce spiegazioni molto convincenti:
“Perché la lode, il pentimento, la preghiera e qualunque altra forma indolore, come tu dici, Gliela dobbiamo già al nostro Dio per altri motivi. La lode, per essere Colui che è; l’adorazione, perché ci ha creati; il pentimento, perché ci ama; la preghiera, perché da Lui dipendiamo. Soltanto il dolore non è un nostro dovere di creature per nessun titolo. Perciò, la Divina Giustizia ha permesso, ha tollerato, poiché non è cosa che Le faccia piacere, il dolore cristianizzato: come un originale procedimento didattico, perché l’uomo possa completare ciò che manca alla sua Redenzione, cooperi all’annientamento dei propri peccati mediante la sofferenza, riconosca sé stesso e trovi con facilità il suo Padre Celeste.
Purtroppo però, per la maggior parte degli uomini che non ne hanno compreso il valore autentico, la sofferenza e il dolore, quando tocca le loro esistenze e viene vissuta sulla propria pelle, è qualcosa di inaccettabile che non sono in grado di sopportare a lungo. Ma Teneramata aggiunge che è “condicio sine qua non” e che non possiamo pensare di vivere la nostra vita mortale completamente affrancati dal dolore: “… Non illuderti. Il dolore è indispensabile in questa vita di peccato… La religione di Nostro Signore Gesù Cristo non si concepisce senza austerità, senza mortificazione volontaria, senza l’accettazione con Carità dei mali che permette il Creatore, senza Venerdì Santo…"
Ma subito si affretta ad aggiungere a nostra consolazione che le sofferenze che dobbiamo patire nel mondo “… sono dolori brevissimi, se paragonati con l’eterna durata della Gloria futura. Sono tribolazioni molto fruttuose per il Cielo, se si sopportano con amore di Carità”. E davanti ad una lamentela del medico messicano che ricordava che il patire è sempre di gran peso per noi uomini, l’anima beata di Teneramata precisa che questo avviene perché siamo costretti a vivere nel momento presente ma che non è necessario amareggiarsi oltre modo.
“… Perché affliggerti più del necessario per un evento così fuggevole? Non esagerare le tribolazioni che t’invia il nostro Dio. Sono amare, ma sono efficacissime medicine. Invece, molte afflizioni mal sopportate rassomigliano a quella del bambino corrucciato che castiga sé stesso, rifiutando il dolcetto che gli viene offerto, per uscire dalla sua arrabbiatura in bella figura. Non ci sarà forse, dietro l’arrabbiatura, lo spettro della superbia?”
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La psicologia della motivazione: come mantenere la motivazione e raggiungere i tuoi obiettivi
La motivazione è una forza poderosa che ci spinge a raggiungere i nostri obiettivi e a superare le sfide della vita.
Ma come mantenere la motivazione e raggiungere i nostri obiettivi?
In questo articolo, Mauro Brocca Life Mental Coach esplora alcune tecniche e strategie della psicologia della motivazione per aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi e mantenere la motivazione.
1. Obiettivi chiari e specifici
Per mantenere la motivazione, è fondamentale settare obiettivi chiari e specifici.
Gli obiettivi dovrebbero essere sfidanti ma raggiungibili, e dovrebbero essere suddivisi in passaggi più piccoli e gestibili.
Questo ti aiuterà a mantenere la motivazione e a evitare la frustrazione.
2. Crea un piano d'azione
Dopo aver stabilito i tuoi obiettivi, crea un piano d'azione per raggiungerli. Il piano dovrebbe includere passaggi specifici che puoi intraprendere per raggiungere il tuo obiettivo.
Ad esempio, se il tuo obiettivo è quello di perdere peso, il tuo piano dovrebbe includere una dieta e un programma di esercizi fisici.
3. Crea un programma di rinforzo positivo
Il rinforzo positivo è una tecnica efficace per mantenere la motivazione.
Consiste nell'utilizzo di rinforzi positivi, come ad esempio premi, lodi o ricompense, per motivare il comportamento desiderato.
Ad esempio, se il tuo obiettivo è quello di leggere di più, puoi promettere a te stesso un bella ricompensa una volta letto un certo numero di libri.
4. Evita la procrastinazione
La procrastinazione è un nemico della motivazione.
Per evitarla, suddivide il tuo lavoro in piccole sessioni più gestibili e fai una lista di priorità. Inoltre, evita le distrazioni, come i social media o la televisione, mentre lavori.
5. Fai un'analisi SWOT
L'analisi SWOT (forza, debolezza, opportunità, minaccia) è una tecnica utile per identificare i tuoi punti di forza e debolezza, nonché le opportunità e le minacce esterne.
Questa analisi ti aiuterà a comprendere meglio te stesso e a identificare i passaggi necessari per raggiungere i tuoi obiettivi.
6. Crea un'atmosfera positiva
L'atmosfera in cui ti trovi può avere un impatto significativo sulla tua motivazione.
Crea un'atmosfera positiva attorno a te, circondandoti di persone positive e di sostegno. Inoltre, utilizza la musica, le parole o le immagini che ti motivano e ti danno energia.
7. Fai esercizi di mindfulness
Gli esercizi di mindfulness ti aiutano a mantenere la concentrazione e a evitare la distrazione.
Questi esercizi possono includere la meditazione, la respirazione profonda o l'osservazione della tua respirazione.
8. Crea un sistema di responsabilità
Il sistema di responsabilità è un modo efficace per mantenere la motivazione.
Trova qualcuno che ti supporti e ti motivi a raggiungere i tuoi obiettivi.
Potresti anche utilizzare applicazioni o siti web che ti aiutano a tenere traccia del tuo progresso e a ricevere feedback.
9. Fai una lista di gratitudine
La gratitudine è un'emozione potente che può aiutarti a mantenere la motivazione.
Fai una lista di tutte le cose per cui sei grato e consultala spesso per rimanere motivato.
10. Riconoscere e premiare te stesso
Infine, ricorda di riconoscere e premiare te stesso per i tuoi successi, anche se sono piccoli. Questo ti aiuterà a mantenere la motivazione e a continuare a lavorare sodo per raggiungere i tuoi obiettivi.
La psicologia della motivazione è un'arma poderosa per raggiungere i tuoi obiettivi e mantenere la motivazione.
Con questi consigli e strategie, potrai mantenere la motivazione e raggiungere i tuoi obiettivi, sia nel lavoro che nella vita personale.
Ricorda di essere paziente e di perseverare, perché la motivazione è un processo continuo che richiede tempo e sforzo.
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“ A partire dal 1223 si apre il periodo che i biografi [di san Francesco d'Assisi] definiscono della «grande tentazione», tentazione di abbandonare tutto, di disinteressarsi completamente della comunità, forse di non avere più fiducia in Dio. Ma ci sono momenti di remissione: uno di questi è la grandiosa celebrazione del Natale nell'eremo di Greccio nel 1223. Francesco organizza una sacra rappresentazione corale che trasforma in attore anche il pubblico accorso ad assistervi. Chiama un nobile di nome Giovanni, «di buona fama e di vita ancor migliore» sul cui affetto e devozione sa di potere contare e gli ordina, quindici giorni prima di Natale, di preparare lo scenario adatto. Dice all'amico: «Voglio rappresentare quel Bambino nato a Betlemme come se in qualche modo avessi davanti agli occhi i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu posto in una greppia e come stette sul fieno fra il bue e l'asino». Dobbiamo immaginare che per evocare la grotta siano state adattate le rocce della montagna, magari allargando qualche cavità naturale, oppure che per accogliere anche i fedeli sia stata costruita con tronchi d'albero una grande capanna? Quindici giorni sono un tempo eccessivo, se dedicati soltanto a preparare un po' di fieno e a condurre sul luogo due animali. Il bue e l'asino non fanno parte del racconto evangelico della Natività, ma furono aggiunti dai Vangeli apocrifi. Francesco, sensibile al messaggio delle immagini, ritenne bue e asinello indispensabili al suo teatro sacro.
Il racconto di Tommaso da Celano sembra la descrizione di un meraviglioso presepio vivente: vediamo accorrere «molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando, ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte nella quale s'accese splendida la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. [...] Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali. La gente accorre e si allieta di una gioia mai assaporata prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutto un sussulto di gioia. [...] Poi il sacerdote celebra solennemente l'Eucarestia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima». Francesco è felice, profondamente commosso. Si riveste di paramenti diaconali e canta con la sua bella voce il Vangelo, predica con parole dolcissime, trascina ed entusiasma gli astanti rievocando la piccola città di Betlemme, il Bambino divino e poverissimo, con tale entusiasmo infuocato che un cavaliere, forse il medesimo Giovanni, ebbe una visione: «Gli sembrava infatti che un neonato giacesse esanime nella mangiatoia, che il santo di Dio si avvicinasse e destasse quel medesimo bambino da quella specie di sonno profondo. Questa visione non manca - conclude Tommaso da Celano - di un suo significato perché davvero il fanciullo Gesù giaceva dimenticato nel cuore di molti e per grazia di Cristo, tramite il servo suo Francesco, fu risuscitato e il suo ricordo impresso in una memoria di nuovo partecipe». Nella preghiera composta da Francesco per il Vespro di Natale, alla descrizione della nascita nella mangiatoia segue la citazione della lode angelica: «Pace in terra agli uomini di buona volontà» (Lc 2,14): Cristo è venuto a portare la pace, quella pace che gli uomini non sanno trovare proprio nei luoghi dove egli nacque, la pace che Francesco era andato ad annunciare prima ai crociati e poi al sultano, e vorrebbe accolta dai conterranei, dai frati, dalla Chiesa. “
Chiara Frugoni, Vita di un uomo: Francesco d'Assisi, introduzione di Jacques Le Goff, Einaudi (collana ET Saggi n° 824), 2006⁶; pp. 112-113.
[Prima edizione: 1995]
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Ángel Aranda and Stefania Sandrelli in La Bella di Lodi (1963)
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Milano: parte oggi "Milano Home of Design" la nuova campagna di YesMilano
Milano: parte oggi "Milano Home of Design" la nuova campagna di YesMilano. Milano si prepara ad accogliere design lover, specialisti del settore e turisti per la Milano Design Week con la nuova campagna di YesMilano, brand di Milano&Partners dedicato alla promozione della città, ‘Milano Home of Design’: una comunicazione che punta a raccontare come il design – considerato nella sua accezione più ampia – abbia contribuito a caratterizzare l'identità del capoluogo lombardo. “Questa campagna nasce con la volontà di sottolineare come Milano sia la ‘casa del design’ sicuramente durante la Design Week, ma non solo – afferma Luca Martinazzoli, General Manager Milano&Partners –. Il design ha permeato la città in modo diffuso, modellando nel tempo, grazie al contributo di numerosi designer, lo stile di vita tipicamente milanese, che è possibile vivere durante tutto l'anno”. Le immagini protagoniste di questo racconto, realizzate dal giovane fotografo classe 2000 Eric Scaggiante, celebrano infatti alcune icone del design rappresentative della città come la Galleria Vittorio Emanuele II di Giuseppe Mengoni; il tipico risotto alla milanese con l’ossobuco proposto in tante trattorie; il corrimano della metropolitana disegnato da Albini-Helg; il “Bicchierone del Bar Basso”, creato alla fine degli anni ’60 dal barman Mirko Stocchetto, l’inventore del famosissimo cocktail Negroni Sbagliato; l’edicola Bernocchi di Alessandro Minali (architetto), Giannino Castiglioni (scultore) al Cimitero Monumentale. Tutti elementi immancabili nell’immaginario legato alla città. La campagna è firmata da Wunderman Thompson, agenzia del gruppo WPP. Afferma Lorenzo Crespi, Chief Creative Officer di Wunderman Thompson: “Il patrimonio di design della città è immenso. A volte è impossibile da ignorare, a volte è in bella vista sotto gli occhi di tutti, come nel caso dei corrimani della metropolitana. È stato bello grazie a questa campagna poterlo celebrare con leggerezza, ironia e anche una punta di orgoglio milanese“. Milano Home of Design vestirà la città a partire dal 12 aprile, alla vigilia dell’avvio della Milano Design Week, con affissioni multisoggetto sui principali circuiti di comunicazione audiovisiva a livello cittadino con 300 schermi digitali e 500 manifesti. Le creatività saranno proposte anche su Instagram e guideranno gli utenti sul sito yesmilano.it, dove sarà resa disponibile una guida online alla Milano Design Week. Saranno, inoltre, presentati una serie di itinerari di quartiere alla scoperta delle iniziative più significative sul fronte della circolarità, sostenibilità e inclusività, temi prioritari dell'edizione 2023 scelti dal Comune di Milano nella costruzione del palinsesto. Disponibili per i visitatori del sito anche tutte le informazioni sulla 61esima edizione del Salone del Mobile a Rho Fiera. In linea con la sempre più forte vocazione pubblica della Milano Design Week, il Comune quest’anno ha raccolto progetti e iniziative di interesse pubblico dedicati al design per costruire un fitto calendario di appuntamenti gratuiti che vede animare nuovi distretti della città oltre a quelli storicamente protagonisti della Milano Design Week – Brera, Durini, Isola, Statale, Tortona e 5vie –, creando itinerari, iniziative e allestimenti che toccheranno e interesseranno anche quartieri meno centrali. Alla chiamata del Comune hanno risposto complessivamente più di 150 operatori, tra nuovi protagonisti e importanti riconferme. “Il Salone del Mobile e la Milano Design Week – dichiara Elena Vasco, Segretario Generale della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi – rappresentano un appuntamento strategico per Milano, che riafferma il suo posizionamento internazionale come città attrattiva e innovativa, attraverso una filiera economica fondamentale per l’economia del nostro Paese e per il Made in Italy in generale. Con la campagna di promozione ‘Milano home of design’, realizzata da Milano&Partners, intendiamo valorizzare la città e i suoi distretti, raccontandoli con alcune icone del patrimonio culturale urbano che hanno contribuito a disegnare l'immaginario di Milano nel mondo: una comunità aperta e dinamica che ogni giorno è casa del design, perseguendo innovazione e sostenibilità, sostenendo la ricerca e promuovendo la creatività e l'espressione di giovani talenti". Milano&Partners è l'agenzia ufficiale della Città di Milano creata dal Comune di Milano e dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi per catalizzare le energie della città e per rafforzarne il posizionamento come destinazione sostenibile per il turismo, per gli investimenti diretti esteri e per accogliere i migliori talenti internazionali e start up anche attraverso l’utilizzo del brand YesMilano per lo sviluppo di campagne di comunicazione e di iniziative speciali in partnership con gli stakeholder istituzionali della città, le aziende e le organizzazioni imprenditoriali.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Messer Baldo D'Aguglione: Giurista
PRIMA PARTE GLI INIZI Coautore degli Ordinamenti di Giustizia e autore della famigerata “la cerna di Messer Baldo”, la lista degli sbanditi a cui è concesso di rientrare in Firenze come pacificazione, per la calata dell’Imperatore Enrico VII, dalla quale è escluso Dante Alighieri, che si è giocato il ritorno a Firenze con le sue lettere dirette all’Imperatore Enrico. La famiglia di Baldo d’Aguglione, proveniva dal contado, precisamente dal castello posseduto in Val di Pesa chiamato d’Aquilone (Aguglione, o Agulione, scritto in forma antica). Non è nota l’epoca nella quale si sono inurbati. Erano Ghibellini e nel 1268, al ritorno dei Guelfi dopo la battaglia di Benevento furono banditi da Firenze: il padre Guglielmo e il fratello Puccio. Non si conosce l’anno di nascita di Baldo e se a quell’epoca potesse avere autonome decisioni politiche.
La sua partecipazione alla vita politica fiorentina, inizia nel gennaio del 1293, quando essendo Guelfo e giurista, viene incaricato dal nuovo ceto politico dirigente alla stesura degli “Ordinamenti di Giustizia” con la decisa spinta del Priore Giano della Bella, insieme ad altri giuristi: Messer Alberto di Donato Ristori, e Messer Ubertino degli Strozzi. Questa legislazione anti magnatizia stabilì il loro allontanamento dalla vita politica, con il definitivo passaggio del potere alle Corporazioni artigiane, delineando una nuova struttura comunale destinata a durare nel tempo. Baldo aveva studiato a Bologna, dove godeva di una buona reputazione come giurista e politico. In Firenze faceva parte della potente Arte dei Giudici e Notai, prevalente per fama sulle altre Arti. La potenza dell’Arte dei Giudici e Notai, si nota negli Ordinamenti di Giustizia, dove si trova scritto il desiderio dei legislatori di salvaguardare l’Arte dalle intromissioni dei giuristi stranieri, vietando la loro iscrizione, indicandoli come cattivi interpreti delle Leggi fiorentine. Con questo divieto volevano dimostrare il desiderio di avvicinare i giuristi al popolo, dal quale erano condannati, per il rigoroso attenersi alle leggi, ed emettere sentenze e decisioni con parole incomprensibili alla massa dei cittadini. Baldo, è citato in un documento del 1293 come testimone, del sindacato dei Magistrati di Poggio Bonizio (Poggibonsi). Nel dicembre del 1294, come appartenente al Sesto di San Piero, venne eletto fra i quattordici “arbitri” deputati a riformare la legislazione fiorentina. La riforma venne suggerita da Giano della Bella, per adeguare la legislazione agli Ordinamenti di Giustizia, per toglierla alla faziosa interpretazione dei Giudici, chiamati da Dino Compagni “maladetti Giudici”. Gli affiliati dell’Arte in un primo momento, sostennero Giano nella sua opera riformatrice, per il loro interesse, essendo desiderosi di accedere agli uffici comunali, per abbandonarlo in seguito per rivolgersi ai magnati. Dino Compagni, facendo parte della commissione riformatrice in qualità di “arbitro” alla nuova stesura degli Ordinamenti di Giustizia, nella “Cronica” racconta come cinque “arbitri” fra i quali si trovava Baldo, fossero d’accordo con i magnati e rappresentanti della Parte Guelfa, nemici del capo del governo popolare.
Papa Bonifacio VIII Nel bimestre 15 aprile 15 giugno 1298, Baldo venne eletto Priore, fu incaricato nello stesso anno di mediare la pace fra Bologna e gli Estensi, sempre nel dicembre nella piazza antistante la chiesa di Santa Reparata in Firenze, partecipò come testimone alla ratifica di un primo accordo fra i contendenti. Bonifacio VIII avocò la disputa fra le due città per comporla definitivamente. Firenze nel settembre, inviò a Roma una ambasceria per seguire l’evolversi delle trattative. Di questa ambasciata faceva parte Baldo d’Aguglione come premio per essersi speso nel cercare un accordo. Il Compagni a seguito di questa ambasceria ne tessé le lodi, presentandolo come “Giudice sagacissimo”, mentre l’Anonimo fiorentino ne parla come "pessimo Giudice Ghibellino antico”. Un’ombra suo operato di Giudice, si trova quando il Podestà trevisano Monfiorito da Coderta di Treviso, strumento dalla fazione donatesca, durante il suo mandato, per i suoi soprusi, venne esonerato dalla carica e mandato a processo. Sotto tortura, il Podestà, rivelò molti suoi misfatti, che implicavano cittadini influenti, fra loro si trovava Nicola Acciaioli, ragguardevole esponente della borghesia al potere. Sempre il Compagni ne parla con questa frase “della ragione torto e del torto ragione, come a loro paresse”. L’Acciaioli si era macchiato di falsa testimonianza, eletto priore per il bimestre 15 agosto 15 ottobre, su consiglio del sodale, Baldo approfittando della sua carica si fece consegnare dal Notaio, il registro dove era trascritta la confessione del Monfiorito, dalla quale d’Aguglione rasò la parte compromettente per il suo cliente.
Sembra che l’ambasceria ad Anagni presso Bonifacio VIII, alla quale partecipò Baldo, fosse un premio per quanto fatto a favore dell’Acciaioli. Quando scadde la carica di Nicola, venne scoperto quanto era stato fatto in favore del Priore. Fu intentato un processo contro i due Giudici, che si risolse in una multa di 3000 lire per l’Acciaioli e una multa di lire 2000 per il contumace d’Aguglione, più il confine per la durata di un anno. Ma il Baldo non rientrò in Firenze, preferendo rimanere al Anagni sotto la protezione del Pontefice. Dante ricorda questo episodio nel Canto del Purgatorio nella Divina Commedia, dicendo che un tempo i “quaderni”, non rischiavano di essere falsificati da Magistrati corrotti. Della falsificazione ne parla nel Canto del paradiso il suo antenato Cacciaguida, ricordando i tempi in cui “il sangue dei fiorentini non si era mischiato con gente venuta da fuori i confini, e non dover sentire il puzzo del villan d’Aguglione, di quel da Signa/che già per barattare ha l’occhio aguzzo!”. La riabilitazione di Baldo con il ritorno a Firenze avvenne nel 1300, quando fu scelto come arbitro in una controversia patrimoniale tra Corso Donati e sua moglie Tessa, contro Giovanna vedova di Ubertino da Gaville, madre della stessa Tessa, con in ballo una dote di 6000 fiorini. Nella disputa oltre agli Ubertini si unirono i Cerchi, nel tentativo di impedire a Corso di incassare tale somma. Questa intromissione dei Cerchi non fece altro che acuire l’odio fra loro e i Donati. Giovanna per la storia della dote, era stata processata e condannata al carcere dal Podestà Monfiorito. Ma dopo la condanna di lui per corruzione, venne riaperta la disputa, e portata nuovamente in discussione davanti a due Giudici, uno dei quali Baldo era reduce da un processo nel quale era stato condannato per falso in atti pubblici.
Alberto Chiarugi Read the full article
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