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Alessandria e i Suoi Teatri: Un Viaggio nel Tempo con gli Studenti dell’Istituto Umberto Eco
Gli studenti dell'Istituto Umberto Eco di Alessandria esplorano la storia teatrale della città con un progetto innovativo di ricerca e drammatizzazione
Gli studenti dell’Istituto Umberto Eco di Alessandria esplorano la storia teatrale della città con un progetto innovativo di ricerca e drammatizzazione. Alessandria, 13 novembre 2024 – Con il progetto “Alessandria e i suoi Teatri”, gli studenti delle classi 3AC e 3BC dell’indirizzo Classico dell’Istituto d’Istruzione Superiore Umberto Eco si preparano a intraprendere un viaggio affascinante nel…
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Presente. Capitolo 3 - Inizio giugno 2021
“Allora siamo ufficialmente migliori scopamici!”
“Se è così voglio un aggiornamento del mio titolo.”
(TW: NSFW, smut, OC, MiloxOC, riferimento a MiloxCamus, Coppia HET, riferimento a coppia HOMO, D/s, Dom!Milo, Scarlett Needle/Cuspide Scarlatta con uso creativo)
Dopo la loro ultima battaglia, in cui tutti erano risorti, grazie a Lyfia e alla sua intercessione presso Odino, il mondo delle divinità sembrava aver trovato una sorta di equilibrio e tutto era tornato a una forma di normalità. Anzi, da quando Nike fungeva da Grande Sacerdote, aveva lasciato molte più libertà ai Cavalieri, incluso, per chi era in grado, quella di usare il loro modo di spostarsi per fini personali, quali visitare il mondo nel tempo libero ed in vacanza, e, soprattutto, rivedere le loro famiglie di origine ogni volta che volevano e potevano. Però i loro doveri al Santuario non potevano essere dimenticati. Tra questi, in tempo di pace come quello, il più importante per i Cavalieri D’oro era istruire tutti coloro che nel mondo manifestavano il Cosmo, sceglievano di seguire Athena ed erano nati sotto il loro segno. Una cosa che Milo davvero non amava.
Rientrando all’ottava abbastanza frustrato dalla sessione di insegnamento appena finita, ricordandosi che Camus era via quella sera, contattò Nike col Cosmo.
‘Mi fai un favore? Intercedi per me con Aphrodite, la dea non il tuo vicino di casa, e le chiedi se per cortesia può smettere di fare nascere così tante persone sotto il mio segno?’
‘Non penso sia opera sua, piuttosto del consumismo. Se fai i conti, nove mesi prima dello Scorpione siamo più o meno intorno a San Valentino’
‘In questo caso, ho davvero bisogno di cominciare a bere pesantemente’
‘Allora vieni a trovarmi che c'è uno Sbagliato col tuo nome sopra. Ho anche portato la cena direttamente dal Quadrilatero, stavo per chiamarti io’
‘Mi levo questa ferraglia d’oro, doccia veloce, e arrivo’
‘Sì ma muovi il tuo bel culo, che ho già aperto il prosecco’
Neanche venti minuti dopo era da lei, con le patatine greche che lei adorava, prese al volo dal centro di Rodorio nel suo posto preferito.
“Tempismo perfetto” disse lei sulla soglia porgendogli il bicchiere colmo fino all’orlo. Milo prese un gran sorso e si sedette sul divano dove aggiunse il suo cibo alle varie delizie già disposte davanti a lui.
“I tuoi non sono via questo mese? Cosa sei andata a fare a Milano oggi?”
“Shopping ovviamente. Altrimenti la mia Black Amex si sente trascurata. Ho preso qualcosa anche per te e il ghiacciolino” disse indicando due sacchetti, uno di Prada e uno di Armani. Milo guardò dentro e trovò le quattro più belle camicie che avesse mai visto.
“Turchese intenso e rosso fuoco per te che sei Spring Bright, verde acqua e avorio per Camus che è Spring Light”
“Non avresti dovuto. Grazie. Adesso dovrò trovare qualcuno che mi aiuti a pensare a come indossarle”
“Sì come no. Mr. Metrosexual ha dei problemi ad abbinare le camicie. Ah e raccontami poi quanto si incazza Camus quando scopre le marche. Da buon parigino, detesta la moda milanese. Avevo mezzo pensato di portargli la maglia del Milan di Zlatan, ma poi ho deciso che non ci tengo a scoprire se posso sopravvivere a un’Aurora Execution senza armatura”
“La maglia di chi?”
“Ibrahimovich” sospirò Nike frustrata. Come faceva a passare tutto quel tempo con Camus e ancora non capire una sega di calcio?
“E per te cos'hai preso?”
“Vuoi la sfilata completa”
“Perché no?”
Nike lo accontentò. Tra un sorriso di Negroni Sbagliato e uno po’ di cibo, indossò tutti i numerosi nuovi outfit che aveva acquistato quel pomeriggio, prendendo nota dei commenti e dei consigli dell'amico che, oggettivamente, di stile ne sapeva.
L’ultimo outfit fu una nuova sottoveste di seta nera di La Perla, che si sarebbe aggiunta alle decine di altre che usava come abito da casa, e un paio di Louboutin Bianca 140 Nude col tacco a spillo.
“Come fai a camminare con quelle cose? Ti fanno alta quasi come me”
“Quattordici centimetri, uno e novantadue. Mi fanno alta esattamente come te. Ho studiato danza classica comunque. Sono niente al confronto delle punte”
“Anche tu però sei una traditrice della patria con quelle scarpe francesi”
“Ma io non sono mica nazi come Camus. Ho l’armadio pieno di Chanel e Dior. A Milano ho addirittura una stanza coi muri coperti di Birkin e Kelly” spiegò lei finalmente sedendosi a fianco di Milo, finendo il secondo Sbagliato e assaporando le patatine con la feta che lui aveva portato.
Da quando Camus, insieme a tutti gli altri, era tornato in vita, Nike pensava che sarebbe stato tutto per quella strana avventura emotiva che lei e Milo avevano condiviso nel periodo di tempo dall'attacco alle Dodici Case fino alla lotta contro Hades e poi l’avventura ad Asgard. Non solo, lei aveva deciso, chiaro e tondo, che coi suoi amici a letto preferiva non andarci più. E poi la coppia perfetta del Santuario era tornata più innamorata che mai, tutti avevano ancora vivido il bellissimo ricordo della loro riconciliazione. Non era gelosa, per nulla, anzi era molto felice per loro ed era contenta di aver aiutato Milo a fare i conti col proprio dolore quando ne aveva bisogno. E quando anche lei ne aveva bisogno. Per questo fu incredibilmente sorpresa quando Milo, pochi istanti dopo, la baciò.
Si tirò indietro di scatto.
“Cosa c'è?” chiese lui sulle sue labbra.
“Camus c’è”
“Con lui è diverso”
“Non voglio essere l’altra”
“Non lo sei. La relazione che abbiamo io e lui non è monogama. Camus è… è amore, quasi platonico ma è amore. Tu sei la mia migliore amica con cui a volte vado a letto e soddisfo le mie fantasie meno… vanilla”
“Quindi lui sa?”
“Sa che quando ho certe voglie, le sfogo… diversamente. Lui fa lo stesso e va bene così” disse Milo riprendendo a baciarla e infilando una mano sotto l’orlo sottile della sottoveste di seta.
“Se non vuoi però dimmelo”
‘Se sta bene a voi’ pensò lei.
“Sei tu in fondo che hai detto...” lei lo zittì, rispondendo finalmente al bacio.
“Fammi venire, Scorpione, e dammi un po’ del tuo veleno”
Come una vecchia abitudine presa quando avevano iniziato a scopare dopo la morte dei loro amici, Milo la prese in braccio e la portò nella sua camera da letto. Lei fece per sfilarsi le scarpe che ancora indossava, ma lui le ordinò di tenerle. Dei due, quella con autorità sull'altro era lei, ma, quasi ironicamente, nel sesso le piaceva essere comandata, farsi dire da lui esattamente cosa fare.
Milo adocchiò uno specchio a figura intera in un angolo della stanza.
���Quello da quando tempo è lì?”
“Da anni, credo sia di Saga…”
“Allora usiamolo” e la mise giù proprio lì davanti.
“Credo di avere un po’ troppi vestiti” sentenziò lui levandosi la maglia e i jeans, rimanendo coi boxer aderenti che evidenziavano la sua crescente eccitazione. Lei lo guardò sospirando. Dei, quanto era bello. Il suo viso, i suoi muscoli definiti e tesi, le vene in evidenza sulle braccia, le proporzioni del corpo. La V. Il pacco. Tutto sembrava troppo perfetto per essere umano. Nike si domandò se Athena scegliesse apposta i propri cavalieri in base alla loro bellezza e avvenenza fisica.
“Inginocchiati tu, questa volta” le ordinò. Lei eseguì continuando a guardarlo negli occhi ma scorrendo le mani sulla sua straordinaria muscolatura. Quando arrivò giù le fu abbastanza ovvio cosa fare, soprattutto perché lui cominciò a scostarle i capelli dal viso e a raccoglierglieli dietro alle spalle. Sempre mantenendo il contratto coi suoi occhi, Nike abbassò i boxer fino alle sue caviglie e cominciò a leccare la punta del suo pene eretto. Dopo poco lui la invitò a prenderlo tutto in bocca spingendo leggermente con le mani sulla nuca. Lei non si tirò indietro e cominciò a muoversi su e giù ritmicamente, arrivando sempre più in fondo ogni volta. Lui osservava la scena nello specchio andando su di giri ancora di più. Nonostante non fosse ormai più la prima volta, faceva sempre fatica a crederci. La dea della vittoria, letteralmente la donna più bella, sexy ed eccitante, nonché letale, che esistesse sulla Terra, era in ginocchio davanti a lui col suo cazzo in bocca. Lei lo sentì dichiarare il proprio orgasmo imminente e trattenne il respiro in attesa. Ingoiò fino all'ultima goccia mentre lui la guardava dall’alto e nello specchio, eccitandosi di nuovo nonostante fosse appena venuto. La fece alzare, la prese di nuovo in braccio e la sdraiò sul letto, levandole la sottoveste ma non le scarpe.
“Quel tacco a spillo rosso… mi ricorda la mia Cuspide” le disse infilandole la lingua praticamente in gola, afferrandole il seno e sdraiandosi su di lei, penetrandola con un’erezione più dura di prima.
“Quanto sei stretta e bagnata. Lo adoro”
Lei come sempre era una macchina per il piacere. Suo, ma anche del fortunato uomo, lui in questo caso, a cui concedeva le proprie grazie. Alla soglia del godimento ultimo di entrambi Milo si preparò. Stringendole il collo leggermente, le bloccò il respiro. Lei aprì gli occhi.
“Fidati di me. Quando te lo dico, prendi un respiro profondo”
Diede altri due colpi portandola davvero al limite, spostò la mano destra sul suo petto, e aumentò il Cosmo per caricare la Cuspide.
“Adesso Μωρό. Respira” disse, lasciando la presa dal suo collo. Lei eseguì. In quel momento lui le diede l'ultimo colpo che le serviva per venire, e allo stesso tempo
“Scarlett Needle” e lanciò due stelle.
Come previsto, lei perse la testa. Il suo sistema nervoso, attaccato dal veleno, amplificò l’orgasmo, che già era molto intenso, oltre ogni limite. Vedendola, sentendola, anche Milo finalmente si lasciò andare al piacere più forte mai provato prima, che fece perdere la testa e i sensi anche a lui per quasi un minuto.
Quando Nike si risvegliò Milo le era sdraiato accanto, su un fianco. Le accarezzò il viso e la baciò dolcemente.
“Com’è stato?”
“Davvero hai bisogno di chiedermelo?”
“No, non in quel senso. Intendevo la Cuspide”
“Meglio ancora di come ricordavo. Grazie”
“Avevo un po’ paura in realtà. L’altra volta, perdonami, ma non c'era niente da perdere. Adesso, c'è tutto”
“Non è la prima volta che mi colpisci. Nei tuoi giorni migliori sei arrivato a otto se non sbaglio”
“Il mio record con te è dieci in versione divina. Ma in allenamento è diverso. Hai il Cosmo attivo e la guardia alta. Comunque sembra che la reggi bene anche con le difese abbassate”
“E a te piace sempre?”
“Non hai idea. Mi manda fuori di testa. Vederti e sentirti quando vieni in quel modo… mi ridiventa duro solo a pensarci”
“Tienine un po’ anche per Camus”
“Ma no, con lui è diverso”
Poi, allarmato,
“Dei, cosa penserebbe di me?”
“Ma sì, dai, scherzavo”
“No seriamente però. Credi che dovrei preoccuparmi?”
“Di cosa?”
“Ma non lo so. La mia migliore amica, che indipendentemente è anche la mia Dea, nonché per definizione la donna più bella del pianeta, mi concede il privilegio di fare sesso con lei. E io cosa faccio? La colpisco col mio veleno”
“Ma dai non essere così duro con te stesso. In fondo è nella tua natura di Scorpione essere un pochino sadico. Altrimenti perché tutti gli altri attacchi dei nostri amici, per non parlare dei miei, si concludono in una mossa sola, mentre al tuo ne servono quindici dolorosissime?”
Lui la guardò negli occhi.
“Lo sai vero che non ti farei mai del male per davvero? Al di là del voto che ho fatto di proteggerti perché sei la mia dea…”
“Athena è la tua dea, e anche la mia” interruppe lei.
“Sì ma tu arrivi seconda di poco. Comunque, anche se non facessimo questa vita, se ti avessi conosciuta che ne so, all’università, ricordati che per te morirei e ucciderei”
Quell’affermazione che gli era uscita di bocca d’impulso lo scioccò. Non si era reso conto che forse, oltre all’attrazione, per lei potesse provare qualcosa. Qualcosa di oltre l’amicizia. Sperò che lei non avesse sentito bene, o che non ci desse troppo peso.
“Milo, accetta questo lato di te. Non farne un dramma, io per esempio lo adoro. Lo so che non mi faresti mai del male per davvero”
Lui sorrise, sollevato. Non era pronto a fare i conti coi suoi sentimenti, non in quel momento.
“Perché facevi tanto la difficile?”
“Dai, te l’ho detto perché”
“Seh, seh, Camus e quella storia che tu coi tuoi amici a letto non ci vai. Non ci credevi nemmeno tu mentre ti uscivano le parole di bocca”
“Ma sai il problema è quando gli amici con cui scopo finiscono per innamorarsi. Già ne ho perso uno così...”
Milo deglutì, ripensando a quello che aveva detto e pensato solo un minuto prima. Ma no, dai, non c’era pericolo. Doveva essere stato l’afterglow a parlare. E poi perderla? Perdere la sua amicizia? No, non l’avrebbe lasciato succedere, a qualunque costo.
“Comunque grazie per aver insistito. Ancora un po’ e tornavo vergine” Nike lo riscosse.
“Aspetta… da quanto non…”
“Sei stato tu l’ultimo qui dentro. Fai i conti”
La notte prima dell’inferno.
“In effetti anche tu sei stata la mia ultima donna, mi hai rovinato per tutte le altre! Ma mi sembra strano che una come te abbia difficoltà a trovare da scopare. C'è la fila lì fuori se si sparge la voce”
“Ma ti sembro una che va in giro a rimorchiare per una botta e via? Non è mai stato tanto il mio stile. E adesso con tutto quello che c'è da gestire qui non avrei neanche il tempo. E comunque ho degli standard di bellezza e performance piuttosto alti. Posso giusto farmi uno di voi. Ma poi, come ho detto, si rovina l’amicizia se non si sta attenti. Anzi, a proposito, io e te siamo ancora migliori amici vero?”
“Μωρό sono Scorpione. Il sesso per me è praticamente come respirare. E con la storia che abbiamo, aver paura di rovinare un'amicizia come la nostra col sesso sarebbe come aver paura di rovinare le patatine mettendoci sopra la feta”
“Quindi non ti dispiace se questa cosa tra noi la manteniamo attiva?”
Lui sorrise.
“Se devo scegliere una con cui applicare il mio accordo con Camus, non potrei sognare di meglio. A cosa servono se no i migliori amici maschi?”
“Allora siamo ufficialmente migliori scopamici!”
“Se è così voglio un aggiornamento del mio titolo. Milo Nomikos, Cavaliere d’oro dello Scorpione, Scopamico ufficiale di Nike Martinelli della Vittoria Alata. Credo che mi farò fare i biglietti da visita”
Nike lo colpì col cuscino e scoppiò a ridere fino alle lacrime mentre lui diceva tutto questo. Quanto gli era mancato passare il tempo così con lui! E da ora in poi che non era più né depresso né incazzato col destino, sarebbe stato mille volte meglio. Meglio ancora di quando si erano conosciuti da ragazzi.
“Cosa dici, finiamo di mangiare?” le chiese lui appena finì di ridere.
Teletrasportarono il cibo dalla sala al letto, e lo gustarono come avevano fatto tante volte e avrebbero continuato a fare, ridendo, scherzando, confidandosi, finché non si addormentarono.
Finalmente, dopo anni di sofferenza e sacrifici, tutto era esattamente dove doveva essere.
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Litkovskaya pre p/e 21: sembrano sbagli, invece sono trasformazioni
La moda come fosse un diario del tempo vissuto, una sorta di taccuino con pagine in stoffa in cui gli eventi esteriori e le emozioni interiori, le sfumature variegate delle culture e le intemperanze degli stili di vita vengono annotati con l’acutezza della creatività e poi trascritti con gli strumenti della sartoria: così accadeva fino al termine del secolo scorso, quando l’evoluzione sociale e del gusto componeva capitoli di stile ben scanditi dalle decadi estetiche, fintanto che il racconto non �� esploso nel contemporaneo caleidoscopio affollato di storie e trend stilosi.
Così torna a succedere ora, in quest’esordio così intenso, di certo provante e al contempo stimolante, della seconda decade del nuovo millennio: l’imponente accadimento della pandemia ha risvegliato l’urgenza spontanea ad annotare nel taccuino della moda quel che dall’immersione nel flusso di esistenza e coscienza imposto dal lock-down è affiorato nella consapevolezza.
Ogni fashion designer ha collezionato le proprie suggestioni, ha ricomposto il proprio insegnamento e l’ha plasmato in un messaggio attraverso il proprio linguaggio creativo: e anche Lilia Litkovskaya non si è sottratta al richiamo positivo della sensibilità. Lei che dal 2006 guida l’allestimento della sua ricerca stilosa attraverso le creazioni del brand che porta il suo cognome e che, allo stesso tempo, porta anche la sua determinazione all’individualità d’espressione, ha ascoltato con cura le riflessioni e le suggestioni che l’immobilità improvvisa le ha suggerito: e le ha trascritte nel carosello di abiti della pre p/e 2021 che proprio in tempi di pandemia è stata concepita.
Ricerca, ripensamento, rinascita. E, ça va sans dire, riciclo. Son queste le parole-chiave che guidano l’ispirazione alla collezione, nata per l’appunto come reazione costruttiva all’esperienza distruttiva della pandemia: non c’è un titolo ad indirizzare il racconto, ma bastano le creazioni e i segni distintivi che portano indosso per diffonderne il messaggio. Tutto, infatti, è frutto di una dichiarazione d’intenti che inizia dalla decostruzione delle forme e delle silhouette riconoscibili: Litkovskaya smonta la superficie conosciuta degli abiti così come la pandemia ha smontato la nostra percezione della quotidianità, sfalda gli elementi che partecipano alla conformazione di giacche, camicie, abiti, bomber, gonne, così come il lock-down ha sfaldato i nostri gesti, comportamenti e pensieri che costruivano la nostra routine.
Tutto nella collezione crolla, come se d’improvviso la sicurezza sartoriale si fosse inceppata, così come son crollate le nostre certezze materiali: eppure, il bello di sfaldare l’apparenza è scoprire le virtù della sostanza nascosta sotto, per questo quelli che sembrano sbagli da modellista sono in verità la dimostrazione del nuovo che può nascere dalla trasformazione.
Sono infinite le possibilità di ripensamento e ricostruzione della nostra esistenza che ci sono offerte: è questo che dichiarano i resti delle maxi camicie scomposte, i colletti appesi alle spalle come decorazione, le maniche ricomposte in modo che possono essere infilate o avvolte alla vita come un abbraccio che si stringe in un fiocco, con lo stesso approccio componibile si comportano le maniche dell’ampio bomber in seta, mentre il classico tessuto a righe da camiceria maschile ripiegato fino a plasmare un minidress senza spalline.
Intanto un taglio netti fende la superficie maglia e disegna un motivo delicato sul petto, così come la tecnica della scoloritura viene usata a mo’ di metafora per aggredire la superficie colorata della stoffa e grattarne via la patina artificiale per rivelare la verità di sfumatura cromatica originale: gesti di purificazione esteriore per incoraggiare il rinnovamento interiore.
A proposito di rinnovamento, Litkovskaya prosegue il percorso di sostenibilità che aveva già intrapreso: anche in questa collezione compaiono capi nati dal riciclo di tessuti di giacenza, capi vintage e campioni inutilizzati, intessuti in una tela nuova da cui son nate la giacca cropped e la mini-gonna.
È l’occasione giusta per approfittare della leggendaria tabula rasa su cui scrivere nuovi valori: una sorta di tela bianca, come quella del completo in lino tinta a metà del color azzurro carta da zucchero, un invito sincero a ritrovare e indossare la serenità.
Silvia Scorcella
{ pubblicato su Webelieveinstyle }
#Litkovskaya#modasostenibile#nuovitalenti#modaindipendente#modaresponsabile#sostenibilità#nuovacreatività#storiedaindossare#fashion writing#webelieinstyle
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Non voglio che tutto riprenda come prima.
Voglio che questo momento porti ad una vera rivoluzione.
Dentro e fuori di noi.
Voglio imparare la lezione da questo periodo difficile, non farmi sfuggire il più piccolo insegnamento, voglio portare dentro di me le emozioni, le riflessioni e i pensieri che mi genera e far sfociare in me un profondo cambiamento di vita.
Voglio che ogni lavoro sia celebrato, rispettato e tutelato. Dal medico all’infermiere, dal giornalista all’insegnante, dall’operaio all’impiegato, dall’inserviente al muratore. Non esiste un lavoro più degno di un altro: come stiamo sperimentando ora anche la cassiera di un supermercato è un’eroina perchè sta svolgendo in questo momento un compito fondamentale.
Voglio che ogni persona sperimenti il tempo per sé come lo stiamo vivendo ora. Senza un tempo lento, semplice e dilatato nessuna persona al mondo può scoprirsi, riposarsi davvero e ricaricarsi. E mettere in atto la propria creatività. E scoprire i propri doni.
Voglio che ognuno di noi diffonda nel mondo il proprio dono, proprio come sta accadendo ora dove sono nati corsi, video, iniziative delle più svariate per poter dare un pezzetto di noi (il migliore!) in questa emergenza.
Voglio che ritorniamo a vivere dell’essenziale, a fare la spesa nei nostri paesi, a comprare solo ciò che ci serve davvero.
Voglio che l’automobile sia utilizzata il meno possibile, solo per necessità e non per svago o per comodità.
Voglio che impariamo a ritirarci dal mondo e ad ammirarlo senza il nostro disturbo e il nostro rumore.
Voglio che le nostre case diventino nidi e non luoghi di passaggio. Voglio che siano il centro delle nostre giornate, che siano curate, vissute e amate come luoghi sacri.
Voglio che venga ristabilito il tempo dei bambini. Soprattutto dei più piccoli che senza spostamenti e impegni quotidiani riescono ad indirizzare liberamente le proprie energie nel gioco e nella creatività. E sono più sereni. E più calmi. E più veri.
Voglio che sia favorito laddove si può il lavoro da casa. Perché in questo modo tante risorse (economiche, fisiche ed ecologiche) vengono conservate.
Voglio che siano considerate preziose le passeggiate vicine a casa e ci si renda conto che una vacanza lontana comporta costi ambientali, fisici ed economici molto grandi e, forse, ne possiamo fare a meno o comunque diminuirle molto considerandole un vero e proprio lusso.
Voglio che venga mantenuta una certa distanza. Tra le persone. Perchè è solo in questo modo che ogni persona riesce a tracciare i propri confini e a non con-fondersi con l’altro. Ed è solo così che possiamo essere empatici e portare sollievo. Se invece ci fondiamo ci perdiamo e non siamo di nessun aiuto, nemmeno a noi stessi.
Voglio che i baci e gli abbracci non vengano regalati a chiunque. Sono un contatto fisico molto intimo e profondo. Da donare con cura e attenzione per non disperderne tutto il valore.
Voglio che gli anziani ritornino ad avere il ruolo che da sempre appartiene a loro. Custodi di storie, di memorie e di saggezza. I più vicini al divino e al mistero della vita.
Voglio che regni il rispetto, la solidarietà, la fratellanza con chiunque. Rimanendo a casa rispettiamo noi stessi ma anche la salute degli altri. Stiamo aiutando i più deboli con spese e iniziative bellissime. Abbiamo iniziato anche a conoscere i nostri vicini, persone fino ad ora salutate e basta.
Voglio che la morte ritorni ad essere presente come ora nelle nostre vite. Perchè è la paura della morte che fa emergere l’angoscia. Perchè solitamente ce ne dimentichiamo, perchè la rifiutiamo. Voglio che diventi un accadimento doloroso ma sacro come lo è la nascita, entrambi parti dello stesso ciclo. Dobbiamo ritornare a venerare la morte come un dio, a parlarci, a non temerla, a considerarla come la porta che ci conduce ad un mondo diverso. Come una nuova rinascita.
Tutto questo non può venire da un decreto o da una costrizione. Nasce dentro ad ognuno di noi, Dopo aver vissuto insieme un’esperienza così forte.
E’ l’ora della svolta.
E’ ora che ognuno di noi faccia la propria parte davvero.
Non per riprendere tutto come prima.
Ma per ricominciare in un altro modo.
Più creativo.
Più responsabile.
Più consapevole
Più vero.
Non voglio più la normalità.
Voglio il capolavoro.
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Le categorie da rispettare sono 4, la prima, la A, è suddivisa in tre sottocategorie, di cui almeno una dovrà essere rispettata.
Per chi volesse scoprire quali sono i nuovi parametri da rispettare, ecco la comunicazione ufficiale dell’Academy:
A1 – Almeno uno dei protagonisti, o comprimario, dovrà esser parte di una minoranza etnica.
A2 – Almeno il 30% degli attori in ruoli secondari o marginali dovrà far parte di gruppi poco rappresentati (si intende qui anche di orientamento sessuale o genere).
A3 – La storia o tema principale dovrà essere incentrato su uno dei gruppi meno rappresentati (di nuovo: genere, etnia od orientamento sessuale).
Passando alla categoria B, uno tra i tre criteri.
B1 – Almeno due delle leadership di dipartimento dovrà far parte di un gruppo sociale o etnico generalmente non rappresentato (per dipartimenti si intendono i ruoli di maggiore spicco, come il direttore del cast, la fotografia o il regista)
B2 – Altre sei posizioni chiave all’interno del team (creativo o tecnico) da parte di persone appartenenti a minoranze.
B3 – Almeno il 30% della troupe con individui di minoranze
La terza categoria, la C, riguarda due criteri da rispettare.
C1 – Apprendistati o tirocini pagati di persone incluse in minoranze etniche, di genere o altro, in dipartimento come VFX, produzione, musica, post produzione.
C2 – La produzione dovrà offrire opportunità di lavoro, o di insegnamento lavorativo, rispetto a minoranze.
Ultima categoria la D, con un solo criterio.
D1 – La produzione dovrà avere almeno un produttore esecutivo senior appartenente alle minoranze elencate, di etnia, genere, sesso o altro.
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Non voglio che tutto ritorni come prima
Voglio che questo momento porti ad una vera rivoluzione.
Dentro e fuori di noi.
Voglio imparare la lezione da questo periodo difficile, non farmi sfuggire il più piccolo insegnamento, voglio portare dentro di me le emozioni, le riflessioni e i pensieri che mi genera e far sfociare in me un profondo cambiamento di vita.
Voglio che ogni lavoro sia celebrato, rispettato e tutelato. Dal medico all’infermiere, dal giornalista all’insegnante, dall’operaio all’impiegato, dall’inserviente al muratore. Non esiste un lavoro più degno di un altro: come stiamo sperimentando ora anche la cassiera di un supermercato è un’eroina perchè sta svolgendo in questo momento un compito fondamentale.
Voglio che ogni persona sperimenti il tempo per sé come lo stiamo vivendo ora. Senza un tempo lento, semplice e dilatato nessuna persona al mondo può scoprirsi, riposarsi davvero e ricaricarsi. E mettere in atto la propria creatività. E scoprire i propri doni.
Voglio che ognuno di noi diffonda nel mondo il proprio dono, proprio come sta accadendo ora dove sono nati corsi, video, iniziative delle più svariate per poter dare un pezzetto di noi (il migliore!) in questa emergenza.
Voglio che ritorniamo a vivere dell’essenziale, a fare la spesa nei nostri paesi, a comprare solo ciò che ci serve davvero.
Voglio che l’automobile sia utilizzata il meno possibile, solo per necessità e non per svago o per comodità.
Voglio che impariamo a ritirarci dal mondo e ad ammirarlo senza il nostro disturbo e il nostro rumore.
Voglio che le nostre case diventino nidi e non luoghi di passaggio. Voglio che siano il centro delle nostre giornate, che siano curate, vissute e amate come luoghi sacri.
Voglio che venga ristabilito il tempo dei bambini. Soprattutto dei più piccoli che senza spostamenti e impegni quotidiani riescono ad indirizzare liberamente le proprie energie nel gioco e nella creatività. E sono più sereni. E più calmi. E più veri.
Voglio che sia favorito laddove si può il lavoro da casa. Perché in questo modo tante risorse (economiche, fisiche ed ecologiche) vengono conservate.
Voglio che siano considerate preziose le passeggiate vicine a casa e ci si renda conto che una vacanza lontana comporta costi ambientali, fisici ed economici molto grandi e, forse, ne possiamo fare a meno o comunque diminuirle molto considerandole un vero e proprio lusso.
Voglio che venga mantenuta una certa distanza. Tra le persone. Perchè è solo in questo modo che ogni persona riesce a tracciare i propri confini e a non con-fondersi con l’altro. Ed è solo così che possiamo essere empatici e portare sollievo. Se invece ci fondiamo ci perdiamo e non siamo di nessun aiuto, nemmeno a noi stessi.
Voglio che i baci e gli abbracci non vengano regalati a chiunque. Sono un contatto fisico molto intimo e profondo. Da donare con cura e attenzione per non disperderne tutto il valore.
Voglio che gli anziani ritornino ad avere il ruolo che da sempre appartiene a loro. Custodi di storie, di memorie e di saggezza. I più vicini al divino e al mistero della vita.
Voglio che regni il rispetto, la solidarietà, la fratellanza con chiunque. Rimanendo a casa rispettiamo noi stessi ma anche la salute degli altri. Stiamo aiutando i più deboli con spese e iniziative bellissime. Abbiamo iniziato anche a conoscere i nostri vicini, persone fino ad ora salutate e basta.
Voglio che la morte ritorni ad essere presente come ora nelle nostre vite. Perchè è la paura della morte che fa emergere l’angoscia. Perchè solitamente ce ne dimentichiamo, perchè la rifiutiamo. Voglio che diventi un accadimento doloroso ma sacro come lo è la nascita, entrambi parti dello stesso ciclo. Dobbiamo ritornare a venerare la morte come un dio, a parlarci, a non temerla, a considerarla come la porta che ci conduce ad un mondo diverso. Come una nuova rinascita.
Tutto questo non può venire da un decreto o da una costrizione. Nasce dentro ad ognuno di noi, Dopo aver vissuto insieme un’esperienza così forte.
È l’ora della svolta.
È ora che ognuno di noi faccia la propria parte davvero.
Non per riprendere tutto come prima.
Ma per ricominciare in un altro modo.
Più creativo.
Più responsabile.
Più consapevole
Più vero.
Non voglio più la normalità.
Voglio il capolavoro.
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È tempo di rompere le abitudini che ti hanno bloccato finora. Rispetta te stesso abbastanza da lasciar andare la mentalità e le routine che consumano quotidianamente le tue energie.
1. Fingere che tutto vada bene.
Ti senti sopraffatto? Senti di voler lasciar perdere tutto? Non c’è nulla di cui vergognarti in questo. Non sei un robot perfetto e impeccabile in ogni circostanza. Non c’è niente di male ad ammettere a te stesso che ti senti esausto, dubbioso o giù di tono, poiché anche questo è un aspetto naturale dell’essere umano. Il semplice fatto di esserne consapevole, rappresenta l’aspetto decisivo per poi iniziare a cambiare le cose.
Va bene ogni tanto sentirsi un po’ a pezzi. Non devi sempre far finta di essere forte e non c’è bisogno di dimostrare costantemente che tutto sta andando per il meglio. Non dovresti, inoltre, essere interessato a ciò che gli altri pensano di te. Se quindi per te è il momento di versare qualche lacrima, fallo. Prima lo farai e prima sarai in grado di tornare nuovamente a sorridere.
2. Lasciare che il dolore del passato devasti il tuo presente.
Se oggi ti senti più forte è anche grazie ai momenti duri che hai attraversato, agli errori che hai commesso e alle sfide ardue che hai affrontato. Se oggi sei più felice è anche perché hai conosciuto la tristezza. Ogni conversazione difficile che hai sostenuto contiene un insegnamento prezioso. Ogni sfida che hai affrontato contiene un’opportunità per una più profonda auto-riflessione sulle tue azioni.
Ogni irritazione, dolore, frustrazione, delusione o momento di paura rappresentano una lezione di vita. Ricorda, nulla è così male come sembra. C’è una benedizione nascosta nelle pieghe di quasi ogni esperienza e risultato. Quindi non rinunciare oggi a qualcosa solo perché ieri ti appariva in un certo modo. Ogni giorno è un nuovo giorno per riprovare.
3. Credere che i giorni migliori siano davanti a te o dietro di te.
Molti di noi trascorrono tutta la propria esistenza come se fossero intrappolati in un labirinto, pensando a come sfuggirne un giorno, e a quanto incredibile sarebbe la libertà, sognando un futuro felice che però spesso non riescono a realizzare, e che non arriva mai. Troppo spesso usiamo il futuro per sfuggire al presente. Questo è precisamente ciò che rende molti di noi stressati e infelici. Inoltre, anche l’ossessione per il passato produce le medesime dinamiche e gli stessi risultati.
Quello che dovresti iniziare ad accettare è che ieri e domani non esistono, e che è invece oggi, proprio ora, il momento giusto per amare, ridere, agire e vivere con coraggio. Questo è il momento preciso a cui devi dedicare la tua attenzione esclusiva, l’unico momento in cui puoi essere veramente vivo.
4. Pensare che le tempeste della vita non ti abbiano reso una persona migliore.
I tempi duri sono come delle tempeste furiose che soffiano contro di te. Ma queste tempeste non si limitano a impedirti di muoverti verso la direzione che vorresti seguire. Queste tempeste ti consentono anche di far emergere le parti più forti e coraggiose del tuo io, ti consentono di rivelarti per la persona che sei veramente. E questa è una grande cosa.
Oggi può forse sembrarti qualcosa di impensabile, ma un giorno ti guarderai indietro e una parte di te sarà grata e riconoscente per tutte le intemperie che hai dovuto affrontare. Per molti di noi, sono proprio le tempeste della vita che hanno fatto emergere la nostra compassione, la nostra gentilezza, la nostra dolcezza e delicatezza, che altrimenti forse non avremmo mai conosciuto. Così ora possiamo donare anche agli altri queste nostre qualità, poiché esse sono ormai dentro di noi e parte di noi.
5. Resistere al cambiamento.
Dovresti regolarmente confrontarti con te stesso e domandarti: “sto facendo ciò che è in mio potere per stare bene? Oppure sto cercando di scappare dai cambiamenti che l’esistenza mi propone?“. Prendi consapevolezza del fatto che nei processi di crescita non ci si sente sempre bene e a proprio agio, tutt’altro. Il vero indicatore del fatto che stai crescendo come persona è il sentirti, almeno inizialmente, a disagio, in difficoltà o fuori luogo.
Non evitare il disagio, non evitare il cambiamento, abbi piuttosto il coraggio di abbracciarli. Canalizza la tua energia verso il processo di crescita. Ogni crescita ha “inizio” alla “fine” della tua zona di comfort. Quando ti senti a disagio, sii consapevole che il cambiamento in atto nella tua vita è un inizio, non una fine.
6. Preoccuparti e preoccuparti… senza mai agire.
La preoccupazione è il più grande nemico del momento presente. La preoccupazione non fa altro che rubare la tua gioia, e tenerti molto occupato a non fare assolutamente nulla. E’ come usare la tua immaginazione per creare cose che non vuoi. Rompi questa abitudine negativa!
Fai uno sforzo. E’ molto meglio essere stanchi per la fatica di contrastare questa brutta abitudine, piuttosto che essere stanchi per la continua preoccupazione. Non sprecare le tue energie evitando lo sforzo. Oggi, chiediti che cosa è veramente importante per te e quindi prendi il coraggio di costruire la tua giornata in base alla risposta che ti sei dato.
7. Sacrificare tutto te stesso per gli altri.
Non eccedere nel sacrificare tutto te stesso, perché poi rimarrà ben poco da donare agli altri,inclusi coloro a cui vuoi davvero bene. Ogni volta che ti senti soffocare, tieni a mente le avvertenze che ci vengono ricordate ogni volta che saliamo su un aereo: “…non dimenticare di aver cura della tua maschera di ossigeno prima di prenderti cura degli altri”. Prenderti cura di te non ti rende egoista, al contrario, fa di te una persona altruista. In realtà, è la forma più vera di altruismo che si possa sperimentare. Infatti, soltanto attraverso un’attenta cura di sé è poi possibile prendersi cura degli altri.
Per poter costruire e mantenere delle relazioni davvero intense e significative con le persone che ti circondano, è necessario innanzitutto che tu impari ad essere il migliore amico di te stesso. Abbi amore per te stesso e poi condividi il tuo amore con le persone a cui tieni, piuttosto che andare alla ricerca di amore per compensare un deficit di amor proprio.
8. Prendere tutto sul personale.
Si riesce a guadagnare una quantità enorme di libertà, quando si incomincia a non prendere le cose sul personale, e ad aver consapevolezza del fatto che raramente le persone fanno qualcosa per farti un torto o un dispetto. Le persone quando fanno qualcosa, la fanno pensando a se stessi. Così, anche quando sembra che ti stiano colpendo intenzionalmente sul piano personale, probabilmente non è così. Ricordalo.
E quando ti capita di sentirti arrabbiato, con il cuore spezzato o vittima di un’ingiustizia da parte di qualcun altro, prova a cercare dentro di te un seme di morbidezza, un posto nel tuo io più profondo, da dove comprendere quanto dolore sta provando quella persona che ora ti offende, quali sofferenze abbia attraversando la sua anima e come deve essersi indurito il suo cuore per comportarsi in tal modo.
9. Lasciare che i pensieri negativi prendano il meglio di te.
Non credere a tutto quello che senti o provi e questo vale anche per il chiacchiericcio nella tua mente. Scegli di autocommiserarti e troverai una montagna di motivi per essere infelice. Scegli di essere felice e troverai una montagna di motivi per gioire.
Parlare dei nostri problemi, enfatizzandoli e rimarcandoli, è la nostra più grande dipendenza. Rompi questa abitudine negativa. Parla invece delle tue gioie, dei tuoi amori, dei tuoi sogni. Impara ad essere scandalosamente e irragionevolmente positivo. Impara ad essere divertente, creativo, ridicolo e gioioso allo stesso tempo.Tutto questo ti farà sentire meglio.
10. Rifiutare di lasciarti andare… di aprirti alla vita.
Per raggiungere la vera felicità ci vuole coraggio. Sto parlando del coraggio di mostrarti vulnerabile, di farti conoscere per ciò che sei, con i tuoi difetti e i tuoi limiti.Sto parlando del coraggio di esprimere le tue idee e i tuoi sentimenti, senza timore di fare brutte figure o essere giudicato dagli altri. Non è facile spingersi oltre la propria zona di comfort, scavare sempre più in profondità nel nucleo del proprio io più autentico. Accetta anche le parti più imperfette di te e non temere di esporle agli altri.
Devi essere disposto a liberarti dal pensiero comune di dover necessariamente apparire “un grande” per poter piacere agli altri. In sostanza, smetti di preoccuparti così tanto di ciò che gli altri pensano di te. Prendi posizione, fai una scelta coraggiosa: sii semplicemente te stesso!Accantona il pensiero di dover piacere “per forza” a tutti, e dì forte il tuo “sì” al momento presente; scegli di amare, di aprirti – rischiando anche di essere ferito – e di esprimere te stesso senza maschere o trucchi.
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Ogni cosa futura era già prefigurata in immagini: per trovare la propria anima, gli antichi andarono nel deserto. Si tratta di una metafora. Gli antichi vivevano i loro simboli, perché per loro il mondo non era ancora diventato reale. Per questo si recarono nella solitudine del deserto, per insegnarci che il luogo dell’anima è un deserto solitario. Lì ebbero visioni in abbondanza, i frutti del deserto, i fiori strabilianti dell’anima. Medita assiduamente sulle immagini che gli antichi ci hanno lasciato. Esse indicano la via di quel che ha da venire. Guarda indietro al crollo degli imperi, alla crescita e alla morte, a deserti e a conventi; essi sono le immagini di ciò che verrà. Tutto è stato predetto. Ma chi sa interpretarlo?
Se dici che non esiste il luogo dell’anima, allora esso non esiste davvero.
Se invece affermi che esiste, allora esiste davvero. Nota ciò che gli antichi dicevano in senso figurato: la parola è un atto creativo. Gli antichi dicevano: in principio era la Parola. Considera questo insegnamento e meditalo.
Le parole che oscillano tra nonsenso e senso superiore sono le più antiche e le più vere”
Dal Libro Rosso di Jung
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L'approccio a sciame alla guerra: un'introduzione per chi si trova in prima linea
Anonimo
Introduzione
Quanto segue è inteso come un'introduzione al concetto di “swarming” quale approccio alla guerra, come teorizzato da John Arquilla e David Ronfeldt in “Swarming and the Future of Conflict”, pubblicato nel 2000 per conto del National Defense Research Institute della RAND Corporation. Si spera che le tendenze emergenti dalla prima linea che sono migrate dal Movimento per la democrazia di Hong Kong del 2019 alla Ribellione di George Floyd del 2020 possano utilizzare la teoria dello sciame per elaborare la massima spesso citata, “essere acqua”.
La tecnica di guerra a sciame [swarm warfare] consiste nell'utilizzare la comunicazione orizzontale in modo che le unità possano agire in maniera autonoma e congiunta senza strutture di comando gerarchiche e centralizzate. Se questo suona familiare, non è una coincidenza: Arquilla e Ronfeldt citano la strategia degli anarchici e degli attivisti dell'alter-globalizzazione nella preparazione della battaglia di Seattle del 1999 come esempio contemporaneo di sciame nel momento in cui scrivevano. Prendendo insegnamento dalle tendenze della guerra alla fine del XX secolo, il loro lavoro propone il “Battle Swarm” come dottrina militare, cioè come approccio normativo alla conduzione di una guerra. Il Battle Swarm è quindi una istanza dei nostri nemici che imparano da come combattiamo per applicare le nostre esperienze contro di noi.
Eppure, le lezioni vanno in entrambi i sensi: nel formulare il concetto di guerra a sciame, i nostri nemici ci hanno aiutato a individuare gli aspetti tattici, strategici e logistici chiave che possiamo migliorare nelle nostre lotte. Pertanto, la seguente introduzione allo sciame come approccio al conflitto dovrebbe essere usata per valutare in modo critico e creativo le nostre tattiche nelle strade e quali tipi di infrastrutture e pratiche di comunicazione sono adatte a coordinare i nostri sforzi [1].
Il contesto storico dell'ascesa dello sciame in guerra.
Arquilla e Ronfeldt collocano la guerra a sciame all'interno della crescita delle tecnologie di comunicazione digitale che permettono di collegare le forze in una rete dove possono condividere le informazioni orizzontalmente in tempo reale. Tuttavia, per contestualizzare pienamente la guerra a sciame, vale la pena collocarla nel contesto dello spostamento storico mondiale che ha comportato l'ascesa della guerra “non lineare”, o “senza restrizioni”, nella seconda metà del XX secolo.
Durante gli anni Settanta e Ottanta, la guerra ha iniziato ad assumere una forma non lineare, o illimitata, a seguito delle guerre di decolonizzazione e delle guerre per procura [proxy wars] tra le potenze capitaliste e comuniste. Non lineare si riferisce alla mancanza di “linee del fronte” nelle guerre contemporanee, o al modo in cui la guerra oggi non si svolge tra due nemici definiti territorialmente, ma viene combattuta su popolazioni che a volte si estendono oltre i confini nazionali. Questo tipo di guerra è anche detto senza restrizioni perché elimina ogni distinzione tra mezzi di conflitto militari e non militari, tra obiettivi militari e civili, e persino tra la guerra e la pace stessa.
Il fine ultimo della guerra senza restrizioni non è quello di ottenere uno stato di pace tra belligeranti. Al contrario, tale guerra mira alla pacificazione indefinita delle popolazioni-bersaglio, generalmente considerate come focolai di potenziali insurrezioni che minacciano la stabilità minima necessaria al capitalismo. La guerra senza restrizioni prende il suo nome non solo dal fatto che riduce la politica a un'operazione permanente di polizia militare, ma anche perché estende i mezzi di guerra al di là dell'uso della forza militare. La guerra ha sempre più spesso comportato l'uso del capitale finanziario per far leva sui programmi di “aggiustamento strutturale” delle nazioni indebitate, l'uso delle guerre commerciali per manipolare le monete nazionali e il valore delle riserve monetarie rivali, e la manipolazione delle informazioni per influenzare le percezioni e il comportamento degli avversari politici come delle popolazioni bersaglio [2].
In questo contesto, le tattiche di sciame sono state usate non solo dai combattenti cineticamente orientati (cioè quelli che usano la forza materiale e la potenza di fuoco, siano essi militari statali, società di sicurezza private o forze di guerriglia partigiane), ma anche da attori non statali in tutto il campo sociale. Per esempio, lo sciame può caratterizzare gli attivisti e le ONG che cercano di aumentare la loro influenza sui responsabili politici attraverso zaps telefonici in congiunzione con le campagne dei media pubblici, gli hacker che interrompono i sistemi di comunicazione attraverso attacchi DDOS guidati da botnet, e i social network di parte come il movimento Boogaloo che si è formato attraverso la creazione e la circolazione di meme che elaborano una sensibilità strategica per lo sciame sulle crisi politiche [3]. Infine, lo sciame caratterizza a volte anche il blocco nero, coloro che si trovano in prima linea, e i saccheggiatori che utilizzano metodi non letali per combattere o eludere le forze di polizia più pesantemente armate.
Guerra a sciame
Che cos'è, allora, la guerra a sciame? Arquilla e Ronfeldt affermano: “Prevediamo lo sviluppo di nuovi tipi di piccole unità militari chiamate ‘pods’ che possono operare in ‘cluster’. Queste unità dovrebbero essere disperse per mitigare il rischio rappresentato dal fuoco ostile. Tuttavia, esse sarebbero caratterizzate da grande mobilità, modesti requisiti logistici e ‘topsight’ [...] Possedendo sia la mobilità che la conoscenza della situazione, saranno in grado di colpire, brulicando da tutte le direzioni, tanto con il fuoco quanto con la forza”. Scomponiamo tutto questo in tre distinte caratteristiche della guerra a sciame.
(i) Piccole unità da combattimento, o “pods” e “pod clusters". La guerra a sciame comporta l'azione congiunta di piccole unità relativamente autonome. In contrasto con gli eserciti che operano sulla premessa che i grandi numeri sono sempre migliori, Arquilla e Ronfeldt chiedono la “devoluzione del potere alle piccole unità”. Per esempio, un’unità di base di uno sciame può essere un individuo o un “groviglio” di individui (per esempio, un gruppo di affinità). Questi moduli possono, nel corso del loro ingaggio, decidere di coordinarsi come un “grappolo di grovigli” per un periodo di tempo, e poi andare per la loro strada una volta raggiunto il loro obiettivo o quando costretti a sciogliersi dall'avversario. Ciò che è fondamentale in questo caso è che un gran numero di piccole unità possono formare uno sciame mobile in cui l'iniziativa di attacco può provenire praticamente da qualsiasi punto. Esistono qui possibili varianti che possono essere adattate ai piccoli numeri disponibili, come ad esempio i “packs”. I “packs” sono “formazioni semi-disperse” che convergono opportunisticamente per attaccare bersagli deboli o vaganti. Qui loro citano l'opposizione serba a Slobodan Milosevic, che ha reclutato “teppisti da stadio” le cui formazioni a nugoli hanno contribuito a proteggere i manifestanti dalla polizia e a volte anzi spesso l'hanno attaccata [3].
(ii) “Topsight” [vista dall'alto], o conoscenza orizzontalmente accessibile della lotta. Ciò è particolarmente importante per le situazioni di combattimento nella vita reale (IRL). Lo swarming dà priorità alla comunicazione orizzontale tra le unità di combattimento per massimizzare il loro potere decisionale indipendente. A differenza di una struttura di comando militare centralizzata in cui l'autorità e la conoscenza del terreno aumentano man mano che si sale nella gerarchia, lo swarming utilizza il topsight ad accesso aperto per consentire alle piccole unità autonome di agire come una forza comune verso obiettivi condivisi. La vista dall’alto [topsight] si riferisce alla conoscenza strategicamente rilevante del terreno di battaglia; è la visione a volo d’uccello che viene creata e utilizzata da coloro che si trovano sul terreno mentre condividono le informazioni nel corso delle operazioni. Tuttavia, la vista dall'alto include anche le segnalazioni dello sciame, o i segnali emessi dai membri autonomi dello sciame per convergere con velocità su un bersaglio.
Forse i primi black blocs totalmente collegati in rete sono stati quelli del Movimento per la democrazia di Hong Kong, che ha usato non solo walkie-talkie, ma anche canali Telegram che collegavano una vasta rete di telefoni usa e getta anonimi [4]. Gli abitanti di Hong Kong usavano Telegram sia per coinvolgere i partecipanti nei ruoli necessari, sia per prendere decisioni con la sua funzione di sondaggio.
Poiché il tempo impiegato per elaborare le informazioni è un costo per lo sciame nel suo complesso, le unità dello sciame devono fare attenzione a condividere solo le informazioni rilevanti in modo da evitare un sovraccarico di informazioni. Questo è un problema che è stato rilevato per quanto riguarda il canale Telegram di Minneapolis dedicato alla trasmissione degli scanner della polizia durante i primi giorni della Ribellione di George Floyd. Gli utenti hanno dovuto setacciare le notizie sugli eventi che si svolgevano in altre città per trovare informazioni che potessero essere utilizzate per il coordinamento locale. Non c'era inoltre alcuna indicazione sulla qualità delle informazioni trasmesse, e il canale ha finito per diffondere voci sulla Guardia Nazionale e sulle milizie che si sono rivelate false. Il recente sviluppo dei canali Telegram che operano come Remote Uprising Support Teams (“RUST”) specifici per la città, dedicati alla trasmissione di informazioni infografiche e di intelligence aggiornate, sembra avere risposto alla necessità di comunicazioni esclusivamente orientate all’intelligence. Mentre l’uso di Telegram per scopi informativi è migrato da Hong Kong agli Stati Uniti, per ora le sue funzioni di coordinamento non lo hanno fatto. La nostra speranza è che l’uso di telefoni usa e getta e di canali orientati a specifiche funzioni continui a diffondersi, in modo da poter sperimentare le possibilità di connettere le folle in occasione delle manifestazioni.
(iii) Attacco onnidirezionale. Come un alveare che attacca un intruso, il movimento caratteristico di uno sciame è quello di attaccare da tutte le direzioni in “impulsi”, o brevi raffiche che coprono il bersaglio, seguite da dispersione e disimpegno. L'onnidirezionalità richiede sia un numero sufficiente di persone sia un’ottima visibilità, in modo che i grovigli possano momentaneamente ammassarsi intorno ad un bersaglio condiviso per sopraffarlo.
Per esempio, i canali Telegram sono stati utili ai dimostranti di Hong Kong per mappare collettivamente gli obiettivi della polizia, che hanno permesso a più “maghi della luce” e “maghi del fuoco” di disattivare otticamente e attaccare cineticamente gli obiettivi in modo coordinato da tutti i lati. Gli impulsi di convergenza e le successive dispersioni dovevano essere rapidi per evitare di essere rintracciati da altre unità di polizia.
Qui può essere utile introdurre la terza variazione di Arquilla e Ronfeldt sullo sciame oltre agli alveari e a nugoli, ovvero le “folle” composte da individui o piccoli gruppi che agiscono convenientemente in numero sufficientemente grande da creare un effetto di massa complessivo. Il saccheggio emerge spesso in questo modo, poiché il potenziale che risiede nella dimensione numerica e nella velocità della folla permette ai suoi membri di prendere iniziative individuali. Questi primi atti di furto con scasso oltrepassano una soglia che apre nuove possibilità, ma è solo la diffusione o la ripetizione di questa prima azione in tutta la folla che la trasforma in una folla di “saccheggiatori”. Anche se alcuni membri rimangono cauti e si fanno da parte, continuano a preservare efficacemente il potere della folla, fungendo da barriera protettiva contro coloro che vorrebbero intervenire.
Distinguere la guerra degli sciami da altri tipi di guerra
Per aiutare a illustrare la guerra degli sciami, Arquilla e Ronfeldt la distinguono da altri tre tipi di combattimento visti nel corso della storia umana. Li riportiamo qui di seguito non solo per chiarire ulteriormente lo sciame, ma anche per suggerire che gli insorti non dovrebbero essere ortodossi riguardo ai loro metodi di combattimento e dovrebbero trovare il giusto mix che si adatti alla loro situazione.
Il primo di questi è la “mischia caotica”, “uno scontro di armi caotico e non diretto a distanza ravvicinata”. Questo si vede spesso in scontri disorganizzati con la polizia, soprattutto quando quest'ultima si affida a manganelli e bastoni. Le mischie tendono a favorire quelli con un numero e un armamento superiori, ed è per questo che Arquilla e Ronfeldt sostengono che il “massing” (o guerra di massa) molto probabilmente si è sviluppato come una evoluzione della mischia. La guerra di massa privilegia il numero di combattenti e istituisce gerarchie di comando. Anche se questa comporta un piccolo numero di passi avanti - l’articolazione di un esercito in sezioni e linee, così come lo sviluppo di “semafori” [dal greco, portatore di segni, ndt] come i segnali a mano, le bandiere e gli inviti a comunicare direttive su tutta la distanza del campo di battaglia, tutte tecniche sviluppate esplicitamente a Hong Kong nel 2019 - sia la mischia caotica che la guerra di massa si basano principalmente sulla "forza bruta” dei numeri per vincere. Con alcuni progressi tecnici e comunicativi, tuttavia, la guerra “di manovra agile” è nata per consentire agli eserciti più piccoli di superare i loro svantaggi quantitativi.
Le manovre agili implicano primariamente la lotta nel creare una disorganizzazione nei ranghi del nemico. A volte questo comporterà la messa a nudo di punti deboli o di bersagli isolati che possono essere attaccati in dettaglio, o l'uso di simulazioni per attirare il nemico in una posizione che ne prolungherà eccessivamente la capacità di coordinamento. Un esempio recente di ciò viene dalla battaglia per la statua di Colombo a Chicago il 17 luglio 2020. Lì, la polizia antisommossa ha tentato di riprendere la collina della statua usando dapprima immense quantità di spray al peperoncino e manganellate per respingere i dimostranti. La folla sparpagliata e indebolita si è parzialmente ritirata in alcuni punti, il che ha spinto una parte della linea della polizia a passare all'offensiva. La polizia che avanzava ha dovuto spezzare la linea in unità più piccole di una mezza dozzina o giù di lì. Tuttavia, almeno in un caso, una di queste unità si è allontanata troppo ed è stata attirata da un piccolo numero di manifestanti che si sono schierati contro di loro. Questi ultimi hanno unito le braccia per formare una piccola linea contro la polizia. L’unità di polizia ha risposto violentemente con il manganello, fino a quando non si sono rapidamente uniti altri manifestanti, alcuni unendo le braccia, altri semplicemente correndo per attaccare gli agenti con proiettili e calci. Ben presto, la piccola unità della polizia antisommossa si è trovata non solo troppo lontana dalla loro linea per ricevere sostegno, ma anche circondata da una fila serpeggiante di manifestanti, che hanno molestato e assalito questa unità fino a imporre la fuga. In quello che si è rivelato essere qualcosa di simile a un'inversione di marcia dello sciamare, questa unità si era sopravvalutata nel rompere la linea, attratta da quello che all’inizio sembrava essere un “bersaglio facile”.
Il limite della guerra a sciame nelle forze armate degli stati avanzati
È fondamentale sottolineare che, come sostengono Arquilla e Ronfeldt, le forze armate statali che usano tattiche a sciame incontrano gli stessi limiti di quelle che usano la guerra di massa o le manovre agili, cioè la guerriglia partigiana. Una forza di guerriglia che combatte sul proprio territorio in mezzo ad una popolazione che la appoggia avrà sempre un vantaggio contro le forze armate statali. Una tale forza conosce il terreno e può scomparire nella popolazione generale, che fornirà ai guerriglieri anche soluzioni a molte delle sue esigenze logistiche. Negli ultimi quarant'anni, gli Stati nazionali sono stati in gran parte contrari alle tecniche genocide di distruzione totale, come le campagne di bombardamento a tappeto e la guerra nucleare, e hanno impiegato questi mezzi solo ad alti prezzi per la loro legittimità tra i propri cittadini.
Inoltre, poiché lo sviluppo della guerra ha favorito forme non lineari incentrate sulla pacificazione indefinita piuttosto che sulla distruzione totale, è improbabile che gli Stati-nazione contemporanei superino il limite posto dalla guerriglia in tempi brevi. I rivoluzionari dovrebbero tenerlo a mente nel momento in cui i nostri conflitti con lo Stato e le forze di estrema destra si intensificano. Nelle città e nelle periferie, avremo bisogno di quartieri in cui poter scomparire, e di residenti partigiani disposti a fornire aiuto reciproco ai combattenti. A Hong Kong, per esempio, alcune persone hanno nascosto dei cambi d'abito per i frontliners e organizzato delle carovane per raccogliere i manifestanti dalle zone “calde” della città. In un caso, un canale Telegram di utenti anonimi ha addirittura procurato sia una via di fuga che una squadra di recupero per un frontliner attraverso i sistemi di tunnel sotterranei sotto l'Università Politecnica. Come ha detto un giornalista, “è stata un'operazione di alcuni”. Durante i primi giorni della ribellione di George Floyd a Minneapolis, i residenti hanno messo pacchi di bottiglie di acqua e panini ai bordi dei loro prati, una pratica che da allora si è diffusa in decine di altre città. Questi piccoli gesti di cura e sostegno dovranno crescere di numero e diventare sempre più di parte man mano che la lotta avanza.
Note
[1] Per coloro che sono interessati ad una discussione dettagliata sulla guerra a sciame, si raccomanda di leggere “Swarming and the Future of Conflict” nel suo complesso o di esaminare i titoli delle sezioni per identificare le parti chiave che sono rilevanti per le proprie esigenze (molte sono di interesse solo per gli ufficiali militari statali). Il libro consiste di meno di 100 pagine ed è organizzato in modo ordinato, il che rende facile trovare selezioni su misura per le esigenze del vostro gruppo. Si può scaricare l'e-book direttamente da RAND gratuitamente: https://www.rand.org/pubs/documented_briefings/DB311.html
[2] Due esempi che coinvolgono quello che Arquilla e Ronfeldt chiamano “cyber sciame” sono lo scandalo dell'ingerenza russa nelle elezioni americane del 2016 e le false voci “circolate” o amplificate a seguito di disordini e saccheggi durante la ribellione di George Floyd.
[3] Lo “sciame cyber”, ovvero l'attività di sciame degli utenti di Internet sui social media, è un argomento troppo ampio per essere trattato in questa sede. Arquilla e Ronfeldt sono stati anche i primi teorici di questo fenomeno con il loro libro, “Networks e Netwars: Il futuro del terrore, del crimine e della militanza”. Alex Goldenberg e Joel Finkelstein sono stati recentemente autori di un rapporto sullo sciame cyber del movimento Boogaloo nel corso della ribellione di George Floyd dal titolo “Cyber Swarming, Memetic Warfare e Viral Insurgency. How Domestic Militants Organize on Memes to Incite Violent Insurrection and Terror Against Government and Law Enforcement”. In esso, sostengono che il movimento Boogaloo è cresciuto e si è diffuso come un virus semantico, utilizzando strategie virali per nascondere la loro esistenza, compromettere le strutture immunitarie della società civile, e fomentare le condizioni per attacchi di sciame in relazione alle crisi politiche.
[4] In “Hinterland: America's New Landscape of Class and Conflict”, Phil Neel descrive il ruolo degli “hooligan" e degli “ultras” nell'aiutare la rivoluzione egiziana del 2011. Vedi pp. 153-156. Una copia stampabile di due capitoli chiave è qui.
[5] Vedi "Summer in Smoke" di The Vitalist International. http://chuangcn.org/2019/12/summer-in-smoke/
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Una maratona di 36 ore per i Digital Design Days 2020
I Digital Design Days 2020, inizialmente previsti per il prossimo ottobre, saranno spalmati su tre giorni, dal 6 all’8 maggio 2020, in streaming, per una maratona di ben 36 ore.
Quella di ottobre a Milano sarebbe stata la quinta edizione ma, come ormai noto, l’emergenza sanitaria Covid-19 ha costretto tutti a rivedere piani, programmi, eventi ecc.
I Digital Design Days sono l’evento internazionale dedicato al design digitale, all’innovazione aperta, alle tecnologie d’avanguardia, alla creatività, ideati nel 2016 da Filippo Spiezia e prodotto dalla Format Division di SG Company.
Filippo Spiezia, fondatore, direttore creativo e da sempre regista dei Digital Design Days, ha lavorato sull’idea di traslare online un evento che potesse riunire tutta la comunità del design digitale, in un momento dove il valore e il supporto delle tecnologie digitali è risultato evidente a milioni di persone.
Filippo Spiezia
La maratona di 36 ore dei Digital Design Days
“Siamo di fronte a un’emergenza che sta cambiando profondamente il mondo e dobbiamo cercare di trarne un insegnamento positivo – afferma Spiezia – Il valore di una comunità si misura in momenti come questo. La capacità di stare insieme agli altri, rimanendo all’interno delle nostre case, di migliorare e riscoprire la condivisione come elemento portante della nostra vita sociale. Da anni i Digital Design Days riuniscono migliaia di professionisti, le menti creative più brillanti del settore in tutto il mondo uniti dal pensiero comune del design digitale. Un’esperienza che mi ha dato la spinta emotiva per organizzare un DDD online, una maratona in streaming live mai realizzata prima per la comunità digitale dove per tre giorni, 12 ore al giorno, avremo una lineup di protagonisti mozzafiato”.
Creativi, visionari, innovatori, digital designer di tutto il mondo hanno accettato l’invito per realizzare l’evento live streaming globale della comunità digitale, per dimostrare come si può reagire in modo costruttivo anche nei momenti più difficili.
Tante domande per il dopo Digital Design Days 2020
Collegati da 20 paesi, gli oltre 100 speaker porteranno la propria esperienza da casa, combinando ispirazione e apprendimento ma soprattutto alimentando la community di contenuti innovativi, ispirarci guardando al futuro, migliorare le nostre competenze e a creare nuovi contatti e relazioni.
Come stiamo approfittando di questo tempo? Cosa stiamo creando? Cosa stiamo imparando? Come ci siamo reinventati? Torneremo indietro, o cambieremo per sempre? Queste alcune delle domande a cui i relatori risponderanno. Ma non solo: la cultura, i processi di lavoro, le relazioni con i clienti, le case history… Un dono professionale di grande valore, regalato a chi vorrà partecipare.
La maratona di 36 ore è programmata nei giorni 6-7-8 maggio, dalle ore 10 alle ore 22. Per partecipare è sufficiente iscriversi all’indirizzo: http://eepurl.com/defUt9.
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Mitomania, narcisismo e teatro
La mitomania e il narcisismo sono la malattia della nostra società. In un recente sondaggio si stima che il 95% delle persone pensa di essere una persona speciale. Peccato che non sia così purtroppo, di persone speciali nel mondo ce ne sono veramente pochissime. Una così grande percezione distorta della realtà non può che portare conseguenze nefaste nel nostro modo di comportarci nel mondo. L’utilizzo dei social ha ulteriormente peggiorato questa discesa in basso. Quanti dei nostri amici di facebook o instagram, ad esempio, ritraggono sè stessi nei loro post. Basta contare in quante foto compaiono per avere la misura di questo fenomeno. I social sono diventati il palcoscenico per tutti, la possibilità di esibirsi senza nessuna abilità, il far vedere agli altri quanto siamo importanti. Sia chiaro, in questa rete, siamo tutti imbrigliati, siamo talmente assuefatti che nessuno ci fa più caso, ma non è una cosa esattamente normale…Siamo al limite di un patologico culto di sé stessi, che porta ad un individualismo esasperato, ad un’incapacità di vero ascolto dell’altro e quindi alla solitudine.
Tutto questo è l’opposto del teatro che il culto del rito collettivo, della condivisione, della socialità reale. Si sente dire spesso, con una grande retorica da parte degli “intellettuali”, spegnete i telefoni, la tv, e venite a teatro, dove avvengono le cose per davvero. Ma sarà davvero così? O forse in teatro, di questi tempi, subiamo l’avvento di un'altra virtualità? Quella vanitosa e narcisistica di un teatro che parla solo a sè stesso.
Io ritengo che la malattia di cui parlavo, imperi più che mai nelle nostre scene. Il teatro è spesso la patria di tanti millantatori, di venditori di fumo, di irrecuperabili narcisi che appestano i nostri palcoscenici. Dove, se non a teatro, ci potrebbe essere un così fertile luogo per la proliferazione dei narcisi…. Siamo pieni di grandi registi che firmano i loro spettacoli…Nelle locandine vedi prima i loro nomi. Prima dell’autore, del titolo, degli attori. Vedi grandi attori che vedono le cose a modo loro, riproponendo in fondo sempre l’immagine che hanno di loro stessi. Cos’è questo se non un perfetto delirio di mitomania e narcisismo. Si pensa di essere tutti creativi, speciali… Mi dispiace, ma certi grandi personaggi sono veramente rari, sono pochi, ed è giusto che sia così.
A mio avviso gli anticorpi a tutto questo andazzo si dovrebbero trovare nelle scuole di teatro. Già il termine scuola di teatro è riduttivo se non generico (le parole sono importanti), già meglio sarebbe scuola di recitazione…Anche quest’ultima parola però andrebbe suddivisa in due …Scuola di performer e scuola di interpreti. Intendiamoci non ho nulla contro la performance, ma non è il mio campo di interesse, l’accostamento attore/performer la trovo una moda, e Leopardi ci insegna che la moda e la morte vanno a braccetto. La cosa che interessa me invece, senza ambiguità di sorta, è la scuola di interpreti.
Cosa vuol dire essere interpreti di teatro?
Significa sparire, togliersi di mezzo. Educare i giovani attori a tenere a bada il narcisismo, in favore di una maggiore attenzione alla lettura del testo, allo studio, attraverso un processo metodologico che prenda come solo e unico punto di partenza l’osservazione della vita reale. Faccio un piccolo inciso per chiarire un aspetto importante, non si tratta di un ragionamento stilistico. Lo stile non c’entra nulla, sto parlando di un grado zero da qui poi si potrà andare ovunque.
Nelle scuole oggi ci sono, viceversa, metodi di insegnamento totalmente sbagliati, che sono il punto di partenza per un teatro autoreferenziale. Non è più concepibile un approccio a questo lavoro dogmatico che parta dalla forma. La forma è morte…Tuttavia non è concepibile neppure pensare di risolvere una scena, correndo e sbattendo la testa al muro. La scena non si risolverà ugualmente, nonostante lo sforzo…Il presupposto da cui si parte è la visione personale del lavoro o ancora peggio la visione creativa. La creatività se non è supportata da un approccio metodologico è libero arbitrio…Facciamo come cazzo ci pare. Quindi?
A mio avviso, bisogna partire dalla nudità della persona, dall’umiltà al testo, dalla sottomissione. A vedere l’interprete, come dice la parola stessa, un tramite dell’autore, un messaggero, un fattorino. Solo così ci possiamo sbarazzare di noi stessi. Coltivare un approccio creativo, fondato sul come lo vedo io, lo trovo profondamente diseducativo. Bisogna puntare a formare interpreti seri, puntuali, trasparenti, capaci di essere visti attraverso, liberi da sovrastrutture inutili date da insegnanti incapaci, egocentri e autoreferenziali. Insegnare, a teatro come nella vita, si porta dietro un grande carico di responsabilità e non tutti lo dovrebbero fare.
Solo grazie ad un’ attenta educazione ai futuri interpreti ci si potrà smarcare dalla virtualità e dal narcisismo e creare un fatto di realtà evidente.
Bisognerebbe fondare una vera “scuola”, ma intesa come la scuola dei pittori secenteschi, una corrente, un filone di pensiero. Una “scuola” che permetta di avvicinare il pubblico e soprattutto le nuove generazioni al teatro, attraverso un modo di farlo, non più autoreferenziale, non più arroccato sull’io ma proiettato sul noi. Una voglia di condivisione, di diventare uno specchio per gli altri: trasparenti come l’acqua, puri come i bambini, semplici come i sentimenti e vivi come il cuore.
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#internationaldotday Fermi fermi fermi, non sta per arrivare una noiosa spiegazione di grammatica! Restate con me xD La #giornatainternazionale del punto arrivata dopo la pubblicazione del libro illustrato “The Dot” di Peter H. Reynolds, un romanzo per bambini, ma anche per i più grandi, che parla di come la creatività e la fantasia devono sempre essere incoraggiate. Questo messaggio viene veicolato attraverso la storia di una bambina che proprio grazie ad un semplice #punto lasciato su di un foglio bianco, scopre la passione per il disegno, la pittura e il colore. Questo cita la quarta di copertina: ... "Fai un punto, un semplice punto e poi guarda dove ti conduce". Vashti dice di non saper disegnare. La sua maestra invece non la pensa così. Lei sa che c'è un impulso creativo in ognuno di noi, e dove c'è un punto c'è un inizio... Con la pubblicazione di questa storia è nata ben presto l'iniziativa di una giornata dedicata ai temi di questo libro, ovvero il coraggio di trovare il modo di esprimere se stessi, la perseveranza nell'inseguire i propri sogni, e l'importanza di spronare i bambini ad esplorare il mondo che li circonda. Molti insegnanti dunque in questa giornata, propongono ai loro alunni riflessioni, giochi e attività basate proprio sull'opera. Questa iniziativa si è diffusa in tutto il mondo e pare che chiunque possa prendere parte alle celebrazioni, in quanto dovrebbe esserci un sito internet dedicato alla giornata, su cui è appunto possibile registrarsi e condividere le proprie idee. Purtroppo non ho avuto modo di controllare quest'ultima informazione, sono settimane un po' di fuoco per me, ma in ogni caso mi sembra proprio un'idea interessante, e vorrei che fosse portata in tutte le scuole. Oggi come oggi, anzi oggi più che mai, credo abbiamo bisogno di molte più giornate così. Voi cosa ne pensate invece? Ah ovviamente se qualcuno trova il sito potete mettere il link nei commenti 💙 Vi aspetto in ogni caso per parlare di sogni e creatività! #arte #libriperbambini #insegnamento (at School time) https://www.instagram.com/p/CihKy_2MlK9/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Compimento
Luigi Maria Epicoco
“Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento”.
L’affermazione di Gesù nel Vangelo di oggi credo ci suggerisca la chiave di lettura più bella di tutto il suo ministero. Infatti molte volte i suoi contemporanei, e noi con loro, avevano la sensazione che Gesù predicasse qualcosa di contrario al passato, all’esperienza di Israele così come nei secoli si era codificata. Ma la rivoluzione di Gesù non è consistita nella demolizione delle cose di prima, ma nel portarle a compimento e cioè al loro più vero significato. Infatti l’errore in cui molto spesso incorriamo è pensare che nel fissismo della tradizione c’è tutta la verità di cui abbiamo bisogno, o al contrario ci convinciamo che solo la novità che demolisce il passato è ciò che potrà salvarci la vita. Tra questo tradizionalismo rigido e progressismo sterile, si pone invece l’insegnamento di Gesù come ciò che ha la capacità di compiere il passato liberandolo dallo schema, e far irrompere la novità senza contrapporla al passato. Se riuscissimo a liberare anche la narrazione della Chiesa da questo schema bipolare errato, forse comprenderemo che l’agire di Gesù, come l’agire della Chiesa si pone sempre in modo creativo secondo proprio questo insegnamento. Ecco perché Gesù sembra categorico nel mantenere questa linea non fraintendibile:
“Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli”.
Ecco perché è sbagliato pensare che Gesù abbia un atteggiamento polemico solo nei confronti degli scribi e dei farisei, difensori della tradizione come schema. Gesù ha il medesimo tono polemico anche con tutte quelle interpretazioni buoniste del suo messaggio che proprio sentendosi forti di questo proclamo una libertà sbagliata che ha più il sapore di essere libertinismo più che di libertà vera.
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Oggi in classe abbiamo parlato di pensiero computazionale. Era un argomento molto interessante perché ho capito meglio in cosa consiste. In effetti è l'insieme del processo mentale coinvolto nella formulazione di un problema e nella sua soluzione in modo tale che un essere umano o una macchina possano effettivamente eseguirlo. È molto interessante in quanto si tratta di una strategia di pensiero chiara, logica e operativa che viene utilizzata per risolvere problemi, anche quotidiani, in modo personale e creativo, pianificazione e strategia di azione. Esistono diverse possibilità per sviluppare questo tipo di pensiero. Ovviamente gli esercizi cambiano in base all'età dei bambini. Il termine "pensiero computazionale" è stato usato per la prima volta da Papert. Secondo il matematico, la mente umana, per apprendere nel migliore dei modi, ha bisogno di “artefatti” per costruire rappresentazioni reali del mondo con cui interagisce. Per Papert, infatti, il computer è un ottimo strumento didattico in quanto aiuta a costruire tali rappresentazioni. Questo argomento mi ha fatto riflettere molto su quanto sia diventata essenziale e importante la tecnologia oggi. Ad essere sincero, personalmente non sono molto tecnologico e questo è molto dispiaciuto in quanto l'IT può migliorare le basi di un buon insegnamento attraverso immagini, video, audio e file che ci aiutano molte volte nello studio. C'è chi sostiene che la tecnologia faciliti l'apprendimento e chi pensa che possa farci del male. Cosa ne pensi? video, audio e file che ci aiutano tante volte nello studio. C'è chi sostiene che la tecnologia faciliti l'apprendimento e chi pensa che possa farci del male. Cosa ne pensi? video, audio e file che ci aiutano tante volte nello studio. C'è chi sostiene che la tecnologia faciliti l'apprendimento e chi pensa che possa farci del male. Cosa ne pensi?
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Trova il lavoro che desideri: come diventare producer
Irene Santoro e la sua carriera da producer freelance scopri come seguire le sue orme
CIAO! MI PRESENTO! Sono un’esuberante ed entusiasta 34enne, nata a Venezia nel (non troppo) lontano 1986, cresciuta a Padova per qualche anno per poi essere adottata dalla città meneghina dall’età di 5 anni. I miei genitori mi hanno chiamata Irene e mi hanno regalato una meravigliosa “multi -culturalità” italiana che mixa in sé tradizioni made in italy pugliesi, campane ed emiliane. Questo melting- pot all’italiana (come lo chiamo io) mi ha intrinsecamente permesso di crescere volgendo il mio sguardo, sempre più, oltre confine (quando, con la parolaconfine, intendo sconosciuto, nuovo, da dover scoprire e da cui poter apprendere).Sono stata una bambina piuttosto introversa e, per svariati anni, il mio unico e rassicurante affaccio sul mondo è stato il cinema, con le sue variopinte storie di vita, di persone, di culture. Quella timida Irene è poi pian piano cresciuta, diventando una studentessa universitaria di sociologia che dava gli esami mentre lavorava per sovvenzionarsi quei viaggi che le avrebbero finalmente permesso di incontrare quei “confini” visti, fino ad allora, soloattraverso l’oblò della TV.La decade 20-30 anni per me si è rivelata meravigliosa perché, nel suo itinere, step by step e con un un andamento spesso tortuoso, sono riuscita a disappannare il confine ignoto della mia persona, riuscendo a guardarmi, riconoscermi ed accettarmi per poi, solo così, riuscire alla fine a darMI voce per trovare il coraggio di giocare il mio all-in. Un all-In rischioso, ma tremendamente eccitante e liberatorio. Sentivo che il mio processo di svolta era ormai già in atto ed io dovevo solo seguirlo ed affermare quello che, fino ad allora, soprannominavo “sogno impossibile”. Dal quel momento sono trascorsi 7 anni e sono felice ed orgogliosa, come il primo giorno, nel potermi presentare a voi come una producer freelance e, nel contempo, una viaggiatrice incallita che è felice di condivide le proprie esperienze! Arrivati a questo punto, però, sono certa che la domanda nasca spontanea, ossia: chi è una producer freelance? Di cosa si occupa? Bene, non vedo l’ora di spiegarvelo o almeno di provarci!!!
IL PRODUCER: PROVIAMO A DARE UNA DEFINIZIONE
È la prima volta che mi viene data la possibilità di poter spiegare ad un pubblico ampio la mia professione ed è un’occasione che ho voluto cogliere al volo perché è entusiasmante e prezioso creare rete ed informazione a riguardo! Iniziamo!!! Il termine producer è generico e non è da confondere con il producer discografico o con il produttore cinematografico. Il producer che lavora nel settore dell’audiovideo può essere definito un coordinatore di professionisti e di servizi tecnici. In questo contesto, però, voglio andare oltre queste definizioni tecnicistiche perché desidero farvi capire nel concreto cosa fa nella pratica un producer. Il producer è una figura presente in tutte le tipologie di produzioni (TV, spot pubblicitari, campagne digital, videoclip, cinema).Ma facciamo un esempio pratico e semplificativo: se Coca Cola deve realizzare lo spot di Natale, a chi si rivolge? Si rivolge ad un’agenzia pubblicitaria che si occuperà di scrivere un soggetto creativo per poi coinvolgere alcune case di produzione (CDP), facendole partecipare alla gara per aggiudicarsi la campagna.Ciascuna CDP partecipa presentando un/una regista che ha elaborato uno sviluppo creativo del concept di gara ed, una volta che se la aggiudica, la CDP affida il budget dedicato alla realizzazione della pubblicità al producer. Da questo momento ha il via la produzione effettiva che, nello specifico, si suddivide in 3 fasi: pre - produzione; produzione; post produzione & delivery.
IL PRODUCER NELLE 3 FASI
Finalmente siamo giunti a svelare la parte pratica della professione del producer che vi spiegherò schematicamente per ciascuna fase, riassumendovi figurativamente le “mansioni” del lavoro.PRODUCTION DEPARTMANT Il producer normalmente non è one-man band. Nelle produzioni medio-grandi, sussiste una vera e propria gerarchia composta da: executive producer, produttore delegato, production coordinator, production manager, line producer, production assistant, runner e location manager. Su produzioni medio - piccole (che attualmente coprono una larga fetta di mercato) il team di produzione risulta essere “essenziale” e i producer ricoprono più ruoli in contemporanea. Io, ovviamente, lavoro in questo specifico segmento e devo dire che non è per nulla male, anzi!Ricoprire più ruoli in contemporanea nasconde diversi vantaggi in termini miglioramento della propria performance professionale nel medio e lungo periodo. Infatti, tenete presente che in questo modo: - affini la tua capacità di lavorare sotto pressione, eliminando pian piano lo stress e l’ansia iniziale; - impari “un tuo modo di delegare” (cosa fondamentale e necessaria) stringendo un rapporto di fiducia e stima con il tuo “small team” (nella botte piccola c’è sempre il vino buono!); - implementi i contatti con fornitori ad ampio raggio (il lavoro del producer si basa suoi contatti e sulla contrattazione che pian piano puoi perfezionare); impari a gestire più produzioni contemporaneamente. Quasi dimenticavo: il vostro miglior amico, unico oggetto che bisogna custodire più di un diamante, è il cellulare o meglio, la rubrica! È proprio lei che custodisce l’unico vero “tesoro” del producer ossia ciascun singolo contatto! Questa è proprio una cosa da non dimenticare!!!!QUALE PERCORSO FORMATIVO SCEGLIERENon esiste nessuno studio specifico da seguire per diventare pruducer né un corso professionalizzante che affronti a fondo questa professione (qualsiasi corso statale o pubblico del settore cinema non approfondisce mai nel dettaglio il ruolo del producer). Vi posso assicurare che si impara tutto sul campo anzi, vi dirò di più: fate tesoro degli errori e delle “sgridate” perché saranno quelle la fonte più grande di insegnamento! Con tutto questo non voglio dire che non dobbiate seguire un percorso di laurea e/o corsi professionali del settore cinematografico anzi, tutt’altro! Lo dovete fare! Un percorso di studi è sempre formativo ed istruttivo non solo in termini culturali ma soprattutto in termini di responsabilizzazione dello studente che è portato ad imparare e a rispettare delle scadenze, a sviluppare il così tanto noto problem solving, a lavorare in gruppo e ad autogestirsi (tutte skills fondamentali per un producer!).POSSIBILI SBOCCHI PROFESSIONALIFino a questo momento mi sono soffermata su quella figura professionale che io chiamo “producer da set” ma, dato che ci tengo a fornirvi un’overview quanto più possibile precisa e dettagliata, vi propongo a seguire un semplice schema con quelli che possono essere i vari sbocchi professionali del producer.IL PRODUCER FREELANCETra le figure che lavorano nel settore dell’audiovideo, il producer è quello che normalmente viene richiesto come figura fissa all’interno di una CDP o di un’agenzia di comunicazione. In gergo confidenziale è l’unica figura (oltre al montatore e alcune volte al motion graphic) che può ambire al “posto fisso” o a qualcosa di simile. Spesso gli viene proposto un inquadramento contrattuale a tempo indeterminato oppure una collaborazione in partita iva senza, però, un contratto effettivo con i “benefit” propri di esso.Perché, quindi, decidere di diventare freelance? Ci sarebbe molto da dire a riguardo ma di pancia vi dico che, in primis, vi dovete sentire predisposti! Ma vi racconto meglio la mia scelta! Dopo aver maturato diversi anni di esperienza e di collaborazioni continuative (fondamentali ed imprescindibili per la propria crescita professionale ed anche utili per iniziare a sviluppare contatti) dovete essere spinti da quella voglia di sperimentare e sperimentarvi in settori produttivi differenti senza dover per forza stare dietro alla stessa scrivania!La mai esperienza a riguardo? Io “mi sono fatta le ossa” (nel vero senso della parola” prima in TV (facendo parte della “produzione brand” di talent show come X-Factor ed Italia’s Got Talent), per poi passare al settore spot in una piccola ma meravigliosa realtà come la CDP Monkey Talkie per poi decidere, infine, di fare il salto verso la libera professione! Con fatica, tenacia e tanta passione per il mio lavoro, sono riuscita ad ampliare e differenziare le mie collaborazioni che, ad oggi, mi portano a lavorare in molteplici campi: eventi, moda, videoclip e spero, molto presto, di poter dire anche per il cinema!POSSIBILITÀ DI CRESCITA PROFESSIONALEÈ consuetudine che un producer, che inizia la propria gavetta da runner, ambisca, step by step, ad una crescita professionale che lo porta a diventare executive producer (indipendentemente dal fatto di essere fisso o freelance). Parallelamente, può anche decidere di approfondire il ruolo dell’auto alla regia (1St AD), figura, per molti aspetti vicino a quella del producer e che fa da “cerniera” tra il reparto registico e quello produttivo. L’AD è definibile come il collaboratore del regista che si occupa dell'organizzazione del prodotto audiovisivo da realizzare, della pianificazione delle riprese e dell'organizzazione del set per conto del regista. Tale ruolo si pone a metà strada tra la produzione e la creazione artistica, all'aiuto regista non viene richiesto contributo alla creatività del film, ma deve occuparsi della perfetta pianificazione del film, sia in fase di preparazione, sia in fase di riprese.Secondo voi perché mi sono soffermata un po’ di più su questo aspetto? Esatto… perché io sto percorrendo proprio questa strada che mi sta portando a sperimentarmi anche come AD senza mai abbandonare “la mia indole prepotente e preponderante” da producer!CONSIGLI PRATICICercate di distinguervi, senza strafare ma con intelligenza :-) In relazione del tema “consigli pratici” vi voglio svelare un mio progetto prossimo all’avvio :-) Con un po’ di fatica perché molte volte il tempo scarseggia, sto cercando di dare un refresh ai miei social perché, vi posso assicurare, che tutto può fare la differenza!!!!! Ho deciso di fare un piccolo investimento sulla mia “immagine social”! Non è sicuramente una cosa richiesta e comune per i producer che, normalmente, utilizzavano i propri canali in maniera non “professionalmente organizzata” ma io ho deciso di provare a fare il contrario anche perché è una cosa che mi diverte :-)Ecco che cosa sto facendo (come avrete ormai capito) adoro gli schemi e gli elenchi puntati (li trovo semplici ed immediati, senza dilungarsi con mille parole!!!). Vi aggiungo i link così potete verificare e vedere tutto direttamente: - miglioramento profilo LinkedIn: l’ho strutturato in modo da dargli una valenza ed un aspetto di CV online sempre disponibile a tutti. Ricordi?! Per un producer il network è prezioso! Entriamo in contatto su Linkedin! - creazione di una pagina professionale Facebook: ho creato la pagina e, poco a poco, inizierò a promuoverla e a condividere contenuti inerenti solo al settore dell’audio video (la utilizzerò come “vetrina” del mio lavoro. Questa pagina l’ho collegata anche al mio profilo Instagram) Scoprila e seguila qui! - reset del mio profilo instagram: tra pochi giorni (non appena terminerò la mia formazione) darò un avvio nuovo a questo canale così potente. Qui integrerò il mio lavoro alla mia passione per il viaggio (non vi svelo di più, vedrete!!!). Mi sono fatta supporter e consigliare da una super giovane esperta del settore: Valentina Peracchi (ve la super consiglio se avete bisogno di un consiglio pratico sul mondo IG e su come promuovere in modo davvero efficace il proprio business, qualunque esso sia!!!). Lei mi ha aiutata a capire quale identità e stile dare al mio progetto! Non vedo l’ora di iniziare e di mostrarvelo!!! Seguimi subito su Instagram qui :) - Vimeo: questo canale è usato nel nostro settore per caricare i progetti video realizzati (ha la stessa valenza del sito per noi del settore). Scopri i miei lavori su Vimeo! SIAMO GIUNTI AI SALUTIÈ stato davvero emozionante scrivere qualcosa che sapevo essere rivolto a voi ma è stato un piccolo viaggio diverso ma emozionante e bellissimo! Mi auguro solo di esservi riuscita a farvi entrare, almeno per poco, nel mio mondo! Read the full article
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Piattaforme di E-Learning, visual arts e comunicazione. Migliora veramente il livello di apprendimento?
Che influenza sta avendo l’e-learning sull’apprendimento delle arti grafiche e su quelle applicate alla comunicazione? In questo post vorrei approfondire questo tema, cercando di trasmettervi quelle che sono state le mie impressioni fin’ora. Let’s dig it!
Innanzitutto è bene dare una chiara definizione di cosa significa e-learning, o meglio, l’apprendimento online: “ Per apprendimento online (noto anche come apprendimento in linea, teleapprendimento, teledidattica o con il termine inglese E-learning) s'intende l'uso delle tecnologie multimediali e di Internet per migliorare la qualità dell'apprendimento facilitando l'accesso alle risorse e ai servizi, così come anche agli scambi in remoto e alla collaborazione a distanza.” Fonte Wikipedia.
Davanti al proprio PC, comodamente, con una tazza di caffè e gli appunti. Foto di Tumisu da Pixabay.
Soprattutto negli ultimi mesi, dove la pandemia ha costretto il settore della istruzione ad erogare forzatamente servizi di apprendimento via internet, c’è stata un enorme impennata del livello di interesse in questo settore, dovuto non solo alle misure eccezionali in vigore, ma anche al maggior tempo a disposizione delle persone che si trovavano in casa senza poter uscire. (fonte google trends ).
Quello di cui mi interessa parlare però, sono le piattaforme di apprendimento che si trovano praticamente solo in rete, e che non erogano nessun tipo di titolo o certificato di formazione, ma richiedono semplicemente un abbonamento per poter seguire corsi in base all’argomento a cui si è interessati. Sto parlando di siti web come Udemy, Skillshare, Linkedln Learning, Shaw accademy e molte altre.
Il famoso logo della piattaforma Udemy. Immagine da Wikimedia Commons.
In queste includerei Youtube, anche se non è una piattaforma dedicata all’e-learning si possono trovare molti canali che offrono interi corsi e tutorial gratuitamente e se si cerca bene, se ne possono trovare anche di qualità professionale.
Uno dei canali che più ho seguito ultimamente e che mi è stato di grande utilità non solo per quanto riguarda il graphic design e le visual arts ma anche marketing e aspetti riguardanti la professione direttamente, è stato The Futur Academy.
Non avevo mai utilizzato piattaforme di apprendimento online sinceramente, ma durante la pandemia, ho approfittato del tempo passato in casa per approfondire le mie conoscenze ed oltre ai canali youtube che già frequentavo mi sono iscritto a Skillshare.
Le mie impressioni fin ora sono positive, in quanto trovo molto utile il fatto di poter approfondire un tema molto più nello specifico rispetto a quanto avviene in classe o in università. C’è da fare attenzione però a non confondere questo metodo di apprendimento con una lezione frontale in un aula universitaria in quanto, a mio parere, si tratta di due cose non comparabili direttamente.
Penso infatti che le piattaforme di e-learning si possano utilizzare come mezzo per implementare le proprie conoscenze, soprattutto in un ambito come quello dell’arte e della grafica e comunicazione, dove esistono infinite modalità e tecniche che si possono imparare solo interessandosi all’argomento e con molta pratica. Per cui mi piacerebbe definire l’apprendimento online come una forma di approfondimento personale.
Teoria sui libri e pratica con tutorial e corsi specifici. Immagine di Aladino Da Conceição su Wallpaper Flare.
Dopo il periodo passato utilizzando questo tipo di servizi online se mi concedete di esprimere un mio parere, credo che le piattaforme come quelle che ho citato prima rappresentino una vera rivoluzione per crescere e migliorare come professionista. Penso però, che piuttosto che comparare questo metodo di apprendimento con quello offerto da un istituzione come l’università, possiamo compararlo uno più tradizionale, ovvero leggere un libro.
Più che compararlo direttamente mi piacerebbe intenderlo come un metodo parallelo alla lettura, che rimane sempre il metodo di riferimento per apprendere concetti teorici, soprattutto per avere una visione completa del tema che si vuole approfondire.Con l’e-learning invece possiamo mettere in pratica ciò che abbiamo appreso grazie ai consigli e dal metodo che ci viene insegnato comodamente da chi sta “dall’altra parte dello schermo”, velocizzando così il processo creativo.
So che è un tema molto delicato quello del confronto con i metodi di insegnamento tradizionali, ma, voi cosa ne pensate?
Tommaso Patrucco
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