#innovazione universitaria
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Passaggio di consegne all'Università del Piemonte Orientale: Gian Carlo Avanzi cede il testimone a Menico Rizzi
Il 29 ottobre 2024, un nuovo capitolo per l'UPO con l'insediamento del nuovo rettore
Il 29 ottobre 2024, un nuovo capitolo per l’UPO con l’insediamento del nuovo rettore. Martedì 29 ottobre 2024, presso il Teatro Civico di Vercelli, si terrà la cerimonia ufficiale di passaggio di consegne tra il rettore uscente dell’Università del Piemonte Orientale (UPO), Gian Carlo Avanzi, e il rettore eletto, Menico Rizzi. Questo evento sancirà la conclusione del mandato di Avanzi, che ha…
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Trieste: il vicesindaco Serena Tonel ha consegnato il Sigillo Trecentesco della città all'Amar - associazione malattie respiratorie Fvg.
Trieste: il vicesindaco Serena Tonel ha consegnato il Sigillo Trecentesco della città all'Amar - associazione malattie respiratorie Fvg. In occasione del ventennale della nuova Pneumologia Triestina a 40 anni dall'apertura dell'ospedale di Cattinara, il Comune di Trieste ha conferito all'Associazione per le malattie respiratorie Amar Fvg il Sigillo Trecentesco. Il prestigioso riconoscimento è stato consegnato dal vicesindaco, Serena Tonel al Presidente di Amar Fvg, Stefano Decolle nel Salotto Azzurro del Comune di Trieste. Presenti alla cerimonia anche l'assessore regionale alle Autonomie locali, funzione pubblica, sicurezza e immigrazione, Pierpaolo Roberti, il direttore SC Pneumologia ASUGI, Marco Confalonieri e il già presidente del Comitato di Gestione dell'allora USL n. 1 "Triestina", Giuseppe Pangher. "E' una giornata importante per Amar Fvg ed è anche un'occasione per ringraziare tutti i volontari che offrono la loro opera. Un ricordo va al primo Presidente dell'Amar, Sergio Petrosino e alla sua lungimiranza. Trieste è sempre stata speciale per il connubio ricerca scientifica e cura delle persona, il tendere alle cure innovative delle persone è un privilegio che avviene grazie alla presenza di persone come Marco Confalonieri, direttore SC Pneumologia ASUGI, motivo di orgoglio per la nostra città e per il nostro sistema sanitario. Oggi consegniamo ad Amar Fvg il Sigillo Trecentesco della Città di Trieste, in occasione del 20° anniversario, che non vuole rappresentare il punto di arrivo ma il punto di partenza per i prossimi 20 anni e anche oltre di attività", ha detto il vicesindaco Serena Tonel. "Durante il periodo del Covid il settore della pneumologia è stato uno dei più coinvolti ed ha dimostrato quanto il nostro sistema sanitario abbia dei limiti sulle forniture dei materiali. Per questo motivo il Comune di Trieste e la Regione FVG sostengono il settore delle scienze della vita nel campo delle innovazione, insieme all'apporto delle associazioni di volontariato. Le sinergie tra pubblico e privato ci aiutano a fornire risposte alle esigenze dei nostri cittadini", ha concluso il vicesindaco Serena Tonel. Il Presidente di Amar Fvg, Stefano Decolle ha voluto ricordare le persone che in questi 20 anni hanno contribuito alla crescita dell'Associazione, volontari e presidenti: oltre a Sergio Petrosino, Alberto Gasperini, Domenico Romeo, Bruno Salotto e Micol Brusaferro. Ha concluso ringraziando il già presidente del Comitato di Gestione dell'allora USL n. 1 "Triestina", Giuseppe Pangher. che portò a compimento il l'ospedale di cattinara. Amar FVG è un'associazione di volontariato senza scopo di lucro che da oltre vent'anni è vicina ai malati e al tempo stesso combatte le malattie respiratorie facendo rete con altre associazioni, dando supporto alla ricerca scientifica, fornendo attrezzature di avanguardia, aiutando chi si occupa dei malati e dei loro famigliari. A Trieste nel gennaio 2003 nasce ufficialmente l'associazione di volontariato per le malattie respiratorie fondata da un gruppo di pazienti, medici e cosiddette "persone di buona volontà". Il primo Presidente è stato Sergio Petrosino, sensibilissimo e amato vice-questore di Trieste, che poi ci lascerà a causa di una gravissima e progressiva malattia polmonare che causa insufficienza respiratoria irreversibile. L'associazione è inizialmente solo triestina (si chiamava ATMAR), ma poi con la creazione dell'Azienda sanitaria universitaria giuliano-isontina (ASUGI) allarga il suo ambito e ora comprende anche i territori di Gorizia e Monfalcone (per questo dal 2020 la T nel nome sparisce e viene aggiunto FVG). Le attività svolte dall'Associazione in oltre 20 anni di vita sono state molteplici: ascolto dei malati respiratori, organizzazione di gruppi di mutuo-aiuto, facilitazioni per la riabilitazione respiratoria per malati con disabilità respiratoria, acquisto di attrezzature per la terapia respiratoria per pazienti (per es. concentratori portatili di ossigeno), finanziamento alla ricerca sulle malattie respiratorie, erogazione di borse di ricerca e di borse di studio, acquisto di attrezzature mediche per supporto alle attività di diagnosi e cura della struttura complessa Pneumologia, organizzazione di convegni su temi di salute pubblica, organizzazione di manifestazioni educazionali e di prevenzione per la cittadinanza (giornata del respiro, partecipazione a marce non competitive, ecc). AMAR è un'associazione di volontariato senza scopo di lucro che vuole essere vicina a chi è malato in un apparato vitale come quello respiratorio e al tempo stesso combattere le malattie respiratorie facendo rete con altre associazioni, dando supporto alla ricerca scientifica, fornendo attrezzature di avanguardia, aiutando chi si occupa dei malati e dei loro famigliari. Nel 2022, in una serata con Massimo Ranieri al Teatro Rossetti gremito di cittadini, AMAR è stata premiata dall'Associazione Commercianti di Trieste con la Rosa d'Argento per l'attività svolta durante la pandemia COVID-19.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Il 2° Rapporto sulla Scuola e l’Università, presentato dall'Istituto di Studi Politici, Economici e Sociali (Eurispes), offre un'analisi approfondita sullo stato attuale del sistema educativo italiano. Il Presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara, sottolinea la persistenza di sfide strutturali e criticità nel sistema educativo, evidenziando l'urgenza di riforme strutturali per affrontare i cambiamenti epocali che l'educazione sta affrontando. Sfide Strutturali e Critiche del Sistema Educativo: Burocrazia Straripante: Una media del 93% dei docenti lamenta che la burocrazia è diventata un ostacolo significativo, distogliendo l'attenzione dal ruolo formativo. Investimenti Insufficienti: Quasi l'87% degli insegnanti ritiene che gli investimenti nell'istruzione siano insufficienti, una preoccupazione diffusa tra le diverse fasce scolastiche. Riforme Incomplete: Nel corso degli ultimi vent'anni, numerose riforme sono state avviate ma spesso abbandonate o smontate, contribuendo a una mancanza di continuità e stabilità nel sistema. Impatto della Pandemia: L'esperienza della pandemia ha portato riflessioni miste sull'istruzione a distanza (DaD), con il 55,7% dei docenti segnalando aspetti sia positivi sia negativi. Situazione nelle Scuole Primarie e Secondarie: Problemi Strutturali: Sovraffollamento delle classi, carenze nella presenza di mediatori interculturali e psicologi, e una governance degli istituti scolastici critica sono alcuni dei problemi evidenziati. Richiesta di Innovazione: Gli insegnanti desiderano una maggiore integrazione delle discipline STEM nei programmi di insegnamento e una maggiore utilizzazione delle tecnologie educative. Critiche al Sistema di Valutazione: Circa il 61% degli insegnanti delle primarie e medie si dichiara insoddisfatto del sistema di valutazione basato sui voti. Situazione nelle Scuole Superiori: Percezione di Disparità: Il 77,4% degli insegnanti delle superiori ritiene che ci sia ancora una cultura che considera gli istituti tecnici e professionali come percorsi formativi "di serie B". Educazione Universitaria: Il 97% dei professori universitari considera l'insegnamento in presenza come fondamentale, esprimendo un'opinione negativa verso le Università telematiche. Progetto Erasmus: La maggioranza dei professori ritiene importante, se non prioritario, l'ampliamento delle opportunità di partecipazione al progetto Erasmus, soprattutto per gli studenti economicamente svantaggiati. Il rapporto evidenzia la necessità di affrontare le sfide attuali e future, sottolineando che l'istruzione rappresenta il futuro dell'Italia. Concludendo, Gian Maria Fara si dice fiducioso nel buon uso dei finanziamenti del PNRR per migliorare il sistema educativo italiano, sottolineando che investire nell'istruzione è cruciale per la crescita del paese.
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One Healton: la campagna solidale per la rete della salute
Per sostenere il progetto #OneHealton: la rete della #salute, puoi effettuare una #donazione entro il 24 settembre con una chiamata da rete fissa al #numerosolidale 45598 (da 5 a 10 €) o inviando un #SMS allo stesso numero (2 €). Scopri il progetto:
Dal 20 agosto al 24 settembre 2023, puoi sostenere il progetto One Healton: la rete della salute con una donazione da rete fissa e mobile al numero solidale 45598. Il progetto è promosso dalla Fondazione Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche Onlus, che si occupa di prevenzione, ricerca, innovazione e comunicazione in ambito sanitario. Continue reading Untitled
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Concluso il festival per promuovere Terni Città Universitaria
L’ Associazione Culturale “per Terni Città Universitaria” ha stipulato con l’Università di Perugia e il Comune di Terni una intesa che ha lo scopo di valorizzare, grazie all’iniziativa “Terni Festival, didattica, innovazione, ricerca e territorio”, l’identità di Terni quale città universitaria, attraverso eventi che dovranno essere realizzati con il supporto del territorio, diretti in primo luogo…
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Università e Metaverso: un avatar aiuta a scegliere il corso di laurea
Università e Metaverso: due mondi che sembrano agli antipodi ma che in realtà possono convincere in maniera perfetta. Questo sarà il tema della storia di oggi. Università e Metaverso: storia di innovazione e tecnologia Il settore della formazione universitaria online ha visto negli ultimi 5 anni una crescita del 300%, e dati recenti indicano che un liceale su due considera di avviare il proprio percorso universitario studiando da remoto. In parallelo, gli ultimi anni hanno anche visto un’esplosione in popolarità del cosiddetto “metaverso”: spazi di aggregazione digitali altamente immersivi, spesso caratterizzati da componenti di gioco e da un pubblico di giovane età. Da qui il lancio su Roblox dell’avatar AteneiOnline, il cui obiettivo primario sarà divenire un punto di contatto tra i giovani utenti del Metaverso e un team di orientatori professionisti specializzati nella formazione universitaria a distanza, che possa coniugare la complessità della scelta del percorso di studi e gli aspetti ludici tipici delle più popolari piattaforme interattive. Intervista a Matteo Monari, fondatore di AteneiOnline Un progetto molto ambizioso ed importante. Se volete saperne di più, ecco la nostra chiaccherata che abbiamo fatto con Matteo Monari, fondatore di AteneiOnline: Ogni storia ha un punto d'origine: cos'è AteneiOnline? AteneiOnline è un'iniziativa indipendente che nasce nel 2021, quindi in piena pandemia, con l'obiettivo di offrire supporto e risposte chiare a tutti gli studenti potenzialmente interessati a seguire corsi di laurea non presenza ma online, cioè i corsi tipicamente erogati dalle cosiddette "Università Telematiche" - università riconosciute dal MIUR e regolarmente operanti in Italia, il valore dei cui titoli di studio è identico a quello delle università tradizionali. Il nostro servizio, a cui già nel primo anno di vita si sono rivolti più di 80.000 studenti, prende la forma di un ricco portale informativo (AteneiOnline.it) e di uno sportello telefonico di orientamento didattico, raggiungibile gratuitamente al numero 800 82 74 84 - oltre che, da questo mese, dell'avatar AteneiOnline sulla piattaforma Roblox. Metaverso ed università, come avete unito questi due mondi? I corsi universitari online hanno visto negli ultimi 5 anni una crescita del 300%, e secondo una recente indagine già oggi un liceale su due considera di avviare il proprio percorso universitario studiando online a distanza. Questa propensione verso l'online, molto forte nei più giovani, è la stessa che si trova alla base dell’esplosione in popolarità del cosiddetto “metaverso”, cioè essenzialmente spazi di aggregazione digitali - che spesso hanno funzione ludica ma non solo. Alla luce di questa matrice comune e dell'elevata popolarità della piattaforma Roblox abbiamo deciso di lanciare un nostro avatar all'interno della piattaforma, in modo da presidiare un nuovo canale vicino agli studenti più giovani - che oggi hanno più familiarità con Roblox che non con i numeri verdi o il Web. Obiettivo dell'avatar sarà quindi divenire un punto di contatto tra gli utenti di Roblox e il nostro team di orientatori professionisti, che potrà così offrire il proprio supporto gratuito in un contesto già estremamente familiare al nostro target. Il Metaverso può essere davvero una soluzione per il mondo universitario? Come per tutti gli strumenti - anche quelli digitali - il risultato che sarà possibile ottenere dipenderà più da chi e come userà lo strumento che non da quest'ultimo. In questo contesto AteneiOnline sta cercando di dare il buon esempio iniziando a battere una strada non ancora percorsa e di certo oggi sottovalutata - o forse snobbata - dal settore. La nostra idea è che come tutti i servizi, anche quelli legati al settore dell'istruzione e a quello accademico debbano andare là dove si trova la propria utenza, e speriamo quindi che altre realtà del settore vorranno seguirci presto in questo nuovo viaggio. Come si svilupperà poi successivamente questo ambizioso progetto? Se i numeri ci daranno ragione, i prossimi step saranno l'organizzazione di seminari di orientamento e "open day" direttamente all'interno della piattaforma: interesse e strumenti non mancano di certo, ma bisognerà vedere se anche gli utenti saranno pronti a fare un uso più "adulto" di quello che per molti è oggi uno strumento di gioco. Read the full article
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EDIZIONE DEL 2 LUGLIO 2021
DONA IL 2XMILLE A FRATELLI D'ITALIA
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LIBERI, COERENTI, PATRIOTI
FRATELLI D’ITALIA È IL PRIMO PARTITO NEI SONDAGGI
LEGGI L'ARTICOLO DE IL TEMPO
GIORGIA MELONI AL CORRIERE DELLA SERA: SIAMO IL MOVIMENTO DEI PATRIOTI ITALIANI
La risposta di Giorgia Meloni all’articolo pubblicato sul Corriere della Sera “La Lezione che offre la Francia” di Ernesto Galli della Loggia. Fratelli d’Italia non ha bisogno di esami del sangue, siamo il movimento dei patrioti italiani.
LEGGI LA RISPOSTA DI GIORGIA SUL CORRIERE DELLA SERA
PER GRILLO CONTE NON E' ADATTO A GUIDARE IL M5S MA IL GOVERNO SÌ
Grillo dice che Giuseppe Conte non ha “né visione politica, né capacità manageriali, né esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione” e si augura anche che le persone lo abbiano capito. Praticamente Conte non va bene per guidare il partito di Grillo, però gli hanno dato in mano le sorti una Nazione in piena emergenza con tutti i disastri derivati. Tranquillo Beppe, non solo gli italiani hanno capito tutto, ma hai appena confermato loro che il vostro unico interesse sono le poltrone.
LA NORMA CONTRO IL 'TRASFORMISMO' PROPOSTA DA PD VALE ANCHE PER I PARTITI CHE IN CAMPAGNA ELETTORALE DICONO UNA COSA E POI NE FANNO UN’ALTRA?
Il segretario del PD vorrebbe proporre una norma contro il “trasformismo”. La domanda è: vale anche per i partiti che in campagna elettorale dicono una cosa e poi ne fanno un’altra? Perché anche quella è transumanza, anche quello è privilegiare l’interesse personale rispetto a quello dei cittadini. Anzi, forse è soprattutto quello…
GIORGIA MELONI FIRMA L’APPELLO SUL FUTURO DELL’EUROPA
LEGGI IL TESTO DELL'INTERVENTO
FITTO-FIDANZA: BENE APPELLO PER L’EUROPA, FDI LAVORA PER ACCRESCERE CENTRALITÀ ECR
“La firma dell’Appello per il futuro dell’Europa da parte di Giorgia Meloni e di altri leader è un importante contributo ad un dibattito che deve prevedere una pluralità di voci e non un monologo delle forze federaliste che vogliono una sempre maggiore cessione di sovranità dagli Stati nazionali a Bruxelles. Come da tempo va ripetendo la nostra leader, non esiste un solo modo di essere europeisti, perché l’idea di Europa confederale, di Europa delle Patrie, ha avuto, ha e dovrà avere piena cittadinanza nel dibattito sul futuro dell’Ue”. È quanto dichiarano in una nota il Co-Presidente del gruppo ECR al Parlamento Europeo, Raffaele Fitto, e il Capodelegazione di Fratelli d’Italia-ECR, Carlo Fidanza.
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MELONI: AZIONE UNIVERSITARIA È UNA PALESTRA DI CLASSE DIRIGENTE
"Sono molto fiera di partecipare alla conferenza stampa di presentazione del secondo congresso di Azione Universitaria, che si svolgerà a Bologna il 2 e il 3 luglio. Azione Universitaria è la storica organizzazione studentesca universitaria della destra, che anche in anni complessi ha continuato ad essere presente e a dare continuità a una tradizione. Azione Universitaria è una di quelle realtà che è rimasta in piedi in questi decenni e ha continuato a fare il proprio lavoro con risultati eccellenti grazie alla costanza, alla concretezza e alla presenza competente sul diritto allo studio e sui temi dell’università."
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ASCOLTA DI NUOVO GIORGIA MELONI A SKYTG24
LA PRESENTAZIONE DI "IO SONO GIORGIA" A PERUGIA.
GUARDA L'INTERVISTA AL LEADER FDI DI FRANCO BECHIS
GUARDA LA DIRETTA VIDEO DELLA PRESENTAZIONE
Il libro del Presidente Giorgia Meloni è acquistabile in tutte le librerie. Una buona occasione per sostenere il commercio e i negozi di vicinato, in grande difficoltà per la crisi e che Fratelli d'Italia sostiene fin dall'inizio della pandemia. Il libro è acquistabile anche su tutte le piattaforme online:
Amazon - Amazon.it: Io sono Giorgia. Le mie radici le mie idee - Meloni, Giorgia - Libri
Feltrinelli - Libro Io sono Giorgia - G. Meloni - Rizzoli - Saggi italiani | LaFeltrinelli
IBS - Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee - Giorgia Meloni - Libro - Rizzoli - Saggi italiani | IBS
Mondadori - Io sono Giorgia. Le mie radici le mie idee - Giorgia Meloni - Libro - Mondadori Store
FISCO: ENNESIMA OCCASIONE PERSA PER DIMINUIRE PRESSIONE
"Gli italiani vedono svanire l'ennesima occasione di diminuire la pressione fiscale su aziende e famiglie! Ci siamo impegnati - durante i sei mesi di lavoro sulla Riforma fiscale - in commissione in modo serio e costruttivo, abbiamo proposto di ridurre le aliquote verso il ceto medio, di diminuire il costo del lavoro, di andare verso una Flat tax almeno sui redditi incrementali, di inserire il quoziente familiare, di evitare ulteriori patrimoniali, di riequilibrare la tassazione su aziende in difficoltà e - soprattutto - elevare in modo chiaro e netto a rango costituzionale lo Statuto del Contribuente in modo da non renderlo ancora suddito dello fisco ma tutto ciò è stato inutile". Lo dichiarano i componenti di Fratelli d'Italia nelle commissioni Finanze di Camera e Senato sulla votazione del documento finale sulla Riforma fiscale.
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LA SOSPENSIONE DEL CASHBACK E' UNA VITTORIA DI FDI
ORA CI È ARRIVATO ANCHE IL GOVERNO DRAGHI
Il Cashback sarà “sospeso” dal 1° luglio. Fratelli d’Italia è stata l’unica forza politica a dire chiaramente da subito che Cashback e lotteria degli scontrini sono una idiozia che ci costa 4 miliardi. Un tentativo di controllare gli italiani in cambio di una elemosina. Ora ci è arrivato anche il governo Draghi. I quasi 2 miliardi risparmiati siano ora destinati ad attività e lavoratori colpiti dalla crisi e dalle chiusure, come avevo chiesto di fare al premier in una lettera inviata il 3 marzo scorso. Come sarebbe dovuto essere in una Nazione normale.
CIRIANI: ORA SOLDI CASHBACK E LOTTERIA SCONTRINI A FAMIGLIE E IMPRESE
"La cancellazione del cashback e della lotteria degli scontrini è una vittoria di FdI. Da mesi chiedevamo l'abrogazione di quella norma, inutile e anche dannosa come ha riconosciuto persino il Presidente del Consiglio Draghi. Ora, quei soldi siano destinati subito alle famiglie, alle imprese e ai commercianti che hanno subito mesi e mesi di gravissima crisi economica." A dirlo il capogruppo di Fratelli d'Italia al Senato, Luca Ciriani.
RAMPELLI: RETROMARCIA GOVERNO CONFERMA CHE AVEVAMO RAGIONE. UTILIZZARE MLD RISPARMIATI PER SOSTEGNO IMPRESE
"Da subito avevamo bollato come inutili il cashback - acquisto con bancomat e carte di credito - e la lotteria degli scontrini, provvedimenti poco virtuosi per i cittadini e molto fruttuosi invece per gli istituti bancari e per quelle società che gestiscono la moneta elettronica. La notizia del Governo che vuole sospendere il cashback dal 30 giugno certifica il fallimento di questo meccanismo voluto dall’ex premier Conte". E’ quanto dichiara in una nota Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e deputato di FdI.
Cinque anni fa, nove italiani venivano barbaramente uccisi a Dacca dalla violenza islamista. Noi non dimentichiamo.
STRAGE DI USTICA: PRIORITARIA LA DESECRETAZIONE DI TUTTI GLI ATTI E DEI DOCUMENTI
ENTRA ANCHE TU NELLA SQUADRA DEI PATRIOTI
Per dare una mano a Fratelli d’Italia alle prossime amministrative, compila il modulo
DA CAMERA E SENATO
LOLLOBRIGIDA: PARTITO UNICO NON HA SENSO, CENTRODESTRA E’ DIVISO TRA MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE
La risposta di Fratelli d'Italia all'idea di un partito unico del centrodestra è decisa e negativa. In un'intervista al Corriere della Sera, il capogruppo di FdI alla Camera, Francesco Lollobrigida, spiega che parlare di partito unico quando il "centrodestra è diviso tra maggioranza e opposizione" non ha senso. "I problemi degli italiani - spiega - sono altri".
LEGGI L'ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA
ROTELLI: MAGGIORANZA SPACCATA SU MIO EMENDAMENTO PER PONTE SULLO STRETTO, MA ODG PASSA LO STESSO
"Sul mio ordine del giorno che chiedeva al governo di individuare le risorse necessarie alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina dalla maggioranza minestrone arriva un altro brutto segnale. Italia Viva non ha partecipato al voto, Leu ha votato contro e il M5S è andato in ordine sparso: partiti che provano ad affossare la realizzazione di grandi opere non dovrebbero sedere sui banchi di un governo che a parole dice di voler risollevare la Nazione". Così in una nota il deputato di Fratelli d'Italia, Mauro Rotelli, componente della commissione Trasporti e primo firmatario di un ordine del giorno al Fondo complementare al PNRR approvato oggi alla Camera.
LEGGI IL COMUNICATO STAMPA
PRISCO: SOLIDARIETA' FDI AD AGENTE INDAGATO PER SPARI A TERMINI
"Investire sui nostri uomini e le nostre donne in divisa, potenziando l'organico, la strumentazione e assicurando loro anche adeguate tutele legali, deve essere una priorità del governo". Così il deputato di Fratelli d'Italia Emanuele Prisco, capogruppo in commissione Affari Costituzionali della Camera, partecipando alla manifestazione organizzata dal Sap alla stazione Termini a favore del poliziotto che la settimana scorsa ha sparato contro l'immigrato clandestino che minacciava dei cittadini e gli agenti con un'arma da taglio e che ora è indagato ''per eccesso colposo dell'uso legittimo delle armi''.
LEGGI IL COMUNICATO STAMPA
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Riflessioni sull’educazione: Jacques Verger, Le università nel Medioevo
Nel presente libro Verger delinea lo sviluppo dell'università quale istituzione sociale e politica. Durante il dodicesimo secolo le scuole cattedrali si stavano diffondendo, richiamando un crescente numero di studenti. Tale crescita era una risposta all'aumento della domanda di persone colte. La grande diffusione dei testi tradotti dal greco e dall'arabo, e il diritto romano, diedero autonomia all'insegnamento di alcune discipline secolari, come legge e medicina. Il rapido successo della dialettica stabilì un nuovo tipo di pedagogia; la teologia fu profondamente riesaminata. Particolari circostanze storiche fecero sì che alcuni centri come Parigi, Bologna, Oxford, divennero estremamente influenti. Attorno a queste città cominciarono a prendere forma le prime corporazioni di studenti e maestri. Il monopolio della Chiesa sull'insegnamento cominciò a venir meno. Il quindicesimo secolo fu un epoca di cambiamento: nuove fondazioni, un corpo di insegnanti e di studenti in continua espansione. Tuttavia allo stesso tempo le istituzioni subivano un cambiamento diventando secolarizzate; la precedente autonomia era in declino davanti alle nuove pressioni statali.
Il saggio di Verger non si occupa di storia delle idee, privilegia una lettura sociale e politica della storia dell'università. Per quanto l'argomento sia molto complesso, perché deve tenere conto delle diverse realtà di numerose università disseminate in varie regioni dell'Europa, dall'esame storiografico emergono tre fenomeni costanti dal Medioevo ai giorni nostri: l'interesse dei potenti ad avvantaggiarsi del sapere e dei professionisti prodotti dalle università, la tendenza dei potenti ad esercitare un controllo sulle università indirizzandone le attività attraverso l'elargizione di finanziamenti, la costituzione spontanea di classi sociali colte e privilegiate all'interno dell'università. Verger inizia il suo studio esaminando la situazione delle scuole in Occidente nel XI-XII secolo. Solo in Italia erano presenti scuole laiche di arti liberali, di elementi di notariato, di diritto pratico e, a Salerno, di medicina. Si trattava comunque di realtà private e poco note; la massima parte dei centri di cultura era sotto il controllo della Chiesa, presso un monastero o una cattedrale. Ogni scuola era diretta da un magister scholarum direttamente subordinato al vescovo o all'abate. Queste scuole erano destinate in primo luogo agli oblati dei monasteri e ai giovani chierici, la maggior parte impartiva solo un'istruzione elementare, pochi centri potevano definirsi di educazione superiore. I monasteri, luoghi del sapere per eccellenza nell'alto Medioevo, erano in una fase di decadenza. Al contrario le cattedrali, per via della riforma gregoriana, iniziarono ad essere i nuovi centri della cultura. L'insegnamento era ancora quello stabilito in epoca carolingia da Alcuino: alla base c'erano le sette arti liberali, al vertice la teologia. L'unica innovazione, peraltro molto importante, fu la riscoperta della dialettica aristotelica che portò al rinnovamento della teologia fornendo uno strumento razionale di interpretazione della Sacra Scrittura. I testi di Aristotele furono accessibili grazie ai contatti di Venezia con l'impero bizantino, grazie alla conquista normanna della Sicilia e soprattutto grazie all'incontro tra la cultura islamica e latina in Spagna. Da questi apporti della cultura greca dipenderà in larga misura l'orientamento dell'attività intellettuale delle università fino alla fine del Medioevo. Inoltre, negli ultimi anni del XI secolo, la lotta per le investiture comportò un risveglio dell'attività giuridica; di qui un intenso lavoro di ricerca, di critica e di riordinamento delle fonti del diritto. Parallelamente vi fu lo sviluppo delle città, conseguenza del generale sviluppo demografico dell'Occidente. Senza città non sarebbe stata possibile la nascita dell'università; la città infatti comportava la divisione del lavoro, le persone dedite ad uno stesso mestiere tendevano spontaneamente ad associarsi in comunità di uguali, dando vita ad una corporazione, spesso chiamata “universitas”. Nelle città di tutta Europa si moltiplicarono le scuole. All'inizio del Duecento solo le classi sociali più ricche potevano permettersi di pagare l'istruzione ai propri figli, verso la fine dello stesso secolo anche le classi medie erano in grado di fare altrettanto. Nel 1179 il III concilio Lateranense stabilì che ogni cattedrale era obbligata a tenere una scuola e che gli scolastici dovevano concedere gratuitamente la licentia docendi a chiunque la chiedesse, purché in possesso dei requisiti necessari. La licentia docendi conferiva il diritto di insegnare soltanto entro i confini della diocesi. All'inizio del Duecento il Papato istituì la licentia ubique docendi, riconosciuta ovunque, così facendo la Chiesa affermava il suo diritto a controllare tutta l'attività dell'insegnamento. Nonostante il forte controllo della Chiesa l'istruzione iniziò a non essere più considerata semplicemente come formazione del clero, l'intellettuale cominciò a prendere coscienza della specificità sociale del suo lavoro, che non si lasciava ricondurre a quello del chierico. Verger cita il caso emblematico dell'università di Parigi: è probabile che una prima forma di associazione corporativa dei maestri parigini sia avvenuta nella seconda metà dell'undicesimo secolo, periodo in cui si assistette alla laicizzazione degli insegnanti, nel 1194 Celestino III concesse ai maestri e agli allievi di Parigi i privilegi goduti dai chierici, nel 1231 con la bolla Parens scientiarum Gregorio IX sancì l'autonomia dell'università rispetto all'autorità vescovile. Complessivamente il governo delle università presentava nel Duecento tratti democratici ed era esercitato in modo autonomo: non c'erano ancora funzionari statali incaricati di occuparsi degli affari universitari, solo i legati pontifici svolgevano un ruolo importante concedendo gli statuti e arbitrando nelle dispute. L’università nel Duecento non avevano edifici. I privilegi degli universitari comprendevano l'esenzione dal servizio militare, dal pagamento delle tasse, e il godimento di rendite ecclesiastiche senza l'obbligo di prendere gli ordini e di servire alcun incarico. In un primo momento le università conferivano un solo titolo, la licentia docendi, inseguito si aggiunse un titolo minore, quello di bacceliere, e un titolo superiore, il dottorato, quest'ultimo era utile a chi intendeva dedicarsi all'insegnamento e si trattava di una semplice formalità da un punto di vista scolastico, ma costava molto caro e fungeva da sbarramento sociale nei confronti degli studenti meno abbienti. Gli studenti ricchi erano frequenti soprattutto nelle facoltà di diritto, per il resto gli studenti provenivano da tutti gli stati sociali definibili classe media: piccola nobiltà, borghesia, contadini benestanti. Per molti di questi l'università offriva una speranza di promozione sociale. L'insegnamento doveva essere gratuito, i maestri potevano vivere grazie ad una prebenda ecclesiastica, diventando così chierici condizionati dalla Chiesa. Tuttavia, specialmente nelle università italiane era uso che gli studenti versassero delle collette ai docenti. Lo sviluppo delle corporazioni universitarie fu promosso per tutto il XIII secolo dai papi. Per i papi l'università doveva fornire anzitutto del personale idoneo ai compiti peri quali l'impreparazione intellettuale era un pericolo: vescovi, predicatori, teologi e canonisti. L'unico studio utile ai predicatori era la teologia. Per prima cosa studiavano la dialettica a fini propedeutici, per poi dedicarsi al lungo studio della teologia, per completare il quale erano necessari ben 15 anni. La quasi totalità degli studenti di teologia erano frati domenicani. I domenicani disponevano dei propri studia conventuali, tuttavia si inserirono nelle università, e dove mancava l'insegnamento della teologia lo studium domenicano veniva spesso inglobato nell'università fungendo da facoltà teologica. Per tutte le altre figure clericali gli studi preponderanti erano quelli di diritto. L'importanza del diritto aumentò nel XIV e XV secolo. La realtà universitaria cambiò parecchio: si passò dalla quindicina di università del 1300 alle settanta e più del 1500. La fisionomia universitaria cambiò altrettanto: risalgono a quest'epoca i sontuosi edifici universitari, parallelamente l'insegnamento si sclerotizza, le università non sono più un luogo di fermento intellettuale, diventano centri di sapere standardizzato che producono professionisti al servizio dello stato e della Chiesa. Aumentò la componente laica fra i maestri e gli studenti, soprattutto in Italia. Per quanto concerne la teologia l'ultima figura originale fu Guglielmo di Occam. I maestri successivi si attestarono sui metodi scolastici tradizionali, che però la critica occamista aveva svuotato di ogni sostanza. Il nominalismo non incoraggiava gli universitari a costruire nuove sintesi teologiche, promuoveva invece l'interesse per i problemi particolari. Nel Tre-Quattrocento le università svolsero la funzione di custodi dell'ortodossia. In realtà molti universitari ambivano a contare nel governo stesso della Chiesa, il Grande Scisma (1378-1417) fornì l'occasione di esercitare un'influenza sulla Chiesa durante i concili di Costanza e Basilea, influenza che fu solo momentanea. In sintesi la teologia dell'epoca non contribuì né alla politica né alla storia delle idee, solo il misticismo tedesco di matrice monastica riportò vita alla teologia tardo-medioevale. Diverso discorso per i giuristi, che compongono buona parte dell'alto clero dell'epoca. Lo scopo primario della Chiesa era infatti quello di organizzare, amministrare e dirigere. La Chiesa doveva essere un'istituzione ben organizzata ed efficace, la religione si era risolta nella morale e la morale nelle regole e nelle obbligazioni. Nel Trecento il diritto canonico ha conosciuto un forte sviluppo. La politica universitaria dei papi di Avignone fu tesa a sviluppare le facoltà di diritto. Verger cita dei dati: dalla matricola dell'università di Avignone si apprende che dal 1430 al 1478 gli iscritti alla facoltà di diritto sono stati in media 3418 contro i 271 di teologia, i 61 di arti liberali e i 13 di medicina. Molti professori di diritto concludevano la propria carriera come vescovi; il giudice ecclesiastico delegato dal vescovo e il vicario generale avevano la licenza in diritto; i canonici cittadini erano spesso degli ex-universitari. Il rapporto tra università e stati è simile a quello tra università e Chiesa: le università potevano essere pericolosi focolai di agitazione sociale, ma portavano prestigio e benessere alle città che le ospitavano, e ai governi potevano fornire giuristi qualificati, formati sul diritto romano, fonte della sovranità dello stato. Lungo il Trecento si assiste ad una evoluzione amministrativa, le burocrazie diventano assai complesse, il che porta ad una domanda molto più forte di giuristi ben preparati. Pertanto molti principi fondarono le proprie università: nel Trecento le università non erano più corporazioni spontanee. Questo fenomeno ebbe il vantaggio di colmare delle lacune geografiche, tutta l'Europa dell'est era stata priva di importanti centri di cultura prima di quest'epoca. Gli stati hanno quindi favorito la moltiplicazione delle università, tale atteggiamento rispondeva ad un reale bisogno di funzionari. Le facoltà di diritto del tardo Medioevo furono all'altezza del compito che gli stati affidavano loro. Fu invece dalle facoltà di arti e di teologia che vennero gli interventi politici. Queste facoltà rappresentavano gruppi più dinamici socialmente e non erano orientate alla formazione professionale o al servizio dello stato. I delegati dell'università partecipavano agli stati generali e molte volte i pareri dei maestri erano tenuti in notevole considerazione. Durante la guerra dei Cento Anni l'università di Parigi divenne una delle basi del partito borgognone, filo-inglese, e durante il periodo di occupazione inglese si impegnò in un'attiva propaganda a favore del nuovo regime. Nel complesso le università del tardo Medioevo hanno svolto una funzione politica limitata, tuttavia tale da impensierire i governi e persuaderli a uno stretto controllo dell'autonomia delle università, le quali si difesero male perché smisero di appoggiarsi al papato. Così il re di Francia Luigi XI intervenne continuamente e senza scrupoli nella vita interna dell'università di Parigi, facendo espellere personale, proibendo l'insegnamento del nominalismo e via dicendo. In maniera analoga nel 1407 Venezia proibì ai sudditi di studiare altrove che a Padova. Le città presero in mano anche il reclutamento e il pagamento dei professori: poiché li pagavano, le città potevano sceglierli. Agli inizi del Duecento le università erano corporazioni autonome, focolai di ricerca e di insegnamento; alla fine del Quattrocento erano diventati dei centri di formazione professionale al servizio degli stati. Per quanto riguarda la classe sociale, in molte matricole si segnala l'esistenza di studenti poveri, esonerati dal pagamento dei diritti universitari, frequenti soprattutto in area tedesca e nell'Europa settentrionale, assai meno numerosi al sud. Il salario dei professori prova che la diseguaglianza era la norma e che la situazione economica di parecchi maestri era mediocre, solo una piccola parte disponeva di salari altissimi, tali da permettere uno stile di vita nobiliare. Tra costoro nasce una “nobiltà di toga”, si assiste ad una chiusura sociale. L'esclusione dei poveri nelle università italiane del Quattrocento ne è un esempio. La tendenza si nota soprattutto nelle facoltà di diritto e medicina: i diritti d'esame, già alti, furono aumentati ancora. L'accettazione di un nuovo dottore, spesso figlio di un altro dottore, avveniva con una cerimonia che seguiva da vicino quella della vestizione del cavaliere. Studiando le liste dei professori di molte università si nota che il figlio succedeva al padre, per facilitare la successione si decise di esentare dai diritti d'esame i figli e i nipoti dei maestri. Il gusto disinteressato per la scienza, la fede nel valore del dialogo, per le quali si erano battuti i maestri del XII e XIII secolo, ormai erano tramontate. Il sapere era diventato un patrimonio di famiglia, garanzia della posizione personale. Logica conclusione di questo atteggiamento è stata l'equivalenza giuridica tra dottorato e cavalleria. Dal 1533 infatti Francesco I re di Francia conferirà il titolo di cavaliere ai maestri dell'università.
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Confindustria Alessandria e Fondazione Viva: Sostegno Concreto alla Ricerca con Due Premi di Eccellenza
Collaborazione e donazione per finanziare la Ricerca e Innovazione con il DAIRI: un’alleanza tra sanità e tessuto imprenditoriale per il progresso della comunità
Collaborazione e donazione per finanziare la Ricerca e Innovazione con il DAIRI: un’alleanza tra sanità e tessuto imprenditoriale per il progresso della comunità. Confindustria Alessandria e Fondazione Viva hanno recentemente rinnovato il loro impegno per la ricerca e l’innovazione in campo sanitario con una generosa donazione a Solidal per la Ricerca. Questo contributo sarà destinato a…
#Alessandria partnership scientifica.#Annalisa Roveta#Antonio Maconi#Azienda Ospedaliera Universitaria Alessandria#bandi regionali#Bosco Marengo#Chirurgia Generale Alessandria#collaborazione Confindustria#Confindustria Alessandria#Confindustria Monaco#contributo comunitario#contributo sociale#cultura scientifica#DAIRI Alessandria#eventi Confindustria#Fabbrica Sostenibile#Fondazione Viva#Fondazione Viva DAIRI for Young#formazione giovani scienziati#giovani ricercatori#innovazione locale#innovazione sanitaria#Marco Invernizzi#Metlac#premi per giovani talenti#premi per la ricerca#progetti di ricerca#progresso sanitario#progresso scientifico#responsabilità sociale
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In Emilia Romagna, a Modena, si scrive una nuova pagina della trapiantologia italiana e non solo
In Emilia Romagna, a Modena, si scrive una nuova pagina della trapiantologia italiana e non solo. Per la prima volta in Italia e tra i primi tre casi al mondo è stato eseguito un trapianto di fegato con tecnica robotica mini-invasiva. Dopo l'America, con la Washington University St. Louis, e il Portogallo, a Lisbona, l'esperienza di Modena si colloca dunque ai vertici internazionali: a ricevere il nuovo fegato un uomo di 66 anni, affetto da un tumore, dimesso dall'ospedale dopo quattro giorni dall'intervento e che ora sta bene. Questa mattina in Regione a Bologna in conferenza stampa sono stati illustrati i dettagli dell'intervento, avvenuto lo scorso 20 febbraio presso il reparto di Chirurgia Oncologica, Epatobiliopancreatica e Trapianti di Fegato del Policlinico diretto da Fabrizio Di Benedetto, professore ordinario dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, che lo ha eseguito con la sua équipe chirurgica. Presenti all'incontro, oltre allo stesso Di Benedetto, l'assessore regionale alle Politiche per la salute, Raffaele Donini, il direttore generale dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, Claudio Vagnini, il rettore dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Carlo Adolfo Porro, e il sindaco di Modena, Gian Carlo Muzzarelli. La tecnica utilizzata, spiegata da Di Benedetto, permette di eseguire l'epatectomia ad addome chiuso, garantendo la stessa sicurezza e il controllo vascolare; una volta completata la rimozione del fegato malato, si esegue una piccola incisione di 10 centimetri attorno all'ombelico per rimuoverlo e alloggiare il nuovo fegato donato. Una tecnica da cui è atteso il raggiungimento degli stessi standard di efficacia di quella tradizionale a cielo aperto, con un miglioramento della ripresa post-chirurgica e una diminuzione generale delle complicanze, dimostrata dalla chirurgia del fegato mini-invasiva, e una riduzione della degenza ospedaliera. Un'importante innovazione nella cura per i pazienti che hanno bisogno di un trapianto al fegato e un significativo traguardo per la comunità trapiantologica italiana. "Un risultato straordinario, che conferma l'eccellenza della rete trapiantologica e della sanità pubblica dell'Emilia-Romagna- sottolinea Donini-. Ancora una volta la nostra regione, grazie alle sue strutture e strumentazioni all'avanguardia e soprattutto grazie a professionisti di altissima competenza ed esperienza, si pone ai vertici nazionali e internazionali. Non possiamo che essere orgogliosi per il traguardo raggiunto, che apre nuove prospettive di intervento e cura per tanti malati, non solo dell'Emilia-Romagna. Grazie di cuore e complimenti al professor Di Benedetto, a tutta la sua équipe, al Policlinico di Modena e al Centro riferimento trapianti della regione, che coordina con ottimi risultati l'intera rete territoriale. Non è un caso che nel 2023 in Emilia-Romagna siano stati eseguiti complessivamente 585 trapianti, il numero più alto di sempre". "Il trapianto di fegato- spiega il professor Di Benedetto- è uno degli interventi più complessi della chirurgia addominale, poiché unisce una tecnica avanzata nel contesto della gravità clinica del paziente. Si tratta infatti spesso di pazienti affetti da malattie del fegato come la cirrosi, che ne condizionano la normale qualità di vita, con scompensi frequenti e ricoveri ospedalieri ripetuti, e a volte complicate da tumore del fegato. L'approccio mini-invasivo è maturato all'interno di un programma di attività chirurgica robotica oncologica decennale, con all'attivo oltre cinquecento interventi per patologia del fegato, vie biliari e pancreas. A differenza del trapianto di rene robotico- aggiunge il professore- per il quale esiste già un'esperienza validata a livello internazionale che dimostra un beneficio della tecnica mini-invasiva nei pazienti obesi, la pagina del trapianto di fegato mini-invasivo è ancora tutta da scrivere. Tuttavia, il consolidamento della tecnica e la sua diffusione permetteranno nel tempo di incrementarne la fattibilità e l'indicazione". "Desidero ringraziare- chiude Di Benedetto- il direttore generale dell'Azienda Ospedaliero- Universitaria di Modena, Claudio Vagnini, per il sostegno dimostrato negli anni ai progetti di innovazione in chirurgia, il magnifico rettore, Carlo Adolfo Porro, che ha promosso lo sviluppo della formazione universitaria dei giovani chirurghi, il professor Massimo Girardis, direttore dell'Anestesia e Rianimazione e tutto il gruppo anestesiologico che ha permesso l'evoluzione delle tecniche chirurgiche tramite una moderna assistenza anestesiologica. Infine, ringrazio l'équipe chirurgica con cui ho eseguito il trapianto, il professor Stefano Di Sandro e il dottor Paolo Magistri, tutta l'équipe dei medici, chirurghi ed infermieri che quotidianamente ha lavorato per realizzare questa grande innovazione e che ha permesso l'evoluzione del centro in questi anni". La Regione Emilia-Romagna ha sostenuto il sodalizio tra chirurgia dei trapianti e tecnologia robotica, finanziando i programmi dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena come il prelievo di fegato e rene da donatore vivente con tecnologia robotica e il trapianto di rene robotico. Questa importante innovazione si inserisce in un contesto di grande crescita della comunità trapiantologia regionale e italiana. Dati nazionali trapianti di fegato 2023 Secondo i dati del Centro Nazionale Trapianti, in Italia sono circa 950 i pazienti in attesa di ricevere un trapianto di fegato, con un tempo d'attesa medio di 4,6 mesi, variabile da 2 giorni in condizioni di urgenza clinica, fino a 1,7 anni. Nel 2023 sono stati eseguiti 1.696 trapianti di fegato adulto e pediatrico, di cui 39 da donatore vivente, confermando l'Italia come primo Paese europeo per questa tipologia di intervento davanti alla Spagna, che fino a qualche anno fa era leader in Europa per la donazione e il trapianto d'organo. Lo scorso anno il Centro Trapianti di Modena è stato il secondo centro italiano per numero di trapianti di fegato con 150 pazienti trapiantati, di cui nove da donatore vivente, dopo Torino Città della Salute.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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“Io, Claudio, Zevi e Palladio...”-Architetti a Roma anni ‘60.In memoria di Claudio D’Amato
di Duccio Trombadori
L’amicizia, la collaborazione, la comunità di esperienza vissuta e ideali coltivati con Claudio D’Amato risale al 1964, quando cominciammo a salire i gradini di Valle Giulia da giovani studenti di Architettura, apprendisti stregoni pre-1968, carichi di ‘astratti furori’ di tipo palingenetico e desiderosi di interventismo rivoluzionario sul piano intellettuale e morale.
Abbracciammo tutti, così sulle prime, le ambizioni di rinnovamento pedagogico annunciate e introdotte da Bruno Zevi; leggemmo avidamente i suoi libri, ne restammo colpiti e suggestionati per l’ efficacia semplificante che tracciava linearmente i passaggi storici dal ‘classico’ allo ‘anti-classico’ come chiave di volta dei tempi architettonici moderni.
Ma le crepe culturali del codice modernista (tra gli equivoci di razionalismo, costruttivismo, funzionalismo, organicismo, neo-purismo, eccetera) si facevano già sentire e mettevano dubbi tra gli spiriti più avvertiti, soprattutto tra coloro che reclamavano un maggior rigore disciplinare in nome di una idea di architettura preservata come arte ‘autonoma’ irriducibile a vaniloquio informale e tantomeno a deriva sociologico-economica.
Senza saper dare risposte adeguate a queste domande basilari, cominciammo però, un po’ alla cieca, un lavorìo di coscienza che imponeva calibrati distinguo: volevamo addirittura riformulare, per conto nostro, un ‘vocabolario architettonico’ in grado di rispondere all’ esigenza di rigore e rinnovamento sociale cui affidare una professionalità conseguente.
Questo esuberante trambusto ideologico accompagnò l’ inquieta formazione di tanti giovani nel passaggio difficile e traumatico degli anni ’60 al limitare del frastuono contestativo del 1968 che pregiudicò l’impianto della struttura universitaria mutandone sensibilmente funzioni e aspirazioni.
Della ‘generazione anni 60’ Claudio D’Amato fu certamente tra i primi a prendere parte alla dialettica che oppose le personalità di Bruno Zevi, col suo pregiudiziale anti-accademismo, e Paolo Portoghesi, cultore di uno storicismo che metteva al centro la regola compositiva. Nascevano istanze revisioniste in materia di modernismo, tanto quanto si ripresentavano i valori fondanti e tradizionali della misura, della proporzione, della simmetria.
Un interesse ‘archeologico’ scevro da romanticismi ci faceva riscoprire con Vitruvio l’ ordine classico alla base del pensiero costruttivo (“nascitur ex fabrica et ratiocinatione") e rimettere in auge, con Canina, i Propilei di Villa Borghese, anticipando quasi un certo gusto postmoderno lontano a venire.
In questo clima di ripensamenti fu così che con Claudio D’Amato, Sergio Petruccioli e altri compagni di studio mi avvicinai ad una lettura ‘formalista’ (così Bruno Zevi) dell’ opera di Andrea Palladio che allora ci piaceva mettere in relazione con le mega-forme di archi e volute innalzate da Louis Kahn a Dacca e con l’ utopia geometrizzante di Le Corbusier a Chandighar.
Un viaggio di studio nelle provincie venete compiuto nel settembre del 1967 ci aprì alla conoscenza diretta delle grandi ville, delle basiliche, del Teatro Olimpico: disegnammo, inquadrammo angolature fotografiche, studiammo Maser e Poiana e tutto il resto come abbeccedari del nostro comune viatico spirituale ad una idea di architettura in grado di associare il permanente e il transitorio, o, se, si vuole, la ricerca di un ‘pensare italiano’ (storia, tradizione) che fosse al tempo stesso uno stimolo alla innovazione. Di quel viaggio sentimentale di formazione conservo memoria nitida, una foto mi riprende sulle gradinate del Teatro Olimpico mentre prendo appunti, e accanto a me Claudio D’Amato è puntualmente occupato a disegnare una angolatura, un particolare dirimente, una simbiosi di effetto luminoso e giuntura compositiva.
Fu un’ esperienza entusiasmante ed altamente formativa, di cui ancora oggi conservo la lezione estetica e artistica. Ne ero orgoglioso. Elaborai una tesi per l’esame di storia dell’ architettura che tuttavia non lasciò per nulla soddisfatto Bruno Zevi ( fin troppo ’formalista’ e ‘crociana’, mi disse). Quella critica, che veniva da un maestro che stimavo molto, ad onta della sua enfatica propensione anticlassica, fu per me una delusione cocente. Non mutai il mio modo di guardare l’ arte di Palladio (frutto di un filologismo degli elementi architettonici a parafrasi delle teorie di Galvano Della Volpe sullo ‘specifico’ dei linguaggi visivi) ma certamente fu a partire da quell’ incidente di percorso che iniziai a distaccarmi dall’ ambizione di diventare un teorico e tantomeno un ‘professionista’ della architettura, mentre più dirompente interveniva l’ esigenza morale di un impegno nella vita politica e nella lotta sociale, come poi avvenne in pieno 1968.
Claudio D’Amato non approvò la mia decisione di abbandonare la facoltà. Ne parlammo a lungo. Avevamo idee comuni ma davamo a quelle stesse idee soluzioni opposte. E così accadde. Diversamente da me, Claudio concentrò la sua vita nella formazione di sé come architetto, inseguendo un modello pedagogico da incarnare, punto di incontro quasi ‘inattuale’ tra storia, tradizione disciplinare e progettualità compositiva. Non si può dire che non sia stato coerente e non vi sia a modo suo riuscito. La nostra amicizia è stata contrassegnata in più di mezzo secolo da un periodico, continuo e vivace scambio di idee e di esperienze che sul piano artistico e civile hanno trovato sempre il modo di incontrarsi. Come se le premesse della formazione originale avessero comunque trovato il letto di un unico fiume in cui confluire.
A conferma di quanto detto c’è un numero della rivista Rassegna di Architettura e Urbanistica, dedicato nel 2004 alla formazione degli architetti negli anni Sessanta: vi si può leggere un prezioso memoriale scritto da Claudio D’Amato (titolo: ’Ideali architettonici’) dove in tralice figurano gran parte delle illusioni perdute, ma anche le idealità e le relative esperienze intellettuali e morali di cui ho già offerto un riassunto. A conclusione del suo resoconto autobiografico –che è anche la foto delle aspirazioni di una generazione- D’Amato se la prendeva, sul piano della didattica, in un primo momento con “i frutti avvelenati della politica destabilizzante di Zevi” (la ossessione ‘antiaccademica’ che pregiudicò secondo lui l’ ordinamento), e successivamente con gli effetti degenerativi delle facoltà di architettura seguiti al terremoto del 1968 ( fra questi, la fine dello sbarramento al biennio, la riduzione del numero degli esami). E ribadiva, per fissare i punti salienti di una possibile rinascita pedagogica, le seguenti priorità: culto della storia, continuità con la tradizione, culto della forma organicamente costruita e della geometria ad essa sottesa, convinzione piena della autonomia della architettura.
Tra il giovane D’Amato, rivoluzionario e ‘formalista’ degli anni Sessanta, e il D’Amato divenuto professore emerito di Composizione architettonica al Politecnico di Bari, vi era la distanza dell’ esperienza e del tempo che passa; ma non vi era divergenza di vedute e modo di sentire. Ad indicare la coerente ed esemplare linea di continuità operativa e teorica di Claudio D’Amato c’è quanto egli lascia come architetto, come insegnante, come assiduo organizzatore di cultura didattica finalizzata a tenere assieme una idea unitaria e organica della architettura, sintesi di storia, tradizione e ‘vita delle forme’.
A proposito di questa intrinseca vitalità della morfologia conseguente alla compresenza delle tradizioni artistiche (Claudio fece subito suo all’atto della costituzione, il motto dell’INTBAU: “One World, many traditions”) vale la pena sottolineare come lo storicismo estetico di D’Amato non chiudesse alla innovazione, nel rispetto delle tecniche costruttive diverse, e degli incroci stilistici. Prova ne sia la sua attenzione dedicata al Mediterraneo, confronto e sintesi di civiltà, allo scopo di tramandare e preservare un sapere architettonico che, prima di ogni altra considerazione (tecnica, ambientale, etnica) è un atto di libera manifestazione spirituale.
Molto ancora ci sarebbe da aggiungere, più di quanto io non sia in grado di fare, sul valore di Claudio D’Amato come maestro, educatore ed accademico. A me preme ricordare come le nostre contiguità morali e intellettuali, cresciute nella Valle Giulia degli anni Sessanta, abbiano trovato la via di una convergenza nella elaborazione della mostra ‘Città di pietra’, curata da Claudio nel 2006 per la X Biennale di Architettura a Venezia, cui presi parte con un saggio intitolato “Misura italiana e identità europea”, sintonizzato sul rapporto di passato e presente nell’arte del nostro ‘900, tema che collimava con l’appassionata attenzione di D’Amato per le tradizioni costruttive e la stereotomia nell’insegnamento delle fisionomie stilistiche. Quella collaborazione confermò qualcosa di più della nostra amicizia, e cioè una sostanziale affinità culturale ritrovata ad onta del tempo.
Di Claudio D’Amato resterà la sua missione straordinaria di insegnante, ma soprattutto il pregio di un carattere passionale, a tratti perfino irruente, dell’ uomo che credeva nel valore non corrivo della progettazione architettonica, da lui intesa e concepita sempre quale forma significante o ‘guida archetipale’, suggello ed arbitrato essenziale di ogni forma di convivenza e civiltà. Non era un carattere facile. Esigente prima di tutto con sé stesso, era alieno dai luoghi comuni, disprezzava la faciloneria intellettuale, il ’progressismo’ esibito come passe-par-tout ideologico. Quando è mancato, il dolore per la perdita dell’amico è stato in buona parte alleviato dalla certezza che la sua opera pedagogica in architettura, condotta nei dettagli quasi fino all’ultimo giorno della vita, resterà per le generazioni future, come quelle ‘città di pietra’ che intendeva custodire e preservare a modello di stile ed impronta morale.
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Quinto incontro per Terni-Festival: si parla di sostenibilità tra economia e diritto
L’Assessore Cinzia Fabrizi: ““Rafforziamo la dimensione di Terni come città universitaria” Lunedì 20 marzo, a Terni dalle ore 16.30 alle ore 18.30 in biblioteca comunale – sala videoconferenze, Terni Festival-didattica, innovazione, ricerca e territorio torna con il quinto appuntamento della sua prima edizione sul tema dello sviluppo sostenibile e lo fa parlando di sostenibilità tra economia e…
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Nasce il programma formativo Moova Space Pass
Grazie all’accordo quadro tra l’Università degli Studi di Napoli Federico II, Almaviva e ANM Azienda Napoletana Mobilità prende il via il programma Moova Space Pass, con l’obiettivo di dare uno slancio concreto a nuove competenze e professionalità legate alla trasformazione digitale del mondo dei trasporti, delle infrastrutture e dei servizi. Un’iniziativa promossa nell’ambito del Polo di Eccellenza Smart Mobility and Logistics. Moova Space Pass Presentato oggi nella Sala Croce dell’Ateneo federiciano, il Programma è ricco di appuntamenti e laboratori congiunti fortemente orientati all’innovazione del mondo della mobilità, alla sua trasformazione e alle tecnologie che supportano il cambiamento in atto. Questo il cuore del programma Moova Space Pass che comprende attività didattiche e formative ed è indirizzato agli studenti, sia triennali che magistrali, nonché ai dottorandi di ricerca, ai giovani ricercatori ma anche ai professionisti, con moduli di partecipazione su più livelli. Diversi i punti di ingresso al programma – i pass appunto – che consentono di accedere ai differenti space della community, spazi fisici o virtuali di confronto e apprendimento. La collaborazione tra Ateneo e Aziende del settore è anche volta a facilitare la collaborazione e l’ingresso dei giovani talenti nel mondo del lavoro e dell’innovazione. Parole e dichiarazioni “Federico II e due importanti aziende come Almaviva e l’Azienda Napoletana di Mobilità si sono messe insieme per creare un programma di innovazione tecnologica e formazione – dichiara Cino Bifulco, Coordinatore del Corso di Laurea Magistrale in Transportation Engineering and Mobility della Federico II. Moova Space Pass significa avere dei gradini di ingresso nel mondo della formazione e poi in quello della professionalità da spendere nel mondo del lavoro. Una esperienza, quindi, mista che vuole sia costruire gli strumenti che formare, il tutto in un ambito in continua evoluzione come quello della mobilità e dei trasporti. L’obiettivo è la formazione di nuove figure di ingegneri particolarmente esperti nel dominio della mobilità ma, al tempo stesso, capaci di affrontare e usare l’innovazione tecnologica per rispondere alle sfide della mobilità di domani. Vi saranno rivoluzioni e grandi cambiamenti e noi tutti vogliamo esserne protagonisti”. “In una fase di forte sviluppo del mondo della mobilità, è necessario creare un ecosistema a supporto delle competenze che possa indirizzare e sostenere la trasformazione in corso – afferma��Smeraldo Fiorentini, direttore Trasporti e Logistica di Almaviva –. Tutti i principali filoni di innovazione del settore, dalla decarbonizzazione alla connessione dei veicoli, dalla trasformazione dei modelli urbani di mobilità ai nuovi mezzi di trasporto, fino alla guida autonoma, necessitano di nuova linfa, di idee e competenze: l’Accordo nasce con l’obiettivo di sviluppare professionalità capaci di disegnare la mobilità del futuro in linea con gli obiettivi del PNRR”. Ancora importanti parole “Nei prossimi anni le aziende di servizi per la mobilità affronteranno due importanti sfide: da un lato la conversione all’elettrico di tutta la flotta di superficie e dall’altro la profonda digitalizzazione dei processi produttivi e di vendita – dichiara Nicola Pascale, Amministratore Unico di ANM – Per rispondere a queste sfide sono indispensabili le sinergie tra il mondo produttivo delle Aziende e quello della ricerca e delle competenze Universitario. Con questo scopo Anm investe sui giovani, sulla loro crescita personale eprofessionale che passa indubbiamente per la formazione universitaria; sono quindi da cogliere e promuovere tutte le iniziative che vanno in questa direzione, in particolar modo quelle che puntano sulle incredibili opportunità che oggi la tecnologia ci offre. Servono competenze nuove per sviluppare un nuovo modo di progettare i servizi di mobilità”. L’iniziativa nasce dal Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale (DICEA), ma vede anche il coinvolgimento dei corsi di laurea del Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura (DIST) e ha il Patrocinio del Comune di Napoli. Il programma Moova Space Pass Il programma Moova Space Pass è un’iniziativa promossa dal Polo di Eccellenza Smart Mobility and Logistics, nato nel marzo 2021, dalla collaborazione tra l’Università degli Studi di Napoli Federico II e Almaviva, per accelerare la trasformazione digitale del mondo dei trasporti, delle infrastrutture e dei servizi. Obiettivo del Polo è disegnare la mobilità del futuro – di terra, mare e aria, di persone e merci – in chiave di sostenibilità ambientale, economica e sociale, con un forte orientamento alla sicurezza e all’accessibilità, alla centralità dell’utente e dell’esperienza di viaggio, all’efficienza della gestione. Read the full article
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Huawei presenta Fashion Flair - la prima collezione al mondo co-creata dall'Intelligenza Artificiale di Huawei P30 series e Anna Yang
Huawei, leader mondiale nell’industria tecnologica, non ferma la sua corsa verso l’innovazione e gli ambiti di applicazione dell’Intelligenza Artificiale, e porta l’esclusiva tecnologia della famiglia HUAWEI P30 nel territorio affascinante e in continua evoluzione della moda. Nasce “Fashion Flair”, un progetto sperimentale ambizioso in grado di offrire un nuovo spunto d’ispirazione per il mondo della moda che dimostra, come la tecnologia, combinata all’estro creativo umano, sia in grado di dare vita ad una collezione di moda originale ed unica partendo dagli input generati dall’Intelligenza Artificiale.
“In Huawei lavoriamo ogni giorno per creare progetti che uniscano tecnologia e talento umano, per andare oltre i confini di ciò che è umanamente possibile. L’espressione artistica è frutto di un intenso lavoro di ricerca, di studio e di osservazione e ogni designer combina poi questi fattori in maniera unica e distintiva.” afferma Isabella Lazzini, Marketing & Retail Director Huawei CBG Italia. “Fornendo i parametri base per la realizzazione di un abito, come colore, lunghezza, volume e texture, l’Intelligenza Artificiale è ora in grado di fornire uno spunto creativo ai designer da cui partire per poi realizzare le loro creazioni. La tecnologia e gli smartphone sono parte delle nostre vite, perché quindi non farli diventare un’ulteriore fonte di ispirazione? Noi, con il progetto “Fashion Flair” ci siamo riusciti e ne siamo entusiasti.”
Insieme ad un’equipe di sviluppatori italiani, Huawei ha creato l’app originale “Fashion Flair” che, grazie alla straordinaria potenza dell’AI di HUAWEI P30 e HUAWEI P30 PRO, è stata addestrata con decine di migliaia di iconiche immagini di moda degli ultimi 100 anni e uno specifico set di scatti tratti dalle ultime collezioni di ANNAKIKI. L’applicazione, utilizzando la doppia unità di calcolo neurale (NPU) presente all’interno dei dispositivi, è così in grado di creare una proposta di outfit seguendo gli input e i filtri impostati dal designer. Una volta rielaborate queste informazioni, l’applicazione restituisce una serie di proposte di outfit, potenzialmente infinite, che rappresentano un punto di partenza da cui iniziare il disegno di un capo, uno spunto ulteriore per il processo creativo dell’artista, che lo completerà poi con il suo inimitabile tocco.
Partner del progetto è Anna Yang, Creative Director, nonchè fondatrice e volto del brand ANNAKIKI, divenuta famosa per l’estro creativo delle sue collezioni, che le hanno permesso di varcare i confini del suo Paese d’origine e raggiungere le passerelle più ambite del mondo. Nelle ultime 5 stagioni, ANNAKIKI è diventata una presenza regolare nel calendario ufficiale della Fashion Week di Milano.
“Con questo progetto ho sperimentato qualcosa mai fatto prima: trarre ispirazione dall’AI. Huawei P30 Pro, con la sua Intelligenza Artificiale è diventato un’ulteriore fonte di ispirazione, sempre disponibile, che mi ha permesso di lavorare in un modo totalmente alternativo. E’ stato un partner straordinario, che mi ha offerto nuove ispirazioni e infiniti spunti di lavoro. Co-creare insieme è stato per me estremamente stimolante e sono certa che in futuro la tecnologia giocherà un ruolo sempre più distintivo anche nel mondo della moda, aprendo scenari completamente nuovi che oggi possiamo solo immaginare”, ha dichiarato Anna Yang, ANNAKIKI Creative Director, che ha aggiunto “Dalla contaminazione e delle diversità nascono ricchezza, innovazione, nuove mode e stili che possono interpretare e raccontare il futuro. Perchè non lasciarsi contaminare anche da ciò che può fare una macchina e incorporare la proposta dell’Intelligenza Artificiale all’interno del processo creativo che porta alla definizione di un look? Questa capsule collection è solo un esempio di ciò che sarà possibile realizzare in futuro”.
Per celebrare la prima collezione di moda frutto della co-creazione fra uno smartphone e un fashion designer, Anna Yang ha scelto di trarre ispirazione, oltre che dall’Intelligenza Artificiale, anche dalla gamma colore dei device della famiglia HUAWEI P30: alcuni dei modelli più rappresentativi della collezione, infatti, richiamano i cangianti colori dei nuovi prodotti Huawei. Amber Sunrise, Breathing Crystal, Aurora e Black: i colori di ogni abito riflettono gli spettacoli naturali più affascinanti. Dai caldi colori dell'alba, a quelli più intensi e rilassanti dell’aurora, dalle lucenti e delicate saline senza fine che si protendono verso il cielo, fino ad arrivare all’oscurità della notte. Gli abiti della collezione ANNAKIKI for Huawei esprimono una forte personalità, caratterizzata da vitalità energica, femminilità, sicurezza e determinazione. Lo stile elegantemente ribelle di Anna Yang si rivolge ad una donna che vuole distinguersi, con capi che sprigionano una vera e propria esplosione di colore: creazioni uniche, come unico è il carattere di ogni donna che le indossa.
“Le immagini sintetiche generate dall’app rappresenteranno opzioni stilisticamente coerenti con il contenuto degli esempi utilizzati per l’addestramento del software, ma con caratteristiche di originalità rispetto a questi ultimi. In altre parole, le immagini generate dalla rete possono considerarsi a tutti gli effetti nuova informazione inventata dalla rete neurale artificiale”- afferma Davide Bacciu, Professore del dipartimento di Computer Learning dell’Università di Pisa e membro del Comitato Direttivo dell'Associazione italiana per l'intelligenza Artificiale (AIXIA). “In questo scenario di grande interesse, “Fashion Flair” si caratterizza come il primo esempio (pubblico) di una rete neurale artificiale che viene utilizzata interattivamente da una stilista per ideare e, in ultimo, realizzare un capo di moda.”
“Fashion Flair” è un progetto sperimentale che mette la tecnologia al servizio dell’uomo, dando vita a qualcosa di totalmente originale e dimostrando come questa può diventare una nuova ed ulteriore forma di ispirazione, in grado di sprigionare e rafforzare il talento umano, sviluppando nuove modalità creative e nuove forme di ispirazione.“Se è vero che algoritmi, neuroscienza e cibernetica sempre più spesso fanno parte della moda, è il cortocircuito della creatività che, fuso con una tecnologia sempre più avanzata, dà luogo a un nuovo ideale di bellezza” sottolinea Sofia Gnoli, storica della moda, docente universitaria e giornalista.
La collaborazione tra Anna Yang e Huawei ha dato vita ad una collezione inedita, composta da 20 outfit, che hanno sfilato a Milano davanti ad un’esclusiva platea di personalità nel mondo della moda e del tech, celebrity e influencers. Make-up artist e hair-stylist d’eccezione dell’evento: Aldo Coppola. Il marchio di riferimento nel mondo del beauty e del fashion ha curato il look delle modelle. Partner online del progetto LUISAVIAROMA.COM, una delle principali destinazioni per la moda di lusso. L’intera collezione sarà esclusivamente acquistabile online in preordine sullo store di LuisaViaRoma a partire da Giovedì 9 Maggio.
Parte dei proventi della vendita della collezione ANNAKIKI for Huawei saranno utilizzati per finanziare un progetto speciale a supporto dei giovani talenti di una delle principali accademie di Fashion Design italiane: Huawei promuoverà l’incontro fra moda e tecnologia mettendo Fashion Flair a disposizione degli studenti, che potranno trarre ispirazione dagli output dell’applicazione e co-creare outfit originali ed inediti.
La magia di “Fashion Flair” sarà disponibile e a portata di mano di tutti i clienti Huawei con cover esclusive ispirate al mondo della moda, acquistabili presso Huawei Experience Store di Milano Citylife e online sul sito https://shop.huaweiexperiencestore.com/ . I temi di Fashion Flair saranno scaricabili gratuitamente nell’App Temi, un’applicazione nativa sviluppata da Huawei all’interno dell’ecosistema di servizi mobile volti a migliorare l’esperienza dell’utente.
Con “Fashion Flair” si riconferma, ancora una volta, lo spirito pionieristico di Huawei. Questo progetto rappresenta un nuovo capitolo di “Humanly Possible”, un’emozionante narrazione in cui i desideri, i sogni e le necessità degli uomini sono al centro e la tecnologia ne è l’abilitatore. Perché progresso è, innanzitutto, rendere umanamente possibile, l’impossibile.
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Riceviamo & pubblichiamo missiva assai bella sulle vicende (tutte bolognesi) del giardino del Guasto ma più in generale sul delicato rapporto fra associazionismo dal basso e illuminate amministrazioni comunali dall’alto.
E' arrivata l'estate, il caldo inizia a sentirsi. Ora, chiudete gli occhi e immaginate di trovarvi in un angolino fresco nel cuore della città, con un ruscelletto d'acqua in cui infilare i piedi, un po' di alberi a fare ombra e magari due graffiti di BLU, gli unici sopravvissuti in città, ad allietare la vista. Siete finiti al giardino del Guasto a Bologna, un posto in piena zona universitaria che per 50 anni ha oscillato tra discarica - luogo adibito a canne e buchi e infine, grazie al lavoro appassionato di un gruppo di signore con i controcoglioni, è diventato un bellissimo spazio verde per famiglie e universitari, uno di quei luoghi dove d'estate trovi i cinni in mutande a sguazzare in queste specie di piscine accanto a studenti universitari che studiano (e sì, continuano a farsi le canne che non ha mai fatto male a nessuno) e a un gruppo di nordafricani che chiacchierano a un tavolo mentre altri cinni intrecciano collanine di perline. Ora, se non conoscete la storia del Guasto c'è perfino wikipedia lì per colmare le vostre lacune: lasciatemi solo specificare che è un'associazione che dagli anni 90 si occupa della gestione, manutenzione, animazione, apertura e chiusura dello spazio, che cura i rapporti con spazi analoghi in tutto il mondo, che unisce famiglie, educatrici dell'infanzia, docenti universitari, residenti, migranti. A gratis ovviamente. Una di quelle associazioni di cui hanno sentito parlare anche a Berlino, una delle tessere del mosaico che tra la fine del secolo scorso e l'inizio di questo faceva di Bologna una bomba in termini di tessuto associativo, capitale sociale, reti umane e attivazione civica. Tra le altre tessere luccianti vogliamo ricordare l'Associazione del Parco di Cà Bura, il Ponte della Bionda, la Fascia Boscata in San Donnino, la più recente Oasi dei Saperi, Broccaindosso, il Cerchio Verde.
Arriviamo ai giorni nostri. L'associazione del giardino del Guasto, nell'era della cittadinanza attiva, nella Bologna che prima fra tutti i Comuni italiani si è dotata di un regolamento per facilitare le iniziative di cittadinanza attiva, aggiorna la sua convenzione (cose vecchie le convenzioni) e stringe con il comune un "Patto di Collaborazione", lo strumento creato apposta per unire cittadini (in gruppi formali e non) con l'amministrazione nella gestione di beni comuni, come il giardino. Lo scopo è preservare il bene in oggetto nell'interesse generale, grazie all'impegno dei cittadini e con un'attiva facilitazione da parte del Comune sul fronte autorizzazioni, permessi ecc. Le attività continuano come nella vecchia convezione, ma passa qualche tempo e il patto inizia a scricchiolare: c'è necessità di aggiornarlo con nuove attività ma dal Quartiere nessuno risponde all'associazione, servono alcuni lavori di manutenzione e dopo non aver ricevuto risposta l'associazione li fa pagandoli di tasca propria. Qualcosa non funziona, ed è un gran peccato perché quando le persone si impegnano è un po' brutto lasciarle a se stesse, specialmente dopo anni di collaborazioni proficue con le amministrazioni. Si fatica ad avere udienza dalle istituzioni che dovrebbero gestire il territorio in forte sinergia con questi soggetti così disponibili. E poi, al Guasto il muro che tiene su il giardino sta un po' crollando. Accanto al giardino è nato un altro comitato "Comitato di via del Guasto" che insiste sui temi della strada sottostante, spesso sporca e frequentata da persone un po' balorde che tra le altre cose tentano di introdursi nel giardino di notte. Poi c'è il comitato Bologna Vivibile, che opera sulla zona con tante belle cose tra cui la pulizia quotidiana dai mozziconi e tappi di bottiglia degli alberelli di piazza Verdi o ad esempio animare con 1000 cose piazza Aldrovandi nei week end. Finalmente pare che i lavori sul muro, per il quale il Comune ha già stanziato dei fondi, partano: le associazioni vengono convocate a un grande incontro informativo un lunedì sera. Un incontro in cui si chiarisce lo svolgimento del cantiere (scorporato ahimè in due anni e che quindi farà tenere chiuso il giardino per ben due estati ), ma su cui ci sono cose che non tornano. Non ci sono risposte per i mesi di mancate risposte, ai residenti che lamentano lo stato in cui versa la strada si propone di eliminare la scala che fa accedere al giardino per eliminare il problema, è proprio il caso di dirlo, alla base. Così non ci si arrampicano la notte a giardino chiuso e resta solo l'accesso da largo respighi. Domande inevase su domande inevase, viene comunque anticipato che ci saranno altre novità ma di cui i presenti (alcuni funzionari del Comune e la presidente di Quartiere) "non sanno niente": per saperne di più recarsi a una conferenza stampa il giorno dopo in comune dove verranno svelate importanti sorprese. Et voilà, siamo in comune nella sala Savonuzzi sotto il bellissimo quadro di Wolfango dove viene presentato Il Guasto Village: un bel progetto sul territorio di cui le associazioni che sul territorio vivono e si muovono e i residenti apprendono insieme alla stampa, a seguito di un incontro in cui il Comune li ha convocati senza ritenere di anticipare nulla a riguardo. Nella scena successiva il gruppo di cittadini del Guasto e dintorni si scambiano mail pacate in cui giurano di non rispondere più a nessuna convocazione dell'amministrazione e di votare Lega o Movimento 5 stelle. Si legge poi sul giornale anche l'ira furibonda di Assopetroni e il Comitato di Piazza Verdi di Otello Ciavatti: entrambi si chiedono come mai per fare una minuscola attività culturale da 15 persone a loro vengano negati permessi su permessi mentre questa versione della Festa dell'Unità edizione recycle design riesca a sbarcare nel cuore del centro con appena 15 gg di preavviso. Anche in questo caso parliamo di associazioni che da anni si rimboccano le maniche per tenere con fatica insieme un tessuto sociale a dir poco traballante, molto diverse dall'immagine di vecchi tromboni che vogliono andare a letto alle 9 che ne dipingono i giornali. L'assessore Lepore sfodera una risposta di grande maestri: "Vivere lì non basta per avere sempre ragione" Ed evidentemente non è nemmeno condizione sufficiente per essere coinvolti con anticipo, dopo anni di relazioni quotidiane con le istituzioni, nella progettazione di un'iniziativa così impattante. "Chi alza la voce ogni volta che l'amministrazione interviene per cercare visibilità non fa il bene della zona", ma insomma qui si sta facendo il bene supremo della zona universitaria e ci sono i soliti che vogliono usare questo palcoscenico per i loro sordidi fini (tra cui ad esempio fare il bene della zona universitaria). E ad Assopetroni che aveva annunciato di tagliare i ponti col Comune rinunciando a un'ipocrita Turrita D'Oro che sarebbe stata loro consegnata di qui a poco risponde "Difficile restituire ciò che ancora non è stato dato".
Questi i fatti. Ora alcune considerazioni, anzi una sola. Infatti tralascerei di sottolineare l'impressione che ho che ci sia qualcuno che ci stia comunicando che della città fa quello che vuole in maniera quasi mafiosa (passatemi il termine forte): sono amministratore, decido io, chi non è d'accordo viene subito messo nel box "vecchio lamentone" perché qui stiamo facendo "innovazione". Tralascerei il fatto che qui si sta sacrificando ogni cosa, incluso il coordinamento già così traballante interno al Comune, per avere palcoscenici personali, effetti sorpresa da manuale, titoli in prima pagina e slide che viste da Milano o Roma fanno gridare "che figo" e che magari fanno effetto anche su qualcuno in città. Tralascerei infine la constatazione che ancora una volta si gioca tutto solo su una comunicazione e una narrazione ganza (spesso vuota di sostanza), con l'unico obiettivo di amministrare i voti delle prossime elezioni (ma poi anche il Guasto, Assopetroni e gli altri votano) invece delle politiche della città.
Mi preme solo considerare che siamo in un contesto dove si vendono queste attività, effettivamente all'avanguardia e anche per certi aspetti raffinate, per "innovazione", dimenticando una parte fondamentale dell'innovazione, l'inclusione. Sacrificare sull'altare dei progetti "come a Berlino" i bisogni di questi soggetti è un grave atto di cecità, anche considerato che a Berlino, e lo so per certo, le cose non solo solo fiche da fotografare e raccontare ma nascono dalla sostanza, da un lavoro profondo di coinvolgimento (non solo quando fa comodo al Comune), dall'incontro tra generazioni che viene proposto a monte, non alla fine come ambizioso obiettivo finale. Rinunciando al "fare insieme", mentre tutto attorno si costruiscono momenti di inclusione "vuoti" che servono solo a dire "io ti ho coinvolto, poi decido io come procedere", oppure momenti di "coprogettazione" che si traducono nel costringere associazioni e cittadini a unirsi per arrangiarsi meglio chiamandolo "fare rete", svuota non solo l'identità della nostra città ma anche gli ultimi 30 anni di democrazia partecipativa. Lo sbilanciamento a favore di progetti apparentemente nuovi (il community garden di turno, l'asilo ganzo legato al co-working), di fatto rimescola con l'apposizione di nuove etichette da Millennials la narrazione di cose che a Bologna abbiamo da anni, si pensi a Cà Bura (anche su questo vi invito a leggere la storia) e ai nidi aziendali della GD, per dirne due che fanno il paio con le cose di cui sopra. Questa scelta di aggiungere progetti su progetti, come se li avessimo inventati ieri, trascurando quelli esistenti (il bisogno di risposte del Guasto sulla salvaguardia del giardino e sulla manutenzione, la necessità di cà Bura di trovare insieme col territorio strade per il ricambio generazionale, per dirne solo due) fa solo pensare che ci sia una volontà studiata, politicamente poco lungimirante, che le vecchie iniziative vadano in malora.
Così alla fine, tra non molto tempo, resteremo con in mano solo il nuovo. Magari bello, ma un po' vuoto di senso e decisamente autoreferenziale. E resteremo, ancora per qualche anno, con il dubbio di capire se poi alle urne saranno di più quelli che leggono le prime pagine o quelli che sono rimasti bruciati mentre gli amministratori si occupavano delle prime pagine. (Disclaimer: in questo lamentoso borbottio, mi preme specificare che nei quartieri ci sono ancora tante persone, e un paio di presidenti in particolare, che hanno rapporti veri col territorio e modalità vere di coinvolgimento. Mi auguro solo che le politiche del Comune centrale non stronchino anche il loro lavoro)
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40 anni persi forse no, ma 40 anni di ritardo sì
La percezione di essere in ritardo traspare con chiarezza dai numerosi interventi nel forum aperto dal Sole 24 sul tema dell’università.
Gli argomenti trattati nel forum sono stati tanti. Non voglio nemmeno tentare di riassumere il pensiero di altri. Aggiungerò solo qualche riflessione.
Il tema del “posto” - reclutamento e carriere e concorsi - è ovviamente tra quelli più discussi. Nei vari interventi si rafforza la consapevolezza che non è nei meccanismi concorsuali che sta la risposta alla esigenze di maggiore affidabilità del sistema di accesso all’università. L’etica viene spesso tirata in ballo, ma i richiami all’etica non evitano i comportamenti non-etici e nemmeno servono lacci e lacciuoli e norme progressivamente più soffocanti. Servono invece condizioni ambientali che rendano le cooptazioni sbagliate di qualche tribù universitaria (SSD) svantaggiose, controproducenti, dannose per il dipartimento o l’ateneo visti come insieme di singoli che, condividendo reputazione e risorse, vedono i propri interessi danneggiati da scelte mediocri o clientelari in settori anche lontani dal proprio. Una sorta di controllo sociale diffuso in cui la trasparenza è prerequisito.
Gli anticorpi più potenti sono tuttavia mobilità e “job market”. Non ci può essere mobilità senza mercato e non ci può essere mercato senza la possibilità di negoziare con chi assume non solo il salario ma anche e soprattutto le condizioni di lavoro (spazi, collaboratori, strumentazioni ecc.). Servono più ricercatori e più docenti, non c’è dubbio, ma cercare i migliori “sul mercato” nazionale e internazionale senza poter offrire condizioni attraenti e prospettive di crescita è uno sforzo vano.
Siamo comunque in controtendenza. Una maggiore capacità negoziale implica maggiore autonomia mentre l’autonomia universitaria è proprio quella che è stata riassorbita in questi anni anche a causa di molte cattive gestioni del passato. Giusto quindi, a mio avviso, provare a ragionare in termini di “autonomia modulata” sulla base della capacità dimostrata di usare bene le risorse ricevute dallo Stato. Su questa base si può chiedere allo Stato maggiore fiducia nell’università ma bisogna accettare di essere valutati.
E qui entra in gioco l’agenzia nazionale di valutazione, ANVUR, richiamata più volte, criticata, elogiata, vituperata. La valutazione è uno strumento indispensabile di governo delle risorse - tanto più se si vuole accrescere autonomia e capacità di attrazione degli atenei (virtuosi) - ma va combattuto l’ “accanimento parametrico” che iperburocratizza il lavoro docente, sfianca i più attivi, e offre ottimi argomenti ai detrattori della valutazione.
Né va trascurato il fatto che la valutazione indirizza le scelte dei ricercatori. L’adattamento al requisito ai fini della carriera, o dei finanziamenti, può portare a scelte puramente opportunistiche che uccidono creatività e innovazione. Per questo è giusto ragionare anche in termini di valutazione ex-post ma stando attenti alla retroazione che nel nostro paese ha sempre tempi lunghi. Già ora è troppa la distanza tra scelte di governo (penso a Ministri, ma anche a Rettori e Senati e CdA e Direttori di Dipartimento ecc.) e conseguenze di queste scelte. Chi sbaglia spesso non paga, argomento che ha fornito una motivazione oggettivamente forte alla riduzione progressiva degli spazi di autonomia dell’Università.
Altro macrotema è quello del precariato. Il concetto di precario è tutto nostrano e figlio della stessa sindrome del “posto” che affligge le carriere verticali dei docenti. Se si sta nello stesso laboratorio per anni e anni, radicandosi e mettendo su famiglia, con un contratto rinnovato periodicamente si diventa necessariamente “precari”. Se invece si usa il postdottorato per muoversi e fare esperienza ci si costruisce un CV e una propria personalità di ricercatore e studioso. Ma è un valore che può servire solo se c’è mercato del lavoro per la ricerca, appunto. La L240, introducendo i ricercatori a tempo determinato RTA (5 anni), RTB (3 anni) e le varie declinazioni ma senza meccanismi di incentivazione alla mobilità, ha de facto creato situazioni di “perpetua attesa” non di competizione positiva. Precari non si nasce, precari si diventa.
C’è poi il dottorato di ricerca che da oltre trent’anni vive schizofrenico tra l’essere anticamera della carriera universitaria ed essere terzo livello di formazione. Le aspirazioni al “posto” sono naturali e non peculiari del sistema Italia, ma in nessun altro paese uno studente di PhD è considerato un “precario da sistemare” con rivendicazioni parasindacali che trovano sponda in organizzazioni e partiti. Dietro a questo c’è tanta ignoranza e un tantino di ipocrisia. D’altra parte non siamo forse il Paese in cui si diventa “dottori” con tre anni di università? Un po’ di confronto internazionale basterebbe, come dimostrano alcuni interventi nel forum, per capire perché al di là delle Alpi siamo “incomprensibili” e ben poco attraenti come luogo per venire a formarsi nella ricerca.
Servono nuove risorse certamente, e tante, ma serve anche nuova razionalità nell’uso di quelle che abbiamo: dal rinnovo prioritario delle strumentazioni didattiche (troppi studenti apprendono dal “guardare e non toccare” oppure usando strumenti “vintage”), all’economia di scopo per laboratori didattici condivisi tra scuole superiori e università coinvolgendo dottorandi e postdoc in attività tutoriale (una vera formazione al lavoro), fino all’offerta formativa complementare definita su base regionale (non tutte le università devono insegnare tutto) in modo da evitare lo spezzatino delle risorse e sgonfiare la pressione su alcune sedi. Giusto chiedere aumenti e scatti ma ancor più giusto è mettere i decisori davanti alla responsabilità del rilancio della formazione basata sulla ricerca perché all’università, a differenza degli altri livelli della scuola, si fa ricerca.
Incidentalmente, questo rilancio potrebbe anche richiedere che Università e ricerca e trasferimento tecnologico tornassero ad avere un Ministero ad hoc come interlocutore diretto.
Il forum lo ha dimostrato: le idee per portare l’università italiana fuori dalla “buca di potenziale” in cui si trova non mancano, né le energie. Ma si avvicinano le elezioni. Fatta salva qualche operazione clientelare o qualche promessa populista poco verrà fatto di concreto. Anche se può far stare meglio la gente, creare posti di lavoro e risolvere tanti problemi di un mondo che cambia, lo studio e la ricerca non portano voti.
Sole 24 Ore del 29-11-2017
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