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La Blockchain come Chiave della Trasparenza
Al di là delle Catene – La Blockchain come Chiave della Trasparenza La blockchain è una tecnologia innovativa che sta rivoluzionando il modo in cui le aziende gestiscono le loro catene di fornitura. Grazie alla sua natura decentralizzata e sicura, la blockchain offre una maggiore trasparenza e tracciabilità dei dati, riducendo al minimo i rischi di frode e di errori. Definizione della…
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Attimo di Wisława Szymborska: Un’invocazione alla permanenza del momento presente. Recensione di Alessandria today
La poesia di Wisława Szymborska è una celebrazione della quiete del momento presente, immerso nella bellezza naturale e nella riflessione sul tempo
La poesia di Wisława Szymborska è una celebrazione della quiete del momento presente, immerso nella bellezza naturale e nella riflessione sul tempo. In “Attimo,” Wisława Szymborska ci trasporta in un paesaggio naturale immerso nella tranquillità, dove il tempo sembra essersi fermato. La poesia, con il suo tono meditativo, esplora la percezione umana di un momento perfetto e immutabile, quasi…
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Giacomo Leopardi (Lo zibaldone)
E in fine può anche derivare, e penso che almeno in parte derivi dallo stesso timore che abbiamo di quel pensiero, per la ragione che in tutte le cose fisiche e morali, il voler troppo intensamente e il timore di non conseguire, distorna le nostre azioni dal loro fine, e il mettersi ad un'operazione di mano p. e. chirurgica con troppa intenzion d'animo e timore di non riuscire, la manda a male, e nelle lettere, o belle arti, il cercar la semplicità con troppa cura, e paura di non trovarla, la fa perdere ec.
L'orrore e il timore della fatalità e del destino si trova più (anche oggidì che la superstizione è quasi bandita dal mondo) nelle anime forti e grandi, che nelle mediocri per cagione che i desideri e i fini di quelle sono fissi, e ch'elle li seguono con ardore, con costanza, e risoluzione invariabile. Così era più ordinariamente presso gli antichi, appo i quali la fermezza e la costanza e la forza e la magnanimità erano virtù molto più ordinarie che fra i moderni. E vedendo essi che spesse volte anzi frequentissimamente i casi della vita si oppongono ai desideri dell'uomo, erano compresi da terrore per la ragione della loro immobilità nel desiderare o nel diriggere
le loro azioni a quel tale scopo che forse e probabilmente non avrebbero potuto conseguire. Infatti nella infinita varietà dei casi è molto più improbabile che segua precisamente quello a cui tu miri invariabilmente, che gl'infiniti altri possibili. Ora accadendone piuttosto un altro non è effetto di destino fisso che ti perseguiti, ma di cieco accidente.¹ Essi tuttavia com'è naturale come per un'illusione ottica o meccanica confondevano (e gli animi forti ed ardenti tuttora confondono) l'immobilità loro propria con quella degli avvenimenti, e perchè non erano spiriti da secondarli e adattarvisi, immaginavano che l'immobilità stesse non in se ma nei medesimi avvenimenti già stabiliti dal destino. Laddove gli spiriti mediocri, senza fermezza nè certezza di mire, nella moltiplicità dei loro fini, e si abbattono più facilmente a uno o più di quelli che desiderano, e anche nel caso opposto cedono senza difficoltà all'andamento delle cose, e da questo si lasciano trasportare, piegare, regolare, andando a seconda degli avvenimenti. Così essi non avendo immobilità in loro, nè vedendo la somma difficoltà di concordare i loro disegni cogli avvenimenti hanno l'intelletto più libero, e non pensano che la fortuna opponga loro un'opposizione forte e stabile, (la qual forza e stabilità non è veramente se non nella resistenza che le anime grandi oppongono agl'instabilissimi e casuali avvenimenti) ma considerano tutto come effetto del caso, e delle combinazioni, siccom'è infatti: Aggiungi l'invariabilità non solo dei fini, ma anche dei mezzi nei primi, (cioè né magnanimi) che non permette loro di cambiar principii, nè di regolare le loro azioni a norma degli avvenimenti, ma li conserva sempre costanti nel loro proposito e nel modo di seguitarlo, mentre il contrario accade nei secondi. E anche senza nessun proposito nè scopo, si vedrà che la sola fermezza e immutabilità del carattere, fa illusione sulla forza del destino ch'essendo così vario pare immutabile a quelli che non vedono se non una sola via, una sola maniera di contenersi di pensare e operare, una sola sorta di avvenimenti, e come questi dovrebbero o pare a loro che dovrebbero accadere. E questo timore del destino si trova in conseguenza più o meno anche negli spiriti mediocri, o puramente ragionevoli e filosofici ec. quando provano qual-
che desiderio o mirano a qualche fine in modo che divengano immobili intorno a quel punto.
Prima uscita: 1898
Editore: Mondadori
Pagine: 2032
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Ci sono luoghi che restano custoditi nella memoria, richiamati da canzoni, poesie, dove il cibo, il buon vino, aneddoti e storie si rincorrono, si mischiano, in maniera indissolubile.
Sono le trattorie tipiche di un tempo, quelle rimaste fedeli alla tovaglia a quadrettini rossi e bianchi ed ai bicchieri con la base smerigliata ottagonale.
Le trattorie o le osterie, meglio se “quelle di fuori porta“, rimaste celate ai flussi turistici, sono uno scrigno dell’anima. Un richiamo irrinunciabile per gli abitanti del posto, un tesoro per chi, da turista, da visitatore, da straniero, ha modo di imbattersi in loro e respirare l’aria antica e vera di una città, gustare i piatti tipici secondo le ricette tradizionali.
Tutti i centri italiani, piccoli e grandi hanno la propria “bettola”. Quella che nel corso degli anni ha visto avvicendarsi i vip del posto, quella in cui sono nati progetti politici, teatrali, musicali, letterari.
Di solito non finiscono mai su TripAdvisor, non hanno migliaia di recensioni. Perché la trattoria di una città non ha bisogno di fare fatturato, fanno storia e offrono buon cibo, quello di una volta, della tradizione, la vera ricetta della nonna, che poi, magari, è la persona grazie alla quale, quel luogo di sapori e profumi fu aperto.
Le trattorie tipiche devono essere apprezzate per la loro immutabilità, per la capacità di custodire la storia di una comunità, di conservare i ricordi di un tempo che non ci appartiene più e soprattutto riscoprire sapori di un tempo, immutati, conoscere, anche solo attraverso le foto, i personaggi che ne hanno dato lustro e notorietà.
Bologna, Roma, Milano, Napoli, Torino, Firenze, Palermo, Bari, hanno la trattoria tipica, l’osteria storica, la cassaforte dei ricordi di una città.
A Bologna e a Milano, così come a Roma, le trattorie tipiche si trovano in zone poco battute dai flussi turistici. A Napoli le puoi scoprire nascoste nei meandri dei vicoli del Decumano. Osterie di un tempo a Bari Vecchia, sulle colline fiorentine a Firenze, nel cuore antico a Torino e così via.
Per chi non è del posto, però, potrebbero esserci dei contraccolpi non da poco. Chi vi serve a tavola potrebbe avere un comportamento “troppo intimo”, poco professionale per così dire. E’ questo il bello della trattoria. Se avrete la fortuna di imbattervi in quella davvero storica in una delle cento città italiane, ricordatevi che la trattoria è una esperienza prima ancora che una sosta gastronomica, è come vivere per un’ora in “una stampa storica animata di quella città” dove il tempo si è fermato a tavola.
Il luogo dove potete ancora respirare l’aria degli stornelli e dei minestroni d’osteria, che non sono le zuppe di verdura, ma le lunghissime canzoni che un tempo gli avventori ideavano al momento, magari dopo aver alzato un po’ il gomito.
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Onore a Roberto Morosetti.
Perchè c'informa che la fotografia a corredo di questo brano è di Rui Palha, non di Henri Cartier-Bresson.
Infatti la scritta sul muro recita "subida", salita in portoghese.
Penso ad una antica metropolitana come quella monumentale moscovita.
Mannò, qui siamo a Porto.
La metropolitana lì c'è, ma è moderna.
Queste scale invece, conducono al secondo piano del mercato coperto in Rua de Fernandes Tomas, là.
Una neoclassica delizia, per l'architettura oltre che pel cibo
Attaccheranno la signora, i piccioni?
No, non lo fanno.
Sazi, elegantemente la schivano.
Del resto sono piccioni, mica corvi.
Non sono i corvi di Alfred Hitchcock, ed insomma.
Quelli del praeclaro film "The birds", quelli che uccidono.
No, contribuiscono all'architettura, loro.
Sono tanti, ma non sopraffacenti, loro.
Preferiscono disporsi ordinatamente nell'ottocentesca modanatura, a destra.
O formare una avvolgente coreografia, intorno.
Profumo di Belle Epoque, sentore di decadenza.
La cangiante immutabilità - se mi concedete l'ossimoro - della condizione organica (umani, ed altre specie).
La lenta mutazione dell'inanimato.
Un bianconero di tonale sapienza.
Un momento, una inquadratura, di sottile sensibilità e resa.
All rights reserved
Claudio Trezzani
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Come un’irruzione del vero
Un mercoledì pomeriggio di marzo si passa per strade secondarie dove, ai lati, si annidano magazzini gestiti da cinesi e giace una parte di quella media industria di provincia ormai in disuso. La sede di T.M. prese fuoco all’incirca un anno fa: nel suo abbandono trovò posto qualche senzatetto o tossicodipendente che non seppe gestire il falò pensato per scaldarsi, così si dice. Fu una perturbazione di vasta portata sulla vita di questi territori fatti di finta immutabilità. Molto tempo prima del disastro il negozio interno di tessuti a prezzi popolari era frequentato da tanti residenti nella cittadina, un negozio silenzioso, tutto sviluppato in lunghezza; in una stretta ed allegra pazzia erano impilati colori e motivi da arruffare o disseppellire.
Tra una carrozzeria efficientissima ed una fabbrica arsa, un’agenzia “VENDE CAPANNONE COMMERCIALE”, come si legge sui cartelli aggrappati alle recinzioni metalliche, da anni. Si raggiunge un incrocio e, proseguendo dritti, ma rivolgendo lo sguardo verso destra, è possibile notare una grande pozza d’acqua che segna l’asfalto e discende poco più in là: probabilmente un tubo rotto, trascurato da non si sa quando. A vigilare sulla scena del glicine che contorna l’ingresso di un’azienda. Vigilare: le telecamere a circuito chiuso di tante imprese riprenderanno in prevalenza il nulla, in parte il transito di automobili, furgoni e camion impolverati, l’andirivieni di dirigenti e dipendenti, lo sfrecciare di un ciclista, la corsa di un atleta o il passaggio di un camminatore che punta verso la vegetazione ammassata laggiù, ai bordi dell’area industriale; il bosco è come se si trovasse in una fotografia sottoesposta e dalla luce calda: dal principiare della primavera ci separa soltanto il corso semivuoto, per ora, di una strada. Battiti.
In fondo alla via, al pianoterra di un piccolo e vecchio condominio, si trova un bar con giardino dov’è possibile accomodarsi su sedie di plastica, protetti dal sole da alcuni ombrelloni sbiaditi ed un po’ sporchi. Il locale è frequentato principalmente dagli stessi condomini e dagli operai attivi in zona ed offre un servizio impeccabile. Dentro un lavoratore mima, esasperando il movimento di braccia e mani nell’aria, le mosse compiute con la fresatrice il giorno prima, secondo quanto sostiene, puntando lo sguardo su un amico che ride forte. Dietro le vetrate del locale si recita il lavoro, ad inizio oppure a fine giornata. O nelle pause. Si diventa gli attrezzi usati. La proprietaria avrà visto molti di questi spettacoli, più o meno seri, più o meno comici, talvolta costellati da qualche bestemmia e spesso marchiati da un ampio raggio di luce che irrompe dai vetri. È il loro palco. E la loro balera. La radio trasmette un tormentone. Un terzo avventore accenna dei passi di danza, pesante e goffa nelle scarpe antinfortunistiche che appaiono logore e macchiate dalle sostanze più diverse, una danza limitatissima nello spazio. Sì, è come ballare nel negozio della T.M., con altro fuoco. (2023) © Devis Bergantin
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Ordinamenti di giustizia
La grande rivoluzione delle Arti Minori e del popolo minuto Le Arti e i mestieri. Gli Ordinamenti di Giustizia, provvedimenti legislativi che avrebbero estromesso dal potere politico i magnati e il popolo grasso e le Arti Maggiori, vennero emessi nell’autunno del 1292. Nel decennio precedente la politica cittadina era in mano a queste fazioni. Fra i magnati si annoveravano cittadini di origini nobili inurbati nella città. Mentre il popolo grasso era composto da mercanti o imprenditori appartenenti alle Arti Maggiori, in contrapposizione al popolo minuto formato dai lavoratori delle Arti Minori o dalla piccola borghesia, e il popolo magro consistente nel proletariato, da braccianti e operai salariati.
Comunque, non tutti i nobili, figuravano negli elenchi dei casati magnatizi, fatti nel momento, in cui si acuì il contrasto fra popolani e magnati. Quando nell’autunno del 1292, sotto la spinta innovatrice di Giano della Bella di Tedaldo di Accorri famiglia magnatizia, appartenenti al ceppo degli Scolari, si scontrò fisicamente con Berto Frescobaldi, il più facinoroso fra i magnati, durante un consiglio tenuto in San Pier Scheraggio. Questo scontro dette la prova definitiva sulla posizione di Giano, schieratosi apertamente per il popolo magro, Riuscì a farsi eleggere Priore ai primi di dicembre di quell’anno, nella Signoria entrata in carica il 15 dello stesso mese, dando la spinta ai giuristi a stilare gli Ordinamenti. L’organo collegiale era formato da persone di diversa estrazione sociale, ma senza esperienza giuridica. Venne pertanto formata una commissione di giuristi: Messer Alberto di Donato Ristori, Messer Ubertino degli Strozzi e Messer Baldo di Aguglione, con l’incarico di preparare al più presto la nuova legge anti-magnatizia.
Dopo 7 giorni di lavoro vide la luce. Nei giorni 17 e 18 gennaio 1293, venne presentata ai vari Consigli e nelle Consulte il 10 gennaio 1293 (seguendo tutta la trafila prevista dagli statuti) approvata a larga maggioranza divenendo legge formale del Comune. Viene concessa ai Priori seduti la balia (potere eccezionale al difuori degli Statuti). La volontà del legislatore vuole assicurare la conservazione dei nuovi provvedimenti inseriti nella legge. È deciso la non abolizione, non dovessero essere mitigate le norme e per conservarle sono inseriti nello Statuto comunale. Per distinguerli dagli altri Ordinamenti, viene aggiunto un attributo, a garantirne la validità perpetua, chiamandoli definitivamente: “Ordinamenti di Giustizia” I magnati tolti per sempre dalle leve di comando della città cercarono di rivolgere la situazione a loro favore, ma gli andò male e per marcare la loro contrarietà per essere stati messi fuori dai poteri li chiamarono “Ordinamenti di Nequizia”. In altre città d'Italia vengono emanati altri ordinamenti per difendere il popolo minuto dai soprusi dei magnati. A Bologna, vennero chiamati: Ordinamenti Sacrati o Sacratissimi, per indicarne la immutabilità. I nuovi “ordinamenti di Giustizia”, approvati nel periodo autunnale del 1292, furono approvati e entrati in vigore nell’inverno primavera del 1293, sotto spinta dei moti di piazza organizzati dalle Arti Minori e il popolo magro, e non dalle Magistrature del Comune, e dagli stessi Organi politici che si erano prestati a sostenere l’oligarchia dei Magnati, le Arti Maggiori e il popolo grasso. Ora quello che interessava al popolo ora al potere, era l’ingresso di persone di diversa estrazione sociale, e che non avessero avuto contatti con chi era stato al potere fino a quel momento.
Alberto Chiarugi Read the full article
#AlbertoChiarugi#arti#Artimaggiori#artiminori#Firenze#GianodellaBella#giustizia#mestieri#Ordinamenti
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RT @MoonLuchy: #QuartaRepubblica (1) In molti credono nella sostanziale immutabilità della Terra, del suo clima e dei suoi abitanti. Il clima del pianeta Terra cambia nel tempo. Evolve continuamente. E i cambiamenti possono essere relativamente piccoli o piuttosto vistosi. In ogni caso questi
— Mario Calandra (@MariusKalander) Jan 17, 2023
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Variazioni sul tema uomo: contatti II
Salutandoti domani
spiegherò perché oggi ero suicida
tra i riverberi di una stanca immutabilità.
Ti dirò di una condizione amorfa,
del mio rifiuto incompleto,
del mio rifrangere fotoni di essenza,
del mio sforzo estremo verso l’astrazione.
E domani sarò là
inarcando le spalle all’impossibile
come sempre......
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#opinioni di un clown#pericoloso#immutabilità#temporaneo#cambiamento#accettare il cambiamento#eternità#nulla è eterno#sempre uguale
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Cambiare
Un tempo credevo che coerenza significasse immutabilità, che cambiare fosse un delitto e che qualsiasi variazione costituisse un pericolo, per me e per gli altri. Gli anni però mi hanno insegnato che il cambiamento è forse il più grande valore che si possa difendere, che evolversi è la più antica e più importante fra le tradizioni umane. L'età mi ha messo di fronte all'evidenza della costante necessità di cambiamento ed ha cancellato buona parte delle mie paure. Ora vivo più serenamente, consapevole della piccola rivoluzione quotidiana che ognuno di noi può attuare, forte delle mie convinzioni ho smesso di combattere quelle altrui per portare avanti le mie idee senza la pretesa che chi mi sta intorno le consideri a sua volta migliori. Ora è tutto diverso, rispetto a quel tempo lontano in cui mi crogiolavo nel pensiero che mai sarei cambiato. Sorrido ripensandoci e mi dico che sì, ne è valsa la pena, cambiare.
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La sola stabilità è quella che fa conoscere il progresso della vita divina nell'anima, perché essendo Dio immutabile, chi lo possiede partecipa della sua immutabilità nel bene. Gesù. 💞 Alla Serva di Dio Luisa Piccarreta di Corato, Italia-Bari, laica, mistica, terziaria domenicana. Vol VI, 22 luglio 1904. http://ladivinavolonta.org/scritti-di-luisa-piccarreta/ https://www.instagram.com/p/CWf6lH6MJjn/?utm_medium=tumblr
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Questo Amore che brilla più del Sole , che scalda più del fuoco vivo, che fa male tanta è la sua potenza ed intensità, che è unico e raro e, proprio per questo , inimmaginabile dai più e soprattutto da chi non lo prova o sente , questo Amore che vale più di mille amori e che si schianta su di noi con la forza di un uragano , devastando il nostro sentire e colpendo in pieno la nostra capacità di discernere , ragionare e reagire , questo Amore che ci allontana da tutto ciò che è terreno , facendoci volare verso la sfera spirituale , la forza di un Dio lo fa crescere ed ingigantire dentro di noi , tanto da esserne sommersi e sopraffatti , da schiantarci emozionalmente contro di lui , questo Amore che non conosce ne’ giorno ne’ notte , che è insieme peccato ed eresia , fede e sacralità , che ci fa palpitare , gridare , vibrare , come fuscelli scossi da una tempesta sensoriale , questo Amore che non conosce ne ‘ inizio ne ‘ fine , ma solo eternità ed immutabilità , ciclo immortale del nostro divenire quel Noi di cui essere fieri , questo Amore ci fa esplodere e morire in miliardi di gocce rosso ,vive , sangue da donare all’ umanità , come semi di Vita . Paola Turri
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Ghiacciai: la loro scomparsa è un lutto che faremo fatica a elaborare Mi trovo a due passi dalla Val Ferret in Val D’Aosta, chiusa proprio alcuni giorni fa per una possibile frana del ghiacciaio Planpincieux sul Monte Bianco. C’è una disperazione mista a irritazione da parte di chi lavorava proprio qui in Val Ferret e che ora, dopo il Covid-19, deve chiudere di nuovo tutto. Ma il punto non è solo questo. Come hanno scritto questi giorni i giornali, che ogni tanto si risvegliano per dare notizie sul cambiamento climatico, lo scioglimento (o la fusione, se vogliamo usare il termine giusto) dei ghiacciai è irreversibile ovunque. Il che significa che nel giro di qualche tempo, non sappiamo quanto di sicuro sarà un processo che anche noi adulti faremo in tempo a vedere, i ghiacciai spariranno. E ovunque la sparizione sarà preceduta da possibili crolli e frane. Non mi voglio soffermare qui sulle conseguenze in termini ambientali, economici, sull’impatto rispetto all’approvvigionamento idrico che i ghiacciai garantivano. Mi interessa fare un discorso più emotivo (...) Riflettevo l’altro giorno sul significato delle parole “ghiacciai perenni“. Ecco, questa è la dimensione che guardare, o percorrere, i ghiacciai ci dava. Un senso di stabilità, immobilità, diciamo anche di immortalità, sia pure solo della Natura. Per questo la montagna ha un’aura veramente sacra, per questo ci ritempra non solo fisicamente ma anche spiritualmente. E’ il nostro spazio metafisico, come lo è in parte il mare per la sua infinitezza, qui invece proprio per la sua imponente immutabilità. Se i ghiacci si sciolgono, perdiamo con loro anche questo senso di stabile durevolezza che è fondamentale a livello psicologico per stare al mondo. Perché se è vero che il sentirsi stabili è un fatto interno, ma di sicuro si alimenta anche con ciò che c’è fuori. E lo spazio fisico, la Natura, ci dava e ci dà questa sensazione di continuità letteralmente “ontologica”. Ecco anche, perché, il cambiamento climatico può essere devastante a livello psicologico, specie per i più fragili. Non solo per le sue conseguenze fisiche, ma anche per quelle sulla nostra mente, che deve affrontare ed elaborare una Natura che nel peggiore dei casi muore, nel migliore comunque cambia. Non è più stabile. Non è più eterna. Siamo cresciuti in fondo col binomio “Natura immobile” vs “storia che cambia”, dove la storia era portatrice di eventi drammatici e mutamenti, guerre, rivolgimenti etc, e la Natura invece di stabilità. Oggi potremmo dire viviamo in un’epoca in cui sia la Natura che la storia sono portatrici di mutamente forsennati a cui dobbiamo adattarci. Una sfida psicologica, ripeto, forse mai vista prima. (...) Secondo un recente sondaggio Ipsos, i cittadini italiani sono soprattutto spaventati dai cambiamenti climatici ben più del Covid-19. Ed è logico, un ghiacciaio che si scioglie suscita emozioni intense di dolore e paura. Emozioni che, al momento, né i media né le istituzioni raccolgono. Lasciando le persone sole a elaborare una tristezza troppo grande per poter essere gestita nel privato. Elisabetta Ambrosi
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"Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettare risultati diversi."
~Albert Einstein~
Non ci si può aspettare un cambiamento in meglio, se non si fa mai nulla per cambiare.
Eppure, un'unica "follia" concessa e consigliata c'è: quella di coltivare la speranza,
che proprio nella sua tenace immutabilità,
è autentica savieta'.
©Daniela Codenotti
(Matteo 24:13) jw.org
#ArteficiDiSeStessi
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345. Il vivente come calcolatore - Ep. II
La funzione, come l'algoritmo, la sua forma composta, è la descrizione della creazione, del cambiamento cosmico.
L'automazione biologica operata negli eoni e il suo "passaggio" alla coscienza umana ci fa capire la responsabilità della nostra specie vivente di ricollegarci alla natura nell'ozio assoluto.
Ma è davvero questo che voleva la biologia quando ha creato sé stessa? La presa di coscienza dell'assenza di un scopo esistenziale è forse il messaggio che ci comunica che siamo le terminazioni dell'albero della vita? Il senso di tutto sembra sempre essere il semplice adattamento, un fiorire della nostra atmosfera, in cui noi ci siamo svegliati con un apparente scopo.
Possiamo vagare nell'Universo alla ricerca dell'eternità ma saremo sempre in un costrutto morente il cui senso coincide con il suo stesso essere. Chi sostiene che siamo in una simulazione, confonde ricorsivamente il cambiamento e il suo algoritmo. L'unico senso esplicito che possiamo dare alla vita, infatti, è il suo modello matematico.
La definizione di variabili, il loro conteggio e il loro inserimento in funzioni, sono gli strumenti della vittoria. La vittoria è ciò che possiamo definire come l'assorbimento di un elemento su un altro, come processo elementare del cambiamento. Il senso della vittoria è una mera prevalenza di un elemento chimico all’interno di un dominio, non un respingimento a scopo di sopravvivenza. La nostra maggiore vittoria è avvenuta quando abbiamo applicato la definizione di variabili e funzioni per dominare su tutte le civiltà biologiche. L'essere umano ha raggiunto la terminazione della sopravvivenza biologica quando la sua collettività lo ha messo al sicuro da ogni problema esterno.
C'è voluto molto tempo e molto tempo ci vorrà ancora per spalancare le porte dell'energia universale. Per ora, finché la guerra sarà preferita, in efficienza, alla pace e alla matematica, la nostra specie si troverà sempre in quel brodo primordiale di burrascoso cambiamento basato sulla vittoria.
Quando abbracceremo la visione algoritmica e automatizzante della realtà, ci avvicineremo all'ozio assoluto. Alla fine, la coscienza si dissolverà nel destino degli eventi e completeremo il nostro viaggio di immutabilità universale.
L'uomo, elemento chimico nel flusso del cambiamento, potrà solidificarsi tra le braccia dell'universo, esprimendo sé stesso come semplice presenza. Fiorirà nell’arte schivando la morte fino al suo arrivo, o a quello di tutto il sistema a cui appartiene.
(3 aprile 2020)
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