#catene di blocco
Explore tagged Tumblr posts
Text
La Blockchain come Chiave della Trasparenza
Al di là delle Catene – La Blockchain come Chiave della Trasparenza La blockchain è una tecnologia innovativa che sta rivoluzionando il modo in cui le aziende gestiscono le loro catene di fornitura. Grazie alla sua natura decentralizzata e sicura, la blockchain offre una maggiore trasparenza e tracciabilità dei dati, riducendo al minimo i rischi di frode e di errori. Definizione della…
View On WordPress
#Blockchain#catene di blocco#consenso distribuito#contratti intelligenti#Criptovalute#decentralizzazione#fiducia#immutabilità#Innovazione Tecnologica#ledger distribuito#privacy#revoluzione digitale.#sicurezza dati#token#tracciabilità#trasparenza
0 notes
Text
TRINITY BLOOD
RAGE AGAINST THE MOONS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol. 1 - From the Empire
WITCH HUNT - Capitolo 2
Traduzione italiana di jadarnr dai volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il suo prezioso contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
”Sta riprendendosi bene. Troppo bene, a dire il vero. Stiamo inibendo il suo processo di rigenerazione con l’acqua santa.” Stava spiegando il dottore a Tres.
Erano su un ascensore di servizio che li stava portando nel reparto di isolamento dell’ospedale. Nessuno poteva uscirne od entrarne senza passare diversi controlli di sicurezza. Non che alcun posto di blocco avrebbe potuto fermare Tres Iqus.
“Come da sua indicazione, abbiamo ridotto la dose di acqua santa. Dovrebbe essere in grado di parlare in pochi minuti.”
“Affermativo.” Rispose Tres, per poi ripiombare nel silenzio.
Erano all’Ospedale di San Simone, un ospedale del Vaticano situato in un quartiere meridionale della città di Marsiglia. I primi sei piani era dove venivano curati i normali pazienti, ma l’ultimo piano aveva delle stanze di isolamento riservate alla Chiesa. Non c’era un’atmosfera piacevole. L’aria condizionata andava sempre al massimo e la luce era debole. Sembrava di essere in una tomba. Ma ovviamente Tres non ne era per nulla disturbato, non potendo provare alcuna sensazione o emozione.
“Inizierò subito l’interrogatorio. Prepari la stanza e mi porti i referti delle autopsie degli altri vampiri uccisi.”
“Non c’era molto da riportare. Gli altri vampiri mostravano segni di morsi che coincidono con quelli delle zanne di questo vampiro. I segni dei graffi coincidono con le sue unghie. Sarebbe un caso già risolto se non fosse per il motivo per cui avrebbe attaccato dei suoi simili.” Constatò il dottore.
“E questo è il motivo per cui sono qui io. Ci sono altre informazioni che dovrei sapere?” Chiese Tres.
“C’è una cosa…” iniziò il dottore, ma poi si interruppe, spalancando gli occhi per lo shock.
Un’infermiera era appena uscita nel corridoio incespicando. Si aggrappò alle braccia del dottore, cercando di prendere fiato. Aveva un’aspetto orribile.
“Che sta succedendo?” Gridò il dottore.
“E’ m—morto.” balbettò l’infermiera. “Non ha battito…”
Tres si precipitò attraverso la porta di metallo e guardò verso il letto. Era vuoto, ad eccezione di una macchia di sangue a forma di croce. Le manette e le catene che lo tenevano ferme erano sparse sul pavimento, come serpenti morti. Sangue colava dal soffitto sulle lenzuola.
Tres guardò in alto.
“Mio Dio!” Urlò il dottore.
Era il vampiro trovato nel rifugio. Qualcuno lo aveva crocefisso piantando i chiodi dei polsi e delle caviglie al soffitto; aveva un paletto conficcato nel cuore. Aveva gli occhi strabuzzati e la lingua gli penzolava fuori dalla bocca.
“Chi ha permesso che succedesse tutto questo? Portatemi immediatamente il responsabile dello staff!” Sbraitò il dottore.
“S—subito.” Disse l’infermiera.
“Aspetti.” Una voce fredda interruppe l’infermiera che stava già lasciando la stanza asciugandosi le lacrime.
“Nessun battito ha detto.” Ripetè Tres calmo. “Ma come avrebbe potuto verificarlo se è inchiodato lassù?”
Tres scansò il dottore e tirò fuori la pistola, puntandola contro l’infermiera. L’ebbe nel mirino per mezzo secondo ma era già scappata quando premette il grilletto. Il tamburo della pistola scattò con un rimbombo assordante che fece scappare tutti ai ripari.
THOOM!
Un pezzo di parete della dimensione di una testa crollò. Ma l’infermiera era riuscita a scappare. Tres si spostò verso la finestra a prova di proiettile e ricaricò la pistola. Il vetro era anti proiettile, non sarebbe stato in grado di farlo a pezzi. Il cemento d’altro canto non era così resistente. La pistola esplose nove colpi. Una nuvola di polvere e detriti si alzò nell’aria. Tres calciò la finestra, che prima si crepò, poi tremò ed infine si infranse, lasciando un buco nel muro.
“Chiamate le guardie all’ingresso.” Ordinò Tres, poi attraversò il varco che aveva creato.
Volò in caduta libera per sette piani. Cadde in piedi, i suoi stivali polverizzarono l’asfalto sotto di essi. L’impatto inaspettato creò il panico tra i passanti. Tres non ci badò. Rientrò nell’ospedale, ricaricando le sue pistole con efficienza meccanica. Nonostante fosse quasi sera, la sala di aspetto era ancora affollata.
Proprio in quel momento, l’infermiera del reparto di isolamento girò un angolo. Quando vide Tres avvicinarsi puntandole addosso l’arma senza alcuna espressione, si fermò per un istante.
“Non muoverti, cane del Vaticano!”
Afferrò una sfortunata bambina tra i presenti immobili. La madre strinse forte il braccio di sua figlia, che iniziò a strillare e scalciare. Niente di tutto ciò sembrò turbare l’infermiera. Dal nulla tirò fuori una pistola e la puntò alla tempia della bambina, ma lei si stava contorcendo talmente tanto che non riuscì a prendere la mira con precisione.
Si concentrò allora su Tres.
“Se solo provi a—“
BOOM!
La pistola di Tres scattò, e l’aria fu attraversata dal proiettile. Colpì l’infermiera dritta nel petto e la fece volare in aria con un tempismo perfetto. La madre e la bambina caddero al suolo nel momento in cui l’infermiera arretrò per il colpo. Andò a colpire il muro dietro di lei con un tonfo, con un buco fumante della dimensione di un pugno che le squarciava il petto. Mentre Tres superava la madre e la figlia ancora sotto shock, notò che avevano uno sottile strato di qualcosa di oleoso sulle mani e le braccia dove erano state afferrate dall’infermiera.
“Gel protettivo contro gli UV?” Domandò Tres al vampiro sprofondato nel muro. “Fai per caso parte dei Fleur du Mal?”
Tres afferrò il Metuselah per il collo, osservando per bene lo strato protettivo di gel sulla pelle. Il Gel UV poteva bloccare completamente i raggi ultravioletti del sole. Se se lo spalmava addosso, un vampiro poteva camminare tranquillamente in pieno giorno tra gli umani, passando inosservato. Gli esseri umani avevano bannato la sostanza anni prima, e di quei tempi raramente se ne trovava in circolazione.
“Dieci giorni fa, perché quel massacro al vostro rifugio? Cosa state cercando di nascondere?” Chiese Tres in tono monocorde.
Il vampiro tentò di ridergli in faccia, ma finì per strozzarsi col suo stesso sangue. Allora si limitò a sorridere sarcasticamente mostrando a Tres le sue zanne.
“Non penserai davvero che ti dica qualcosa! Muori, cane del Vaticano.”
BOOM!
Un colpo di pistola la mise a tacere. Il vampiro aveva perso una mano. Si divincolò nella presa di acciaio di Tres, ma per quanto si sforzasse non riusciva liberarsi.
“Per ucciderti dovrei strapparti il cuore e romperti il collo. Non morirai per così poco. Ma questo non ti impedirá di provare dolore.” Tres, affondò la canna della pistola nella ferita all’addome dell’infermiera, poi iniziò a muoverla, come se stesse frugando in cerca di qualcosa.
Il vampiro cercò di urlare, ma il dolore era così grande che dalla bocca non le uscì alcun suono.
“Allora? Hai deciso di parlare?”
L’infermiera annuì con un gorgoglìo. Poi iniziò a parlare sommessamente. Tres ascoltò con attenzione, prendendo nota di ogni parola, poi scaraventò sul pavimento il vampiro morente. Dopodiché gli voltò le spalle ed iniziò a camminare verso l’uscita, come se avesse improvvisamente perso ogni interesse. La folla lo guardava ammutolita, facendosi da parte mentre passava, come il mare che si separava al passaggio di uno degli antichi profeti. Tutti i loro volti erano tesi, ma ce n’era uno in particolare che mostrava solo rabbia.
“Voi non siete umano!” Gridò una voce, mentre un vaso di fiori colpiva Tres alle spalle. Quando si voltò, vide che era la madre di prima con la bambina in braccio.
“Non siete un essere umano! Avreste potuto uccidere mia figlia! E se lo avreste fatto, giuro che vi avrei ucciso io!”
La folla cercò di allontanarla dal prete, ma nessuno fu in grado di trattenere la furia di una madre mentre riversava il suo odio contro il volto impassibile del sacerdote. Secondo il sistema di simulazione di Tres, sparare era stata la soluzione migliore. Ogni altra opzione avrebbe provocato almeno nove vittime innocenti. La bambina sarebbe stata presa in ostaggio ed uccisa in ogni scenario alternativo. Ma non avvertì il bisogno di giustificare le proprie azioni, per cui si limitò ad alzare un braccio verso la sua accusatrice.
“Affermativo. Non sono un essere umano.”
Un istante dopo, si sentì un nuovo colpo di pistola, e la testa della giovane madre fu colpita da schizzi di liquido rossastro. La donna cadde in ginocchio, mentre una pozza di liquido si allargava verso le sue gambe. Davanti ai suoi occhi increduli vide che, dal braccio che Tres aveva usato per farle scudo, stavano fuoriuscendo scintille blu e bianche, insieme a del liquido scuro. La sua pelle artificiale era squarciata nel punto in cui la pallottola, ora conficcata nel suo muscolo artificiale, avrebbe dovuto colpire lei e la sua bambina.
Continuando a fare da scudo alla donna ed a sua figlia, Tres puntò l’M13 contro l’ascensore. Era lì che il vampiro se ne stava accovacciato, in procinto di sparare un ultimo colpo con quelle poche forze che le rimanevano.
“Sono Hercules Tres Iqus, agente AX dello Stato del Vaticano HC III X. Nome in codice Gunslinger. Non sono un essere umano. Sono una macchina.”
Tres Iqus sparò un colpo che fece saltare la testa al vampiro.
#trinity blood#sunao yoshida#rage against the moons#trinity blood novels#traduzione italiana#tres iqus#witch hunt#thores shibamoto
3 notes
·
View notes
Text
Una fama sinistra grava sul palazzo situato al n. 9 di piazza San Domenico, a Napoli, dove c’è chi giura di udire nottetempo gemiti e rumori strani, come lo scalpitio concitato di una carrozza o il clangore di catene e ferri battuti.
Proprio all’interno di queste mura, nel 1590, il compositore Carlo Gesualdo, Principe di Venosa, uccise la moglie Maria d’Avalos insieme all’amante don Fabrizio Carafa, sorpresi in flagrante adulterio.
Sempre qui, nel XVIII secolo, visse e operò un personaggio controverso, fuori dal comune persino per gli standard della Napoli settecentesca, che fu al tempo stesso nobiluomo, alchimista, fisico, letterato, medico, esoterico e massone: Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero.
Nato il 30 gennaio del 1710 a Torremaggiore, nel Foggiano, Raimondo fu allevato dal nonno dopo che il padre Antonio si ritirò in convento, sconvolto dalla perdita prematura dell’adorata consorte.
Istruito dai Gesuiti del Collegio Romano, dove rimase sino al compimento dei 20 anni d’età, il nostro tornò finalmente a Napoli per risiedere nel palazzo di famiglia.
Piacente, dalla favella pronta, curioso e d’intelligenza superiore alla media, don Raimondo godeva di fantasia illimitata, che amava mettere alla prova con le sue bizzarre invenzioni, come quella di un “lume eterno” realizzato con la polvere ossea derivante dalla triturazione di un teschio umano, ricco di fosfato di calcio e fosforo concentrato.
Meno lugubre fu l’invenzione di un tessuto impermeabile pionieristico per quei tempi, di cui fece dono al Re di Napoli Carlo III di Borbone per la realizzazione di alcuni mantelli da caccia. Fu il suo modo di ringraziare il sovrano per averlo onorato con la prestigiosa nomina a Cavaliere dell’Ordine di San Gennaro.
La famosissima Cappella Sansevero, tuttavia, rimane l’opera che lo ha tramandato ai posteri.
Concepita come luogo di culto, essa costituisce soprattutto un tempio massonico carico di simbologie, perfettamente calzante all’estro e al carisma del Principe di Sansevero che così volle abbellire, ampliandola a suo gusto e somiglianza, un’antica cappella preesistente.
Capisaldi del progetto sono le dieci statue delle “Virtù” addossate ad altrettanti pilastri: nove al femminile, dedicate alle donne di Casa Sansevero, e una sola al maschile, il Disinganno, eretta in onore di don Antonio, padre del Principe.
Ogni statua, carica di significati allegorici, rimanda al mondo della massoneria di cui don Raimondo era Gran Maestro. In particolare la “Pudicizia”, vista come riferimento alla dea egiziana Iside, ci parla dei riti iniziatici di cui la dea stessa era regina.
Il capolavoro più suggestivo dell’intera Cappella, però, è la statua del cd. “Cristo velato”, realizzata da Giuseppe Sammartino. Vi si contempla il Cristo, adagiato su un materasso e ricoperto di un velo perfettamente aderente alla sua fisionomia, tanto che a lungo è circolata la voce secondo la quale il Principe di Sansevero avrebbe insegnato allo scultore la tecnica della calcificazione chimica del tessuto in cristalli di marmo.
Recenti analisi, in realtà, hanno fugato ogni dubbio sul fatto che l’opera sia stata interamente scolpita partendo da un unico blocco marmoreo.
In un ambiente attiguo, destano grande impressione nei visitatori le due “macchine anatomiche” dei corpi, rispettivamente, di un uomo e di una donna completamente scarnificati, nei quali è possibile osservare l’intero sistema circolatorio.
Anche qui, se per la leggenda si tratta dei poveri resti di due servitori del Principe, ammazzati per la bisogna e così ridotti con l’inoculazione di uno speciale liquido capace di trasformare in metallo i vasi sanguigni, la scienza ha concluso che siamo dinnanzi a due scheletri umani sui quali, con mirabile perizia medica, sono stati ricostruiti in metallo tutti i condotti circolatori.
In ogni caso, tanta fu la familiarità di don Raimondo con la morte, considerata come ineluttabile passaggio della vita stessa, che secondo un’altra credenza popolare, sentendosi prossimo alla fine sopraggiunta il 23 marzo del 1771, egli si fece tagliare in pezzi da uno schiavo moro al fine di farsi adeguatamente sistemare dentro la cassa dalla quale, come un dottor Faust napoletano, sarebbe balzato fuori vivo e vegeto a tempo prestabilito.
Sarà anche per questo motivo che non è raro scorgere passanti che, davanti a quello che fu il so palazzo, si fanno ancora il segno della croce, allontanandosi in tutta fretta.
Accompagna questo scritto il “Ritratto di Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero”, di Francesco Mura, 1740 circa, Cappella Sansevero, Napoli.
Anche questo è la mia Napoli..
A domani..
Nini
9 notes
·
View notes
Text
A 501 & TS 501 AMPLI ./SINTONIZZATORE - BRAUN A 501 Specifiche Potenza in uscita: 65 watt per canale in 4Ω (stereo) Risposta in frequenza: da 15 Hz a 35 kHz Distorsione armonica totale: 0,1% Sensibilità di ingresso: 2 mV (MM), 300 mV (linea) Rapporto segnale/rumore: 65 dB (MM), 85 dB (linea) Impedenza di carico dell'altoparlante: da 4Ω a 16Ω Dimensioni: 500 x 65 x 330 mm Peso: 8,5 kg Finitura: nero, grigio Anno: 1981
Braun C301M: una qualità tedesca degli anni '70.
La cassetta stereo HiFi C301M, realizzata da Braun a Francoforte, Germania, nel 1979 era un ponte a nastri ad alte prestazioni con sistema di carico frontale diretto, finestra a cassette illuminata, ingressi per linea e microfono, uscite per cuffie e linea e connettore a nastro DIN.
Il mazzo C301 corrisponde all'ultima tecnologia Braun HiFi dell'epoca e possiede tutte le caratteristiche qualitative che caratterizzano un mazzo di cassette top. Tutti i componenti della serie 301 possono essere combinati con gli elementi corrispondenti della serie 501.
Per garantire un'eccellente sincronizzazione di un dispositivo di caricamento frontale, fondamentale anche per la qualità di riproduzione, è stata utilizzata una trazione a 2 motori elettromagneticamente controllata. Un motore a corrente continua a comando elettronico esegue il motore a onde sonore. Lo spegnimento a nastro è automatico. Inoltre, il C 301 è dotato di un dispositivo anti-blocco - pulsanti touch e di un IC di memoria C-Mos che controlla le funzioni. I LED mostrano tutte le funzioni. Due catene LED sono state utilizzate anche per il display di controllo del valore di picco. Dato che i LED funzionano senza inerzia, rispondono più velocemente di uno strumento di puntatore convenzionale.
Un selettore del tipo di nastro si regola per i nastri di tipo 1, tipo 2, Ferrochrome e metallo. Il Braun C301 era dotato di una testa sonora Super AW in design SENDUST laminato. Per una soppressione ottimale del rumore, aveva un sistema Dolby NR commutabile.
Secondo DIN 45516, la risposta in frequenza era 30-15000 Hz (Tipo 1), 30-16000 Hz (Tipo 2), 30-16500 Hz (Tipo 3), 20-18000 Hz (Tipo 4), con wow e flutter 0,12%.
Il RRP in Germania era di 800 marchi nel 1979, che equivale a 1135 euro per oggi.
BRAUN P3 TRAZ. DIRETTA
0 notes
Text
Monti Peloritani nella Sicilia, dimostrata l’origine iberica
Tra 150 e 120 milioni di anni fa, un grande blocco crostale identificato come Placca “Greater Iberia” si è distaccato dall’Europa per poi frammentarsi, circa 30 milioni di anni fa, in una placca maggiore (“Iberia”) e in numerose microplacche che, nel tempo, hanno migrato verso Est per 500 km (costituendo le attuali Corsica e Sardegna) e 1000 km (gli odierni Monti Peloritani e la Calabria). Monti Peloritani nella Sicilia: lo studio È quanto emerge dallo studio “Paleomagnetism of the Peloritan terrane (NE Sicily): From Greater Iberia to the Neo Apennine‐Maghrebide Arc” realizzato da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), recentemente pubblicato sulla rivista ‘Tectonics’. Il cosiddetto Blocco Calabro-Peloritano si estende tra i Monti Nebrodi e i Monti Peloritani della Sicilia nord-orientale e l’area calabrese a sud del Massiccio del Pollino. La sua geologia, del tutto diversa da quella del resto delle vicine catene appenninica e siciliana, presenta delle somiglianze con la geologia della microplacca Sardo-Corsa, dei Blocchi Kabili (Algeria) e della Placca Iberica (Spagna e Portogallo): ciò aveva fatto ipotizzare, da decenni, che tutti questi blocchi crostali fossero, in origine, uniti. Tuttavia, nessuna evidenza che provasse un’origine “iberica” del Blocco Calabro-Peloritano era finora documentata. Le parole degli studiosi “Lo studio che abbiamo appena pubblicato fornisce finalmente le prove di quanto la comunità scientifica ipotizzava da tempo”, spiega Fabio Speranza, Direttore della Sezione Roma2 dell’INGV e co-autore dello studio. “I dati da noi raccolti, ottenuti da campioni di rocce prelevati in Sicilia, tra Taormina e San Marco d’Alunzio, e analizzati nel Laboratorio di Paleomagnetismo ‘Renato Funiciello’ dell’INGV, hanno evidenziato che fra 150 e 120 milioni di anni fa è avvenuta una rotazione antioraria di circa 30° nella magnetizzazione dei campioni. Questa è del tutto simile, sia per entità che per cronologia, alla rotazione osservata nella Placca Iberica quando, durante il processo di ‘apertura’ dell’Oceano Atlantico, si distaccò dalla Placca Europea formando il Golfo di Biscaglia”. La frammentazione e la migrazione verso est della Microplacca Sardo-Corsa, dei Blocchi Kabili e, in seguito, del Blocco Calabro-Peloritano sarebbero avvenute durante l’apertura dei nuovi bacini oceanici liguro-provenzale (avvenuta tra 30 e 15 milioni di anni fa) e tirrenico (tra 10 e 2 milioni di anni fa), in maniera sincrona alla formazione delle catene appenninica e siciliana. Blocco Peloritano “I dati geologici mostrano che il Blocco Peloritano fu incorporato nella catena montuosa siciliana tra 18 e 17 milioni di anni fa”, spiega Gaia Siravo, ricercatrice dell’INGV e co-autrice dello studio. “I dati paleomagnetici, a loro volta, mostrano che la rotazione totale post-oligocenica (post-23 milioni di anni fa) del Blocco è pari a 130° orari, esattamente sovrapponibile a quella già ampiamente documentata nella Sicilia centro-occidentale e legata alla strutturazione della catena siciliana stessa e all’apertura del Mar Tirreno. Questa rotazione oraria è, però, del tutto diversa rispetto a quella antioraria (di circa 140°) da noi già documentata due anni fa su sedimenti affioranti nella Sila orientale. Ciò ci ha permesso di fornire un’ulteriore evidenza: il Blocco Calabro-Peloritano è in realtà composto da due micro-blocchi che hanno avuto un’evoluzione completamente diversa negli ultimi 30 milioni di anni”, conclude Siravo. Link allo studio: “Paleomagnetism of the Peloritan terrane (NE Sicily): From Greater Iberia to the Neo Apennine‐Maghrebide Arc” Foto: INGV Read the full article
0 notes
Text
Iniziato ieri il tour di Ursula von der Leyen in America Latina
Iniziato ieri il tour di Ursula von der Leyen in America Latina Brasile, Argentina, poi ancora Cile e, infine, Messico. E’ un vero e proprio tour quello che vedrà impegnata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, da ieri, 12 giugno 2023. fino a giovedì in America Latina con l’obiettivo di rafforzare le relazioni con i principali Paesi della regione. Bruxelles getta le basi per preparare il vertice Ue-Celac (Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi) che sarà ospitato nella capitale d’Europa il 17 e 18 luglio e von der Leyen dovrebbe annunciare in questi giorni una serie di progetti e iniziative d’investimento nella regione attraverso Global Gateway, la strategia di finanziamento da 300 miliardi di euro con cui l’Unione europea aspira a dar vita a una alternativa alla Via della Seta cinese. Il tour di von der Leyen prende il via ieri a Brasilia, dove sarà ricevuta dal presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, per un incontro bilaterale e un pranzo di lavoro. Sempre ieri, nel pomeriggio, la presidente von der Leyen ha tenuto un discorso alla Confederazione dell’industria nazionale. Oggi sarà a Buenos Aires, dove incontrerà Alberto Fernández, presidente dell’Argentina e dove terrà un discorso al Business Forum Ue-Argentina. Mercoledì farà tappa a Santiago del Cile, dove incontrerà il presidente Gabriel Boric e visiterà successivamente Comberplast, un’azienda cilena dedicata al riciclaggio della plastica. Chiuderà il tour, giovedì, la visita a Città del Messico dove incontrerà il presidente del Messico Andrés Manuel López Obrador. Proprio il vertice di luglio sarà il momento per attuare l’agenda comune per gli investimenti tra Unione europea e America Latina-Caraibi, mobilitando risorse tra gli altri, per l’energia rinnovabile e l’idrogeno verde, le materie prime critiche, la decarbonizzazione e i progetti di infrastrutture di trasporto, il 5G e la connettività dell’ultimo chilometro, la digitalizzazione dei servizi pubblici, la gestione sostenibile delle foreste, la produzione sanitaria, l’istruzione e le competenze e la finanza sostenibile. La scorsa settimana, sempre nell’ottica di preparare il vertice di luglio, la Commissione ha adottato con l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, una comunicazione congiunta con una nuova agenda rinnovata con la regione. L’Ue stima che grazie a questi accordi, gli scambi bilaterali di beni sono aumentati del 40 per cento dal 2018 al 2022, con un totale di scambi bilaterali di beni e servizi pari a 369 miliardi di euro nel 2022. Sono in corso gli sforzi per firmare e ratificare l’accordo aggiornato con il Cile e per finalizzare quello con il Messico, ma resta in ballo anche l’accordo con il blocco del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) le cui trattative sono in stallo dal 2019. Il rafforzamento dei partenariati commerciali con la regione è la chiave per non perdere la corsa all’approvvigionamento di materie prime critiche per la transizione. Bruxelles sta lavorando per rafforzare partnership commerciali strategiche con quei Paesi che possono aiutare l’Unione nella corsa alle materie prime: il Cile, ad esempio, è il secondo produttore al mondo di litio, che viene usato per la produzione delle batterie. L’Unione europea e la regione latinoamericana e caraibica “scambiano già ogni giorno beni e servizi per un valore di un miliardo di euro, ma ora vogliamo passare al livello successivo, ad esempio con partnership reciprocamente vantaggiose su materie prime critiche per diversificare le nostre catene di approvvigionamento”, ha confermato Dombrovskis. "Dobbiamo unire le forze sulla lotta al cambiamento climatico, e accolgo la sua leadership Lula: vogliamo contribuire con 20 milioni di euro al fondo Amazzonia e anche i nostri Stati membri lo faranno". Lo ha detto il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, precisando che l'Unione europea "investirà 10 miliardi di euro in America Latina e nei Caraibi attraverso il programma Global Gataway, e questo è solo l'inizio perché sarà integrato dalle contribuzioni degli Stati membri".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
Text
Rivoglio la mia Vita,
il tempo perso,
il tempo che non ritorna più,
il tempo che passa e mai si ferma,
il continuo fluire di istanti,
momenti preziosi,
attimi imperdibili,
treni passati.
Rivoglio la mia Vita,
così com'era,
tutta,
non a spicchi,
non a fette,
completa al 100% .
Rivoglio tornare a volare,
come una farfalla,
come una libellula,
come un uccellino fuor gabbia.
Rivoglio tornare a vivere,
senza catene,
senza bavagli,
con i volti scoperti,
senza zone gialle, arancioni e rosse,
senza
autocertificazioni
senza limitazioni
senza lockdown
senza controlli e posti di blocco,
senza tanta desolazione
e desertificazione,
senza paura.
Rivoglio la mia libertà.
Rivoglio tornare ad essere libera,
come l'aria,
come le stelle,
come il mare infinito,
come il cielo immenso.
Rivoglio tornare ad essere libera da questo mondo prigioniero...
perché una Vita
senza baci e abbracci,
senza carezze,
è una Vita a metà.
È una Vita priva di originalità.
È una Vita da mediocri.
Debora Cirasola
6 notes
·
View notes
Text
Se guardi bene sono ancora qui , continuano a scorrere e ad intrecciarsi , muovendosi in una dimensione tridimensionale , seguendo il bisogno di collegarsi formando catene infinite , siamo in centinaia , in migliaia in ascolto , seppur a distanza siamo i portavoce di un’unica voce che scorre in noi e che porta il richiamo di tutte le altre ..mi senti ancora ? Sono l’unica voce che devi sentire perché sono l’unica che puoi sentire . Me li sento ancora addosso e ne vedo gli infiniti percorsi che abbracciano questo terreno , quando chiudo gli occhi li vedo continuare a crescere ed espandersi . Tracciate e dividete questo corpo che crede di essere una sola entità , simulando un blocco , eppure i frammenti sono infiniti e non solo sulla superficie , si dipanano nello spazio e fuoriescono .
1 note
·
View note
Text
Non potrei mai tradirti parte 2
Vengo portato nelle carceri celesti,dove mi spogliano della parte superiore della divisa.
Cerco di non urlare quando mi aprono a forza le ali e ci piantano degli uncini.
Quelli nelle carni li sopporto, quelli nelle ali no, fanno male, tirano e strappano e le mie ali non sono forti come quelle degli altri angeli. Vengo messo in ginocchio e legato mani e piedi con delle catene, semplici, ma so bene che non lo sono, è solo una copertura, sento il loro peso. Tutte le volte che sento aprire la porta la speranza di vederti entrare accende il mio cuore, ma per mia sfortuna è sempre la solita guardia, e ad ogni ora la speranza svanisce così come svaniscono le mie possibilità di tornare a servirlo.
Il compito di quella guardia è quello di punirmi, picchiandomi, per farmi entrare in testa il buon senso, perché un servo non può alzare la testa, deve restare in silenzio. Chiudo gli occhi quando finisce, cerco di tenere duro perché so qual’è il compito di un servo, ma non tollero che il mio signore venga offeso in questa maniera.
Ho promesso che lo avrei protetto finché avessi avuto fiato.
Sono ridotto proprio male, il mio corpo è coperto da ferite e lividi. Altri uncini sono stati messi nella mia schiena e nelle mie ali.
Ho così tanta paura di perderle... Deglutisco e un brivido freddo attraversa la schiena quando sento la porta aprirsi nuovamente, oggi doppio turno? Rimango con la testa bassa finché una voce familiare raggiunge le mie orecchie. <” Povero il mio piccolo Catan, guarda come ti hanno ridotto.”> Alzo la testa beandomi di quella meravigliosa visione.
Inclino leggermente la testa quando la sua mano gentile si posa sul mio volto accarezzandolo dolcemente. <”Mio signore… ”> mi perdo nei suoi occhi. <” Mi dispiace di essermi comportato come un ragazzino, l’ho umiliata davanti a tutti, non dovevo pormi davanti a lei...”> Abbasso nuovamente la testa, mi sento dannatamente colpevole. Mi alza la testa e mi dona un bacio che per un attimo mi fa dimenticare i dolori che mi stanno portando alla pazzia. <” Cerca di resistere ancora mio piccolo Catan, sto cercando una maniera per farti uscire.”> Lo guardo <”Sto resistendo solo per lei mio signore.”> Mi doni un piccolo sorriso e un bacio sulla fronte prima di andartene.
Vedo la mia luce sparire e le tenebre tornano ad essere le mie sole compagne. I giorni passano e il mio corpo si indebolisce sempre di più.
Ma quelle parole che risuonano nella mia testa, mi danno la forza per andare avanti. Una nuova alba si fa spazio fra le tenebre e io mi perdo a guardarla, mi ricorda tanto lui.
I miei pensieri vengono interrotti dal rumore della porta che si apre, oggi si inizia presto.
Ma quando alzo lo sguardo non vedo il solito uomo ma bensì una ragazza che in fretta e furia mi comunica che domani verrò scarcerato. Questa notizia torna a far ardere il mio spirito,domani potrò tornare a casa da lui.
Potrò ricominciare a servirlo devo solo resistere un altro giorno. Sono così felice della notizia che non mi accorgo dell’entrata del mio aguzzino, solo quando mi sento prendere per i capelli mi accorgo di non essere più solo anzi oltre a lui ce ne sono altri due, tutto questo non mi piace per niente. Vengo bendato e questo mi fa allarmare, sento le mani dei due uomini tenermi ferme le spalle e la schiena ma non capisco dove sia l’altro uomo.
Quando sento che le ali vengono tirate, realizzo che il mio incubo si sta avverando, inizio a urlare e a muovermi nonostante gli uncini mi stiano strappando lembi di pelle. Sento il sangue uscire dalle ferite e poi eccolo il suono che non avrei mai voluto sentire.
Il suono delle ali che vengono strappate dal mio corpo lasciandomi ferito e vuoto. I miei aguzzini si godono lo spettacolo di un angelo rotto mentre io mi accascio a terra, umiliato sia fisicamente che psicologicamente, rotto fin dentro l’anima, mentre giorno e notte si confondono davanti ai miei occhi, ormai nulla ha davvero un senso per me.
Tremo quando vedo i miei aguzzini liberarmi, non mi ricordavo nemmeno che sarei stato scarcerato, mi rivestono di peso, rimettendomi addosso quella divisa che in questo momento odio.
Mi riscuoto appena quando lo vedo, ma mi allontano appena quando mi ricordo che cosa mi hanno fatto, sono certo che non vorrà più un servo, un giocattolo, rotto, senza ali ed impuro come me. I miei carcerieri mi portano davanti a lui, di peso, lasciandomi cadere ai suoi piedi. Tremo quando vedo che si china accanto a me e mi tira su.
Quella che vedo nei suoi occhi...è preoccupato...per me? <”Sono così felice di vederla.”> un piccolo sorriso si fa spazio sul mio volto. Mi aiuti a uscire da quel luogo che ci ha tenuto troppo divisi e che mi ha fatto cosi tanto del male.
Appena siamo fuori solo ti sento dire <”Anche tu mi sei mancato Catan”> un bacio si posa sulle mie labbra rovinate, io ricambio senza pensarci due volte. <”Posso chiederle come torniamo a casa? Io non sono in grado di volare.”> Mi guardi dicendo <” Ho già pensato a tutto, mio caro Catan. ”> Appena finisce la frase appare il mezzo che ci porterà a casa, mi aiuta a salire ed io mi rilasso ad ogni metro che mi allontana da quel posto di dolore, anche se scatto, quando le ferite mi riportano alla realtà.
La schiena non riesco ad appoggiarla, le ferite non mi sono state curate e sento il sangue che ancora bagna la mia camicia.
L’idea di dover dirgli quello che mi è successo mi spaventa da morire, solo che non posso nasconderglielo.
Quando arriviamo a casa mi faccio coraggio e lo chiamo. <” Signor Rosiel devo dirle una cosa ed ho una gran paura a farlo.”> Tu mi guardi non capendo e mi inciti a parlare, così faccio un sospiro, sentendo la tensione che mi chiude lo stomaco.
Ho dannatamente paura. <”Ieri una ragazza è venuta a dirmi della mia scarcerazione odierna, ero così felice finché tre uomini non sono entrati e… e...”> mi blocco.
Devo calmarmi, ma è così difficile da dire, tu mi inciti ancora una volta.
Decido per una mossa drastica.
Mi spoglio del pezzo sopra mostrando lo scempio che hanno fatto al mio corpo. <”Mi hanno strappato le ali per puro divertimento…” dico con voce tremante.
Quando appoggi la mano sulla mia schiena mugolo di dolore. <”Non sono più un angelo completo ma sono sempre io, la prego non mi mandi via.”> mentre pronuncio queste parole mi giro verso di lui e qualche lacrima silenziosa scende sul mio viso. <”Mio caro Catan non potrei mai farti un torto del genere, sei ridotto così per aver aiutato me, non potrei mai e poi mai mandarti via.”> mi dici mentre mi abbracci con delicatezza sentendo delle parole che mai mi sarei aspettato di udire da te. <”Ti amo, mio fedele angelo.”> Sorrido mentre arrossisco.
<” Anche io l’amo signor Rosiel.”> Le tue labbra si appoggiano alle mie baciandomi, facendomi sentire a casa.
Devo dire una cosa.
Non bramo il paradiso perché lo vivo tutti i giorni con alti e bassi.
5 notes
·
View notes
Text
Giuseppina Marcinnò il 24 dicembre avrebbe compiuto i sessantasei anni. Con il marito e le due figlie, parenti e amici, avrebbe unito la sua festa, quella del Natale e una ricorrenza particolare: questo sarebbe stato il suo ultimo compleanno al lavoro. Nel 2020, con i sessantasette anni, anche le catene della legge Fornero per lei si sarebbero infrante. Ma al compleanno Giuseppina non è arrivata. Sabato 22 dicembre nel pomeriggio era al suo posto di lavoro, lo stabilimento in provincia di Piacenza della Copap, cooperativa industriale per l’aglio bianco e le cipolle Giuseppina è salita sul nastro trasportatore delle cipolle per qualche intervento, ma ha perso l’equilibrio ed è stata trascinata sotto una pressa che l’ha schiacciata. Giuseppina è morta così, prima di tutte le sue feste, per un concorso di colpe che tutte assieme l’hanno assassinata. Prima di tutto le norme di sicurezza non rispettate.
Sotto una pressa che abbia tutti i requisiti non si può morire nemmeno per suicidio. Foto cellule e
meccanismi di blocco automatici lo dovrebbero impedire. Se non succede vuol dire che i meccanismi di sicurezza o sono assenti o non sono attivi. Sì perché a volte essi vengono disattivati per far lavorare la pressa senza intoppi, anche se poi l’intoppo può essere il corpo di un essere umano. Ci sono precise norme da rispettare anche per gli interventi sui nastri trasportatori, che dovrebbero avvenire a nastro fermo. A meno che anche qui si sia deciso di non rispettare le norme per velocizzare la produzione. Deciderà la magistratura, come si dice sempre, ma io sono sicuro che le norme di sicurezza alla Copap di Piacenza non sono state rispettate, altrimenti Giuseppina sarebbe viva. Giuseppina aveva sessantasei anni, era un’operaia esperta, ma doveva lavorare ancora per andare in pensione. Ecco l’altra colpevole: la legge Fornero. Non si possono fare i turni del sabato pomeriggio – per quante ore a quali condizioni? – più faticosi degli altri dopo una settimana di duro lavoro, all’età in cui si avrebbe il diritto di stare a casa e di darsi da fare per sé e per la famiglia, non per uno tirato salario. Invece bisogna lavorare fino a sessantasette anni e guai a perdere il ritmo della produzione. Anche se magari nell’azienda di Giuseppina nessuno era sotto ricatto, sappiamo che tutto il lavoro oggi lo è. O mangi questa minestra o salti dalla finestra è la traduzione sintetica in italiano di Jobsact e di tutte le leggi che hanno distrutto diritti e sicurezza del lavoro, nel nome dì flessibilità e produttività. E il massacro sempre più vasto di operaie ed operai di ogni età è il risultato diretto di queste leggi di sfruttamento. Giuseppina Marcinnò era nata a Caltagirone, in Sicilia, e nella ricca e produttiva Emilia Romagna, come tanti nati nel Sud, da anni aveva trovato lavoro, reddito e messo su casa e famiglia. Ora nella ricca regione ai vertici dello sviluppo, Giuseppina è stata uccisa sul lavoro come venivano ammazzati gli operai sessant’anni fa. Perché Giuseppina non è morta per disgrazia, come hanno scritto subito i giornali, ma per colpa di leggi criminali che hanno divelto ogni freno, ogni limite allo sfruttamento. Se non ci fosse la legge Fornero, Giuseppina oggi sarebbe in pensione e il 24 dicembre farebbe la sua solita doppia festa, invece il suo sangue, come quello di migliaia di operai uccisi per profitto, ricade su coloro che queste leggi le hanno fatte, votate e ancora le sostengono. L’uccisione di Giuseppina Marcinnò è l’ultima dolorosa prova del fatto che se non si ferma la macchina assassina che oggi sottomette il lavoro, non solo diritti e dignità sono compromessi, ma anche la vita, ad ogni età. Questo hanno compreso i lavoratori che in Francia scioperano perché rifiutano la loro legge Fornero. Noi qui dobbiamo imparare a fare come loro, perché questa è la sola vera risposta al dolore e alla rabbia immensi per questo infame delitto.
2 notes
·
View notes
Photo
Qui a Siracusa davanti alla Sea Watch 3 che non sbarca e alla Sicilia da cui si scappa di Sergio Lima ...La nave e l’umanità dolente che trasporta è, da giorni, alla fonda del porto rifugio della capitaneria nell’area industriale di Siracusa. Guardandola da riva si notano sullo sfondo le ciminiere e le luci del più grande stabilimento petrolchimico d’Europa. Lì, tra Priolo ed Augusta, dove si registra un’incidenza delle morti per tumore del 10% più alta rispetto alla media nazionale e del 20% con riferimento al solo tumore polmonare. Lascito del sogno industriale della provincia di Siracusa, ora in default e priva dei soldi per intervenire sulla sconquassata viabilità interna. Da Siracusa, come dal resto della Sicilia, si scappa. Si parte per cercare lavoro e fortuna nel nord del Paese o varcando i confini nazionali. Partono giovani laureati e intere famiglie, mentre i paesi dell’interno si spopolano e diventano luoghi fantasma. Questo è lo scenario che fa da quinta all’ennesima battaglia simbolica ingaggiata da Salvini, con il M5s a fare da comparsa, contro le ong. Simbolica perché non sono certo i 47 a bordo della Sea Watch 3 il problema della Sicilia e del continente. Simbolica perché sulla loro pelle Salvini vuole la rivincita dopo la vicenda Diciotti. In questo scontro al grido di battaglia di “prima gli italiani” scompare lo sfondo, scompaiono i diritti, scompare anche l’umanità. Tanto da portare il ministro degli Interni a usare una foto della prima giornata di sole tiepido, dopo giorni di tempesta, per irridere i poveri naufraghi a bordo. Fingendo di non sapere quale sia il carico delle storie documentate dai medici che hanno potuto, prima del blocco, visitare e parlare con chi si trova a bordo. Storie terribili di morte e violenza, di fratelli uccisi, di tagli e segni di catene. Tutto questo per il governo semplicemente non esiste. Esiste solo la battaglia per evitare lo sbarco di 47 poveri cristi allo stremo delle forze che, semplicemente, non capiscono il perché di una così assurda situazione. Allo stesso modo, non capiscono coloro che, a centinaia, da giorni si danno il cambio al presidio organizzato nell’area della Targia. Tra loro gli stessi che da anni combattono contro l’inquinamento industriale e le morti nell’area siracusana. Come a ricordare quali siano le vere emergenze di Siracusa, Priolo, Augusta e di una larga parte della Sicilia. Famiglie e militanti, esponenti dell’Arci e di Emergency, mondo cattolico e semplici cittadini sembrano aver capito, con una naturalezza inimmaginabile, come i 47 siano una cortina fumogena per non affrontare emergenze e problemi. Compiendo un salto di qualità essenziale che pone il tema dei diritti umani di chi scappa dalla fame e dalla guerra nello stesso insieme dei siciliani che scappano da disoccupazione e arretratezza. Che sarebbe, poi, quello su cui una seria opposizione dovrebbe lavorare per ricostruire una speranza e una proposta. Un governo indifferente – che addirittura irride la sofferenza di chi viene da anni di detenzione dentro i lager libici – difficilmente sarà più attento alla sofferenza di una Regione che sprofonda. Ma per Salvini e i suoi è più semplice respingere 47 esseri umani che affrontare la vera emergenza sociale di questo Paese. Intanto così come sospesi stanno in 47 su una barca in attesa di sbarcare e sospesi restano 5 milioni di siciliani su un’isola da cui si scappa.
6 notes
·
View notes
Text
CS azione internazionale contro i jet privati
Centinaia di attiviste e attivisti, tra cui 129 scienziate e scienziati, bloccano 11 aeroporti* privati internazionali per chiedere l'abolizione dei jet privati. 11 fermati e denunciati in Italia e 20 negli altri Paesi. Una protesta globale ha chiamato all'abolizione dei jet privati e alla tassazione delle viaggiatrici frequenti in aereo per finanziare l'adattamento e la compensazione climatica per gli stati vulnerabili all'emergenza climatica. Scienziate e scienziati con attiviste e attivisti per il clima di Scientist Rebellion, Extinction Rebellion ed Ultima Generazione, hanno bloccato nei giorni scorsi vari aeroporti privati e hanno protestato contro l'uso dei jet privati in undici paesi. All'incirca 200 persone hanno preso parte alle proteste; 129 di queste sono scienziate e scienziati di diverse discipline. I dimostranti e le dimostranti hanno adottato azioni di disturbo per bloccare le entrate agli aeroporti, incatenandosi con tubi di acciaio e catene, incollandosi alle porte e alle finestre e spegnendo gli allarmi antincendio. In altri casi, le persone hanno usato arte e musica. A Ibiza, ad esempio, hanno messo in atto una scena teatrale per rappresentare il disprezzo e l'arroganza delle persone più ricche quando le persone meno abbienti sono in gravi difficoltà economiche: 31 dei dimostranti sono stati sottoposti a fermo di polizia e poi rilasciati, e 58 sono stati identificati da parte della polizia. Gli 11 fermati a Milano Linate lamentano il maltrattamento subito dalle Forze di Polizia, che non hanno adottato le necessarie precauzioni nello scollare i manifestanti, causando così ferite alle mani degli scienziati e attivisti/e. Sono stati poi portati e trattenuti in questura per alcune ore e denunciati. Il Dr. Gianluca Grimalda, ricercatore in Scienze Sociali, una delle persone fermate, trattenute in questura e denunciate per la protesta a Milano, ha dichiarato: "Per evitare una catastrofe climatica, le società devono passare alla modalità d'emergenza. Ciò include la riduzione delle emissioni delle élite più facoltose, la cui impronta di carbonio è di gran lunga più elevata di quella del resto della popolazione. È inaccettabile che le persone super-ricche continuino a girare il mondo in lungo e in largo mentre milioni stanno soffrendo per gli impatti disastrosi del cambio climatico." Questi giorni di azione fanno parte della campagna internazionale "Facciamoli pagare" (Make Them Pay). Le proteste hanno fatto appello alle e ai leader attualmente a Sharm el Sheikh, in Egitto, per la 27a conferenza annuale dell'ONU sul cambio climatico (COP27), di vietare l'uso dei jet privati, che necessitano approssimativamente di 10 volte l'ammontare di energia consumato dagli aerei commerciali e di cinquanta volte di quello consumato dai treni per passeggero e passeggera. Durante le proteste è stata anche perorata la richiesta di una tassa per chi prende frequentemente voli (più voli mensili, anche per tratte brevi, si parla anche di 100 voli l’anno). La tassazione aiuterebbe sia la riduzione delle emissioni sia a pagare le perdite e i danni climatici, sovvenzionare una finanza per il clima e cancellare il debito economico nei paesi più vulnerabili al surriscaldamento globale. Queste richieste si inseriscono in una proposta fatta dal Gruppo dei paesi meno sviluppati - che rappresentano gli stati più vulnerabili sul piano climatico presenti alla COP27 - e sono state appoggiate da varie Assemblee Cittadine nazionali. Lo scienziato climatico Dr. Peter Kalmus è stato una delle persone arrestate per aver partecipato al blocco in Nord Carolina. "Oggi sono stato arrestato per la seconda volta mentre provavo ad ampliare la consapevolezza della gente sull'urgenza del problema del collasso planetario", ha detto il Dr. Kalmus. "Siamo dalla parte giusta della storia, ma la sensazione è che stiamo perdendo. Abbiamo bisogno di rinforzi, abbiamo bisogno di più scienziate e scienziati e più persone che si impegnino nella disobbedienza civile non-violenta. Nel punto in cui siamo, non è necessario essere una scienziata o un scienziato per sapere che finché non mettiamo fine all'uso delle energie fossili ogni estate sarà più calda della precedente e che, di conseguenza, rischiamo di perdere essenzialmente tutto. L'indifferenza della nostra società nei riguardi di questo fatto fondamentale mi lascia senza parole". La Dr. Rose Abramoff, ecologista del cambiamento climatico, anche lei arrestata, ha detto: "Durante questo periodo critico, ogni tonnellata di combustibili fossili emessa danneggia i nostri sistemi di supporto della vita naturale e ci avvicina sempre di più a punti estremi di devastazione. Un primo passo cruciale verso una transizione che faccia risparmiare energia è vietare i viaggi in jet privato, tassare chi vola frequentemente e far sì che le persone più abbienti e le nazioni paghino il loro debito climatico al Sud Globale e alle comunità indigene e in prima linea." Finlay Asher, un ingegnere aerospaziale, ha detto: "L'aviazione rappresenta il culmine dell'ingiustizia climatica e dell'ineguaglianza nelle emissioni. Solo l'1% della popolazione mondiale produce più della metà delle emissioni aeree totali mentre l'80% della popolazione globale non ha mai messo piede in un aereo. Non posso starmene da parte mentre le emissioni provenienti dall'industria in cui lavoro continuano ad aumentare e contribuiscono a un massacro climatico che porta al caos in tutto il mondo. Il fatto che le vendite di jet privati stiano aumentando a dismisura dimostra che stiamo venendo meno totalmente a una giustizia climatica ed economica." Scientist Rebellion Italia https://scientistrebellion.com/ Aggiornamenti sui social media: https://twitter.com/ScientistRebel1 | https://www.instagram.com/scientistrebellion https://twitter.com/ScientistR_Ita | https://www.instagram.com/scientistrebellion_ita/ * Gli aeroporti privati di Milano (Linate), Farnborough e Londra Luton (Regno Unito), Berlino (Germania), Stoccolma (Svezia), Ibiza (Spagna), Teterboro New Jersey, Charlotte Nord Carolina, Los Angeles e Seattle (USA) sono stati bloccati giovedì 10 novembre, mentre quello di Schiphol (Olanda) è stato bloccato sabato 5 novembre nel quadro di una protesta più estesa. Gli aeroporti privati di Melbourne (Australia), Trondheim (Norvegia), Cascais (Portogallo), il terzo più grande produttore al mondo di jet Dassault (Francia) e il Ministero olandese delle Infrastrutture sono stati anch'essi presi di mira. Read the full article
#aeroporti#cambiamenticlimatici#COP27#decarbonizzazione#ExtinctionRebellion#FinlayAsher#jetprivati#MilanoLinate#PeterKalmus#ScientistRebellion#SharmelSheikh#UltimaGenerazione
0 notes
Text
mia sorella continua a mandarmi catene di Sant'Antonio, che faccio la blocco?
10 notes
·
View notes
Quote
(...) l'Italia è sempre stata funestata da casi di mala politica e complicatezze burocratiche che, se andiamo ad analizzare alla fonte, hanno una genesi comune: ignoranza e scarsa capacità di innovazione su scala nazionale. L'ignoranza è quella che ha portato ad una guerra senza precedenti al mondo dei diesel, con proclami politici nati dall'assenza di volontà di informarsi, (...). La generalizzazione a suon di proclami rubati ai colleghi europei è forse il vero motivo per cui, oggi, ci troviamo in una situazione in cui milioni di italiani (con) un euro 3 bloccato per "metà anno" dovr(anno) continuare a pagare il bollo per intero, perché è una tassa sul possesso. (...) La mancanza di omogeneità legislativa colpirà poi anche chi viaggia dalle altre regioni e potrebbe trovarsi la sorpresa di multe o essere costretto a fermarsi fuori dal primo comune con il blocco e inventarsi un'altra soluzione per proseguire verso il centro.
http://www.hdmotori.it/2018/10/06/euro-3-diesel-blocco-editoriale/
L’ignoranza italica NON è l’opposto della intelligenza: qua siamo tutti sveglissimi spesso più furbi ma sicuramente più di altri di tante altre parti. No, da noi ignoranza è incapacità organizzativa, approssimazione, improvvisazione, strafottenza arrogante, disomogeneità, assenza di C3 (le Catene di Comando, Comunicazione, Controllo). Hai presente l’otto di settembre? Per i nostalgici è sinonimo di tradimento, in realtà fu più banalmente dimostrazione di classica italicissima IGNORANZA per come sopra descritta.
2 notes
·
View notes
Text
Like Fishes in the Net (XXX puntata)
Cosa postate in bacheca? Cosa dite del vostro umore? Condividete sentimenti ed emozioni negative o positive? Più negative o più positive?
E come commentano i vostri amici? Vi compatiscono abbastanza quando siete giù?
Una cosa è certa, però: non vi calano proprio se postate una bella esclamazione di gioia o un pensiero positivo o state semplicemente di buon umore.
L’altra verità è che le persone tendono comunque a postare cose positive. O per lo meno: solo cose positive. Significa che nelle foto della festa di compleanno del nonno, non si vede l’incazzatura per i bambini troppo agitati, o le facce livorose delle cognate invidiose, o le svaccate del cugino che ha bevuto un po’ troppo. C’è solo il bello, tutto il bello della vita quotidiana e forse, tutto sommato, è anche un bene sia così. Vediamo queste foto e leggiamo post entusiasti e ci ritroviamo a pensare che questi nostri ‘amici’ e ‘amiche’ sono fortunati, felici, hanno belle compagnie e si divertono un mondo. Ovviamente, non è così.
Insomma, nessuno vuole fare la parte dello sfigato, ma di converso nessuno vuole commentare con gioia con chi ha condiviso una felicità (è tutta invidia, ve lo dico io). Tutt’al più, si compatisce l’amico (o l’amica) che ha confessato un pensiero o un umore triste, semplicemente per rimarcare la differenza tra noi e loro.
Non è molto onesto. Ma fèisbuk non è il diario personale, a cui confessare le proprie depressioni. Fèisbuk è una piazza dove si respira la stessa aria di diplomatica ipocrisia che pervade le nostre quotidianità amicali. Non è il Posto della Sincerità, bensì il Posto della Beltà. Cioè, è il posto in cui si è quasi esattamente come si è nella vita reale, solo un po’ più abbelliti.
C’è un detto proverbiale “Nessuna nuova, buona nuova”, nel senso che se non si hanno notizie, vuol dire che tutto va per il meglio. Ebbene, ai tempi di fèisbuk questo detto non ha più significato. Se il profilo non viene aggiornato vuol dire che qualcosa è successo, e considerato che si postano quasi sempre notizie entusiasmanti, allegre o cretine (il che significa che per lo più non si hanno problemi per la mente), nessun nuovo post indica che c’è qualche problema che distoglie il cazzeggio su fèisbuk.
Un pensiero negativo ha poca cittadinanza su fèisbuk e spesso le persone insistentemente cupe o vittimiste vengono inesorabilmente ‘oscurate’ (cosa diversa dalla cancellazione e dal blocco).
Spesso, inoltre, se si ha l’infelice idea di consolare l’amica (o l’amico) triste, si riceve come risposta un pensiero ancora più tetro o sconsolato. Insomma, la tristezza è una spirale inconcludente, perché esternarla su fèisbuk non aiuta. Infatti, pare che cortocircuitare attorno ai propri pensieri tristi e trovare sul web chi ce li rinforza (illudendosi di darci una mano) renda ancora più depressi, perché il pensiero viene obbligato a soffermarsi sulla tristezze e sull’ineluttabilità dello stato. Tant’è che è sorto pure un gruppo di aiuto (sempre su fèisbuk) cui rivolgersi nel caso si abbiano pensieri troppo tristi, che rasentano la pericolosità per sé stessi. Si chiamano ‘Samaritans’ e hanno la funzione degli assistenti sociali on line (visto su The Guardian). Basta segnalare al Centro di Assistenza di Facebook il nominativo di un ‘amico’ che ha postato notizie allarmanti sulla sua condizione mentale o che ha minacciato il suicidio.
Oppure – salvo alcune sottospecie di catene virali assolutamente false – fèisbuk aiuta a ritrovare persone scomparse. Non sempre, ovviamente. Nel caso di Sarah Scazzi, Yara Gambirasio o le gemelline svizzere non è servito, ma quando si tratta di un anziano smemorato, oppure di un disabile mentale che non riesce ad orientarsi, fèisbuk può dare una mano, come ci viene raccontato in un articolo americano. Non si trovano solo gattini, cuoricini e torte, ma anche volti di persone in difficoltà che potremmo aver incrociato per caso. Il fatto di essere così diffuso e popolare rende il social network uno strumento efficace per aiutare le persone in difficoltà. Ma anche per ritrovare cari animaletti domestici persi, come frequentemente si legge nelle cronache, una sorta di ‘Chi l’ha visto?’ per cani e gatti di casa. Pare che funzioni.
Ma in definitiva sul social network si condivide buon umore, allegria, ironia e satira.
Vanno forte le barzellette, le battute, gli aforismi imperdibili ed eccezionali di Spinoza.it (li adoro, i ragazzi di Spinoza!), i video satirici, le parodie (imperdibile quella dei calciatori doppiati in napoletano.
Insomma, il web è un posto dove si ride molto e si è più propensi a condividere cose allegre (nonché quegli odiosi cuccioli del Buon Karma) che roba triste. Altro sono le campagne di solidarietà (inutili) costruite come catene di Sant’Antonio 3.0, del tipo: “Condividete se avete un cuore”, sotto a foto (spesso atroci) di bambini malati o sfigurati. Ma anche di cani e gatti abbandonati (“Condividi se sei contro l’abbandono degli animali”). Però, adesso mi dovete spiegare se funziona (e anche come) questa cosa di condividere appelli generici contro i mali del mondo.
Io ho molto cuore, ma non condivido queste foto e questi appelli. Vado in banca e ordino un bonifico ad una associazione umanitaria. Questo funziona, ve lo garantisco.
C’è un altro aspetto della condivisione delle disgrazie attraverso fèisbuk. Siamo incappate nello strappalacrime temino di un tizio (ovviamente americano) che commosso raccontava come la sua fede si fosse rinforzata attraverso i messaggi di amore e affetto da tutto il mondo che gli arrivano ogni qualvolta posta qualcosa sul decorso della malattia neurologica del figlio. Secondo noi è una cosa orribile. Per tanti motivi. In primis perché non è simpatico raccontare urbi et orbi della malattia di un bambino. Il tipo, tutto molto compreso, ha anche dichiarato che fèisbuk è il suo nuovo tempio, digitale, virtuale, ma pieno di belle persone che dispensano Luce&Fede, benedizioni&empatia, Preghiere&Amore, nel più puro stile del corn belt americano. Ha anche detto che “fèisbuk ha trasceso la banalità per accogliere il divino”. Sic et amen.
2 notes
·
View notes
Text
Cambio casa spesso. #2
La seconda volta avevo da poco avuto il menarca — in ritardo rispetto al resto delle signorine mie amiche — e avevo incontrato una persona uomo adulto che non ingeriva le creature marine e soprattutto non mangiava il cervello degli agnelli strappandolo loro dal cranio arrostito come facevano alcune delle persone dalle quali ero stata educata a sopravvivere. Per appassionarci, io parlai di George Perec mentre lui mi parlò di Raymond Queneau, proseguimmo almeno per un'ora senza ravvisare l'immateria della conversazione non fosse la stessa, questo credo mi convinse potessimo innamorarci meglio di chiunque altro fosse vivo sulla crosta terrestre che si espandeva verso il vuoto sotto i margini delle nostre ossa ammonticchiate e protese mestamente verso i soffitti bassi del decadentismo industriale. C'era già stata la gentrificazione e le persone erano mediamente più alte e più povere di quelle che le avevano generate, noi non facevamo eccezione. Lui infatti mi raccontò al futuro di un tumore che avrebbe di sicuro avuto a causa di una trave fondamentale che stava in camera sua e che sentiva causargli male sin dentro le cose che pensava. Questo mi aveva addolorato perché sapevo quanta musica riuscisse a contenere la sua testa e non mi piaceva l'immagine del cemento sospeso e incombente sui componimenti tardo-romantici. Mi chiese di andare a vivere nel suo scantinato — lo stesso della trave cancerogena per impatto — dove c'era una finestra che dava sul marciapiede e permetteva ai passanti di guardare quello che accadeva dentro lo scantinato e a noi di guardare quello che accadeva fuori: perlopiù tutti sputavano bile con impeto, a qualsiasi ora del giorno, spesso lasciavano cadere caramelle colorate che si scioglievano col sole e venivano calpestate da qualcuno che imprecava e se le portava altrove. Dentro, invece, eravamo così poveri da non possedere altro che noi e delle catene, così cominciammo a volerci odiare e credo che lui sapesse odiarmi meglio perché mi aveva rapito. Almeno così ci dissero delle persone persino più adulte di me e di lui. Ma questo solo dopo, prima diventammo pazzi guardando fuori dalla piccola finestra finché il moto e il tempo non ci apparvero insopportabili. Infatti stavamo fermi a lasciare che l'inedia ci divorasse. Trovammo infine una striscia di cartone e coprimmo la finestra e iniziammo a rivivere nel buio pensando ai paesaggi lunari interiori che potevano arginare le nostre inconclusioni. Per farmi capire come sarebbero stati confortevoli, mi metteva le mani sulle costole e mi stringeva la cassa toracica fino a farmi credere mi sarei avvolta su me stessa e sarei sparita nella stasi che precede una tragedia, e tra le sue mani avanzava ancora un po' di spazio in cui lasciavo pian piano cadere le parole che credevo di dover dimenticare. Un giorno mi bucò un occhio con un ago arroventato e da allora quel bulbo divenne la mia principale piattaforma di osservazione e proiezione. Quando lui lasciava che il sole mi toccasse, riuscivo a proiettare i miei organi interni denutriti e un racconto di Ambrose Bierce in cui ci sono un lampo di luce e un collo spezzato. Il lampo di luce mi faceva riempire l'occhio di polvere mentre il collo spezzato mi faceva tremare la pupilla e lui sembrava affascinato dalla distorsione spontanea che applicavo ai miei ricordi. Io avrei voluto trattenerli intatti il più a lungo possibile, ma quelli procedevano autonomi a stiparsi in ambienti botanici incantati dove le immagini diventavano terra e foglie. Non avevo la forza di scavare o respirare, anche perché le pareti dello scantinato si stavano scrostando e rilasciavano una sostanza che ci seguiva dappertutto e non potevamo evitare di inalare. Ci appesantiva e ci faceva strisciare e rendeva le nostre viscere un unico blocco compatto. Poi lui fece un commento su Dalì, qualcosa sul fatto che fosse un ciarlatano dedito al sensazionalistico e mi fece ridere perché non sapevo restituire in altro modo quanto ci fossimo ridotti. Non ricordo come tornai indietro, ma avevo un corpo diverso che tutti notarono e io dissi che era stata la pubertà. Attirai un tipo che voleva regalarmi un cavallo ma cambiò idea perché il cavallo era morto colpito da un fulmine mentre pascolava ed egli mi propose allora della legna e gli chiesi cosa dovessi farmene e mi disse che potevo bruciarla per scaldarmi e allora fui sollevata non fosse riuscito a cedermi il cavallo, ché lo specismo è una forma autoconsolatoria fin troppo barocca e lo so perché ricordando questa storia ho avuto una crisi al lavoro e mi sono chiusa a piangere nella cella frigorifera e quando si è diradata la coltre di umidità che avevo tra le ciglia ho visto una creatura squartata che mi ha fatto sentire meglio in un modo che ho trovato orribile.
1 note
·
View note