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I folletti esistono
Sbuffo e tiro un pugno alla sveglia che suona da una buona mezz'ora, ho passato una nottata orribile, la testa non ha smesso un solo istante di pensare ho provato a convincerla di smettere ma niente non ha funzionato. Adesso devo proprio alzarmi, devo ritrovarmi con i ragazzi. Mi alzo ancora più controvoglia di prima recuperando i vestiti su quella che prima era una sedia. Scendo in cucina e santifico mamma che ha fatto più caffè probabilmente ha sentito rumori provenire dalla mia camera stanotte e ha capito che non ho dormito, poi ha il senso da mamma come dice sempre. Le bacio la guancia lanciandomi subito sul caffè quel santo nettare che mi riporta su questa terra fin troppo strana. Tanto la colazione la farò allo studio ormai con i ragazzi facciamo sempre così. Metto la tazzina nel lavandino, saluto nuovamente mamma dopo aver preso chiavi e telefono e esco di casa. In pochi minuti sono allo studio che è già invaso io come sempre arrivo in ritardo ma ormai si sono abituati, do un buongiorno veloce a tutti per poi lanciarmi sul cibo oggi hanno fatto la scorta, che strano di solito dobbiamo festeggiare qualcosa quando ne portano così tanto oh beh se dobbiamo fare qualcosa mi diranno. Cerco di capire qualcosa dal chiacchiericcio ma sento solo che si stanno organizzando per andare a prendere un ragazzo in stazione beh magari non riguarda neanche me questo discorso. Mi lascio crollare sul divanetto adesso che sono a pancia piena direi che sto decisamente meglio, tanto qua va a finire che gli impegni vanno a farsi benedire l'unica cosa che sento è il chiacchiericcio. Chiudo gli occhi per qualche secondo e crollo senza accorgermene la stanchezza di non aver dormito adesso si fa sentire. Vengo svegliato dai ragazzi son passate tre ore come se fossero pochi minuti, cerco di capire cosa mi stanno dicendo ma niente sono troppo addormentato capto solo che abbiamo gente. Mi passo una mano sul viso quando vedo passare davanti a me uno scheletro con carne addosso ah no è il ragazzo di cui parlavano prima. Mi alzo in piedi per le presentazioni vecchie abitudini, dopotutto ora come ora quasi quasi tutti mi conoscono come Caparezza ma lui mi spiazza dicendomi che mi conosce come MikiMix oh mamma è talmente tanto che non lo sentivo che mi fa dannatamente impressione, però aspetta non mi è un viso sconosciuto ora che il mio cervello si sta nuovamente accendendo. Ma certo! L'ho sempre visto a quella sottospecie di "concerti" che facevo solo che non ricordo se mi ha detto il suo nome. Quando me lo dice la mia testa parte per un viaggio astrale, adesso ricordo pure la dedica che gli feci su un mio cd. <" A Diego il mio fan più accanito" > Certo che è proprio strana questa vita, io credevo di aver chiuso con il mondo di Mikimix e invece guarda un po' chi mi si presenta davanti. Trattengo a difficoltà le risate quando sento i ragazzi borbottare che sarebbe una seconda voce migliore di quella che ho adesso, beh in effetti non mi ci trovo molto bene pure io, tante volte ho dovuto riprenderlo perché cercava di sovrastare la mia voce e sinceramente non mi va molto a genio. Cerco di capire la vera motivazione del suo arrivo qua e tutto mi è chiaro quando vedo lo spartito di "Vengo dalla Luna" alla fin fine ci siamo mossi in una direzione solo che non mi aspettavo lui sinceramente. Certo che il destino è proprio strano e buffo. Ci spostiamo in sala prove mettendo direttamente il suo punto ora sono curioso e neanche poco. Rimango stupito dalla sua voce, al punto del ritornello unisco la mia. Dannazione ci siamo ! Funziona perfettamente è proprio il suono che cercavo ma soprattutto l'intesa che sentivo mancare alzo la testa e vedo gli altri alzare il pollice e farmi il segno dell'ok, perfetto piace pure a loro e per me è una cosa assolutamente fondamentale. Ma adesso passiamo alla prima registrazione vera e propria, faccio ripartire la base dall'inizio partendo io lasciandogli poi spazio quando è il suo momento godendomelo mi piace davvero la sua voce. Quando è finita la registrazione la sento rimanendo stupito del lavoro appena fatto. "Ma allora è proprio vero che i folletti esistono" gli dico mentre gli tiro una pacca sulla spalla, mi piace questa sensazione è già entrato in questa famiglia strampalata.
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Ad un treno da te
Mi aggiusto i capelli con l'unico santo elastico che me li tiene raccolti, gli altri son stati tutti tentativi falliti alla prima prova. Do uno sguardo di sfuggita all'ora e recupero le chiavi della macchina uscendo successivamente di casa, per fortuna non ho l'obbligo di guidare non mi piace farlo più di tanto solo se è strettamente necessario. Scendo nel cortile e lancio le chiavi a Rino che mi sta già aspettando, come sempre posso contare su di lui, appena apre monto dal lato passeggero sono così agitato che mi sono messo pure le scarpe al contrario e me ne sto accorgendo solo adesso oh beh poco male tanto una stranezza in più una stranezza in meno non cambia, tanto ho già mezza Molfetta che mi guarda come se fossi un delinquente qualsiasi l'altra metà probabilmente ignora e basta senza farsi troppi problemi. Prendo il telefono dalla tasca appena sento il suono di un messaggio sorridendo quando vedo il mittente, adesso manca poco Michele mi dico in testa cercando di calmarmi cosa che risulta perfettamente inutile, ogni volta potrei essere usato come corda di ricambio di una chitarra o di un violino per quanto sono teso. Scendo dalla macchina appena arriviamo al piazzale della stazione, non importa cercare parcheggio è questione di pochi minuti, che a me sembrano ore mentre guardo il tabellone degli arrivi. Sospiro sentendo poi il tanto agognato annuncio perfetto sta per arrivare, torno al piazzale esterno della stazione l'interno è troppo trafficato e rischio di sentirmi male e poi è più facile vedersi e appunto eccolo lì che arriva anche stavolta ha un nuovo paio di occhiali da sole strambo a mio parere li colleziona oh beh il mondo è bello perché è vario. Gli vado incontro prendendo la valigia, ma stavolta non farò come sempre oggi voglio essere il Michele menefreghista ogni tanto me lo merito. Gli cingo la vita con un braccio baciandolo come se la mia vita dipendesse solo da quello. Sento ogni muro abbattersi, è così che mi sento quando siamo assieme so che può sembrare una frase uscita da una rivista per ragazzine ma è quella che esprime come mi sento veramente. Mi stacco andando verso la macchina aprendo lo sportello per farlo salire e il bagagliaio per la valigia chiudo quest'ultimo e entro in macchina adesso sono tranquillo ogni pezzo della mia strana esistenza ha di nuovo una sua collocazione. Sporgo il braccio andando a cercare la sua mano trovandola e stringendola. Posso, alfine, respirare.
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Last Days
Sono giorni che non sto più bene con me stesso… Da troppo sto dicendo mezze verità per non far preoccupare la gente attorno a me. Ma io Chester Bennington sono stanco… La voglia di lottare a giorni va via col niente ma a volte è più forte di tutto, per questo sono ancora vivo ma sinceramente non so per quanto, la mia mente è affollata da brutti pensieri. La voglia di far la finita è tanta… Ma non posso e non voglio abbandonare la mia famiglia, hanno lottato e lottano con me. Ma non sono me. Io lotto tutti i giorni secondo per secondo contro me stesso. E questa è la battaglia più difficile, i vecchi vizi bussano sperando di essere accolti, ma non voglio tornare a farmi oppure a bere, qualche bicchiere in compagnia non fa male ma finisce li. Sarebbe tanto facile lasciarsi andare ma non è quello che voglio non lo è per niente. Ho più di una famiglia da godermi, sol che questo vuoto che sento dentro non passa, mi corrode goccia per goccia e io veramente non so come fare. Mi aggrappo alla vota ma ogni giorno la sento scivolare via sempre di più, nella mia testa rimbomba un ticchettio, credo che sia il mio tempo agli sgoccioli. Spero che perdonino qualsiasi mio gesto, riesco difficilmente badare a me stesso. Mi riempio d'impegni ma i momenti vuoti sono quelli che mi intrappolano in una rete senza via d’uscita, è facile veder finire una giornata piena d'impegni, ma la giornata libera è quella più lunga e difficile da passare. I bambini hanno i loro impegni, Tali ha i suoi e idem i ragazzi, è dannatamente facile che io mi ritrovi solo. Mi sono imposto di non andare in cucina, qualche giorno fa avevo il coltello in mano per fortuna mi sono solo graffiato i polsi questa cosa non la sa nessuno, in maniera egoista non volevo la ramanzina. Solo che è così difficile. Mi vado a stendere sul divano chiudendo gli occhi, volevo solo un po' di semplice felicità senza alcun termine e invece ora sono di nuovo nella merda più totale. I minuti scivolano via come foglie mosse dal vento, ho portato vicino a me carta e penna ma l’unica cosa che continuo a scrivere è una frase “ Why is everything’s so heavy?” Quella canzone torna prepotente nella mia testa. Heavy e One more light racchiudono il mio stato d’animo, mi è stato detto che sono capace di trasmettere il mio essere alle altre persone tramite le canzoni e io ci credo, è quello che voglio, non devono essere un mucchio di parole messe a caso devono aver un significato o anche più di uno non metto di certo io un limite, chi sono per farlo? Decido di lasciare li carta e penna, poggio anche gli occhiali strusciandomi gli occhi subito dopo, bruciano dannazione mi sembra di aver il fuoco dentro. Vorrei tanto capire cosa mi sta succedendo, perché la mia mente e il mio corpo hanno deciso di arrendersi così di punto in bianco, giuro non lo capisco. Ma una cosa la so, voglio stare con la mia famiglia ogni singolo momento che mi è permesso, senza farlo notare agli altri, se li faccio preoccupare partono le domande e io sinceramente vorrei proprio evitare. Mi alzo dal divano mentre sento aprire la porta vedendo entrare mia moglie, questa stanza adesso si è illuminata. Le vado incontro stringendola e baciandola, ogni incubo svanisce quando arriva lei è la mia luce il mio punto fermo. Adesso voglio concentrarmi solo su mia moglie ogni pensiero ho intenzione di farlo sparire soprattutto quelli poco buoni, e tutto mi è più facile quando è accanto a me. La mia testa va in blackout e lo ringrazio davvero tanto, e poi non posso farla preoccupare per una cosa di cui non do spiegazioni, non posso assolutamente. Mi aggrappo forte alla sua voce come se fosse una boa in mezzo al mare, solo in questa maniera potrò superare questa giornata.
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My fault
Ansia, panico e agitazione, questa è l’aria che si respira in casa Bennington da quando Chester è sparito lasciando solo un biglietto. <”Perdonatemi se potete, sono una persona orribile perdonatemi…”> Talinda, Anna e Mike non smettono di leggere di leggere quel biglietto, sperano che sia solo un sogno ma ahimè non lo è, Chester è veramente sparito. E pensare che tutto è nato da una discussione, è proprio vero che non tutte le volte reagiamo nella stessa maniera, la parole dette ieri oggi fanno male anche se sono le stesse. È partito alle prime luci dell’alba ha lasciato il telefono a casa, con sé ha solo il portafoglio e la macchina che lo sta portando chissà dove, tutto il resto lo ha lasciato a casa comprese le pasticche da cui non si separa mai. Gli altri componenti della band nel frattempo giungono in casa, nessuno di loro vede Chester da ieri. Si stanno organizzando per muoversi tutti assieme potrebbe aver più successo ma, si sa qualcuno dovrà rimanere a casa per qualsiasi evenienza. Il terrore che faccia una cazzata è dipinto sul volto di ognuno di loro, a ogni suono di telefono sussultano, hanno il terrore di veder arrivare una chiamata dalle autorità. Intanto Chester continua il suo viaggio, sa bene di non aver una meta, in realtà non sa proprio cosa fare in quella testa c’è solo una gran confusione, solo una cosa è certa sente di aver deluso tutti. Si asciuga gli occhi e cerca di tenere lo sguardo sulla strada cosa che gli risulta difficile, decide di fermarsi a lato della strada è un posto isolato perfetto per lui in questo momento. Spegne la macchina e lascia affondare il corpo sul sedile, si chiede quale sia stata la reazione a casa e quali saranno le conseguenze se deciderà di tornare, la testa è troppo in confusione per decidere adesso. Si struscia gli occhi umidi per le lacrime che lo hanno costretto a fermarsi. Sono lacrime di rabbia verso se stesso, si incolpa di non essere la persona di cui hanno bisogno gli altri. Nel mentre i ragazzi sono partiti alla ricerca speranzosi e preoccupati allo stesso tempo, sperano di trovarlo rapidamente ma sopratutto incolume. Il terrore di trovarlo in una situazione orribile li attanaglia, sono una famiglia e non sarebbero più loro senza un componente importante. Chester intanto cerca di calmare la mente e tornare a pensare in maniera lucida, stavolta è dura mettere a tacere i pensieri maligni che passo per passo occupano la sua testa, ma è deciso a non farli vincere. Che intanto non sia andato a cercare sfogo in un bar o altri posti è un passo avanti avrebbe potuto farlo senza nessun problema. La sua testa è in lotta, vorrebbe tornare a casa ma allo stesso tempo ha paura della reazione della sua famiglia, ma è consapevole che non può scappare all’infinito. Si sente come un criminale ricercato e braccato dalla polizia. Dopo qualche respiro la sua testa si placa e decide di tornare a casa, mette in moto ma fa pochi metri le macchine degli altri lo bloccano mentre la paura lo assale. Si trasforma in attacco di panico non appena iniziano a scendere e avvicinarsi alla sua macchina, non sa veramente cosa può accadere, non riesce a decifrare le loro facce sa che sono preoccupati ma potrebbero essere anche infuriati. Chiude gli occhi e riprende a fatica un respiro normale mentre lo sportello dalla sua parte viene aperta, li squadra un attimo e capisce che non sono infuriati, solo preoccupati. Chester decide di scendere dalla macchina e in pochi secondi si trova strizzato in un abbraccio di gruppo anche se non si può definire proprio così sembra una gara a chi strizza di più, una scena piuttosto buffa. Dopo qualche istante di conversazione la comitiva monta di nuovo in macchina e tornano da dove sono venuti. “Sono abituati a i miei colpi di testa” pensa Chester mentre spegne la macchina sul vialetto di casa, la sensazione d'inadeguatezza si fa sentire di nuovo ma stavolta è convinto di scacciarla. I ragazzi lo raggiungono mentre muove i primi passi dentro casa, il cuore sobbalza quando i suoi occhi incontrano quelli di Talinda che sono lucidi. Viene buttato a terra dalla foga della stretta, ha veramente tanta paura di perderlo in realtà è una paura di entrambi. Ogni timore svanisce in quell’abbraccio il viso si stende e ogni preoccupazione sembra svanita nel niente. Dopo essersi tirati su entrambi fanno incrociare le mani, hanno bisogno di contatto, del loro contatto. Nessuna domanda, nessun litigio solo due innamorati che si ritrovano dopo aver attraversato la battaglia.
#chester bennington#talinda bennington#mike shinoda#anna shinoda#joe hahn#rob bourdon#dave farrell#brad delson#makechesterproud#fuck depression#linkin park
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Insonnia
Apro gli occhi e guardo l’orario, sono le 3 è decisamente troppo presto per svegliarmi ma, a quanto pare il mio corpo non concorda con me. Mi giro e guardo la meraviglia che ho accanto. Con attenzione senza svegliarla passo una mano in mezzo ai suoi capelli, dannazione è così bella starei ore a guardarla. Ogni singolo momento ringrazio che Talinda sia mia moglie. Mi ha aiutato a uscire da un incubo che vivevo tutti i giorni, grazie a lei e ai ragazzi son uscito dal mondo dell’alcol e delle droghe e non ho nessuna intenzione di tornarci. Adesso ho uno scopo nella vita, occuparmi della mia famiglia. Il solo problema che mi tormenta, è il pensiero fisso che quel mostro chiamato depressione ostacoli nuovamente la mia vita. Non è da prendere sotto gamba una cosa del genere, bisogna imparare a leggere dentro alle persone e non vedere l’aspetto fisico, dietro a un sorriso si può nascondere tanto dolore. Mi sporgo dal letto per prendere il cellulare sul comodino senza far alcun rumore, tolgo ogni suono non voglio di certo svegliarla. Senza muovermi troppo gli scatto qualche foto, queste andranno nella mia galleria privata. Posso dire che è il mio piccolo tesoro. Le riguardo e mi ritengo soddisfatto, blocco il telefono e lo poggio sul comodino con lo schermo rivolto verso il basso, nel caso arrivi qualche notifica almeno non vedo l’accendersi dello schermo. Mi sistemo il cuscino e mi stendo di nuovo con l’intenzione di tornare a dormire, chiudo gli occhi ma niente il sonno ha abbandonato questo corpo, dannazione è presto come lo passo il tempo senza rischiare di svegliarla? Qualcosa devo pur fare, la notte è ancora lunga e io so bene che non dormirò. Prendo il telecomando e accendo la tv abbassando subito il volume. Inizio a fare zapping sbuffando e sospirando non trovando niente che attiri la mia attenzione. Decido comunque di lasciarla accesa su un canale indefinito, sinceramente non ho neanche notato cosa sta passando. Prendo nuovamente il telefono, recupero anche gli occhiali ed inizio a perdere tempo. Dopo non so quanto guardo l’orario spalancando gli occhi quando vedo che sono le 6 di mattina, è proprio vero che il telefono ti cattura. Lo poggio nuovamente e mi alzo, ho deciso di preparare la colazione per tutti, fra un ora inizieranno a svegliarsi tutti, gli impegni quotidiani chiamano. Mi dirigo in bagno dopo aver recuperato i vestiti, mi cambio dopo essermi lavato il viso. Letteralmente in punta di piedi esco da camera andando diretto in cucina, per fortuna è più distante rispetto alle camere. Inizio a sistemare il tavolo per la colazione e via ai fornelli, oggi frittelle di mele per tutti, almeno avranno una bella carica. Le metto nei piatti nel momento preciso in cui sento una porta dopo l’altra aprirsi, in pochi istanti la cucina viene invasa dalla tribù Bennington, saluto i bambini uno ad uno e li accompagno al proprio posto. Ma il mio viso si illumina quando vedo Tali arrivare in cucina, la vado a stringere e baciare. Appena si è sistemata le porto il caffè e le sue frittelle, io non vado subito a sedere, tiro fuori il telefono e faccio una foto alla mia famiglia. Questo è il mio paradiso, prendo la tazza e il mio piatto andando a sedermi. Vorrei che questo momento durasse per sempre...
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Overose V.M:18
“Gli amici ti salvano la vita” Questo sento dire all’infermiera che sistema l’ago per la flebo nel mio braccio. Sono in ospedale alla fine mi hanno raggiunto in tempo beh, non che fossi tanto lontano ero semplicemente nella mia camera d’albergo. Credo di aver visto la porta aprirsi, poi mi sono ritrovato qua. Ah già ora ricordo. La siringa nel mio braccio mentre stringevo l’elastico fra i denti. Quella stronza ha colpito di nuovo sa i miei punti deboli sa fin troppo bene come fare per ferirmi, e stavolta ci è riuscita in pieno con quella dannata lettera dell’avvocato che mi impedisce di vedere mio figlio Draven. E io sono crollato come un sasso che viene lanciato in acqua. Non può farmi questo, so bene che vuole solo ferirmi perché ho divorziato da lei ma, andare a toccare chi non c’entra niente non lo sopporto e ora mi ritrovo qui in ospedale, l’infermiera mi sta dicendo che ho rischiato l’overdose per averne usata troppa e averla spinta troppo velocemente. Ma stavolta ne avevo davvero bisogno, volevo staccarmi da questa realtà che mi sta distruggendo pezzo per pezzo. Quando la ragazza esce mi ritrovo a naufragare nei miei pensieri, guardo le gocce della flebo scendere lentamente. Non sono neanche sicuro di star vedendo proprio quelle, probabilmente sto guardando un punto vuoto. Solo il trambusto dei ragazzi che entrano in camera mi risveglia da quella sorte di trance, giro la testa verso di loro e li guardo, si vede che sono incazzati beh non mi aspettavo altro sinceramente anzi, credevo che neanche sarebbero venuti. Sento che vorrebbero ammazzarmi di legnate, hanno il giusto mix fra rabbia e preoccupazione nei miei confronti, solo una cosa sento dire a Mike che a quanto pare è il portavoce di tutti. <”Perché lo hai fatto?”> La mia voce è troppo debole per uscire, per fortuna la lettera di quella stronza è nella tasca della giacca, gliela indico. Per mia fortuna non devo usare la voce, in questo momento mi sembra di non riuscire a parlare. Vedo apparire una scintilla di rabbia nei loro occhi, immaginavo che reagissero così, non la sopportano e queste non son cose da fare. <”Non credere di cavartela tanto facilmente stavolta, ci hai fatto spaventare.”> Sento dire a Rob. La sua faccia mi fa sfuggire una risata, sanno sempre come fare per alleggerire la situazione. In pochi istanti me li trovo tutti appiccicati finché l’infermiera di prima non li riprende dicendo che fanno partire l’ago della flebo. Sono i soliti scemi casinisti, ma sono la mia famiglia. “L’orario di visita è terminato” sento dire dalla ragazza, vedo che sono contrariati ma non andrebbero mai contro chi svolge questo difficile mestiere. Mi promettono di venire a trovarmi anche stasera, io annuisco mentre li vedo andare via. E pensare che per colpa di quella stronza potevo perdere la mia famiglia ma d’ora in poi le cose saranno diverse lotterò assieme a loro. Ora devo solo far del mio meglio per riprendermi ma soprattutto dovrò anzi devo far attenzione a non ricadere in quel incubo chiamato droga.
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Heavy
Buffo come il silenzio possa diventare assordante, sembra un controsenso ma è dannatamente vero. Oggi non è buona giornata, devo ancora alzarmi dal letto ma sembra che tutte le forze siano scomparse all’improvviso. Devo ancora mettermi gli occhiali ma non ho voglia tanto a cosa mi servono se sto qua fermo? Non sento fame, non sento niente mi sembra di essere un involucro vuoto. Pure il normale ticchettio dell’orologio è diverso, lo sento più pesante. Mi passo una mano sul viso cercando di allontanare gli artigli bui che mi opprimono. Oggi non vedo nessuna via d’uscita e dubito che qualcuno oggi riesca ad aiutarmi, si Talinda e Mike possono starmi vicino ma non possono entrare nella mia testa e liberarmi da questa prigionia che mi tiene fermo a letto in uno stato di catalessi. Sarebbe tutto più facile dar colpa all’alcol e alle droghe ma, non ho niente di tutto questo in corpo. Buffo come noi uomini cerchiamo la scusa perfetta per ogni cosa che ci succede di cui non abbiamo spiegazione. Mi sporgo verso il comodino aprendo il cassetto tirando fuori un quadernino, per fortuna ne ho uno sempre con me. Poggio la penna sul foglio e lascio andare la mano, non mi faccio domande vedrò tutto dopo, non è la prima volta che lo faccio. Quando la penna si ferma la poggio sul letto e prendo gli occhiali, per leggere mi servono. “I'm holding on Why is everything so heavy? Holding on To so much more than I can carry” Rileggo più volte cosa ho scritto, ho racchiuso il mio malessere in poche parole e qualche frase, se la sviluppo bene potrebbe venir fuori una bella canzone. Ma non adesso, non è il momento giusto è già un miracolo se ho scritto. Mi tolgo gli occhiali e li poggio sul comodino assieme al foglio, non voglio perderlo. Una melodia inizia a prendere forma nella mia testa. Buffa questa cosa, la mia testa ha aspettato che stessi male per buttare fuori un inizio di una nuova canzone. Domani la farò vedere ai ragazzi, sempre ammesso che sia una buona giornata. Spero lo sia, non mi piace essere così, non mi riconosco minimamente ma oggi so che non posso far altro che prendere ogni momento come va. Mi sistemo meglio sul letto e socchiudo gli occhi aspettando che le pasticche che ho preso facciano effetto, per una volta posso esagerare giusto un po', non ho preso chissà cosa, niente di pericoloso. Solo qualche sonnifero in più, ho bisogno di far spegnere questo dannato cervello. Chiudo del tutto gli occhi e mi lascio stringere fra le braccia di morfeo mentre quella strofa mi torna in mente. Why is everything so heavy?...
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Il centro del mio mondo
La sveglia che suona mi fa aprire gli occhi, mi passo una mano sul viso e guardo il soffitto per un dieci minuti buoni. Anche oggi sono sveglio. Mi siedo sul letto notando che Talinda è già in piedi, probabilmente i bambini l’hanno svegliata e io non ho sentito niente grazie a quei sonniferi che mi permettono di dormire. Sospiro e mi faccio coraggio alzandomi, prima tappa bagno, ringrazio di averlo in camera. Mi lavo il viso pallido, segnato da anni di droghe e alcol quante cazzate ho fatto e faccio tutt’ora, per fortuna non più come prima. Adesso ho una moglie che mi sostiene anche nei momenti più bui e i ragazzi mi aiutano, si siamo proprio una bella famiglia di certo non siamo normali, sarebbe una palla esserlo. Ma sopratutto non sarebbero nati i Linkin Park se fossimo stati normali. Torno in camera cambiandomi con una canottiera e i bermuda, in questa casa fa caldo e io posso permettermi di stare così. Recupero gli occhiali e li metto, beh in effetti adesso ci vedo meglio e non rischio di andare a sbattere in qualsiasi angolo della casa. Mi dirigo in cucina dove mi preparo il caffè e mi scaldo una fetta di pane da toast, non riesco a mangiare più di tanto di mattina beh come se per il resto dei pasti ci riuscissi. Appena è pronto prendo tutto e mi avvicino al frigorifero notando un post-it, è la scrittura di Talinda, mordo la fetta mentre leggo. “I ragazzi sono fuori con me torniamo nel pomeriggio, avverti Mike quando sei sveglio, gli ho chiesto di farti compagnia finché la tribù Bennington non torna. Baci Tali.” Un sorriso illumina il mio viso leggendo quelle parole, sa sempre come farmi sorridere, anche nelle giornate più buie. Finisco di far colazione e mando un messaggio a quello scemo andando poi a stendermi sul divano, tanto non ho bisogno di aprirgli ha le chiavi di casa, abbiamo preferito darle a lui non si sa mai. Mi aggiusto gli occhiali dopo aver acceso la tv tanto non ci sarà niente come al solito. Dopo un po' di zapping lascio sul canale musicale annoiato. Chiudo gli occhi massaggiandomi le tempie, oh perfetto ci mancava pure il mal di testa. Mi alzo e vado all’armadietto dei medicinali tirando fuori la pasticca per la testa inghiottendola mentre Mike apre la porta, io con tutta calma metto via la scatola e chiudo l’armadietto. Faccio un salto quando mi sento afferrare per il braccio. <”Che cazzo hai preso?”> Mi chiede con voce preoccupata, io prendo semplicemente la scatola di prima e gliela faccio vedere. <”Calmo calmo è solo per la testa mi sta facendo male.”>> Appena si calma mi lascia il braccio e sospira chiedendomi scusa, io alzo semplicemente le spalle e liquido il tutto dicendo che è normale che si preoccupi. Torno sul divano ma stavolta mi siedo, se mi stendo la testa mi scoppia come una bomba e vorrei evitare rompe di già adesso. <”In Tv non c’è una mazza idee?”>> Mi guarda con la sua solita faccia a scemo e alza le spalle facendomi ridere. All’improvviso un idea prende possesso nella mia testa, mi alzo e attacco la play alla tv prendendo i joystick wireless tornandomene subito dopo sul divano. Gliene passo uno che afferra dopo essersi sistemato, è la miglior risposta quando non so che cassio fare. Non ricordo neanche che gioco ho dentro ma poco importa basta giocare. Abbasso il volume quando parte, i rumori troppo forti mi danno noia. Guardo Mike con aria di sfida quando capisco che il gioco è di corsa delle macchine, è il nostro preferito ci divertiamo sempre. Sistemiamo i joystick iniziando a giocare subito dopo, mi sembra di tornare a essere un ragazzino tutte le volte. Il tempo vola tra una risata e l’altra, il mio stomaco reclama cibo beh in effetti son passate diverse ore dalla colazione, metto il gioco in pausa e vado in cucina anche se non ho la minima idea di cosa fare. Ho fame si ma non ho voglia di cucinare, sbuffo guardando nuovamente il frigo aspettando un idea che per adesso non si fa vedere. Alla fine opto per la pizza per entrambi quando non so cosa mangiare è la mia migliore amica, le metto nel forno andando ad apparecchiare andandomi a sedere subito dopo. <”Sai niente dai ragazzi per quando andare a registrare? Dovevano farsi sentire in questi giorni ma non ho ricevuto niente “>> Gli chiedo mentre mi apro la birra che mi ero preso prima. Nega scuotendo la testa <”Non hanno detto niente anche a me, se ne saranno scordati non è la prima volta che succede.”>> <”Basta che non se ne escano con la scusa del ve lo avevamo detto ma ve ne siete scordati”>> Dico mentre vado a tirare fuori le pizze portandole al tavolo, prima di sedermi recupero il telefono facendo la foto alla pizza inviandola a Tali, ormai facciamo così. <”Sta tranquilla se gli mandi la foto di cosa mangi?”>> Mi chiedi mentre torno a sedere, io annuisco. <”Con la foto è sicura al 100% che io stia mangiando, con un semplice messaggio potrei non dire la verità e fidati è successo.”>> Non faccio in tempo a finire di parlare che hai già fatto fuori quasi mezza pizza. <” E poi ti chiedi perché ti chiamiamo Mike senza fondo”>> Come risposta ottengo una risatina, ma tutta la mia attenzione si concentra allo schermo che si è illuminato, mi ha risposto con un cuoricino e io mi sento nuovamente invaso da quella sensazione di calore che ho provato anche stamani a leggere il post-it. <”Terra chiama Chester, anzi terra chiama innamorato perso.”>> Mi risveglio dal mio mondo a quelle parole, per tutta risposta alzo le spalle iniziando a mangiare. <”In confronto a quello sgorbio di prima, Tali ti ha proprio cambiato mh? Nonostante i problemi che sappiamo, tutti ti vediamo splendere quando sei con lei.”>> Annuisco a quelle parole, non potrei mai negare il contrario. Mi sta aiutando a lottare contro i miei demoni, non è invincibile non posso dirlo ma è la mia roccia. Finisco con fatica il pranzo, Mike ha finito da prima ma io ho bisogno di tutti i miei tempi e nessuno di loro mi mette furia, sarebbe la fine per me. Mi pulisco il viso e mi alzo dirigendomi verso di lui baciandolo appena gli sono vicino. Appena mi stacco mi guarda con una faccia a pesce lesso. <”Beh visto che non mi hai salutato quando sei arrivato l’ho fatto io adesso.”>> Mi allontano per sistemare in lavastoviglie la roba del pranzo ma, appena ho finito mi sento sollevare da terra, di sicuro non fa fatica non è che pesi più di tanto. Mi porta sul divano e mi fa stendere dopo aver tolto i joystick. Si stende accanto a me e io mi avvicino per cercare contatto. Mi cinge la vita con un braccio e mi avvicina a se baciandomi il naso, io subito dopo starnutisco ho il naso debole. <”Mi sono preoccupato di cosa stessi prendendo e me ne sono scordato.”>> Faccio un finto broncio che dura ben poco. Inizio a ridere, quello scemo mi sta facendo il solletico e io lo soffro da impazzire. <”Basta basta mi arrendo”>> Gli dico ridendo mentre mi asciugo le lacrime che le risate hanno fatto uscire. <”Non riesci a star imbronciato con me Cheezy.”>> Gli faccio la linguaccia mentre cerco di riprendere fiato del tutto. Un sorriso nasce spontaneo mentre gli passo una mano nei capelli, e chi se lo aspettava d'innamorarsi di sto scemo? Qualcosa lo sospettavo ma doveva arrivare il momento giusto. Rimaniamo un po' così senza parlare, ma ahimè la mia testa reclama che torni seduto. Lo faccio con tutta calma, non voglio che mi giri la testa. Dopo un po' sento le chiavi nella porta che si apre. Io vengo seppellito dall’orda barbarica dei miei figli, ma questo mi fa ridere. Oggi è una buona giornata. Li saluto tutti e dopo per mia fortuna riesco ad alzarmi andando a baciare mia moglie. Si devo proprio dire che ho trovato il mio equilibrio, non so quanto durerà la mia giornata buona se ore oppure di più ma non mi interessa a me basta essere felice adesso. Vedo i bambini sparire nelle proprie stanze dopo pochi minuti, ognuno di loro ha da fare, mentre Tali ci raggiunge sul divano dove ero tornato pochi istanti prima. Sono nel mezzo preciso fra loro due. Accendo la tv e decidiamo un film da vedere tutti assieme, con una notevole fatica arriviamo a un accordo. Dopo aver premuto play passo un braccio sulle spalle di Tali stringendola a me, facendo la stessa identica cosa con Mike qualche istante dopo. Si posso affermare con certezza che questo è il mio mondo, mi sento bene avendo loro due al mio fianco.
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L’allenamento
Mi sveglio di soprassalto mettendomi seduto sul letto cercando di riprendere un respiro regolare, cosa che non è facile, sembra che abbia deciso di far gli affari suoi. Guardo quel meraviglioso corpo d’ebano steso accanto a me, sembra scolpito da quanto è bello. Per non infastidirlo mi alzo e mi dirigo in bagno chiudendomi dentro, non voglio che qualche mio rumore lo svegli, in primis non voglio essere obbligato a dargli spiegazioni, ma sopratutto odia essere disturbato specialmente quando dorme. Con fatica calmo il respiro potendo tornare a letto, ma ahimè il sonno mi ha abbandonato la mia natura mannara mi si ritorce contro in questi casi. Aggiusto i cuscini e mi metto a guardare il soffitto mentre la mia testa torna a pensare al motivo del brusco risveglio. Ah già ora ricordo, mi passo una mano sul viso seguendo la X, ricordo quando me la fece. Mi sembra di sentire nuovamente ogni dolore provocato da quello scontro, la mia furia animale non è bastata a fermarlo e vincere quello scontro. Ricordo la frase che disse prima di schiacciarmi a terra <<”La testa batte l’animale”>> Subito dopo mi hai marchiato, sento ancora il dolore di quelle lame sulla mia pelle e ricordo quel ghigno soddisfatto del suo operato, poi il buio devo essere svenuto non ricordo altro di quei momenti. Però da quel giorno non ho mai lasciato il suo fianco, ho giurato di non farlo. Con questi pensieri le ore son volate, vedo che si muove fra pochi istanti aprirà quelle cascate d’ambra che sono i suoi occhi, tutte le volte mi ci perdo. Aspetto che sia sveglio per dargli il buongiorno, come risposta ottengo un mugolio imprecisato. Mi alzo e mi metto la divisa rabbrividendo al freddo contatto con la pelle con cui è fatta. Ormai la routine mattutina è sempre uguale: mi sveglio, mi vesto, vado a prendere la colazione e ascolto i compiti. Anche oggi faccio così, ricordandomi che oggi è giornata d’allenamento mentre faccio colazione assieme a lui. <<”Cosa c’è in programma oggi?”>> mi chiedi con la voce ancora assonnata. <<”Ci sarebbe l’allenamento sir.”>> ti vedo annuire, è difficile sentirti parlare di mattina. Raccolgo tutta la roba della colazione e sento nuovamente la tua voce <<”va a preparare la sala d’allenamento ti raggiungo più tardi.”>> Io annuisco semplicemente uscendo da camera, prima tappa la cucina e seconda la palestra che preparo accendendo il riscaldamento. Dopo poco lo vedo entrare e chiudersi la porta alle spalle bloccandola e tutto questo non mi piace affatto, sento il mannaro ringhiare come se mi dicesse di far attenzione. Chiudo per un attimo gli occhi rilassando ogni muscolo, non devo e non voglio esser teso. <<”Sei pronto?”>> riapro gli occhi alla fine della sua frase, sento che i denti sono più appuntiti e la vista è migliorata, il mannaro ha completamente preso il posto della parte razionale. Nessun segno, nessuna parola il nostro allenamento ha inizio, nessuno di noi vuol perdere. Non so per quanto andiamo avanti prima di ritrovarci con ferite importanti, più il dolore aumenta più il mannaro ringhia, la mia testa è in confusione. Colpo, parata, altro colpo, dolore. Stiamo danzando così da un po', sento la stanchezza ma non voglio arrendermi, non posso distarmi. Stavolta parto io per primo ferendolo al braccio, bene sono riuscito a colpirlo. Chiudo per pochi secondi gli occhi facendo così un pessimo errore, quando li apro non lo trovo più al posto di prima. Un dolore lancinante al fianco mi fa capire dove si trova, il mannaro adesso è infuriato, lascio la claymore e mi metto a quattro zampe ringhiando. Vedo un impercettibile fremito di paura scorrere nei suoi occhi, ma io non riesco a trattenermi, più sento dolore più mi infurio e questo potrebbe andare a mio svantaggio. Per un attimo interminabile ci fissiamo negli occhi prima di sferrare l’ultimo attacco, il mio corpo non regge e finisco k.o. Mi rintano in un angolo proprio come fa un animale ferito, mentre il sangue scorre e macchia la mia divisa. Vedo che cammina verso di me, io mi rintano ma via via che si avvicina mi accorgo di non aver vie di fuga. Un ringhio sottomesso esce dalla mia bocca quando avvicina pericolosamente le lame al mio collo. Ecco di nuovo quel ghigno, dopotutto mi ha nuovamente battuto. <<”Anche per stavolta ho avuto la meglio”>> odio quando usi questa voce per schernirmi. Ti godi del tuo risultato, so che ti piace vedermi nell’angolo sconfitto, fai rientrare le lame e ti allontani andandoti a sedere, io non ti tolgo gli occhi di dosso. <<”Vieni qui”>> mi ordini, ma io non mi sento sicuro <<”adesso”>> la tua voce si è indurita, mi faccio coraggio e obbedisco al tuo ordine. Appena ti raggiungo mi stendo ai tuoi piedi, il mannaro per adesso è calmo, anche se direi che è sconfitto. Sento una tua mano accarezzarmi i capelli prima di tirarli facendomi alzare a forza la testa. <<”Riprenditi, non abbiamo finito”>> spalanco gli occhi a quelle parole, nel mentre hai lasciato la presa. Pochi minuti dopo ti alzo ordinandomi di farlo, io eseguo subito. Ti allontani da me estraendo le lame, io chiudo gli occhi sentendo nuovamente fuori gli occhi e denti e via si riparte in questa danza quasi mortale.
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Non potrei mai tradirti parte 2
Vengo portato nelle carceri celesti,dove mi spogliano della parte superiore della divisa.
Cerco di non urlare quando mi aprono a forza le ali e ci piantano degli uncini.
Quelli nelle carni li sopporto, quelli nelle ali no, fanno male, tirano e strappano e le mie ali non sono forti come quelle degli altri angeli. Vengo messo in ginocchio e legato mani e piedi con delle catene, semplici, ma so bene che non lo sono, è solo una copertura, sento il loro peso. Tutte le volte che sento aprire la porta la speranza di vederti entrare accende il mio cuore, ma per mia sfortuna è sempre la solita guardia, e ad ogni ora la speranza svanisce così come svaniscono le mie possibilità di tornare a servirlo.
Il compito di quella guardia è quello di punirmi, picchiandomi, per farmi entrare in testa il buon senso, perché un servo non può alzare la testa, deve restare in silenzio. Chiudo gli occhi quando finisce, cerco di tenere duro perché so qual’è il compito di un servo, ma non tollero che il mio signore venga offeso in questa maniera.
Ho promesso che lo avrei protetto finché avessi avuto fiato.
Sono ridotto proprio male, il mio corpo è coperto da ferite e lividi. Altri uncini sono stati messi nella mia schiena e nelle mie ali.
Ho così tanta paura di perderle... Deglutisco e un brivido freddo attraversa la schiena quando sento la porta aprirsi nuovamente, oggi doppio turno? Rimango con la testa bassa finché una voce familiare raggiunge le mie orecchie. <” Povero il mio piccolo Catan, guarda come ti hanno ridotto.”> Alzo la testa beandomi di quella meravigliosa visione.
Inclino leggermente la testa quando la sua mano gentile si posa sul mio volto accarezzandolo dolcemente. <”Mio signore… ”> mi perdo nei suoi occhi. <” Mi dispiace di essermi comportato come un ragazzino, l’ho umiliata davanti a tutti, non dovevo pormi davanti a lei...”> Abbasso nuovamente la testa, mi sento dannatamente colpevole. Mi alza la testa e mi dona un bacio che per un attimo mi fa dimenticare i dolori che mi stanno portando alla pazzia. <” Cerca di resistere ancora mio piccolo Catan, sto cercando una maniera per farti uscire.”> Lo guardo <”Sto resistendo solo per lei mio signore.”> Mi doni un piccolo sorriso e un bacio sulla fronte prima di andartene.
Vedo la mia luce sparire e le tenebre tornano ad essere le mie sole compagne. I giorni passano e il mio corpo si indebolisce sempre di più.
Ma quelle parole che risuonano nella mia testa, mi danno la forza per andare avanti. Una nuova alba si fa spazio fra le tenebre e io mi perdo a guardarla, mi ricorda tanto lui.
I miei pensieri vengono interrotti dal rumore della porta che si apre, oggi si inizia presto.
Ma quando alzo lo sguardo non vedo il solito uomo ma bensì una ragazza che in fretta e furia mi comunica che domani verrò scarcerato. Questa notizia torna a far ardere il mio spirito,domani potrò tornare a casa da lui.
Potrò ricominciare a servirlo devo solo resistere un altro giorno. Sono così felice della notizia che non mi accorgo dell’entrata del mio aguzzino, solo quando mi sento prendere per i capelli mi accorgo di non essere più solo anzi oltre a lui ce ne sono altri due, tutto questo non mi piace per niente. Vengo bendato e questo mi fa allarmare, sento le mani dei due uomini tenermi ferme le spalle e la schiena ma non capisco dove sia l’altro uomo.
Quando sento che le ali vengono tirate, realizzo che il mio incubo si sta avverando, inizio a urlare e a muovermi nonostante gli uncini mi stiano strappando lembi di pelle. Sento il sangue uscire dalle ferite e poi eccolo il suono che non avrei mai voluto sentire.
Il suono delle ali che vengono strappate dal mio corpo lasciandomi ferito e vuoto. I miei aguzzini si godono lo spettacolo di un angelo rotto mentre io mi accascio a terra, umiliato sia fisicamente che psicologicamente, rotto fin dentro l’anima, mentre giorno e notte si confondono davanti ai miei occhi, ormai nulla ha davvero un senso per me.
Tremo quando vedo i miei aguzzini liberarmi, non mi ricordavo nemmeno che sarei stato scarcerato, mi rivestono di peso, rimettendomi addosso quella divisa che in questo momento odio.
Mi riscuoto appena quando lo vedo, ma mi allontano appena quando mi ricordo che cosa mi hanno fatto, sono certo che non vorrà più un servo, un giocattolo, rotto, senza ali ed impuro come me. I miei carcerieri mi portano davanti a lui, di peso, lasciandomi cadere ai suoi piedi. Tremo quando vedo che si china accanto a me e mi tira su.
Quella che vedo nei suoi occhi...è preoccupato...per me? <”Sono così felice di vederla.”> un piccolo sorriso si fa spazio sul mio volto. Mi aiuti a uscire da quel luogo che ci ha tenuto troppo divisi e che mi ha fatto cosi tanto del male.
Appena siamo fuori solo ti sento dire <”Anche tu mi sei mancato Catan”> un bacio si posa sulle mie labbra rovinate, io ricambio senza pensarci due volte. <”Posso chiederle come torniamo a casa? Io non sono in grado di volare.”> Mi guardi dicendo <” Ho già pensato a tutto, mio caro Catan. ”> Appena finisce la frase appare il mezzo che ci porterà a casa, mi aiuta a salire ed io mi rilasso ad ogni metro che mi allontana da quel posto di dolore, anche se scatto, quando le ferite mi riportano alla realtà.
La schiena non riesco ad appoggiarla, le ferite non mi sono state curate e sento il sangue che ancora bagna la mia camicia.
L’idea di dover dirgli quello che mi è successo mi spaventa da morire, solo che non posso nasconderglielo.
Quando arriviamo a casa mi faccio coraggio e lo chiamo. <” Signor Rosiel devo dirle una cosa ed ho una gran paura a farlo.”> Tu mi guardi non capendo e mi inciti a parlare, così faccio un sospiro, sentendo la tensione che mi chiude lo stomaco.
Ho dannatamente paura. <”Ieri una ragazza è venuta a dirmi della mia scarcerazione odierna, ero così felice finché tre uomini non sono entrati e… e...”> mi blocco.
Devo calmarmi, ma è così difficile da dire, tu mi inciti ancora una volta.
Decido per una mossa drastica.
Mi spoglio del pezzo sopra mostrando lo scempio che hanno fatto al mio corpo. <”Mi hanno strappato le ali per puro divertimento…” dico con voce tremante.
Quando appoggi la mano sulla mia schiena mugolo di dolore. <”Non sono più un angelo completo ma sono sempre io, la prego non mi mandi via.”> mentre pronuncio queste parole mi giro verso di lui e qualche lacrima silenziosa scende sul mio viso. <”Mio caro Catan non potrei mai farti un torto del genere, sei ridotto così per aver aiutato me, non potrei mai e poi mai mandarti via.”> mi dici mentre mi abbracci con delicatezza sentendo delle parole che mai mi sarei aspettato di udire da te. <”Ti amo, mio fedele angelo.”> Sorrido mentre arrossisco.
<” Anche io l’amo signor Rosiel.”> Le tue labbra si appoggiano alle mie baciandomi, facendomi sentire a casa.
Devo dire una cosa.
Non bramo il paradiso perché lo vivo tutti i giorni con alti e bassi.
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Non potrei mai tradirti parte 1
Controllo per l’ennesima volta i medicinali, non devo sbagliarne neanche uno.
Farlo arrabbiare di prima mattina è l’ultima cosa che voglio. Do un ultimo sguardo anche alla colazione, tutto deve essere perfetto è dannatamente metodico in ogni cosa che fa. Apro la sua camera ed entro in silenzio lui sta dormendo e io non voglio svegliarlo, sistemo tutto come mi ha sempre ordinato di fare uscendo poi di li.
Sono talmente teso quando sono li dentro che smetto di respirare, come se anche il semplice respiro che esce dalle mie labbra possa essere una noia per lui.
Inizio le varie mansioni giornaliere, io ho già fatto colazione anche questo è un ordine ben preciso, devo mangiare prima di lui per essere pronto a qualsiasi sua richiesta. Ogni tanto mi chiedo perché sono così servizievole con lui, ma poi la mente mi riporta a qualche anno fa, quando fu obbligato ad accogliermi in casa.
Non ricordo quanti anni avessi ma non ho scordato come era vestito.
Portava una divisa, quella formale, coi capelli raccolti sotto al cappello ed un frustino in mano, ricordo anche che il cappotto segnava quel corpo esile, quasi come un guanto.
Forse avevo sui sette o otto anni, ma ricordo ancora che pensai che gliel’avevano cucito addosso, per quanto fosse stretta, per il resto non ricordo altro, solo quella divisa nera che rendeva la sua pelle ancor più diafana. Scuoto la testa e torno con i piedi per terra, aumentando la velocità di esecuzione delle pulizie, ho sentito la sua porta aprirsi ma spero sia suggestione. E invece no.
Riconosco i suoi passi ma mi chiedo cosa ci faccia a giro ha tutto quello che può servirgli in camera ho provveduto a tutto. I passi proseguono verso la mia direzione ringrazio di essere già occupato a svolgere le mie mansioni quotidiane.
Quando si avvicina mi inchino, come in un rituale, e chino la testa davanti a quello che, per me, è diventato un Dio, restando in silenzio.
Quando sento un foglio frusciare davanti a me lo prendo e lo leggo, adesso capisco il malumore e il brusco risveglio.
Devi, no, dobbiamo presenziare ad una riunione, tu mi vuoi al tuo fianco, non puoi saltarne ancora, questa è obbligatoria, e so bene che, alla fine, userai me per sfogarti di tutto il malumore che ti buttano addosso. Sospiro riprendendo a svolgere il mio lavoro, voglio fare le cose con calma, la fretta è una cattiva consigliera. Controllo il mio lavoro svolto nel corridoio, ritrovandomi davanti alla tua camera da cui non proviene nessun suono, questo non mi fa stare per niente tranquillo.
Mi faccio coraggio e busso più volte alla porta ma non ricevendo risposta decido di entrare e ti vedo ancora steso a letto, la colazione e le pasticche sono intoccate.
Mi avvicino al letto e poi lo guardo, abbassando quel poco la voce, che mi possa sentire senza urtare i nervi già deboli per quella convocazione. <”Signor Rosiel si sente poco bene? Non ha toccato la colazione che le ho portato.”> La mia voce è calma senza nessuna sfumatura, attendendo una sua risposta. <”Non voglio andarci Catan sono stanco di subire la loro discriminazione.” Sento queste parole da una voce stanca e resa fragile dagli altri.
Può sembrare strano ma non è un uomo forte come fa credere agli altri, con loro porta una maschera dura e impassibile ma con me si fa vedere come è veramente, io solo so com’è il temuto e odiato Rosiel. <”Non voglio contraddirvi, non lo farei mai, ma credo che siate obbligato a far presenza, capisco e comprendo il vostro stato d’animo.” In un attimo ti alzi dal letto e ti dirigi verso di me tirandomi uno schiaffo. <”Tu non conosci il mio stato d’animo, tu non sai quale disagio provo io a essere di fronte a loro!”> Ti sento urlare mentre un piccolo rivolo di sangue si fa spazio sulla mia guancia la quale sta bruciando, credo mi abbia provocato un graffio con le unghie appuntite.
Sospiri e appena te ne accorgi mi sfiori la guancia togliendo il fiore che è nato sulla mia guancia, con la delicatezza che le è propria. <”Finisco sempre per farti male Catan”> mi dici mentre continui ad accarezzarmi piano la guancia.
Nego, posando il volto sulla sua mano, chiudendo gli occhi. <”Non è colpa vostra mio signore, me lo sono meritato vi ho mancato di rispetto.”> dico dispiaciuto. Per un istante interminabile rimaniamo così come se fossimo bloccati nel tempo, solo un tuo impercettibile movimento mi fa risvegliare.
Ti passo un braccio attorno alla vita vedendoti crollare, con uno scatto ti prendo in braccio impedendoti di cadere, poi lo porto sul letto e lo faccio accomodare sui cuscini, sistemandoli nel modo più opportuno per farlo star comodo, l’ultima cosa che voglio è fare del male ad un corpo già debole come quello che ho di fronte. Avvicino il vassoio e glielo poso delicatamente sulle gambe. <”Dovete mangiare, il vostro corpo è ancora debole per star senza cibo mi dispiace obbligarvi ma è per il vostro bene.”> Tu mi interrompi dicendomi <” Pensi solo al mio bene, Catan.”> Arrossisco lievemente a quelle parole e poi dico timidamente <”Se vuole le faccio compagnia ho già svolto i miei compiti.”> Vedo un piccolo timido sorriso illuminare quel volto che tanto ammiro e amo. Quel piccolo sorriso e il permesso che mi viene concesso dopo mi rallegrano il cuore.
Mi metto a fianco del letto in piedi, lanciando, ogni tanto, uno sguardo fugace, senza farmi notare, la paura che ho di perderlo mi accompagna ogni giorno, come un incubo da cui non ho mai risveglio. Appena hai finito ti tolgo il vassoio e ti passo le pasticche frantumate assieme all’acqua. <” Sei sempre un passo avanti a me Catan, sai sempre cosa fare in qualsiasi istante.”>
Ti sento sospirare <”Sarei perso senza di te.”> Queste ultime parole mi fanno arrossire vistosamente. <”Le devo la mia intera esistenza mio signore, quello che faccio per lei è solo una piccola parte, lei mi ha fatto e continua a farmi da padre e da maestro, so che non dovrei dire queste cose ma sono onorato di poterla servire. Non era obbligato a prendermi in casa, eppure lo ha fatto”> In volto sono rosso d’imbarazzo ma credo a tutte quelle parole che ho appena detto, ho un po' paura della sua reazione ma mi calmo appena mi accarezza la guancia ferita, come un soffio di vento caldo in una giornata gelida. Durante il corso della mattinata riesco a convincerti ad andare alla riunione giurandoti che sarò li assieme a te e che non me ne andrò mai un solo istante, so quanto hai bisogno di me e io non tradirei mai la tua fiducia. Durante il resto della giornata mi chiedi una mano per decidere cosa indossare, mi fa un po' strano lo ammetto, ma ne sono felice. Deciso mi dirigo verso l’armadio e ne estraggo quella divisa che affolla la mia mente, la poggio sul letto dopo averla tolta dalla protezione, adesso aspetto solo il responso.
Ma prima mi chiedi cosa ho intenzione d'indossare e li gioco la mia carta, volo nella mia camera andando ad aprire l’armadio e ne estraggo una gruccia con su un sacco di protezione color carne da cui non si vede il contenuto. Torno nella sua camera e poggio il sacco sul tavolo libero. <”Un po' di tempo fa mi sono permesso di fare una cosa spero non le dispiaccia”> Vedo la tua faccia incuriosita.
Apro il sacco e estraggo una divisa simile alla sua ma più semplice senza nessun tipo di disegno, mentre la guardi torno a essere teso ma poi le tue labbra si aprono in un sorriso rivolto a me. <” Ti faccio i miei complimenti Catan, ti do il permesso d'indossarlo, dopotutto devi essere vestito bene per non far sfigurare il tuo padrone.”> Ti sento dire con una voce dannatamente sensuale che mi fa rabbrividire. <”M...ma certo signor Rosiel n...non potrei mai farla sfigurare per colpa mia.”> Il mio balbettare ti fa ridere e io mi sento avvolgere da quella risata così rara. Finisco di svolgere i miei compiti, poi mi dirigo in camera e mi cambio, prima io, poi lui, come di routine. Mi guardo un ultima volta e poi mi dirigo davanti alla tua camera dove entro dopo aver bussato, lo spettacolo che mi si para davanti mi lascia senza fiato, per fortuna la tua voce mi richiama all’ordine.
Sento che si è indurita ma me lo aspettavo.
Mi ordini di farti una coda alta e di lasciare gli altri capelli sciolti e io obbedisco. Ti vedo andare davanti allo specchio per ammirarti e anche io ti guardo, il mio cuore perde un battito quando ti vedo indossare il cappello ma ancora una volta la tua voce mi riporta a terra, solo che stavolta il tono è più duro e aspro. Vado a prendere il foglio di stamani e usciamo di casa arrivando subito in quel luogo, la tensione è palpabile, sento tutti gli occhi puntati su di noi.
Me lo aspettavo ma è alquanto fastidioso.
Accompagno il mio signore al suo posto, io rimango in piedi dietro di lui ogni servitore lo deve fare, il padrone deve star comodo. I brusii cessano quando la riunione ha inizio ma sento che qualcosa non torna e in poco la mia sensazione si rivela veritiera. Iniziano a parlar male di lui e questa è una cosa che non tollero, nessuno può giudicare il mio padrone.
In poco perdo la mia compostezza e mi infurio, iniziando a dargli contro, sento gli occhi di Rosiel addosso, ma sono troppo infuriato per riuscire a calmarmi e tacere come un servo deve fare. In poco mi ritrovo le guardie addosso, i polsi bloccati e legati dietro la schiena, do un ultimo sguardo a Rosiel prima di essere portato via, spero solo che non sia deluso del mio comportamento.
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Il giocattolo parte 2
Mi congedo da loro e dopo aver spento la luce in cucina mi dirigo in camera dove mi spoglio mettendomi a letto subito dopo, non è da me dormire in boxer ma oggi sento ho stranamente caldo.
Mi infilo a letto e mi addormento in pochi minuti, non ho cenato non ne avevo voglia.
Cado in un sonno profondo in poco, risvegliandomi la mattina solo perché sento bussare insistentemente alla mia porta.
Sento una voce ma non capisco chi sia sento tutto ovattato, solo quando vedo la porta spalancarsi ed entrare Rosiel infuriato collego tutto, ma prima che possa parlare mi arriva uno schiaffo talmente forte da farmi girare la testa di lato.
“Cosa ci fai ancora a letto?! Muoviti, alzati sei in ritardo su tutto oggi e non tollero il tuo comportamento Catan, ho lasciato correre ieri ma oggi non credere di passarla liscia!”
Sento che è infuriato e neanche poco ma mi chiedo perché non mi sia svegliato al solito orario o addirittura prima, eppure mi sono addormentato presto ieri sera.
“Chiedo perdono mio signore, non capisco cosa mi succede non è da me svegliarmi tardi, a quest’ora ho già svolto metà dei miei compiti di normale.”
Mi lancia uno sguardo glaciale.
“Non mi interessa cosa hai, devi svolgere il tuo lavoro tutti i giorni, cos’è sei in ribellione contro di me perché ho qua mia sorella?”
Riconosco il tono di sfida, mi alzo subito dal letto non ricordandomi che sono solo in boxer.
“Assolutamente no mio signore, le vostre decisioni non influiscono il mio lavoro.”
Faccio fatica a reggermi in piedi mi gira tutto e sento le gambe molli, mi sento ancora peggio di ieri sera.
Crollo a terra in ginocchio davanti a lui ho il fiato corto e le gambe non mi reggono quando provo ad alzarmi, ma che mi sta succedendo?
Lui mi guarda cinico.
“Si, si bella trovata far finta di star male per non svolgere il tuo dovere, come prima punizione svolgerai il doppio dei tuoi compiti.”
Lo guardo spalancando gli occhi.
“NO! Non sto mentendo e non sto fingendo non mi punirà per una cosa che non ho fatto.”
Ho il fiato ancora più corto di prima ed un altro schiaffo raggiunge il mio volto facendomi crollare a terra.
“Perché non volete credermi? Non vi ho mai mancato di rispetto, non ho quasi mai disobbedito ad un vostro ordine, morirei per lei mio signore.”
Dico a voce bassa mi sento a pezzi, non mi merito tutto questo, non ha mai avuto da che sospettare di me.
Mi rimetto in piedi a fatica ed inizio a vestirmi.
“Svolgo subito i miei compiti…”
Mi sento veramente ferito stavolta, vedo che se ne va senza aggiungere altro mentre io, con una notevole fatica, esco da camera andando in cucina.
Non hanno ancora mangiato, devo pensare prima a quello.
Ma non metto a fuoco e come prima cosa mi taglio il palmo della mano, non ho visto il coltello.
Tutto questo non mi piace ma devo andare avanti non posso farlo arrabbiare ancora.
Mi sorreggo al bancone dove preparo sempre tutto ma niente, le gambe non mi vogliono sostenere, faccio forza con le braccia ma una serie di fitte mi fanno mollare la presa facendomi cadere in terra andando a colpire l’angolo del tavolino con la testa.
Per fortuna vedo correre verso di me un ragazzo della servitù, il mio respiro è accelerato, la sola cosa che sento prima di svenire è il ragazzo che va a chiamare il mio signore, lo capirà adesso che non mentivo?
Quando mi risveglio mi ritrovo in infermeria con l’ossigeno attaccato assieme a non so quante flebo, almeno son ancora a casa non mi ha cacciato.
La debolezza e le sensazioni di prima si sono un po' attenuate, ma non il braccio quello continua a far un male cane, lo guardo ed il colore che ha preso non è per niente dei migliori, sembra che sia rotto.
Non mi accorgo di non essere solo finché non sento la sua voce.
“Se te lo chiedi no, non è rotto ma devo ancora capire cosa hai.”
Cerco di mettermi seduto ma fallisco miseramente.
“Shh, sta giù devi riposare, non possiamo rischiare.”
Lo guardo annuendo lentamente, sembra che abbia la gola secca e che nessuna parola voglia uscire.
“Mi rimetterò e tornerò a servirla glielo prometto.” Dico con un notevole sforzo.
Come risposta mi accarezza il viso non me lo aspettavo, non son cose da lui queste.
Lo guardo.
“Io credo di saper cosa è.”
Mi invita a parlare.
“Ieri… quando mi avete entrambi riempito di scariche...credo che il mio corpo le abbia assorbite e adesso sta lottando per buttarle fuori.”
Lo guardo, non so quale potrebbe essere la sua reazione ormai mi aspetto di tutto.
“Ed allora dobbiamo trovare la maniera di toglierle, non credi?”
Ecco di nuovo il tono e lo sguardo gelido che stavolta mi fanno veramente paura.
“Perché non sei venuto a dirmelo? Pensavi di fare da solo?!”
Annuisco mentre chiudo gli occhi pronto a ricevere un altro schiaffo, cosa che non avviene per mia fortuna, anzi sento una risatina che mi fa calmare e riaprire gli occhi.
“Su questo siamo molto simili, mio fedele servitore”
Tiro un sospiro di sollievo a quelle parole.
“Adesso tu riposa e penserò io a come fare.”
Mi dice mentre vedo che mette del liquido nella flebo che arriva dritta al braccio.
“Mi fido ciecamente di lei”
Dico mentre mi lascio avvolgere dal sonno, adesso mi sento al sicuro.
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Il giocattolo parte 1
Da quando il mio signore Rosiel si è ritrovato con la sorella Alexiel io sono sparito, vengo chiamato solo per qualche ordine e poi abbandonato come un cane, sapevo che questo momento sarebbe arrivato solo che non credevo facesse così male.
Hanno troppe cose in comune ed un semplice burattino come me non può resistere a queste due potenze, ma devo farlo sono stato creato per questo.
Guardo l’orologio in cucina, è l’ora di servire il The anche su questo sono uguali, stessi sapori e stessi orari non un minuto di più né uno di meno.
Metto tutto sul vassoio e vado davanti alla porta del salotto bussando, non posso entrare senza permesso.
Permesso che mi viene accordato dopo poco.
Faccio un bel respiro ed entro andando a poggiare il vassoio sul tavolo.
Faccio un piccolo inchino ad entrambi e inizio a servire il mio signore.
“Non ti hanno insegnato che si servono prima le donne?”
Mi sento dire con tono derisorio mentre porgo il the al mio signore.
“Mi scusi, forza dell’abitudine rimedio subito.” la odio giuro.
Finisco di preparare per Alexiel quando sento delle scariche che mi fanno crollare in ginocchio, ti vedo ridere e questo mi da noia ma devo star buono.
“Non succederà più lo giuro, è stata solo una svista.”
Stringo i denti per il dolore e scioccamente spero nell’intervento di Rosiel che la fermi ma invece accade tutt’altro, si aggiungono le sue scariche adesso fa veramente male, non riesco a trattenere i mugolii di dolore, due forze del genere per un solo corpo sono troppe.
“Non osare mancare di rispetto a mia sorella un’altra volta Catan o te ne faccio pentire.”
I miei occhi si spostano su di lui mentre stringo i denti per tutto il dolore che sto sentendo.
“Non volevo mio signore lo giuro, sono abituato a servire lei per primo anche quando abbiamo ospiti, mi perdoni la prego non commetterò di nuovo lo stesso errore.”
Crollo a terra quando entrambi smettono.
“Adesso va Catan hai altri compiti da svolgere.”
Annuisco alzandomi.
Mi inchino nuovamente ad entrambi uscendo di li dopo aver chiuso la porta.
Mi allontano di lì e mi appoggio al muro tenendomi il braccio che continua a darmi scariche, fa male come tutto il mio corpo.
Mi alzo la manica della divisa e vedo le bruciature, ci vorrà del tempo per farle guarire completamente.
Per mia fortuna ho già svolto i miei compiti, ma appena la calma si impossessa nuovamente di me, vengo chiamato.
Ricorda niente errori stavolta Catan mi dico in testa mentre vado alla porta, busso nuovamente e con l’ordine di entrare lo faccio.
Mi inchino nuovamente davanti a loro, il braccio continua a darmi le scariche ma spero che nessuno lo noti.
“Cosa posso fare per voi miei signori?”
Ho messo entrambi al pari non dovrebbe essere un problema, ma poi ricordo che Rosiel non vuole essere paragonato ad altri, non importa ormai è andata così.
“Porta via tutto Catan”
Gli sento dire con voce calma, ma non fido, la sua è solo calma apparente.
Annuisco raccogliendo tutto e portandolo in cucina iniziando poi a lavar tutto, ma devo far attenzione a questo braccio mi sta dando problemi e preferisco perdere più tempo invece che rischiare di far danni.
Vado a mettere tutto al suo posto passando davanti al salotto dove sento dire.
“Mi chiedo, mio caro fratello, come tu possa aver preso in casa uno del genere, non è da te.”
Mi soffermo ad ascoltare senza farmi sentire.
“Sai cara sorella, sono stato obbligato a farlo non era mia intenzione.”
Spalanco gli occhi a quelle parole, bruciano come olio caldo sulla pelle.
Mi allontano di li senza far rumore, mi sento uno schifo adesso, ma cosa mi aspettavo che dicesse?
Che tiene a me?
Stupido stupido stupido ecco cosa sono.
Vado a riporre tutto.
Subito dopo vado in biblioteca, ho delle ricerche da svolgere che mi terranno occupato tutto il pomeriggio per mia fortuna.
Prendo tutti i libri che mi servono e mi metto alla scrivania con il quaderno sottomano, solo qua riesco a sentirmi calmo anche se le parole di prima mi risuonano in testa, ed il dolore al braccio non mi aiuta per niente ma devo calmarmi e lavorare, se si arrabbia di nuovo io sono finito oggi.
Mi immergo nella lettura lasciando i problemi ad un lato, i libri sono voluminosi e difficili da leggere, è una scrittura antica ed io devo tradurli e semplificarli per lui.
Non ha voglia di perdere tempo con questi tomi noiosi.
Di solito in poco capisco come svolgere il mio compito ma oggi no, questo dolore aumenta minuto per minuto, mi sta facendo impazzire ed io non so cosa fare, non voglio che lo veda quindi nasconderò il braccio finché non sarà guarito.
Per fortuna non è il braccio che uso maggiormente, altrimenti sarei stato nei guai.
Il pomeriggio passa senza essere chiamato nuovamente, io ho svolto la metà del mio solito lavoro, dirò che sono punti complessi e che mi ci vuole più tempo, non ha mai detto niente su questo.
L’ora di preparare la cena arriva ed io mi alzo dirigendomi in cucina, non capisco perché mi gira la testa così tanto, dovrò far attenzione ai fornelli.
Per mia fortuna la cena di stasera è piuttosto semplice e non devo stare lì a servirli, ho solo da preparare e portare tutto sul tavolo della sala da pranzo, ah già devo chiamarli o beh poco importa.
Preparo tutto con precisione millimetrica.
Come ho fatto oggi vado da loro dicendogli che la cena è servita aggiungendo che se non hanno bisogno di me, io oggi finisco prima la mia giornata lavorativa.
Per mia fortuna mi accorda il permesso, tanto son io ad aver più lavoro domani ma ora voglio solo stendermi.
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Lettera di un figlio
“4 luglio 1776” Alla fine il giorno che temevo di più è arrivato, stiamo davvero per iniziare una guerra… Ho fatto di tutto per non farlo accadere ma sia tu che la tua testardaggine non avete voluto sentire ragione.
Non posso rimanere per sempre sotto la tua ala protettrice, devo esplorare questo mondo a me sconosciuto, non posso starti sempre appiccicato. Mi sono alleato con Francia e questo non me lo perdonerai mai, ma non sapevo cosa fare. Guardo il soffitto della tenda e qualche lacrima silenziosa scende dai miei occhi, la mia testa è affollata di pensieri e ricordi, sopratutto ricordi felici, come quella volta che mi hai portato con te sul galeone spiegandomi tutto, sai che ricordo tutto quello che mi hai insegnato? Tutto è fissato in testa come i ricordi delle lunghe passeggiate e delle giornate intere passate a leggere o meglio, tu a leggere e io a fare quei cosi che definire disegni è difficile.
Non posso negare che stavo bene, ma la mia voglia di esplorare ha preso il sopravvento all’improvviso, non sono mai riuscito a fermarla.
Anche adesso non mi dà un attimo di pace mettendomi nei casini, mi sto trovando in un mondo per me sconosciuto, le cose da fare diventano sempre di più, vogliono troppo da me… Sono già in un momento difficile che mi diano i miei tempi, ma a loro interessa solo questa vittoria, forse mi hanno fatto il lavaggio del cervello per farmi arrivare a dichiararti guerra, non lo so. Voglio solo che tutto questo finisca al più presto, non ne posso più… Matt non mi parla più, così come lo zio e tutti i tuoi fratelli.
E adesso mi mancate, mi manca la mia famiglia.
Ma sono solo un burattino nelle mani degli altri. Ti sto scrivendo questo anche se non so se avrò il coraggio di fartelo leggere… Sono venuti a chiamarmi il momento è giunto. Mi alzo da questa brandina a fatica, come se avessi addosso un macigno.
Ho giusto il tempo di scrivere queste ultime righe. Ti ringrazio per avermi insegnato tutto quello che so, ti sono immensamente grato per avermi fatto crescere, spero che un giorno ci potremmo rivedere dimenticando quello che sta per succedere. Per ultimo, la cosa più importante e che fa più male. Ti voglio bene mamma, grazie per tutto quello che hai fatto. Ti scrivo prima di essere inghiottito da questo inferno chiamato guerra.
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Bambola V.M.18
Mi guardo allo specchio rifinendo il trucco e aggiustandomi i capelli rosso fuoco, oggi ho deciso di lasciarli al naturale, ondulati che si poggiano sul mio viso truccato accuratamente. Sono vanitoso, mi compiaccio della mia bellezza ma, tutto questo mio bisogno di apparire sempre al meglio è diretto a un solo scopo. Quello di farmi notare dal mio capo. Ogni gesto, ogni parola emessa dal mio signore vale più di qualsiasi cosa. Io vivo per lui, per servirlo sotto ogni aspetto, dopotutto ci sono molte maniere per farlo. Dico maliziosamente mentre aggiusto il rossetto. Esco dalla mia camera e mi dirigo verso la sala principale, dove si trova il trono degno per il re dell’inferno, mi metto in piedi li accanto aspettando il suo arrivo. La sala si illumina ai miei occhi quando lo vedo entrare, mi inchino mentre nella mia testa mi ripeto quanto è bello. Lui si siede senza degnarmi di uno sguardo, un brivido percorre la mia schiena, è difficile rimanere composti ma devo farlo. Vedo passare in rassegna alcuni dei più terribili demoni e la cosa che mi fa sfuggire una risatina è che tremano come foglie davanti a lui. A ogni domanda sussultano, è una scena divertente ma non posso ridere, metto su la mia miglior faccia d’indifferenza ma dentro di me rido a crepapelle. Vedo che li manda via mentre sbuffa, ha resistito più del solito oggi. Con la mano mi fa cenno di avvicinarmi a lui, eseguo subito l’ordine. Mi indica d'inginocchiarmi davanti a lui e io lo faccio senza fare domande <<”Fa sparire la noia che mi attanaglia.”>> Vedo che si sgancia i pantaloni facendo uscire il suo sesso, io mi avvicino voglioso come non mai. Con uno schiocco di dita chiude la porta alle mie spalle mentre comincio a deliziarmi del suo frutto proibito, muovo la mia bocca su di esso succhiando e leccando avidamente ogni singolo centimetro. La mia erezione cresce ogni secondo si più ma se avesse voluto fottermi mi avrebbe dato un altro ordine. Lo sento fino in gola, beh non ho mai detto che è piccolo. Mi sento tirare i capelli e mi muovo più velocemente facendolo venire, ormai so cosa vuole anche nel dopo, inghiotto e lo ripulisco soddisfatto del mio operato. Con ancora la presa salda su i miei capelli mi dice <<”Posso sempre contare su di te mia bambola.”>> Finita la frase toglie la presa e mi fa alzare <<”Adesso va, ti chiamerò se avrò nuovamente bisogno di te.”>> Mi inchino nuovamente dopo essermi alzato <<” Come desidera mio re.”>> Esco e me ne torno in camera spogliandomi completamente dopo aver chiuso a chiave. Mi stendo sul letto e afferro la mia erezione che reclama attenzione pulsando, muovo la mia mano mentre la mia testa mi fa rivivere quello che è accaduto pochi secondi fa. Aumento la velocità e insieme a essa i miei gemiti. Dopo pochi attimi mi svuoto sulla mia mano, ho il fiato corto e sento le scariche su tutto il mio corpo. Arriverà il momento in cui mi noterà in maniera diversa ma amo essere una bambola nelle sue mani.
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L’incubo di Catan
"Non mi servi più Catan vattene da qua, non voglio uno come te al mio fianco."§ Mi sveglio di scatto sedendomi sul letto respirando affannosamente, il solito incubo che accompagna ogni mia notte ultimamente. Mi giro e guardo l'ora sospirando, mancano ancora tre ore alla sveglia e io so che non dormirò più. Mi alzo e mi vesto uscendo senza far rumore, la camera del mio signore è vicina e non voglio svegliarlo. Mi dirigo nello studio preferisco occupare così la testa adesso e svolgere gli altri compiti dopo, così faccio. Rimango li per due ore finendo quel libro odioso, mi alzo e mi dirigo in cucina, ma prima mi fermo nell'ingresso davanti a una lista con i miei compiti, metto una X accanto alla voce "studio", amo così tanto la sua scrittura che non mi permetterei mai di tirare una linea sopra. Vado in cucina e mi chiudo la porta alle spalle almeno i rumori non escono, mi tiro su le maniche e lascio andare la testa, amo stare in cucina mi rilassa. Faccio una serie di prove finché non sono convinto poi fisso l'orario, è ancora presto e decido di preparare pranzo, una cosa in meno dalla lista. Dopo averlo messo in frigo, prendo il vassoio con la colazione e gliela porto in camera non facendo rumore, trattengo anche il respiro tutto pur di non svegliarlo. Esco con lo stesso silenzio di prima, riprendendo a respirare solo quando sono fuori di li. Torno in cucina e faccio colazione, il mio stomaco mi ha prontamente ricordato che è vuoto. Quando lo sento pieno, mi alzo e pulisco tutto, finché una campanella a me familiare mi richiama all'ordine, si è svegliato e probabilmente ha già mangiato o almeno lo spero, l'altra opzione non mi piace, faccio un bel respiro ed entro.<<"Mi avete chiamato mio signore?">> mi fa cenno di avvicinarmi e io lo faccio subito, il mio sguardo si posa sul vassoio che con mia felicità vedo vuoto, internamente tiro un sospiro di sollievo non è un rimprovero. <<"Dalla quantità di cibo che avevo deduco che tu sia in piedi da molto.">> lo guardo e annuisco, non potrei mai mentirgli. <<"Si mio signore lo sono, i miei sogni si sono trasformati impedendomi di continuare il sonno.">> mi invita a sedermi sulla sedia posta vicino al suo letto, e io così faccio. <<"Che cosa angustia i sogni del mio fedele servitore?" >> quella frase mi rallegra, è difficile che parli così, soprattutto di mattina. Faccio un bel respiro e mi lascio andare, parlando riesco a sentirmi più leggero. Quando finisco di spiegare, sento pronunciare una frase che non mi sarei mai sarei mai aspettato. <<" Non ho intenzione di lasciarti andare, sei la mia creazione più bella e il miglior servitore che si possa desiderare.">> Queste parole mi fanno sorridere, la giornata era iniziata male ma adesso ha preso un altra svolta.
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Buon anno!!!!
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