#giustizia per Liliana
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pier-carlo-universe · 11 days ago
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Nuovi sviluppi sul caso Liliana Resinovich: la perizia esclude il suicidio, il marito indagato per omicidio. Tutti i dettagli su Alessandria today. Scopri di più su Alessandria today.
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daimonclub · 2 years ago
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Aforismi, citazioni e indifferenza
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Aforismi, citazioni e indifferenza Aforismi, citazioni e indifferenza, pensieri sulla noncuranza, l'apatia, l'insensibilità, la freddezza del sentimento, e la scarsa compassione degli esseri umani. La definizione di indifferenza, o disinteresse, svogliatezza, apatia, insensibilità, è mancanza di interesse o preoccupazione, cioè uno stato d'animo con una forte mancanza di sentimento. Essere una persona indifferente significa essere disinteressato, indifferente, privo di compassione, essere disinvolto e/o non preoccuparsi o non agire in un evento che sta accadendo intorno a te. Alcune persone sono semplicemente indifferenti, altre lo diventano a causa del trauma di ciò che è accaduto intorno a loro nella loro vita, costringendole ad assumere un atteggiamento indifferente o a diventare prive di emozioni per far fronte alla situazione. Anche le malattie mentali come la depressione o l'ansia, l'uso di determinati farmaci, droghe o narcotici e l'egoismo sono tutte cause dell'essere una persona indifferente. Il mondo sta diventando sempre più egoista e molto indifferente agli eventi che accadono nelle nostre società, e questo innesca un circolo vizioso poiché siamo influenzati dagli altri, quindi se vediamo molte persone essere indifferenti o indifferenti tra la folla, noi noi stessi siamo tentati di essere allo stesso modo. Cos'è l'indifferenza? Etimologicamente la parola significa “nessuna differenza”. Uno stato strano e innaturale in cui i confini si confondono tra luce e oscurità, tramonto e alba, crimine e punizione, crudeltà e compassione, bene e male. Elie Wiesel La cortesia è indifferenza organizzata. Paul Valéry Il grande nemico della moralità è l’indifferenza. Albert Schweitzer Ma se lo sterminio nazista di cinque milioni di ebrei fosse un olocausto, quale sarebbe l’indifferenza dei paesi ricchi nei confronti dei quaranta milioni di persone che ogni anno muoiono di malnutrizione nel mondo? Carl William Brown Ogni uomo è colpevole di tutto il bene che non ha fatto. Voltaire Povertà, indifferenza, soprusi, umiliazioni, tutte cose che non dovrebbero esistere. Siamo quindi responsabili per ogni essere umano che soffre. Carl William Brown
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Indifferenza e povertà L’opposto dell’amore non è l’odio, è l’indifferenza. L’opposto dell’educazione non è l’ignoranza, ma l’indifferenza. L’opposto dell’arte non è la bruttezza, ma l’indifferenza. L’opposto della giustizia non è l’ingiustizia, ma l’indifferenza. L’opposto della pace non è la guerra, ma l’indifferenza alla guerra. L’opposto della vita non è la morte, ma l’indifferenza alla vita o alla morte. Fare memoria combatte l’indifferenza. Elie Wiesel È un peccato non fare nulla con il pretesto che non possiamo fare tutto. Winston Churchill Quanta indifferenza nelle "più sentite condoglianze"! Roberto Gervaso Nell’indifferenza c’è la chiave per comprendere il perché del male, perché quando credi che qualcosa non ti tocca, non ti riguarda, allora non c’è limite all’orrore. L'indifferente è complice. Complice delle peggiori malefatte. Liliana Segre Per amare o odiare tutte le cose devi conoscerle bene; per questo motivo i governi hanno un notevole interesse a garantire che le persone sappiano poco, e quindi restino indifferenti. Carl William Brown Un solo nemico è peggiore della disperazione: l’indifferenza. In ogni ambito della creatività umana, l’indifferenza è il nemico; l'indifferenza al male è peggiore del male, perché è anch'essa sterile. Elie Wiesel Il contrario dell’amore non è l’odio, è l’indifferenza. Il contrario dell’arte non è la bruttezza, è l’indifferenza. Il contrario della fede non è l’eresia, è l’indifferenza. E il contrario della vita non è la morte, è l’indifferenza. Elie Wiesel L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Antonio Gramsci Il mondo non sarà distrutto da chi fa il male, ma da chi lo guarda senza fare nulla. Albert Einstein A causa dell'indifferenza, si muore prima di morire. Elie Wiesel A volte l’indifferenza degli altri può addirittura paralizzarci. Carl William Brown È di questa pasta che siamo fatti, metà di indifferenza e metà di cattiveria. José Saramago Se la moderazione è un difetto, l’indifferenza è un crimine. Jack Kerouac L’indifferenza crea una pace artificiale. Mason Cooley Aveva aperto il suo cuore alla sublime indifferenza dell'universo. Albert Camus
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Indifferenza della società L’indifferenza, per me, è l’epitome del male. Elie Wiesel Nel cuore delle donne non ci vede chiaro che l'esaminatore disinteressato. Edmondo De Amicis Meglio essere attaccato che passare inosservato. Samuel Johnson Due parallele si incontrano all'infinito, quando ormai non gliene frega più niente. Marcello Marchesi L'indifferenza è la culla della crudeltà. Anonimo Fra uomini esiste, per natura, soltanto indifferenza; ma fra donne, già per natura, vi è inimicizia. Arthur Schopenhauer Soltanto l'inutilità del primo diluvio trattiene Dio dal mandarne un secondo. Nicolas de Chamfort Il desiderio è metà della vita; l'indifferenza è già metà della morte. Kahlil Gibran Non c'è amore sprecato. Miguel de Cervantes Il peggior peccato contro i nostri simili non è l'odio, ma l'indifferenza: questa è l'essenza della disumanità. George Bernard Shaw Vigono, nei problemi di convivenza, le stesse leggi che regolano il mercato. Essere tanto indifferenti da sapere contrattare. Sinceri con se stessi, falsi con gli altri. Cesare Pavese L'amore. Certo, l'amore. Fuoco e fiamme per un anno, cenere per trenta. Giuseppe Tomasi di Lampedusa Il cinismo è la sola forma sotto la quale le anime volgari rasentano l'onestà. Friedrich Nietzsche Il rapporto platonico è possibile solo tra moglie e marito. Anonimo L’unica cosa asciutta: la sterilità. Gesualdo Bufalino Trascinarsi pian piano come una lumaca e lasciare la scia, con modestia, applicazione e, in fondo con indifferenza… nella voluttà tranquilla e nell'anonimato. Emil Cioran La preoccupazione per la propria immagine, è questa la fatale immaturità dell'uomo. E' così difficile essere indifferenti alla propria immagine. Una tale indifferenza è al di sopra delle forze umane. L'uomo ci arriva solo dopo la morte. Milan Kundera Un essere che si abitua a tutto. Ecco, credo, la migliore definizione dell’uomo. Fëdor Dostoevskij Quando si guardano troppo le stelle, anche le stelle finiscono per essere insignificanti. Jules Renard Chi non riesce più a provare stupore e meraviglia è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere. Albert Einstein
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Indifferenza e atrocità Aveva la coscienza pulita. Mai usata. Stanislaw Jerzy Lec Se puoi tenere la testa a posto quando tutti attorno a te l'hanno persa, non hai capito il problema. Arthur Bloch I diplomatici tradiscono tutto, tranne le loro emozioni. Victor Hugo Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti. Martin Luther King Molti miei amici mi sono diventati ostili, con molti nemici ho stretto legami di amicizia, ma gli indifferenti mi sono rimasti fedeli. Stanislaw Jerzy Lec E' un peccato il non fare niente col pretesto che non possiamo fare tutto. Winston Churchill Benché la vita umana non abbia prezzo, noi operiamo sempre come se qualcosa sorpassasse in valore la vita umana. Antoine de Saint Exupéry La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all'indifferenza verso gli altri. Jorge Mario Bergoglio Meglio essere protagonisti della propria tragedia che spettatori della propria vita. Oscar Wilde La politica non mi dice niente. Non amo le persone che sono insensibili alla verità. Boris Pasternak I beni superflui rendono superflua la vita. Pier Paolo Pasolini Sorridi sempre, anche se è un sorriso triste, perché più triste di un sorriso triste c'è la tristezza di non saper sorridere. Jim Morrison Soltanto colui che nulla si aspetta è veramente libero. Edward Young La disperazione è un narcotico: culla l'animo nell'indifferenza. Charlie Chaplin L’ottavo vizio capitale: l’indifferenza. Andrea Gallo La morte degli altri può anche darci il piacere dell'indifferenza. Roberto Gervaso La noia è uno dei mali meno gravi che abbiamo da sopportare. Marcel Proust Soltanto gli esseri intelligenti provano noia. Giacomo Leopardi Spesso sono gli altri a farci cadere nel baratro con la loro indifferenza, con il loro cuore arido. Romano Battaglia Non amare è un lungo morire. Proverbio Indiano Ci sono per il povero a 'sto mondo due grandi modi di crepare, sia con l'indifferenza generale dei suoi simili in tempo di pace, sia con la passione omicida dei medesimi quando vien la guerra. Louis-Ferdinand Céline L'amore non è sincero se non scende in guerra: se la tengano gli altri una donna indifferente. Properzio L'indifferenza è una maledizione legata al collo di tutti quelli che non hanno avuto il tempo di trasformare il fallimento in una svolta affascinante e temporanea della propria esistenza. Emidio Clementi Non c'è nulla al mondo di così mostruosamente vasto come la nostra indifferenza. Joaquim Maria Machado de Assis La voce della coscienza è come uno di quei congegni d'allarme che scattano per ogni nonnulla e nessuno gli dà più retta. Alessandro Morandotti
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Guerra e indifferenza Il cinismo è la comicità in cattiva salute. Herbert George Wells Sono indifferente alla distruzione della razza umana, non me ne importa niente. Se spazzassero via tutta l'umanità non si perderebbe niente. Charles Bukowski La parola ferisce, il silenzio colpisce? l'indifferenza uccide. Anonimo A due situazioni dobbiamo assuefarci affinché la nostra esistenza sia sopportabile: alle ingiurie del trascorrere degli anni e all'indifferenza degli altri. Romano Battaglia La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta. Theodor Wiesengrund Adorno L'ora presente è in vano, non fa che percuotere e fugge. Giosuè Carducci Il peggior peccato contro i nostri simili non è l'odio ma l'indifferenza: questa è l'essenza dell'inumanità. George Bernard Shaw In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda. Jorge Mario Bergoglio L'indifferenza e la negligenza fanno spesso molto più danno della totale avversione. J. K. Rowling L'uomo non ami nulla e sarà invulnerabile» (Zhuang-zi). Massima profonda quanto inoperante. Come giungere all'apogeo dell'indifferenza, quando la nostra stessa apatia è tensione, conflitto, aggressività? Emil Cioran Non è la contrapposizione ma l'indifferenza che separa gli uomini. Mary Parker Follett L'odio è molto più vicino all'amore che all'indifferenza. Marya Hornbacher È l'indifferenza o la pigrizia, più che la bontà, a non farci pensar male degli altri. Roberto Gervaso La tragedia dell'amore è l'indifferenza. William Somerset Maugham Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non pu�� non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. Antonio Gramsci L'universo non è né ostile né amichevole. È semplicemente indifferente. John Hughes Holmes Chi per indifferenza non prova nulla, deve fingere. Alberto Moravia Il fatto più terrificante dell'universo non è che è ostile ma che è indifferente. Stanley Kubrick L'indifferenza è la vendetta che il mondo si prende sui mediocri. Oscar Wilde Credete al disprezzo, allo scherno, alla paura, allo scoraggiamento, alla vergogna, al panico, all'odio. Credete pure a tutto ciò. Ma non credete mai all'indifferenza. Irvin Yalom Dicono che la morte ti uccide, ma non è così; la noia e l'indifferenza ti uccidono. Iggy Pop Nazioni, guerra e indifferenza Quotes on indifference The dangers of indifference Aforismi per autore Aforismi per argomento Read the full article
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paoloferrario · 2 years ago
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Marco De Paolis, prefazione di Liliana Segre, Caccia ai nazisti. Marzabotto, Sant'Anna e le stragi naziste in Italia: la storia del procuratore che ha portato i colpevoli ala sbarra, Rizzoli, 2023
scheda dell’editore: Caccia ai nazisti «Nonostante il lungo tempo trascorso dalla data del fatto anzidetto, non si sono avute notizie utili per la identificazione degli autori e per l’accertamento delle responsabilità.» Recita così il decreto di archiviazione del 1960 peri fascicoli dell’«Armadio della vergogna», con il quale la procura generale militare di Roma negherà la giustizia per le…
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kritere · 2 years ago
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Liliana Resinovich, attesa per decisione su archiviazione, fratello: “Verità e giustizia per Lilly”
DIRETTA TV Ultime notizie sulla morte di Liliana Resinovich 30 Maggio 2023 Chiede verità e giustizia per Lilly, Sergio Resinovich, il fratello di Liliana, la donna di 63 anni trovata morta a Trieste il 5 gennaio 2022 settimane dopo la sua scomparsa. Il 5 giugno il gip deciderà sulla richiesta di archiviazione alla quale si sono opposti i famigliari. 1 CONDIVISIONI Liliana Resinovich Attiva…
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simofree · 5 years ago
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Rudolf Nureyev :  una vita tra la luci ed ombre.
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Rudolf Nureyev era tutt’altro dal gentleman che vogliono rifilarci i romantici e i nostalgici che magari lo hanno conosciuto per un quarto d’ora o che lo hanno incontrato in occasioni eleganti e raffinate, lui, una volta chiuso il sipario e spente le luci doveva fare i conti con immensi tormenti, paure, psicosi e un irreversibile rifiuto per qualunque ordine gerarchico tanto per strada, quanto in sala ballo o tra i conoscenti. Dopo una gioventù trascorsa tra le violenze psicologiche del comunismo nell’Unione Sovietica (1922-1991) e la chimera del sogno occidentale Rudolf dovette convivere con un eterno sentimento di rabbia e rivalsa tra le luci della scena e le ombre della notte.
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  Alcuni aneddoti che riguardano la sua vita lavorativa e quella privata sono venuti alla luce di recente sulla stampa estera e grazie alla pubblicazione di alcuni libri – ancora non tradotti in italiano – emerge un ritratto nuovo e disarmante della stella dell’est. Non che il pubblico fosse completamente all’oscuro riguardo il suo caratteraccio, al contrario, un vocìo costante circa i suoi diversi alter ego tra violenza e ribellione e dissolutezza c’è sempre stato, ma si tratta di un vocìo sommesso e timido, perché si pensa erroneamente di tradire la sua magnificenza divina ammettendo le sue debolezze umane. 
Beryl Gray, 90 anni compiuti lo scorso giugno, prima ballerina inglese ad aver danzato al teatro Bolshoi e direttrice artistica dell’allora London Festival Ballet (oggi English National Ballet) dal 1968 al 1979 racconta, nella sua autobiografia, alcuni aneddoti della sua vita lavorativa con il grande ballerino. Nel 1977 invitò Rudolf Nureyev a creare per i suoi ballerini Romeo & Juliet, che ancora oggi resta la versione coreografica portata in scena dalla compagnia londinese. Nei suoi diari scrive: “Ogni giorno era diverso e imprevedibile […] come grande artista e produttore era fantastico, era fonte d’ispirazione per i nostri ballerini, ma detestavo il suo linguaggio volgare, la sua costante maleducazione e i malumori imprevedibili.”
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Nel suo “For the love of dance” (Oberon Books, 2017) Beryl ricorda un’esibizione di Romeo e Giulietta in cui Nureyev “ha attaccato una delle nostre principali ballerine, Liliana Belfiore, imprecava furiosamente fino a prenderla a calci sul sedere così forte che ha lasciato il palco con grande dolore. Fu chiamato un medico che, dopo averla visitata, disse che il coccige era stato danneggiato e addirittura piegato dai calci”.
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Beryl Grey: | 1953 Beryl Grey as Odile in Swan Lake.
Anche Simon Robinson, ultimo giovane assistente di Rudolf, racconta nel suo libro “A year with Rudolf Nureyev” (Quercus, 2013) di un uomo irascibile e volubile, pieno di ossessioni e rituali assurdi, capace di creare il vuoto intorno
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  Iniziò a lavorare per lui nel tour di The King And I, non sapeva nulla del balletto, e suppose fosse per motivi riguardanti lo spettacolo che Nureyev dovesse dormire in una stanza d’albergo con le finestre chiuse e il riscaldamento alzato al massimo, indossando una tuta di spugna sopra una felpa di Topolino.  La vita di Simon al servizio del grande ballerino pare fosse durissima, ma nonostante i litigi e le discussioni furiose da cui Nureyev pretendeva di uscire sempre vincente, decise comunque di restare al suo fianco. “Non c’era mai motivo di discutere, discutere era una sfida e, poiché Rudolf non sbagliava mai, una sfida equivaleva al tradimento“, scrive Simon.
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La rabbia e le frustrazioni che sembravano caratterizzare le sue giornate venivano poi incanalate e sublimate nelle esperienze notturne tra sesso promiscuo, risse ed esperienze al limite. Il suo difficile rapporto con il padre, che aveva sempre odiato in quanto  ufficiale dell’Armata Rossa e decorato eroe di guerra che lui definiva “un brutale stalinista” e il non aver più visto la mamma per ben 26 anni se non in punto di morte in quanto le era stato vietato viaggiare dal regime comunista, lo avevano poi portato al categorico rifiuto di ricevere ordini, all’abitudine di sottomettere chiunque e tenere testa in qualsiasi situazione anche dove non c’era assolutamente bisogno di prevalere
separare la vita privata da quella pubblica e rendere giustizia al demone ribelle e irriverente che abitava dentro di lui
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Nureyev rivisita il balletto classico, lo reinterpreta e rivoluziona il ruolo del ballerino, che mai più sarà el porteur della prima ballerina. Crea dei soli e crea ruoli aggiuntivi per il protagonista maschile. Ha avuto anche la capacità di esperimentare, quindi non solo di essere ballerino classico, ma anche coreografo, attore, direttore d’orchestra. Questa capacità e voglia di mettersi sempre in gioco, sempre alla prova, dimostra che non ci sono limiti ad un artista di quella caratura.  Roberto Bolle in: Artists in Love. Rudolf Nureyev & Erik Bruhn (2016).
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incarnava genio, perfezione e carisma ...
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Un'altra sua magica partner fu Carla Fracci, con la quale formò una coppia indimenticabile.  dalla sua casa di Milano, la ballerina italiana intende sfatarne la fama di divo arrogante: "In realtà era corretto e generoso", sostiene. "Poteva esplodere in sfuriate e dimostrare toni bruschi, ma sulla scena alimentava di energie meravigliose la sua partner. E io lo percepivo come un giovane fondamentalmente timido e tenero". Carla rammenta certe sue strane confidenze: "Mi raccontava di sognare spesso sua madre che saliva su una scala i cui gradini erano fatti di pane". Al suo fianco ballò i titoli più significativi del repertorio: "Facemmo Giselle, Il lago dei cigni, Coppelia, Don Chisciotte. Ma lo spettacolo al quale sono più legata è il suo Schiaccianoci, la cui coreografia è terribilmente impegnativa. Avevo a disposizione solo cinque giorni per imparare il ruolo. Stavo per rinunciare ma Rudy insistette per coinvolgermi, pur avendo a disposizione altre ballerine. Ci chiudemmo in sala-prove per ore e ore, e lui m'insegnò il balletto passo dopo passo con determinazione furiosa". L'esito fu un trionfo 
Da fiero anticonformista, Nureyev ammirò Martha Graham, la capofila della "modern dance" americana, e ne volle danzare i perimetri angolosi: fu la prima star con un background classico che decise di viaggiare sui binari del contemporaneo. Dall'83 fino all'87 guidò la compagnia dell'Opéra di Parigi, a volte sfiancandola col suo atteggiamento dispotico. Ciò nonostante fu un direttore audace e preveggente, che scoprì e lanciò, all'interno dell'ensemble parigino, una generazione di talenti straordinari, tra cui spicca soprattutto Sylvie Guillem.
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nella biografia di Julie Kavanagh
“Il ritmo era in ogni cosa: in quella vita disarmonica, nell’eccesso del movimento, nella curiosità inquieta. Nelle sue esperienze incastrate tra un oriente e un occidente che lui non riusciva a capire del tutto, ma nei quali viveva fuggendo e anche ballando, come se ballare fosse l’unica ricerca che veramente lo interessasse. La vita di Rudolf Nureyev è ciclica, è perfetta, è estetica pura e sofferta. È trasformazione. Non ci sono ripensamenti, c’è una spinta continua ad andare avanti, un’ansia di vivere che lui riusciva a placare soltanto danzando. Nella ciclicità e nella perfezione di una vita da artista, Rudolf Nureyev non poteva che nascere su un treno, sua madre era voluta partire nonostante tutto e mentre i vagoni viaggiavano lungo la ferrovia sovietica che lambiva il tramonto del lago Bajkal, nasceva lui. Unico figlio maschio “
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Inizia così la biografia scritta da Julia Kavanagh uscita in Italia per La nave di Teseo e dal titolo “Nureyev. La vita”. Lo chiamavano il “ragazzo nato in treno” e in viaggio ha trascorso tutta la sua vita. Ogni cambiamento per lui è avvenuto in luoghi di attesa, in aeroporto a Parigi gli dissero che non poteva più far parte della compagnia, il Kirov avrebbe proseguito per Londra e lui no, a causa della nottata dissoluta trascorsa la sera prima nella capitale francese. Gli ordinarono di tornare a Mosca, lui preferì Parigi, rimase dall’altra parte dell’Unione sovietica, così divenne un traditore.
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Nureyev: La Danza Tra Psicologia E Rivoluzione
Nureyev rivoluziona per sempre la danza europea, supera i paletti posti tra danza classica e moderna, combina le tecniche, rivoluziona la forma. Ricuce una serie di binomi che la tradizione occidentale concepiva come inevitabilmente scissi: mente e corpo, tecnica e anima. Elimina le parrucche, il trucco pesante, le gestualità barocche e ridondanti, tutti quegli orpelli di una danza europea divenuta ormai sterile e priva di anima. Rivoluziona il ruolo maschile nel balletto, tradizionalmente considerato un mero supporto, un accompagnamento ai passi della ballerina, fino ad allora considerata l’unica vera protagonista del balletto. Le dinamiche più profonde del rapporto tra uomo e donna vengono interpretate in chiave totalmente nuova sul palco. Con Nureyev il gioco a due sul palco diventa pura magia e l’assolo maschile spettacolo vero.
Il ballerino baschiro studia nuove tecniche di controllo corporeo e le insegna perché vuole portare la danza oltre le sue forme, per renderla capace di esprimere nuovi contenuti. Il cuore della danza di Nureyev diventa lo studio dell’espressione della psicologia dei suoi personaggi. La danza non è più solo esecuzione perfetta del movimento, ma diventa la più alta espressione interiore, una vera e propria ricerca intima e profondissima, quel ponte tra anima e corpo che la tradizione occidentale aveva per secoli nettamente separato.
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Se la danza oggi rappresenta un filo capace di legare corpo e mente lo dobbiamo anche al genio e al talento ineguagliabile di Rudolf Nureyev, che ha saputo portare la forma del movimento ai suoi vertici per immergersi nel più profondo dell’animo umano.
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Nureyev con la sua arte incise in maniera indelebile sui caratteri della danza maschile e non solo: egli si impose ovunque per «il virtuosismo brillante, l’espressività misurata e il carisma elettrizzante» con cui restituiva, attraverso un’attenta lettura del personaggio, nuova vita ai drammi che andavano sulla scena. Il ballerino seppe uscire dai canoni estetici della coreografia classica per toccare le vette di un’autentica forma di rappresentazione artistica ove, ad un’audace padronanza della tecnica, facevano seguito le prodezze di un gesto sempre attento, raffinato e sensuale, pieno di grazia e virilità, nelle cui forme lo spirito di Rudolf Nureyev sembrava librarsi al di fuori del tempo. 
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corallorosso · 5 years ago
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"A voi che non vi alzate in piedi davanti a una donna di 89 anni, che non è venuta lì per ottenere privilegi o per farsi vedere più brava ma è venuta da sola (lei sì) per proporre un concetto libero dalla politica, un concetto morale, un invito che chiunque avrebbe dovuto accogliere in un mondo normale, senza sospettosamente invece cercare contenuti sovversivi che potevano avvantaggiare gli avversari politici. A voi dico: io credo che non vi meritiate Liliana Segre!" "Guardatevi dentro alla vostra coscienza. Ma voi credete davvero che mia madre sia una che si fa strumentalizzare? – continua – Con quel numero sul braccio, 75190, impresso sulla carne di una bambina? Credete davvero che lei si lasci usare da qualcuno per vantaggi politici di una parte politica in particolare?” ” Siete fuori strada. Tutti. Talmente abituati a spaccare il capello in quattro da non essere nemmeno più capaci di guardarvi dentro. Lei si aspettava accoglienza solidarietà, umanità, etica, un concetto ecumenico senza steccati, invece ha trovato indifferenza al suo desiderio di giustizia”. Alberto Belli Paci, figlio di Liliana Segre
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paoloxl · 5 years ago
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Domenica 19 gennaio 2020, è stata pubblicata una intervista al leader della lega Matteo Salvini sul giornale Israeliano ‘Israel Hayom’. Salvini, ha sostenuto che se diventerà presidente del consiglio riconoscerà Gerusalemme capitale indivisibile di Israele, che l’antisemitismo in Europa è in larga parte frutto degli immigrati di fede islamica ed affermato che bisognerebbe mettere fuori legge il movimento BDS, in quanto sostenere il boicottaggio di Israele significa essere antisemiti.
Il razzismo sionista di Matteo Salvini
Israel Hayom, il secondo giornale per lettori in Israele, è considerato molto vicino al primo ministro Benjamin Netanyahu ed al suo partito, il Likud traghettato, in questi anni di governo, su posizioni sempre più razziste ed antiarabe.
Il cappello all’intervista è, più che un’introduzione al personaggio, una vera e propria apologia dell’uomo politico perseguitato. L’incipit è particolarmente eloquente: “Questi sono giorni tumultuosi per Matteo Salvini […] Recenti risultati elettorali hanno appurato che se ci fossero elezioni in Italia oggi, sarebbe eletto primo ministro, ma i suoi oppositori stanno tentando di strappargli la sua immunità… (strip him of his immunity)” e prosegue più avanti dicendo “In un esclusiva intervista ad Israel Hayom Salvini parla della sua persecuzione politica e la compara la sua situazione con quella del presidente Usa Donald Trump e il primo ministro Benjamin Netanyahu, i quali stanno affrontando situazioni simili.”
Netanyahu è al momento primo ministro di Israele con un parlamento spaccato, in un Paese che si avvia nuovamente ad elezioni anticipate dai risultati incerti. Il primo ministro è stato incriminato per un affare di corruzione e prima delle prossime imminenti elezioni si deciderà sulla sua ricandidabilità. L’apologia di Salvini costituisce quindi un accurato paragone, spendibile soprattutto per il pubblico Israeliano, in favore dei due leaders che sostengono le politiche scioviniste del sionismo.
La costruzione propagandistica del “leader amato dal popolo” perseguitato dall’establishment è la solita lagna a cui ci hanno abituato i politicanti vari, beccati con le mani nella marmellata. I quali, quando sono in difficoltà nei sondaggi, si presentano con il vestito da agnelli sacrificali sull’altare della giustizia, pronti ad andare al martirio. Per poi più prosaicamente scappare con la coda tra le gambe e rifugiarsi nelle immunità garantite alla loro casta quando fiutano il pericolo. Se questo è oramai scontato c’è dell’altro che ci interessa analizzare in questa intervista al quotidiano Israeliano.
Le domande dell’intervistatore si concentrano sulla crescita del nuovo antisemitismo in Italia ed in Europa e puntano a chiarire le posizioni della Lega sull’argomento che, come sappiamo dalle cronache nostrane, sono a dir poco ambigue. Infatti se da Tel-Aviv non hanno gradito l’astensione del partito dell’ex ministro dell’interno all’istituzione di una commissione parlamentare, che dovrebbe vigilare sul razzismo, la cosiddetta commissione Segre. Da Roma la Lega ha risposto con un convegno dal titolo ‘Le nuove forme dell'antisemitismo’, tenutosi in Senato il 17 gennaio scorso. Come potevamo immaginarci le posizioni nel convegno mettevano al centro la questione Israeliana e contro gli “immigrati musulmani” piuttosto che occuparsi del razzismo verso le persone di religione ebraica. Tuttavia l’unico motivo per cui si era parlato del convegno era stata l’assenza di Liliana Segre, invitata ma non pervenuta. Infatti i contrasti tra la senatrice a vita ed il leader del carroccio sono noti e riempiono da mesi di gossip le pagine dei quotidiani nostrani. Dev’essere questo uno dei motivi che ha spinto l’ufficio stampa della lega a cercare un giornalista accomodante, dando così risonanza alle nuove posizioni sioniste ed antiarabe del partito.
Abbiamo scritto nuove perché effettivamente le posizioni leghiste hanno subito una trasformazione importante e contengono alcuni elementi di novità sulle quali ci interessa esprimerci. In primo luogo le posizioni di Matteo Salvini sono un'altra volta altalenanti nei confronti dei gruppuscoli neofascisti Italiani con i quali c’è stato spesso un buon feeling. Infatti Forza Nuova & Co sono passati dall’essere quei “bravi ragazzi che non lasciano nemmeno un mozzicone in strada” all’essere “movimenti pericolosi con cui non avere nulla a che fare”. Alla domanda del giornalista che gli ricorda la sua vicinanza alle formazioni di estrema destra apertamente anti-Semite l’ex ministro dell’interno risponde infatti così: “Noi [della Lega] non abbiamo in nessun modo relazioni con questo tipo di organizzazioni. In queste elezioni […] stanno correndo contro di noi. Quindi non ci sono contatti con loro.” Questo si collega ad un passaggio precedente sull’antisemitismo dove Salvini affermava: “C’è, sicuramente, l’antisemitismo di piccoli gruppi minoritari, nazisti e comunisti.”
Questi eloquenti passaggi farebbero presupporre una trasformazione della Lega, appena uscita dal congresso, potrebbero far presagire una trasformazione “moderatista”, almeno sul piano propagandistico. Invece ci troviamo davanti ad una voluta ambiguità nei confronti delle compagini neofasciste più apertamente dichiarate. Infatti molto probabilmente gli accordi ci saranno proprio sul piano elettorale. In particolare con CasaPound, che ha deciso di non presentarsi più alle elezioni, dopo la figuraccia delle scorse Europee. Non è improbabile infatti che i fascisti del terzo millennio esprimano dei propri candidati all’interno delle liste della lega, magari al centro-sud dove l’ex partito di Umberto Bossi non ha tante simpatie e non ha una base militante.
Dunque le ragioni di questo posizionamento nei confronti di Israele hanno radici diverse dal passaggio alla grande casa dei “moderati” anche solo per fini elettorali. Infatti l’intento della Lega è spostare l’attenzione dal razzismo e della paura del diverso, che invece bene vuole continuare a cavalcare proprio per fini elettorali, alla criminalizzazione delle lotte contro le politiche di pulizia etnica portate avanti da Israele.
Quando Salvini risponde alla domanda sulla crescita dell’antisemitismo in Europa non ha dubbi contro chi puntare il dito: “…in questo momento la massiccia presenza in Europa di migranti provenienti da paesi mussulmani […] i quali hanno il supporto completo di certi intellettuali, sta diffondendo l’antisemitismo, anche in Europa.” Il nemico quindi è un nemico comune: i musulmani, contro i quali costruire un’alleanza con Israele su basi culturali e religiose. Effettivamente queste parole sembrano fare eco a quelle che, sempre più, i leader sionisti Israeliani hanno espresso pubblicamente: “gli arabi sono una minaccia per Israele”. Il nemico comune è dunque l’arabo che nelle logiche propagandistiche dell’ultradestra si trasforma nel fanatico mussulmano.
La costruzione della figura dell’immigrato come nemico in Europa ed l’arabo come nemico in Israele sono due facce delle stesse politiche suprematiste. Non bisogna dunque stupirsi di queste operazioni di facciata che mirano a consolidare la presenza coloniale dello stato Israeliano in Palestina. Infatti con la promessa di riconoscere l’annessione completa di Gerusalemme in cambio Salvini riceve come contropartita il pesante endorsement del movimento sionista per lui e per il suo partito con amicizie ambigue nell’estrema destra Italiana. Occorre invece riconoscere in questo una continuità tra politiche antisemite degli anni venti e trenta del secolo scorso con le politiche sioniste odierne. Storicamente, il colonialismo sionista si è infatti accompagnato alla nascita dello stato di Israele ed all’antisemitismo Europeo con la conseguente espulsione della “razza ebraica” dal vecchio continente. Come in più occasioni ha ricordato lo storico Israeliano di origine ebraica Ilan Pappé.
In questo il dato politico va rintracciato nel nuovo obiettivo che l’ex ministro dell’interno ha deciso di criminalizzare: il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele (BDS). Il movimento internazionale, nato nella società palestinese per chiedere di sostenere globalmente la propria lotta contro i governi degli stati che legittimano economicamente e politicamente la pulizia etnica Israeliana in Palestina. Dunque occorre sostenere il movimento BDS per rivendicare i diritti del popolo Palestinese che in questi anni si è rivelata una vera e propria spina nel fianco dei governi Israeliani. Ma occorre anche ricordare ai politicanti nostrani che non basta una visita al muro del pianto ed al museo dell’olocausto per dirsi antirazzisti. In ultimo, ricordiamoci di affermarlo sempre, antisionismo è antifascismo ed antirazzismo.
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abr · 5 years ago
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Ogni anno in Italia si accende l'assurda polemica sulla strage delle foibe, quando il regime comunista iugoslavo di Tito massacrò centinaia di istriani, dalmati e giuliani, la cui unica colpa era quella di essere italiani. I comunisti iugoslavi accusavano i malcapitati di aver collaborato con il regime fascista e vollero attuare una sorta di pulizia etnica. Una tragedia che, rivedendo le immagini dei corpi infoibati, merita il nostro triste ricordo. Tuttavia, in alcune frange della sinistra permane ancora un approccio negazionista, considerata anche la benevolenza dei comunisti italiani nei confronti del regime iugoslavo. (...) l'idea di Toni Capuozzo: (...) la nomina di un senatore a vita scelto "tra i tanti esuli che hanno ricordato quando era difficile farlo". Il giornalista friulano, di cui sono celebri i reportage sui massacri etnici, richiama ad un'operazione simbolica stile Liliana Segre, per zittire i negazionisti una volta per tutte. Il post di Capuozzo ha suscitato grande approvazione tra i lettori, ma probabilmente la sua idea rimarrà inascoltata.
https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/13563098/toni-capuozzo-foibe-sergio-mattarella-testimone-strage-senatore-vita.html
Poi dice dell’odio. Peggio dell’odio furente tipico della coda di paglia incendiata è l’ignoranza. E la combinazione delle due.  Trovi ad es. in rete post a elettroencefalogramma piatto tipo il seguente: ”Il responsabile delle foibe? Mussolini.” 
A parte gli occhi foderati di prosciutto (cit.) del non capire l’intento PULIZIA ETNICA, quindi esser responsabile indiretto della sua riedizione da quelle parti negli anni ‘90, delle due l’una: o sta dando ragione ai pulitori etnici, là eran tutti fascisti o peggio, tutti ladri di beni case e proprietà slave in precedenza (in che film? E in precedenza quando, prima dell’anno 1000?), oppure GIUSTIFICA la “giustizia” sommaria delle bestie: sarebbe cosa capibile, più esagerata che esecrabile. 
Come se avesse detto, bestemmia apocalittica che sol a dirla condannerebbe all’Inferno per l’Eternità, che i responsabili della strage delle Fosse Ardeatine sono i partigiani dell’attentato di via Rasella (btw, bersaglio: un reparto della territoriale sudtirolese, ciao core...). 
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novalistream · 5 years ago
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Il Tribunale Federale di Mar del Plata, ha emesso il verdetto del mega processo "Subzona 15" durato 2 anni e dopo aver raccolto prove da oltre 300 testimoni che hanno raccontato parte di ciò che è accaduto tra il 1976 e il 1983, sotto la dittatura militare di José Rafael Videla. Il processo si occupava di crimini quali la privazione illegale di libertà, la tortura, l'omicidio e la scomparsa di 272 vittime di centri clandestini gestiti dalle Forze Armate e di sicurezza del paese argentino tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80. Il verdetto finale è stato annunciato attraverso un'audizione via web che, senza la presenza dei parenti delle vittime a causa del rispetto delle misure di sicurezza di fronte alla pandemia, ha letto le pene dei 35 condannati. Oltre ai 28 accusati che hanno subito l'ergastolo, sono stati condannati anche altri 7 imputati, che hanno ricevuto pene tra i 7 e i 25 anni di carcere, 5 gli assolti. Gloria León, unica avvocata querelante ammessa ad ascoltare la sentenza dal vivo racconta: "Solitamente in altri processi simili a questo l'aula è sempre piena. I parenti e i sopravvissuti sono all'interno e tutti i militanti che non riescono ad entrare rimangono in strada, in attesa di ascoltare la sentenza dagli altoparlanti. Di solito uscivamo dal tribunale e festeggiavamo abbracciandoci tutti insieme. Oggi siamo usciti ma purtroppo non poteva esserci nessuno. Questa sentenza è positiva, ma trascorrono troppi anni di impunità, inoltre gli imputati continuano con il loro patto di omertà. Il massimo che possiamo fare è questo, condannarli con tutte le garanzie costituzionali e dimostrare che la nostra lotta non è una vendetta ma volontà di giustizia. Oggi, come ripeto, è stato più difficile perché la pandemia non ci ha permesso di festeggiare insieme. Sono stata al telefono tutto il giorno, ma non è la stessa cosa". León fa parte del team legale del Segretariato Nazionale per i Diritti Umani dal 2000, ed ha combattuto per avere giustizia per le sue compagne che sono scomparse da oltre 40 anni. Liliana Iorio, Patricia Lazzeri e Liliana Retegui, erano 3 dei 272 casi di rapimenti, torture, sparizioni e omicidi che sono stati al centro del mega processo. "All'epoca vivevamo con altri due sopravvissuti in un appartamento a Mar del Plata" racconta, "da lì ci siamo trasferiti il giorno prima che una banda ci venisse a cercare. Se sono viva è perché le nostre compagne non hanno parlato. Ho sempre considerato che fosse mio dovere raccontare. Glielo devo”, dice Gloria, che a 40 anni di distanza continua ad avere il nodo alla gola. La sentenza I membri della Tribunale Federale di Mar del Plata, Roberto Falcone, Mario Portela e Martín Bava, hanno emesso una sentenza che "si è avvicinata molto" alle richieste presentate dalla Procura, la quale aveva richiesto l'ergastolo per 31 imputati, per lo più membri delle tre Forze Armate e della Prefettura Navale Argentina. La speranza è che queste pene non vengano ridotte o annullate un successivi gradi di giudizio. (Nostra traduzione) https://www.pagina12.com.ar/262508-fue-justicia-en-aislamiento-en-mar-del-plata Rete Solidarietà Rivoluzione Boliviana
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l-altra-me-loulousnow · 8 years ago
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Morte dignitosa?
Così, giusto per non dimenticare... Elenco Delle vittime di Totò Riina : il tenente dei carabinieri Mario Malausa, i marescialli Silvio Corrao e Calogero Vaccaro, gli appuntati Eugenio Altomare e Mario Farbelli, il maresciallo dell'esercito Pasquale Nuccio, il soldato Giorgio Ciacci, Carmelo Battaglia sindacalista, Giuseppe Piani appuntato dei carabinieri, Boris Giuliano, Mauro De Mauro, il procuratore capo di Palermo Pietro Scaglione, Antonino Lo Russo autista di Pietro Scaglione, Giovanni Spampinato, giornalista de "L'Ora" e de "L'Unità", Gaetano Cappiello, agente di pubblica sicurezza, Giuseppe Russo tenente colonnello dei carabinieri,l'insegnante Filippo Costa, Ugo Triolo, Vice-pretore onorario di Prizzi, Peppino Impastato, Antonio Esposito Ferraioli, cuoco, Salvatore Castelbuono,Vigile Urbano, Carmelo Di Giorgio, operaio, Filadelfio Aparo, vice Brigadiere, Mario Francese, giornalista, Carmine Pecorelli, giornalista; Boris Giuliano, capo della squadra mobile di Palermo; Calogero Di Bona, maresciallo; Cesare Terranova, magistrato; Lenin Mancuso, maresciallo; i carabinieri Giovanni Bellissima, Salvatore Bologna e Domenico Marrara, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Piersanti Mattarella,Emanuele Basile, capitano dei Carabinieri; Gaetano Costa, procuratore capo di Palermo, Giuseppe Inzerillo, figlio diciassettenne del boss Salvatore Inzerillo mutilato e ucciso, Vito Jevolella, maresciallo dei carabinieri di Palermo; Sebastiano Bosio, medico, docente universitario; Alfredo Agosta, maresciallo dei carabinieri; Pio La Torre, segretario del PCI siciliano; Rosario Di Salvo, autista e uomo di fiducia di Pio La Torre; Gennaro Musella, imprenditore; Salvatore Raiti, Silvano Franzolin, Luigi Di Barca e Giuseppe Di Lavore, carabinieri; Antonino Burrafato, Vice Brigadiere di Polizia, Paolo Giaccone, medico legale;Emanuela Setti Carraro, moglie di Carlo Alberto Dalla Chiesa, e Domenico Russo, agente di polizia; Benedetto Buscetta e Antonio Buscetta figli del pentito Tommaso Buscetta; Calogero Zucchetto, agente di polizia; Giuseppe Genova e Orazio D'Amico, cognato e nipote di Buscetta; Vincenzo Buscetta, fratello del pentito Tommaso; Giangiacomo Ciaccio Montalto, magistrato di punta di Trapani; Mario D'Aleo, capitano dei carabinieri; Pietro Morici, carabiniere; Giuseppe Bommarito, carabiniere; Rocco Chinnici, capo dell'ufficio istruzione del Tribunale di Palermo, Mario Trapassi, maresciallo dei carabinieri; Salvatore Bartolotta, carabiniere; Stefano Li Sacchi, portinaio di casa Chinnici; Pippo Fava; Salvatore Zangara, analista; Giuseppe Fava, giornalista;Mario Coniglio, macellaio, Pietro Busetta, imprenditore e maestro decoratore, vittima innocente; Roberto Parisi, imprenditore e presidente del Palermo calcio, assieme al suo autista Giuseppe Mangano; Piero Patti, imprenditore. Rimane ferita anche la figlia Gaia di nove anni; Giuseppe Spada, imprenditore; Barbara Rizzo in Asta, signora morta nell'attentato con autobomba contro il sostituto procuratore Carlo Palermo, salvatosi miracolosamente; morti anche Giuseppe e Salvatore Asta, i due figli gemelli di 6 anni della donna; Giuseppe Montana, funzionario della squadra mobile; Ninni Cassarà e il suo collega Roberto Antiochia, agente di polizia; Graziella Campagna, diciassettenne che aveva riconosciuto due latitanti; Claudio Domino, bambino di 11 anni che stava passeggiando davanti al negozio dei suoi genitori; Giuseppe Insalaco, ex sindaco di Palermo; Natale Mondo,agente di polizia scampato all'attentato in cui persero la vita Ninni Cassarà e Roberto Antiochia; Alberto Giacomelli, ex magistrato in pensione; Antonino Saetta, giudice ucciso con il figlio Stefano Saetta; Mauro Rostagno, leader della comunità Saman per il recupero dei tossicodipendenti e giornalista; Giuseppe Montalbano, medico; Pietro Polara, commerciante di macchine agricole; Antonino Agostino, agente di polizia, e la moglie Ida Castelluccio, incinta di due mesi; Vincenzo Miceli, geometra e imprenditore di Monreale, ucciso per non aver voluto pagare il pizzo; Giovanni Trecroci; Emanuele Piazza, agente di polizia strangolato e sciolto nell'acido; Giuseppe Miano, mafioso pentito; Nicola Gioitta, gioielliere; Gaetano Genova, vigile del fuoco sequestrato e ucciso perché ritenuto un confidente della polizia; Giovanni Bonsignore, funzionario della Regione Siciliana; Rosario Livatino, giudice; Giovanni Salamone, geometra, imprenditore edile e consigliere comunale;Nicolò Di Marco, geometra;Sergio Compagnini, imprenditore; Antonino Scopelliti (9 agosto 1991), giudice; Libero Grassi (29 agosto 1991), imprenditore attivo nella lotta contro le tangenti alle cosche e il racket; Serafino Ogliastro (12 ottobre 1991), ex agente della polizia di Stato;Giuliano Guazzelli (4 aprile 1992), maresciallo dei carabinieri; Paolo Borsellino (21 aprile 1992), imprenditore ed omonimo del giudice Paolo Borsellino; Giovanni Falcone, magistrato; Francesca Morvillo, magistrato, moglie di Giovanni Falcone; Antonio Montinaro, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone; Rocco Dicillo, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone; Vito Schifani, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone;Vincenzo Napolitano (23 maggio 1992), uomo politico democristiano; Paolo Borsellino, magistrato; Emanuela Loi, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Walter Cosina, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Vincenzo Li Muli, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Claudio Traina, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Agostino Catalano, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Rita Atria (27 luglio 1992), figlia di un mafioso, muore suicida dopo la morte di Paolo Borsellino, con il quale aveva iniziato a collaborare; Giovanni Lizzio (27 luglio 1992), ispettore della squadra mobile; Paolo Ficalora (28 settembre 1992), proprietario di un villaggio turistico;Gaetano Giordano (10 dicembre 1992), commerciante;Giuseppe Borsellino (17 dicembre 1992), imprenditore, padre dell'imprenditore Paolo Borsellino ucciso otto mesi prima;Beppe Alfano (8 gennaio 1993), giornalista; Caterina Nencioni, bambina di 50 giorni; Nadia Nencioni, bambina di 9 anni; Angela Fiume, custode dell'Accademia dei Georgofili, 36 anni; Fabrizio Nencioni, 39 anni; Dario Capolicchio, studente di architettura, 22 anni; Carlo La Catena, Sergio Pasotto, Stefano Picerno (vigili del fuoco); Alessandro Ferrari (agente di polizia municipale); Moussafir Driss (extracomunitario); Pino Puglisi (15 settembre 1993), sacerdote, impegnato nel recupero dei giovani reclutati da Cosa Nostra; Cosimo Fabio Mazzola (5 aprile 1994), ucciso perché ex fidanzato della moglie del mafioso Giuseppe Monticciolo;Liliana Caruso (10 luglio 1994), moglie di Riccardo Messina, pentito; Agata Zucchero (10 luglio 1994), suocera di Riccardo Messina, pentito;Calogero Panepinto (19 settembre 1994), fratello di Ignazio Panepinto, assassinato il 30 maggio dello stesso anno; Pietro Sanua (Corsico, 4 Febbraio 1995);Domenico Buscetta (6 marzo 1995), nipote del pentito Tommaso Buscetta;Pierantonio Sandri (3 settembre 1995), giovane di Niscemi, sequestrato e ucciso perché testimone di atti intimidatori, il corpo occultato è stato recuperato 14 anni dopo, in seguito alle rivelazioni di un pentito; Paolo De Montis (21 settembre 1995), Finanziere Mare;Serafino Famà (9 novembre 1995), avvocato penalista catanese, ucciso a pochi passi dal suo studio perché era un esempio di onestà intellettuale e professionale;Giuseppe Montalto (23 dicembre 1995), agente di custodia dell'Ucciardone;Giuseppe Di Matteo (11 gennaio 1996), figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, ucciso e disciolto in una vasca di acido nitrico;Luigi Ilardo (10 maggio 1996), cugino del boss Giuseppe Madonia, ucciso poco prima di divenire un collaboratore di giustizia;Santa Puglisi (27 agosto 1996), giovane vedova ventiduenne di un affiliato a un clan mafioso, picchiata e uccisa nel cimitero di Catania insieme al nipote Salvatore Botta di 14 anni; Antonio Barbera (7 settembre 1996), giovane di Biancavilla (CT), massacrato a diciotto anni con una decina di colpi di pistola in testa; Antonino Polifroni (30 settembre 1996), imprenditore di Varapodio (RC), assassinato perché non aveva ceduto ai ricatti e alle estorsioni mafiose; Giuseppe La Franca (4 gennaio 1997), avvocato, assassinato perché non voleva cedere le sue terre ai fratelli Vitale; Gaspare Stellino (12 settembre 1997), commerciante, morto suicida per non deporre contro i suoi estorsori; Giuseppe Lo Nigro, imprenditore edile;Domenico Geraci (8 ottobre 1998), sindacalista;Stefano Pompeo (22 aprile 1999), ragazzo ucciso per errore al posto di un potente boss locale;Filippo Basile (5 luglio 1999), funzionario della Regione Siciliana; Sultano Salvatore Antonio (21 luglio 1999), ragazzo ucciso per sbaglio;Vincenzo Vaccaro Notte (3 novembre 1999), imprenditore assassinato perché non accettava i condizionamenti mafiosi.
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tiffany964 · 8 years ago
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una morte dignitosa loro non l hanno avuta
Anni 1990 Vincenzo Miceli (23 gennaio 1990), geometra e imprenditore di Monreale, ucciso per non aver voluto pagare il pizzo. Giovanni Trecroci (7 febbraio 1990), vicesindaco di Villa San Giovanni. Emanuele Piazza (16 marzo 1990), agente di polizia strangolato e sciolto nell'acido. Giuseppe Miano (18 marzo 1990), mafioso pentito. Nicola Gioitta (21 marzo 1990), gioielliere. Gaetano Genova (30 marzo 1990), vigile del fuoco sequestrato e ucciso perché ritenuto un confidente della polizia. Il suo corpo verrà ritrovato 8 anni dopo in seguito alle dichiarazioni del pentito Enzo Salvatore Brusca. Giovanni Bonsignore, (9 maggio 1990), funzionario della Regione Siciliana. Rosario Livatino (21 settembre 1990), giudice di Canicattì (AG). Giovanni Salamone (12 gennaio 1991), geometra, imprenditore edile e consigliere comunale di Barcellona Pozzo di Gotto. Nicolò Di Marco (21 febbraio 1991), geometra del comune di Misterbianco (CT). Sergio Compagnini (5 marzo 1991), imprenditore. Antonino Scopelliti (9 agosto 1991), giudice. Libero Grassi (29 agosto 1991), imprenditore attivo nella lotta contro le tangenti alle cosche e il racket. Serafino Ogliastro (12 ottobre 1991), ex agente della polizia di Stato. Ucciso a Palermo da Salvatore Grigoli con il metodo della lupara bianca perché i mafiosi di Brancaccio sospettavano fosse a conoscenza degli autori dell'omicidio di un mafioso, Filippo Quartararo. Al processo, Grigoli si autoaccusava dell'omicidio indicando altri 7 complici. Salvo Lima (12 marzo 1992), uomo politico democristiano, eurodeputato ed ex sindaco di Palermo strettamente legato alla mafia, sebbene non direttamente affiliato a nessuna famiglia, costituisce il trait-d-union tra Cosa Nostra e i livelli alti dello Stato, quali, tra gli altri, Giulio Andreotti. Salvatore Colletta e Mariano Farina (31 marzo 1992), due ragazzi di 15 e 12 anni scomparsi che si ritiene siano stati vittime di "lupara bianca"[senza fonte]. Giuliano Guazzelli (4 aprile 1992), maresciallo dei carabinieri. Paolo Borsellino (21 aprile 1992), imprenditore ed omonimo del giudice Paolo Borsellino. Strage di Capaci (23 maggio 1992): Giovanni Falcone, magistrato; Francesca Morvillo, magistrato, moglie di Giovanni Falcone; Antonio Montinaro, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone; Rocco Dicillo, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone; Vito Schifani, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone. Il mafioso pentito Giovanni Brusca si autoaccusò di aver guidato il commando malavitoso che sistemò l'esplosivo in un tunnel scavato sotto un tratto dell'autostrada A29 all'altezza di Capaci e fu lui a premere il pulsante del radiocomando che causò l'esplosione, proprio nel momento in cui passavano le auto di scorta del giudice Falcone. Vincenzo Napolitano (23 maggio 1992), uomo politico democristiano, sindaco di Riesi. Strage di via d'Amelio (19 luglio 1992): Paolo Borsellino, magistrato; Emanuela Loi, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino (prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio[senza fonte]); Walter Cosina, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Vincenzo Li Muli, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Claudio Traina, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Agostino Catalano, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino. Dalle recenti indagini si è scoperto che i mandanti dell'attentato, messo in atto con un'autobomba parcheggiata sotto casa della madre del giudice Borsellino, vanno ricercati non solo all'interno di Cosa nostra ma anche negli ambienti della politica e dei servizi segreti deviati. Rita Atria (27 luglio 1992), figlia di un mafioso, muore suicida dopo la morte di Paolo Borsellino, con il quale aveva iniziato a collaborare. Giovanni Lizzio (27 luglio 1992), ispettore della squadra mobile. Ignazio Salvo (17 settembre 1992), esattore, condannato per associazione mafiosa e ucciso su ordine di Totò Riina per non aver saputo modificare in Cassazione la sentenza del maxiprocesso che condannò Riina all'ergastolo. Paolo Ficalora (28 settembre 1992), proprietario di un villaggio turistico. Gaetano Giordano (10 dicembre 1992), commerciante. Giuseppe Borsellino (17 dicembre 1992), imprenditore, padre dell'imprenditore Paolo Borsellino ucciso otto mesi prima, quest'ultimo omonimo del giudice Paolo Borsellino. Beppe Alfano (8 gennaio 1993), giornalista. Strage di via dei Georgofili a Firenze (27 maggio 1993): Caterina Nencioni, bambina di 50 giorni; Nadia Nencioni, bambina di 9 anni; Angela Fiume, custode dell'Accademia dei Georgofili, 36 anni; Fabrizio Nencioni, 39 anni; Dario Capolicchio, studente di architettura, 22 anni. Strage di via Palestro a Milano (27 luglio 1993): Carlo La Catena, Sergio Pasotto, Stefano Picerno (vigili del fuoco); Alessandro Ferrari (agente di polizia municipale); Moussafir Driss (extracomunitario). Pino Puglisi (15 settembre 1993), sacerdote, impegnato nel recupero dei giovani reclutati da Cosa Nostra nel quartiere Brancaccio a Palermo, controllato dalla famiglia Graviano. Viene beatificato il 25 maggio 2013. Cosimo Fabio Mazzola (5 aprile 1994), ucciso perché ex fidanzato della moglie del mafioso Giuseppe Monticciolo; la donna figlia del capomafia Giuseppe Agrigento, accettò di non sposare Mazzola perché non appartenente al suo ambiente. Liliana Caruso (10 luglio 1994), moglie di Riccardo Messina, pentito. Agata Zucchero (10 luglio 1994), suocera di Riccardo Messina, pentito. Calogero Panepinto (19 settembre 1994), fratello di Ignazio Panepinto, assassinato il 30 maggio dello stesso anno. Pietro Sanua (Corsico, 4 Febbraio 1995) Domenico Buscetta (6 marzo 1995), nipote del pentito Tommaso Buscetta, ucciso da Leoluca Bagarella. Carmela Minniti (1º settembre 1995), moglie di Benedetto Santapaola, detto Nitto, boss catanese. Pierantonio Sandri (3 settembre 1995), giovane di Niscemi, sequestrato e ucciso perché testimone di atti intimidatori, il corpo occultato è stato recuperato 14 anni dopo, in seguito alle rivelazioni di un pentito. Paolo De Montis (21 settembre 1995), Finanziere Mare, originario di Santa Giusta (OR), venne ucciso e il suo corpo abbandonato presso la discarica di Bellolampo, poco fuori Palermo. Serafino Famà (9 novembre 1995), avvocato penalista catanese, ucciso a pochi passi dal suo studio perché era un esempio di onestà intellettuale e professionale. Giuseppe Montalto (23 dicembre 1995), agente di custodia dell'Ucciardone, ucciso per ordine del boss Vincenzo Virga. Giuseppe Di Matteo (11 gennaio 1996), figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, ucciso e disciolto in una vasca di acido nitrico. Luigi Ilardo (10 maggio 1996), cugino del boss Giuseppe Madonia, ucciso poco prima di divenire un collaboratore di giustizia. Santa Puglisi (27 agosto 1996), giovane vedova ventiduenne di un affiliato a un clan mafioso, picchiata e uccisa nel cimitero di Catania insieme al nipote Salvatore Botta di 14 anni. Antonio Barbera (7 settembre 1996), giovane di Biancavilla (CT), massacrato a diciotto anni con una decina di colpi di pistola in testa, in un agguato in "contrada Sgarro" (Catania). Gli omicidi non hanno ricevuto alcuna condanna dal processo, celebrato nell'aula bunker del carcere "Bicocca" di Catania; il processo è stato celebrato anche in Corte d'appello e in Cassazione, senza che la famiglia del ragazzo venisse informata. Antonino Polifroni (30 settembre 1996), imprenditore di Varapodio (RC), assassinato perché non aveva ceduto ai ricatti e alle estorsioni mafiose. Giuseppe La Franca (4 gennaio 1997), avvocato, assassinato perché non voleva cedere le sue terre ai fratelli Vitale. Giulio Giuseppe Castellino (25 febbraio 1997), Ferito gravemente alla testa con colpi di arma da fuoco il dott. Giulio Giuseppe Castellino, dirigente del Servizio d'igiene pubblica presso la Usl di Agrigento. Castellino è stato per oltre un decennio ufficiale sanitario a Palma di Montechiaro (AG), dove abitava. Consigliere Comunale ed Assessore nel Comune di Palma di Montechiaro per diverse volte. Nel novembre 1997 furono sparati colpi di lupara contro il portone della sua abitazione. Castellino spirerà il 25 febbraio.[4] Gaspare Stellino (12 settembre 1997), commerciante, morto suicida per non deporre contro i suoi estorsori Giuseppe Lo Nigro[5] (1º dicembre 1997), imprenditore edile, scomparso da Altofonte, in provincia di Palermo ancor'oggi di lui nessuna traccia. Domenico Geraci (8 ottobre 1998), sindacalista di Caccamo, in provincia di Palermo, la cui morte è, ancor'oggi, ignota. Stefano Pompeo (22 aprile 1999), ragazzo ucciso per errore al posto di un potente boss locale. Filippo Basile (5 luglio 1999), funzionario della Regione Siciliana. Sultano Salvatore Antonio (21 luglio 1999), ragazzo ucciso per sbaglio dentro una sala da barba nel quartiere San Giacomo a Gela in provincia di Caltanissetta.
Vincenzo Vaccaro Notte[9] (3 novembre 1999), imprenditore di Sant'Angelo Muxaro (AG), assassinato perché non accettava i condizionamenti mafiosi UNA MORTE DIGNITOSA LORO NON L'HANNO AVUTA
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marikabi · 4 years ago
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È sempre il Giorno della Memoria
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In questi nostri attuali tempi di hate speech (discorso d’odio), di rancore diffuso, di spasmodico bisogno di un nemico, si riconferma fondamentale ricordare il pericolo ferale della banalità del male.
L’Olocausto è il peccato più grave che la Storia ricordi, proprio per la normalizzazione continentale dell’orrore.
Della Shoah deve parlarsi continuamente perché è sempre il Giorno della Memoria, non solo il 27 gennaio. Lasciati andare, gli uomini, senza il sostegno della Cultura, diventano rapidamente preda di istinti violenti e l’abitudine al dileggio prima e alla violenza poi s’instaura come normalità.
Non è e non deve essere normale che nel Terzo Millennio s’inneggi alla Kristallnacht (l’ultimo episodio a Mondovi’, cui si riferisce la foto di copertina), si ghettizzi l’umanità per il colore della pelle, o la si discrimini per genere.
Si deve ricordare, si deve raccontare ciò che è stato, affinché possa non succedere più. Bisogna scendere nell’orrore, per non sbagliare più. Personalmente, vorrei che tutti potessero visitare un campo di sterminio ed in silenzio - col freddo della Morale nelle ossa - camminare sulla terra impastata  con le ceneri di uomini e donne, rinchiusi senza colpa, ammazzati per l’esaltazione ed il parossismo di un odio propagandato come normale, legittimo, addirittura patriottico.
Numerose sono state le manifestazioni in provincia per onorare il Giorno della Memoria.
Sabato mattina ho partecipato (quale spettatrice) all’incontro tra la classe V della sezione B del liceo Scientifico “P.S. Mancini” ed il figlio di un internato militare italiano, un IMI, eroi dimenticati, così a lungo bistrattati dallo Stato, solo da pochi anni onorati con il conferimento delle Medaglie al Merito.
Per l’organizzazione del dr Carmine Clericuzio e della Prof. Margherita Faia, la libreria L’Angolo delle Storie (un fiero presidio di resistenza culturale) ha ospitato Antonio Di Stasio, figlio di Luigi, internato nella Prussia orientale all’indomani dell’Otto settembre 1943.
Come ci ha ricordato il figlio di Luigi Di Stasio, un eroe non è solo quello che compie atti memorabili, ma anche - o forse soprattutto - l’uomo comune alle prese con la sofferenza continua e spesso inspiegabile, ovvero quando l’offesa alla propria fondamentale dignità di essere umano diventa una sopportazione non più comprimibile.
Come tanti sopravvissuti ai campi, non da ultima Liliana Segre, anche Luigi decise di parlare tardi della sua esperienza, aprendosi ai nipoti. C’è un comune denominatore che lega tutti i reduci: il lungo silenzio prima di svelare il proprio dolore al mondo.
Si può testimoniare ancora, a distanza di anni, o forse di secoli, perchè il Dolore - come l’Arte - può essere un oraziano monumento aere perennius.
Anche Luigi Di Stasio ha sofferto la vergogna e la colpa di essere sopravvissuto.
Attraverso il racconto del figlio, abbiamo saputo che la bucce di patate in prigionia erano il più buono dei dolci. Abbiamo appreso che la pietà delle donne polacche faceva loro lanciare cipolle o mele al di là della recinzione. Abbiamo capito che c’è un limite anche alla vendetta, quando Luigi rifiutò le armi - offerte dopo la liberazione - per sparare ai nazisti quale sfogo per le torture subite.
Luigi divenne un eroe involontario e quando tornò (sei mesi dopo la liberazione dal campo) al paesello, funse da figlio surrogato per tutti i genitori che avevano perso in guerra i loro.
La guerra gioca brutti scherzi alla prospettiva morale delle popolazioni, tanto che in tempi di genocidi e vittime, ci fu anche qualche zelante tutore dell’ordine che si permise di denunciare il padre di Luigi - affranto per aver perso più di un figlio in battaglia - con l’accusa di bestemmia. 
La retorica non serve. Parole roboanti e promesse non sono più utili del semplice racconto dei fatti- da Primo Levi a Liliana Segre, da Shlomo Venezia ad Anna Frank - per annullare il potere dell’indifferenza, del ‘cosa vuoi che sia’, delle spallucce che la recente storia politica sta offrendo al ricordo dell’immane tragedia.
L’incontro di sabato mattina si è arricchito di contributi: dalla lettura delle pagine sull’esclusione di Liliana Segre dalla scuola, ad otto anni, alle storie di eroi e vittime, Ginettaccio Bartali, Alfred Nakache (il nuotatore di Auschwitz), Victor Perez, Vittorio Staccione (il mediano di Mathausen).
Due studenti hanno recitato toccanti brani di Alberto Segre e Joyce Lussu.
Consiglia Aquino ha letto un testo consolatorio sulla Morte, per riconciliarci, sì, col Dolore della Storia, tuttavia senza mai dimenticare che la Memoria è sorella della Giustizia. Senza ricordo siamo condannati alla barbarie.
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paoloxl · 5 years ago
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In questi giorni mi ha colpito la dichiarazione della senatrice Liliana Segre, in visita al carcere di San Vittore: “Dai detenuti gli unici gesti di umanità prima della deportazione.” e ho pensato a Rosa Zagari, prigioniera dei “buoni��, che rischia la paralisi, dopo una caduta in carcere che le ha provocato fratture. È stata condannata in primo grado a otto anni, perché non darle la possibilità di curarsi fuori? Probabilmente perché non è una persona importante, forse perché ha parenti pregiudicati o forse, semplicemente, chi amministra la giustizia non si può permettere di avere un cuore al posto del codice. Fino a che punto può arrivare la giustizia degli uomini per tutelare i suoi cittadini? Può arrivare per esempio ad accanirsi contro una prigioniera, malata, stanca e depressa (le è appena mancata la madre). Io credo di no, credo che una democrazia che usi mezzi disumani sia una democrazia malata. Non ho mai visto nessun delinquente cambiare per effetto di trattamenti disumani e degradanti, e un Paese che li usa, comunque, fosse anche per fermare i fenomeni criminali, degrada se stesso.
Il giuramento di Ippocrate dice: “Medico, ricordati che il malato non è una cosa, o un mezzo, ma un fine, un valore”.  Invece in carcere il malato detenuto/a è un malato/a sfortunato/a. Quando una persona in libertà è malata spesso, non sempre, l’ambiente in cui vive rispetta il suo stato, nel senso che la si cura e di norma almeno può essere sicura di ricevere attenzione dalla propria famiglia. Invece guai al paziente in carcere, la richiesta di attenzione genera disprezzo. Il prigioniero/a malato/a non gode della pur minima protezione, persino gli si fa una colpa della sua malattia. Alla prima occasione, al minimo lamento e tentativo di conforto, per un motivo normalmente di nessuna importanza, la malattia gli viene rinfacciata come una colpa e lui/lei viene additato come simulatore. E qualunque disturbo possa lamentare, non gli si crede. Purtroppo il detenuto/a malato/a è come un cieco a cui si rimprovera di non vedere.
Lancio un appello affinché a Rosa Zagari sia data la possibilità di curarsi in una struttura esterna al carcere, perché a mio parere non è così necessario che continui a stare in carcere in queste condizioni, e inoltre una giustizia umana è la migliore delle medicine, sia per i cattivi che per i buoni.
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Polemiche a Biella sulla mancata cittadinanza onoraria a Liliana Segre
Il consiglio comunale di Biella ha bocciato la mozione presentata dalle liste civiche “Buongiorno Biella” e “Le persone al centro” che chiedeva di conferire la cittadinanza onoraria a Liliana Segre in quanto “testimone della tragedia dell’olocausto e interprete dei valori di giustizia e di pace tra gli esseri umani”. Decisivi i voti contrari di Lega... Per il contenuto completo visitate il sito https://ift.tt/1tIiUMZ
da Quotidiano Piemontese - Home Page https://ift.tt/378qkzY via Adriano Montanaro - Alessandria
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pangeanews · 6 years ago
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Dalla “Storia della colonna infame” a “Petrolio”, da Vasilij Grossman a Ayn Rand e Canetti: i libri (e gli scrittori) “politici” più belli di sempre
Il gioco inizia in Albione. In un vasto articolo pubblicato sul “Guardian”, Dorian Lynskey si domanda “Is the political novel dead?”. A partire da lì, s’è fatta una sbrigativa analisi su ‘Il Giornale’, domenica scorsa. Qui, piuttosto, senza troppe fregole nell’identificare il valore dell’aggettivo “politico” (né ‘partitico’ né sociologico: che investighi il governo, la sua arte del torcere, tra glorie e storpiature), proponiamo una lista di libri belli (con esagerazione implicita). Fate dunque il vostro gioco. (d.b.)
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I 10 romanzi “politici” più belli di sempre
Alessandro Manzoni, “Storia della colonna infame”
Fosse di un altro paese, eleveremmo Manzoni a una specie di Dostoevskij – senza viscere tra le dita, certo, ma con stile più glorioso. Però, siamo in Italia, Lucia non è Anna Karenina né Emma Bovary, Renzo non ha la statura di Stavrogin. A rileggere senza paraocchi scolastici la corrusca Storia della colonna infame – scrittura ‘saggistica’, di lancinante crudeltà – capiremmo perché il male più crudo accade ‘a fin di bene’, tramite intelletti sofisticati. Micidiale l’accusa al sistema della giustizia: “Per trovarli colpevoli, per respingere il vero che ricompariva ogni momento, in mille forme, e da mille parti, con caratteri chiari allora com’ora, come sempre, dovettero fare continui sforzi d’ingegno, e ricorrere a espedienti, de’ quali non potevano ignorar l’ingiustizia”. Fu il libro ‘da comodino’ di Sciascia e di Gadda, appunto.
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Carlo Dossi, “Note azzurre”
Lo zibaldone più corrosivo della letteratura italiana, fiera dei sensi e dei linguaggi, ricca di spunti letterari (es. “L’arte di un autore, sta nel cancellare”). Lo scapigliato Carlo Dossi – o meglio: Alberto Carlo Felice Pisani Dossi – per mestiere conte, fu segretario particolare di Francesco Crispi, poi console generale a Bogotà e ambasciatore in Atene (dove lo andava a trovare d’Annunzio). Le sue ‘note’ sono un groviglio di osservazioni politiche (es. sui ‘poteri oscuri’ della politica: “Nella politica è come sul teatro. Vi ha gli autori che scrivono le opere da recitarsi e non appajono sul palco; e gli attori che le recitano pubblicamente e non le hanno scritte”). Salutare.
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Pier Paolo Pasolini, “Petrolio”
In PPP anche la poesia, dopo le tenerezze friulane, è eminentemente ‘politica’. Petrolio nell’anormalità e nell’inclassificabile – regesto di visioni dove cronaca e onirico, apocalisse e dato schietto di stuprano a vicenda – è il culmine della ricerca narrativa di PPP. “Voglio rimettermi a scrivere. Anzi, ho ricominciato a scrivere. Sto lavorando a un romanzo. Deve essere un lungo romanzo, di almeno duemila pagine. S’intitolerà Petrolio. Ci sono tutti i problemi di questi venti anni della nostra vita italiana politica, amministrativa, della crisi della nostra repubblica”. Un gorgo.
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Leonardo Sciascia, “L’affaire Moro”
Riteneva la Storia della colonna infame la quintessenza della letteratura italiana, tentò, con i suoi libri, di scovare gli untori, di sconfiggere gli untuosi politicanti, Sciascia. Fu parte della Commissione d’inchiesta sulla strage di via Fani e sul sequestro e l’assassinio di Aldo Moro: parlando delle lucciole di Pasolini, di Stendhal, di Borges, lo scrittore fa precipitare la politica nel romanzo. “Per il potere e del potere era vissuto fino alle nove del mattino di quel 16 marzo. Ha sperato di averne ancora”.
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André Malraux, “Antimemorie”
Più che una autobiografia, un romanzo agiografico, donchisciottesco, narcisista, caravaggesco. Il vero capolavoro di André Malraux. Ambientato tra Pechino e Parigi, tra Saigon e l’Alsazia, tra Delhi e Guadalupa, narra – con stile burrascoso, estremista – i rapporti tra Malraux e De Gaulle, gli incontri con Nehru, la “Lunga marcia” di Mao, il sottosuolo del potere, tra intrighi e agnizioni. “Qui non attendo di ritrovare nient’altro che l’arte e la morte”. Pubblicato da Bompiani nel 1968, ovviamente introvabile.
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Vasilij Grossman, “Tutto scorre…”
Libro necessario per capire l’atavica stortura del sistema sovietico e la tenerezza della resistenza. “Nel carattere di Stalin, in cui l’asiatico si fondeva con il marista europeo, si esprimeva il carattere del sistema statale sovietico… Nella sua incredibile ferocia, nella sua incredibile perfidia, nella sua capacità di fingere e di fare l’ipocrita, nel suo livore e nel suo spirito di vendetta, veniva fuori, in Stalin, il satrapo asiatico”.
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Ayn Rand, “La rivolta di Atlante”
Ribelle al pensiero totale, refrattaria a ogni forma di ideologia politica e letteraria, Ayn Rand pubblica il suo capolavoro, Atlas Shrugged, nel 1957. Una distopia drammaticamente attuale. Da leggere insieme a Heliopolis di Ernst Jünger. Per rendere più cristallino il nostro sguardo. D’altronde, la letteratura americana è intensamente ‘politica’. Tra i romanzi forti del contemporaneo, va detto di Underworld (1997), firma Don DeLillo, La macchia umana (2000) di Philip Roth, il ciclo “Seven Dreams” di William T. Vollmann, polimorfica storia, per visioni e omicidi, ammissioni ed elusioni, del continente americano.
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Ahmadou Kourouma, “Aspettando il voto delle bestie selvagge”
Ivoriano, feroce fino al midollo, con questo libro, del 1998, ci s’immerge nello sfacelo delle dittature africane. Mi colpì, più di altri autori analoghi – il grande vecchio Chinua Achebe, ad esempio – fino alla mistura del sangue, perché pare mescere Riccardo III ai racconti d’alchimia tribale, dei griot. Un libro analogo, ma d’altra sponda oceanica, è La fine della storia di Liliana Heker (di prossima pubblicazione Theoria) che racconta da dentro, con scrittura modernista, la dittatura militare argentina.
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Elias Canetti, “Massa e potere”
“Nulla l’uomo teme di più che essere toccato dall’ignoto”: per capire i meccanismi della politica, Canetti scrive questo libro epocale, era il 1960, un po’ trattato antropologico, un po’ visione, un po’ evasione narrativa. Scrittura grandiosa, piena di rivelazioni, di fiamme, che scova la stortura del potere nei nostri singoli gesti, nella postura, nelle mani (“Tutte le distanze che gli uomini hanno creato intorno a sé sono dettate dal timore di essere toccati. Ci si chiude nelle case, in cui nessuno può entrare: solo là ci si sente relativamente al sicuro”).
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Thomas Mann, “Considerazioni di un impolitico”
Una raccolta di saggi che si leggono come un romanzo, necessario antidoto alle idiozie parlamentari quotidiane. “L’arte, come la religione, rientra nella sfera umana; davanti a lei la politica dilegua come nebbia al sole… indenne alla politica resta la dignità dell’uomo: è una sciocchezza credere che sotto una repubblica si viva con ‘maggior dignità umana’ che sotto una monarchia. Eppure, si è politici solo a patto di credere in questa sciocchezza”.
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tmnotizie · 6 years ago
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ROMA – Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina Diritti Umani in occasione della Giornata della Memoria, ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno, intende fare una profonda riflessione storica per dare il giusto valore e il giusto significato alla giornata commemorativa per le vittime dell’Olocausto.
“Il 1° novembre del 2005 – scrive la prof. Rosa Manco– l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì la Giornata della Memoria per ricordare tutte le vittime della Shoah. Fu scelto il 27 gennaio perché in questa data ricorre la liberazione degli ebrei prigionieri del campo di sterminio di Auschwitz. L’Italia, con gli art. 1 e 2 della legge n. 211 del 20 luglio del 2000, già qualche anno prima delle Nazioni Unite aveva istituito, nello stesso giorno, la giornata commemorativa.
Da allora, ogni anno nel Nostro Paese, in occasione di tale giornata vengono organizzate cerimonie, iniziative e momenti di riflessione per raccontare lo sterminio del popolo ebraico, che coinvolgono in modo particolare la scuola. Quest’ultima, soprattutto, è sempre fortemente impegnata, attraverso progetti culturali, seminari e incontri, nella tutela della memoria storica. Perché senza passato non c’è futuro. Perché la memoria storica è un prezioso diario che racconta le vicende umane, anche quelle di cui non andiamo fieri. E allora dobbiamo farci carico anche dei più efferati crimini che non abbiamo saputo e voluto evitare.
Tra le pagine più cupe della nostra memoria storica ce n’è una che non vorremmo mai ricordare, perché ogni volta che lo facciamo sprofondiamo in un baratro di orrore senza fine. Quell’orrore ha un nome, si chiama Shoah. E ci riporta con il pensiero ad uno sterminio sistematico che avvenne nel cuore dell’Europa e che trascinò alla morte  6 milioni di ebrei.
Negli anni più bui del secolo scorso, infatti, il regime nazista ideò, pianificò e condusse tra il 1938 e il 1945 il brutale e incomprensibile genocidio degli ebrei. Ovviamente l’Olocausto non sarebbe stato possibile senza i sentimenti razzisti e antisemiti che si diffusero in Europa, anche nei paesi ostili al regime nazista. E così tra l’indifferenza e, purtroppo in molti casi, la partecipazione attiva dell’opinione pubblica si consumò il più grande crimine dell’umanità. La politica dell’odio si trasformò nel giro di pochi anni nella politica dello sterminio.
Troppe colpe, secondo i gerarchi nazisti, avevano gli ebrei. Colpe passate, colpe recenti. In una Germania affamata e immiserita dalle riparazioni di guerra, era inaccettabile, per i nazisti, l’inspiegabile benessere degli ebrei. Ad aggravare il clima già rabbioso e antisemita fu poi il razzismo scientifico che malefico e inarrestabile costruiva le sue tesi anti-ebreo e anti-uomo e divulgava teorie senza fondamento sull’inferiorità di un popolo, il quale veniva ucciso dalla scienza e dalla legge ancor prima che nei lager.
E allora i ghetti, in cui si cristallizzò la discriminazione di cui fu vittima l’innocente popolo ebraico, non bastarono più. Il male doveva essere tangibile e arrivare a penetrare ogni tessuto della vita civile. Quindi l’orrore diventò legge: nel 1935 le leggi di Norimberga decisero il destino di un popolo. Fu nella notte dei cristalli, che insieme alle vetrine spaccate, alle botteghe distrutte e alle sinagoghe incendiate, si frantumò l’ultima speranza di umana pietà che ogni ebreo ancora serbava nel cuore.
Da questo momento l’ingiustificata e incomprensibile discriminazione civile si trasformò in persecuzione di massa. Ma a Hitler e ai gerarchi nazisti tutto questo ancora non bastava. Occorreva una soluzione definitiva, radicale, una epurazione totale: la soluzione finale della questione ebraica.
Il Nostro Paese, negli stessi anni, non fu immune dal male. Una delle pagine più tristi ed infamanti della storia del diritto italiano contemporaneo è rappresentata dalla legislazione antisemita del periodo fascista. I provvedimenti legislativi (leggi, regi decreti, decreti ministeriali, decreti legislativi del duce) ed amministrativi (circolari e ordini di polizia) emanati tra il 1938 e il 1945 dal regime fascista di Mussolini, resero la vita degli ebrei impossibile. Tanti treni partirono dall’Italia per deportare gli ebrei nei lager europei.
Dalla stazione centrale di Milano, come ha tante volte ricordato la senatrice a vita Liliana Segre, partiva dal binario 21 un treno diretto d Auschwitz. Anche la signora Segre, allora tredicenne e “colpevole di essere ebrea”, fu ammassata nel convoglio RSHA insieme a tanti altri ebrei, per raggiungere il Lager in Polonia. Dei 10.000 ebrei presenti in Italia, 6.480 furono costretti a lasciare il Paese. Molti passavano per Trieste, alla Risiera di San Saba, l’unico Lager italiano che smistava i beni razziati, deteneva ed eliminava partigiani, detenuti politici ed ebrei e  smistava i deportati in Germania, ma soprattutto in  Polonia, ad Auchwitz.
Ma cosa fu realmente Auschwitz per i deportati? Auschwitz fu certamente la morte che poco a poco divorava la carne e l’anima dei prigionieri ormai senza nome, prigionieri ai quali si lasciava qualche goccia d’inchiostro sulla pelle in cambio di un’identità cancellata per sempre. Auschwitz fu il freddo nelle ossa, le gambe rinsecchite, il pianto dei bambini rimasti per sempre bambini.
Fu file, fuoco, fumo, punizioni, gas, freddo, solitudine, paura. Fu un maledettissimo magnete in cui l’uomo seppe catalizzare tutta la sua malvagità. Auschwitz fu le mille facce del male, quel male che guardavano negli occhi fino all’ultimo respiro di vita, i condannati a morte. Auschwitz fu quell’”atomo opaco di male” che trasformava gli uomini in animali selvaggi, affamati, denutriti. Auschwitz fu la più grande negazione dei Diritti Umani.
Il CNDDU, per tali ragioni, in occasione della Giornata della Memoria, vuole ribadire a gran voce che non possiamo e non dobbiamo dimenticare chi  ha patito l’oltraggio e la vergogna  delle Leggi Razziali che anche in Italia hanno prodotto odio, violenze e morte.
“Questa- ha amaramente scritto Calamandrei, il più grande dei padri costituenti- è stata la pena più torturante: pensare che le nazioni civili di tutto il mondo, tra le quali la nazione italiana sa di avere il suo posto, abbiano potuto credere davvero che l’Italia, l’Italia di San Francesco e di Dante, l’Italia del Rinascimento, l’Italia del Vico, dell’Alfieri, del Foscolo e del Carducci avesse potuto rinnegare all’improvviso, per decreto di un dittatore, queste grandi idee di giustizia e di libertà civile, questa tradizione di umanità e di pietà che è la nota più costante e più profonda del nostro carattere; che l’Italia del Beccaria fosse potuta diventare un paese di carnefici e di torturatori, l’Italia del Mazzini un paese di nazionalisti oppressori dell’altrui libertà, l’Italia del Manzoni un paese di sconci razzisti.”
Il CNDDU come sempre, soprattutto durante le giornate commemorative che spingono a una riflessione sui Diritti Umani, rivolge un appello ai docenti della scuola italiana di I e II grado, affinché coinvolgano gli studenti in progetti e lavori efficaci. Questa volta, abbiamo pensato che sarebbe importante un piccolo gesto, ma carico di significato, per un giorno di così profonda riflessione per tutti.
Un gesto significativo potrebbe essere quello di lasciare “una pietra d’inciampo” fuori ad ogni classe o all’ingresso  della scuola o o in un qualsiasi posto dell’edificio scolastico per commemorare gli ebrei nel Giorno della Memoria. Le pietre d’inciampo vengono spesso depositate nel tessuto urbanistico di molte città europee per ricordare, davanti alle ultime abitazioni delle vittime delle deportazioni, il genocidio di un popolo. Anche a Roma, nel ghetto ebraico, sono ormai presenti targhette commemorative nei pressi delle abitazioni degli ebrei deportati e uccisi. Questa piccola attività simbolica, che ci sentiamo di suggerire e da noi battezzata “Una pietra d’inciampo a scuola”, potrebbe coinvolgere attivamente gli studenti e spingerli a guardare la Shoah da una prospettiva diversa.
Il CNDDU, infine, si sente di affermare che pur essendoci la consapevolezza, radicata ormai in ognuno di noi, che la conservazione e la protezione della nostra “memoria storica” non ci permetterà mai di pareggiare i conti con un passato pieno di errori e di orrori, bisogna comunque andare avanti trascinandoci dietro un evento storico che ha coinvolto tutto e tutti ed è ineliminabile dalle coscienze e dalle attenzioni collettive e comunitarie. Ma tutto questo si chiama passato. Il futuro è un foglio bianco ancora da scrivere. E i Diritti Umani vogliono essere parte attiva di una storia che protegge i più deboli e permette a ogni essere umano il diritto alla felicità”.
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