#film satirici
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pier-carlo-universe · 11 days ago
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Santocielo su Prime Video: Una commedia celestiale tra angeli, preghiere e decisioni divine
Aristide, l'angelo delle preghiere, e la sua missione celeste in un film che unisce ironia e riflessione su temi eterni
Aristide, l’angelo delle preghiere, e la sua missione celeste in un film che unisce ironia e riflessione su temi eterni Prime Video presenta Santocielo, una commedia dal tocco ironico e surreale che racconta le vicende di Aristide, un angelo addetto allo smistamento delle preghiere, che coltiva il sogno di unirsi al coro dell’Altissimo. La sua vita “celeste” viene stravolta quando, durante…
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abatelunare · 2 years ago
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Breaking news!
Sue è una donna dall’autostima decisamente bassa. Il giorno del suo compleanno sorprende il marito con una bionda extralarge. Lui ci resta secco come un chiodo. E a lei viene un’idea folle. Lo seppellisce e con la complicità dei media diffonde la notizia che il consorte è stato rapito. La sua bugia mette in moto una inverosimile catena di eventi dalla quale esce incredibilmente illesa, famosa e ricca. Breaking news a Yuba County è una commedia nera. Non è un capolavoro, ma ciò che la rende divertente è l’assurdità della situazione, che oltretutto provoca una morte dietro l’altra. Sue si dibatte nelle proprie balle senza però rimanerne vittima. Il suo gigantesco culo (in senso metaforico) la assiste dal primo secondo all’ultimo. Fra l’altro riesce a sfruttare i mezzi di comunicazione fingendo sentimenti che non prova per nulla. Non attribuirei a questo film intenti satirici o di denuncia sociale. A colpire è la tenuta narrativa: nel senso che ogni tassello, per quanto surreale, finisce al proprio posto. La matassa si sbroglia. Nel sangue. Però si sbroglia.
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Randall Stuart Newman (nato il 28 novembre 1943) è un cantautore, arrangiatore, compositore e pianista americano noto per il suo stile di canto con accento del sud , le prime canzoni influenzate dall'America (spesso con testi mordaci o satirici) e varie colonne sonore di film . [5] I suoi successi come artista discografico includono " Short People " (1977), " I Love LA " (1983) e " You've Got a Friend in Me " (1995) con Lyle Lovett , mentre altri artisti si sono divertiti successo con le cover dei suoi " Mama Told Me Not to Come " (1966), " I Think It's Going to Rain Today " (1968) e " You Can Leave Your Hat On " (1972).
Nato a Los Angeles da una famiglia allargata di compositori cinematografici di Hollywood, Newman ha iniziato la sua carriera di compositore all'età di 17 anni, scrivendo successi per gruppi come i Fleetwoods , Cilla Black , Gene Pitney e Alan Price Set . Nel 1968 fece il suo debutto formale come artista solista con l'album Randy Newman , prodotto da Lenny Waronker e Van Dyke Parks . Quattro degli album senza colonna sonora di Newman sono entrati nella top 40 degli Stati Uniti: Sail Away (1972), Good Old Boys (1974), Little Criminals (1977) e Harps and Angels (2008).
Dagli anni '80 Newman ha lavorato principalmente come compositore cinematografico. Ha realizzato nove film d'animazione Disney - Pixar , inclusi tutti e quattro i film di Toy Story (1995–2019), A Bug's Life (1998), entrambi i film di Monsters, Inc. (2001, 2013) e il primo e il terzo film di Cars (2006). , 2017), nonché James e la pesca gigante (1996) e La principessa e il ranocchio (2009) della Disney. Le sue altre colonne sonore includono Cold Turkey (1971), Ragtime (1981), The Natural (1984), Awakenings (1990), Cats Don't Dance (1997), Pleasantville (1998), Meet the Parents (2000), Seabiscuit ( 2003) e Storia di un matrimonio (2019).
Newman ha ricevuto ventidue nomination agli Academy Award nelle categorie Miglior colonna sonora originale e Miglior canzone originale e ha vinto due volte in quest'ultima categoria, contribuendo a rendere i Newman la famiglia allargata degli Academy Award più nominata , con un totale di 92 nomination in varie categorie musicali. . Ha anche vinto tre Emmy , sette Grammy Awards e il Governor's Award della Recording Academy . [6] Nel 2007, è stato riconosciuto dalla Walt Disney Company come una leggenda Disney . [7] È stato inserito nella Songwriters Hall of Fame nel 2002 e nella Rock and Roll Hall of Fame nel 2013. [8]
Primi anni di vita e istruzione Newman è nato da una famiglia ebrea il 28 novembre 1943, il trentesimo compleanno di suo padre, [9] a Los Angeles . È il figlio di Adele "Dixie" ( nata Fuchs/Fox; 30 agosto 1916 - 4 ottobre 1988), segretaria, e Irving George Newman (28 novembre 1913 - 1 febbraio 1990), internista . [10] Ha vissuto a New Orleans , in Louisiana, da bambino e ha trascorso lì le estati fino all'età di 11 anni, quando la sua famiglia è tornata a Los Angeles. Il lato paterno della sua famiglia comprende i nonni Luba ( nata Koskoff) (21 luglio 1883 - 3 marzo 1954) e Michael Newman (Nemorofsky) (1874-1948), e tre zii che erano compositori di colonne sonore di film di Hollywood: Alfred Newman , Lionel Newman e Emil Newman . [11] I cugini di Newman, Thomas , Maria , David e Joey , sono anche compositori di film. Si è laureato alla University High School di Los Angeles. Ha studiato musica all'Università della California, a Los Angeles , ma ha abbandonato gli studi un semestre prima di un BA [12] Nel giugno 2021, ha finalmente completato la sua laurea alla UCLA. [13]
I genitori di Newman erano ebrei non osservanti: lo stesso Newman è ateo . [14] Ha detto che la religione o qualsiasi senso di identità religiosa era completamente assente nella sua infanzia. Per illustrarlo, ha spesso raccontato nelle interviste un episodio di antisemitismo accaduto quando era giovane: fu invitato da una compagna di classe ad accompagnarla a un cotillion nel suo country club di Los Angeles, il Riviera Country Club . [14] Accettò l'invito ma fu successivamente disinvitato dal padre della ragazza, che disse a Newman che sua figlia non avrebbe mai dovuto invitarlo perché gli ebrei non erano ammessi nel club . Newman riattaccò il telefono, poi andò a chiedere a suo padre cosa fosse un "ebreo". [14] [15] [16]
Carriera
Newman suona il pianoforte nel 1972 Cantautore Newman è un cantautore professionista da quando aveva 17 anni. Cita Ray Charles come la sua più grande influenza durante la sua infanzia, affermando: "Ho amato la musica di Charles all'eccesso". [17] Il suo primo singolo come artista fu "Golden Gridiron Boy" del 1962, pubblicato quando aveva 18 anni. [18] Il singolo fallì e Newman scelse di concentrarsi sulla scrittura di canzoni e sull'arrangiamento per diversi anni.
Uno dei primi crediti di scrittura fu "They Tell Me It's Summer", usato come lato b del singolo dei Fleetwoods del 1962, "Lovers by Night, Strangers by Day", che portò a ulteriori commissioni da parte dei Fleetwoods e anche di Pat Boone . [19] Altre prime canzoni furono registrate da Gene Pitney , Jerry Butler , Petula Clark , Dusty Springfield , Jackie DeShannon , gli O'Jays e Irma Thomas , tra gli altri. Il suo lavoro come cantautore ha avuto un successo particolare nel Regno Unito: i 40 migliori successi britannici scritti da Newman includono "I've Been Wrong Before" di Cilla Black (n. 17, 1965), "Nobody Needs Your Love" di Gene Pitney ( N. 2, 1966) e " Just One Smile " (N. 8, 1966); e " Simon Smith and the Amazing Dancing Bear " di Alan Price Set (n. 4, 1967). Price, un tastierista inglese che all'epoca stava riscuotendo un grande successo, sostenne Newman presentando sette canzoni di Randy Newman nel suo album A Price on His Head del 1967 .
A metà degli anni '60, Newman mantenne uno stretto rapporto musicale con la band Harpers Bizarre , meglio conosciuta per la loro versione di successo del 1967 della composizione di Paul Simon " The 59th Street Bridge Song (Feelin' Groovy) ". La band registrò sei composizioni di Newman, tra cui "Simon Smith" e "Happyland", durante la loro breve carriera iniziale (1967-1969).
In questo periodo Newman iniziò una lunga collaborazione professionale con l'amico d'infanzia Lenny Waronker . Waronker era stato assunto per produrre i Tikis, i Beau Brummels e i Mojo Men , tutti sotto contratto con l'etichetta indipendente di Los Angeles Autumn Records . A sua volta chiamò Newman, Leon Russell e un altro amico, il pianista/arrangiatore Van Dyke Parks , per suonare nelle sessioni di registrazione. Più tardi, nel 1966, Waronker fu assunto come manager A&R dalla Warner Bros. Records e la sua amicizia con Newman, Russell e Parks diede inizio a un circolo creativo attorno a Waronker alla Warner Bros. che divenne una delle chiavi della Warner Bros.' successivo successo come etichetta di musica rock. [20]
Negli anni '70, Newman scrisse insieme a Jake Holmes il jingle "La bevanda analcolica più originale di sempre" per Dr Pepper . [21]
Nel 2011, Newman ha approvato l'album della cantante jazz Roseanna Vitro , The Randy Newman Project ( Motéma Music , 2011). [22]
Nel 2020, Newman ha scritto una canzone intitolata "Stay Away" per sostenere le persone durante la pandemia COVID-19. La canzone può essere scaricata e il ricavato va all'Ellis Marsalis Center per sostenere i bambini svantaggiati nel 9th ​​Ward di New Orleans. [23]
Le composizioni di canzoni di Newman sono rappresentate da Downtown Music Publishing DA Wikipedia
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scienza-magia · 8 months ago
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Una mente con una memoria prodigiosa
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L’uomo che non dimenticava nulla. Solomon Shereshevsky ricordava dettagli di ogni episodio ed era in grado di memorizzare velocemente anche sequenze difficili, soprattutto grazie alla sua fervida immaginazione. Solomon Shereshevsky, noto anche come Š, è stato spesso descritto come “l’uomo che non riusciva a dimenticare”: ricordava in maniera estremamente precisa dettagli della sua vita e delle sue esperienze, non solo dopo pochi minuti o dopo pochi giorni, ma anche a decenni di distanza. Questa sua eccezionale abilità venne descritta nella monografia Una memoria prodigiosa (1968) del medico sovietico Alexander Luria (o Lurija), considerato uno dei capostipiti della neuropsicologia, che lo sottopose a vari test e lo studiò in un arco di tempo di circa trent’anni: secondo Luria le doti di Š erano legate non tanto a una memoria straordinaria o illimitata, quanto alle sue capacità di immaginazione e astrazione. La storia di Shereshevsky è stata raccontata tra gli altri sul New Yorker dal giornalista Reed Johnson, che ha fatto molte ricerche sul suo conto, e ha ispirato il film del 2000 del regista italiano Paolo Rosa Il mnemonista. Nato nel 1886 a nord-ovest di Mosca da una famiglia ebrea, Shereshevsky (o Seresevsky) era un giornalista appassionato di musica che si occupava soprattutto di brevi articoli satirici. Un giorno, quando il direttore del giornale per cui lavorava gli chiese come mai non prendeva mai appunti durante le riunioni del mattino, lui gli rispose che non ne aveva bisogno: quindi ripeté parola per parola tutte le indicazioni per la giornata di lavoro che erano state dette a voce. Il direttore, molto colpito, lo mandò a fare un test della memoria, racconta Johnson: fu così che Shereshevsky incontrò Luria, al tempo un giovane ricercatore di psicologia in un’università locale.
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(Collage con immagine tratta dalla pagina su Solomon Shereshevsky di Wikipedia in russo) Nel suo studio Luria scrisse che Shereshevsky riusciva a memorizzare rapidamente poesie, formule matematiche complicate, parole inventate e anche testi in lingue che non conosceva, tra cui l’inizio della Divina Commedia. A quindici anni di distanza ricordava esattamente gli abiti che indossava Luria il giorno in cui avevano svolto un certo test, così come i numeri e le parole che gli era stato chiesto di memorizzare durante il primo incontro. «Dovetti semplicemente ammettere che la capacità della sua memoria non aveva limiti precisi», scrisse lo psicologo nella monografia. Attraverso i test svolti nel tempo, Luria indagò i meccanismi mentali che influenzavano la personalità e la capacità di apprendimento di Shereshevsky, concludendo che era in grado di ricordare le cose grazie alle immagini mentali che se ne faceva. In particolare, a suo dire, “soffriva” di sinestesia, il fenomeno percettivo per cui lo stimolo di un senso provoca una reazione anche in altri (e che indica anche la figura retorica con cui si accostano termini che evocano sensazioni relative a diversi sensi, come “voce ruvida”, o “luce calda”). Per lui ogni ricordo aveva insomma l’effetto di evocare gusti, colori, suoni, percezioni tattili. Più vividi erano questi collegamenti e queste rappresentazioni mentali, più radicato era il ricordo di una certa sequenza di numeri o parole nella sua memoria. Per fare qualche esempio concreto, Luria racconta che Shereshevsky riusciva ad alzare la temperatura della mano destra di 2 gradi e ad abbassare quella della sinistra di 1,5 allo stesso tempo, semplicemente immaginando di mettere la prima su una stufa e l’altra su un blocco di ghiaccio. Riusciva ad aumentare o ad abbassare i propri battiti immaginando di dover correre dietro a un treno per non perderlo, oppure di essere addormentato. Ma soprattutto per tenere a mente una cosa adottava un metodo conosciuto come tecnica dei loci, che prevede di organizzare le informazioni in uno schema familiare e visualizzarle in uno spazio fisico immaginato. Shereshevsky per esempio raccontava di immaginare via Gor’kij, una delle vie principali di Mosca, oppure una strada del posto in cui era nato. Le sequenze di parole o numeri nella sua testa diventavano insomma dei personaggi, a cui attribuiva un significato e una storia tutta loro, e che quindi ricordava grazie a una specie di “passeggiata mentale” da un punto all’altro. Per Shereshevsky il suono di un campanello evocava «un oggetto piccolo e rotondo, qualcosa di ruvido come una corda, il sapore dell’acqua salata e qualcosa di bianco», scriveva Luria. Se il numero uno corrispondeva a «un uomo robusto dall’aspetto composto e la faccia allungata», il due era «una donna paffuta con un’acconciatura elaborata, vestita con un abito di velluto o seta con uno strascico». Fu così che riuscì a memorizzare dopo averlo sentito una sola volta anche il celebre incipit della Divina Commedia, «Nel mezzo del cammin di nostra vita»: anche se era in una lingua che non conosceva, lo ricordava perfettamente anche a giorni di distanza, perché aveva attribuito a ciascuna parola un significato tutto suo. Nel libro di Luria lo spiegò lui stesso così: (Nel) – Stavo pagando la mia quota di iscrizione quando, nel corridoio, vidi la ballerina Nel’skaya. (mezzo) – Io sono un violinista; quello che faccio è immaginarmi un uomo che suona il violino assieme a Nel’skaya. (del) – Accanto a loro c’è un pacchetto di sigarette di marca Deli. (cammin) – Mi immagino un camino lì vicino. (di) – Poi vedo una mano che indica una porta . (nostra) – Vedo un naso ; un uomo inciampa e, cadendo, il naso gli rimane incastrato nella porta . (vita) – Alzo la gamba sulla soglia perché c’è sdraiato un bambino, cioè un segno di vita, vitalità. Al centro dello studio di Luria ci fu pertanto il legame tra la memoria e l’immaginazione, che è un elemento indispensabile per capire il modo in cui ricordiamo. Grazie al modo in cui percepiva gli stimoli e li visualizzava nella sua mente, Shereshevsky non solo riusciva a memorizzare in maniera precisa cose che gli erano appena state dette, ma anche a risalire a informazioni molto dettagliate a molto tempo di distanza, e quindi di fatto a non dimenticarle. Secondo Luria comunque, Shereshevsky cominciò a usare la tecnica dei loci solo in un secondo momento e gli servì soltanto per rafforzare abilità che aveva già e che erano già straordinarie. Come osservato di recente sulla rivista Psychology Today, oggi sappiamo che Shereshevsky mostrava tratti tipici dell’ipertimesia, spesso chiamata impropriamente “sindrome della super memoria”, una condizione in cui si riesce a ricordare con estrema precisione la gran parte degli episodi accaduti nella propria vita. Le persone con ipertimesia insomma ricordano anche in maniera non deliberata la gran parte degli eventi di cui hanno avuto esperienza diretta. Johnson nota che Shereshevsky non ricordava proprio tutto in maniera perfetta: per farlo gli ci volevano uno sforzo consistente e soprattutto la sua fervida immaginazione. Suo nipote, Mikhail Reynberg, che Johnson riuscì a rintracciare e intervistò, raccontò che non cercava a tutti i costi di tenere a mente le cose, e non sempre se le ricordava: a un certo punto Shereshevsky aveva cominciato a metter in mostra le proprie doti in spettacoli pubblici, e stando a quanto ricorda Reynberg prima di esibirsi si esercitava per ore. Nell’autobiografia che stava scrivendo prima di morire, nel 1958, Shereshevsky diceva che il fatto di associare parole a suoni, gusti o colori spesso lo faceva distrarre, con il risultato che azioni molto semplici come leggere il giornale a colazione lo mandavano in confusione. Le immagini che gli venivano in mente tendevano ad accumularsi e a generare a loro volta altre immagini, mandandolo in confusione e rendendogli impossibile concentrarsi. Sempre per il modo in cui era abituato a creare queste associazioni mentali, inoltre, per lui era difficile memorizzare parole che avevano un significato diverso da quello letterale, come nel caso delle metafore. A volte tendeva a confondere la realtà con l’immaginazione, oppure immaginava una versione di sé doppia: fenomeni che secondo Luria gli rendevano difficile comportarsi in maniera naturale nella vita adulta. Tra le altre cose, Shereshevsky contestò il fatto che secondo Luria potesse soffrire di sinestesia. Scrisse di essersi offerto di fare altri test psicologici per provare che non soffriva di particolari condizioni mentali, ma non è chiaro se li fece mai, nota Johnson. Secondo il nipote questo suo modo di percepire la realtà alla lunga per lui fu frustrante: cominciò ad avere problemi di alcolismo e morì nel 1958 per complicazioni legate alla dipendenza, dice sempre Reynberg. Luria descrisse anche come Shereshevsky cercò di liberare la sua mente dai ricordi che non voleva avere, provando a scriverli su dei bigliettini: alla fine, vedendo che questa tecnica non funzionava, li bruciò. Read the full article
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personal-reporter · 1 year ago
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Festival delle città Identitarie 2023 a Trino
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Sarà Trino, in provincia di Vercelli, ad ospitare dal 21 al 23 luglio  una delle tappe del Festival delle Città Identitarie, iniziativa itinerante allo scopo di far conoscere i simboli culturali, storici e artistici delle città di provincia italiane attraverso il teatro, la musica, i libri e le persone che le hanno rese grandi e che ha il patrocinio della Regione Piemonte. Quella di Trino, ospitata nella suggestiva  cornice di Palazzo Paleologo, sarà l’ottava edizione del Festival. Durante l’evento il direttore di Libero Alessandro Sallusti dialogherà sulla situazione della stampa in Italia e sui grandi tema di attualità culturale e politica nella città dove fiorì l’arte della tipografia e si stampò la prima copia della Commedia con l’aggettivo Divina, Gabriele Lavia renderà omaggio a Dante Alighieri interpretandone i più noti canti e l’attore e doppiatore Luca Ward, accompagnato dalla chitarra di Daniele Stefani, sarà in scena per raccontare uno dei capisaldi del neorealismo italiano come Riso amaro, mentre Miss Italia 2022 Lavinia Abate con Patrizia Mirigliani, patrona del concorso di bellezza, ricorderà come Silvana Mangano, protagonista del film, iniziò la sua carriera partendo proprio da quella passerella. Inoltre l’attore Sebastiano Tringali reciterà alcuni brani tratti dai più importanti discorsi di Cavour, proprietario della grangia di Leri. Torneranno a esibirsi Arianna, da giovanissima volto e voce ufficiale della Disney con la band diretta dal maestro Valeriano Chiaravalle, e Federico Palmaroli alias #Osho con i suoi irriverenti meme satirici. Infine ci sarà il  premio speciale a Mariuccia Bolle, mamma dell’etoile dei due mondi Roberto, che proprio a Trino deve i suoi natali e l’inizio della sua straordinaria carriera durante un intermezzo di danza affidato a Barbara Altissimo, coreografa, performer e regista protagonista del teatro-danza contemporanei. “In questo festival” dice l'assessore Poggio  “è racchiuso il nostro dna, il nucleo da cui è scaturito il carattere dei piemontesi, il modo di pensare, il modo col quale abbiamo costruito le relazioni con il mondo che ci circonda. Dobbiamo essere orgogliosi del nostro passato, ma dobbiamo imparare anche a essere gelosi di ciò che abbiamo costruito difendendo le nostre eredità e le nostre identità come si fa coi i figli. L’obiettivo è quindi far conoscere la storia, le radici e i personaggi importanti che hanno dato e danno lustro al territorio e generare l'orgoglio e la passione di raccontarlo, motivando a realizzare iniziative che generino anche economia e un indotto importante”. Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Athina Cenci: quale malattia l'ha tenuta lontana dagli schermi
Quale malattia ha tenuto Athina Cenci lontana dagli schermi tanto a lungo? Allegra, simpatica, timbro di voce unico, accento inconfondibile, Athina Cenci è un'attrice molto amata dal pubblico italiano. I suoi ruoli all'interno dei film, fondamentalmente commedie, hanno sempre dato un tocco di unicità. Che sia in teatro, in televisione o nel cinema, Athina Cenci riesce sempre a lasciare il segno. Dai Giancattivi... La carriera artistica di Athina Cenci inizia al fianco di Alessandro Benvenuti e Paolo Nativi nel trio comico i "Giancattivi". La prematura morte di Nativi dà il via a un certo turn over che vede per un certo tempo far parte della nuova compagine anche Francesco Nuti, recentemente scomparso. Questa formazione esce dalla territorialità toscana per raggiungere la notorietà nazionale grazie alla partecipazione a "Non stop". Il programma televisivo diretto da Enzo Trapani vide alternarsi diversi gruppi comici e talenti esordienti. Al fianco di Benvenuti e Nuti, la Cenci debutta al cinema, nel 1981, con un film diretto dallo stesso Benvenuti "Ad Ovest di Paperino". Nel 1985, poco dopo l'uscita del secondo film del gruppo "Era una notte buia e tempestosa..." sempre diretto da Benvenuti, il trio si sciolse (a quel tempo Nuti era già andato via) e sia la Cenci che Benvenuti iniziarono carriere da solisti, ritrovandosi di tanto in tanto su alcuni set. ... a Rosa e Cornelia I film che rendono più giustizia al suo talento sono senza dubbio "Speriamo che sia femmina" diretto nel 1986 da Mario Monicelli e "Compagni di scuola" di Carlo Verdone uscito due anni dopo. Grazie a queste due pellicole la Cenci conquistò due David di Donatello come migliore attrice non protagonista. Da allora la sua carriera artistica trascorse tra cinema, teatro e televisione. "Il coraggio di Anna", "Delitti privati", "Dio vede e provvede" sono le serie che la videro impegnata con un certo successo. Tuttavia il suo grande successo televisivo sono i due programmi satirici da lei condotti "Emilio" e "Cielito lindo". "Emilio" andò in onda tra il 1989 e il 1990 e vide nel cast, tra gli altri, i comici Zuzzurro e Gaspare, Teo Teocoli, Giorgio Faletti. "Cielito lindo", invece, fu trasmesso nell'autunno del 1993 con la conduzione di Athina Cenci, appunto, e Claudio Bisio e la cura della stessa Cenci, Michele Serra e Sergio Staino. Athina Cenci e la malattia Nel 1999 si candida alle elezioni comunali a Firenze per i Democratici di Sinistra e viene eletta consigliere. E' durante la sua attività da politica che due anni dopo, nel 2001, viene colta da un malore improvviso. Ricoverata urgentemente in ospedale le viene trovato un aneurisma cerebrale e operata. L'intervento riesce ma dopo essere rimasta in coma per una settimana, si scopre che l'emorragia cerebrale le ha provocato la perdita della parola. Com'è facile immaginare, la riabilitazione è stata lunga e tutt'altro che semplice. Dopo 14 anni di assenza, però, la sua carriera ha ripreso il volo. Il 2015 è stato un anno ricco di impegni: la partecipazione al docufilm "Silvio va..." dedicato a Silvio Lorenzini e diretto da Marco Grisafi, al videoclip "Il bacio", e un nuovo spettacolo teatrale liberamente tratto da "La voce umana" di Jean Cocteau. Nel 2019 è stata protagonista del cortometraggio "I bambini di Scampia" diretto da Gianluca Testa. In copertina Athina Cenci in una scena dal film "Speriamo che sia femmina" Read the full article
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teddybasmanov · 4 years ago
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And you are omnipotent, sorcerer, And at the same time you're not. You can kindle a light in the dark And cut a mountain. Only you can't order a heart Only you can't order a heart - The human heart cannot be ordered to love.
"You can't Order a Heart" by L. Derbenev
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perfettamentechic · 4 years ago
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15 maggio … ricordiamo …
15 maggio … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic #felicementechic #lynda
2020: Fred Willard, Frederick Charles Willard, attore e umorista statunitense. È noto per essere stato protagonisti di vari programmi televisivi satirici tra gli anni 1980 e 2000, e per aver preso parte a vari film mockumentary. Dal 2014 entra nel cast di Beautiful e lascia la soap un anno dopo. Tra il 2003 e il 2005 per il suo ruolo ricorrente in Tutti amano Raymond ha ricevuto per tre volte…
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celestica-1988 · 6 years ago
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Io, comunque, non ero interessato a Shakespeare e a quel tipo di teatro. Con alcuni amici del gruppo di Yale mi ero dedicato a qualcosa di totalmente diverso. Avevamo tutti studiato Bachtin, Strindberg, Antonin Artaud e il suo teatro della crudeltà. E dopo molte nottate accese di discussioni eravamo approdati a una nostra teoria personale, sfociata in quello che chiamavamo il "teatro della paura". La nostra idea era che il pubblico era ormai troppo assuefatto al teatro e al cinema di cassetta, sovraccarico per così dire, e di conseguenza, per quanto un film o un pezzo teatrale fosse valido, non poteva più avere un effetto durevole. Solo quando era veramente in preda alla paura, o alla rabbia, la gente si apriva a nuove possibilità e a cambiamenti del proprio modo di pensare. Perciò i nostri piccoli sketch satirici concepiti per essere rappresentati in spazi pubblici, miravano principalmente a indurre quel tipo di sensazione. Non prevedevano la presenza di un palcoscenico e i costumi dovevano essere realistici. Non c'era una sceneggiatura vera e propria, soltanto un atto di violenza, o di violenza sottointesa, e c'era una direzione in cui volevamo andare, una direzione nella quale volevamo portare la gente - e ciò ti suona probabilmente strano adesso, ma devi capire che allora i tempi erano diversi: negli anni Sessanta era normale fare cose fuori dalla norma.
Point Fury, John Maxwell
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londranotizie24 · 2 years ago
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100 anni di Ugo Tognazzi: due film al Cinema Garden per commemorare l'attore
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Di Simone Platania @ItalyinLDN @ICCIUK @ItalyinUk @inigoinLND CinemaItaliaUK celebra 100 anni di Ugo Tognazzi: due film al Cinema Garden per commemorare l'attore italiano il 26 novembre. 100 anni di Ugo Tognazzi, due film al Cinema Garden per commemorare l'attore Tognazzi rappresenta, insieme a Mastroianni, Gassman e Sordi, una stella pionieristica dell'Età d'Oro della commedia all'italiana. Inventore della supercazzola, è stato capace di offrire uno sguardo critico della società italiana attraverso il suo umorismo. Famoso per i suoi commenti satirici sulla borghesia italiana, per le sue audaci caricature e per i suoi audaci sketch comici, Tognazzi è stato omaggiato innumerevoli volte. Proprio per questo CinemaItaliaUK celebra i 100 anni di Ugo Tognazzi: due film al Cinema Garden per commemorare l’attore verranno proiettati il 26 novembre. I titoli in questione, capisaldi della commedia all’italiana, sono La donna scimmia e Il vizietto. L’evento inizia alle ore 17.30 ed è prenotabile qui. La serata è sotto l'egida del Consolato Generale d'Italia e Vivere all'Italiana. I due film in programmazione al Cinema Garden Continuano gli eventi di CinemaItaliaUK; le due perle di Tognazzi in proiezione il 26 novembre per celebrarne il centenario sono La donna Scimmia e Il Vizietto.  La Donna Scimmia (Marco Ferreri, 1964): è una sorta di freakshow incentrato sulla relazione tra Antonio (Tognazzi) e Maria (Annie Girardot). Quest’ultima è una donna interamente ricoperta di peli. Lo script è liberamente ispirato alla storia reale di una donna indigena messicana sfruttata come attrazione del circo. Questo film bizzarro è a tratti esilarante, a tratti commovente, fornendo il ritratto grottesco di una donna con desideri, emozioni e sogni. L’opera ha concorso per la Palma d'Oro alla 17esima edizione del Festival di Cannes. Il Vizietto/LA Cage aux folles (Édouard Molinaro, 1978): Una coppia di anziani omosessuali, Renato e il suo fidanzato travestito Albin, tentano maldestramente di nascondere il loro stile di vita sgargiante ai futuri suoceri di Renato. Commedia audace e fluida, nasconde la sua forza sovversiva dietro un saluto ai valori familiari tradizionali rendendolo quasi visionario per il suo tempo, Il Vizietto è un commento satirico sulla normatività che ha permesso a Molinaro di ottenere una nomination all'Oscar. ... Continua a leggere su www. Read the full article
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jacopocioni · 2 years ago
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Pasquino
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(NdR) Per i fiorentini fuoriporta significa abbandonare la città per una escursione nei dintorni di Firenze. Un significato adatto a questa categoria di articoli che parlano di qualcosa che esula da Firenze. Un'altra città o un'altro argomento, qualcosa che non ha niente a che vedere con Firenze ma che ha stimolato l'editore o gli autori nel narrarlo.
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Pasquino Passato qualche giorno a Roma, oltre che goderne la bellezza storica e il sudiciume odierno, con le suole consumate come un “pellegrino”, non potevo non rendere omaggio ad una statua in particolare, quella di Pasquino sita nell'omonima piazza a due passi da piazza Navona. Per chi non conoscesse la storia di Pasquino due righe per apprendere velocemente. Nel 1400 il potere era in mano alla chiesa e questo potere era esercitato, sempre in nome di dio, con alterigia e violenza generando molto malumore nel popolo Romano. Ovviamente allora come oggi l'espressione della dittatura si riconduceva all'impossibilità di esprimere questo malumore e la voglia di libertà espressa a parole poteva costare la prigione se non la vita. Oggi la tecnica di soppressione delle altrui idee è attuata in modo diverso, ma lo scopo è sempre impedire l'espressione di taluni e soprattutto la conoscenza dei più. All'epoca a Roma cominciarono a comparire dei cartelli al collo delle statue romane, statue definite da quel momento “parlanti”. Messaggi satirici in versi che colpivano personaggi dell'epoca e soprattutto chiesa e papa. I messaggi erano appesi alle statue nottetempo e con il passare degli anni la satira divenne più aggressiva e soprattutto permetteva ai romani stessi di riflettere nel leggere quelle parole. La più famosa di queste statue diventò Pasquino, oggi ancora conservata, tanto da divenire sinonimo della voce del popolo. La leggenda narra che questo “giornalista” dell'epoca fosse un bottegaio o un calzolaio, (Manfredi lo rappresentò anche in un film che vi consiglio di vedere o anche rivedere dal titolo “Nell'anno del signore”) che armato di arguzia e furbizia metteva in scacco i potenti dell'epoca. La leggenda racconta che nell'arco di 500 anni al susseguirsi dei vari pasquini il maestro insegnava all'allievo. L'ultimo Pasquino fu il poeta Gioacchino Belli se ne conosce il nome perchè lo stesso Belli non volle rimanere nell'anonimato. Una volta raggiunta la pubblicazione dei suoi scritti cessarono i messaggi satirici e con lui si interruppe la lunga tradizione. Veniamo a noi. Comprendete l'importanza in quel tempo di questi cartelli? L'importanza di queste informazioni? Di come il popolo romano concretizzava l'informazione in quelle rime satiriche e come attraverso esse capiva e “cresceva”. Era talmente negativo per il potere che le statue furono anche messe sotto controllo per riuscire a scoprire il satirico giornalista del 1400. La stessa Carboneria, i sovversivi contro il potere temporale, ingrossavano le file perchè la gente si svegliava proprio grazie ai cartelli. Questa la loro funzione.
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Immaginate la mia sorpresa quando giunto davanti alla voce di Roma e ricordandola secondo la foto che apre questo pezzo l'ho invece ritrovata pulita e spoglia. Dovete sapere che molti romani, ancora oggi, attaccavano volantini e proclami, denunce e scomode verità su quella statua; ecco oggi è bella candida, forse ripulita in nome della civiltà dato che non si danneggia un'opera pubblica, scordando o volendo scordare che nella realtà la statua come tale ha davvero scarso valore artistico e che il suo valore è nella sua funzione storica. Non solo, ma è stato rimosso anche il cartello dal suo piedistallo, il cartello che raccontava la storia di Pasquino. Si è fatto di tutto per renderla sterile e anonima, un pezzo di marmo davanti al quale si può transitare senza degnarla di uno sguardo. Sarò forse esagerato nel pensare che anche questa è censura, nascondere un fatto storico perchè scomodo o perchè potrebbe tornare attuale, ma come si dice... a pensar male.... Sapete cosa mi ha fatto decidere di scrivere questo pezzo? Il fatto che mentre raccontavo la storia di Pasquino alla prole un astante seduto ad un ristorante li accanto ha mollato la forchetta con la carbonara e si è messo ad ascoltare, la luce dei suoi occhi guardando la statua prima ignorata è stata risolutiva. Cari Romani, invece di prendere una scopa in mano e pulire la vostra Roma (alla Gassman-maniera) facendo quel lavoro per cui pagate profumate delle tasse e che i vostri amministratori dovrebbero organizzare al meglio per rendere giustizia alla città e a voi, ringiovanite Pasquino; rendetelo ancora parlante e satiricamente aggressivo, siate ancora la voce contro il potere e la dittatura, che so, magari attaccando nuovamente sulla statua nuovi articoli e denunce, obbligando l'amministrazione a ripristinare un cartello con la storia, quella vera, rendendo di nuovo mito Pasquino.
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Jacopo Cioni Read the full article
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arancin-and-volcanoes · 6 years ago
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Clowns: Does your muse prefer comedy? Or horror?
// Commedia, le piacciono i film leggeri e satirici, e se vuole vedersi un film pesante di solito va giù di neorealismo, roba semi-filosofica e quanto di più complessato ci sia.
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eventiarmonici · 3 years ago
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DON'T LOOK UP
DON’T LOOK UP
DON’T LOOK UP – TRAMA IN SINTESI Nel film “Don’t Look Up”, che tradotto in italiano diventa “non guardare la realtà”, la dottoranda astronoma Kate Dibiasky diventa lo zimbello del web quando si inalbera, durante una trasmissione televisiva, per i toni leggeri, quasi satirici, con cui viene trattato il suo intervento per annunciare al mondo la scoperta di un meteorite che colpirà la Terra entro…
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giancarlonicoli · 4 years ago
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29 mar 2021 07:41
È MORTO ENRICO VAIME - L'AUTORE RADIOFONICO E TELEVISIVO AVEVA 85 ANNI ED ERA RICOVERATO AL POLICLINICO GEMELLI. A DARE LA NOTIZIA È STATO IL VICE DIRETTORE DI RAIDUE FABIO DI IORIO: "ERA LA PERSONA PIÙ BELLA, COLTA E INTELLIGENTE DEL MONDO" - ALDO GRASSO:   "C’ERA UNA FRASE CHE AMAVA RIPETERE E CHE OGGI, TRISTEMENTE, POSSIAMO LEGGERE COME LA SUA EPIGRAFE: 'CORAGGIO, IL MEGLIO È PASSATO!'"
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Enrico Vaime era la persona più bella, colta e intelligente del mondo. Non c’è più e siamo tutti tanto più poveri. Un abbraccio infinito a Monica e a tutta la famiglia.
1 – MORTO ENRICO VAIME, AUTORE RADIOFONICO E TELEVISIVO: AVEVA 85 ANNI
Da www.leggo.it
È morto al Policlinico Gemelli di Roma all'età di 85 anni Enrico Vaime, considerato uno dei più grandi autori radiofonici e televisivi. A dare la notizia, attraverso un tweet, è il collega Fabio Di Iorio: «Enrico Vaime era la persona più bella, colta e intelligente del mondo. Non c’è più e siamo tutti tanto più poveri. Un abbraccio infinito a Monica e a tutta la famiglia», le sue parole affidate ai social.
«La radio, pensai, e lo penso ancora, è un medium collettivo che ha bisogno della partecipazione collaborativa del fruitore per ottenere un risultato ottimale. La radio si fa insieme, noi e voi. Noi dalla sala F di via Asiago, voi da dove vi trovate. Solo riuscendo a stare insieme, a collegarci, riusciamo a ottenere risultati ottimali. E perciò, grazie amici: contiamo su di voi». Così, due anni fa, Vaime raccontava gli inizi della sua carriera a RadioRai.
Commosso il saluto di Fabio Fazio in diretta: «Enrico Vaime è stato uno dei più grandi autori di varietà, dal gusto straordinario. Abbiamo trascorso insieme giornate, anni in cui ci siamo voluti tantissimo bene.
Per me è complicato dire quello che vorrei dire. Ô una gigantesca perdita, personalmente, per la sua famiglia, per i suoi amici, per lo spettacolo».  «Ci lascia - ha continuanto in diretta - una lezione di gusto, di eleganza assoluta, da lui si imparava quello che si può o che non si può dire, aveva sempre una battuta illuminante», ha aggiunto Fazio. In studio anche Enrico Brignano, che ha citato l'esperienza della commedia musicale Evviva!, scritta da Vaime e Iaia Fiastri: «Lo ricordo con affetto - ha detto l'attore - e ringrazio Dio di avermi dato l'opportunità di averlo conosciuto»
Con Italo Terzoli con il quale ha costituito la ditta artistica Terzoli & Vaime - è stato uno dei più prolifici autori di teatro, di varietà radiofonico e televisivo fra gli anni sessante e settanta.
Vaime collaborò alla stesura di numerosi programmi di successo quali Quelli della domenica; Canzonissima; Tante scuse e Risatissima. Ha scritto anche alcune fiction (Un figlio a metà, Italian Restaurant, Mio figlio ha 70 anni e numerosi musical teatrali, soprattutto per la coppia Garinei e Giovannini (Felicibumta, Anche i bancari hanno un'anima, La vita comincia ogni mattina, Pardon Monsieur Molière, Una zingara m'ha detto, Gli attori lo fanno sempre, C'era una volta... Scugnizzi).
Con Enrico Montesano fece Bravo, Beati voi e Malgrado tutto beati voi. Nel 1972 ha curato con Umberto Simonetta i testi della miniserie televisiva Il giro del mondo in 80 giorni, con i pupazzi animati di Giorgio Ferrari e la regia di Peppo Sacchi. Nel 1985 dirige la rassegna "Addio Cabaret" al Teatro Flaiano di Roma.
Conduttore dal 1979 del programma radiofonico Black Out, ha pubblicato numerosi libri (che gli hanno fruttato anche parecchi premi letterari) tra cui Amare significa, Tutti possono arricchire tranne i poveri, Le braghe del padrone, Perdere la testa, Non contate su di me, Era ormai domani, quasi.
Negli anni 2000 ha condotto su La7 il nostalgico programma Anni Luce, che, attraverso spezzoni di film del passato e interviste ai protagonisti, analizza l'evoluzione della società italiana dal secondo dopoguerra ad oggi; sempre sulla stessa emittente, il sabato e la domenica era il conduttore del dibattito di Omnibus Weekend, il magazine di Omnibus, dove invece Vaime, dal lunedì al venerdì, conduceva una rubrica di costume.
Nato a Perugia il 19 gennaio 1936, Vaime, dal 1960 alla Rai dove era entrato come vincitore di concorso, ha firmato per la tv circa 200 programmi, fra cui i varietà Quelli della domenica (1968), Canzonissima '68 e '69, Fantastico '88 e, con Maurizio Costanzo, Memorie dal bianco e nero (Rai Uno); le fiction Un figlio a metà, Italian Restaurant, Mio figlio ha 70 anni. Con Costanzo la sua ultima esperienza in tv, S'è fatta notte, dal 2012 al 2016. Fra le sue commedie musicali: Felicibumta, Anche i bancari hanno un'anima,La vita comincia ogni mattina e tante altre. In radio ha collaborato a centinaia di programmi e per decenni ha condotto Black Out, su Radio2 il sabato e la domenica mattina. Ha pubblicato numerosi libri, fra cui Amare significa, Tutti possono arricchire tranne i poveri, Le braghe del padrone, Perdere la testa, Non contate su di me, Black Out, Quando la rucola non c'era, I cretini non sono quelli di una volta e Anche a costo di mentire, Gente per bene - Quasi un'autobiografia
2 – MORTO ENRICO VAIME, UNO DEI PIÙ GRANDI AUTORI DELLA TV E DELLA RADIO ITALIANA
Aldo Grasso per www.corriere.it
Enrico Vaime, uno dei più importanti autori televisivi e radiofonici italiani, è morto domenica 28 marzo al Policlinico Gemelli di Roma. Aveva 85 anni.
«Sono entrato in Rai tanti anni fa, con un concorso pubblico. Entrarono con me Liliana Cavani, Giuliana Berlinguer, Francesca Sanvitale, Carlo Fuscagni, Giovanni Mariotti, Leardo Castellani.
A quel punto hanno capito che era rischioso e non ne hanno fatti più». È morto oggi, domenica 28 marzo, al Policlinico Gemelli di Roma, all’età di 85 anni, Enrico Vaime, considerato uno dei più grandi autori radiofonici e televisivi. A dare la notizia, attraverso un tweet, è stato il collega Fabio Di Iorio: «Enrico Vaime era la persona più bella, colta e intelligente del mondo. Non c’è più e siamo tutti tanto più poveri».
Vaime era uno sceneggiatore, scrittore e presentatore. Ha collaborato alla stesura di numerosi programmi di successo quali «Quelli della Domenica», «Canzonissima», «Tante scuse» e «Risatissima». In coppia con Italo Terzoli è stato l’autore di tutti i successi di Gino Bramieri, dal radiofonico «Batto quattro» al varietà «G.B: Show». Ha scritto fiction e numerosi musical teatrali, soprattutto per la coppia Garinei e Giovannini. Conduttore dal 1980 del programma radiofonico «Black Out», che ha condotto con Fabio Fazio, Simona Marchini e Pierfrancesco Poggi, ha anche pubblicato molti libri.
In una intervista del 2012 ha dichiarato: «Ho avuto dei maestri straordinari, che non avevano nessuna intenzione di fare i maestri, ma lo sono stati, da Marchesi a Flaiano, da Zavattini a Bianciardi: uomini coi quali ho lavorato e a cui ho dato la mia stima e la mia attenzione fino alla fine. Ho raccontato mille volte di loro: girano più o meno sempre gli stessi aneddoti. Certo oggi è tutto un po’ infiacchito, si è tutto un po’ sbrindellato, questo sì. Rimpiango i grandi polemisti, i grandi satirici, gli scrittori, cioè gente che sapeva guardare le cose cogliendone il lato grottesco e rivoltando un po’ tutta la zuppa per arrivare ad una conclusione tutto considerato positiva».
Parlava dei maestri ma parlava anche di sé, della sua scrittura. Il successo che gli ha dato la grande notorietà come autore è stato «Canzonissima 68» con un formidabile trio: Mina, Walter Chiari e Paolo Panelli. «Eppure — ricordava Vaime — la trasmissione partì tra mille difficoltà. Erano scappati tutti gli autori, letteralmente squagliati. E noi fummo chiamati a metter su quel baraccone di cui la Rai sembrava non potere fare a meno. Ma non ci siamo mai montati la testa. Certo prima accettavamo tutto, poi siamo diventati selettivi. Ma appena mettevamo su un po’ di boria ci pensava il destino a riportarci a terra».
Non si contano i programmi che ha firmato fino a pochi anni fa: ha scritto i testi per la trasmissione «La giostra», presentata da Enrica Bonaccorti, per «...E compagnia bella» (che ha anche condotto con Mara Venier) e per «Ieri oggi e... domani?». Nel 1996 ha firmato la commedia teatrale «L’uomo che inventò la televisione» interpretata da Pippo Baudo.
C’era una frase che amava ripetere e che oggi, tristemente, possiamo leggere come la sua epigrafe: «Coraggio, il meglio è passato! Questa è una frase da spendere con facilità anche eccessiva. È un classico, flaianeo come matrice, ed è anche vero. Il meglio è passato: forse; noi, però, speriamo sempre di no. Ora ho lo sguardo rivolto ai prossimi passi che faranno i miei figli»
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janiedean · 7 years ago
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E' così brutto dunkirk? Io ero curiosa di vederlo ma le opinioni che ho sentito erano parecchio miste
tldr: per me dunkirk fa cagare al cazzo. è un esercizio di stile fine a se stesso e a fare vedere quanto è bravo nolan. punto. se vuoi i dettagli cercando di non spoilerare:
troppa carne al fuoco. cioè questo per parla di sta battaglia mi usa tre piani temporali diversi col montaggio incrociato e una marea di personaggi che hanno zero approfondimento PERCHE’ NON HA TEMPO DI FARE UNA COSA DECENTE SE DEVE FARE TRE PIANI TEMPORALI DIVERSI
i personaggi fanno cagare al cazzo - sono tutti anonimi, zero psicologia, zero approfondimento, gli unici due semidecenti sono quelli di tom hardy e cillian murphy ma sono sprecati perché non hanno tempo, non so come si chiamano, non so da dove vengono, NON SO *NIENTE*, e a me che me ne frega?
era tutto pulitissimo e tecnicamente ineccepibile ma poteva essere qualsiasi cosa. cioè i film di guerra per me te devono fare stare male e ti devono far fregare dei personaggi e devono far vedere che la guerra fa schifo al cazzo, qui c’era UNA cosa vaghissima in quel senso e consisteva nel soldato A che dice al B prima che fanno una porcata una cosa tipo ‘lo facciamo perché questa guerra ci ha reso disperati’ e tipo... SHOW DON’T TELL??’ non puoi piazzarmi lo spiegone in bocca ad un soldato di rango basso ma sei scemo? è inverosimile e mi sento presa in giro tbh
a parte due pg minori NON CREPAVA NESSUNO DEI PRINCIPALI E NON ON SCREEN. NON PUOI FA UN FILM DI GUERRA DOVE NON CREPA NESSUN PERSONAGGIO PRINCIPALE E POI SPACCIARMELO COME SEMIDOCUMENTARISTICO
non si capiva sta gente da dove veniva, che motivazione aveva, NIENTE. era un puro 100% esercizio di stile per fare vedere che toh nolan è bravo e sa fare pure i film di guerra e se lo mette sul CV
poi tra l’altro con un soggetto del genere non puoi fare TRECENTO COSE IN UNA. non mi puoi parlare di DIECI TIPI DI REDUCI E DIECI TIPI DI PTSD E CHE FANNO A TERRA CHE FANNO IN MARE E CHE FANNO IN ARIA. quando clint eastwood voleva fa il film su iwo jima NE HA FATTI DUE perché non potevi fa americani *e* giapponesi insieme volendo fare entrambi i lati. se ti vedi la sottile linea rossa DURA QUASI QUATTRO ORE ed è solo sulla crisi esistenziale di sto povero cristo che manco voleva stare lì e BASTANO APPENA QUELLE e comunque la sottile linea rossa se magna dunkirk a colazione
non posso reggere che ‘è come i primi dieci minuti di salvate il soldato ryan ma tutto il film’. no. i primi dieci minuti del soldato ryan si MANGIANO dunkirk a colazione e tutto il film in se stesso in confronto a dunkirk è full metal jacket. FMJ poi è proprio n’altro pianeta
tldr: come pacchetto regalo che si presenta benissimo e fatto per vincere gli oscar perché OMG COM’E’ GIRATO BENE è un prodotto ineccepibile e non è manco recitato male, per quello che a sti attori è permesso di recitare, come FILM DI GUERRA è una schifezza madornale e piuttosto me rivedo windtalkers che tecnicamente non era tutto sto granché e sicuro nicolas cage non recita bene quanto tom hardy ma era sentito, aveva una trama, era messo insieme piuttosto bene e mi ha fatto piangere dieci minuti alla fine. stop.
che poi voglio dì, fosse tipo comma 22 o quelli satirici, ma è proprio piatto. zero sentimento. zero tutto a parte la tecnica. e sticazzi.
tldr, concludendo: ho visto sto film con i miei. a metà secondo tempo mia madre sbuffa, si volta e mi fa, ‘ma sto film non lo poteva fare clint eastwood che veniva trecento volte meglio?’. per quanto mi riguarda è esattamente tutto quello che ho da riassumere. tldr: è una schifezza per quello che deve essere e spero non vinca un premio a pagarlo. /two cents
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pangeanews · 4 years ago
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“Era quello alto che gli piaceva Frank Zappa”: Gianluca Barbera dialoga con Marco Drago
Marco Drago è uno schietto, che non le manda a dire. A volte così diretto da risultare spiazzante, perfino offensivo. Per questo mi piace. L’ho incontrato una sola volta ma si può quasi dire che siamo amici. Lo stimo e lo rispetto. Mi piace come scrive e mi piace come persona. Non saprei dire perché. Ma è così. Ci sono persone con le quali abbiamo affinità. Tutto qua. E questo conta. Scrittore con all’attivo numerosi romanzi per importanti editori, come racconta nell’intervista, autore radiofonico e fondatore di una rivista mitica negli anni Novanta, Maltese Narrazioni, con Varbella, Galiazzo e altri eroici scrittori. L’ho intervistato in questi giorni di uscita dal letargo forzato.
Lui è Marco Drago (pare)
La vita riprende, le librerie ripartono. Il tuo futuro di scrittore? cosa bolle nella tua pentola?
Radio! Sempre radio. È da poco andato in onda su Rete Due della RSI “My name is Depero”, un radiodramma lungo due ore e mezza, diviso in dieci puntate, sui due anni americani di Depero e sua moglie Rosetta (dall’11 al 22 maggio alle 13,30 – puntate ascoltabili qui). Intanto sto scrivendo il copione per una nuova avventura radiofonica sempre per RSI, un adattamento da un libro poco noto di MarkTwain. Stavolta la produzione sarà tutta da remoto. Sono curioso di vedere come sarà, è la prima volta che facciamo un radiodramma senza restare tutti insieme chiusi per una settimana o più in studio. Lo scrittore lo faccio così, spero sia chiaro. I lettori di libri sono molto restii a seguire un autore che cambia mezzo espressivo. Infatti ancora oggi sono perseguitato da quelli che mi chiedono perché ho smesso di scrivere.
Qual è la tua idea di letteratura? 
Non ne ho idea. La mia istruzione è mediocre, non sono mai stato un granché come studente, ho riflettuto sempre molto poco sulla teoria della letteratura. Ho letto tanti libri, devo anche aver visto tanti film e poi ho scritto parecchie cose, senza mai ripetermi. Ho cominciato con i racconti, sono passato al romanzo, ai dialoghi radiofonici, ai radiodrammi, alle canzoni, alla nonfiction, alle biografie, ai libri scritti in segreto come ghost writer, ho sempre preso al volo le occasioni in cui mi sembrava di poter dire la mia. Quindi l’idea della mia letteratura è un’idea molto poco delineata, casuale, figlia del destino. Riconosco di avere alcune fissazioni e dunque ammetto di abusare del cliché. Non riesco a resistere, devo sempre frequentare il frasario già pronto del luogo comune. Il cliché è l’unica strada verso il sublime.
I tuoi autori preferiti?
Nella musica Frank Zappa, Brian Eno. Due geni molto diversi, a volte antitetici, ma che hanno poi finito per creare un catalogo di musiche e testi del tutto diverso dal cliché del rock: pochissime e mai serie le canzoni d’amore, così come quelle legate agli stati d’animo. Grande spazio all’ironia, al nonsense, alla critica sociale più o meno esplicita. Poi ho da tempo tre storie d’amore unilaterali parallele con Martin Amis, Bret Easton Ellis e William T. Vollmann.
Il libro che avresti voluto scrivere? il tuo libro migliore?
Avrei voluto scrivere il primo libro di Donna Tartt. “Dio di illusioni”. Il mio libro migliore è sempre l’ultimo, diciamo “La prigione grande quanto un Paese”. Seguito da “Domenica sera”, “La vita moderna è rumenta”, “L’amico del pazzo”, “Zolle”, “Cronache da chissà dove”. Ma cambio idea ogni giorno, quindi un titolo a caso.
Sei anche autore radiofonico, come ci sei arrivato?
Sono le cose che succedono per caso, o che succedevano per caso alla fine degli anni ’90. Grazie al primo libro, L’amico del pazzo, comincio a farmi conoscere un po’ dappertutto. All’epoca (circa 1999) Lorenzo Pavolini curava uno splendido progetto su Radio3. Si chiamava “Centolire” ed erano 5 puntate di circa 15 minuti l’una di radiodocumentario assegnate a uno scrittore. Credo che in un paio d’anni siano passati decine di autori bravissimi, nei “Centolire”. Io scelsi di documentare il mondo immaginifico del pallone elastico, uno sport antichissimo che raggiunge picchi di idolatria tra il Basso Piemonte e la Liguria Occidentale, più o meno l’area geografica da cui provengo io. Dunque andai a produrre le 5 puntate a Torino, dove conobbi Franco Vergnano, un programmista della Rai. Fu poi Vergnano che decise di puntare su di me come voce maschile di un programma che avrebbe esordito alla fine di gennaio del 2000. Gli era piaciuta la mia voce, ero un autore, potevo andare bene per affiancare la giornalista Antonella Fiori alla conduzione di “Candide”. La co-autrice di “Candide” era un’altra giovane giornalista, Barbara Frandino, con la quale ho lavorato in radio fino al 2002. Nel frattempo ho conosciuto il giovane enfant prodige della radio italiana, Gaetano Cappa, all’epoca fresco del successo di “Le avventure di Sam Torpedo” su Radio2. Con Cappa è scattata la scintilla e ormai sono quasi 20 anni che facciamo cose insieme.
Quali sono le cose più importanti che hai realizzato?
La rivista “Maltese Narrazioni” quando ero giovane. E poi la radio. I nove anni a Radio3 sono stati all’insegna dell’eccellenza, tutti i programmi realizzati con Cappa e l’Istituto Barlumen, “Remix”, “Leon”, “Razione K” (3 edizioni) e “La fabbrica di polli” (4 edizioni) erano dei bijoux. Un tipo di radio fuori da ogni cosa già sentita, sboccato ma raffinato, in un miracoloso equilibrio tra idiozia e acume. E poi tutto il contesto: Cappa è un fuoriclasse del montaggio audio ed è anche musicista, per cui da uno sketch nasceva una canzoncina ad hoc che finiva poi in trasmissione, durata 1 minuto e mezzo, tempo di realizzazione: 18 ore. Poi anche a Radio24 abbiamo portato una ventata di novità con le due edizioni e mezza di “Chiedo asilo”. Ogni giorno, alle cinque meno un quarto, la radio della Confindustria mandava in onda una decina di minuti di psichedelia a bassa tensione, con tanto di canzoni originali. Però se devo dire i progetti più interessanti che abbiamo fatto come Barlumen allora dico “Tritato di città”, “Pollycino”, Prix Italia 2011 e “My name is Depero”.
Come hai ricordato anche tu, sei tra i fondatori della rivista “Maltese Narrazioni”; che tracce lascia quella esperienza? L’epoca delle riviste è finita?
“Maltese” ha fatto un gran lavoro, quando non c’era ancora Internet le riviste svolgevano la funzione di network. Le idee passavano da una rivista all’altra, da un curatore di rivista all’altro. Si andava alla ricerca del racconto perfetto, come discografici che cercano la canzone pop perfetta. E ogni infornata di nuovi talenti corrispondeva poi a un’infornata di nuovi titoli per le maggiori case editrici del Paese. Ci sono stati anni in cui gli esordienti di Einaudi erano tutti passati prima da “Maltese” o da altre riviste. Gli editori leggevano le riviste e le usavano come una specie di library da cui captare una voce, un timbro, qualcosa che li attirasse. Poi i blog prima e i social dopo si sono presi la scena. A un certo punto fare la rivista stampata in 1000 copie da distribuire nelle catene ci è sembrata una cosa davvero di altri tempi. E abbiamo smesso.
Nelle settimane di lockdown hai realizzato una serie di video satirici, il supermercato alla fine del mondo, ce ne parli?
Bella la mia esperienza di scrittura sotto pressione in casa a Milano, bella l’esperienza degli attori che hanno registrato sotto pressione e dentro armadi, e bella l’esperienza di montaggio sotto pressione di Cappa sul Lago di Garda. 49 videini di un minuto, con l’altoparlante del Supermercato Acme, il supermercato alla fine del mondo, a promuovere i più assurdi prodotti figli del lockdown. Il primo video è stato pubblicato il giorno prima del mio compleanno, il 17 marzo, uno dei giorni più depressivi dell’intero periodo di isolamento. Bravi tutti, Cappa e gli attori Speziani, Fracasso e Timpanaro. Le cose a distanza si possono fare e diventeranno uno standard.
E la politica, entra nella tua vita? Come?
Me ne occupo sempre meno. Con questi ultimi due governi – anche mettendoci la buona volontà – ho preferito ritirarmi dall’agone. Prima ero radicale, adesso i radicali non esistono più, ci sono i liberali liberisti filonordici e un po’ ottusi di +Europa e poi una serie di sconosciuti dirigenti di Radicali Italiani che non riescono a essere invitati ai talk show televisivi e dunque nessuno sa che esistono. Quindi non voto quasi mai, non ho ideali per cui morire, mi basterebbe una sterzata in senso progressista di cose come l’eutanasia, le droghe, i modi di vivere la sessualità e la definizione di “famiglia”. Per il resto non ho nessuna fiducia. 5 Stelle e Lega e adesso 5 Stelle e PD hanno dato vita a due esecutivi che sono una presa in giro della democrazia rappresentativa. Gli elettori italiani hanno preso una sbandata pericolosa e spero irripetibile.
Hai paura della morte?
No.
Come vorresti essere ricordato? un tuo ipotetico epitaffio?
Era quello alto che gli piaceva Frank Zappa.
Gianluca Barbera
*Quello in copertina è Frank Zappa
L'articolo “Era quello alto che gli piaceva Frank Zappa”: Gianluca Barbera dialoga con Marco Drago proviene da Pangea.
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