#esistenza moderna
Explore tagged Tumblr posts
Text
Il male che non c’è – Un viaggio nell’inquietudine contemporanea attraverso lo sguardo profondo di Giulia Caminito. Recensione di Alessandria today
Un romanzo che esplora le ombre del male, le contraddizioni dell'animo umano e la complessità del vivere moderno.
Un romanzo che esplora le ombre del male, le contraddizioni dell’animo umano e la complessità del vivere moderno. Recensione:“Il male che non c’è” di Giulia Caminito è un romanzo che tocca con precisione chirurgica le ferite dell’animo umano, esplorando il confine sottile tra bene e male, tra luce e ombra, in una società contemporanea in crisi. Caminito offre al lettore un’esperienza narrativa…
#autrice italiana#complessità dell’animo umano#condizione umana#esistenza moderna#Giulia Caminito#Giulia Caminito autrice#Il male che non c’è#inquietudine#introspezione#male e bene#male interiore#male invisibile#narrativa esistenziale#narrativa italiana#narrativa premiata.#narrativa sulla condizione umana#narrazione psicologica#premio campiello#riflessione sul male#romanzo contemporaneo#romanzo di riflessione#romanzo filosofico#Romanzo introspettivo#romanzo italiano premiato#romanzo morale#romanzo psicologico#romanzo sul senso del male#romanzo sul vivere moderno#romanzo sulle contraddizioni#romanzo sulle ombre
0 notes
Text
Spesso, la vita ci sorprende con momenti che sembrano insignificanti, ma in realtà portano con sé un carico di significato inaspettato. Un sorriso scambiato in un corridoio affollato, una mano che si tende per offrire aiuto, o anche una parola gentile sussurrata al momento giusto. Questi atti, pur nella loro apparente semplicità, possono cambiare il corso di una giornata, illuminando anche il cuore più pesante. Immagina una mattina grigia, in cui il cielo sembra riversare la sua tristezza sulla terra. Un passante, con il viso segnato dalla fatica, incrocia lo sguardo di un bambino. In quel breve istante, il piccolo sorride, un gesto innocente, puro, come un raggio di sole che squarcia le nuvole. Non c'è bisogno di parole elaborate; il sorriso è il linguaggio universale che dice: "Ci sei, ti vedo". Questo semplice scambio diventa il seme di una nuova speranza, una scintilla di gioia in un mondo che a volte sembra opaco. Ogni piccolo gesto porta con sé un'energia capace di trasformare. Un abbraccio, ad esempio, può avvolgere come un caldo mantello in una fredda notte d’inverno. Può dire più di mille frasi, trasmettendo un senso di appartenenza e conforto. Eppure, queste azioni quotidiane passano spesso inosservate, come foglie che cadono silenziosamente in un bosco. Nel frastuono della vita moderna, è fondamentale ritrovare la bellezza in ciò che è semplice. Non serve compiere grandi imprese per lasciare un segno. A volte, basta una parola di incoraggiamento per sollevare un’anima in pena, oppure un gesto di gentilezza per ricostruire un ponte tra due cuori. La vita è tessuta di questi momenti fugaci, e ognuno di essi ha il potere di trasformare il dolore in bellezza, la solitudine in comunità. Così, impariamo a prestare attenzione ai piccoli gesti, a riconoscerli come parte integrante della nostra esistenza. Ogni giorno, possiamo scegliere di dare e ricevere, di essere l’artefice di piccole meraviglie che, accumulate nel tempo, creano un grande cambiamento. La vera forza risiede nella capacità di rendere il quotidiano straordinario, di trasformare l'ordinarietà in poesia.
Empito
4 notes
·
View notes
Text
Due principi avversi tra loro muovono la nostra esistenza spirituale: il senso del pitto resco e il piacere del necessario. Vorrei scommettere cento contro uno che l'uomo che, per così dire, vive la vita, e cioè il filisteo, dà la preferenza al pittoresco, mentre il poeta si accontenta del necessario. Il poeta ha infatti bisogno di avere via libera nella vita esteriore per poter arrivare a quei miracoli che tira fuori da se stesso. Porta nella sua testa tutte le stelle del cielo e, per goderne, ha solo bisogno di una lampada che funzioni bene. Sapere che esistono vetture pubbliche che lo conducono rapidamente e comodamente al suo tavolo di lavoro è per lui più importante di sapere che nel museo della sua città è appeso un autentico Correggio. Per il filisteo, invece, il Correggio è indispensabile, anche se non è in grado di distinguerlo da un autentico Knackfuss. Il filisteo vive in un presente costituito da attrattive turistiche; l'artista tende, invece, verso un passato dotato di tutti i comfort dell'epoca moderna.
Karl Kraus
5 notes
·
View notes
Photo
Come la storia ha trattato male il dodo
Storia e arte di Mikel Angelo Francisco
Quando si tratta di specie che sono state denigrate e maltrattate dalla storia, poche, se non nessuna, possono essere paragonate al dodo (Raphus cucullatus). L'ultimo avvistamento confermato di questo uccello risale al 1662—meno di 100 anni dopo che i marinai olandesi invasori avevano notato per la prima volta la sua esistenza sull'isola africana di Mauritius. Col tempo, l'uccello incapace di volare è diventato il simbolo sfortunato del fallimento evolutivo. La sua reputazione di essere terribilmente inadatto alla sopravvivenza ha cementato il suo posto nella cultura popolare e nel lessico del mondo anglofono come simbolo di obsolescenza ("morto come un dodo") e pura stupidità ("stupido come un dodo").
Per secoli, la narrazione dominante sul dodo era che fosse comicamente goffo, grasso, e inadatto a sopravvivere in un mondo dominato dagli umani. Supponendo che fosse così, la sua incapacità di volare lo rendeva una preda facile per i coloni europei, che lo portarono rapidamente all'estinzione.
Ma recenti studi suggeriscono che fosse agile e capace, muovendosi abilmente tra alberi e rocce con forti gambe. Aveva un buon senso dell'olfatto e potrebbe essere stato intelligente quanto un piccione. La stupidità non ha condannato il dodo; gli umani sì. Fu la caccia, insieme all'introduzione di specie invasive come i ratti, i gatti e i maiali che rovinò il suo habitat e distrusse il suo cibo.
Questo solleva la domanda: come abbiamo fatto a sbagliare così tanto sul povero dodo?
Dopotutto, questa specie non è come i dinosauri non aviari, scomparsi milioni di anni fa, di cui non abbiamo mai visto uno dal vivo nel contesto geologico. Di fatto, il dodo è uno degli esempi più celebri di una specie la cui scomparsa si è svolta sotto i nostri occhi. Sicuramente, qualcuno con un pennino e un pezzo di carta avrebbe potuto registrare come apparisse e si comportasse un dodo vivo, giusto?
La risposta, ovviamente, è no. Sfortunatamente, l'accuratezza delle loro rappresentazioni lasciava molto a desiderare, per usare un eufemismo.
Curiosamente, Carl Linnaeus stesso propose un nome binomiale per il dodo: Didus ineptus ("dodo stupido"), che risultava terribilmente adatto.
Inoltre, vale la pena notare che quando il dodo scomparve, non avevamo ancora standardizzato come categorizzare gli esseri viventi. Ciò significava anche che nessuno aveva lavorato con un esemplare tipico —un "punto di riferimento" accettato per descrivere i tratti fisici del dodo.
In aggiunta, il dodo morì durante un periodo anomalo nella storia scientifica: non solo la tassonomia moderna non esisteva ancora, ma anche la nostra comprensione dell'estinzione—di come l'intera popolazione di una specie potesse cessare di esistere—era ancora un concetto nuovo.
A un certo punto, le persone dubitarono persino dell'esistenza reale del dodo, e questo divenne associato a creature mitologiche come il grifone e la fenice dell'antichità mitologica.
Con tutte queste considerazioni, un team di ricercatori britannici ha affrontato il compito (anche se inevitabile) di districare i nodi della nomenclatura del dodo. Questo processo ha comportato l'esame di circa 400 anni di letteratura, nonché di documenti sul dodo. Pubblicarono il loro studio nello Zoological Journal of the Linnean Society.
Nel loro articolo, confermarono che il dodo e il suo più stretto parente estinto, il solitario di Rodrigues (Pezophaps solitaria), appartenevano alla stessa famiglia dei piccioni e delle colombe (Columbidae).
Non è solo una questione di pedanteria scientifica: studiare la storia del dodo può chiarire il suo ruolo nell'ecosistema di Mauritius, il che fornisce informazioni utili per la conservazione degli habitat e delle specie.
Questo può salvare altre specie dall'estinguersi come il... tu sai. (Ancora deluso.)
(via Il Dodo non era così stupido come pensavamo)
2 notes
·
View notes
Text

LA POVERTÀ
Non è malattia, nemmeno contagiosa, non è incapacità a vivere nella società e nemmeno nullità.
La povertà è uno stadio della vita in cui, se non vuoi giocare alle regole dettate da consumismo e capitalismo, vieni messo a giocare.
Lotti coi poveri per ritornare tra il mondo folle dei benestanti.
Ma benestanti in che modo?
Gente che si vanta del proprio patrimonio, delle proprietà, dell'auto nuova, del vestito firmato, della casa moderna disegnata dal valente architetto… tutto questo mentre un pianeta muore, soffocato da pattume e guerre di intolleranza.
Nasciamo tutti poveri, uguali, nudi e crudi.
Poi iniziano le differenze, subito dopo che si esce da una nursery.
Guardate quella stanza, andatela a vedere anche se non avete mai fatto un figlio e mai ne farete. Potete vedere tanti esseri umani poveri e felici, uguali e privi di ogni condizionamento. Questo stato fantastico dura qualche giorno, poi tutto comincia a rotolare verso logiche anti umane studiate da uomini che considerano la gente solo massa produttiva.
Da quel momento in poi avrai un nome, un cognome, un numero e dovrai consumare, costare e pagare, guadagnare e spendere o far spendere.
Tutto, da quel momento di catarsi in poi diventerà solo ed esclusivamente legato al denaro. Entrate e uscite. Dare e avere.
Se ritornassimo tutti a quel momento e ripartissimo, se non fisicamente almeno mentalmente, potremmo rivalutare tutto il senso della nostra esistenza di persone tristi condizionate dal desiderio di avere, possedere, consumare.
Ci siamo dimenticati di come eravamo, ci siamo abbandonata dietro le spalle la povertà, quella povertà che vissero i nostri padri o nonni durante le due devastanti guerre mondiali.
Pochi uomini che decidono di distruggere milioni di altri esseri perché altrimenti la povertà ci soffocherà.
Anche ora siamo diventati troppi e il pianeta non regge il nostro continuo consumare. Si sta pensando a una nuova guerra e i potenti delle nazioni più bellicose stanno pensando a quante vittime dovranno lasciare sul terreno di gioco. Chi è più ricco perderà meno pedine, chi è più povero dovrà pagare il prezzo più alto.
Non ci sono altre formule di regolazione della popolazione su questo pianeta, da che esiste l'essere umano la storia continua a ripetersi.
La POVERTÀ è sempre bandita da ogni feudo, paese, città o metropoli. La povertà e ai margini perché la società consumistica si alimenta solo della follia dei ricchi.
Ma la povertà è verità. Se togliessimo quel paravento mentale, che ci impedisce di vedere oltre i condizionamenti, potremmo ritrovarci bambini, uguali, semplici ma grandiosamente liberi.
Uno stato di grazia che poi mai più si potrà ripetere, un modo su cui dovremmo investire la nostra esistenza per farlo continuare, per portarlo come modello di vita.
Ma la povertà conviene che ci sia solo per pochi, una emarginazione per chi è "difettoso", un business per chi riesce a lucrare anche sulla povertà.
Ecco, iniziamo a capire che la POVERTÀ non è qualcosa di negativo. In inglese poverty è la radice di power.
MIB
Quadro di Mike Bongiorno
18 notes
·
View notes
Text
Avvertenze: scritto da ubriaco, mai riletto
9 Tra alcol e alieni
L’indecisione se scrivere o meno è forte. Mi ero promesso di restare lontano dal telefono, moderna carta e penna, però i pensi continuano a richiamarsi per via dell’alcol. Prima mi chiedevo come si chiamasse il barman, poi mi sono ricordato una citazione di Shakespeare che “una rosa avrebbe lo stesso profumo anche se si chiamasse con un nome diverso”, quindi l’effimeratezza del nome. A questo ho collegato anche l’accademia di Lagado de “I viaggi di Gulliver” dove le parole risultano talmente superflue che gli scienziati portano dietro dei carretti carichi di robe da mostrare. Ricordi del liceo di 10 anni fa. Quanto siano attendibili non so, ma concettualmente li capisco. Quando il nome diventa solo una convenzione sociale, non esiste… alla fine sono solo suoni, al limite della teoria delle stringhe: una vibrazione che in qualche modo dà significato alla realtà, forse anche esistenza. Non so, questioni fuori dal mio campo di studi ma che mi affascinano. Forse un giorno saprò fregarmene di tutto e studiare tutto quello che voglio, quando la malattia e la sonnolenza se ne andranno. Spero presto. Ho sempre vissuto per il sapere e già dalle elementari volevo essere uno scienziato, nel senso più largo del termine. Come un Leonardo. Volevo sapere di tutto un po’ per non aver problemi a destreggiarmi tra i problemi, a danzare tra la conoscenza collegando tutto a tutto. Già, come se fosse una teoria del tutto ma non solo della fisica, anche della biologia, medicina, matematica, informatica, arte ecc… Se avessi tale concezione molto probabilmente sarei indistinguibile da un Dio. Del resto una specie superiore alla nostra con tale conoscenza come potremmo pensarla come aliena e non come divinità? Alla nostra visione sarebbe tutti esseri soprannaturali. Alla fine questa è la visione delle civiltà cosmiche, mi fermo perché tra il paradosso di Fermi, le simulazioni, la teoria delle civiltà non mi ricordo molto e non vorrei commettere altri errori.
Piccolo stacco derivato da conversazioni sulle ragazze di oggi. Spesso è difficile trovare qualcuna che non sia solo carne, che abbia quell’elemento della passione mentale che quando la penetri non è solo con il cazzo ma le entri in mente. L’unione tra le menti, quando l’atto sessuale si compie ti estranei, derealizzi, depersonalizzi. Entri nella sua mente. Il corpo diventa solo come un tramite con data di scadenza. Io parlo del sesso, amore, riproduzione o qualsiasi altro termine associabile a due che scopano come una sintesi tra corpi. Un mito delle metà di Platone portato all’estremo. Ho sentito di alcune droghe che annullano il tuo io, qui sto parlando di un’azione naturale ma al tempo stesso innaturale data dal fatto che noi siamo esseri con coscienza e pensiero. Va bene, basta scopate che mi sembrano precluse. Posso andare ad escort, posso gustarmi la “carne” come un lupo gusta un agnello… ma dove sta il mio vero banchetto se non nella mente? Se non distruggere l’altra persona attraverso l’orgasmo, farla perdere da se stessa, di se stessa per far sì che sia parte di me e che diventi quasi maestro di vita? Mi chiedo spesso se questi pensieri siano comprensibili siccome sono flussi di coscienza, sgrammaticati, scorretti nella consecutio temporum… è inutile… mischio sesso ed erotismo alla grammatica e alla cultura. Non riesco a separarle.
Basta pensare, ma fa parte di me. Ho provato a scindermi tra animale ed umano ed ho fallito. Forse dovrei far imparare a convivere queste due nature e come Machiavelli usare sia leone che volpe. Ci proverò, magari è la soluzione.
Alieni noi? Io mi alieno da tutto questo. Che ho da perdere? Che ho da essere impopolare nel leggere un libro mentre bevo birra e whiskey come Bukowski in un pub? Nulla! Che ho da perdere nell’essere me stesso, la versione migliore o peggiore? Nulla! Sono già il nulla e non posso rischiare niente. Ho solo da guadagnare. Quindi domani, sabato, mi porto dietro un libro di Bukowski da leggere con il suo drink preferito. Va bene comunque. Magari sarai la scusa giusta che aspettavo da tempo per parlare con qualcuna. Ci sta. Sperimentiamo come ogni artista nei secoli. Mi ricordo quando non sapevamo che cazzo fosse la prospettiva nei quadri e l’abbiamo trovata.
#scrittore#scritto da me#poesia#scritto mio#poeta maledetto#poeta di tumblr#movimento emancipazione poesia#poeta della serra#poeta italiano#scrittori#citazioni letterarie#lettera d'amore#letteratura#alcolici#alcolismo#alien isolation#alieni#scrittore italiano
7 notes
·
View notes
Text
Domenica piovosa.
Sembra che il bel tempo e il caldo quest'anno non verranno che per un breve periodo come capita quando l'inverno non è tanto freddo, pensandoci la quantità di neve caduta nei mesi fa indica che le temperature non sono state poi così rigide, se fa -20° non nevica. In questa giornata uggiosa alla Lucio riprendo alcuni ascolti fatti in questi ultimi anni di studio-ascolto e ricerca partendo da una frase di John Cage “music never stops, only the listening” (la musica non si ferma mai, solo l'ascolto), frase semplice ma con un significato potente e diretto, naturalmente dipende dall'interpretazione che si da soprattutto alla seconda parte. Non c'è nulla di male nel fermarsi ad un periodo storico musicale, molti dicono erroneamente che non c'è più buona musica ma non è vero si sono solo fermati a quel periodo perché gli piace o semplicemente non hanno voglia di evolversi, cosa che invece fa la musica che attraverso l'avanguardia porta nuova linfa e sonorità.
Questo discorso vale anche per altre forme d'arte, ma la semplificazione dei tempi moderni con l'etichettatura forzata a tutto, dalle persone alle cose, è secondo me un male della società moderna, almeno di quella parte di società che si omologa ad un sistema per vivere in una confort zone ed evitarsi l'avventura meravigliosa che è la vita, caotica ed imprevedibile, molti preferiscono la stabilità di una vita monotona e con i tempi scanditi (si, come quelli del panettone :D) dalla campanella della scuola prima e poi dalla sirena e dal rumore della macchina obliteratrice del loro cartellino, in una spirale che si stringe al centro dove tutti troviamo irrimediabilmente la fine della nostra esistenza. "Ognuno fa quello che vuole", questa frase è un must per ogni occasione, in qualsiasi discussione dove ci sono diatribe di ogni sorta usarla è una via d'uscita, da accoppiare spesso con "vado al bagno" o "devo andare", l'importante è andare, muoversi, la staticità dei tempi moderni che ci vogliono fermi sui nostri divani, sedie da ufficio davanti a schermi, sta piano piano ammorbando il nostro essere, quella parte di noi che cerca l'avventura, che non è il tradimento della partner o la serata trasgressiva come molti pensano, l'avventura è la ricerca di se stessi, scoprire quanto c'è un mondo enorme dentro noi più che fuori di noi, ma nella società dell'immagine dove conta quanto tu sia bello e bravo all'esterno pochi capiranno, forse nessuno, che tu sei dentro e non fuori, spesso non lo capisci neanche tu e cerchi di modificare il tuo involucro in modo da piacere a persone che usano il prosciutto al posto delle lenti a contatto.
Io sono la mente, non il corpo, Rita Levi Montalcini. Questa è la frase che mi piace di più in assoluto. Senza andare oltre a questi discorsi oggi si continua a studiare cercando di cogliere le sfumature di luce e ombre di un capolavoro, almeno per me, della musica che ha più di 50 anni. Buon ascolto.
youtube
1 note
·
View note
Text
"La mia casa è un film muto. La mia casa è infestata di sottotitoli. È tutto. È tutto. Non ho nulla da dire."
Eppure — ascolta. Questo silenzio è una cattedrale di rumori. Ogni muro trattiene l'elettricità statica delle parole inghiottite, delle lettere mai spedite, degli sguardi che hanno tentato, invano, di farsi voce. La mia casa, questo corpo, è una bobina di immagini tremolanti, granulose, proiettate su muri spogli, dove ogni gesto viene frainteso, ogni sospiro annotato in una lingua che nessuno sa leggere.
Siedo in questo silenzio e penso a Rilke: "Forse tutti i draghi della nostra vita sono principesse che attendono solo di vederci agire, una sola volta, con bellezza e coraggio." Ma qui i draghi hanno anch’essi sottotitoli — troppi tentativi di addolcire il fuoco in poesia. Il mio coraggio si dissolve in didascalie, piccole lettere bianche che svaniscono prima che possa afferrarle.
E cosa dire delle stanze stesse? La cucina — dove Wittgenstein mormora: "I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo." Ci sono angoli ammuffiti, non per abbandono, ma per tutte le cose che non ho saputo nominare. Il salotto: l’inferno, diceva Sartre, “sono gli altri” — ma ciò che voleva dire è questo: l’inferno sono gli altri sottotitolati, i loro sensi ridotti a brandelli di carta che sfuggono alla comprensione.
Sogno spesso delle porte. Ma ciascuna conduce in un’altra stanza colma di sottotitoli, ammucchiati come vecchi giornali. Le didascalie sono assurde, beckettiane: "Non posso continuare, continuerò." E così vago di stanza in stanza, un mimo intrappolata in un labirinto dove ogni specchio sottotitola il mio volto al passato: "Ha provato. Ha provato."
La mia casa è anche la città. Georg Simmel scrisse: "I problemi più profondi della vita moderna derivano dalla pretesa dell’individuo di conservare l’autonomia e l’individualità della propria esistenza di fronte a forze sociali travolgenti." E così — il mio silenzio non è assenza, ma rifiuto. I sottotitoli sono le leggi, i codici, le aspettative che mi strisciano addosso. Negli spazi pubblici sono al contempo palcoscenico e spettatore. Mi esibisco, e guardo me stessa esibirmi.
La notte, i soffitti si piegano sotto il peso delle cose non dette. Kafka conosceva questo dolore: "Sono una gabbia in cerca di un uccello." La mia casa è la gabbia. I sottotitoli, l’uccello. Effimeri. Inafferrabili.
Ma ascolta. Non ho nulla da dire.
Non è lo stesso che non avere nulla da sentire.
Ogni parola taciuta fermenta. Diventa vino o aceto. Brucia la lingua in ogni caso.
Un tempo credevo che, restando immobile abbastanza a lungo, i sottotitoli si sarebbero fermati. Ma no — si moltiplicano. Si archiviano. Note a piè di pagina delle note a piè di pagina. Il silenzio è divenuto un’enciclopedia dell’assenza.
E forse è tutto qui. Forse Camus aveva ragione: "La lotta stessa verso le vette è sufficiente a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice."
Così spingo di nuovo questo silenzio in cima alla collina, stanotte. Le didascalie scorrono, srotolandosi giù per la dolce discesa del fianco collinare. Non dicono nulla.
Eppure tu stai ascoltando.
E forse questo — è tutto ciò che resta da dire.
Perché tu, stai ascoltando vero?
Sogno una casa dove le porte non sbattono.
Hieu Minh Nguyen, from "This Way to the Sugar"
#Hieu Minh Nguyen#This Way to the Sugar#poesie#potry#pensieri#poesia#pensiero#monologo#muse#muse inspo
1K notes
·
View notes
Text
John Nash e il ruolo della teoria dei giochi nella scienza moderna
La teoria dei giochi è una disciplina che studia modelli matematici di interazione strategica tra agenti razionali. Ha applicazioni in vari campi delle scienze sociali, così come nella logica, nella teoria dei sistemi e nell’informatica. Sebbene originariamente si sia focalizzata sui giochi a somma zero, in cui i guadagni o le perdite di ogni partecipante sono perfettamente bilanciati da quelli degli altri, la teoria dei giochi contemporanea si applica a una vasta gamma di relazioni comportamentali e indica ormai genericamente la scienza delle decisioni logiche negli esseri umani, negli animali e nei calcolato
Uno dei principali contributi alla teoria dei giochi è stato dato da John Nash, matematico statunitense noto per il concetto di “equilibrio di Nash”. Questo principio afferma che in un gioco strategico, se ogni giocatore adotta la strategia migliore possibile in risposta alle strategie degli altri, allora nessun giocatore ha un incentivo a cambiare unilateralmente la propria scelta. L’equilibrio di Nash ha trovato applicazione in molte aree, dall’economia alla biologia, passando per la politica e la teoria delle reti.
Le origini della teoria dei giochi e il contributo di John Nash
La teoria dei giochi moderna nasce con l’idea di equilibri in strategie miste per giochi a somma zero a due giocatori e con la corrispondente dimostrazione di esistenza proposta da John von Neumann. Il suo lavoro fu seguito dal libro del 1944, Theory of Games and Economic Behavior, scritto in collaborazione con Oskar Morgenstern, in cui vengono considerati anche giochi cooperativi a più giocatori. Tuttavia, fu John Nash a generalizzare la teoria, introducendo il concetto di equilibrio strategico che oggi porta il suo nome.
John Nash pubblicò il suo fondamentale articolo sull’equilibrio nel 1950, dimostrando che ogni gioco finito non cooperativo ammette almeno un equilibrio di Nash. Questa scoperta ha avuto implicazioni straordinarie per molte discipline. L’importanza del suo lavoro venne riconosciuta nel 1994, quando John Nash ricevette il Premio Nobel per l’Economia insieme a Reinhard Selten e John Harsanyi per i loro contributi alla teoria dei giochi.
Applicazioni della teoria dei giochi e l’impatto di John Nash
L’equilibrio di Nash ha applicazioni in numerosi ambiti, tra cui:
Economia: Le aziende utilizzano la teoria dei giochi per analizzare le strategie competitive, decidere i prezzi e prevedere il comportamento del mercato.
Biologia evolutiva: L’equilibrio di Nash è stato impiegato per spiegare strategie evolutivamente stabili, come quelle osservate nella selezione naturale.
Politica e relazioni internazionali: La teoria dei giochi aiuta a modellare negoziati e strategie diplomatiche tra paesi.
Intelligenza artificiale e informatica: La teoria dei giochi viene applicata nella progettazione di algoritmi per la risoluzione di problemi complessi e nella sicurezza informatica.
John Nash e il dilemma del prigioniero
Uno degli esempi più noti della teoria dei giochi è il “dilemma del prigioniero”. Questo gioco illustra come due individui razionali possano scegliere di non cooperare, anche se la cooperazione porterebbe a un risultato migliore per entrambi. L’equilibrio di Nash nel dilemma del prigioniero mostra come gli incentivi individuali possano portare a risultati collettivamente subottimali, concetto applicabile in economia, politica e teoria delle decisioni.
John Nash ha contribuito in modo significativo alla comprensione di tali scenari, fornendo un quadro matematico per analizzare le decisioni strategiche. Il suo lavoro ha rivoluzionato il modo in cui gli economisti e gli scienziati sociali affrontano problemi di interazione strategica.
L’eredità di John Nash nella teoria dei giochi
Dopo il suo Premio Nobel, John Nash continuò a contribuire alla matematica e alla teoria dei giochi fino alla sua scomparsa nel 2015. Il suo lavoro continua a influenzare numerose discipline, dimostrando l’importanza della teoria dei giochi nel mondo moderno.
L’eredità di John Nash è evidente nella continua applicazione della teoria dei giochi in ambiti sempre più diversi. Il suo concetto di equilibrio è diventato uno standard per analizzare situazioni di interazione strategica, e la sua influenza è destinata a perdurare nel tempo.
In sintesi, John Nash ha lasciato un segno indelebile nella teoria dei giochi, con il suo equilibrio che rappresenta una pietra miliare nella comprensione delle decisioni strategiche. Grazie ai suoi contributi, questa disciplina continua a evolversi e a trovare nuove applicazioni nel mondo contemporaneo.
Leggici su Linkedin
Indicaci come contattarti
#arcobaleno#associazione#associazioneculturale#associazioni#associazionimondovi#cooperativaarcobaleno#eventi#eventiperilsociale#mondovi#monregalese#onlus#sociale#socialemondovi#oltrearcobaleno#teoriadeigiochi#disabilità#solidarietà#lotta#invenzione#nash#inclusione#difficoltà#bellestorie#tecnologia#resilienza#genioumano
0 notes
Link
0 notes
Text
“La Vita” di Marcello Comitini: una poesia intensa che svela il dolore umano. Recensione di Alessandria today
Un viaggio lirico nell’animo umano, tra dolore, crudeltà e speranza, attraverso l’occhio poetico di Marcello Comitini.
Un viaggio lirico nell’animo umano, tra dolore, crudeltà e speranza, attraverso l’occhio poetico di Marcello Comitini. Nel suo componimento “La Vita”, Marcello Comitini esplora i sentimenti più profondi e universali dell’esperienza umana. Con una scrittura intensa e delicata, l’autore guida il lettore tra i simboli della fragilità e della resilienza, incarnati nei fiori colpiti dalla tempesta,…
#bellezza e crudeltà#crudeltà della vita#crudeltà nascosta#Dolore e speranza#Emozioni Umane#Eretica Edizioni#esistenza umana#fiori e resilienza#fiori nella poesia#forza poetica#fragilità umana#introspezione#introspezione umana#ipocrisia e dolore#ipocrisia sociale#La vita#lettura poetica#lettura riflessiva#Marcello Comitini#Marcello Comitini poeta#narrativa di Marcello Comitini#narrativa poetica#natura e condizione umana#poesia contemporanea#Poesia Intensa#poesia italiana#poesia italiana moderna#poesia metaforica#poesia simbolica#poesia sul dolore
2 notes
·
View notes
Text
Sentenza del Tribunale di Bologna N. R.G. 32343193 del 15/02/2025: L'Integrazione come Nuovo Paradigma per l'Approccio all'Immigrazione
Sentenza del Tribunale di Bologna N. R.G. 32343193 del 15/02/2025: L'Integrazione come Nuovo Paradigma per l'Approccio all'Immigrazione
Avv. Fabio Loscerbo
L'immigrazione non è solo una questione di gestione dei flussi e di regolamentazione amministrativa, ma un fenomeno complesso che richiede una prospettiva più ampia e strutturata. La recente sentenza del Tribunale di Bologna offre uno spunto di riflessione cruciale su come il concetto di integrazione stia assumendo un ruolo sempre più centrale nel dibattito giuridico e politico.
Dalla Protezione alla Stabilità Sociale: Il Caso Giuridico
Il Tribunale di Bologna, con la sua decisione, ha riconosciuto il diritto alla protezione speciale a una cittadina straniera, evidenziando come il suo inserimento sociale e lavorativo in Italia rappresentasse un elemento determinante ai fini della concessione del permesso di soggiorno. La pronuncia conferma l'orientamento della giurisprudenza italiana ed europea secondo cui il grado di integrazione del richiedente non può essere trascurato nella valutazione della sua posizione giuridica.
La richiedente, presente in Italia da oltre due anni, aveva intrapreso un percorso di crescita e stabilizzazione nel tessuto sociale italiano, lavorando in regola, costruendo relazioni significative e dimostrando un'effettiva autonomia abitativa. Il Tribunale ha sottolineato come l'integrazione economica e sociale sia un fattore determinante per il riconoscimento della protezione speciale, in linea con l'art. 19 del D.Lgs. 286/1998 e con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha affermato la necessità di valutare la vita privata e familiare del richiedente nel contesto dell'art. 8 CEDU.
Un Nuovo Modello di Valutazione: L’Integrazione come Criterio Prioritario
La sentenza segna un punto di svolta nell'approccio all'immigrazione, mettendo in evidenza che l'integrazione non è solo un'opzione, ma un diritto che deve essere tutelato. L'idea di protezione non può limitarsi esclusivamente alla presenza di pericoli oggettivi nel Paese d'origine, ma deve estendersi anche al rischio concreto di uno "sradicamento forzato" dal contesto in cui il richiedente ha costruito la propria esistenza.
L'ordinamento italiano, alla luce della riforma del 2020 e della più recente legislazione del 2023, ha progressivamente consolidato il principio secondo cui l'integrazione sociale ed economica rappresenta un elemento chiave nella concessione della protezione speciale. Il Tribunale ha espressamente riconosciuto che la perdita del lavoro, della rete sociale e della stabilità acquisita costituirebbe una grave lesione dei diritti fondamentali del richiedente, violando l'art. 8 della CEDU e gli obblighi costituzionali italiani.
Dalla Sentenza alla Politica: Un Modello da Seguire
L’integrazione deve essere concepita non solo come un parametro valutativo nei procedimenti giudiziari, ma come un obiettivo politico e amministrativo. Questo significa:
Migliorare l’accesso alla formazione e all’occupazione per i migranti per favorire una reale inclusione nel mercato del lavoro;
Promuovere politiche abitative e di sostegno sociale che consentano ai migranti di vivere in autonomia e sicurezza;
Adottare un approccio pragmatico alla protezione internazionale e speciale, evitando che la burocrazia si trasformi in un ostacolo insormontabile alla stabilizzazione delle persone già integrate.
Questa sentenza, dunque, non è solo una decisione favorevole a un singolo individuo, ma rappresenta un tassello fondamentale per la costruzione di una visione più moderna e inclusiva del fenomeno migratorio, in cui il riconoscimento della protezione non sia più un’eccezione concessa con riluttanza, ma un elemento strutturale della società.
Conclusione
L’integrazione non è un lusso, ma una necessità giuridica e sociale. La sentenza del Tribunale di Bologna dimostra che la stabilizzazione dei migranti attraverso il riconoscimento del loro radicamento sociale è un principio che deve guidare le scelte normative e amministrative. Il diritto alla protezione non può essere interpretato in modo restrittivo, ma deve essere letto in funzione della dignità della persona, della sua capacità di costruire una nuova vita e del contributo che essa può offrire alla comunità di accoglienza.
L’integrazione deve diventare il nuovo paradigma dell’immigrazione, per una società più equa, sicura e rispettosa dei diritti di tutti.
0 notes
Text
"Non hai voglia di vedere nessuno, né di parlare, né di pensare, né di uscire, né di muoverti.
Poi in un giorno del genere, un po’ più tardi, o un po’ più presto, scopri senza sorpresa che c’è qualcosa che non va, che, per dirla senza tanti giri di parole, tu non sai vivere, e mai ne sarai capace.
[...]
Qualcosa si stava rompendo, qualcosa s’è rotto. Non ti senti più - come dire? - sorretto: qualcosa che ti sembrava, e ti sembra, t’avesse finora confortato, scaldato il cuore, restituito il sentimento della tua esistenza, quasi della tua stessa importanza, dandoti l’impressione di aderire al mondo e di esservi come immerso, comincia ora a venir meno. Eppure, tu non sei uno di quelli che passa le ore di veglia a chiedersi se esiste davvero e perché, chi è, da dove viene e dove va. Tu sei uno che non si è mai posto seriamente la questione se viene prima l’uovo o la gallina. I crucci metafisici non hanno mai segnato i nobili tratti del tuo viso. E tuttavia niente resta di quella traiettoria saettante, di quel movimento proiettato in avanti che da sempre sei stato portato a identificare con la tua vita, cioè con il suo senso, la sua verità e la sua tensione: un passato ricco di esperienze feconde, di lezioni ben assimilate, di radiosi ricordi d’infanzia, di luminose felicità campagnole, di sferzanti venti dal largo, un presente denso, compatto e caricato a molla, un futuro generoso, verdeggiante e arioso. Il passato, il presente e il futuro ora si confondono: si confondono in un’unica pesantezza delle tue membra, nella fastidiosa emicrania, nella spossatezza, la calura, l’amaro e intiepidito sapore del Nescafé.
[...]
Questa è la tua vita. Questi i tuoi averi. Puoi fare l’esatto inventario del tuo magro capitale, il preciso bilancio del tuo primo quarto di secolo. Hai venticinque anni e ventinove denti, tre camicie e otto calzini, qualche libro che non leggi più, qualche disco che non ascolti più. Non hai voglia di ricordarti di nient’altro, né della tua famiglia, né dei tuoi studi, né dei tuoi amori, né dei tuoi amici, né delle tue vacanze, né dei tuoi progetti. Hai viaggiato, e dei viaggi non ti resta nulla. Sei seduto e vuoi soltanto aspettare, aspettare solamente finché non ci sia più niente da aspettare: che venga la notte, che suonino le ore, che i giorni fuggano, che sfumino i ricordi. Non rivedi i tuoi amici. Non apri la porta. Non scendi a prendere la posta. Non restituisci i libri che hai preso in prestito alla biblioteca dell’Istituto di pedagogia. Non scrivi ai tuoi genitori. Esci solo a notte fonda, come i topi, i gatti e i mostri. Vaghi per le strade, ti infili nei luridi piccoli cinema dei Grands Boulevards. A volte cammini tutta la notte; a volte dormi tutto il giorno.
Sei un pigro, un sonnambulo, un’ostrica. Le definizioni variano a seconda delle ore e dei giorni, ma il senso resta sempre più o meno lo stesso: non ti senti fatto per vivere, agire, lavorare; vuoi soltanto durare, vuoi soltanto aspettare e dimenticare. La vita moderna, generalmente, non è che apprezzi molto atteggiamenti di tal fatta: intorno a te, da sempre, hai visto privilegiare l’azione, i grandi progetti, l’entusiasmo: l’uomo proteso in avanti, l’uomo con lo sguardo fisso all’orizzonte, l’uomo che guarda dritto davanti a sé. Sguardo limpido, mento volitivo, andatura sicura, pancia in dentro. Tenacia, iniziativa, gesta clamorose e trionfi tracciano il cammino troppo limpido di una vita troppo esemplare, disegnando le immagini sacrosante della lotta per la vita. Le pietose menzogne che cullano i sogni di quelli che si sono impantanati e girano a vuoto, le illusioni smarrite dei milioni di reietti, quelli che sono arrivati troppo tardi, quelli che hanno poggiato la valigia sul marciapiede e ci si sono seduti sopra ad asciugarsi la fronte. Ma tu non hai più bisogno di scuse, né di rimpianti, né di nostalgie. Tu non respingi niente, non rifiuti niente. Tu hai smesso la marcia in avanti, ma già da prima avevi smesso di andare avanti, ora non ti rimetti in moto semplicemente perché sei arrivato a destinazione, e non vedi proprio cosa ci andresti a fare più avanti: è bastata, o quasi, in un giorno di maggio in cui faceva troppo caldo, l’inopportuna congiunzione tra un testo di cui avevi perso il filo, una tazza di Nescafé dall’improvviso gusto troppo amaro, e una bacinella di plastica rosa piena di acqua nerastra al cui interno galleggiavano sei calzini, perché qualcosa si rompesse, si alterasse, si disfacesse; perché venisse alla splendente luce del sole - ma la luce del sole non splende mai nella soffitta di rue Saint-Honoré - questa verità deludente, triste e ridicola come un cappello da asino, pesante come un dizionario Gaffiot: tu non hai più voglia di proseguire, né di difenderti, né di attaccare. I tuoi amici si sono stancati e non vengono più a bussare alla tua porta. Tu hai smesso di camminare per le strade dove potresti incontrarli. Eviti le domande e lo sguardo di colui che il caso mette talvolta sulla tua strada, rifiuti la birra o il caffè che costui ti offre. Soltanto la notte e la tua stanza ti proteggono: la stretta panca su cui resti sdraiato, il soffitto che non cessi di riscoprire ad ogni istante; la notte, quando, da solo in mezzo alla folla dei Grands Boulevards, ti succede quasi di avere una specie di felicità per il rumore, le luci e l’oblio. Non hai bisogno di parlare, né di volere. Non fai che seguire il flusso che va e viene, dalla République alla Madeleine, dalla Madeleine alla République. Non hai l’abitudine né la voglia di metterti a far delle diagnosi. Ciò che ti turba, che ti scuote e spaventa, ma a volte ti esalta, non è tanto il carattere repentino della tua metamorfosi, quanto la sensazione vaga e pesante che le cose non stiano così. Visto che tu, per l’appunto, sei così da sempre e non è cambiato nulla, anche se te ne rendi conto soltanto adesso: questo nello specchio incrinato non è il tuo nuovo volto, sono le maschere a essere cadute, il calore della tua stanza le ha fatte sciogliere, il torpore le ha scollate. Le maschere della retta via e delle magnifiche certezze. In questi venticinque anni non hai mai visto niente di ciò che oggi è già l’inesorabile? Non hai mai notato le falle, in quel surrettizio brano di storia che ti rappresenta? I tempi morti, i passaggi a vuoto. Il cocente e fuggevole desiderio di non più voler sentire, di non più voler vedere, di restartene immobile e silenzioso. I sogni insensati di solitudine."
Un uomo che dorme, Georges Perec
1 note
·
View note
Text
Il Viaggio di Paulo Coelho verso l’Icona Letteraria Globale
Paulo Coelho è diventato uno dei più celebri scrittori contemporanei grazie alla sua capacità di toccare corde universali con le sue storie spirituali e ricche di saggezza. Nato in Brasile, la sua vita è stata un percorso straordinario che lo ha portato da esperienze difficili a un successo globale come autore. Il suo cammino, nonostante le numerose sfide, ha ispirato milioni di lettori in tutto il mondo, e attraverso piattaforme come z.library Coelho ha visto le sue opere diffondersi tra coloro che amano la lettura digitale.
Le Origini di Coelho: Ribellione e Sogni Infranti
Il viaggio di Coelho inizia con una giovinezza turbolenta caratterizzata da una ricerca costante di libertà e comprensione. Cresciuto in una famiglia conservatrice, trovava spesso rifugio nei libri e nei sogni di diventare uno scrittore. Tuttavia, il suo spirito ribelle portò anche a difficoltà personali. Fu mandato in istituti psichiatrici dai genitori preoccupati per il suo comportamento anticonformista ma non si lasciò abbattere e usò queste esperienze come fonte d’ispirazione.
Un insegnamento nascosto nella sua esperienza adolescenziale è l’importanza della perseveranza e della ricerca di sé, valori che traspaiono in molti dei suoi scritti. È come se ogni libro fosse una parte di lui stesso riflessa tra le pagine.
Il Momento di Cambiamento: Santiago e il Pellegrinaggio
Uno dei momenti più significativi nella vita di Coelho avvenne quando decise di intraprendere il famoso cammino di Santiago de Compostela. Questo pellegrinaggio fu un’esperienza di trasformazione profonda che segnò una svolta spirituale e letteraria nella sua vita. Al termine del cammino, Coelho sentì il bisogno di condividere questa scoperta interiore attraverso la scrittura.
Il Pellegrinaggio divenne il primo romanzo in cui Coelho esplora il concetto di ricerca personale e realizzazione, un tema che sarebbe poi diventato centrale in tutta la sua opera. Per lui, scrivere non era solo raccontare una storia, ma offrire ai lettori una guida alla scoperta di sé.
L'Alchimista: Il Successo Mondiale
Con la pubblicazione de L’Alchimista, Paulo Coelho raggiunse il successo planetario. Questo romanzo, incentrato sulla ricerca del proprio destino, ha conquistato lettori di ogni età e cultura per la sua semplicità e profondità. L’alchimista ha venduto milioni di copie e ha trasformato Coelho in una figura iconica nella letteratura moderna.
La sua popolarità si basa su alcuni punti distintivi che fanno di lui un autore unico:
Storie dal linguaggio semplice e diretto
Temi universali come l’amore e la realizzazione personale
Spiritualità e filosofia accessibili a tutti
Utilizzo di personaggi che riflettono il viaggio interiore dell’autore
Inoltre, la presenza delle sue opere nelle biblioteche digitali ha permesso a sempre più persone di scoprire il suo mondo letterario senza dover andare in una libreria fisica.
Il Messaggio di Coelho: Trasformare il Dolore in Crescita
I libri di Paulo Coelho non sono solo romanzi ma veri e propri strumenti di riflessione per affrontare le sfide della vita. Coelho invita i lettori a considerare le difficoltà non come ostacoli, ma come opportunità di crescita e trasformazione. La sua filosofia si rivolge a chiunque cerchi uno scopo più profondo nella propria esistenza e riconosce che la vita è una continua evoluzione.
Riflessioni Spirituali nei Romanzi di Coelho
Le riflessioni spirituali sono il cuore della narrativa di Coelho. Nei suoi romanzi, ogni esperienza è vista come un tassello essenziale del viaggio umano. Tra visioni mistiche e insegnamenti antichi, Coelho invita ciascun lettore a esplorare la propria anima e a trovare risposte dentro di sé.
Un Esempio di Perseveranza per Scrittori Emergenti
Paulo Coelho è oggi una fonte di ispirazione non solo per i lettori, ma anche per molti scrittori emergenti che vedono nel suo percorso una prova che, nonostante le difficoltà, il successo è possibile.

1 note
·
View note
Text
Il mistero delle ninfee: Monet e la rivoluzione della pittura moderna
Ogni qual volta lo scrittore Ross King decide di affrontare la narrazione di un artista o un’opera colossale, lo fa con serietà approfondendo i suoi studi in modo quasi maniacale. Anche nel caso del volume che ha dedicato a Monet, prima di mettersi al lavoro, ha impegnato mesi nell’approfondire la conoscenza del pittore, delle sue opere e soprattutto della sua esistenza senza tralasciare le…
0 notes
Text

LA POVERTÀ
Non è malattia, nemmeno contagiosa, non è incapacità a vivere nella società e nemmeno nullità.
La povertà è uno stadio della vita in cui, se non vuoi giocare alle regole dettate da consumismo e capitalismo, vieni messo a giocare.
Lotti coi poveri per ritornare tra il mondo folle dei benestanti.
Ma benestanti in che modo?
Gente che si vanta del proprio patrimonio, delle proprietà, dell'auto nuova, del vestito firmato, della casa moderna disegnata dal valente architetto… tutto questo mentre un pianeta muore, soffocato da pattume e guerre di intolleranza.
Nasciamo tutti poveri, uguali, nudi e crudi.
Poi iniziano le differenze, subito dopo che si esce da una nursery.
Guardate quella stanza, andatela a vedere anche se non avete mai fatto un figlio e mai ne farete. Potete vedere tanti esseri umani poveri e felici, uguali e privi di ogni condizionamento. Questo stato fantastico dura qualche giorno, poi tutto comincia a rotolare verso logiche anti umane studiate da uomini che considerano la gente solo massa produttiva.
Da quel momento in poi avrai un nome, un cognome, un numero e dovrai consumare, costare e pagare, guadagnare e spendere o far spendere.
Tutto, da quel momento di catarsi in poi diventerà solo ed esclusivamente legato al denaro. Entrate e uscite. Dare e avere.
Se ritornassimo tutti a quel momento e ripartissimo, se non fisicamente almeno mentalmente, potremmo rivalutare tutto il senso della nostra esistenza di persone tristi condizionate dal desiderio di avere, possedere, consumare.
Ci siamo dimenticati di come eravamo, ci siamo abbandonata dietro le spalle la povertà, quella povertà che vissero i nostri padri o nonni durante le due devastanti guerre mondiali.
Pochi uomini che decidono di distruggere milioni di altri esseri perché altrimenti la povertà ci soffocherà.
Anche ora siamo diventati troppi e il pianeta non regge il nostro continuo consumare. Si sta pensando a una nuova guerra e i potenti delle nazioni più bellicose stanno pensando a quante vittime dovranno lasciare sul terreno di gioco. Chi è più ricco perderà meno pedine, chi è più povero dovrà pagare il prezzo più alto.
Non ci sono altre formule di regolazione della popolazione su questo pianeta, da che esiste l'essere umano la storia continua a ripetersi.
La POVERTÀ è sempre bandita da ogni feudo, paese, città o metropoli. La povertà e ai margini perché la società consumistica si alimenta solo della follia dei ricchi.
Ma la povertà è verità. Se togliessimo quel paravento mentale, che ci impedisce di vedere oltre i condizionamenti, potremmo ritrovarci bambini, uguali, semplici ma grandiosamente liberi.
Uno stato di grazia che poi mai più si potrà ripetere, un modo su cui dovremmo investire la nostra esistenza per farlo continuare, per portarlo come modello di vita.
Ma la povertà conviene che ci sia solo per pochi, una emarginazione per chi è "difettoso", un business per chi riesce a lucrare anche sulla povertà.
Ecco, iniziamo a capire che la POVERTÀ non è qualcosa di negativo. In inglese poverty è la radice di power.
MIB
Quadro di Mike Bongiorno
16 notes
·
View notes