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Il male che non c’è – Un viaggio nell’inquietudine contemporanea attraverso lo sguardo profondo di Giulia Caminito. Recensione di Alessandria today
Un romanzo che esplora le ombre del male, le contraddizioni dell'animo umano e la complessità del vivere moderno.
Un romanzo che esplora le ombre del male, le contraddizioni dell’animo umano e la complessità del vivere moderno. Recensione:“Il male che non c’è” di Giulia Caminito è un romanzo che tocca con precisione chirurgica le ferite dell’animo umano, esplorando il confine sottile tra bene e male, tra luce e ombra, in una società contemporanea in crisi. Caminito offre al lettore un’esperienza narrativa…
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Le mattine come oggi, sono quelle che più mi spettinano i pensieri... È domenica e tutto tace... C'è nell'aria quel silenzio assordante che permette di sentire ogni riflessione... Ogni vuoto e ogni mancanza... Quel niente che ti avvolge completamente e che ti fa sentire appesa alla tua vita... In completa balia del vento freddo dell'autunno... Cadere preda dei rimpianti è troppo facile in queste giornate... Cadere vittima del tempo che inesorabile cambia le cose... Cadere in preda alla malinconia di quello che poteva essere e non è stato... Il passato a volte ci macchia con la sua ombra di tristezza... E non basteranno 1000 sorrisi a ripulirci l'anima... Quel marchio resterà tatuato per sempre sul nostro cuore... E ogni tanto farà male... E bisogna accettarlo... Accettarlo e sopportarlo... E se possibile trasformarlo in un punto di forza... Da quel buio può nascere solo la luce...
~ Virginia ~
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LA RABBIA È LA GUARDIANA DELLA TRISTEZZA CHE È FIGLIA DELLA SOLITUDINE
Metto in ordine alcuni dei miei tanti pensieri, frutto di riflessione e confronto, quindi perdonatemi se non vi suonano nuovi e andate oltre se vi paio ripetitivo.
Nella scala da mignolo contro lo spigolo a genocidio di Gaza - quest'ultimo termine ci tengo e ci terrò sempre a ribadirlo finché il Mossad non mi caccerà in bocca una granata stordente - esiste, ovviamente, un'ampia gamma di accadimenti, traumi ed emozioni negative che, a domanda diretta, chiunque risponderebbe essere accomunati da un'unica cosa...
IL DOLORE CAUSATO
Ora, lungi da me mettere il dito sul piatto della bilancia della vittima per far risalire quello del carnefice e dire che alla fine sono tutte vittime di qualcosa di più grande - molto spesso i numeri e lo squilibrio di potere non lasciano dubbio su chi subisce e su chi perpetra - ma la conclusione a cui sono arrivato riguarda quel dolore intermedio che non soffoca popoli nel loro sangue o non ostracizza i deboli e i fragili ma che è comunque meritevole di riflessione perché spesso ci fa focalizzare sugli effetti e quasi mai sulle cause.
Io non credo nella cattiveria intrinseca e volontaria - semmai credo proprio nel suo esatto opposto cioè che l'essere vivente cerchi istintivamente connessione e mutuo supporto - e quindi mi sono chiesto QUANDO È CHE UNA PERSONA DIVENTA 'CATTIVA' E PERCHÉ?
La risposta - per me soddisfacente ma nient'affatto detto lo sia per altri - mi è arrivata come al solito per vie traverse e in un modo che a molti farà storcere il naso perché il primo istinto di risposta sarà MA QUELLI SONO ANIMALI, INVECE NOI SIAMO ESSERI UMANI E QUINDI PIÙ INTELLIGENTI.... POSSIAMO DISTINGUERE IL BENE DAL MALE!
lol
A parte la battuta semplice e riduttiva ('conosco animali più intelligenti di molti uomini') la realtà dei fatti è proprio questa: la differenza tra noi e, per esempio, i cani c'è ma non è quella che crediamo noi e non poi così tanta.
Al di là di quel sottile rivestimento di raziocinio che forse ci permette di comprendere dei meccanismi di causa-effetto lontani nello spazio e nel tempo, noi e i cani VIVIAMO E CI COMPORTIAMO ESATTAMENTE ALLO STESSO MODO, CON LE STESSE DINAMICHE SOCIO-RELAZIONALI E, SOPRATTUTTO, CON GLI STESSI OBIETTIVI.
Questo l'ho capito grazie all'aiuto del mio amico @salfadog e, in particolare, con la lunga frequentazione di Cthulhu e Otto, i miei cani, che sono più che compagni o amici: sono la mia famiglia... individui, esseri viventi e senzienti che hanno emozioni molto più potenti e oneste delle nostre perché la presunta 'inferiore' evoluzione non li ha costretti a mascherarle sotto la presunzione della superiorità dell'intelletto.
I cani cercano inclusione nel branco, noi cerchiamo inclusione nel gruppo; loro cercano calore, affetto e contatto, noi la stessa cosa anche se la chiamiamo con altri nomi; loro cercano validazione e gratificazione tramite l'altro... e noi non aneliamo disperatamente alla stessa identica cosa?
Se credete che la Piramide di Maslow riguardi solo gli esseri umani
è perché avete trattato i vostri cani - e molto probabilmente tutte le persone che non sono voi - come un qualcosa di esterno a voi e solo utile a voi.
I cani, come qualsiasi essere vivente, hanno bisogno di tutto ciò che è elencato, fino alla punta, solo che hanno modi e tempi diversi dai nostri.
Ma tutto questo discorso sui cani era utile 'solo' per arrivare al nocciolo del mio ragionamento, che è reso molto bene da una semplice immagine che rubo a @nusta e che è stata postata originariamente da @traumatizeddfox (thanks!)
Non vi annoierò con lezioni di etologia cinofila (chi conosce la materia sa di cosa parlo) ma il concetto espresso - e che mi ha colpito come un pugno nello stomaco - è che alla fine è inevitabile, semplice e in certi casi utile parlare di PERSONA CATTIVA, soprattutto se ci dobbiamo occupare delle sue vittime, ma finché non ci interroghiamo sui motivi della sua 'cattiveria' (molto meno facile ma di gran lunga più utile per arrivare alla radice del problema) saremo destinati a limitarci a disinfettare col betadine il ginocchio in cui è piantato un chiodo arrugginito.
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Credi che vivendo male, pensando male, mangiando male e facendo del male (solo) a te stesso, questo non farà del male agli altri?
È molto arrogante ed egoista come riflessione.
Rifletti sull'interdipendenza, sul fatto che ogni cosa, persona e situazione è connessa e scambia costantemente energia-informazione con tutto ciò che esiste nell'universo.
Rifletti sulla legge di causa-effetto.
Roberto Potocniak
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In gruppo di studio di tarologia a cui partecipo è stata condivisa questa esperienza.
La posto qui perché è un racconto brutto e doloroso allo stesso tempo, ed è qualcosa che fa molto riflettere sul senso di empatia a cui si sentono chiamate (o legate) la maggior parte delle persone.
Di solito empatia per la massa significa non procurare altra sofferenza a quella che già sento che tu stai vivendo.
Questo apre la strada delle bugie "bianche", che tuttavia possono rivelarsi la peggiore scelta possibile, specie se nascono da distorsioni di bene e male.
Una donna che ha visto una problematica non ha detto ciò che era emerso per "empatia" verso la cliente. Il risultato è stato l'urlo della sua coscienza rispetto alla sua decisione.
Dove risiede e a cosa serve davvero l'empatia?
Quando sei empatico e quando hai paura di essere giusto?
Sai distinguere se ti comporti secondo la Volontà della coscienza o secondo le paure della mente?
Non è un giudizio verso la persona, scrivo questo per una riflessione logica, emotiva e sociale.
#empatia#tarologia#responsabilità#consapevolezza#coscienza#distorsioni#ego#illusioni#zombie#società#società malata#svegliatevi#sistema#aprite gli occhi#manipolazioni#lavoro su di sè#conosci te stesso#crescita interiore#crescita personale#spiritualità#discernimento#se o sè#tarocchi
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Heavy Mental Detector
Non ho parlato molto ultimamente. Ho lasciato spazio agli altri, ai loro racconti. Sono stato una settimana ad ascoltare credo proprio perché negli ultimi mesi mi sono rinchiuso in un bunker mentale creato dalla scrittura e ascoltare voci e problemi altrui è stato come spalancare le finestre e cambiare aria. C'era puzza di stantio nel mio cranio. I personaggi della mia storia sono cresciuti, hanno fatto i loro casini, si sono ammazzati a vicenda e ora li ho dovuti lavare via con giornate intere di ascolto. Quando torno in Italia è sempre come prendere in mano un vecchio videogioco iniziato tantissimo tempo prima e su cui ci sono delle missioni che devi ancora finire e altre che mai finirai. Ascolto, cerco di capire in che direzione andare, aggiorno. Chi è morto nel frattempo. Chi ha lasciato chi e ora sta con cosa. Mi piacciono i personaggi che non escono dal ruolo a cui sono stati assegnati decenni prima. Ho amici che non fanno altro che invecchiare e drogarsi e non accennano a smettere e un giorno una delle due cose smetterà di proseguire ed eliminerà di conseguenza l'altra. Mi sembravano tutti in crisi e io pensavo solo a salire su un treno e tornare a stare solo. Questa esperienza di concentrarmi sulla scritta mi ha cambiato e sto bene come non sono mai stato.
Non potevo fare altro che ascoltare. Tutti avevano bisogno di fare rumore e rendermi partecipe di quello che era accaduto. Ho scoperto pure che si gioca ancora al calcio e con mia grande sorpresa la squadra che tifo non fa schifo come una volta! Aspetta che lo dico a mio fratello e mio nipote. Non ci crederanno. Oppure lo sanno già dato che hanno quel servizio di streaming che cade sempre quando vuoi vedere una partita decente ma a cui tutti sono abbonati.
Mi è stato chiesto poco "come stai?" e credo sia per questo che non ho mai risposto come stavo sul serio, quando qualche coraggioso l'ha detto. "Ho avuto periodi peggiori, quindi credo che questo non sia poi così male". Da ora in avanti darò solo questa risposta standard. Fa credere che ci sia una profonda riflessione dietro e non la totale mancanza di voler comunicare.
La sala era gremita di persone e su 11 autori io ero l'unico di madrelingua italiana. Ero l'elemento esotico che dava un tocco avventuroso all'ambiente. Sono stato invitato per leggere qualcosa e ho colto l'occasione al balzo per scoperchiare il primo capitolo del romanzo breve. Avevo 5 minuti di tempo e a me quando danno uno spazio striminzito mi prende male e non riesco ad allargarmi quindi ho letto solo metà del capitolo e pure velocemente. Ero nervoso. Ero uscito allo scoperto, avevo smesso di stare dentro la scrittura e ora ero solo, senza protezione, a leggere e sentirmi nudo. Non ho idea di come sia andata ma qualcuno ha riso, altri hanno applaudito, in molti non hanno capito dato che erano anni che non sentivano qualcuno parlare in italiano. Ho pensato a chissà come sarebbe andare in un luogo dove tutti capiscono quello che dici. O funziona oppure vengo ricoperto di insulti e magari la smetto di credermi chissà chi. Ah, magari c'è qualcuno interessato, ho messo i primi due capitoli del romanzo breve sul mio sito, c'è chi l'ha già letto e non ha smesso di parlarmi quindi penso non sia così terribile. Oppure è perché faccio pena.
Adesso non so cosa fare con le prossime giornate. Mal che vada dovrò trovarmi davvero un lavoro anche perché non so quali altre spese tagliare dato che ho già eliminato un pasto al giorno unendo un tardivo pranzo a una precoce cena. Ho pensato a dei nuovi hobby che potrebbero affascinarmi. Uno è andare in giro con un metal detector. Mi ci vedo a indossare i cuffioni, legarlo al braccio, andare sull'isola del Danubio e biiip biiiip biiiip camminare finché non arriva un biiiiiiiiiiip e allora tiro fuori la paletta, scavo, uso la carotona per trovare il punto esatto nel terreno ed estrarre probabilmente un tappo. Magari una moneta. Vorrei andare con mio nipote, secondo me anche lui si divertirebbe. Ma non so se servano permessi! Poi sono sicuro che io sarei capace di rinvenire una bomba inesplosa e non voglio disturbare le autorità allora cercherei tutorial su youtube per disinnescarla da solo. L'altro hobby a cui penso è il magnet fishing. Un magnete gigantesco legato a una fune, vai sopra a un ponte o vicino a un canale e lo lanci e tiri su quello che si aggancia. Principalmente biciclette o monopattini ma anche coltelli, pistole, armi gettate in acqua da rapinatori in fuga. Bombe a mano perché no. Questo hobby mi sembra più pericoloso del precedente. Poi però vorrei anche un compressore ad acqua per pulire i vialetti o un tagliaerba e andare in giro a sistemare i giardini. Tutto pur di non tornare a lavorare.
Dopo aver inviato il manoscritto mi sono sentito perso e sono crollato negli abissi di tiktok (dove sono bombardato da video su metal detector, magnet fishing, gente che pulisce cose col compressore e gente che taglia l'erba) e ho dovuto nuovamente fare i conti con la sessualità forzata che mi viene gettata in faccia. Mio caro algoritmo, io lo so che ti faccio strano inquanto maschio bianco etero prossimo alla quaratina proprietario di un gatto e che passa molto tempo da solo ma davvero, più video sensuali mi mandi e più mi scende la voglia di cercare nuovamente contatto con un essere femminile. Sto bene così, a guardare i tappeti che diventano puliti (che poi davvero come cazzo fai a sporcare in quel modo un tappeto fai schifo al mondo dovresti morire) e scoprire che alla fine tutti sanno fare lavoretti di manutenzione e tutti, ma proprio tutti tutti, anche io ahimé, si credono capaci di cucinare.
Alla persona che mi ha detto "Fai così perché non hai ancora conosciuto la persona giusta" mi sono permesso di dire che in reltà di persone giuste ne ho conosciute almeno sette e che poi le cose sono andate male. O bene, dipende dai punti di vista. Mi piace ricevere consigli non richiesti e frasi del cazzo perché li colleziono e li metto tutti in una bottiglia che un giorno seppellirò e probabilmente verrà ritrovata da qualcuno con un metal detector.
Tra scrivere, pulire casa, pensare a Ernesto, andare in ospedale, fare visite, incontrare dottori per la nuova terapia, cucinare una sola volta, giocare con Ernesto per evitare mi distrugga casa, uscire per fare una merda di passeggiata per la mia merda di salute mentale, leggere o guardare un film, stare con mio nipote e insegnargli a mangiare senza mani, ascoltare i discorsi degli sconosciuti, guardare i piccioni che volano fuori dalla finestra insieme a Ernesto, cioè, dove lo infilo un lavoro?
Metterò un cartello "Ti ascolto. Dieci minuti dieci euro. Non sono uno psicologo e non rilascio consigli e frasi del cazzo." così potrò finanziarmi il metal detector e poi annoterò tutte le paranoie riversate nelle mie orecchie in piccoli bigliettini che seppellirò in giro per il mondo e non dovremo mai più averci a che fare. Ecco una bellissima occupazione.
Dovrò chiudere le finestre a breve, perché sto tornando a Vienna e lì la primavera è ancora lontana. Ha fatto bene lasciarle spalancate per un po'. Adesso posso sistemare un paio di cose e fare spazio a qualche nuova passione. Addirittura a una persona.
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TW:MST,sesso e quegli idioti dei miei connazionali su Instagram
Seduta di riflessione sul trono,decido di andare su ig a bruciare un po' i neuroni che non fa mai male e appare lui:Un reel sul mitico oral dam,che è un dispositivo per la protezione da usare nel sesso orale verso ani e vagine varie.
Apro i commenti e già mi aspetto i miei confratelli,che hanno l'educazione sessuale di un macaco e che non hanno deluso le mie aspettative con frasi come "la figa è figa,se l'avessi leccata col lenzuolino mio nonno mi avrebbe cinghiato l'anima e poi mi avrebbe portato da mio padre per il resto*(meglio l'hiv o la sifilide o le tante altre dopotutto,sia mai deludere il ruolo del macho alpha nel branco)
Ma la cosa che mi ha stupito in negativo è che c'erano più commenti denigratori femminili del tipo "manco la farei annusare qualora esca uno con questo lenzuolo"
"Siete ipocondriaci,io non me la farei mai leccare così"(ironico come quando nei commenti le chiedevano se il corrispettivo lei lo faceva con cappuccio o senza,ha sviato dicendo che non ne faceva ma riceveva)
Ora,alla fine del pippone sociologico mi chiedo: ma dato che il problema della sessualità e della salute è così trasversale, qual'è il motivo?siamo bigotti ed è colpa dell'educazione cattolica?odiamo le malattie come la povertà,quindi facciamo finta che non ci possano mai colpire?siamo pigri in culo e irresponsabili?
Mi viene voglia di avvolgermi io nel celophan e non uscire più onestamente,questa è gente pericolosa che potrebbe mandarti in ospedale e poi dirti sorridendo "eheheh ma io che ne sapevo",oltre a danneggiare il sesso perché piuttosto che un rapporto decente e di comunicazione praticamente ti ritrovi scelte monche o malattie o "grazie ciao torno a casa che ho un dolorino alla schiena sai?alla prossima".
Ah dimenticavo che nei commenti per fare comunella si alludeva al "eh ma io le tipe di bologna le evito quindi sto apposto", perché alla fine va sempre buttata sulla politica e sulla retorica, perché certi elementi sono bulli e votano a loro volta dei bulli.
Porcodio,del lattice ti devi mettere,non devi scalare l'Everest.
Ma dopotutto questo siamo,"un popolo di santi,poeti,navigatori",reazionisti un po' bulli e bigotti.
Lascio foto di me sul trono+google che risponde per me.
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Erano appena le tre e le si era liberata la giornata. Non aveva voglia di ritornare nel suo appartamento, in un anonimo palazzone della sterminata periferia romana. Aveva bisogno d'aria e di camminare per rammendare le idee. Puntò decisa verso Villa Borghese. Quel polmone verde, che dava respiro a tutto quel cemento che lo circondava, le ricordava vagamente la campagna dove era nata. Scelse con cura una panchina e si sedette a fumare e riflettere. Riavvolse il nastro della sua vita, con particolare attenzione a quell'ultimo anno. non le sembrava di avere davanti un bilancio troppo positivo. La linea spezzettata sul grafico, anche se non cadeva a picco, scendeva inesorabilmente verso il segno meno. Solo il lavoro faceva eccezione. Era un'agente immobiliare, vendere case le piaceva e con la gente ci sapeva fare. Aveva chiuso diversi contratti, alcuni molto travagliati e al limite del possibile; ciò le aveva permesso di guadagnare bene, oltre che in vile moneta, anche nella stima dei suoi colleghi. Ci sapeva davvero fare. Ma, tolto il lavoro, cosa le restava? Tolto il lavoro si poteva tranquillamente parlare di disastro. Disastroso il rapporto con i suoi genitori, disastroso il rapporto con gli amici, disastroso il rapporto con gli uomini. Già, gli uomini…ma che razza di bestie erano? Aveva trentaquattro anni, era una bella donna, lo sapeva e ne riceveva conferma ogni giorno. Ancora catturava occhi e sorrisi. Allora come mai si ritrovava da sola? Che fosse colpa sua? Certo, era finita da un pezzo l'epoca dei vent'anni. Col passare del tempo, era diventata molto più esigente ed insofferente. Non aveva voglia di accontentarsi, si rifiutava di accettare ciò che non riusciva a digerire. non voleva saperne degli altrui difetti, quelli che, come tutti dicono, poi impari ad amare. Se ne fotteva. E, soprattutto, non era disposta a cambiare, a cambiarsi. Non poteva condividere i sogni con chi, in ultima analisi, era incapace di sognare. O tutto, o niente. Forse davvero era colpa sua! Era diventata insofferente.
Anche gli uomini, però, ci mettevano del loro. E ne avevano da metterci! Anche quell'Umberto, per esempio, non era male…era un bell'uomo, elegante, curato, pulito, in sporadici casi, anche brillante, ma, come tipico della sua “razza”, demandava troppo spesso il compito di ragionare al suo fratellino più piccolo. Quanto piccolo sarà stato poi? Tale riflessione la fece ridere come una scema, ma riprese subito il controllo, sbirciando in giro a sincerarsi che nessuno se ne fosse accorto. Le venne in mente un brano di Davide Van De Sfroos, La ballata del Genesio, dove cantava: ho dato retta al cuore e qualche volta all'uccello. Centro. Era ciò di cui aveva bisogno: qualcuno che sapesse dar retta al cuore e all'uccello contemporaneamente. Non le sembrava chiedere troppo!
Accese un'altra sigaretta, guardò l'orologio: le cinque e trenta del pomeriggio. Alzò il viso e, solo allora, si avvide dell'uomo che, non più distante di una quindicina di metri, stava puntando dritto verso di lei. Lo soppesò con lo sguardo e decise che non c'era da preoccuparsi. Era decisamente attraente, si muoveva con estrema leggerezza, sembrava scivolare sul terreno come l’acqua; certo che era vestito in maniera del tutto anonima e pensò che fosse un vero peccato. E peccato anche che l'avesse puntata. Voleva starsene da sola e in silenzio. Niente mosconi a ronzarle intorno. Non oggi.
“Mi perdoni, ma avrei bisogno di accendere.” Disse l'uomo senza inflessioni dialettali nella sua voce, sbollando un pacchetto di Pall Mall.
La donna sbuffò infastidita e col tono del “con me non attacca, bello!”, rispose:“ E’ un po’ vecchiotta, forse ti conviene provare altrove.”
“Non importa che sia vecchia, non a me, comunque. L'importante è che abbia ancora voglia di accendersi e di accendere. Mi creda, non desidero altro.”
Lo fissò dritto negli occhi, occhi in moto perpetuo, non inebetiti sulle sue tette. Forse… ma no, l'approccio era stato di una banalità disarmante, così: “Mi dispiace, non ho da accendere” Soffiò fuori in fretta.
“Fa niente, andrò a cercare miglior fortuna altrove. Ma capita anche che le cose siano esattamente come sembrano. Mi perdoni l'intrusione. Le auguro che la sua giornata migliori.” Le disse con un accenno di sorriso e guardandola, per la prima volta negli occhi.
Fu sinceramente colpita da quella sorta di congedo. Lo seguì con lo sguardo e lo vide avvicinarsi ad una coppia di anziani, ottenendo, ormai era evidente, quello che stava cercando. Si era comportata come un qualsiasi idiota. Si era dimostrata prevenuta e scortese, Non le piacque affatto il suo comportamento di poc'anzi e tentò di rimediare.
“Ehi!” Gridò, agitando la mano per richiamare l'attenzione dell'uomo. Lui si voltò, le mostrò la sigaretta accesa, sorrise apertamente e tornò a voltarsi per la sua strada.
“Aspettami!” Disse ad alta voce, alzandosi dalla panchina per raggiungerlo. Non lo avrebbe lasciato andare portandosi via un'immagine di lei così odiosa.
“Non serve che si giustifichi, una brutta giornata capita a tutti.” La anticipò.
Fu di nuovo colta di sorpresa, le parole stentarono ad uscire, ma parlare era parte del suo mestiere, la parte che le riusciva meglio e se lo ricordò appena in tempo.
“Toccata! Mi sono comportata come una stupida. Ti avevo cucito addosso un bel giudizio precotto. Scusami di nuovo e, credimi, di solito non succede.”
“Sono felice per te. Perché, al contrario, di solito, è esattamente quel che succede. Affibbiare etichette sembra essere lo sport nazionale. Altro che il calcio. Forse è come con i cani, che hanno bisogno di marcare il territorio. Allo stesso modo, gli uomini devono orinare sui propri simili per avere l'illusione di saperli riconoscere.”
“Posso farti una domanda?” Non capiva cosa le fosse preso, ma ormai era andata.
“Certo, basta che non implichi il dovere di una risposta.”
“Ho smesso da un bel pezzo di pretendere.”
“Allora puoi andare con la domanda.”
“Di che colore sono i miei occhi?”
“Domanda a doppio taglio. Non è così facile come potrebbe sembrare…”
“Lo sapevo, peccato.” Pensò la donna, ma, ancora una volta, era giunta a conclusioni affrettate.
“Oggi, con questo sole abbagliante, di un bel celeste trasparente, ma direi che il più delle volte potrebbero essere sul verde, con tendenze al grigio nelle giornate di pioggia.” Sentenziò l'uomo, dopo una profonda boccata di sigaretta.
Partì anche la seconda domanda. Partì prima del pensiero, prima che la vergogna per averla fatta le incendiasse il viso:“E le mie tette come sono?”
Lui non si scompose e, senza distogliere lo sguardo da quello di lei rispose: “Dovresti fare più attenzione. Perché, a volte, potrebbe capitare che rubino il palcoscenico agli occhi.”
“Posso offrirti un caffè? Per rimediare!”
L'uomo la trapassò con la vista come una freccia di balestra e trapassò anche tutto quello che c'era dietro di lei, per finire dove nessuno sapeva dove. “Rimediare è un verbo privo di significato.” Disse “Non c'è possibilità di rimediare al passato; per quanto prossimo. Possiamo solo comportarci diversamente.”
“Sarebbe un no?”
“Al contrario, sarebbe un si. Non so se tu ti aspettassi un'altra risposta, nell'eventualità, mi dispiace. Ma io non rifiuto mai un buon caffè.” E sorrise.
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Venerdì sera, nella mia usuale uscita fuori con Elena, è successa una di quelle cose sceme che poi alla fine ti rimangono e ti fanno pensare un po' a quello che sei e a come ti relazioni con gli altri.
In un momento complicato, accaduto due giorni prima, dove ci scrivevamo su Whatsapp, le scrivo una di quelle frasi il cui senso doveva essere farle sentire la mia vicinanza e comprensione verso il suo stato d'animo in una condizione difficile, un qualcosa del tipo "vorrei non riportarti a quello ti fa stare male", ma scritto in un modo che doveva per metà essere la scintilla di un sorriso, dall'altro un abbraccio forte.
Bene, venerdì, davanti a delle fetenzie giapponesi al vapore e tanti scherzi, mi ha detto di getto (ecco perché lo ritengo un giudizio sentito) che ero stato creepy. Non è un problema, sono abituato a gestire situazioni che mi possono mettere potenzialmente a disagio, infatti ho detto due cagate e abbiamo ripreso a ridere come pochi secondi prima.
Il punto di questo post non è tanto il messaggio in sé e la sua reazione, ma quanto una riflessione generale. Non è la prima volta che succede con gli altri 8 miliardi di umani, ormai do per scontato di venir frainteso di default, manco mi dà più fastidio, perché le persone, e lo dico battendo i pugni sul tavolo a mo' di rivendicazione, non sanno vedere la sincerità delle mie parole, iniziano sempre a costruirci sopra architetture di cui non sarei capace per limiti personali e di malizia, però qui mi ha dato da pensare, perché io e lei ci conosciamo, ma per davvero, sono quasi quattro anni che dividiamo tutto, gioie, dolori, speranze, delusioni, pensieri, nostalgie, paure, penso che sia la persona che forse su questa Terra conosce ogni aspetto di me, anche quelli che non condividerei con nessuno, eppure, ed è qui che un po' non mi capacito, non è stata in grado di leggere le mie parole nel modo in cui io le avevo scritte. Forse ci sarà arrivata dopo, boh, dicendo "ok, Totò intendeva questo", però la prima lettura è stata l'opposto di quella che io intendevo. Detto in altri termini, le ha lette come le avrebbe lette una persona conosciuta tipo tre settimane prima, una persona alla quale avrei mostrato solo la parte vendibile di me, non per vantarmi di chissà cosa, ma unicamente per mia protezione.
E allora ho cominciato, visto che lei è in quella fascia che io considero "l'estremo superiore dei miei legami", a chiedermi se ho proprio un problema di traduzione dei miei sentimenti in parole, se proprio non riesco a farmi capire pur con tutta la buona volontà, se sono condannato ad una gabbia che mi costringe a non essere mai vicino a nessuno, è come se sapessi far ridere quando le cose van bene ma poi non riesco a far sentire il mio affetto quando le cose vanno male. Ci potrei vivere con questo limite, intendiamoci, devo solo capire se è davvero così e imparare ad accettarlo.
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Donne affamate
Certe volte le donne hanno molta fame. Aprono il frigorifero e vorrebbero ingoiare tutto quello che c’è dentro. Entrano in una pasticceria e vorrebbero ingurgitare ogni cosa, fino a scoppiare. Mangiano la cioccolata e vorrebbero non smettere mai. Mangiano i biscotti e ne finiscono due pacchi. Mangiano le patatine e vanno avanti fino a star male.
C’è una bocca affamata dentro di loro: grida per essere riempita, scalpita come una bestia selvaggia per ricevere ciò che vuole: cibo! cibo! cibo!
Ma il cibo è solo l’involucro di quello che la bocca affamata pretende. Dietro quella voglia famelica c’è di più: c’è la voglia di qualcosa che faccia sentire vive. È la donna che arde di fame di se stessa, pallida della sua passione, a digiuno della sua anima.
Le donne affamate spesso non seguono la loro vera natura: hanno smesso di cantare, hanno intrappolato le loro parole da qualche parte, hanno appoggiato la penna, hanno scelto di essere “troppo in ordine”, “troppo carine”, “troppo compiacenti”, “troppo perfette”, “troppo simpatiche”, “troppo disponibili”.
Sono lontane dalla loro vita profonda, passionale, nutriente, rigenerante: svalutano il proprio lavoro, dicono a se stesse che sono sbagliate perché non hanno fatto abbastanza, si autoimpongono di stare zitte, si sentono in colpa se non sono disponibili per tutti. Mettono sotto sale i loro desideri, fanno conserve con i loro sogni, ripongono in frigorifero necessità personali con l’etichetta «più avanti». C’è chi arrotola la passione stringendo un laccio attorno, chi scrive la parola “rassegnazione” sul muro della camera, chi appoggiato la penna sul tavolo e non la riprende in mano, chi getta la tela e poi giura a denti stretti di guardare sempre dall’altra parte.
Spesso queste donne hanno la sensazione di essere “immobilizzate” e in questo immobilismo si costringono a non andare, a non fare un passo, a non pretendere, a non diventare, a non scoprire. La loro vita è ��una bocca vuota” e il cibo diventa la metafora di un nutrimento che non arriva da un’altra parte.
Ma non è una situazione irreversibile.
È semplicemente necessario “un risveglio”.
Bisogna avvicinarsi all’anima, che giace da qualche parte con le ossa spezzate, e ricomporla.
Come fare?
Chiedendo a noi stesse cosa davvero desideriamo. Non è così difficile come sembra. Nel momento in cui ci chiniamo pietose sulla nostra anima esangue e ferita lei si rianima. Le basta poco. Un po’ di ascolto, una riflessione vera, una risposta sincera: rivolta a noi. Le donne sanno molto bene cosa vogliono, quando se lo chiedono con voce sincera. Conoscono il motivo di quella bocca affamata, di quelle mani tese per ricevere altro cibo. Quando risvegliamo la nostra anima lei non parla in modo criptato: ci dice a chiare lettere quale direzione prendere. È un’amica sicura, fidata, compassionevole, stimolante… lei ha le risposte che cerchiamo… e allora, come per magia, quella bocca affamata si chiude e dentro di noi nasce una nuova forza, la voglia di vivere davvero la nostra vita...
Simona Oberhammer
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Domenica di riflessione.
Ricevo un messaggio su FB dall'ambrogino che mi comunica che quelli del car rental hanno congelato il posto e non assumono italiani per ora e fino a nuovo ordine, cosa che sapevo già perché ho mandato il CV anche a loro giusto perché so che pagano di più anche se non mi va di lavorare per compagnie online che non sono per niente chiare, anche se visti i risvolti negli altri lavori sembra che siano oramai tutti così, togliendo quelli che ghostano come se fosse normale nella trafila della ricerca del personale non comunicare con chi non ti va di assumere, la trovo una pratica abnorme perché denota poca professionalità e poi non è che ricevono milioni di CV, va bè.
Bando a ste cavolate che tanto male che vada mando il CV al Mcmerda e mi siedo su una cassa di TNT aspettando la scorreggia più forte che mi fa saltare in aria, Spock dice che poi puzzo male, si vede che non ha mai lavorato in un ristorante si puzza a merda comunque tra frittura e fumi dalle padelle e pentole, sono sempre uno straniero in una terra dove gli stranieri non piacciono, anche il MC merda è un franchising quindi non è che ci sono gli yankee ad assumermi ma sempre estoni sono, che si traduce anche in non farò mai carriera ma resterò sempre a fare quello per cui mi hanno assunto, già successo.
Si lo so è un discorso vecchio che faccio spesso, ma oggi è più marcato visto che la mia metà vuole licenziarsi dal teatro, non so per fare cosa, le ho chiesto se lo ha detto a quelli della banca visto che ancora il mutuo non l'abbiamo finito di pagare e i tassi salgono vertiginosamente che se chiedevamo agli strozzini pagavamo meno.
Male che vada vendiamo tutto e andiamo...non so dove.
Passando a qualcosa di diverso oggi leggo che Carmen Consoli riceve un premio alla carriera al premio Tenco, levando che i premi si danno agli sportivi e non agli artisti, quindi tutto quello che riguarda grammy e compagnia bella per me non ha valore, il premio migliore per un artista, nel mio caso un musicista, è vedere la sala piena di persone entusiaste a cui piace il tuo lavoro e non c'è premio migliore, certo questo si tramuta anche in soldini cosa che oramai sembra inscindibile in ogni campo, si devono pur pagare i conti. Mi fa piacere per Carmen, che è l'unica catanese che c'è riuscita, Battiato era di Ionia l'attuale Riposto che è ok in provincia di Catania, parlo per quelli della mia generazione. La ricordo alla fine degli anni 80 primi 90 quando ci spostavamo da un locale all'altro e sentivamo musica suonata, ci affacciavamo e qualcuno diceva "c'è quella...", perché lei agli inizi, se non lo sapete sapevatelo, faceva cover e onestamente quando provava a cantare Janis Joplin con quella voce mi veniva di fare alla John Belushi in Animal House, infatti andavamo via alla volta del prossimo locale, quindi dov'è stata la svolta di Carmen? Con Virlinzi, l'unico produttore che c'era a CT e con molta passione ma poca capacità artistica ma molta imprenditoriale, ci vide qualcosa, sicuramente lei ha qualcosa a livello intellettuale, senza dubbio, un amico che ha suonato per più di 10 anni con lei mi ha sempre detto che è una tosta, carattere forte, come mi diceva mia madre "ci vuole fortuna anche a friggere le uova", già.
Io di fortuna non ne ho mai avuta e nonostante la vita mi abbia costruito un percorso ad ostacoli senza precedenti, ognuno parla per se, sono riuscito in qualche modo a superare molti di loro negli anni e sono sicuro che riuscirò a superare questi e i prossimi, ma nella nuova era digitale è più difficile, quando non puoi dimostrare con i fatti le tue capacità che vengono giudicate solo da quello che traspare attraverso i pezzi di carta viene difficile, questo perché nonostante mi sia tenuto a passo con i tempi sono comunque old style, old letteralmente visto che qua a 50 anni sei vecchio, no non lo sono, sono più giovane dei 20enni che non vogliono fare ma bivaccare sul loro black mirror. Adesso lei mi comunica che vuole pulire la casa che in due facciamo prima, ok, finisco qua ma prima voglio fare sesso :D
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non fumo da un po’ e non so come la cosa possa essere gestita con piena consapevolezza. non prendo alla leggera ciò che dico anche perché conoscendomi, una frase del genere non l’avrei mai lanciata per scritto nel fluttuante attimo di riflessione in cui spesso mi cemento. non fumo e alle volte mi manca ma non come oggetto, mi manca visceralmente, forse farmi male, forse trovare un modo per espellere irrequietezza uccidendomi lentamente. non lo so, chissà se mi manca davvero fumare. le cose erano più semplici quando evitavo qualsiasi equivoco accendendo una sigaretta, quando mi sottraevo da una conversazione noiosa chiedendo a qualcuno un accendino o ancora quando mi toccavo le tasche alla ricerca del mio pacchetto e che qualcuno di puramente casuale me ne offriva una permettendo ad entrambi di avere una migliore prospettiva l’uno dell’altra. mi manca sdraiarmi nell’erba in un parco ed espellere i miei pensieri osservando il movimento lento e calmo delle nuvole mattutine, mi manca farmi distrarre fino a quando non mi rendo conto di come si fosse consumata da sola senza il mio aiuto.
questo ciarpame non ha molto senso e non ne vuole trasmettere nessuno, so solo che quando mi sveglio i piccoli ciuffi che mi cadono sul viso non hanno quel retro odore di tabacco fumato la notte prima e non mi dispiace.
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Stanotte il mio inconscio mi ha deliziato con vari incubi di cui non ricordo molto. Solamente il ricordo di me in una camera buia, non sono sola, due uomini mi chiedono se fossi disposta a fare del male al mio corpo dietro compenso. Ho questa visione di me riflessa in uno specchio che prende un oggetto affilato e tenta di ferirsi un braccio ma poi si rifiuta. Sconvolta chiedo come sia possibile che qualcuno possa offrire soldi in cambio di autolesionismo, la risposta mi fa paura: non hai idea di che cosa sarebbe disposta a pagare la gente. Dopo questa conversazione rifiuto i soldi offerti perché penso siano atti a farmi tacere, dò la mia parola sul non dire niente della proposta e me ne vado. Non farò una riflessione sulla società e dove sta andando, ogni giorno spunta una nuova e assurda forma di intrattenimento, ma anche senza volgere lo sguardo al futuro esistono da tempo traffici di organi ecc. La riflessione sarebbe da fare su me stessa: dove sto andando e se fossi disposta a mettere da parte i miei valori morali in cambio di benessere economico.
#chiaro che non considero i miei sogni solo sogni altrimenti non perderei tempo a rifletterci e scriverli#sogni
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Nazionalismo, selling point e utopie
Recentemente ho letto dei post che mi hanno ispirato una riflessione sul nazionalismo e le utopie.
Un gruppo di post sono stimolati dalla notizia che a Bologna hanno deciso di togliere patrioti dalle targhe dei partigiani.
L'altro è una critica al nazionalismo e ai confini che relaziono sia alla cronaca delle migrazioni che a quella della guerra in Ucraina.
Un'utopia è un modello astratto. È un utile strumento come un esponenziale può modellare la crescita di una popolazione di conigli. Se non è accompagnato da una buona dose di dialettica, come tutti gli strumenti usati male rischia di essere pericoloso.
Le idee anarchiche sono per lo più buone idee e non è che non manchi un gran lavoro teoretico perchè non siano ridotte alla macchietta dell'anarchismo, ma guarda caso, sia l'idea che ne danno gran parte dei sedicenti anarchici che l'immagine prevalente che si ha dell'anarchia sono caricaturali.
Da una parte questo succede perchè è più facile farsi affascinare dagli assoluti, dall'altra, perchè l'anarchismo non naïf ha per lo più buone idee pericolose per il padronato che ovviamente cerca di smerdarle e confonderle.
Per esempio, non distinguere tra nazionalismo e solidarietà verso il proprio "prossimo" per altro in un contesto appunto ideale e non reale e contingente, rischia di far più male che bene.
Idealmente i confini ma anche lo stato vanno superati? Si. Nella realtà ogni nazione e ogni stato va osteggiato? No.
Sicuramente molti partigiani avevano come ideale un mondo senza confini, praticamente cacciarono i tedeschi dall'Italia.
Non solo non ci si deve fermare a confondere il nazionalismo, nel senso che gli appartenenti alla propria nazione siano intrinsecamente meglio degli altri, con il patriottismo, ma nemmeno si può dimenticare la storia che sta dietro ai paesi e ai loro confini, semplicemente perchè ce li si imagina come sovrastrutture capitaliste e quindi virtuali ed effimere.
E per questo non si può pensare che tutti i paesi si possano mettere sullo stesso piano in quanto "patriottici" o interessati alla loro "integrità territoriale" o alla loro "sovranità".
Questo rischia appunto di essere un approccio molto teorico, con cui ci si aliena molti compagni di strada, che non è capace di evolvere perchè non ha contesto storico, impedisce di avere una rappresentazione utile della realtà e quindi di sperimentare soluzioni.
Quello di pensare che non ci siano compromessi accettabili, non ci siano percorsi storici, sbagli e limiti non è altro che una forma di coping come pensare che si possa discutere di vaccini senza studiare, per non sentirsi un granello di sabbia nell'universo.
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Coazione a ripetere
Mi domando spesso per quale motivo io mi ritrovo sempre nelle stesse dinamiche sociali che mi arrecano disagio, quali siano i processi interiori, i meccanismi difensivi che mi conducono a situazioni in cui gli altri mi rifiutano, mi ignorano, mi schermiscono. Forse ciò che più mi ha segnato dai 13 ai 18 anni è stato il non avere degli amici, delle presenze fisse nella mia vita, poiché non sono riuscita a creare una connessione profonda con qualcuno, a desiderare di voler rivedere quel qualcuno per approfondire la nostra conoscenza. Mi sono sempre sentita allontanata, guardata sempre un po’ male delle altre persone, a volte con la convinzione che avessero l’idea di me di una persona troppo seria (cosa non del tutto vera, negli ultima anni mi sono riscoperta molto ironica e pronta al gioco) oppure ingenua, facilmente manipolabile, dato il mio modo tranquillo e pacato di approcciarmi alle persone. Anche quest’ultima definizione di me non corrisponde al vero, in quanto sono silenziosa solo a primo impatto, quando sono coinvolta in qualcosa che mi interessa sono un vulcano di idee, considerazioni, proposte che esprimo anche con impeto, tant’è che quando sono coinvolta in una discussione tendo ad accendermi molto facilmente, non per la rabbia come pensano la maggior parte delle persone, ma per il trasporto emotivo che metto nel pronunciare ogni parola che sia sentita. Perciò mi infastidisce quando qualcuno cerca di prevaricarmi, tendo sempre ad addossarmene la colpa, rimproverandomi di non essere stata abbastanza in grado di impormi. Ma poi mi pare che non sia nemmeno quello. Non c’entra l’imporsi, ci sono molte persone più docili di me, facilmente condizionabili, e vedo che con loro non si è così feroci. Noto che talvolta le persona tendono proprio a mettermi da parte, a non interessarsi minimamente a me. Prima ci ragionavo su, mi sono detta “mi starò vittimizzando? Ho fatto qualcosa per provocare queste reazioni? Trasmetto sensazioni negative agli altri”. Forse una mezza risposta ce l’ho. Sono arrivata ad un punto in cui non voglio più colpevolizzarmi per i comportamenti poco carini degli altri. Sì, magari ho fatto qualcosa, magari il mio fare quella cosa era atta al raggiungimento di queste persone: far sì che mi allontanassero da loro, dalle loro chiacchiere, dai loro pettegolezzi. Le persone in questioni, che riguardano questa determinata circostanza, sono persone con cui condivido solo i corsi universitari. Vorrei poter dire che condividiamo l’interesse per la psicologia, ma non gli ho mai sentito fare un discorso riguardo questa disciplina che andasse oltre gli esami e le lezioni. Mai un riferimento ad una loro riflessione in merito ad una vicenda particolare o a ciò a cui ambiscono. Sono tutte immerse in questo sistema senza sapere dove vanno. L’importante è dare gli esami, per interrogarsi sul futuro c’è tempo. Mi stufa sentire “non sapevo cosa fare, ho provato il test e sono entrata”. Nessuna passione, nessun interesse vero. Per non parlare del resto. Con nessuna posso parlare di libri, con qualcuna forse forse di film. La professoressa giorni fa ha consigliato un film, “Family life”, che ho visto la sera stessa. Incredibile quanto mi sia rivista nella protagonista, quante osservazioni facevo tra me e me ad ogni scena, poiché tutto suscitava in me un pensiero o un’emozione più o meno violenta. E alla fine di quelle due ore di film, con la mente piena di pensieri, il vuoto, nessuno a cui dirlo, nessuno con cui parlarne. Il pomeriggio prima avevo cercato delle informazioni riguardo ad una tematica del film, la schizofrenia, in particolare di un dettaglio che la prof aveva citato a lezione e mi aveva molto incuriosita. Nelle ricerche trovo un aspetto che mi colpisce e lo condivido con queste mie colleghe sul gruppo whatsapp. Nessuna risposta. Mi sento così vuota. Non avere nessuno di significativo con cui parlare delle mie idee è ciò che mi abbatte maggiormente.
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Vale per le donne e anche per gli uomini. C'è chi per gli stessi motivi beve o fuma tanto e ha un senso di vuoto dentro e attorno ed io capisco...da LEGGERE!!!
Certe volte le donne hanno molta fame. Aprono il frigorifero e vorrebbero ingoiare tutto quello che c’è dentro. Entrano in una pasticceria e vorrebbero ingurgitare ogni cosa, fino a scoppiare. Mangiano la cioccolata e vorrebbero non smettere mai. Mangiano i biscotti e ne finiscono due pacchi. Mangiano le patatine e vanno avanti fino a star male.
C’è una bocca affamata dentro di loro: grida per essere riempita, scalpita come una bestia selvaggia per ricevere ciò che vuole: cibo! cibo! cibo!
Ma il cibo è solo l’involucro di quello che la bocca affamata pretende. Dietro quella voglia famelica c’è di più: c’è la voglia di qualcosa che faccia sentire vive. È la donna che arde di fame di se stessa, pallida della sua passione, a digiuno della sua anima.
Le donne affamate spesso non seguono la loro vera natura: hanno smesso di cantare, hanno intrappolato le loro parole da qualche parte, hanno appoggiato la penna, hanno scelto di essere “troppo in ordine”, “troppo carine”, “troppo compiacenti”, “troppo perfette”, “troppo simpatiche”, “troppo disponibili”.
Sono lontane dalla loro vita profonda, passionale, nutriente, rigenerante: svalutano il proprio lavoro, dicono a se stesse che sono sbagliate perché non hanno fatto abbastanza, si autoimpongono di stare zitte, si sentono in colpa se non sono disponibili per tutti. Mettono sotto sale i loro desideri, fanno conserve con i loro sogni, ripongono in frigorifero necessità personali con l’etichetta «più avanti». C’è chi arrotola la passione stringendo un laccio attorno, chi scrive la parola “rassegnazione” sul muro della camera, chi appoggiato la penna sul tavolo e non la riprende in mano, chi getta la tela e poi giura a denti stretti di guardare sempre dall’altra parte.
Spesso queste donne hanno la sensazione di essere “immobilizzate” e in questo immobilismo si costringono a non andare, a non fare un passo, a non pretendere, a non diventare, a non scoprire. La loro vita è “una bocca vuota” e il cibo diventa la metafora di un nutrimento che non arriva da un’altra parte. Ma non è una situazione irreversibile. È semplicemente necessario “un risveglio”.
Bisogna avvicinarsi all’anima, che giace da qualche parte con le ossa spezzate, e ricomporla. Come fare?
Chiedendo a noi stesse cosa davvero desideriamo. Non è così difficile come sembra. Nel momento in cui ci chiniamo pietose sulla nostra anima esangue e ferita lei si rianima. Le basta poco. Un po’ di ascolto, una riflessione vera, una risposta sincera: rivolta a noi. Le donne sanno molto bene cosa vogliono, quando se lo chiedono con voce sincera. Conoscono il motivo di quella bocca affamata, di quelle mani tese per ricevere altro cibo. Quando risvegliamo la nostra anima lei non parla in modo criptato: ci dice a chiare lettere quale direzione prendere. È un’amica sicura, fidata, compassionevole, stimolante… lei ha le risposte che cerchiamo… e allora, come per magia, quella bocca affamata si chiude e dentro di noi nasce una nuova forza, la voglia di vivere davvero la nostra vita...🤍 💜 🤍
Simona Oberhammer
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