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#crimini comunisti
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La strategia di Tito: "infoibare" la Chiesa cattolica
Il regime comunista della ex Jugoslavia mirava a colpire la vita ecclesiale per fare pulizia etnica degli italiani. Chi non si piegava finiva nelle foibe. Ne fecero le spese anche don Miroslav Bulešić e don Francesco Bonifacio, due sacerdoti (oggi beati) barbaramente torturati e uccisi dai miliziani. La loro colpa? L’odio comunista per la religione. (more…) “”
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vadaviaaiciap · 5 months
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CRIMINI COMUNISTI DURANTE IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE. Ecco i liberatori.
Questa pagina è dedicata alla raccolta di testimonianze, aneddoti, racconti, ed episodi inerenti al bagno di sangue che si è verificato nelle nostre zone nell’immediato dopoguerra, successivamente al 25 aprile del 1945, a guerra finita, e alla loro presentazione.
Sul finire dell’ultima guerra mondiale, nel 1945, e anche a guerra già finita, l’Italia ha assistito sul proprio territorio ad una vera e propria escalation di delitti, di stragi, e di vendette, tutti a sfondo politico, che hanno raggiunto punte di ferocia e di malvagità molto elevate.
I responsabili di questa lunga catena di omicidi e di efferatezze, furono i partigiani comunisti, che vollero così imprimere un triste e indelebile segno nella storia dell’Italia, incidendolo con il sangue delle loro vittime.
I partigiani spesso hanno prelevato le persone direttamente dalle loro case e le hanno uccise senza neanche offrire loro un processo sommario, depredandole e infierendo sui corpi con ferocia.
Molti di questi carnefici furono riconosciuti e arrestati, ma a causa dell’amnistia di Palmiro Togliatti furono rimessi in libertà, e spesso si ritrovarono faccia a faccia con i parenti delle loro stesse vittime, potendo così irriderle e dileggiarle impunemente.
Possiamo oggi affermare, nonostante i tentativi degli eredi di Togliatti di nascondere o dissimulare la realtà criminosa, che la vastità dei fatti di sangue imputabili ai partigiani comunisti induca a credere che essi siano stati realizzati seguendo un preciso disegno, uno schema pianificato e organizzato a tavolino, scientemente e criminalmente.
Non è un caso che interi gruppi familiari siano stati sterminati, spesso aggiungendo l’efferatezza della tortura e dello stupro agli omicidi, e che poi i partigiani si siano appropriati dei beni materiali delle vittime.
Non è un caso che dopo la guerra, ci si sia trovati davanti a partigiani improvvisamente diventati ricchi, che poterono così iniziare delle attività imprenditoriali usando i soldi sporchi del sangue delle loro stesse vittime.
La scure comunista si è abbattuta con violenza anche sui rappresentanti del Clero, nel tentativo di decapitare coloro che potevano guidare i cattolici verso destinazioni e percorsi diversi da quelli previsti dal comunismo.
Lo storico Roberto Beretta ci segnala nel suo studio del 2005, “Storia dei preti uccisi dai partigiani”, che il numero dei sacerdoti uccisi dall’odio comunista è stato in totale di 130 vittime !
Dopo aver condotto una vera e propria “caccia alla tonaca”, prodromica ad una lunga serie di esecuzioni, compiute appunto dai partigiani, divenne chiaro il tentativo dei comunisti di impadronirsi “politicamente” della società, mediante la forza e l’intimidazione.
Questa tesi fu sostenuta anche dal Cardinale di Bologna, sua Eccellenza Giacomo Biffi, nel 1995, in occasione del cinquantenario della Resistenza, riprendendo e amplificando ciò che già era stato affermato in precedenza da Don Lorenzo Tedeschi, un coraggioso sacerdote che citò la frase di un comandante partigiano comunista :
"Se dopo la liberazione, ogni compagno avesse ucciso il proprio parroco e ogni contadino il padrone, a quest’ora avremmo risolto il problema. "
Il Partito Comunista Italiano ha provveduto poi a mantenere una totale disinformazione sulle stragi, omettendo di parlarne e di pubblicizzare qualsiasi cosa fosse inerente a tutto ciò, stendendo un velo di minacciosa omertà sull’argomento.
Lo dimostra il fatto che ancora oggi si riferiscano a Togliatti come a : “il Migliore” !!!
i stima che gli uccisi, dopo il 21 aprile 1945 nel bolognese, ammontino a 773, di cui 334 civili (fra cui 42 donne).
Vorrei tentare di dare il giusto ricordo alle vittime, attraverso una serie di rievocazioni storiche, di racconti e di aneddoti, che permetta di collocarle in un contesto non più dimenticato.
Vorrei far riaffiorare le ignobili circostanze attraverso cui sono state messe in atto vere e proprie stragi contro persone spesso innocenti, perpetrate comunque a “sangue freddo”, e cioè a guerra finita, ad armi deposte.
La vigliaccheria è stato il motivo trainante che ha permesso al comunismo di approfittare della violenza insita nei suoi sostenitori per appropriarsi dei beni, oltre che della vita, di centinaia di vittime delle nostre zone.
Sono rimasti in pochi i superstiti, o i figli dei superstiti, o delle vittime, che potrebbero oggi dare luce alle pagine buie degli stermini effettuati dai partigiani nel 1945.
Il 25 aprile non deve essere celebrato per la liberazione dell'Italia perché nella realtà dei fatti passammo dall'occpazione tedesca a quella americana. E, nella sconfitta, ci andò bene perché a Yalta avevano deciso le sfere d'influenza dei vincitori e i comunisti furono esclusi.
(Il sangue dei vinti un bellissimo libro di Pansa)
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colonna-durruti · 2 months
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ASCANIO CELESTINI
FASCISTI contro ITALIANI
Bologna 2 agosto 1980
Il nuovo fascismo è il risultato di una sconfitta.
Ha le radici nel 25 luglio del ’43 con l’arresto di Mussolini e la fine del fascismo di governo col suo mito dell’impero. Il nuovo fascismo comincia a ristrutturarsi attorno al sentimento di vendetta e rivalsa dopo l’8 settembre aggrappandosi in maniera ancor più solida al nazismo tedesco e combatte per due anni una guerra contro l’Italia e gli italiani. Lo spiega Junio Valerio Borghese in una famosa intervista: «Combattere contro gli italiani non mi ha imbarazzato affatto». Siamo nel 1975 quando è già scappato all’estero dopo aver tentato il colpo di Stato dell’8 dicembre 1970. Per lui e per i suoi sodali della Decima Mas… quella che piace al “camerata” Vannacci, insomma…Per quei fascisti «Non era una guerra territoriale, era una guerra ideologica». In nome di quelle che definisce civiltà occidentale e mondo orientale, ribadisce che ancora «oggi combatto contro gli italiani» perché tra gli italiani ci sono i comunisti «che sono nemici e che se potessimo sterminarli io sarei molto contento».
Il fascismo di Salò è soprattutto questo: vendetta, rivalsa e anticomunismo. Un’ideologia che non solo ce li presenta orgogliosi dei crimini che hanno commesso, ma li vede anche pronti a commetterli di nuovo. A combattere con orgoglio “contro gli italiani”.
Giorgio Almirante lo dice chiaramente: «Sono stato fascista insieme con molti italiani fino alla fine con Mussolini e se le stesse circostanze potessero riprodursi io farei certamente le stesse cose».
Nel congresso del ’56 il fascista repubblichino fondatore del MSI conia una definizione chiara per i nuovi camerati della Repubblica quando parla di una strana contraddizione, ovvero: «L’equivoco, cari camerati, è uno e si chiama essere fascisti in democrazia».
Sempre Almirante, emblema del fascismo che è pronto a togliersi giacca e cravatta per tornare a indossare la camicia nera, si dichiara rispetto alla dittatura dei colonnelli in Grecia.
Per lui i «veri patrioti greci» sono i fascisti. E dichiara: «Noi siamo virilmente pronti alla realtà, senza ipocrisie. Qualora soluzioni anche di forza ci salvassero dal comunismo… ben vengano le soluzioni di forza».
Nel frattempo sono cominciate le stragi. Il fascismo ha una presenza ben articolata nel panorama della politica italiana: il partito dei fascisti in democrazia ha un piede nei governi (comuni, provincie, regioni oltre che in Parlamento); l’eversione di destra passa in scioltezza dallo spontaneismo di Mambro, Fioravanti e Ciavardini all’organizzazione di golpe e di stragi; cresce l’alleanza con la delinquenza di basso livello e con la criminalità che gestisce i grandi traffici e si relaziona col potere; si prepara alla colonizzazione dei mezzi di informazione e dei partiti politici per coinvolgere una classe dirigente presentabile e che non sia sfacciatamente amante dell’olio di ricino. E con questo ultimo passaggio siamo arrivati a quel magnifico documento trovato nel 1981 che descrive la strategia della loggia massonica P2. Ovvero il manifesto per una trasformazione democratica del paese dove «L’aggettivo democratico sta a significare che sono esclusi dal presente piano ogni movente od intenzione anche occulta di rovesciamento del sistema».
Se non teniamo conto di questa storia
non capiamo le motivazioni del neofascismo.
L’ideologia nefasta che accompagna la storia dell’Europa.
Che non si presenta sempre a petto nudo in mezzo al grano coi baffetti e il saluto col braccetto dritto, ma anche in giacca e cravatta, in tailleur e tacchi alti.
L’ideologia che colpisce i diritti in Parlamento, ma non disdegna l’uso della violenza esplicita, la strategia della tensione e del terrore come il 2 agosto del 1980 a Bologna.
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abr · 3 months
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Ve li ricordate gli "e allora Assange?" quando si chiedeva, parlateci di Navalny (come di Bibbiano: sempre crimini social-comunisti sono)?
Alla fine Assange è libero, tardi ma non lo è mai troppo; Navalny anche, ma per l'eternità e senza patteggiarlo. Già, ma l'occidente è cattivo e paga gli oppositori a Polonio Putin, poveretto.
Detta da uno selettivo, secondo cui coll'Occidente non ci azzeccano nulla manco i Zelensky.
La cifra per comprendere questi tempi per boccaloni ansiolitici intruppati, peggio dell'ignoranza è il sadomasochismo. Par di essere tornati ai futuristi dannunziani perepepè di cento anni fa.
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crazy-so-na-sega · 6 months
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I bianchi non dicono mai di essere ebrei, ma gli ebrei ( e comunisti) a volte dicono "compagni bianchi". Hitler non è neanche lontanamente il peggiore. E' solo che gli ebrei ( e comunisti) non enfatizzano esattamente i propri crimini.
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-𝕰𝖗𝖎𝖈 𝕭𝖗𝖔𝖜𝖓
no me arrepiento de nada....
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ninocom5786 · 8 months
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La prima giornata del ricordo fu istituta dalla Repubblica Sociale Italiana per "commemorare" le "vittime" dei partigiani comunisti jugoslavi quando i fascisti commisero crimini contro gli slavi e fecero l'italianizzazione forzata dopo la prima guerra mondiale nella Venezia Giulia e nella Dalmazia.
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La "giornata del ricordo" istituita nel 2004 per iniziativa del centrodestra e poi abbracciata dalla sinistra ha come scopo criminalizzare l'eroica resistenza jugoslava e i popoli jugoslavi e glorificare il fascismo.
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gregor-samsung · 2 years
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“ Nella mia camerata, che era la migliore e aveva due panorami, stettero per qualche giorno i capi fascisti, avvocati e dottori, dopo il 18 Settembre; qui vennero alcuni grossisti di olio e di grano negli anni delle leggi sui granai e sugli oleari del popolo: uno di questi, anzi, guardando fuori dalla finestra, comodamente perché la persiana un giorno si trovò asportata o cadde e le pratiche per rimetterla andarono per le lunghe, s’innamorò di una sontuosa fanciulla che si affacciava al suo balcone ad innaffiare le piante grasse sulle lastre di marmo, e che per la prima volta alzava gli occhi al nido dei serpenti, quando il giovane grossista cantava. Dopo pochi giorni si sposarono. Con i fascisti entrarono piatti in quantità, il maresciallo chiese aumento di forza, tanto le guardie erano occupate. “Uscirete presto, la galera non è fatta per voi”. Dicevano i comuni che s’ingrassarono in quei giorni. Io ero tenuto come quelli dai contadini e dagli altri: un calzolaio, un camionista, un ambulante, un piccolo proprietario. Il camionista che disse al commissario: «Non so niente. Sono stato chiamato a caricare paglia». La paglia se n’era caduta alla grande velocità che lui andava ed erano spuntate sul carro le corna dei buoi rubati, lui però non ne sapeva niente. Anche lui mi diceva: «Uscirai presto, la galera non è fatta per te!». Volevo che non fosse così. Non c’erano certi miei signori che avevano ucciso, sia pure per colpa, avevano rubato, violentato la servetta di dodici anni? Stavano protetti nel loro castello e ricevevano le autorità in salotto con la fotografia del genitore, il defunto senatore del Regno, secondo istruttore del processo Matteotti. Il maresciallo non sarebbe venuto qui per i suoi soprusi, i suoi reati, nemmeno il maresciallo del carcere se io l’avessi denunciato per concussione continuata offrendo le prove, l’Esattore mai più, che guadagnava cinque milioni all’anno per legge, i veterinari, che denunciavano l’afta epizootica quando avevano bisogno di soldi, i segretari comunali, il dottore delle prefetture, che, per un sopraluogo finito in un’ora, si faceva pagare tre giorni di trasferta e il segretario asseriva essere doveroso e solito da parte dei sindaci liquidare, il medico che non visitava il giovane, presunto omicida, ridotto con la carne nera in caserma per tre giorni fino alla scoperta del vero autore. E tanti, ma chi può nominarli? Degli Enti, dei Consorzi, degli Istituti, delle Banche. Se quelli commettono un reato, sono trasferiti di autorità con le spese di trasporto a carico del denaro pubblico: così girano anche l’Italia da una provincia all’altra. E se sono licenziati, prendono una liquidazione che li fa milionari. E se restano allo stesso posto, nella stessa città, prendono la tredicesima, la quattordicesima e la quindicesima mensilità perché l’anno lo allungano loro come vogliono. E, ripresi, sanno difendere la causa dei figli e della famiglia piangendo e furiosamente accusando le api regine, gl’intoccabili superiori d’ufficio. Quando quei signori sono colpiti, diventano tutt’al più comunisti per il tempo necessario a rimettere le cose a posto nella santità del lavoro, dello Stato, dello straordinario, della pubblica funzione. Ogni giorno, solo al paese mio, si dicono dieci messe nelle chiese nello stesso momento in cui la carovana dello Stato inizia la sua giornata di crimini e gli uomini forti calpestano le strade. “
Rocco Scotellaro, L' uva puttanella-Contadini del Sud, Laterza (collana Universale, n° 4; prefazione di Carlo Levi), 1977⁴, pp. 92-94.
[Prime Edizioni originali, postume: Laterza (collana Libri del tempo), 1956-1954]
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unita2org · 11 months
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CON IL MASSACRO DI GAZA LA DITTATURA MASSOCAPITALISTA SI STA SVELANDO IN TUTTO L'OCCIDENTE
di Redazione In tutto l’Occidente massocapitalista è vietata la contestazione dei crimini dei sionisti. E’ vietato affermare che i metodi usati contro i palestinesi, da parte dei sionisti, sono identici per ferocia a quelli praticati nei confronti dei comunisti, degli ebrei, dei socialisti, degli zingari, degli omosessuali… Nemmeno agli ebrei nati in Israele e figli di genitori che subirono le…
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scienza-magia · 1 year
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Genocidio e sterminio, i metodi di russificazione dello Zar
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Lo sterminio per fame in Ucraina, il metodo Holodormor: il discorso del 1953 di Raphael Lemkin. In un discorso del 1953 il giurista Raphael Lemkin ricostruisce la strategia sovietica di annientamento dell’Ucraina e la carestia indotta negli anni Trenta. L’“iter” del genocidio è lo stesso usato da Putin oggi. Pubblichiamo il discorso che Raphael Lemkin, il giurista che ha coniato il termine “genocidio”, tenne il 20 settembre 1953 dal titolo “Il genocidio sovietico in Ucraina”. “‘Ama l’Ucraina’ Non puoi amare altri popoli se non ami l’Ucraina”. Volodymyr Sosyura Lo sterminio dei popoli e delle nazioni che ha caratterizzato l’avanzata dell’Unione sovietica in Europa non costituisce un tratto nuovo della sua politica espansionista, non è un’innovazione concepita unicamente per uniformare le diversità di polacchi, ungheresi, baltici, rumeni − che ora scompaiono tra le frange dell’impero. Anzi, è stato a lungo una caratteristica presente anche nella politica interna del Cremlino − gli attuali padroni hanno a disposizione abbondanti precedenti nelle operazioni della Russia zarista. Lo sterminio è una tappa indispensabile nel processo d’“unione” che ingenuamente i leader sovietici sperano produrrà l’“uomo sovietico”, la “nazione sovietica” e, per raggiungere l’obiettivo diunificare la nazione, i leader del Cremlino saranno disposti a distruggere le nazioni e le culture che hanno abitato per lungo tempo l’Europa orientale.
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Ciò di cui voglio parlare è forse l’esempio classico di genocidio sovietico, il suo più ampio e duraturo esperimento di russificazione: la distruzione della nazione ucraina. Essa rappresenta, come ho detto, l’erede di  crimini zaristi analoghi come l’annegamento di diecimila tatari della Crimea per ordine di Caterina la Grande, lo sterminio di massa da parte delle “SS” di Ivan il Terribile,  l’Oprichnina; lo sterminio dei leader polacchi e dei cattolici ucraini da parte di Nicola I; e le serie di pogrom di ebrei che hanno periodicamente macchiato la storia russa. Ci sono state operazioni simili all’interno dell’Unione sovietica, con l’annientamento della nazione ingrica, dei cosacchi del Don e del Kuban, delle Repubbliche tatare della Crimea, delle nazioni baltiche di Lituania, Estonia e Lettonia. Ciascuno di essi costituisce un esempio della  politica prolungata di liquidazione delle popolazioni non-russe mediante l’eliminazione di  parti selezionate. L’Ucraina forma una porzione dell’Urss sud-orientale equivalente al territorio di Francia e Italia ed è abitata da circa 30 milioni di persone. Granaio della Russia, la sua geografia l’ha resa una chiave strategica per il petrolio del Caucaso e dell’Iran e per l’intero mondo arabo. A nord, confina proprio con la Russia. Finché l’Ucraina conserva la sua unità nazionale, finché i suoi abitanti continuano a concepirsi come ucraini e a perseguire l’indipendenza, fino ad allora l’Ucraina rappresenta una grave minaccia nel cuore stesso del regime sovietico. Non sorprende che i leader comunisti abbiano attribuito un’importanza fondamentale alla russificazione di questo membro dallo spirito indipendente della loro Unione di Repubbliche, e che abbiano decisodi rifarlo daccapo affinché si conformi al loro modello di un’unica nazione russa. Perché l’ucraino non è e non è mai stato russo. La sua cultura, il suo temperamento, la sua lingua, la sua religione − sono tutti diversi. Ha rifiutato di essere collettivizzato, accettando la deportazione e persino la morte. E dunque per questo è particolarmente importante che l’ucraino sia adattato al modello procustiano dell’ideale dell’uomo sovietico. L’Ucraina è particolarmente predisposta all’omicidio razziale di gruppi selezionati, per cui la tattica comunista non ha seguito lo schema adottato nelle offensive tedesche contro gli ebrei. E’ una nazione troppo popolosa per essere sterminata completamente con una qualche efficienza. La sua leadership religiosa, intellettuale, politica, le sue élite sono però molto ristrette e dunque sono state facilmente eliminate ed è in particolare su questi gruppi che si è abbattuta tutta la potenza della scure sovietica, con i suoi soliti strumenti fatti di omicidi di massa, deportazioni e lavoro forzato, esilio e fame. L’aggressione è stata sistematica, con l’intero iter ripetuto di continuo per contrastare ogni nuova esplosione dello spirito nazionale. Il primo colpo fu inferto all’intellighenzia, il cervello della nazione, in modo tale da paralizzare il resto del corpo. Nel 1920, nel 1926 e ancora nel 1930–1933 insegnanti, scrittori, artisti, pensatori, leader politici furono liquidati, imprigionati o deportati. Secondo l’Ukrainian Quarterly dell’autunno del 1948,  soltanto nel 1931 furono spediti in Siberia 51.713 intellettuali. Almeno 114 dei maggiori poeti, scrittori e artisti, i più illustri rappresentanti della cultura della nazione, hanno conosciuto la stessa sorte. Secondo stime prudenti, almeno il 75 per cento degli intellettuali e dei professionisti ucraini nell’Ucraina occidentale, nell’Ucraina carpatica e nella Bucovina sono stati sterminati brutalmente dai russi. Assieme a questo attacco all’intellighenzia ci fu un’offensiva contro le chiese, i sacerdoti e la gerarchia ecclesiastica, l’“anima” dell’Ucraina. Tra il 1926 e il 1932, la Chiesa ortodossa autocefala ucraina, il suo Metropolita (Lypkivsky) e diecimila membri del clero furono liquidati. Nel 1945, quando i sovietici s’installarono nell’Ucraina occidentale, una sorte analoga toccò alla Chiesa cattolica ucraina. Che si trattasse unicamente di una politica di russificazione è chiaramente dimostrato dal fatto che, prima della sua liquidazione, alla Chiesa fu offerta l’opportunità di fondersi con il Patriarca russo di Mosca, strumento politico del Cremlino. L’11 aprile del 1945, solo due settimane prima della conferenza di San Francisco, un distaccamento dell’Nkvd circondò la cattedrale di S. Giorgio a Leopoli e arrestò il Metropolita Slipyj, due vescovi, due prelati e diversi sacerdoti. Tutti gli studenti del seminario della città furono trascinati fuori dalla scuola, mentre ai loro professori veniva comunicato che la Chiesa greco-cattolica ucraina aveva cessato di esistere, che il Metropolita era in stato d’arresto e che il suo posto sarebbe stato preso da un vescovo designato dal soviet. Azioni di questo tipo furono ripetute in tutta l’Ucraina occidentale e in Polonia, al di là della Linea Curzon. Almeno sette vescovi furono arrestati o non se ne ebbero più notizie. Nell’area non c’è più alcun vescovo della Chiesa cattolica ucraina in libertà. Cinquecento membri del clero, che si erano riuniti per protestare contro l’operato dei sovietici, furono o ammazzati o arrestati. In tutta la regione esponenti del clero e del laicato furono uccisi a centinaia, mentre quelli mandati ai lavori forzati erano  diverse migliaia. Interi villaggi furono svuotati. Durante la deportazione, le famiglie furono deliberatamente separate, i padri inviati in Siberia, le madri nelle case di mattoni del Turkestan e i figli presso le case comuniste per essere “educati”. La Chiesa stessa, per il crimine di essere ucraina, fu dichiarata un’associazione nociva per il benessere dello stato sovietico, i suoi membri furono schedati dalla polizia sovietica come potenziali “nemici del popolo”. Fatta eccezione per 150 mila membri in Slovacchia, la Chiesa cattolica ucraina è stata ufficialmente liquidata, la sua gerarchia imprigionata, il suo clero disperso e deportato. Queste aggressioni all’anima del paese hanno avuto e continueranno ad avere gravi effetti sulla mente dell’Ucraina, poiché sono le famiglie del clero che hanno tradizionalmente fornito gran parte degli intellettuali, mentre gli stessi prelati sono stati i leader dei villaggi, le loro mogli hanno presieduto le organizzazioni caritatevoli. Gli ordini religiosi dirigevano scuole, si prendevano cura della maggior parte delle opere di carità. Il terzo pilastro del piano sovietico riguardava gli agricoltori, la grande massa di contadini indipendenti che sono i depositari della tradizione, del folklore e della musica, della lingua e della letteratura nazionale, dello spirito nazionale dell’Ucraina. L’arma utilizzata contro questo gruppo è forse la più terribile di tutte: la fame. Tra il 1932 e il 1933 cinque milioni di ucraini morirono di fame, una crudeltà disumana che il 73esimo Congresso condannò il 28 maggio del 1934. Si è cercato di liquidare questo apice della crudeltà sovietica come una politica economica connessa alla collettivizzazione delle terre coltivate a grano e all’eliminazione dei kulaki, i contadini indipendenti, che era necessaria. Il fatto, però, è che in Ucraina i grandi coltivatori erano pochi e rarissimi. Come dichiarò lo scrittore sovietico Kossies sull’Izvestiia del 2 dicembre 1933, “il nazionalismo ucraino è la nostra principale minaccia”, e fu per eliminare quel nazionalismo, per instaurare la spaventosa uniformità dello stato sovietico che i contadini ucraini furono sacrificati. Il metodo utilizzato in questa parte del piano non fu limitata a qualche gruppo particolare. Patirono tutti − uomini, donne, bambini. Il raccolto quell’anno fu più che sufficiente a nutrire la popolazione e il bestiame dell’Ucraina, anche se era stato inferiore rispetto all’anno precedente, una diminuzione in larga parte dovuta probabilmente agli sforzi per la collettivizzazione. Ai sovietici, però, serviva una carestia e così dovettero predisporne una, intenzionalmente, attraverso un prelievo di grano da parte dello stato insolitamente elevato sotto forma di tasse. In aggiunta a ciò, migliaia di acri di campi di grano non furono mai mietuti, furono lasciati marcire. Il resto fu inviato ai granai governativi per essere immagazzinato fino a che le autorità non ne avessero deciso la destinazione. Gran parte di questo raccolto, così vitale per la sopravvivenza dei cittadini ucraini, finì esportato per ottenere crediti all’estero. Di fronte alla carestia nelle aziende agricole, migliaia di persone abbandonarono le aree rurali e si diressero verso le città in cerca di cibo. Presi e rimandati nelle campagne, abbandonarono i loro figli nella speranza che almeno loro riuscissero a sopravvivere. In questo modo a Kharkiv furono lasciati soli diciottomila bambini. In villaggi con una popolazione di mille abitanti ne sopravvissero cento; in altri, ne morì la metà – c’erano venti o trenta morti ogni giorno. Il cannibalismo divenne la normalità. Come scriveva nel 1933 W. Henry Chamberlain, il corrispondente da Mosca per il Christian Science Monitor: i comunisti videro, in questa apatia e in questo sconforto, un sabotaggio e una controrivoluzione e, con la crudeltà tipica degli idealisti sicuri di stare nel giusto, decisero di lasciare che la fame facesse il suo corso con l’idea che questo avrebbe dato una lezione ai contadini. I soccorsi furono distribuiti con parsimonia alle aziende agricole collettive, ma in quantità inadeguata e così in ritardo che ormai si erano perse molte vite. Si lasciò che i contadini si arrangiassero da soli; e il più alto tasso di mortalità tra questa categoria fornì un argomento molto convincente per confluire nelle aziende collettive. La quarta fase del processo consisteva nella frammentazione del popolo ucraino attraverso l’introduzione in Ucraina di popolazione straniera e, allo stesso tempo, la dispersione degli ucraini in tutta l’Europa orientale. In questo modo, l’unità etnica sarebbe stata distrutta e le nazionalità mescolate. Tra il 1920 e il 1939 la percentuale della popolazione di etnia ucraina in Ucraina passò dall’80 al 63 per cento. Di fronte alla carestia e alla deportazione, la popolazione ucraina era diminuita in termini assoluti passando da 23,2 a 19,6 milioni, mentre la popolazione non-ucraina era aumentata di 5,6 milioni. Se si considera che l’Ucraina un tempo aveva il più alto tasso d’incremento demografico d’Europa, circa 800 mila unità l’anno, è facile vedere che la politica russa era stata portata a termine. Sono state queste le tappe principali della distruzione sistematica della nazione ucraina, nel suo progressivo assorbimento nella nuova nazione sovietica. Non c’è stato alcun tentativo d’annientamento totale, che fu il metodo adottato nell’aggressione tedesca agli ebrei. Eppure, se il programma sovietico ha pieno successo, se si riescono a eliminare l’intellighenzia, i sacerdoti e i contadini, l’Ucraina morirà come se fosse stato ucciso ogni singolo ucraino, perché avrà perso quella sua parte che ha conservato e sviluppato la sua cultura, le sue idee, le sue opinioni, che l’avevano condotta e le avevano dato un’anima, che, in breve, l’avevano resa una nazione e non una moltitudine di persone. Non sono però certo mancate le stragi indiscriminate − semplicemente non erano parti integranti del piano, ma varianti accidentali. In migliaia sono stati giustiziati, in diverse migliaia sono stati risucchiati dalla morte certa dei campi di lavoro siberiani. La città di Vinnitsa potrebbe essere tranquillamente definita come la Dachau ucraina. In 91 fosse giacciono i corpi di 9.432 vittime della tirannia sovietica, persone fucilate dall’Nkvd durante il 1937 o il 1938. Tra le lapidi dei cimiteri, nei boschi, con spaventosa ironia, sotto una pista da ballo, i corpi sono rimasti dal 1937 fino alla loro scoperta da parte dei tedeschi nel 1943. Molte delle vittime erano state dichiarate esiliate in Siberia dai sovietici. L’Ucraina ha anche la sua Lidice, la città di Zavadka, distrutta dai satelliti polacchi del Cremlino nel 1946. Per tre volte la Seconda divisione polacca attaccò la città, uccidendo uomini, donne e bambini, bruciando le case e sequestrando il bestiame. Durante il secondo raid, il comandante comunista disse a quel che era rimasto della popolazione della città: “La stessa sorte toccherà a chiunque rifiuti di andare in Ucraina. Ordino pertanto che entro tre giorni il villaggio sia evacuato; altrimenti passerò per le armi ciascuno di voi”. Quando la città fu infine evacuata con la forza, rimanevano solo quattro uomini tra i 78 sopravvissuti. Durante il marzo dello stesso anno, altre nove città ucraine furono assaltate dalla stessa unità comunista e, più o meno, ricevettero lo stesso trattamento. Quanto si è detto sin qui non riguarda soltanto l’Ucraina. Il piano messo in atto dai sovietici in quel paese è stato e continua a essere ripetuto: è una componente fondamentale del programma sovietico di espansione poiché offre il modo più rapido per far emergere l’unità dalla diversità delle culture e delle nazioni di cui si compone l’impero sovietico. Il fatto che questo metodo porti con sé indescrivibili sofferenze per milioni di persone non li ha fatti desistere dalla strada imboccata. Anche solo per questa sofferenza umana, si dovrebbe condannare come crimine questo metodo di unificazione. Ma c’è di più della sola sofferenza. Non si tratta semplicemente di un’uccisione di massa. Si tratta di un caso di genocidio, della distruzione non solo dei singoli ma di una cultura e di una nazione. Anche se fosse stato possibile realizzarla senza sofferenze, dovremmo essere portati a condannarla, perché la comunità di spiriti, l’unità d’intenti, di lingua e di costumi che formano ciò che chiamano nazione costituiscono uno dei più importanti mezzi di civilizzazione e progresso a nostra disposizione. E’ vero che le nazioni si mescolano e formano nuove nazioni, ma tale mescolanza consiste nel mettere in comune i vantaggi delle qualità migliori possedute da ciascuna cultura. E è in questo modo che il mondo progredisce. Infine, a prescindere dalle importantissime questioni relative alla sofferenza umane e ai diritti umani, quel che è riprovevole nei piani sovietici è la criminale distruzione della civiltà e della cultura. Perché l’unità nazionale sovietica non si sta creando attraverso l’unificazione di opinioni e culture, bensì mediante la distruzione completa di tutte le culture e di tutte le opinioni eccetto una − quella sovietica. Read the full article
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kneedeepincynade · 2 years
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Here another post about the Korean War,this time around about American madness,the machine translation is at the bottom and the collective is on telegram
⚠️ GLI STATI UNITI AVEVANO PENSATO ALL'UTILIZZO DI ARMI NUCLEARI CONTRO COREANI E CINESI DURANTE LA GUERRA DI COREA ⚠️
❗️Durante la Guerra di Corea, gli Stati Uniti - oltre ad essersi macchiati di crimini indicibili, come il lancio di 400.000 bombe su Pyongyang, che distrusse il 75% dell'area - pensarono pure all'utilizzo della bomba atomica:
🔺 Il 17 luglio del 1950, il Generale Douglas MacArthur raccontò ai funzionari del Dipartimento dell'Esercito Statunitense a Tokyo del suo piano per un'invasione anfibia atta a "distruggere la Corea del Nord", affermando di vedere un "utilizzo di una bomba atomica, per sferrare un colpo devastante".
📖: Bruce Cumings, "Introduction: The Course of Korean-American Relations, 1943-1953," in Bruce Cumings, ed., Child of Conflict: The Korean-American Relationship 1943-1953 (Seattle: University of Washington Press, 1983), p. 53.
🔺Il 9 dicembre del 1950, sempre MacArthur richiese la "Commander's Discretion" per l'utilizzo di armi atomiche.
📖: Bruce Cumings, The Origins of the Korean War: Volume II, The Roaring of the Cataract 1947-1950 (Princeton: Princeton University Press, 1990), p. 750.
🔺Il 24 dicembre del 1950, MacArthur inviò una lista di obiettivi al Pentagono e chiese di poter utilizzare 34 bombe atomiche per "creare una striscia di cobalto radioattivo attraverso il collo della Manciuria in modo tale che non ci potesse essere un'invasione della Corea da Nord per almeno sessant'anni"
📖: Stanley Weintraub, MacArthur's War: Korea and the Undoing of an American Hero (New York: Simon & Schuster, 2000), pp. 263-264; Bruce Cumings, The Origins of the Korean War: Volume II, The Roaring of the Cataract 1947-1950 (Princeton: Princeton University Press, 1990), p. 750; Peter Hayes, Pacific Powderkeg: American Nuclear Dilemmas in Korea (Lexington: Lexington Books, 1991), pp. 9-10.
🔺Il 27 gennaio del 1952, in un memorandum privato scritto a mano, il Presidente Truman considerò la possibilità di un'escalation nucleare per porre fine allo stallo nei colloqui di "cessate il fuoco" a Panmunjeom - "questo significa guerra totale. Significa che Mosca, San Pietroburgo, Mukden, Vladivostok, Pechino, Shanghai, Port Arthur, Darien Odessa, Stalingrado verranno eliminate, così come ogni stabilimento di produzione in Cina e in Unione Sovietica"
📖: "Truman, in 1952 Memos, Considered Nuclear Strike" New York Times, 3 August 1980, p.22, in Lexis-Nexis, web.lexis-nexis.com
🔺Il 31 marzo del 1953, durante una riunione del Consiglio di Sicurezza degli USA, il Presidente Eisenhower trattò la questione dell'utilizzo delle armi atomiche, affermando che, nonostante la mancanza di obiettivi tattici, l'utilizzo di armi atomiche potrebbe "valerne il costo qualora gli USA potessero ottenere una vittoria sostanziale sulle forze comuniste", e John Foster Dulles, al tempo Segretario di Stato, affermò di concordare con Eisenhower che "il tabù che circondava le armi nucleari andava distrutto"
📖: "For Eisenhower, 2 Goals if Bomb was to be Used" New York Times, 8 June 1984, p. A8, in Lexis-Nexis, web.lexis-nexis.com.
🔺Il 20 maggio del 1953, sempre durante una riunione del CDS, Eisenhower concluse che se gli Stati Uniti desideravano perseguire un'azione "più positiva" sulla Corea del Nord, la guerra doveva estendersi oltre la Corea e che sarebbe stato necessario utilizzare armi atomiche.
📖: "For Eisenhower, 2 Goals if Bomb Was to Be Used" New York Times, 8 June 1984, p. A8, in Lexis-Nexis, web.lexis-nexis.com.
🔺Il 21 maggio del 1953, il Segretario di Stato degli USA, in un colloqui con il Primo Ministro dell'India, affermò che se i negoziati per l'armistizio fossero falliti, gli Stati Uniti "avrebbero condotto uno maggior sforzo militare", che avrebbe esteso l'area del conflitto, lanciando una "velata" minaccia ai comunisti cinesi.
📖: Bernard Gwertzman, "U.S. Papers Tell of '53 Policy to Use A-Bomb in Korea" New York Times, 8 June 1984, p. A8, in Lexis-Nexis, web.lexis-nexis.com.
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⚠️ THE UNITED STATES HAD THOUGHT ABOUT USING NUCLEAR WEAPONS AGAINST KOREANS AND CHINESE DURING THE KOREAN WAR ⚠️
❗️During the Korean War, the United States - in addition to having committed unspeakable crimes, such as the dropping of 400,000 bombs on Pyongyang, which destroyed 75% of the area - also thought about the use of the atomic bomb:
🔺 On July 17, 1950, General Douglas MacArthur told US Army Department officials in Tokyo about his plan for an amphibious invasion to "destroy North Korea", claiming he saw a "use of an atomic bomb. , to deliver a devastating blow ".
📖: Bruce Cumings, "Introduction: The Course of Korean-American Relations, 1943-1953," in Bruce Cumings, ed., Child of Conflict: The Korean-American Relationship 1943-1953 (Seattle: University of Washington Press, 1983) , p. 53.
🔺On December 9, 1950, MacArthur also requested the "Commander's Discretion" for the use of atomic weapons.
📖: Bruce Cumings, The Origins of the Korean War: Volume II, The Roaring of the Cataract 1947-1950 (Princeton: Princeton University Press, 1990), p. 750.
🔺On December 24, 1950, MacArthur sent a list of targets to the Pentagon and asked that 34 atomic bombs be used to "create a streak of radioactive cobalt across the neck of Manchuria so that there could not be an invasion of Korea from North for at least sixty years "
📖: Stanley Weintraub, MacArthur's War: Korea and the Undoing of an American Hero (New York: Simon & Schuster, 2000), pp. 263-264; Bruce Cumings, The Origins of the Korean War: Volume II, The Roaring of the Cataract 1947-1950 (Princeton: Princeton University Press, 1990), p. 750; Peter Hayes, Pacific Powderkeg: American Nuclear Dilemmas in Korea (Lexington: Lexington Books, 1991), pp. 9-10.
🔺On January 27, 1952, in a private handwritten memorandum, President Truman considered the possibility of a nuclear escalation to end the stalemate in the "ceasefire" talks in Panmunjeom - "that means total war. It means that. Moscow, St. Petersburg, Mukden, Vladivostok, Beijing, Shanghai, Port Arthur, Darien Odessa, Stalingrad will be eliminated, as will all manufacturing plants in China and the Soviet Union "
📖: "Truman, in 1952 Memos, Considered Nuclear Strike" New York Times, 3 August 1980, p.22, in Lexis-Nexis, web.lexis-nexis.com
🔺On March 31, 1953, during a meeting of the US Security Council, President Eisenhower addressed the issue of the use of atomic weapons, stating that, despite the lack of tactical objectives, the use of atomic weapons could "be worth the cost if the US could achieve a substantial victory over Communist forces, "and John Foster Dulles, then Secretary of State, said he agreed with Eisenhower that" the taboo surrounding nuclear weapons was to be destroyed. "
📖: "For Eisenhower, 2 Goals if Bomb was to be Used" New York Times, 8 June 1984, p. A8, in Lexis-Nexis, web.lexis-nexis.com.
🔺On May 20, 1953, also at a CDS meeting, Eisenhower concluded that if the United States wished to pursue "more positive" action on North Korea, the war had to extend beyond Korea and that nuclear weapons would have to be used. .
📖: "For Eisenhower, 2 Goals if Bomb Was to Be Used" New York Times, 8 June 1984, p. A8, in Lexis-Nexis, web.lexis-nexis.com.
🔺On May 21, 1953, the US Secretary of State, in talks with the Prime Minister of India, stated that if the armistice negotiations failed, the United States "would conduct a greater military effort", which it would have extended the area of ​​the conflict, launching a "veiled" threat to the Chinese Communists.
📖: Bernard Gwertzman, "U.S. Papers Tell of '53 Policy to Use A-Bomb in Korea" New York Times, 8 June 1984, p. A8, in Lexis-Nexis, web.lexis-nexis.com.
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Quale immagine associata al presidente della Repubblica e al dramma delle foibe era così disturbante da essere coperta da Facebook?
Un revisionista dell'ANPI?
Un comunista che fucila dei partigiani perché sono cattolici?
Centinaia di uomini, donne e bambini giustiziati perché italiani?
Dei cadaveri vilipesi e appesi a testa in giù?
Cosa potrà mai aver pubblicato un quotidiano online, regolarmente registrato, di così crudo da essere oscurato?
Ecco la risposta, a voi le conclusioni:
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Cina, 30 anni dopo Tienanmen il regime continua a uccidere Sono passati esattamente 30 anni dalla strage di Piazza Tienanmen e la Cina comunista continua ad uccidere.
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corallorosso · 3 years
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Revisionisti e sdoganatori del fascismo intorno a Draghi di Giorgio Cremaschi. Il fascismo pericoloso in Italia non è quello dei miseri e ridicoli Casapound, Forza Nuova e compagnia. Quelli è facile riccacciarli nei luoghi a loro più consoni, sotterranei, da cui a volte riemergono. Invece le crisi economiche e sociali da decenni producono da noi un ben più potente fascismo perbenista e istituzionale, fondato sull’anticomunismo e sull’uso intollerante e violento dell’ideologia liberale. La maggioranza silenziosa di Indro Montanelli negli anni 70, i pasdaran euroatlantici di oggi ne sono una manifestazione. Il quotidiano il Foglio è un esempio di questo fascismo, anche nel linguaggio. In un suo corsivo, il quotidiano fondato non a caso da Giuliano Ferrara, fanatico di Renzi prima e di Draghi oggi, insulta lo storico Alessandro Barbero come uno squadrista di cento anni fa. Gli intellettuali del Foglio non trovano di meglio che sghignazzare sul cognome dello storico, e di accostarlo al fiasco di vino. Roba che anche Il Bagaglino farebbe fatica a digerire. Ma qual è la colpa del grande studioso che per Il Foglio sarebbe un avvinazzato? Quella di aver difeso la realtà storica e Tomaso Montanari sulle foibe. Quest’ultimo aveva affermato una semplice verità. Che se è vero che le foibe ci sono state, come altre vendette e uccisioni nel dopoguerra in Europa, dopo la sconfitta del nazifascismo; questo non autorizza a metterle sullo stesso piano dei crimini e degli orrori di Hitler, Mussolini e dei loro seguaci. Gli italiani, con l’esercito regolare e con le camice nere sono colpevoli della morte di trecentomila jugoslavi, nel milione assassinato dai nazisti. La stima più larga delle foibe arriva a 5000 morti. Un fatto orribile, ma che non può essere messo sullo stesso piano dello sterminio nazifascista e non solo per per una questione di numeri. Ma perché il potere italiano, fino a quando ha potuto, nei suoi confini ha violentemente oppresso, e negato persino il diritto alla identità e alla vita, alle popolazioni slave. Quattro milioni di tedeschi sono stati espulsi dalla Polonia nel 1945, anno in cui gli inglesi distrussero l’inerme Dresda con 80000 morti. Ma in Germania non c’è l’equivalente della nostra revisionista e revanchista Giornata del Ricordo. Collocata non a caso l’11 febbraio, a ridosso di quel Trattato di Pace del 1947, con cui l’Italia fu giustamente punita per i venti anni di fascismo e per l’alleanza con il nazismo. Sono stati i fascisti a perdere Pola, Istria, Venezia Giulia. Si potevano ricordare i costi ed i disastri del fascismo e in questo contesto anche le vittime innocenti delle foibe. Invece si è scelto un giorno che equilibrasse il 27 gennaio, in cui tutto il mondo ricorda Auschwitz, e magari anche il 25 aprile. Una scelta politica di legittimazione del neofascismo, voluta dalla destra assieme al PD e al centro sinistra nel nome di quella “memoria condivisa” di Ciampi che non aveva nulla della verità storica, ma che è stata solo una operazionè politica. Il cui scopo era quello di dare altre basi ideologiche alla seconda repubblica berlusconiana, rispetto a quelle antifasciste della prima. Questo tema ha sollevato Tomaso Montanari e contro di lui si è scatenato un linciaggio mediatico, promosso dalla fascista Giorgia Meloni, nel quale si sono accodati e distinti renziani, leghisti, liberali vari. Si è arrivati a chiedere le sue dimissioni da rettore dell’Università per stranieri di Siena. La prima volta dal fascismo che in Italia importanti forze politiche chiedono di colpire la libertà universitaria. Tutto un mondo intellettuale finto progressista ed autenticamente reazionario, come Aldo Grasso sul Corriere della Sera, ha insultato Montanari e chi sosteneva la sua tesi. Comunisti pentiti, reazionari impenitenti, europeisti degradati si sono trovati uniti nel condannare il rettore di Siena. E tanti altri illustri democratici hanno vilmente taciuto. Ed ora il Foglio tira fuori tutto il suo schifo contro uno dei più valenti e riconosciuti storici del nostro paese. E il bello è che tutti costoro ogni giorno si alzano a difendere scienza e cultura; però quando la cultura li contraddice diventano come i NoVax. Il fatto vero è che la maggioranza che sostiene Draghi ha come proprio pilastro l’ideologia della Giornata del Ricordo. È grazie ad essa che gli antifascisti a targhe alterne del PD e i reazionari della Lega possono governare assieme, presentandosi alle elezioni come alternativi. Di un certo tipo di fascisti oggi il governo ha bisogno. Sono i fascisti di Draghi.
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abr · 11 months
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Ti sbagli: gli italici GIOCANO DI ANTICIPO.
Come? O son comunisti, quindi scendendo in piazza a fianco di Hamas ooopps del Popolo Palestinese con tutti i distinguo del caso, contro i CRIMINI DI GUERRA (sic !!!!!) di Israele.
Oppure recuperando dalle tarme le divise da Balilla del nonno, senza far coming out antiebbraico (una di queste mi fa: guarda che io ci ho anche delgi amici ebrei! Come si diceva per i neri o gli omo, prima di dire che han rotto le palle) ma ululando comunque a mani alzate disarmate: "i bambini son tutti innocenti uguali - mo' o segno - quindi né con gli arabi ma nemmeno con gli israeliani".
Siamo furbacchioni noi, eredi del callido Ulisse, quello cui Polifemo promise di mangiarlo per ultimo: intanto qualcosa si scova.
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toscanoirriverente · 4 years
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Chi è Emma Bonino?
Fu Marco Pannella, suo mentore, a dirle la cosa più cattiva, a demolire il suo protagonismo autocelebrativo. Emma Bonino, infatti, aveva appena annunciato che lei «aveva un tumore» ma che avrebbe eroicamente continuato le sue battaglie eccetera; e allora Marco, al Corriere Della Sera, disse così: «Io di tumori ne ho due», e il resto della frase (frase pannelliana, riportarla tutta brucerebbe l'articolo) stava a dire: ho due tumori e non rompo i coglioni, perché ci vuole coraggio. Poi d'accordo, i due erano in dissidio politico.
Ma poi Pannella per quei tumori ci è morto, e resta politicamente immortale, la Bonino è viva ma politicamente è morta. Non esiste più. Non rappresenta più niente, le nuove e semi-nuove generazioni non sanno chi sia. Lei di questo non ha percezione, e sono cose che succedono a certi anziani pieni di sé, fa un po' pena, e speriamo che lei non legga questo articolo.
Lo scriviamo a margine della presunta notizia che Emma Bonino e Benedetto Della Vedova hanno lasciato +Europa, che non è un canale televisivo ma uno dei partitelli riformatisi dopo il Big Bang dello storico Partito Radicale. La Bonino ha ventilato l'ipotesi di dimettersi da senatrice (ventilato e basta) mentre Benedetto Della Vedova, per cui lo scrivente ha la massima stima, e che di +Europa era il segretario, ha abbandonato la poltrona anche perché è diventato sottosegretario agli Esteri del governo Draghi. Nota: al prossimo congressino del partito, la Bonino e Della Vedova sarebbero stati fatti fuori lo stesso.
LE LOTTE
Ora, nel proseguire una cosiddetta narrazione su Emma Bonino, si tratta di far convivere il rispetto per le sue battaglie civili (condivise perlomeno da una parte di italiani e di lettori) con la trasformazione di Emma Bonino anzitutto in una donna di potere (tendenza voltagabbana) inconsapevole di essere perlopiù una reliquia di se stessa e della sua arroganza.
Che fatichi a scendere dal proprio piedistallo è anche comprensibile. È stata una figura storica del femminismo italiano (quello vero) e più volte parlamentare, europarlamentare, Commissario europeo dal 1995 al 1999 (molto apprezzata) e ideatrice della Corte penale internazionale, delegata per l'Italia all'Onu, ministra del commercio internazionale, nel 2011 fu l'unica italiana inclusa da Newsweek tra le «150 donne che muovono il mondo», dopo Pannella è stata l'unica a veder ribattezzare una lista col suo nome («Lista Bonino») e a prendere anche dei voti.
Da principio fondò associazioni abortiste e praticò personalmente aborti quando ancora erano illegali, cosa per cui molti cattolici la odiano ancora. Marco Pannella la trasformò in parlamentare a soli 28 anni. Partecipò alla disgraziata campagna contro il capo dello Stato Giovanni Leone, chiedendogli scusa quando lui compì 90 anni.
Compartecipò a tremila iniziative per combattere la fame nel mondo, si fece arrestare dai comunisti polacchi per il suo sostegno a Solidarnosc, fece approvare mozioni contro le mine anti-uomo che mutilavano i civili, contribuì a istituire il Tribunale internazionale per i crimini nell'ex Jugoslavia, incontrò il Papa, il Dalai Lama, fu segretaria del Partito Radicale quando ancora esisteva, riuscì a farsi appoggiare dal governo Berlusconi per diventare commissario europeo, sconfinò in cento Paesi messi sotto embargo o colpiti da feroci dittature, contribuì a ridimensionare i disastri compiuti dal commissario europeo antidroga Pino Arlacchi, fece propaganda contro le mutilazioni genitali femminili (infibulazioni) e poi tornò alla politica romana, si candidò qua e là: la Bonino ne ha fatta una più del diavolo e di Marco Pannella, stratega di ogni cosa ma sempre un passo indietro.
Pannella non diventò mai un uomo di potere, lei sì. Pannella non scese mai a compromessi, lei sì. Anche così ottenne incarichi e divenne «Emma for President». Lei probabilmente non rinnegherebbe nulla, ma non le piacerebbe che ri-mostrassero le foto in cui praticava aborti con una pompa per bicicletta e aspirava il feto in un barattolo di marmellata.
Non le piacerebbe dover rispiegare come potè fare il ministro nel centrosinistra dopo esser stata eletta nel centrodestra. Come potè, cioè, essere eletta coi berlusconiani e prenderne i voti, lasciare il seggio per fare il commissario europeo sino a rientrare a Roma sulla sponda del centrosinistra, e passare a sostenere Romano Prodi che le offrì un ministero. E, anni dopo ancora, diventare una delle più convinte sostenitrici di Mario Monti e dell'ingresso della Turchia in Europa.
L'AUTO BLU
Marco Pannella, negli ultimi tempi (suoi), di lei disse il peggio: «Ho parlato coi medici del suo tumore, e posso dire che non ha motivo per essere allarmata Il suo problema è quello di far parte del jet set internazionale Io vado in giro a piedi o in taxi, non ho auto nera o blu». Sempre negli ultimi tempi (suoi), Pannella disse che «Io e lei non ci consultiamo, non ci sentiamo mai, con me non parla Sono intervenuto io per farla inserire nel governo Letta, in tutte le sue nomine c'entravo sempre io. Lei invece lavora molto, ma mai con noi».
Poi c'è un episodio che per qualche radicale è uno spartiacque: vedere Emma Bonino festeggiare l'anniversario del Concordato a Palazzo Borromeo, questo dopo che aveva combattuto il Concordato per tutta la vita, da anticlericale militante. Sino a poco tempo prima, ogni 20 settembre, Emma festeggiava la Breccia di Porta Pia coi compagni anticlericali. Poi eccola presenziare all'anniversario della firma dei Patti Lateranensi all'ambasciata italiana presso la Santa Sede: c'erano le più alte cariche ecclesiastiche e naturalmente il segretario di Stato Vaticano.
Era ministro, certo, ma poteva mandare un sostituto. Ancora oggi, se andate sul sito dei Radicali, trovate tutto l'architrave della campagna storica contro i Patti Lateranensi e il Vaticano. I Radicali peraltro sono stati quelli che hanno portato al Parlamento Europeo il problema dell'Imu che il Vaticano non pagava.
Chi è Emma Bonino? È una signora che nel 1979 manifestò davanti all'ambasciata dell'Iran contro l'imposizione del chador alle donne iraniane: e che il 21 dicembre 2012 però era in Iran e indossava il velo per incontrare le autorità iraniane. È una signora che incontrò il Dalai Lama ma che restò zitta quando il governo Prodi, di cui faceva parte, nel 2006 rifiutò di incontrare il Dalai Lama per non contrariare gli amici cinesi. Chi è la Bonino? La risposta peggiore è quella attuale, del 2021, perché non fa che riformulare la domanda: Emma Bonino? Chi è?
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ninocom5786 · 1 year
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Ogni 25 aprile è la stessa e noiosa storia dei soliti revisionisti, negazionisti, opportunisti, doppi moralisti e non solo parlo dei fascisti.
Si ripete sempre la solita storia dei cosiddetti "anche i partigiani hanno commesso crimini", "tutti i partigiani antifascisti erano dei comunisti filosovietici", "partigiani e fascisti sono uguali", e via dicendo.
Il solito e squallido revisionismo storico che vuole mettere sullo stesso piano comunisti e fascisti in quanto estremisti. Questa retorica mi ha veramente rotto le ⚾️⚾️⚾️. È una retorica che da' ragione ai fascisti, riabilita e legittima il fascismo condannando e ripudiando la resistenza non solo dei comunisti che ne furono alla testa, ma anche dei socialisti, dei democratici, dei cattolici, ecc.
Ciò che i liberali dimenticano, negano e ancora perseverano è che essi hanno contribuito al fascismo di salire al potete con lo scopo di reprimere le lotte sociali dei lavoratori e delle lavoratrici. Essi negano o ignorano la loro collusione con la dittatura fascista per tale scopo e perseverano la collusione con i gruppi neofascisti che purtroppo ce li ritroviamo al governo. Inoltre, è ormai evidente la collusione dei liberali e dei "progressisti" con il regime di Kiev e con le bande armate neonaziste ucraine nella guerra in Ucraina (anziché sostenere movimenti antifascisti ucraini e milizie delle repubbliche separatiste anti neonaziste).
Dopo il 25 aprile, tutto viene dimenticato come se fosse superato totalmente. Purtroppo le cose si ripetono giornalmente: riorganizzazione dei gruppi fascisti sotto diverse forme, uso della violenza dello Stato e dei padroni contro le lotte sociali di lavoratori, sfruttati e studenti.
Non è con il gender fluid, con il multiculturalismo e con le retoriche umaniste si combattono il neofascismo e il neonazismo. Non si può essere antifascista se metti fascisti e partigiani comunisti sullo stesso piano. Non si può essere definiti tali se sostieni la "Resistenza" ucraina e i "ribelli" jihadisti in Siria e Libia. Bisogna saper sempre fare delle distinzioni e delle eccezioni in determinati contesti.
E l'unico errore del 25 aprile fu quello di posare i fucili.
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