#contributo civico
Explore tagged Tumblr posts
Text
Andrea Foco: un tributo a un Amministratore esemplare e appassionato. Il ricordo del Sindaco Abonante e del Presidente del Consiglio Comunale Malagrino
La città di Alessandria piange la scomparsa di Andrea Foco, storico esponente della sinistra locale e figura di grande rilievo nella vita politica e amministrativa del territorio. Il Sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, e il Presidente del Consiglio
Una vita dedicata alla comunità alessandrina.La città di Alessandria piange la scomparsa di Andrea Foco, storico esponente della sinistra locale e figura di grande rilievo nella vita politica e amministrativa del territorio. Il Sindaco di Alessandria, Giorgio Abonante, e il Presidente del Consiglio Comunale, Diego Malagrino, esprimono il loro profondo cordoglio, ricordandolo come un esempio…
#Alessandria#Alessandria Politica#Alessandria today#Amministrazione comunale#ANCI#Andrea Foco#associazione Memoria Benedicta#bilancio e finanze#commemorazioni Alessandria#comunità alessandrina#comunità locale#Consiglio Regionale Piemonte#contributo civico#cordoglio Alessandria#cultura della memoria#democrazia e libertà#Diego Malagrino#Educazione civica#eredità politica#esempio amministrativo#figure politiche Alessandria#giovani e democrazia#Google News#impegno istituzionale.#italianewsmedia.com#Lega Autonomie Locali#Memoria della Benedicta#Pier Carlo Lava#politica locale#progresso sociale
0 notes
Text
Noi Giovani
Ciao a tutti,
ci tenevo a farvi questo messaggio per ringraziarvi su quanto fatto durante questi 5 anni, ebbene sì sono passati ben 5 anni da quando è stata nominata questa commissione con me Presidente con lo scopo di far emergere una parte di Solbiate che purtroppo talvolta non viene considerata come dovrebbe essere considerata, ovvero quella di noi giovani.
Siamo stati una squadra MATURA poiché nonostante le differenze su linee “politiche” abbiamo comunque collaborato in modo onesto, trasparente e libero, indipendentemente dall’essere membri di maggioranza o minoranza, questa è stata la nostra forza e per questo ci tengo a ringraziarvi.
Non guardando l’aspetto politico ci siamo concentrati sull’aspetto concreto che grazie al contributo di questa commissione siamo riusciti ad ottenere, uno fra tutti è la VISIBILITÀ GIOVANILE nel nostro paese!
-Siamo stati la prima commissione ad essersi ritrovata dopo essere stata nominata
-Abbiamo dato l’esempio per ben 2 anni di COVID dove, pur di ritrovarci e progettare insieme le proposte, abbiamo fatto riunioni ONLINE
-Ci siamo messi in prima linea durante le varie manifestazioni dove abbiamo avuto l’opportunità di dare voce al nostro pensiero, cosa non scontata al giorno d’oggi
-Abbiamo consegnato personalmente le Costituzioni in mano ai neo 18enni facendo un servizio civico di grande importanza, avvicinandoli a fare del bene a loro volta
-Abbiamo progettato insieme il famoso “CALISTHENICS”, creando uno spazio che ora è il ritrovo per molti ragazzi e ragazze che prima erano lì in strada
-Abbiamo supportato l’iniziativa della cooperativa TOTEM per rendere più bella la nostra AREA feste
Ma soprattutto abbiamo ragionato in modo UNITO che è stata la chiave del nostro successo, poiché se anche solo un/a bambino/a o ragazzo/a si ritrova con una alternativa rispetto alla sua routine quotidiana, un po’ è grazie anche a noi e di questo ne dovete andare fieri rimanendo umili, voi sapete ciò che avete fatto e vi assicuro che ripensandoci sarete appagati di questo!
Grazie membri della Commissione
Il vostro presidente
Andrea Pizzolante
"Su una parete della nostra scuola c'è scritto grande: I CARE. E' il motto intraducibile dei giovani americani migliori. "Me ne importa, mi sta a cuore".
Don Lorenzo Milani
2 notes
·
View notes
Text
È morto Gianni Battistoni, un pezzo di storia del commercio romano
Con Gianni Battistoni si chiude un'epoca di stile ed eleganza, il suo negozio in via Condotti era un punto di riferimento per la città di Roma, un salotto per chi cercava capi raffinati e griffati. "La sua boutique era un salotto per alcuni rappresentanti delle istituzioni e politici che si riunivano a pochi passi da piazza di Spagna, non solo per parlare di abiti, ma anche per discutere e confrontarsi per prendere decisioni importanti per il Paese" sostiene Stefano Dominella, presidente della maison Gattinoni. "Come presidente dell'Associazione Via Condotti - prosegue Dominella - aveva fatto moltissimo per la città di Roma e soprattutto per quella storica via a cui aveva dato lustro con iniziative che promuovevano sempre con intelligenza, curiosità e garbo il nostro made in Italy". Anche Alessandro Onorato, Assessore allo Sport, Turismo, Moda e Grandi Eventi di Roma Capitale, ha voluto ricordare Gianni Battistoni. "Provo profondo dolore - ha dichiarato - per la scomparsa di Gianni Battistoni, un caro amico con il quale negli ultimi anni ho condiviso il percorso di impegno civico. È stato un indiscusso protagonista dell’imprenditoria romana. Ha dimostrato un amore infinito verso la nostra città: l’ha vista cambiare dai tempi della Dolce Vita a oggi e ne è rimasto sempre innamorato. È stato un’eccellenza italiana, che ha reso grande l’immagine di Roma in tutto il mondo, tanto che la celebre maison Battistoni viene anche portata ad esempio nel film americano 'Il talento di Mr Ripley'. Roma ha il dovere di custodire e di tramandare la sua eredità: a Gianni renderemo il giusto omaggio della città. Un grande abbraccio alla famiglia". "Ci lascia un rappresentante della nostra città, adorava Roma, ma soprattutto la sua via Condotti. E' stato uno straordinario presidente dell'Associazione via Condotti che ha saputo sempre gestire impartendo consigli e suggerimenti. A Gianni Battistoni devo la 'nomina' alla guida dell'Associazione Via Borgognona. Da lui ho imparato molto, soprattutto la passione per Roma. Una città unica al mondo, non da difendere, ma semplicemente da rispettare", ha dichiarato Anna Fendi. "La morte di Gianni Battistoni è una notizia molto triste per Roma" dice il sindaco della Capitale Roberto Gualtieri. "Ci mancheranno il suo innato spirito imprenditoriale, il suo amore per la città e il tenace impegno civile per la difesa e il decoro del centro storico. L’abbraccio mio personale e di tutta l’amministrazione va alla famiglia e ai suoi cari". Il cordoglio dei residenti del centro La scomparsa di Gianni Battistoni, dice Viviana Piccirilli Di Capua, dell'Associazione Abitanti Centro Storico Roma, "lascia un vuoto nel cuore di Roma". "Uno degli ultimi rappresentanti di un commercio che ormai sta scomparendo. Guidato dall'amore per la città, è stato un uomo molto determinato nel condurre le sue battaglie per salvaguardare il decoro del centro storico. Avevamo visioni diverse ma miravano allo stesso obiettivo: il bene di Roma". "Voci diverse, ma strade parallele: entrambi abbiamo cercato, sollecitando gli amministratori a fare sempre meglio, di dare il nostro contributo per rendere più decorosa questa nostra città", conclude. Read the full article
0 notes
Text
Incontaminate Radici Vesuviane
Ospitata al piano nobile della residenza vanvitelliana, la mostra, a cura di Salvatore Marciano, con il contributo di Matilde Di Muro, è lo stilema delle nostre radici vesuviane di Stanislao Scognamiglio ERCOLANO | CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLI – Le sale dell’appartamento storico della settecentesca Villa Campolieto, splendida perla del Miglio d’Oro, al civico 283 di Corso Resina in Ercolano,…
#Ercolano#Incontaminate Radici Vesuviane#Marciano Arte#Matilde Di Muro#Salvatore Marciano#Villa Campolieto
0 notes
Text
Il Comune di Olevano Romano si appresta a commemorare, sabato 16 dicembre, l'anniversario della scomparsa di Carlo Riccardi con una mostra straordinaria che rende omaggio alla vita e al lavoro del celebre fotografo e pittore italiano. L'evento, intitolato "Lo sguardo e l'istante, Carlo Riccardi e Olevano Romano", è un'occasione imperdibile per immergersi nell'anima e nelle testimonianze visive che hanno caratterizzato il legame indissolubile tra l'artista e la sua città natale. Nato nel 1926 proprio a Olevano Romano, Carlo Riccardi è stato un vero osservatore della società italiana, catturando con maestria gli aspetti più significativi e coinvolgenti di un'epoca cruciale della storia del Paese. Dagli splendori della grande stagione cinematografica degli anni Cinquanta e Sessanta alle lotte sociali e politiche che hanno segnato l'Italia, Riccardi ha saputo immortalare con la sua arte ogni sfumatura di una realtà in continua trasformazione. A un anno dalla sua dipartita, il Comune di Olevano Romano ha deciso di onorare la memoria di Carlo Riccardi attraverso una collezione esclusiva di fotografie, scattate tra il 1950 e il 1965, incentrate sulla città di Olevano Romano, i suoi abitanti e i loro mestieri, quali la raccolta delle olive e la vendemmia. Questa straordinaria esposizione, curata da Francesca Tuscano e organizzata in collaborazione con il Museo Civico d'Arte di Olevano Romano, l'Archivio Riccardi, e Giovanni Currado, rappresenta un viaggio emozionale nella storia e nell'identità della cittadina attraverso gli occhi sensibili di un maestro della fotografia. L'inaugurazione, prevista per le 17.30 nell'Aula Consiliare "Helga Rensing" del Comune, sarà un momento di commossa commemorazione alla presenza di illustri personalità, tra cui il Sindaco di Olevano Romano, Umberto Quaresima, il Vice Sindaco Silvia Viti, l'Assessore alla Cultura Maria Sofia Antonelli, il Presidente dell'Associazione AMO Serafino Mampieri, la Direttrice del Museo Civico d'Arte di Olevano Romano Francesca Tuscano, il Presidente dell'Archivio Carlo Riccardi Maurizio Riccardi e lo Storico della Fotografia Alberto Manodori Sagredo. La mostra, che resterà aperta fino al 7 gennaio 2024, sarà un tributo tangibile all'eredità artistica di Carlo Riccardi, consentendo ai visitatori di apprezzare l'immenso contributo di quest'uomo straordinario all'arte e alla cultura della sua amata città. Per chi desidera partecipare, l'Aula Consiliare "Helga Rensing" del Comune di Olevano Romano sarà aperta dal martedì alla domenica con orario continuato dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 14:00 alle 18:00. Si osserveranno le chiusure straordinarie il lunedì, così come durante il periodo festivo il 24, 25, 26 e 31 dicembre, oltre al 1 e 6 gennaio. L'ingresso sarà gratuito. Informazioni aggiuntive possono essere ottenute inviando una email a [email protected].
0 notes
Text
23 ott 2023 11:53
"VI RACCONTO I MIEI 42 ANNI CON MARCO PANNELLA, TRA NOTTI INSONNI E DIGIUNI. A UN CERTO PUNTO, ERO ESAUSTA, ME NE ANDAI” – PARLA MIRELLA PARACHINI, GINECOLOGA, CHE AVEVA 19 ANNI QUANDO CONOBBE IL LEADER RADICALE, ALLORA 44ENNE: "ERA IL MIO GRANDE OMBRELLO PROTETTIVO. MA NON ERAVAMO UNA COPPIA TIPICA. PER ME ERA UNO CHOC QUANDO SMETTEVA DI MANGIARE E DI BERE, NEGLI ULTIMI ANNI, LUI EVITÒ DI DIRMELO. SCIOPERAVA E NON LO SAPEVO" – E POI LA LEGGE SULL'ABORTO, PAPA WOJTYLA, IL RAPPORTO DI PANNELLA CON MIMUN (“GLI ULTIMI GIORNI DI MARCO CI PORTAVA LA SPESA”) E VASCO ROSSI… -
Ilaria Sacchettoni per https://www.corriere.it/sette/ - Estratti
L’inconfondibile capigliatura bianca incurvata verso un sorridente Luca Coscioni. Un unico scatto ritrae due simboli di una politica cucita su diritti ineluttabili eppure dibattuti. Una sola postura intellettiva, quella di Marco Pannella e del suo compagno di partito che, a dispetto della sclerosi laterale amiotrofica, marciò spedito verso solidarietà e affermazione di sé.
La foto (gigante) dei due marca il territorio al civico 64 di via di San Basilio a Roma sede dell’«Associazione Luca Coscioni» dove Mirella Parachini, nata in Belgio nel 1954, ginecologa, compagna storica del leader radicale, si affaccia spesso. Sandali basici e pratico taglio di capelli, Parachini è disponibile a flemmatiche rivelazioni e commenti appuntiti.
Quarantadue anni assieme a «Marco», l’uomo dalle cinquanta Gauloise al giorno, speaker torrenziale e non violento inesauribile, il cui profilo aquilino spicca nella sala universitaria del penitenziario di Rebibbia, difficile da rimpiazzare in epoche attraversate da populismo giudiziario.
(...) «Marco era la mia famiglia, il grande ombrello di protezione sotto il quale mi sono rifugiata per anni» spiegherà lei, con lessico intimo, nel corso della conversazione. C’è tuttavia un prologo dal quale Pannella è assente ed è l’età della formazione di Parachini, della lenta assimilazione dei grandi temi delle campagne civili non necessariamente radicali ma globali diremmo oggi.
La formazione
Il medico esperto nella faticosa applicazione della legge 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza fu, inizialmente, una furibonda sostenitrice dell’obiezione di coscienza antimilitarista. «Appena sbarcata al Partito radicale non sapevo cosa volesse dire la parola aborto» confida. «Non era una cosa di cui si parlasse (la legge è del 1978 ed è uno spartiacque, ndr )».
Al contrario da adolescente curiosa presidiava, assieme al fratello Rolando manifestazioni e iniziative dei radicali contro la guerra.
(...)
E il 5 marzo 1974 anche lei, come Cicciomessere, Adele Faccio, Emma Bonino e altri ancora varcò la porta di casa Pannella, un appartamento in via della Panetteria, dietro Fontana di Trevi. Lei aveva diciannove anni. Lui quarantaquattro. Venticinque anni di differenza che hanno pesato solo una volta e all’incontrario confida Parachini: «Nel ‘96 venni via dalla casa di via della Panetteria. Ero esausta. I ritmi di Marco mi avevano messo alla prova. Rientravo dall’ospedale dove lavoravo e lo trovavo con altri compagni in pieno fermento creativo tra comunicati da diffondere e fax da inviare. E il mio bisogno di riposare? Presi una casa in via Giulia: la prima notte lui venne a dormire da me. L’ho detto: era la mia famiglia».
Il ‘74 dunque. Pannella, già giornalista a Parigi, era rientrato a Roma per dedicarsi alla militanza: «Quando lo conobbi mi si aprì il mondo. Come quando fui incaricata di chiedere a Jean-Paul Sartre un contributo e a Simone De Beauvoir un articolo da pubblicare per il numero zero del nuovo quotidiano radicale Liberazione . Allo stesso modo potevo trovarmi a cenare con Sciascia. Restavo rigorosamente in silenzio ma ascoltavo e ascoltavo. Nel ‘79 Marco gli propose una candidatura, lui chiese: “Quanto tempo ho per riflettere ? E dopo aver fumato una sigaretta rispose: “Sei venuto perché sapevi che la porta era aperta».
Parachini, intanto, faceva le sue scelte. Assistette quasi per caso al suo primo parto con epidurale («Una esperienza bellissima») e ne uscì con convinzioni granitiche: «Mi dissi: è quello che voglio fare». Poi, la vita è piena di compromessi e a Parachini toccherà occuparsi essenzialmente dell’applicazione della legge sulla interruzione volontaria di gravidanza presso uno degli avamposti di maggiore efficienza a Roma, il San Filippo Neri, lasciato qualche anno fa con la pensione. «Prima però vi furono gli anni della pratica all’ospedale di Terracina. Inizialmente, in realtà, ero al consultorio. Poi entrai. Voglio solo dire che quando si sono voluti implementare i servizi a favore della donna è stato. Mi pesa il piagnisteo di molte colleghe sulla mancata applicazione di questa legge così importante. C’è quasi un pregiudizio al contrario. Ricordo un’intervista per una televisione straniera nella quale fui censurata per non aver descritto un’Italia simile alla Polonia...».
Oggi l’associazione Coscioni prosegue la battaglia a sostegno di donne che hanno avuto una diagnosi prenatale infelice e che dunque vorrebbero abortire oltre i termini previsti dalla legge (tra le altre cose hanno lanciato la piattaforma Freedom leaks attraverso la quale è possibile segnalare in forma anonima la propria esperienza) in caso di malformazioni fetali.
Il corpo del leader
Parachini è quella che si definirebbe con termine generico una donna «impegnata», in grado di comprendere una totalizzante dedizione agli ideali. Eppure la fisicità, quasi corporeità della militanza politica di Marco Pannella è stata, a suo dire, compagnia intollerabile. Ci sono modi differenti di utilizzare il proprio corpo in politica. Pannella fu leader generoso nella affermazione dei principi della non violenza e attorno a sé organizzò metodi di lotta estremi e rivoluzionari. Parachini soffriva molto di tutto ciò: «Non avevo margine di trattativa» dice. «Lui era pienamente consapevole di mettere a rischio la propria vita. Io comprendevo però non mi abituavo.
Ricordo lo sciopero della fame per aumentare le risorse da destinare ai Paesi dell’Africa piegati dalla fame. Una battaglia che, lentamente, lo avvicinò a Papa Woityla. Per quanto mi riguarda era uno choc. Ricordo che tutto si fermava all’improvviso. Avevo i miei impegni ma smettevo di fare quelle piccole cose che, per quanto ininfluenti, mi parevano inappropriate. Perfino andare in palestra sembrava inopportuno». Nel 1985 il mondo tacque per assistere al Live Aid di Usa for Africa la più grande raccolta di fondi a memoria di fans. Due palchi, uno statunitense e l’altro europeo (il celebre Wembley stadium di Londra) proiettarono immagini di Bod Dylan come di Freddie Mercury, di Michael Jackson, Ray Charles, Paul Mc Cartney, Stevie Wonder, Andy Bono più altre star universali. La solidarietà era rock. Pannella anticipò prima e cavalcò poi questa onda di partecipazione. Nessuno, neppure i suoi medici erano in grado di prevedere quanto avrebbe potuto resistere.
In particolare lo sciopero della sete faceva balenare lo spettro di severe complicazioni renali. Parachini sopportava faticosamente: «Quegli scioperi mi hanno toccata anche dal punto di vista medico, assistevo come altri, alcuni dei quali luminari come Alessandro Beretta Anguissola o come Claudio Santini, a quella iniziativa estrema. Venne il momento, negli ultimi anni, in cui Marco evitò di dirmelo. Scioperava e non lo sapevo».
Una relazione resistente e delicata assieme quella tra Marco e Mirella: «Non c’è mai stato un patto matrimoniale preliminare» svela «non eravamo una coppia tipica. Marco ripeteva che il matrimonio fra due persone sarebbe dovuto avvenire alla fine di un percorso assieme anziché all’inizio. Credo avesse ragione».
Oggi lei, che da dieci anni ha un altro compagno, ricorda il suo congedo dall’uomo che rappresentava la sua famiglia appunto: «Ero in ospedale quando Marco morì. Aveva un tumore diffuso. “Ho due tumori” ripeteva lui gradasso» sorride. «Mi telefonarono per dirmelo e io in un momento consolatorio ricordo un abbraccio con la anestesista che era lì. Gli ultimi giorni furono scanditi dal viavai in via della Panetteria. Ricordo Clemente Mimun che ci portava la spesa, le mozzarelle... C’erano incontri. Laura Hart e Matteo Angioli lo accudivano. Venne Vasco Rossi».
Lui e Vasco
Il «Blasco» raccontò poi al Corriere la sua fratellanza con Pannella. «Vuol sempre candidarmi» rivelò «ma io so fare solo il mio di lavoro». Mai entrato nell’elenco dei candidati celebri (Cicciolina, Toni Negri, Leonardo Sciascia) del leader radicale, l’autore di Vita spericolata ha più volte testimoniato il suo affetto nei confronti di Pannella.
Rammarichi? Malinconie? «Mi dispiace per quello che con un eufemismo definirei scarso interesse del nostro tempo ed esecutivo nei confronti delle carceri. E’ difficile pensare che Marco rimarrebbe in silenzio nei confronti di questo ordinario massacro di legalità operato da chi, di fronte ai detenuti, suggerisce di “buttare via la chiave”...».
0 notes
Text
Le Quattro Giornate di Napoli (quasi un diario)
“Le quattro giornate di Napoli (quasi un diario)”. Questo il titolo della presentazione del omonimo libro scritto dal presidente province dell'Anpi Napoli, Ciro Raia. Il libro è stato presentato presso la sede della Slc Napoli e Campania, al centro Direzionale. Le Quattro Giornate di Napoli (quasi un diario), l'evento e la presentazione L’evento è stato promosso da Sinagi, Associazione Merqurio, ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) e associazione QdN (Qualcosa di Napoli). I saluti sono stati di Emanuele Lastaria, segretario del Sinagi Napoli e Gianluca Daniele, segretario generale della Slc Cgil Napoli e Campania. L'introduzione, invece, è stata a cura di Francesco De Rienzo, segretario dell’associazione Merqurio. All’incontro hanno partecipato Berardo Impegno, presidente dell’associazione QdN e Ciro Raia, autore del libro e presidente ANPI Napoli. Ha moderato l'evento la giornalista Taisia Raio. Il libro “Le quattro giornate di Napoli (quasi un diario)” è un libro che racconta sotto forma di diario gli eroi e gli avvenimenti che nel settembre del 1943 permisero alla città di Napoli di liberarsi dall’occupazione tedesca. Un viaggio nella memoria di un periodo storico, in un certo senso, poco raccontato dal punto di vista dei "protagonisti". L'autore, che fa tutti i nomi possibili degli eroi combattenti, racconta giorno per giorno, quindi, tutte le rivolte e le tentate insurrezioni, fornendo di ogni partecipante quanti più dettagli sulla sua vicenda. Le parole dei protagonisti dell'evento «Il messaggio delle Quattro Giornate è sempre attuale, così come la capacità del popolo napoletano di reagire ai soprusi», così Gianluca Daniele ha aperto l'evento di presentazione del libro di Ciro Raia. Lo stesso presidente provinciale dell’Anpi, ha voluto sottolineare che: "il futuro non possa prescindere dalla nostra memoria. La vera resistenza è partita dal Sud e non dobbiamo mai dimenticarlo". Berardo Impegno, presidente dell’associazione Qdn, ha ricordato con le sue parole che "il movimento napoletano della resistenza sia stato un fronte compatto dimostrando un senso civico e di comunità che è importante ancora oggi". Emaunele Lastaria, segretario del Sinagi Napoli, ha ricordato come "Abbiamo voluto fare questa iniziativa perché riteniamo che in questo momento c'è un forte attacco alla memoria e alla libera informazione. Noi come Sinagi abbiamo fatto una battaglia per la libera informazione con iniziative come La notte delle edicole. Questi temi, la memoria e l'informazione libera, sono degli elementi fondamentali della nostra democrazia e con questa iniziativa cerchiamo di dare il nostro contributo in modo tale che in futuro possa portare avanti queste bellissime iniziative". Read the full article
0 notes
Link
Movimento civico Terni: sconfitti, ma pronto contributo crescita città
0 notes
Text
"Dance Well, movement research for Parkinson"
"Dance Well, movement research for Parkinson" è un progetto di ricerca e movimento per il Parkinson, che promuove la pratica della danza in contesti artistici e spazi museali ed è rivolta principalmente, ma non esclusivamente, a persone che vivono con questa patologia.Noi di Vortici.it vogliamo parlarvi di un progetto molto particolare e inclusivo. Parliamo di una pratica attivata, ideata e promossa da CSC Centro per la Scena Contemporanea di Bassano del Grappa dal forte valore aggregativo e inclusivo. Si rivolge a persone che vivono con il Parkinson, ai loro familiari, ai care givers, agli amici, ad operatori sanitari, a danzatori e coreografi, a chiunque voglia cimentarsi, a qualsiasi età, con la danza e la creatività in contesti di arte e cultura. Il progetto "Dance Well, movement research for Parkinson" dal 2013 si svolge regolarmente presso il Museo Civico bassanese, si basa sull’impatto salutare che la pratica artistica della danza, portata avanti in maniera regolare, può avere sul sistema neurologico, sulle prestazioni fisiche e sullo sviluppo delle persone affette da Parkinson. Questa pratica può portare beneficio alla vita delle persone, aiutandole a muoversi meglio e a creare legami sociali che combattono l’isolamento, migliorando lo stato d’animo. Ogni singolo incontro di Dance Well è per i partecipanti un’esperienza unica che coinvolge sia la sfera personale, si quella collettiva, infondendo fiducia tramite l’espressione del corpo e l’azione corale che, nei luoghi del bello, diventa artistica e liberatoria, come ci spiega chiaramente questo contributo: Per approfondire: Dance Well Noi danziamo con il Parkinson Dopo Dance Well, leggi gli altri articoli di Scienza Immagine di copertina: - Danza e cultura contro il Parkinson a Recanati(ANSA) Read the full article
0 notes
Text
Neoclassico e Romantico a Milano
Con la mostra Neoclassico e Romantico. Pompeo Marchesi, scultore collezionista, la Galleria d’Arte Moderna prosegue il percorso di valorizzazione dei nuclei più significativi del suo patrimonio artistico. L’esposizione, allestita nelle sale al piano terra della Villa Reale fino al 18 giugno 2023, è promossa dal Comune di Milano ed è curata da Omar Cucciniello, conservatore della Galleria d’Arte Moderna di Milano, come omaggio a Pompeo Marchesi (1783-1858), grande scultore dell’Ottocento, allievo di Canova, coetaneo e amico di Francesco Hayez e trait d’union nel passaggio dal Neoclassicismo al Romanticismo, nella Milano tra Impero napoleonico e Restaurazione. Questo evento segue le celebrazioni per il bicentenario della morte di Antonio Canova e prende spunto dal modello in gesso di Ebe di quest’ultimo, alla Galleria d’Arte Moderna, per ricostruire la raccolta dello scultore, artista di grande importanza per la storia del museo e delle collezioni artistiche del Comune di Milano. Tra i rarissimi modelli di Canova a non essere nella Gypsotheca di Possagno, Ebe giunse nelle collezioni civiche in seguito al lascito testamentario di Marchesi. Il percorso espositivo ricostruisce la vita e l’opera dello scultore, formatosi all’Accademia di Brera sotto gli auspici di Giuseppe Bossi e a Roma, sotto la direzione di Canova, ma resta strettamente legato alla città di Milano, dove negli anni della Restaurazione ottenne un grandissimo successo partecipando ai più importanti cantieri cittadini, dall’Arco della Pace al Duomo, e alla vita artistica, in qualità di professore dell’Accademia di Brera. Conosciuto come il Fidia meneghino, Marchesi fu definito da Stendhal “le sculpteur à la mode de Milan” nel romanzo La Certosa di Parma, ebbe commissioni da tutta Europa, da Vienna a Parigi a San Pietroburgo. Il suo atelier, ricostruito dopo un incendio grazie a una sottoscrizione della cittadinanza e inaugurato dall’imperatore d’Austria Ferdinando I, era uno dei luoghi alla moda della città, ricordato da Stendhal e Balzac, frequentato da artisti, scrittori, nobili e intellettuali, affrescato da Hayez e organizzato come un museo, dove radunò tutti i modelli in gesso e i bozzetti delle sue sculture, ma anche la collezione di opere d’arte raccolte durante gli anni. Alla sua morte lo scultore destinò i materiali dello studio non ai musei d’arte esistenti ma alla città di Milano, che all’epoca non disponeva di collezioni d’arte. Esposte in origine nella prima sede del Museo Artistico Municipale ai Giardini Pubblici, le opere della collezione Marchesi vennero suddivise tra i diversi istituti via via fondati, dal Museo Archeologico al Gabinetto dei Disegni del Castello alle biblioteche, che ancora oggi le conservano. La mostra intende quindi ricostruire la complessità della raccolta e la sua importanza per la nascita delle collezioni artistiche cittadine, avvalendosi del contributo degli istituti civici: il Gabinetto dei Disegni, la Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, la Biblioteca d’Arte, il Civico Archivio Fotografico, il Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco La mostra si rivela l’occasione per riflettere sull’origine della Galleria d’Arte Moderna e per annodare i fili della nascita delle collezioni municipali, ricostruendone la storia, le vicissitudini, gli spostamenti nelle diverse sedi e la creazione dei musei civici di Milano. Read the full article
0 notes
Text
Contribuire al Proprio Paese: Un'Analisi Poetica del Significato di Appartenenza e Impegno
La Poesia di Stella di Nadirov come Specchio di Una Giovane Generazione.
La Poesia di Stella di Nadirov come Specchio di Una Giovane Generazione. Biografia dell’Autore.Stella di Nadirov, giovane studente di primo livello presso l’Università Pedagogica Statale di Jizzakh, emerge come una voce fresca e riflessiva nel panorama della poesia contemporanea. Con uno stile diretto e genuino, Stella esplora temi universali come il dovere civico, la crescita personale e il…
#alessandria blog#Alessandria news#Alessandria today#autori emergenti#bandiera blu#contributo al paese#contributo alla collettività#Crescita Personale#Cultura#cultura giovane.#dovere civico#Futuro#giovani autori#Giovani generazioni#giovani poeti#giovani scrittori#Google News#Impegno civico#impegno personale#introspezione#ISPIRAZIONE#italianewsmedia.com#legame con il paese#media italiani#nuove voci#Patria#patriottismo#Pier Carlo Lava#Poesia#poesia contemporanea
0 notes
Text
Per me è un grande onore essere stato scelto come portavoce dall’Unione Cinghiali Romani, che mi ha affidato una dichiarazione ufficiale. E’ un momento storico, per la prima volta in televisione non parlano solo cani e porci, ma anche i cinghiali.
“Noi cinghiali romani condanniamo con fermezza il comportamento scorretto di una minoranza, che ruba le borse della spesa alle signore anziane. Si tratta di poche mele marce, metafora che usiamo con qualche dubbio perché non avete idea di quanto siano buone le mele marce.
Ma la grande maggioranza dei cinghiali a Roma si comporta con senso civico, dando un contributo decisivo allo smaltimento dei rifiuti. E sopporta con dignità le manifestazioni ostili e discriminatorie degli umani, che ci fotografano e ci filmano, con urla di raccapriccio in sottofondo, come se fossero arrivati gli zombie. Non siamo mostri, siamo maiali selvatici. Avete frequentato troppo i social e troppo poco i boschi, per capire come funziona il mondo.
Fino agli anni Novanta in Italia eravamo meno di centomila e vivevamo tranquilli nel bosco e nella macchia. Ogni scrofa partoriva, una sola volta all’anno, tre o quattro porcellini. Poi qualche genio della caccia ebbe l’idea di incrociarci con il maiale domestico e con i nostri cugini dell’Est Europa, specie molto più prolifiche di noi. Adesso, a causa dell’ibridazione, partoriamo due volte all’anno almeno dieci porcellini per volta. Noi non sappiamo far di conto, ma evidentemente neanche voi. Perché il risultato del vostro brillante intervento è che in Italia siamo diventati circa un milione e mezzo.
Poi avete abbandonato i campi. E la selva, che è il nostro habitat, si è estesa. E avete moltiplicato i vostri rifiuti, tonnellate di proteine, carboidrati, zuccheri parcheggiati in mezzo alla strada. Chiedetevi come mai preferiamo Roma a Stoccolma.
Ci chiamate specie infestante. Senti chi parla. Parlate tanto di Intelligenza Artificiale ma non siete neanche capaci di regolare le nascite. Presto sarete dieci miliardi. Per quanto ci riguarda, noi eravamo in quantità ragionevole e stabile, in equilibrio con l’ambiente. Siete voi che avete forzato la natura per avere più prede da impallinare.
Chissà se la pandemia vi ha insegnato qualcosa. Se modificate gli equilibri naturali, con la cecità e la fretta degli ingordi, ne pagherete il prezzo. Se affondate le vostre ruspe nella selva, dalla selva usciranno, in fila indiana, i virus e i piccoli mammiferi che ne sono i vettori. Se moltiplicate per venti gli esemplari di una specie, come avete fatto con noi cinghiali, la peste suina avrà venti volte più possibilità di diffondersi.
Quando ci vedete comparire sbarrate gli occhi, ma selvatico non vuol dire strano, o alieno. Selvatico dire che la vita sulla Terra non obbedisce a voi umani. Obbedisce alle leggi della natura. Nascere e prosperare è la regola, e vale per tutti gli esseri viventi del mondo, dagli infinitamente piccoli, come i virus, agli infinitamente affamati, come noi cinghiali.
Avete presente il grande cerchio della vita? A giudicare dalle vostre facce quando ci vedete comparire, si direbbe che no, non lo avete presente. Eppure è facile: tutto è connesso, la vita e la morte, la città e la foresta, la buccia di anguria che tracima dal cassonetto romano e il cinghiale che va a mangiarla. Solo voi umani, sempre più spesso, ci sembrate sconnessi."
- Michele Serra 👏🏼
34 notes
·
View notes
Text
Piero Calamandrei, "Discorso sulla Costituzione agli studenti di Milano del 26 gennaio 1955"
L’articolo 34 dice “I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.
Eh! E se non hanno i mezzi?
Allora nella nostra Costituzione c’è un articolo che è il più importante, il più importante di tutta la Costituzione, il più impegnativo, impegnativo per noi che siamo al declinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti a voi.
Dice così: “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese”.
E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo dpiero calamandreiella persona umana. Quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti. Dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’art. 1 “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, questa formula corrisponderà alla realtà.
Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e studiare e trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica, perché una democrazia in cui non ci sia questa eguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una eguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale. Non è una democrazia in cui tutti i cittadini siano veramente messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro migliore contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società; e allora voi capite da questo che la nostra Costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà; in parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno, un lavoro da compiere. Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinnanzi!...
Però vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove; perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. L’indifferentismo che è, non qui per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghi strati, in larghe categorie di giovani, un po’ una malattia dei giovani: l’indifferentismo. “La politica è una brutta cosa. Che me ne importa della politica?”
Ed io, quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda a un marinaio: - Ma siamo in pericolo?- E questo dice- Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda -. Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno e dice – Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda -. Quello dice – Che me n’importa? Unn’è mica mio!- Questo è l’indifferentismo alla politica.
E’ così bello, è così comodo, è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi di politica! Eh, lo so anche io, ci sono…Il mondo è così bello vero? Ci sono tante cose belle da vedere, da godere, oltre che occuparsi di politica!
E la politica non è una piacevole cosa: Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica…
Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra, metteteci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendersi conto (questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi nel mondo non è solo, non è solo, che siamo in più, che siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo.
Ora, vedete, io ho poco altro da dirvi. In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, tutte le nostre sciagure, le nostre glorie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli e, a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane… E quando io leggo nell’art. 2 “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”; o quando leggo nell’articolo 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, la patria italiana in mezzo alle altre patrie…ma questo è Mazzini! Questa è la voce di Mazzini! O quando io leggo nell’art. 8: “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”, ma questo è Cavour! O quando io leggo nell’art. 5: “la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”, ma questo è Cattaneo!; o quando nell’art. 53 io leggo a proposito delle forze armate: “l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”, esercito di popolo; ma questo è Garibaldi! E quando leggo nell’art. 27: “non è ammessa la pena di morte”, ma questo, o studenti milanesi, è Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani…
Ma ci sono anche umili voci, voci recenti!
Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ad ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta,
Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, un testamento di centomila morti.
Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.
#Calamandrei#Piero Calamandrei#costituzione#principi costituzionali#libertà#responsabilità#impegno#politica#risorgimento#partigiani#resistenza#uguaglianza
26 notes
·
View notes
Text
La mano sulla gabbia. Le mie due settimane da operatrice nel Cpr di milano - Osservatorio Repressione
Pubblichiamo la testimonianza integrale di un’altra ex operatrice del CPR di via Corelli che ha deciso di raccontare a ” No Cpr” la propria scioccante esperienza. Ci auguriamo che, oltre ad essere validamente esemplificativa della situazione interna al centro, simile a quella di molti altri CPR d’Italia, possa indurre a qualche riflessione chi in questi giorni si sta candidando alla gestione del centro per i prossimi mesi o a fornire i propri servizi o la propria collaborazione personale – lavorativa o volontaria – a tale gestione, così fornendo il proprio contributo al suo funzionamento.
“Ho lavorato al CPR di Milano per due settimane.
Ero disoccupata da tantissimi mesi ormai, quindi quando ho ricevuto la proposta di iniziare un nuovo lavoro ne ero entusiasta..
Ho cercato la Cooperativa su google e il loro sito, sembrava molto interessante.
Da nessuna parte c’era scritto che gestivano un CPR anzi, mi avevano detto soltanto che gestivano una casa di accoglienza e il nome del gestore.
Una volta lì però ho realizzato subito che la situazione era ben diversa, è stato scioccante.
I giorni passati lì sono stati molto pesanti psicologicamente, e anche ora ricordo con amarezza e disgusto l’esistenza di un posto simile.
Cos’è il CPR,
Il cpr è una struttura in cui i diritti umani svaniscono, le persone non hanno alcun tipo di diritto.
Perché? Soltanto perché non hanno il permesso di soggiorno.
Ho lavorato al CPR di via Corelli per due settimane.
Per me è stato molto pesante psicologicamente. Una volta presa coscienza della situazione non sarei voluta tornarci mai più.
Appena entri ti senti in prigione e non vedi l’ora che finiscano le tue ore perché è insopportabile ciò a cui assisti!
Di notte avevo gli incubi, mi svegliavo alle 3 del mattino e non riuscivo più a dormire.
Alcuni dei ragazzi mi dicevano che la prigione è molto meglio rispetto a quel posto così disumano.
Non dimenticherò mai il mio secondo giorno al CPR. Ero in infermeria per portare “gli ospiti” (li chiamo così perché mi era stato detto che la parola detenuti è vietata) a prendere le loro terapie.
Ad un certo punto ho sentito delle urla e tutti che ci dicevano di uscire, di scappare.
Sono uscita fuori, non capivo assolutamente nulla. Ad un certo punto mi hanno detto che uno degli ospiti si è tagliato.
Ero molto agitata, il cuore mi batteva fortissimo.
Dopo che la persona era stata ricoverata in infermeria sono andata al corridoio che portava alle celle dei detenuti, era pieno di sangue, c’era sangue dappertutto
Un corridoio lungo 80 metri pieno di sangue, mi veniva da piangere , ero traumatizzata.
C’era dappertutto l’odore del sangue, quell’odore che sa di ruggine e di ferro.
Una scena terrificante.
Dopo qualche minuto, dato che ormai non potevo proseguire con le terapie.. sono andata a preparare alcuni cambi di vestiti per dei ragazzi che me li avevano chiesti al mattino. Li ho preparati, il sangue ormai si stava asciugando ma l’odore non spariva, era così penetrante.
Ricordo di essermi avvicinata ad una delle finestre per parlare con qualcuno dei ragazzi, ho messo le mani sulla gabbia della finestra e le mie mani sono rimaste tutte appiccicose perché pure dalla finestra scendeva il sangue, sono rimasta sconvolta!!!
Ad un certo punto uno dei ragazzi mi ha chiesto di voler andare dalla dottoressa per la terapia perché non stava assolutamente bene, io gli ho spiegato che non era possibile perché all’interno c’era un suo compagno di cella che si è tagliato.
Allora lui mi ha detto una frase che non dimenticherò mai: “Vado a farlo pure io”.
Io, mi son messa a piangere, ad urlare “noo ti prego non farlo” ho appoggiato la mano dalla finestra ingabbiata e così ha fatto anche lui dall’altra parte continuando a tranquillizzarmi dicendomi che non l’avrebbe fatto.
Quel sangue rimase su quelle finestre per tanti altri giorni e quell’odore di sangue quasi non se ne andò più.
Quel giorno volevo dare le dimissioni, volevo andare via da quel posto.
La forza di continuare a stare lì me la dava il pensiero/la speranza che in qualche modo potessi dare il mio contributo, potevo annotare le loro richieste e cercare di soddisfarle..
Quali erano queste richieste??
Erano basilari!! Mi chiedevano il sapone, la carta igienica, di iscriversi nelle liste per chiamare i familiari…
Mi ricordo che il sapone lo dovevo passare dai buchi della finestra ingabbiata, palline di sapone liquido piccolissime, una ad una.
Perché se avessi voluto seguire la procedura avrei dovuto far uscire un detenuto per volta con vicino 2 poliziotti per ciascun ragazzo per consegnare 3 palline di sapone liquido… sarebbe stata una procedura poco dignitosa!!!
Spesso mettevo il sapone in 2 sacchetti e li introducevo nei 2 reparti e loro se li dividevano.
Anche per consegnare il cambio, una cosa semplicissima diventava complicatissima. Spesso non trovavo i cambi, le magliette spesso erano poche, alcune erano rotte, le felpe spessissimo senza zip, mutande usate (dall’interno del CPR mi dicevano che potevo consegnare soltanto quelle usate che spesso erano macchiate o rotte) Quelle nuove anche se c’erano non potevano essere consegnate (se non una mutanda nuova ai ragazzi appena entrati). Non potevo consegnare più di 4 cambi a 4 persone perché poi finivano.
Senza parlare delle chiamate. Questi ragazzi rimangono chiusi nei loro reparti per tutto il giorno. L’unico modo per uscire per qualche minuto è quello di andare in terapia, fare le chiamate (ma solo se ti arriva il turno perché se in quei 10 min in cui esci nessuno ti risponde, sia che siano i familiari sia che sia l’avvocato è la fine!! Significa che devi aspettare il giorno dopo).
I detenuti per parlare con i loro familiari devono pagare quotidianamente delle ricariche da 5 euro per parlare al telefono soltanto per qualche minuto.
Quando presentai il problema ad una responsabile dicendo: “ma com’è possibile, siamo nell’era di whatsapp e di facebook, nell’era delle chiamate gratuite, come fanno dei detenuti (che sono detenuti ingiustamente), senza un reddito e spesso senza nessun familiare in Italia, a pagare 5 euro per una chiamata al giorno ? perché non diamo loro i cellulari, almeno lì possono utilizzare whatsapp” la sua risposta è stata: “eh ma loro utilizzano whatsapp per cazzeggiare”.
“Per cazzeggiare?” “Chiamare la propria famiglia all’estero per 10 min non è cazzeggiare” ho risposto.
Mi sono veramente incazzata quel giorno che ho chiesto le dimissioni volontarie tramite il sito dell’INPS (anche per tanti altri motivi).
Ho resistito per 2 settimane perché avrei voluto dare il mio contributo alleggerendo la permanenza dei ragazzi (scrivendo le loro richieste per poterle soddisfare), però mi sono resa conto che anche la cosa più semplice all’interno del CPR diventava complicata.
I ragazzi detenuti erano molto educati e gentili con me. Mi dicevano che io non appartengo a quel posto, mi dicevano di andarmene da lì.
Com’è possibile?? In una situazione del genere erano loro ad essere preoccupati per me.
Mi sono licenziata perchè ho preferito fare qualcosa per i ragazzi da fuori, i soldi che avrei ricevuto dalla cooperativa per me sarebbero stati dei soldi sporchi, anche di quel sangue che ogni giorno scorre in quel posto.
Ho studiato per anni la tutela internazionale dei diritti umani, di cui l’Europa ne è il baluardo. E allora mi chiedo come sia possibile accettare un esempio così eclatante di violazione dei più basilari dei diritti.
La cooperativa non agisce all’oscuro, o almeno non per lo Stato: la prefettura si trova all’interno della struttura. Quindi mi chiedo a maggior ragione come lo Stato possa finanziarla, i cui funzionari sono ben consapevoli della vita quotidiana al suo interno.
E se i diritti umani fossero solo delle belle parole scritte, mi chiedo dove sia finito il senso civico, l’umanità degli operatori e dei funzionari dello Stato che chiudono gli occhi e ogni giorno lavorano in questa struttura.
L’astensione da parte delle istituzioni da prese di posizione per cambiare questo sistema disumano non fa prospettare un futuro diverso per queste persone.
Dopo l’esperienza nel CPR di via Corelli non spero e non posso dimenticare, anzi, è necessario ricordare e parlarne molto di più con la pretesa che questi luoghi vengano chiusi, che queste modalità di gestione dell’immigrazione nei confronti degli “ospiti” non si ripetano in alcuna struttura, qualsiasi nome possano assumere.”
Per l’analisi della situazione interna al CPR di via Corelli, per le storie di vita che vi sono rimaste impigliate e per le considerazioni generali che sono sorte dal sopralluogo intervenuto lo scorso giugno al suo interno, leggi “Delle pene senza delitti” (bit.ly/3i4IE4m). Qui i due esposti penali che ne sono scaturiti: bit.ly/3BPTh2N
2 notes
·
View notes
Photo
Antichi tessuti peruviani
Tecniche, disegni e simboli
Laura Laurencich Minelli , fotografie per il catalogo Antonio Canevarolo, schede di Maurizio Biordi, Maria Luisa Castelli Ponzellini, Angela Marini, Laura Laurencich Minelli, Caterina Rossi, Alessandra Squarzoni
Electa, Milano 1984, 150 pagine, 163 tavole in nero e colori, 22x24cm.,brossura
euro 40,00
email if you want to buy :[email protected]
Mostra Milano, Museo Poldi Pezzoli, 27 settembre-4 novembre 1984. La mostra e il catalogo sono stati realizzati con il contributo di IdeaBiella. Opere in prestto alla mostra di Pier Giuseppe Alvigini, Civiche Racc.Arte Appl.Milano, Museo Civico Archeol.Etnologico Modena, Museo Civico Arti Primitive Rimini
06/12/20
orders to: [email protected]
ordini a: [email protected]
twitter: @fashionbooksmi
instagram: fashionbooksmilano, designbooksmilano tumblr: fashionbooksmilano, designbooksmilano
#tessuti peruviani#Inca Textiles#Peru#Pre-columbian Andean Fabric#textiles exhibition catalogue#textiles books#tessuti Ande#tessuti precolombiani Peru#fashion ideas#dextile design inspirations#suggestioni moda#fashionbooksmilano
14 notes
·
View notes
Text
La Stazione Tiburtina, 80 anni dopo l'eroico atto di Michele Bolgia e di alcuni coraggiosi ferrovieri e finanzieri, si prepara a condividere questa straordinaria storia con i suoi visitatori attraverso un minidocumentario accessibile tramite il codice QR ( e visibile anche in fondo a questo articolo) de Il Civico Giusto, progetto ideato e coordinato da Paolo Masini. www.ilcivicogiusto.com Michele Bolgia, insieme a coraggiosi compagni, compì un gesto di estrema audacia aprendo le porte dei treni diretti ai campi di concentramento, permettendo a numerosi ebrei di sfuggire ai convogli della morte. La sua vita, tuttavia, si concluse tragicamente nell'eccidio delle Fosse Ardeatine. Questo minidocumentario è l'ultimo tassello del prezioso percorso promosso da Il Civico Giusto, realizzato grazie al contributo della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, del Municipio Roma II e del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane. La collaborazione con Fondazione FS, Istituto Luce e Rai Teche ha contribuito all'arricchimento del progetto con preziose immagini storiche. La ricerca storica è stata coordinata da Maria Grazia Lancellotti, i testi sono stati curati da Antonella Rossi, mentre il montaggio è stato realizzato da Mirko Bertarelli. Gli studenti del Liceo Artistico Bramante, con specializzazione audiovisiva, hanno partecipato attivamente al lavoro, sotto la guida dei docenti tutor Antonio Capocasale e Antonella Rossi. Il comitato scientifico è presieduto da Michele Di Sivo, Direttore dell’Archivio di Stato di Roma. Le narrazioni sono state affidate agli attori Marco Paolini e Massimo Wertmuller, mentre la sigla finale "Non tutti gli uomini" è stata composta da Luca Barbarossa. Il progetto è stato elogiato da Daniele Massimo Regard, Assessore alla Memoria della Comunità Ebraica di Roma, il quale ha sottolineato l'importanza di trasmettere la memoria in un modo nuovo, coinvolgendo le nuove generazioni e contrastando l'ignoranza e il negazionismo. La Rappresentanza in Italia della Commissione Europea ha ribadito la sua partnership con Il Civico Giusto, sottolineando l'importanza di conservare la memoria per evitare che gli orrori del passato si ripetano. Francesca Del Bello, Presidente del Municipio Roma II, ha elogiato l'iniziativa e ha espresso il desiderio di continuare a raccontare le storie eroiche del territorio. Durante l'inaugurazione della targa commemorativa, sono stati presenti il nipote di Michele Bolgia, che porta lo stesso nome in onore del nonno, e Sandro Ambroselli, figlio del finanziere Antonio, entrambi protagonisti di questa affascinante storia. Salvatore Pellone, Direttore Operations presso Grandi Stazioni Rail S.p.a., società del Polo Infrastrutture del Gruppo FS Italiane, ha preso parte all'evento, sottolineando l'importanza di questa iniziativa presso la stazione Tiburtina. https://youtu.be/q1kQ_TM0ryk
0 notes