#condizione della donna
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C’e ancora domani
Un esordio alla regia veramente notevole, un film bellissimo. Fatevi un regalo, andate a vederlo.
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" La donna non ha contrapposto alle costruzioni dell'uomo se non la sua dimensione esistenziale: non ha avuto condottieri, pensatori, scienziati, ma ha avuto energia, pensiero, coraggio, dedizione, attenzione, senso, follia. La traccia di tutto ciò è sparita perché non era destinata a restare, ma la nostra forza è nel non avere nessuna mitizzazione dei fatti: agire non è una specializzazione di casta, ma lo diventa mediante il potere a cui l’agire viene indirizzato. L’umanità maschile si è impadronita di questo meccanismo la cui giustificazione è stata la cultura. Smentire la cultura significa smentire la valutazione dei fatti in base al potere.
La maternità è il momento in cui, ripercorrendo le tappe iniziali della vita in simbiosi emotiva col figlio, la donna si disaccultura. Essa vede il mondo come un prodotto estraneo alle esigenze primarie dell'esistenza che lei rivive. La maternità è il suo “viaggio”. La coscienza della donna si volge spontaneamente all'indietro, alle origini della vita e si interroga. Il pensiero maschile ha ratificato il meccanismo che fa apparire necessari la guerra, il condottiero, l’eroismo, la sfida tra le generazioni. L’inconscio maschile è un ricettacolo di sangue e di paura. Poiché riconosciamo che il mondo è percorso da questi fantasmi di morte e vediamo nella pietà un ruolo imposto alla donna, abbandoniamo l’uomo perché tocchi il fondo della sua solitudine. "
Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel.
(Libro elettronico; 1ª edizione: casa editrice "Rivolta Femminile", 1970)
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Lei desiderava un bel maschio; sarebbe stato grande, grosso e bruno, lo avrebbe chiamato Georges, e in quest'idea di avere un figlio, non una figlia, vagheggiava la rivincita su tutte le sconfitte del passato. Un uomo, almeno, è libero; può passare attraverso le passioni e i paesi, superare gli ostacoli, gustare le più remote felicità. Ma una donna è continuamente frustrata. Inerte e flessibile insieme, ha contro di sè le debolezze della carne come le schiavitù del codice. La sua volontà, come il velo del suo cappello trattenuto da un cordoncino, palpita a ogni vento; c'è sempre qualche desiderio che la trascina, c'è sempre qualche convenienza che la trattiene.
Madame Bovary - Gustave Flaubert
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La passione della vedova

Ha perso il marito da un anno: per uno stupidissimo incidente stradale. La rispettano tutti e tutti l'hanno aiutata a rimettersi in carreggiata. Le hanno trovato un bel lavoro nell'azienda di famiglia e s’è rimessa in discussione. Professionalmente non ha voluto sconti e quindi con le unghie e con i denti s’è ritagliata un suo spazio di utile contributo. Oggettivamente è molto brava; nei reparti la sentono, la coinvolgono. Però tutti la trattano sempre come una preziosa e fragile porcellana; cioè con delicatezza e rispetto. In azienda amavano quell’uomo. I beni di famiglia poi hanno aiutato. Tutti si sono prodigati; i suoceri non mancano di prendersi cura dei suoi figli e lei per questo li ama e li ringrazia.

Un quadretto familiare e privato tutto sommato sereno. Ma le manca il meglio: le urge. Sta impazzendo dentro perché è preda di una follia tutto sommato innocente, ma esternamente ben dissimulata: vuole assolutamente un uomo dentro di lei. Basta delicatezze e guanti bianchi. Vuole carne e sangue, sudore e odore d’amore in un letto. Lenzuola sdrucite e impregnate dei prodotti dell'amore, sporche dei desideri osceni di due amanti sfiniti ma finalmente soddisfatti. Trucco sfatto, che le cola dagli occhi. Animo e sensi felici e appagati. La sua fica desidera essere leccata e mangiata. A lungo: in breve, lei vuole soffocare un uomo d'amore. Anela ad avere nel letto qualcuno che la scaldi, che se la coccoli e che se gli gira la prenda in modo un po’ spartano; come faceva lui.

O magari anche peggio: è pronta, lo desidera da tanto, da troppo. Con suo marito si sentiva al tempo coccolata ma protetta e poi improvvisamente usata, posseduta. Perché lei era una cosa sua, che egli violava e adoperava quando gli pareva e piaceva, questo era ben chiaro, tra loro. E questa oggettiva condizione di sottomessa, ma comunque adorata e viziata, le piaceva. Moltissimo. Si sentiva desiderata: sia come leale compagna che sessualmente. E lei allora non mancava di provocarlo, per farsi saltare addosso. Lui la divorava letteralmente. Preda appetibile. Si: questo lei si sentiva. Stasera c'è una cena tra amici, a bordo piscina; vestiti pochi e assoluta informalità.

Si parlerà di libri, di sport e vacanze: problemi seri e lavoro possibilmente fuori dalla porta, per favore. Le amiche le hanno anticipato che tra gli invitati ci saranno tre o quattro bocconcini succulenti; tutti ottimi candidati alla carica di stallone, anche per una notte sola. Si, è proprio ora per lei di rispolverare i basics. Perché proprio non ne può più. Basta romanticherie. Vuole solo scendergli l’intimo a sorpresa, prendere in bocca un bell'uccello lungo e duro, lavorarselo di labbra e di gola, inghiottire il suo seme e poi farsi inculare, scopare e gridare. Le manca proprio gridare liberamente per l'orgasmo raggiunto. Ma finalmente stasera forse c'è una possibilità.

Anela già sentirlo pompare dentro di sé, con l'urgenza di svuotarsi, troppo la vuole sua. Desidera queste cose con tutta l’anima. Vuole solo fare l’amore: quello che fa male al culo e alla fica. E’ forse peccato mortale, per una donna sana? E dopo due chiacchiere e quattro risate di pausa dopo il primo riuscito amplesso - fantastica nuovamente - vuole mettersi di pancia, allargare le natiche davanti a lui e fargli capire chiaramente che brama prenderlo nuovamente ma stavolta nel culo: vuole letteralmente spompare un uomo e stordirlo, affascinarlo almeno per una notte intera, che poi si vedrà se la cosa proseguirà. Saprà drogarlo di sé. Lo sente.

E il giorno dopo al lavoro, occhiaie ma soddisfatta, vuole sedersi col culo che le faccia ancora male e brama ricevere il suo messaggio: “quando ci vediamo?" Si, si… non ne può più del rispetto e delle maniere gentili di tutti: vuole un uomo. Uno tosto, uno che la maltratti, che la faccia sentire nuovamente una cosa sua, da usare e che la faccia godere, godere, godere. Gli farà tutto ciò che lui vorrà. Stasera succederà, lo sente: è troppo tempo che non scopa e vuole qualcuno che le faccia dimenticare il passato, l'acqua che ormai non macina più. Lei è qui: viva, bellissima, affascinante e con una passera stupenda, calda, profumata, accogliente, ben rasata e… completamente inutilizzata. Ora è entrata in sala; ha visto le possibili prede ma immediatamente ha spostato lo sguardo verso il bordo piscina e ha deciso:
Ladies and Gentlemen, the winner is…

RDA
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Questo libro è la PIETRA TOMBALE DEL WOKISMO, generalizzazione del WHITE GUILT. Hic et nunc. Non l'ha scritto Cruciani o Sallusti o Feltri ma Federico Rampini, un like a boss in posti wokissimi come Repubblica, Corriere, Sole24Ore. Cari Post e HuffPost, siete solo retroguardia che difende truppe in rotta, in una terra oimé devastata (cfr. post precedente sui danni del sinistrismo sinistrato passive aggressive inculcato nelle masse).
"È ora che qualcuno lo dica: «Grazie, Occidente!». Tutto il bene che abbiamo fatto, a noi stessi e agli altri, è il supremo tabù di questa epoca.
Nelle scuole non si insegna più la storia vera del progresso, che è nato a casa nostra e dove ha avuto un ruolo anche l'Italia. Invece nelle piazze e nella cultura contemporanea siamo sotto un processo permanente. È ora di ribellarsi, in nome della verità. Cinesi o indiani, brasiliani o africani, il mondo è popolato da miliardi di persone che devono la loro stessa esistenza... a noi.
La scienza occidentale, pensiamo alla nostra medicina e alla nostra agronomia, è stata copiata e applicata dal resto dell'umanità con benefici immensi. Se la longevità è aumentata, la mortalità infantile è crollata, il livello d'istruzione è cresciuto nel mondo intero, è perché l'Occidente ha esportato progresso.
Dove si combatte per migliorare i diritti umani - per esempio la condizione della donna - il paradigma da emulare siamo noi.
Il nostro modello industriale ha sollevato dalla miseria grandi nazioni. La sfida per un'economia più sostenibile e per decarbonizzare l'ambiente sarà vinta grazie alla ricerca scientifica e all'innovazione tecnologica dell'Occidente.
Il conformismo dominante impone una versione bugiarda della storia, in cui la «razza bianca», europea o nordamericana, ha seminato solo distruzione, oppressione, sofferenze. L'idea stessa di progresso è disprezzata, siamo sottoposti a un lavaggio del cervello quotidiano per inculcare la certezza che l'Apocalisse è dietro l'angolo (per colpa nostra).
Perché la Cina e l'Iran oggi si definiscono «repubbliche», un concetto che non esiste in Confucio o nel Corano? Una lezione di onestà storica è urgente per le nuove generazioni, aiuta a ricostruire la nostra autostima e a vedere il futuro con più fiducia.
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L'altro giorno, ero al supermercato a fare la spesa intorno alle 18:30 quando un uomo anziano è entrato nel corridoio della pasta e mi ha messo una mano sulla spalla. Ho sobbalzato. La mia prima reazione è stata quella di arrabbiarmi e chiedergli di non toccarmi. Poi ho notato qualcosa. L'uomo stava piangendo. Sembrava sconvolto e confuso.
Improvvisamente mi ha chiesto: "Sai dov’è mia moglie? La sto cercando." Gli ho risposto che non lo sapevo e gli ho suggerito di chiedere aiuto al banco informazioni per trovarla. Pensavo che l'avesse persa tra le corsie. A chi non è mai capitato? Ma mi sbagliavo.
Ha continuato a chiedere: "Dov'è mia moglie? Era proprio qui." Le lacrime gli riempivano gli occhi. Gli ho detto di nuovo che non ne ero sicura e gli ho proposto di accompagnarlo al banco del servizio clienti, dove avrebbero potuto fare un annuncio tramite gli altoparlanti. Ha accettato.
Lì, la donna al banco ha chiesto un nome. Lui mi ha guardato, come se fossi io ad avere la risposta. La donna ha alzato gli occhi al cielo e si è rivolta a me: "Signorina, ha IL NOME?" Le ho spiegato che non conoscevo quell'uomo e che non avevo più informazioni di lei. "È uno scherzo?" ha chiesto. A quel punto mi sono resa conto che quell'uomo non era semplicemente confuso, ma affetto da Alzheimer. Avendo avuto un nonno con questa condizione, lo riconoscevo fin troppo bene.
L'ho portato all'area ristoro e ci siamo seduti. Ora tremava e piangeva piano. "Dov'è il mio amore?" Gli ho preso le mani e gli ho chiesto se avesse un cellulare. Mi si spezzava il cuore per lui. Mi ha detto che non ne era sicuro, così gli ho chiesto se potevo cercare nelle sue tasche. Ha acconsentito. Con attenzione, ho trovato un piccolo cellulare a conchiglia. Ho cercato tra i contatti e ne ho trovato uno chiamato "Figlia Krissy". L'ho chiamata subito. Ha risposto in pochi secondi.
"Pronto?" ha detto, con la voce già preoccupata. Le ho spiegato che ero con un uomo anziano che presumibilmente era suo padre. Che eravamo al supermercato di Lane Street e che lui era molto sconvolto e turbato.
"Sto arrivando," ha detto. "Puoi assicurarti che non si allontani?" Ha continuato: "Grazie, grazie mille. Sto venendo."
Per circa 20 minuti, sono rimasta seduta con uno sconosciuto in lacrime. Gli ho tenuto le mani. Gli ho asciugato le lacrime. Quando ha tremato, gli ho messo la mia giacca in grembo. Gli ho dato le risposte di cui aveva bisogno in quel momento. L'ho tenuto lontano dal vagare. Perché era il minimo che potessi fare.
Improvvisamente, è entrata una giovane donna alta, che sembrava avere circa 28 o 29 anni. Lunghi capelli neri e occhi verdi. Ci siamo scambiati uno sguardo e lei si è precipitata verso di noi. "Grazie. GRAZIE," ha detto. "Dovevo assentarmi solo per un'ora, e questo succede. Sapevo che non avrei dovuto lasciarlo. Mi dispiace tanto." Mi ha spiegato che a volte lui si allontana per cercare sua moglie. L'ha persa 13 anni fa, ma non smette mai di cercarla.
Ha aiutato suo padre ad alzarsi dalla sedia e mi ha ringraziato ancora una volta. Mentre uscivano, l'ho sentito dire di nuovo: "Dov'è mia moglie?" Mi si è stretto il cuore, ma ero così felice di vederlo con la sua famiglia di nuovo.
Condivido questa storia non solo perché quest'uomo mi ha toccato il cuore, ma per dire questo: La maggior parte del mondo sono estranei per te. Lo so. Ma non dimenticare mai che condividiamo tutti questo mondo e, in esso, possiamo condividere gentilezza. È l'unica cosa che può farci andare avanti. Se vedi qualcosa, fai qualcosa. Non sai mai quanto grande può essere il tuo impatto sulla vita di qualcun altro.
Non mi importa che il carrello della spesa che avevo lasciato nel corridoio della pasta durante il trambusto sia stato svuotato e messo a posto. Non mi importa di aver cenato un po' più tardi quella sera. Di essere tornata a casa e di aver pianto in cucina per questo dolce, povero uomo. La gentilezza non costa nulla.
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Mina - Ancora Ancora Ancora (Bussola Domani 1978)
youtube
Essere immortale non mi interessa. Mi piace invecchiare.
Mina
Probabilmente sono una pigra costretta a un ritmo di vita frenetico, una pigra che non riesce a realizzare la sua più autentica natura, la sua vocazione all’indolenza. L’adolescenza, quella mi chiedo se l’ho mai avuta. Voglio dire che gli impegni, la carriera eccetera si sono abbattuti troppo presto su di me. In fondo, non ho mai vissuto da ragazzina, non ho mai fatto quello che fanno le ragazzine: come recarsi a ballare, a fare i bagni, le gite o che so io. Non ho rimpianti, no. Sono paga della mia condizione attuale, di donna matura. Prima non sapevo quello che volevo, e ora lo so. Mi sento serena, come chi ha scoperto che le cose più importanti sono in fondo le cose più semplici”.
Mina
Buon Compleanno a Mina, Mito della Musica italiana e internazionale, che non invecchierà mai.
🎂🍀🎶💕🥂
Al secolo Anna Maria Mazzini, nasce il 25 marzo 1940 a Busto Arsizio (Varese), dove i suoi genitori si erano trasferiti durante il periodo di guerra. Alcuni mesi dopo la sua nascita, la famiglia torna a Cremona, città in cui la cantante risiede fino ai primi anni di carriera.
Nel 1978 l’ultimo concerto e l’addio alle scene. Nella sua lunga carriera Mina ha interpretato oltre 1500 canzoni e ricevuto numerosi riconoscimenti, anche da parte di colleghi del calibro di
Frank Sinatra, che la invitò a esibirsi negli Stati Uniti, ma lei rifiutò. Leonor Fellini voleva farne una star, ma lei si rifiutò di farsi vedere in un film.
Mina divenne la risposta italiana alla rivoluzione del Rock 'n Roll che travolse gli USA; un camaleonte di stile con un'immagine da bambina selvaggia nel suo paese natale (e molto cattolico) che allo stesso tempo incantò e fece infuriare gli italiani.
Nel 1963, fu clamorosamente bandita persino dalle radio e dalle televisioni italiane dopo essere rimasta incinta del figlio di un attore (già sposato), Corrado Pani, quando il divorzio era ancora illegale. I media consideravano il suo successo, " Le Mille Bolle Blu" (Mille Bolle Blu) un inno orecchiabile, seppur scandaloso, per il loro amore "sacrilego":
Con le sue caratteristiche sopracciglia rasate, un trucco pesante sugli occhi, i capelli tinti di biondo e una sigaretta come accessorio permanente, era la cattiva ragazza preferita d'Italia. Le vendite dei suoi dischi non furono influenzate dal divieto e, a richiesta del pubblico, fu invitata di nuovo in televisione italiana nel 1964. Fu un momento di scacco matto contro la rete conservatrice e trasmise il messaggio che Mina non solo era qui per restare, ma per fare tutto ciò che voleva.
Cantava in otto lingue (inizialmente con il nome d'arte di "Baby Gate") e la sua specialità divenne cantare a squarciagola ballate strazianti come le sue contemporanee Barbara Streisand o l'artista francofona Dalida . Ma anche nei suoi primi scatti promozionali, è chiaro che stava oliando le sue ruote per una carriera più strana rispetto alle altre dive dell'epoca...
Ma è la Mina senza sopracciglia e con la sigaretta ad essere passata alla storia come una leggenda vivente..."
Web
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Per ciò che riguarda i comportamenti di genere in questa società, ormai non condivido con gli uomini alcun tipo di dialogo, tuttavia visto che recentemente una donna si è alterata con me perché senza dialogo allora la società che fine fa? Ho colto l’occasione per rispondere a uno dei tanti e chiarire che con l’ottusità puoi spenderci una vita intera, ma la sola cosa che raggiungi è lo spreco della stessa. Ognuno si senta libero di impiegare il suo cammino come crede, io ho scelto una strada verticale, anziché dimorare in un letamaio che non ha alcuna percezione di se stesso, né vuole schiodarsi da lì (sia chiaro che non è una valutazione fatta dopo una sola analisi).
Premessa doverosa perché in questo post cancellerò tutti i commenti di scontro o che dimostrano analfabetismo funzionale.
L’uomo in questione esordisce sotto un video esplicativo, per niente offensivo e molto lineare sulla condizione attuale delle donne e sul perché ormai sono così arrabbiate, intolleranti o schierate.
Il dialogo che segue fa capire che il video non l’ha ascoltato, o come la prassi, crede che “ascolto” significa avere le orecchie pulite, non capire cosa si sente; sembrandomi la solita bella mascherina ho proseguito per avere più risposte da riportare nel blog.
Riassumo le fasi tipiche con cui queste persone fanno di tutto per rifiutare e difendere soltanto il loro ego fasullo insieme al letamaio descritto sopra.
Confronto, a patto che fate come piace a me
Ricevo risposte, le ignoro e insisto nel fingere apertura
Pongo altri quesiti per mostrare che voglio ragionare sull'argomento
Continuo a ignorare tutte le risposte
Rispondo all'unica cosa che mi tira fuori da tutto il resto
Torno al punto di partenza perché siete voi il problema.
Risultato: dimostra di suo pugno (solo che nemmeno se ne rende conto) che ciò che viene espresso nel video e nel primo commento è vero.
Traduzione: sono falsamente preoccupato di odio e di separazione, in realtà non mi frega un cazzo, voglio solo dirvi che siete esagerate e a me dà fastidio.
Tutto schematico e prevedibile, come fanno sempre i fasulli.
Come lui tantissimi. Per questo non si deve più ragionare coi muri, semmai con le menti in grado di mettere in dubbio le proprie convinzioni. Salvo che tu non sia in questa vita per azione di martire, l’unico tuo comportamento deve essere volto a staccarti dagli inetti e sostenere un cambio di società sano (non parlo di femminismo).
#zombie#società#società malata#svegliatevi#sistema#aprite gli occhi#verità#schiavi#rincoglioniti#maschilismo#femminismo#patriarcato#uomini#donne#ego#maschere#relazioni#separazione#mondo marcio#crescita personale#rifiuto#distorsioni#responsabilità#teste di cazzo#manipolazioni#giochi di potere#ruoli#costrizioni#potere#dominio
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Egli usci dalla casa della donna che avrebbe potuto amare, e che avrebbe potuto riamarlo, con un sollievo non privo di amarezza. Ormai, era chiaro che nessun amore sarebbe mai sorto tra di loro, nemmeno il tiepido e povero legame della lussuria, giacché ella era donna robusta e casta, nemmeno la tenerezza languida degli innamorati un poco tardivi, giacché non era cosa che potesse interessare a lungo i loro cervelli ansiosi di emozioni. Tutto considerato, egli meditava, l'impossibilità di un amore era cosa assai migliore della fine di un amore. L'im-possibilità, infatti, ha della favola, trasforma tutte le chimere dell'attesa amorosa, andata totalmente delusa, in un genere minore di letteratura, qualcosa di infantile e, soprattutto, di inesistente. Egli, e forse in minor misura anche lei, avevano pensato ad un universo diverso da quel che era, giacché, era chiaro, l'universo in cui vivevano non prevedeva il loro amore, e dunque ogni pensiero al contrario, giacché non poteva crescere alla statura dell'eroico, si svelava come qualcosa di futile, di irrisorio, perfino di giocoso. Si poteva aggiungere che un amore che non comincia, non finisce nemmeno, sebbene sia riconoscibile, nel suo non nascere, un poco della futile amarezza di una possibile conclusione. Ma egli avrebbe voluto vivere una storia diversa con quella donna? La domanda era, teologicamente, impossibile, e quindi non richiedeva risposta, e solo una risposta di dimensioni inaudite, come a dire: io desidero vivere in un universo totalmente differente, e considererei un indizio di tale differenza il fatto di poter amare una tal donna, essendone riamato. Dunque, il problema che divideva i loro effimeri corpi e le loro animule fantasticanti non era, malgrado le apparenze, un problema sentimentale o morale; ma era un problema teologico o, volendo essere più aggiornati, un problema cosmico. E da questo punto di vista il problema si vanificava: infat-ti, in quell'altro universo che Dio avrebbe potuto creare, e nell'universo parallelo che poteva esistere, forse quella donna non sarebbe mai esistita, o, se fosse esistita nel parallelo, di cui era la condizione, poteva essere di natura tale che egli mai l'avrebbe voluta per sé, e che avrebbe dovuto rifiutare, ricorrendo a sottili e forse capziosi argomenti teologici.
Giorgio Manganelli, Centuria
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La più completa ed esaustiva risposta che ho letto in questo valzer di sapienze da tastiera:
Vanni Frajese, medico endocrinologo e professore presso l'Università "Forop Italico" di Roma:
"Intanto, l'"intersessuale" NON esiste:
è un termine giornalistico/culturale, ma a livello biologico è un termine che non viene accettato, perché non rappresenta niente.
Nella scienza c'è bisogno delle definizioni per definire le cose esattamente come sono.
Per poter dire se una persona sia un maschio o una femmina, c'è bisogno di oggettività. In tempo passato, bastava il fenotipo, cioè io ti guardo e so direttamente se sei un maschio o una femmina. Dopodiché, abbiamo scoperto che l'uomo ha i cromosomi XY, mentre la femmina XX, che poi mi dà le caratteristiche sessuali secondarie. Però, il sesso genetico/biologico, in alcuni rari casi non si trasforma nel sesso appropriato.
In particolare, questo riguarda fondamentalmente i maschi. Il testosterone normalmente viene prodotto e agisce quando hai il cariotipo XY, dando un fenotipo maschile (testicoli, peli, massa muscolare...). L'unica condizione, in cui si può avere una persona fenotipicamente femminile ma con i cromosomi XY, è quando si ha la resistenza completa agli androgeni: questo è l'unico caso (rarissimo), in cui c'è qualcuno a cui alla nascita gli viene attribuito il sesso femminile (perché l'aspetto fenotipico è della donna), ma in realtà cromosomicamente è un maschio. Quindi, una persona con questa problematica non andrebbe mai a fare boxe, perché l'androgeno "non gli funziona" e quindi ti stai confrontando con chi ha un vantaggio biologico rispetto a te.
Visto che ormai, all'interno dello sport e della medicina, è entrata l'ideologia che dice che non esiste il maschio o la femmina, ma facciamo tutti parte di un ampio spettro, bisognerà che il CIO, piuttosto che prendere quello che c'è scritto sul passaporto, in casi "sospetti" faccia un protocollo che permetta di certificare 3 cose:
1) Il componente cromosomico;
2) Il componente endocrino (quanto testosterone hai);
3) Il componente fisico.
Ad esempio, se una persona ha i livelli di testosterone alti ma non tantissimo (perché si abbassano anche farmacologicamente), ma XY e ha (o ha avuto) gli organi sessuali maschili, comunque BIOLOGICAMENTE è un maschio. Se poi la società (in genere quella occidentale) lo vuole qualificare come qualcosa di differente (perché lui ci si sente), non è un problema (sono liberi di farlo!), ma BIOLOGICAMENTE rimane un maschio: un maschio biologico può fare quello che vuole nella vita, ma NON DEVE COMPETERE con una femmina biologica, perché ha un vantaggio.
Se queste prove che certificano il sesso biologico degli atleti non vengono effettuate, un domani qualunque persona può decidere di registrarsi come donna, fare o non fare l'operazione (perché tanto sono fatti suoi e non lo verremo a sapere) e andare a competere con le donne, ma questo NON deve accadere, perché altrimenti l'idea stessa dello sport verrà distrutta.
Lasciate perdere gli attuali protagonisti, perché è inutile puntare il dito sulla singola persona, é l'idea che è molto più interessante. Nel caso di Imane Khelif, entriamo nel campo delle opinioni (non delle certezze): da quello che ho capito io, la genetica XY, i livelli di testosterone alti e quella struttura fisica, per me è un MASCHIO".
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Per rispondere alla tua domanda, Khalif è idonea Per le olimpiadi perché, come citato dall'ask precedente, I termini sono a carico del comitato nazionale algerino. Che aveva già accusato il campionato mondiale di cospirazione e aveva detto che avrebbe inviato khelif a Parigi a Prescindere. Poi per quanto riguarda le 5 sconfitte, il problema si fa complesso. Come hai detto tu stessa (stessæ?) Khelif è una donna intersex, cioé è affetta da una condizione genetica che rende difficile stabilire il sesso effettivo. Il termine intersex però è molto vago, e include molti individui, molti dei quali sterili. La famosa attrice Kim Novak era intersex. La pugilista, a quanto risulta, è vaga a riguardo della sua condizione, e così lo staff medico algerino. Lei è stata pinzata con livelli di testosterone più alti di quanto ammessi. Lo staff medico asserisce che si tratta di una condizione medica dovuta al suo stato di intersex, non si sa (almeno io non sono riuscito a capire) se per scompenso ormonale oppure per presenza di organi maschili (testicoli) NON necessariamente invalidanti lo status di donna: infatti molti individui intersex posseggono una combinazione di entrambi gli organi. Detto ciò, è stata squalificata a causa di questa presenza, e sebbene abbia superato gli esami antidoping per le olimpiadi (NON a carico del paese d'origine, come invece gli esami parametrici), rimane questo alto (per una donna, non stiamo parlando del grado di testosterone di un adolescente maschio) grado di testosterone. Il che è strano, perché prima non c'era. Infatti nei suoi 14 scontri, i primi sono stati disastrosi: i primi tornei di Khelif sono terminati con umilianti sconfitte al primo turno (le 5 donme che l'hanno battuta). Poi, all'improvviso, cominciò a sdraiare tutte le sue avversarie, arrivando alla finale del campionato mondiale nel 2023. Un risultato non da poco per chi prima si faceva mettere al tappeto al primo turno. Questo ha generati molte controversie in ambito sportivo, anche perché l'atleta italiana NON è stata la prima a lamentarsi di colpi troppo forti, specie dopo la grande "rimonta" di Khelif. E direi che un'atleta che si alleni tutta la vita per le Olimpiadi è poco probabile che le lasci solo per fare propaganda di destra.
In conclusione, bisogna mettere in chiaro alcuni punti:
1. Khelif è una donna. Checché ne dicano, non è transgender, ma soffre di una condizione estremamente rara e mutagena, che a volte porta a morte giovane o sterilità. Sebbene abbia cromosomi XY è riconosciuta dalla nascita come donna dallo stato algerino (che non è esattamente hippieland).
2. La sua condizione PUÒ darle un vantaggio teorico e pratico nello sport: i dettagli non sono noti (perché sono cazzi sua) però non è raro che chi soffre della sua stessa condizione produca testosterone, anche a tratti, e quindi formi più muscoli più velocemente.
3. La sua condizione PUÒ permetterle di doparsi senza timore di essere squalificata grazie alla copertura dello staff medico algerino
4. Il comitato olimpico ha deciso per il momento di non indagare ulteriormente, e loro sono la maggiore autorità del caso: se per loro non sussiste rischio, ogni accusa è da considerarsi infondata. I colpi molto forti sono spiegabili dal fatto che semplicemente l'atleta algerina si è allenata duramente.
5. La pugile italiana ha tutto il diritto di ritirarsi se ritiene che la sua salute sia in pericolo. Rimane anche suo diritto, secondo lo statuto, accusare l'avversaria di doping, ma sta al comitato accogliere o meno accuse. Il governo italiano NON ha questo diritto.
Il comitato olimpico algerino aveva accusato l'IBA a buon ragione visto che il capo dell'associazione è l'oligarca russo Umar Kremelev, e che la stessa IBA è coinvolta in scandali non da poco, tanto è vero che è stata esclusa dall'organizzazione del torneo olimpico. Perciò onestamente non so quanto sia giusto dare per buoni gli esami (quelli che hanno escluso la Khelif dai mondiali del 2023) effettuati da un'associazione non riconosciuta dal comitato olimpico internazionale, non solo algerino.
Sono conscia che la produzione elevata di testosterone possa essere un vantaggio, tanto è vero che pure negli uomini si fanno esami antidoping a riguardo, ma, e parlo da ignorante in materia, so che le atlete intersex (o semplicemente affette da iperandrogenismo) con alti livelli di testosterone sono obbligate a sottoporsi ad una cura ormonale per abbassare questi livelli di testosterone, altrimenti sarebbero escluse dai giochi, esempio: il caso di Caster Semenya. Perciò non credo che l'algerina possa "doparsi senza timore" come dici, però tu parli anche di comitato olimpico algerino e staff medico algerino che coprirebbe la pugile, ma, di prove ne abbiamo? Mi parli dei risultati sportivi in netto miglioramento, pure questi, possono effettivamente considerarsi una prova? Questi risultati non possono essere l'effetto di esperienza acquisita e lavoro duro? Al momento queste sono solo supposizioni, e tbh potrebbe valere per chiunque degli atleti in gara, non solo la pugile algerina. Perciò non so cosa dirti, io mi prendo per buono quello che so, ovvero che la pugile ha superato gli esami e può gareggiare, il resto che c'è dietro non lo posso sapere, non faccio parte del comitato olimpico e non sono nemmeno una genetista.
Per Angela Carini: oggi ha annunciato di ritirarsi dalla boxe, tutto per un pugno in faccia. Se questa non ti sembra una sceneggiata organizzata dalla gentaglia che abbiamo al governo, non so. Poi per carità, anche queste qua sono supposizioni, ma ahimè vedo solo il circo e una figura di merda internazionale.
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A 9 anni, insieme agli amici, trova della polvere da sparo. Gli esplode in faccia. La sua vita è appesa a un filo. Ma Giorgio ha la tempra di sua madre, una donna straordinaria che, rimasta orfana, si è presa cura di 11 fratelli fino a quando il destino l’ha sorpresa con un matrimonio inaspettato: un ex calciatore del Piacenza e una nuova vita borghese tra la provincia emiliana e la Milano del dopoguerra. Da quell’unione nascono tre figli: Sergio, Giorgio e Rosanna.
Quando Giorgio si rimette in piedi, il confronto con suo fratello lo tormenta per tutta l’adolescenza. Sergio è sempre il più alto, il più bello, il più intraprendente. Giorgio vive nella sua ombra.
Prova a studiare Medicina a Milano, ma non fa per lui. Sopravvive con lavori precari fino a quando viene assunto come vetrinista alla Rinascente. Lì scopre il fascino del palcoscenico: luci e ombre da orchestrare per mettere in scena la sua idea di stile davanti agli sguardi dei passanti.
Dalla Rinascente diventa allievo di Nino Cerruti, poi inizia la sua avventura con Sergio Galeotti. Il successo arriva quasi a 50 anni, consacrato dalla copertina del Time del 1982 e dal film American Gigolò, che fa conoscere al mondo la giacca destrutturata e lancia un giovane Richard Gere, ripescato dopo i rifiuti di Christopher Reeve e John Travolta.
Da quel momento, Giorgio Armani non si fermerà più. Il suo lavoro diventa una condizione mentale, un impegno costante e senza età.
A 84 anni, stupisce i passanti di via Sant’Andrea a Milano, sistemando di persona gli abiti sui manichini in vetrina.
A 86 anni, è il primo imprenditore a donare camici, mascherine e aiuti allo scoppio della pandemia.
A 87 anni, il Presidente Mattarella lo nomina Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Alla Fashion Week di febbraio 2022, fa sfilare la sua collezione nel silenzio assoluto, interrotto solo dai passi sulla passerella, in segno di solidarietà all’Ucraina appena invasa.
A 88 anni, la Collezione Numismatica della Repubblica "Eccellenze Italiane" gli dedica cinque monete d’oro e d’argento.
Parliamo di un uomo che, in ogni locale in cui entra, si mette in fila come tutti, aspettando il proprio turno.
Un uomo che non rifiuta mai un selfie e che è sempre il primo a salutare chi lo riconosce per strada.
Un uomo che pochi giorni fa ha compiuto 90 anni e, come ogni mattina, si è recato al lavoro per preparare la prossima sfilata, pur avendo già pianificato la sua successione, nonostante l’assenza di eredi diretti.
Perché, per Giorgio Armani:
"Il successo è fatto di stile e sobrietà. L’importante non è farsi notare, ma ricordare."
#giorgioarmani
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A te non posso e non voglio dire di no

"Tu mi apri sempre, petalo dopo petalo. Come la primavera apre la sua prima rosa." (Edward Estilin)
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Ti chiedevo per favore, con non poco imbarazzo e rossore sulle guance, di lasciarmi in pace. Perché ero e sono una donna sposata. Amavo e amo mio marito e la mia giovane famiglia, ma tu hai insistito da subito. Sorridevi e andavi avanti per la tua opera di seduzione. Tutto già deciso. M’hai confessato che già al colloquio preassunzionale ti eri invaghita di me a prima vista e perciò sei andata avanti a volermi far lavorare con te, a desiderarmi sempre di più e infine a corteggiarmi sfacciatamente ogni volta che eravamo da sole, come un rullo compressore. Femmina egoista e spudorata. Volevi e vuoi soltanto godere di me e del mio corpo giovane. Ti piaccio da morire, col mio scarso seno e la mia totale magrezza. Non ti interessa altro, al momento. Non hai hobby.
Non sei mai stata sposata e hai sempre e solo perseguito il tuo esclusivo piacere carnale. Dio solo sa quanti cazzi hai fatto venire dentro la tua fica e il tuo culo, quanta sborra hai ingoiato: per egoistico piacere o per averne poi un vantaggio professionale. E quante donne hai fatto cadere innamorate di te a colpi di lingua sul tuo sofà, quanto miele hai prodotto per loro e quanto ne hai ingoiato avida. Da vecchia ed espertissima puttana quale sei, approfitti della mia condizione lavorativa di giovane avvocato e tua collaboratrice da poco assunta nell'affermato studio di cui sei l’unica titolare. E ti fai forte anche del fatto che subisco il tuo innegabile fascino di donna matura, perché sei un avvocato dalla tempra risoluta. Da sempre abituata a esercitare il tuo potere su chiunque, senza alcuno scrupolo e avvezza a vincere.

Sono stata una facilissima preda, per le tue fauci di sessuomane predatrice, affamata senza alcuna remora di ordine morale. “La morale è un concetto relativo, mia cara: ognuno si fabbrica la sua, secondo opportuna convenienza; il resto è solo l’invidia di chi non può.” Questa è stata la tua prima lezione di vita vera per me, il tuo mantra personale. Sei conscia del fatto che io non posso rischiare che tu mi licenzi e quindi mi sottometto e mi piego al tuo volere. Collaboro e ti riempio di baci e mugolii di piacere a ogni tuo colpo di lingua o mano infilata nella mia fica. Le prime volte fingevo. Poi, già che c'ero, ho iniziato pian piano anche a godere. Tantissimo, devo dire. Anzi: malgrado il rimorso e il senso di colpa, dopo una settimana già non vedevo l'ora che arrivassero le sette di sera, perché in quella mezz'ora restavamo completamente sole nello studio.

Devo dire onestamente che con te durante il giorno comunque imparo veramente tantissimo: mi stai formando e plasmando a tua immagine. Sei la migliore, oggettivamente. E mi hai già detto che quando andrai in pensione mi passerai lo studio, al prezzo simbolico di un euro. Allora ti prego: inizia e prendimi tutta. Fai di me quello che vuoi. Leccami la passera, sfasciamela e bevimi a volontà. Lecca il mio culo quanto ti pare. O fammi leccare il tuo ogni volta che vuoi, fino a farmi sentire come contrai l’ano per aspirarvi dentro la mia lingua. Catturamela e non lasciarla più. Approfitta di me: guarda che culo e che bellissima fregna di giovane donna sposata a un uomo forte e totalmente ignaro puoi avere a tua completa disposizione: è tua. Adorami. Inculami come vuoi.
Pretendi che io sia la tua schiava personale e scopami con uno strap-on, con un dildo o con le mani. Infila nel mio culo tonico e scolpito qualsiasi cosa tu voglia, preferibilmente molto grande. Fammi soffrire e muovilo. E fa così che la mia passera si gonfi di piacere per te e che coli il mio nettare prezioso. Tu leccalo, assaporalo inghiottilo: è il mio regalo esclusivo. Solo per te. E poi a tua volta fatti sfondare ciò che conosco bene essere già ampiamente slabbrato e collaudato. Ordinami di leccarti tutta, dai piedi al buco del culo e alla fica. Io eseguirò: maltrattami e strizza i miei seni di giovane mamma. Bevi golosa il latte rubato a mio figlio piccolissimo dai miei capezzoli, ti supplico. Andiamo fino in fondo: fino a entrarci nel cervello l'un l'altra e a sfinirci reciprocamente di piacere.
Ti scongiuro: iniziamo ad essere amanti ufficiali. Stasera. Ingoia tutto il miele prodotto dal mio inguine di femmina consumata dalla passione per te e godi del mio corpo fresco quanto ti pare, mia anziana, odiata ma viziosa, adorata troia. Ti voglio anch'io tanto, ormai. Baciami la bocca e leccami il collo, succhiami la fica e fatti leccare il culo e la passera a tua volta. Certo: è già tantissimo; ma io voglio ancora di più. Lo so già: presto vorrai anche essere inculata e scopata come si deve da me. E io già adesso adoro succhiare, mordere i tuoi capezzoli e torturare dolcemente le tue grosse mammelle un po’ cadenti. Perdo la ragione, quando tu lo fai ai miei seni appena visibili. Nessuna donna resiste alla voglia di alzare l'asticella, man mano che progredisce l'intimità con un'altra femmina che ci stia e che non veda l’ora anche lei.

Si parte sempre con un semplice e amichevole bacetto sulla guancia. Poi si passa a un bacio casualmente rubato sulle labbra: l’imbarazzo di entrambe dura poco e cede il passo al turbamento e poi al desiderio dichiarato. Parte la fase dei messaggi roventi e degli scrupoli. Frasi d’amore e passione. Ci si sfiora presto volutamente un seno o il culo, scompaiono i rossori, le esitazioni e iniziano le voglie dichiarate, i baci torridi e le esplorazioni più ardite. Si finisce con l’amarsi nude e totalmente spudorate, per bere reciprocamente il nettare della donna bramata, elisir che penetrerà in gola e disseterà per un po' la voglia. Infine, ci si desidera senza più limiti e si cerca di possedersi l’anima reciprocamente. Con la crescita esponenziale di una gelosia irrazionale e inevitabile.
Alle sette della sera tu chiudi a chiave la porta del tuo ufficio; per interfono dici alla segretaria che quando avrà finito le ultime cose potrà andare e che finirai la serata lavorativa con me. Quindi le chiedi di non disturbarci più per nessuna ragione da quel momento. Ti spogli e ti sdrai sul sofà; mi ordini di denudarmi. Non vuoi sentire scuse. Mi guardi come una leonessa guarda la sua gazzella quotidiana. Hai l'acquolina in bocca e ti brillano gli occhi, nel vedere il mio corpo perfetto nudo tutto solo per te. E quindi inizia la danza a due. Confesso che sentirmi tuo oggetto di desiderio sessuale un po’ mi lusinga. Ma mi sento ancora leggermente in colpa. Quando mi lecchi, succhi e poi ingoi il mio nettare, un po’ mi spiace, perché so che l'area “erotismo e sesso” sarebbe esclusiva competenza di mio marito. Ma ormai non mi importa più veramente. Amiamoci. Iniziamo questa storia torbida io e te, vecchia troia. Ora sono veramente pronta.
RDA
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E prima della giornata della donna, una storia che indica come le donne sanno anche risolvere i problemi più delicati.
Lady Godiva, un capolavoro scolpito nel 1861
dallo sculture inglese John Thomas, una fusione di marmo e gesso che si trova nel museo di Maidstone nel Kent.
Ma raccontiamo la storia di Lady Godiva a cui è ispirato l'opera.
Che il corpo della donna sia troppo spesso usato come un trofeo non è una novità.
Che sul corpo delle donne si facciano troppe battaglie è noto.
Che troppo spesso gli uomini pretendano di usare il corpo delle donne come merce di scambio è storia antica.
Tanto antica che questa storia risale al 1040, quando una donna intelligente cerca di convincere il marito a fare la cosa giusta.
Lui è Leofrico, conte di Mercia, Inghilterra, che a un certo punto pare avesse un po’ esagerato con la pressione fiscale sulla popolazione.
Lei è Lady Godiva, sua moglie, che si dispiace per le condizioni del popolo, oppresso dalle tasse del marito. Quindi cerca di convincere Leofrico ad abbassare le tasse. La gente non ce la fa più, i tributi sono troppo alti e la nobildonna solidarizza con loro.
Ne parla al marito. Forse, ma posso solo immaginare a questo punto, prova a utilizzare la fondamentale strategia del “ti prendo per stanchezza”. Insiste.
Prima di andare a dormire chiede a Leofrico: “Caro, che ne dici di abbassare un po’ le tasse?”.
Mentre fanno colazione ci riprova: “Caro, mi passi il pane, e a proposito, cosa hai deciso sulle tasse?”
Durante la partita di caccia alla volpe: “Amore, allora che facciamo con i tributi?”
Mentre vanno a messa: “Stavo pensando, e se abbassassimo un po’ le tasse? Lo vedi come soffre il nostro popolo?”.
Leofrico la ignora, pensa che prima o poi le passerà, in fondo è solo una fase, poi magari si dedicherà al giardinaggio o al ricamo.
Ma Godiva non demorde. Come ogni donna che si rispetti è tenace e instancabile. Quindi insiste oggi, insiste domani, alla fine Leofrico non ce la fa più.
“Ah sì, vuoi che abbassi le tasse? Lo farò il giorno che tu andrai a cavallo in giro per la città completamente nuda”.
…
Leofrico si sente molto furbo, perché pensa di aver risolto così la questione e di poter tornare alla sua tranquillità domestica.
Quale donna accetterebbe una condizione simile?
Sua moglie.
Godiva dice: “Va bene”.
Come sarebbe: “Va bene?”
“Va bene, andrò a cavallo per tutta Coventry nuda. E tu abbasserai le tasse.”
Ora qui la storia diventa leggenda e non siamo sicuri di come siano andate veramente le cose.
Si racconta che Leofrico non potendo ritirare la parola data, emanò un editto con il quale costringeva tutti gli abitanti di Coventry a chiudersi in casa e non affacciarsi alle finestre fino a dopo il passaggio di Lady Godiva.
Secondo un’altra versione fu invece proprio lei a chiedere agli uomini di Coventry di restare a casa.
In ogni caso pare che alla fine il 10 luglio 1040 lady Godiva fece la sua cavalcata, nuda, coperta solo dai suoi lunghi capelli.
E Leofrico non poté fare altro che abbassare le tasse.
Tutto bello, un punto a favore della nostra Godiva che è riuscita ad ottenere quello che voleva. Quello che era giusto. Siamo tutti contenti per la sua caparbietà, la sua tenacia, il suo coraggio. E anche il suo anticonformismo. E forse anche il suo precoce femminismo.
Ma rimane un problema, che da Lady Godiva è arrivato dritto dritto fino ai giorni nostri.
È mai possibile che un uomo che si rivolge una donna che cerca di parlare di cose serie debba delegittimarla fino ridurla a mero corpo? A mero oggetto sessuale?
Sarebbe mai possibile una storia al contrario, con la nobildonna che decide di tasse e balzelli, e il marito che per attirare la sua attenzione deve andare nudo in giro per la città?
Dico oggi, eh mica nel 1040!
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EMILIA PEREZ
Parafrasando quello che scrisse Karl Kraus contro i giornalisti, ovvero “Non avere un’idea e saperla esprimere”, per Jacques Audiard, regista di “Emilia Perez” vale il contrario, ovvero avere una idea e saperla esprimere pienamente. E l’idea è di quelle davvero complesse, quasi assurda, benché possibile: il capo di un cartello di spacciatori messicani, uomo ricco, potente e temuto, matura la decisione di seguire la propria intima natura e diventare una donna. Detta così la cosa potrebbe sembrare grottesca, se non proprio comica, ma questa materia messa nelle mani di un geniale regista diventa un film altrettanto geniale. Quando Manitas Del Monte, decide di cambiare la propria identità sessuale, decide contemporaneamente di ricorrere ai servigi di una giovane avvocato, socia in uno studio di grido, Rita Moro Castro che ha appena vinto una causa importante. Naturalmente, poiché l’operazione (non solo quella chirurgica), per un boss comporta anche problemi per così dire di immagine, Manitas decide di far rapire l’avvocato costringendola, di fatto, ad accettare l’incarico dietro un più che lauto compenso. E così dopo una spasmodica ricerca, l’avvocato trova a Tel Aviv la persona adatta a trasformare il feroce boss messicano in una donna. Il nuovo nome di Manitas sarà appunto Emilia Peres, donna giunonica e fascinosa, che insieme al cambio di sesso matura via via un profondo cambio di convinzioni. In fondo il povero Karl Marx, oggi tanto disprezzato e reietto, aveva già scritto alla metà dell’Ottocento che “non è la coscienza dell’uomo a determinare la sua condizione, ma la sua condizione a determinare la sua coscienza”. Menitas-Emilia era un feroce boss non perché lo “disegnassero così”, come disse Jessica Rabbit, ma semplicemente perché un boss deve agire da boss. L’anima femminile di Menitas, prigioniera di un corpo che non le apparteneva, si libera insieme alla trasformazione fisica del corpo . Dopo essere scomparso ed essersi finto morto e dopo il lungo soggiorno in Svizzera della moglie e dei suoi giovani figli, Menitas-Emilia torna in Messico e decide, insieme all’inseparabile avvocato Rita, di allestire un centro per il ritrovamento delle persone scomparse a Città del Messico, probabilmente vittime dei cartelli malavitosi. Intanto Emilia si riappropria della sua famiglia, vestendo i panni della zia Emilia pronta ad accogliere vedova e nipoti. Ma naturalmente le cose si complicano quando la giovane vedova confessa alla donna di aver avuto una relazione con un altro malavitoso, con il quale tenterà poi una fuga d’amore, e da qui tutto finirà in tragedia con la morte dei due amanti e di Emilia. Insomma un dramma. Anzi un dramma e un thriller o, per meglio dire, un dramma introspettivo, un thriller e un film d’azione. Detto ciò sembra proprio che ad Audiard non basti tale commistione di generi, poiché in realtà il film è sostanzialmente un musical. Sì avete letto bene, tutto il plot narrativo si sviluppa in moltissimi dialoghi cantati. A questo punto il rischio di trasformare il film in una porcheria immonda era altissimo, ma questo non solo non avviene, ma la vera forza del film sta proprio nella grande capacità di Jacques Audiard, che ricordiamolo è preminentemente uno sceneggiatore e non un regista, di essere riuscito a trattare una tematica a dir poco fuori contesto, con una profondità psicologica notevolissima e averlo saputo fare in un film dal ritmo serrato e utilizzando in più un genere che mal si presta all’introspezione psicologica. Riprese sporche e apparentemente poco raffinate rendono perfettamente gli ambienti, un montaggio magistrale, un ritmo narrativo molto serrato, testi e musica di assoluta originalità, fanno di questo film un’opera geniale. Il film è stato premiato al Festival di Cannes, ha anche ottenuto 7 candidature e vinto 3 Golden Globes, poi 10 candidature a BAFTA, quindi 4 candidature agli European Film Awards, 9 candidature a Critics Choice Awards, 3 candidature a SAG Awards, 1 candidatura a Directors Guild e 1 candidatura a CDG Awards e una a AFI Awards.

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Un uomo sposò una bella ragazza. L'amava molto. Un giorno, la donna, sviluppò una brutta malattia della pelle. Lentamente iniziò a perdere la sua bellezza. Accadde così che un giorno suo marito partì per un viaggio di lavoro. Al ritorno ebbe un incidente e perse la vista. Tuttavia, la loro vita matrimoniale continuò come al solito.
Ma col passare dei giorni, la donna perse gradualmente la sua bellezza. Il marito, cieco, non poteva saperlo e la loro vita matrimoniale continuò senza alcuna differenza. Continuò ad amarla e anche lei lo amava molto. Un giorno la donna morì. La sua morte procurò all’uomo un grandissimo dolore, tanto forte da fargli decidere di lasciare la loro città una volta terminati gli ultimi riti funebri.
Un amico comune, da dietro chiamò l’uomo e gli disse: “Ora come potrai camminare da solo? Tutti questi giorni tua moglie ti aiutava”. L’uomo rispose: “Non sono cieco. Stavo recitando perché se avesse saputo che potevo vedere la sua condizione della pelle a causa della malattia, l'avrebbe addolorata più della malattia stessa. L'amavo non solo per la sua bellezza, mi sono innamorato della sua natura premurosa e amorevole. Così ho finto di essere cieco. Volevo solo renderla felice”.
Morale: quando ami veramente qualcuno, fai di tutto per rendere felice la persona amata e a volte è bene per noi agire alla cieca e ignorare i reciproci difetti per essere felici. La Bellezza svanirà con il tempo, ma il cuore e l'anima saranno sempre gli stessi. Ama la persona per quello che è interiormente, non esteriormente... ❣️ 💢 ❣️
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