#classici da leggere
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princessofmistake · 7 months ago
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« Mi domando chi sarà stato il primo a scoprire l'efficacia della poesia per spegnere l'amore! » « Ho sempre pensato che la poesia fosse nutrimento dell'amore », disse Darcy. « Forse di un amore deciso e vigoroso. Quello che è già forte, trae nutrimento da ogni cosa. Ma se si tratta soltanto di una tenue, pallida inclinazione, sono sicura che un buon sonetto ne ha subito ragione. »
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marinagalatioto · 2 years ago
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5 romanzi da leggere se hai una relazione extraconiugale
Ci sono romanzi, anche classici della letteratura, in cui uno, o entrambi i protagonisti, sono già sposati quando si incontrano e si innamorano. Te ne parlo nel post. Continue reading Untitled
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falcemartello · 11 months ago
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Spiegone #RADIOSBORO
Per normies e giornalisti (senza fonti e screen perché non mi va, ma si trova tutto sotto l'hashtag).
Il giorno in cui il signor Cecchettin si ergeva a nemesi del patriarcato e dichiarava di valutare un futuro "impegno civico", iniziò a circolare uno screensciotto preso da "Facebook" con un "decalogo" tipicamente boomer mortodefregna basic. Successivamente qualcuno trovò qui su twitter account @ginother a nome "Gino Cecchettin". Aveva stesso handle di instagram, ora cancellato, e era persino linkato su pagina personale linkedin, fino a ieri sera. Gli ultimi post, di novembre 2023 si riferiscono alla scomparsa della povera Giulia, quando ancora non era un caso nazionale, con messaggi di speranza scritti da conoscenti. Tutto ciò fa apparire RIDICOLE le ipotesi di "account squatting" avanzate dai soliti "deboonkers" cioè spin doctors (mentitori) istituzionali. Una semplice ricerca cronologica su tale profilo riportò alla luce le perle che noi tutti noi amiamo, cioè (cito a memoria) "tipo.. ti metto una mano nelle mutande", "la 2 e la 7", "lato B = vero lato A" insieme a grandi classici senza tempo come GRAN PETARDA, e "perizoma con 4 gradi". Fra questi, un tweet enigmatico quanto ridanciano, come risposta ad un x non più visibile "Radiosboro". La parola, apparentemente senza significato, ma che comunque si assumeva essere pecoreccio iniziò ad essere rimbalzata fra utenti X, ignari dell'esistenza del gruppo musicale goliardico veneto. Nacque così in modo totalmente spontaneo e casuale l'ht #RADIOSBORO, che in 4 giorni conta quasi 100mila tweet, e sotto il quale si è raccolta la frustrazione di un paese che rifiuta di farsi dare lezioni di morale da un improvvisato castigatore di costumi che fino a un mese fa era un basic boomer che scriveva robe da allupato sotto i tweet di tipe random, il tutto mentre la moglie aveva il cancro.
@luddinski
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Il signor Cecchettin avrebbe potuto leggere in diretta a CTCF i suoi tweet migliori, e dire "è per colpa di questo modo di pensare che mia figlia è morta". Letteralmente "scacco matto destri". Ha preferito invece far mandare minacce a mezzo stampa dall'avvocato.
Ovviamente non penso (non lo pensa nessuna persona assennata) che sia colpa di quel modo di pensare che sua figlia è morta, ma è quanto ci stanno ripetendo da mesi e anni su ogni media. Ed è quanto ci sta dicendo anche lui.
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kon-igi · 7 months ago
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DA SERVIRE FREDDA
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La tamblera @matermorbi ha concluso questo interessante acquisto presso una bancarella dell'usato e mi ha chiesto come poterne tirare a lucido la lama.
Si tratta di un coltello a serramanico tipico della Corsica ma di derivazione toscana, da dove ne venne importato il disegno e la forma dal alcuni coltellinai corsi alla fine dell'800.
Il suo nome è VENDETTA CORSA (come si può leggere sulla lama) e appartiene alla categoria degli STILETTI, pugnali a lama sottile (spesso nemmeno affilata) che si usano prevalentemente in affondo.
La decorazione - stemma con testa di moro sulla guancetta sinistra e motivi floreali su quella destra - sono classici di questo prodotto e sebbene queste sembrIno serigrafate su plastica, una volta erano incise su osso e dipinte a mano.
La restaurazione di un coltello simile fatta ad arte implicherebbe la separazione di tutte le parti (lama, gozzo, molla, impalcatura, rivetti e e guancette) ma per ovvi motivi semplificherò proponendo due sistemi per pulirlo lasciandolo intero.
Visto che le guancette sono di plastica (se fosse stato osso NO) il coltello deve essere completamente bagnato con un lubrificante spray (tipo Svitol, per intenderci) e poi bisogna pulirne l'alloggiamento della lama prima con uno stuzzicadenti - grattando i residui di ruggine e polvere, soprattutto negli angoli - e poi con un pezzetto di carta assorbente pressato dentro e spinto avanti indietro con la punta di un cacciavite piccolo. Solo a questo punto si potrà cominciare a ripiegare la lama (avvolta in uno straccio per non tagliarsi): chiuderla per qualche grado e poi riaprirla, più e più volte fino ad arrivare alla chiusura completa, ponendo attenzione al fatto che dai 90° in poi la molla è concepita per far chiudere la lama di scatto. Per finire la prima parte, un'altra pulita accurata con stuzzicadenti nel meccanismo del perno.
PULIZIA MECCANICA: se si possiede un Dremel, Amazon offre inserti IN FELTRO che cerati con paste abrasive a grit in diminuendo (sembrano saponette di diverso colore che contengono sostanze abrasive a grana progressivamente sempre più fine) possono prima abradere la ruggine e poi lucidare il metallo. Esistono inserti in feltro o panno anche per trapano classico ma sono enormi e nel piccolo si lavora male.
PULIZIA MANUALE: anche qua esistono le cere da lucidatura per carrozzeria ma in mancanza di questo vanno benissimo le paste lucidanti per l'acciaio inox della cucina o addirittura il Vim Crema. Si mette il prodotto su una garza umida e si pulisce il gozzo con movimento circolare ad avvolgere e la lama con movimenti lineari avanti e indietro (sempre gli stessi movimenti... MAI cambiare direzione). L'uso di carta vetrata Grit 5000 e acqua richiede maestria di movimenti perché basta deviare appena per opacizzare il metallo, quindi è sconsigliata.
UN'ULTIMA COSA...
La scritta sui dorsi VENDETTA CORSA e CHE LA MIA FERITA SIA MORTALE sono state fatte con la tecnica dell'elettroincisione, cioè scritte a mano con una vernice a smalto e poi la lama annerita attorno con un tampone imbevuto di acqua e sale collegato a una batteria. Il metallo viene consumato leggermente attorno e diventa opaco, mentre una volta rimosso lo smalto la scritta rimane lucida.
Questo significa che la lucidatura della parte nera non potra mai venire completamente a specchio, pena la cancellazione della scritta, quindi bisogna abradere il minimo senza insistere troppo.
Questo è quanto e...
ESIGO FOTO DEL COLTELLO RESTAURATO! :)
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valentina-lauricella · 3 months ago
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Io penso che i libri si colorino delle nostre esperienze personali, quindi più viviamo, più impariamo a leggere, perché diamo una risonanza nostra, oltre il senso letterale, comune e codificato, alle parole che leggiamo. Quindi potrei dirti che ho letto molta poesia a caso, perché ho fame di poesia, e alcuni classici per curiosità, fin da quando ero ragazzina; ma ora, da adulta, capisco di non averli letti totalmente, e che adesso potrei leggerli meglio. Ti menziono i primi autori che mi appassionarono: Pirandello, Buzzati, Landolfi, Edgar Lee Master (l'antologia di Spoon River), Borges, Umberto Eco e Albert Cohen...
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t-annhauser · 2 months ago
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Siccome ho un nome russo da ragazzo mi sono fatto affascinare dalla letteratura russa, i miei preferiti sono Gogol' e Bulgakov, russo è anche l'unico autore vivente che riesco a leggere, Viktor Pelevin, i cui libri mi tengo cari come fossero dei classici (sono ormai fuori catalogo, si possono trovare solo nelle biblioteche o nell'usato). I romanzieri russi sono una spanna sopra gli altri, la Russia è un gigantesco pentolone di follia che produce cose meravigliose, e nel computo ci aggiungerei anche Nabokov di cui possiedo un'edizione di Lolita del 1963. Non mi interessa che i russi siano ritornati a essere i cattivi, è un ruolo che si sono sempre fatti ritagliare addosso egregiamente, in ogni caso io sono apposto con la coscienza: Gogol' e Bulgakov erano ucraini e quindi sono fiducioso che gli illuminati europei non ne faranno un grande falò e misericordiosamente li risparmieranno. (Tarkovskij, mi sono dimenticato di Tarkovskij, e di Majakovskij).
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tiffaluvr · 5 months ago
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IF THERE'S ANY ITALIANS ON THE TAGAMEMNON:
che traduzione dell'Odissea mi consigliate?
(for non italians: I'm asking "what translation of the Odyssey would u recommend me?" but the post is in Italian since I need an Italian version ofc)
more stuff under the cut :P
[TL;DR se vi secca leggere: non so il greco, non lo studierò perché sono allo scientifico, e avevo visto la versione di Privitera che mi piaceva da qualche estratto che c'era nel nostro libro: è buona?]
tenete conto che non so leggere il greco, ho finito la prima liceo però l'Odissea mi ha appassionata un po' troppo e vorrei davvero leggerla.
nel mio libro c'era quella di Privitera, di cui trovo online (e presumo quindi nelle librerie) soltanto la versione della Oscar Mondadori che da quel che ho capito non ha manco le note a piè di pagina (e per me che non sono esperta di mitologia, qualche reminder occasionale può servire).
dite che è buona? non so se la comprerò in un futuro prossimo dato che ho già una bella lista di cose da leggere per quest'estate, però mi interessa troppo leggere qualcos'altro oltre a ciò che c'è nel libro di scuola.
la prof di latino mi suggeriva anche quella della Ciani, oltre che Privitera (a quella di ita manco ho chiesto perché mi avrebbe detto probabilmente di memorizzare un intero vocabolario di greco antico, studiarmi tutta la lingua e leggerla in originale da una pergamena ricopiata da un grammatico alessandrino)
per altre opinioni ho controllato su reddit da qualche vecchio post, e sinceramente, non so se affidarmici. considerando che ho fatto l'altro giorno un post su r/libri (mai usato reddit tralaltro) chiedendo aiuto su un paio di classici, proprio perché non volevo basarmi solo su Wikipedia, e le opinioni erano tutte contrastanti (almeno so stati gentili). Così era anche sotto i post delle traduzioni dell'Odissea.
Quindi chiedo a qualche eventuale amico sul tagamemnon che potrà salvarmi 🙏
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kyda · 7 months ago
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com'è stata la vostra esperienza con i libri al liceo? i prof vi davano liste di classici da leggere per forza da cui siete rimasti traumatizzati? stamattina dibattito con un'amica su questa cosa. io non ricordo mai nessuno dei miei prof che ci abbia dato liste, i classici che ho letto al liceo li ho letti perché la mia prof era super appassionata quando spiegava e mi andavo a cercare io quello che mi ispirava di più
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rideretremando · 21 days ago
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Che si parli di politica internazionale o di genere, di scuola o di gpa, impressiona un fatto, reso evidente dal panottico social. Buona parte dei lavoratori culturali variamente progressisti formatisi a cavallo tra XX e XXI secolo ha ereditato una quantità immane di menzogne novecentesche; ma soprattutto, questi lavoratori culturali non vogliono o non sanno discutere (e spesso è difficile capire se si tratti della solita rigidità gruppettara da posizionamento o di una vera e propria incapacità di pensare, risultante da un curriculum di studi ormai standardizzato). La refrattarietà al dibattito critico si esprime nella tendenziale riduzione di tutto ciò che nella storia è stato pensato, scritto e discusso, alle misere proporzioni da festival pignetesco, retorica LGBTecc., cinica editoria da testimonial, o tlonismo del 2020. Leggere le nuove introduzioni ai classici, in questo senso, è un’esperienza agghiacciante (vedere i temi delle medie di Tobagi, o quel Maicol Pirozzi delle humanities che è Giammei). Non si sa se prevalga la mediocrità o l’omertà. Lo “spazio delle donne” - cioè la rappresentazione mediatica di argomenti importantissimi - è in genere monopolizzato da persone il cui ideale, malgrado il recitato “femminismo”, sembra la boria di un barone universitario maschio nato nel 1902, e abituato, alla prima difficoltà dialettica, a cavarsela con un “io so’ io” belliano. Purtroppo ad ambienti del genere – a roba di agghiacciante conformismo tipo “Bambine ribelli” – si aggrappano anche gli ex radicali, un tempo diffidenti verso l’establishment ‘dde sinistra’. Negli ultimi giorni, il fatto di cui parlo è stato reso visibile dalle polemiche sulla gestazione per altri. Per quel che mi riguarda, e a parte l’avversione per la brutalità meloniana, non ho una posizione sicura (in passato ho condiviso alcune riflessioni molto articolate e chiaroscurate di Claudia Daniela Basta, e continuano a sembrarmi sensate molte perplessità delle femministe storiche). Sono sicuro, invece, di una cosa: non occorre necessariamente accettare tutti gli argomenti di Cavarero (sineddoche) per constatare che il loro livello è infinitamente superiore, e la loro natura infinitamente più laica, di quelli di coloro che liquidano l’opposizione femminista come “oscurantismo”. Il che rende appunto quasi impossibile un dibattito fecondo: da una parte infatti c’è un pensiero meditato, dall’altra prevale una sloganistica d’accatto. In più, gli sloganisti pro-gpa vengono non di rado da esibite letture del femminismo storico, che hanno mitizzato senza però farsi realmente carico delle conseguenze: così oggi, secondo la tipica prassi dei chierici italiani, essendo in disaccordo coi vecchi miti ma mancando di buoni argomenti, devono o ignorarli o rinnegarli in modi da ‘commissariato del popolo’. Purtroppo trovano a volte un appoggio nelle dichiarazioni o avventate o cerchiobottiste di Lea Melandri: che sia sulla politica internazionale sia sulle donne dà la misura dell’enorme disastro, dell’inconsistenza ideologica e della rincorsa allo Spirito Mediatico del Giorno su cui si fonda la ‘cultura’ della nostra sinistra maggioritaria.
Matteo Marchesini
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fioredialabastro · 6 months ago
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Ciao! Vorrei chiederti la 64 e la 72☺️
Ciao! 😊 Grazie per le domande, senza saperlo hai toccato due dimensioni a me molto care. ✨
64. Musica in streaming, Spotify, CD o vinile? 🎶
🎼 Direi proprio tutte e quattro le possibilità (anzi, tre, siccome Spotify rientra nello streaming). La musica è parte di me fin da quando ne ho memoria, pare che sia nata anche con l'orecchio assoluto. L'ho suonata, cantata, e ovviamente ascoltata. Credo che non sia mai esistito un giorno della mia vita in cui non abbia sentito almeno un brano, perché il silenzio totale mi disturba, mi sconcentra, mi innervosisce; ho bisogno di musica per studiare, guidare, lavarmi, cucinare, fare le faccende domestiche, passeggiare in solitaria, leggere, qualche rara volta anche per dormire. Ovviamente il genere cambia in base all'attività da svolgere.
💻 La modalità più utilizzata, quindi, è senza dubbio quella streaming, per una semplice questione di comodità. Tuttavia, essendo una millennial, sono cresciuta con i CD, gli mp3 e i vinili, e il primo amore si sa, non si scorda mai.
💽 Possiedo ancora uno stereo con lettore CD e alcuni dischi che i miei genitori mi facevano ascoltare da bambina, come Pino Daniele, Domenico Modugno e Tchaikovsky, ma anche i classici del jazz che ricevetti in regalo da fanciulla.
📀 Per quanto riguarda i vinili, invece, ho in casa il giradischi di mio nonno, risalente agli anni '60, a valigetta e con la puntina un po' rovinata. Ho anche i suoi dischi, come quello delle colonne sonore dei film più famosi, ma non ho rinunciato negli anni a procurarmi dei vinili miei: uno nuovo, di Edith Piaf, ricevuto in regalo, altri dell'epoca, comprati ai mercatini, come quelli di Sting, ai quali sono molto affezionata.
🎵 Ciononostante, sia i CD che i vinili li ascolto raramente. I primi quando voglio rivivere alcuni momenti della mia infanzia, i secondi, invece, li preservo per occasioni speciali e intime. Non solo perché temo per la puntina fragile del mio giradischi, ma anche perché trovo l'ascolto dei vinili un momento magico, sprecato da gustare in solitaria ma al contempo da condividere solo con chi è disposto ad entrare con te in quel mondo di suoni graffiati che trasudano di storia e mille vite, che nella loro imperfezione ti fanno sentire al sicuro e ti fanno viaggiare oltre il tempo e lo spazio, lasciandoti in una curiosa estasi, fatta di brividi e totale alienazione dal mondo.
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72. Cosa non può mancare in casa tua? 🏡
Amo molto il mondo delle case e dell'interior design fin da bambina, perciò mi ritrovo spesso a fantasticare sulla mia casa ideale, intervallando tra sogni irrealizzabili e ipotesi più concrete e fattibili.
🛋️ L'unico spazio che si può creare in qualsiasi tipo di dimora e che non può assolutamente mancare in nessuna casa che abiterò è la libreria.
📚 Per me i libri non sono solo oggetti, ma anche ricordi personali. Di ciascuna opera cartacea sui miei scaffali ho memoria delle persone, dei luoghi, delle situazioni e delle emozioni coinvolti nell'ottenerla e leggerla. Per tale ragione, se non ho problemi ad entrare in negozio per regalare libri ai miei cari, non riesco a donare né a prestare quelli già miei, perché è come se mi venisse tolta una parte di me, anche se momentaneamente. Allo stesso modo, quelle rare volte in cui li ricevo in prestito, desidero ardentemente acquistarli in separata sede dopo averli restituiti, per sigillare materialmente quel pezzo di vita sugli scaffali tangibili della mia memoria. In sostanza, la mia libreria è un frammento della mia anima e dove vado io, c'è indissolubilmente anche lei, finché morte non ci separi.
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🤓 Per concludere vorrei aggiungere, stavolta senza dilungarmi, altri due spazi per me molto importanti, immancabili se avessi risorse economiche sostanziose:
🌿 Un giardino o come minimo un affaccio su un ampio spazio verde, perché senza il contatto con la natura non ci so stare;
🌊 La vista mare o almeno la possibilità di raggiungerlo velocemente, perché su di me ha un potere curativo incredibile.
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diceriadelluntore · 1 year ago
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Sono molto timida e ti scrivo in anonimo, ma volevo ringraziarti per le cose che sto scoprendo con le Storie di Musica. Sto ascoltando cose che non credevo mi piacessero e sto imparando tantissimo. Ti volevo chiedere due cose: come scegli i dischi? come definire un disco pietra miliare, come tu scrivi spesso? Grazie <3
Questo messaggio mi riempie di gioia e ti ringrazio per avermelo scritto. Nel rispetto della tua timidezza, quando ti va scrivimi ancora!
Hai posto due domande niente male, la prima è più facile da rispondere. Ho cambiato varie volte sistema di scelta, da un po' di tempo mi prefiggo un tema, un filo rosso che lega i dischi che scelgo, accomunati da questa caratteristica prescelta, che può essere sui temi che espongono, sulla copertina, sul periodo in cui sono usciti o, come nel caso di questo mese, il fatto di essere di un periodo e di un posto determinato. Una volta scelto il filo rosso, che spesso discuto con i miei amici anche di Tumblr, mi faccio una lista dei miei dischi e una piccola ricerca: se c'è qualche disco significativo nelle mie guide e nei miei libri sulla musica che non conosco o che non possiedo, lo cerco, lo ascolto e se mi convince lo metto nei papabili. Ovviamente più un disco mi è familiare più mi sento a mio agio a raccontarlo, ma dopo anni di storie sto imparando e ho conosciuto tante nuovi dischi che piano piano mi sono cresciuti dentro. Ed è sempre bellissimo riascoltarli, capita di recuperare canzoni o dischi dimenticati per anni.
La seconda è una domanda all'apparenza semplice ma in pratica complicatissima. Una pietra miliare è una metafora per indicare qualcosa che segna: in epoca romana era un ceppo di pietra numerato che indicava sulle grandi strade la distanza progressiva, in miglia, dal punto di partenza, cioè da Roma, dove non era un modo di dire che tutte le strade portavano. In senso figurato è un evento che segna un percorso, che lascia appunto un segno. Per spiegarti cosa sia, parto da una definizione rubandola a Italo Calvino, che scrisse un piccolo saggio sul Perchè leggere i classici (in questo caso i libri):
I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato (o più semplicemente nel linguaggio o nel costume).
Penso che per i dischi sia lo stesso: al netto di altri fattori (vendite, premi, notorietà) è il valore culturale, estetico e creativo che me li porta a definire tali. Attenzione, questi sono tre fattori soggettivi e puoi confrontare da te, tra le varie classifiche (che per me hanno sempre lasciato il tempo che trovano, ma un quadro generale lo riescono a dare) le differenze delle scelte e delle valutazioni, eppure è più facile, soprattutto seguendo un percorso anche storico filologico, trovare quei lavori che hanno segnato il proprio tempo, che hanno creato uno stile, che ne hanno esaltato al massimo uno proprio, che sono riusciti a parlare almeno ad altri musicisti tracciando un nuovo percorso, un punto di partenza da evolvere. Se esiste una caratteristica comune, credo sia proprio questa, la capacità di mantenersi vivi, di riuscire a parlare con la stessa potenza anche a decenni di distanza (e questo spero che lo avvertirai continuando ad amare la musica), di fermare un momento e di regalare una sensazione magica sia a chi li ascolta per la prima volta sia a chi li riascolta per l'ennesima.
Ti ringrazio tanto ancora e buona musica!
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princessofmistake · 7 months ago
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« Tuttavia », disse Miss Lucas, « il suo orgoglio non è così criticabile come in altri casi, perché ha qualche attenuante. Non fa meraviglia che un giovane intelligente, con un bel nome, ricco, al quale tutto arride ed è favorevole, abbia una grande opinione di sé. Direi quasi che ha un certo diritto di essere orgoglioso. »
« E' verissimo », rispose Elizabeth, « e potrei scusare facilmente il suo orgoglio, se non avesse ferito il mio. »
« L'orgoglio », osservò Mary che teneva a dimostrare la profondità dei suoi pensieri, « è un difetto assai comune. Da tutto quello che ho letto, sono convinta che è assai frequente; che la natura umana vi è facilmente incline e che sono pochi quelli tra noi che non provano un certo compiacimento a proposito di qualche qualità - reale o immaginaria - che suppongono di possedere. Vanità e orgoglio sono ben diversi tra loro, anche se queste due parole vengono spesso usate nello stesso senso. Una persona può essere orgogliosa senza essere vana. L'orgoglio si riferisce soprattutto a quello che pensiamo di noi stessi; la vanità a ciò che vorremmo gli altri pensassero di noi. »
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sisif-o · 7 months ago
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vorrei leggere tutti i classici della letteratura, tanti libri di poesia, guardare i film degli anni '50 e '60, approfondire temi filosofici e teologici
ma ho solo una vita ed è pure mezza impegnata da lavoro studio palestra
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m2024a · 9 months ago
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https://notizieoggi2023.blogspot.com/2024/02/la-poesia-deve-alzare-le-proprie.html La poesia deve alzare le proprie barricate contro l'invasione dell'antiumanesimo Soltanto chi come me, o come qualcuno dei miei lettori, ama davvero la letteratura si rende conto, senza ipocrisia, che nella società odierna e per le attuali classi dirigenti la letteratura è diventata un impiccio, un residuato, qualcosa da portare in cantina a riempirsi di polvere. Oggi è, o sembra, tutto finito. Inutile ricordare agli uomini della politica e dell'economia, qualunque sia il loro colore politico, che se l'Italia non è rimasta una espressione geografica, ed è nata in quanto entità storica e statuale è stato soprattutto perché l'hanno sognata, preconizzata, amata i poeti, da Dante a Petrarca, da Foscolo a Manzoni al giovane Leopardi, da Carducci a D'Annunzio, da Ungaretti a Pasolini. Inutile ricordare che l'Italia è prima di tutto la sua lingua meravigliosa e dorata, è il suo patrimonio inesauribile d'anima, d'arte, di poesia, di musica. Sembra che sia chiaro soltanto tra i pochissimi grandi uomini rimasti in Italia, penso a Riccardo Muti. Sono venuti in odio i modelli eccellenti, erosi da un falso egualitarismo straccione, e dal dominio dei social, dove «uno vale uno» e il primo pirla può impunemente apostrofare un premio Nobel: fenomeno che condannò anche Umberto Eco, non sospettabile certo di simpatie per gli «apocalittici» nemici della modernità. La scuola, disastrata in maniera equanime da governi di sinistra e di destra sino all'abominio grillino dei banchi a rotelle, ha ridotto lo studio della letteratura a pochi autori, spesso soltanto del Novecento, ignorando i classici e il loro splendore e, di fronte ad ancora tanti bravissimi insegnanti, c'è sempre qualcuno (a volte ministri come il non rimpianto Franceschini) che preme per dare più spazio a fumettisti, saltimbanchi, cuochi, comici, rapper, trapper, cantautori, dj, influencer: seguendo pedissequamente ogni moda. Si è inventato il binomio scuola lavoro, come se l'insegnamento invece di formare prima di tutto esseri umani nella loro interezza dovesse formare pizzaioli, con tutto il rispetto per la categoria. Il lavoro della scuola era far crescere il sapere e l'anima del ragazzo, la sua comprensione di se stesso, della società, della storia, del mondo. E niente poteva farlo meglio di quell'antico ma sempre nuovo sistema di conoscenza che è la Letteratura. Niente formava di più e più in profondità che leggere poesie e romanzi, grandi strumenti di educazione al destino. Niente formava di più che il pensiero dei grandi, da Machiavelli a Galileo, da Vico a De Sanctis. Intendiamoci, non è che oggi non ci siano più quelli che scrivono poesie e romanzi. Ormai il 90 per cento degli italiani ha pubblicato un romanzo, i social diffondono a piene mani poesia, e chiamano poesia anche ogni incolpevole vagito e belato sentimentale. Ci sono in giro migliaia di sedicenti autori che scrivono tutti allo stesso modo, carino e insignificante, quasi sempre lontani da ogni scossa metafisica, da ogni senso del mistero, da ogni empito fantastico, e riducono il romanzo a qualche bella frase, a qualche trovata, o a tanto lacrimoso patetismo autobiografico. Eppure in questo mare magnum, dove nessuno distingue più niente da niente, ci sono ancora libri appassionanti e autori veri. Fiorisce la letteratura di genere, dove almeno persistono i temi eterni del male, della giustizia, della verità, e che il mercato premia (cosa che è vano vituperare): io leggo con piacere per esempio Donato Carrisi, e quando mi è capitato di conversare con Maurizio De Giovanni ho toccato con lui temi a me cari come il mito con più vivacità che con autori snobbetti e un po' premiati, magari usciti dalla celebratissima scuola Holden. Poeti veri e grandi, penso ad esempio a Milo De Angelis, esistono ancora. E ogni giorno ricevo testi di giovani che credono nella poesia e scrivono in cerca di nuove forme del vivere e di assoluto. Scrittori di alta qualità ci sono, Sandro Veronesi, Antonio Scurati, Eraldo Affinati, per esempio. E ci sono i critici, penso a Giorgio Ficara, a Alfonso Berardinelli, a Massimo Onofri, a Silvio Perrella, per altro saggisti e scrittori in proprio: ma esiste sempre di meno lo spazio editoriale e istituzionale per esercitare l'importantissimo compito della critica, vagliare la produzione letteraria, individuare i valori più forti, non transeunti, seguire gli autori, sostenere una tendenza. Oggi tutto è effimero, volatile, virtuale. Leggero: ma non si dica con criminale menzogna che è la leggerezza di Italo Calvino: tutt'al più è quella di Luciana Littizzetto. A cui preferisco le giovani tiktoker, che quando cinguettano innamorate di un titolo possono anche riservare sorprese, magari stanno rileggendo e rinverdendo un classico... Il vuoto è prima di tutto un vuoto sociale, culturale, spirituale. Ed è da connettersi al crollo dell'umanesimo, che dalla Firenze del Rinascimento sino all'esistenzialismo di Sartre e di Camus aveva innervato la cultura europea. Per molti esponenti del mondo intellettuale l'essere umano non è più al centro della società, l'essere umano intero, in carne ed ossa, con i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue debolezze, la sua follia, la sua capacità di ribellione, di autodeterminazione del proprio futuro. Ed è caduto a picco il senso della Tradizione, che è da modaioli imbecilli vedere come passato e polvere, mentre è conoscenza attiva e critica delle radici e insieme forza propulsiva per proseguire nella costruzione di una civiltà. La letteratura è stata a lungo il midollo spinale (l'espressione è di Jacques Attali) di una Nazione. E certamente di quella Europa che per primo Victor Hugo sognò come «Stati Uniti d'Europa». Senza letteratura, senza poesia, senza il primato dello spirito si configura una società non liquida, come vuole una celebre definizione sociologica, ma smidollata, un'Europa vaso di coccio tra le Potenze del nuovo ordine mondiale, prona di fronte alle insidiose idiozie nichiliste della cosiddetta cancel culture che ha soffiato dall'America in questi anni e alla fine si è rivelata una cultura della cancellazione, o del tentativo di cancellazione, guarda caso, proprio della parte gloriosa della cultura europea, oggi indifesa, incapace di reagire, di ritrovare l'orgoglio e l'amore di se stessa. Per la prima volta nella storia dell'umanità al vertice dei valori, come potere assoluto e incontestabile, è rimasta l'economia, declinata come finanza e profitto. E per la prima volta nella storia dell'umanità tutto il resto viene considerato un ingombro, qualcosa di attardato e inutile: il sacro, l'ideale, la gratuità, il valore, l'onore, la bellezza spirituale, la ribellione: il tesoro millenario della letteratura, da Omero a Borges. Il primato totalitario del profitto non ha niente a che fare col liberalismo che conosco io, quello di Benedetto Croce, Panfilo Gentile, Salvador De Madariaga. È in realtà un feticcio, un idolo, un Vitello d'Oro senza nessun Mosè in vista pronto ad abbatterlo: una irresistibile forza disumanizzante. Il pericolo, senza un nuovo umanesimo per il XXI secolo, è che si corra verso un'era di uomini-macchina, in balia di piccoli desideri indotti dalla pubblicità (e non so ancora per quanto dai miserabili imbonitori elettronici detti influencer), un'era di esseri privi di carne, di anima, di sesso, di radici, di sogni, vacui consumatori di tempo libero, prodotti deperibili e altrettanto deperibili ideologie. Uno strumento di opposizione, di resistenza e forse di contrattacco rispetto alle forze dell'antiumanesimo è la voce legislatrice (anche se mai riconosciuta come tale) della poesia, quell'antico e attualissimo sistema di conoscenza dell'anima e dell'universo che chiamiamo letteratura. Per questo nel disegno dei dominatori tecnologici ed economici del mondo poesia e letteratura non devono valere più niente, non devono avere spazio né ascolto. O, come ho appreso interrogando Chat GPT, opere poetiche e narrative potranno essere prodotte, pulite e anestetizzate, dalla IA, «assolutamente sì». Non so se un disegno così riuscirà. Dico soltanto che se riuscirà, quando saranno abbattute le statue di Virgilio, Dante, Shakespeare, Michelangelo, Goethe, Beethoven, Voltaire, Tolstoj la civiltà europea sarà finita. A me questo disegno non piace, e sono disposto, cari lettori, ad avversarlo sino all'ultimo sangue. All'ultima pagina.
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bicheco · 2 years ago
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Globi terracquei
La catastrofe umanitaria della conferenza stampa del governo a Cutro entra di diritto fra i classici della comicità noir (per i 73 morti e la danza macabra delle bare fra Crotone e Bologna). C’è la Meloni che non ha idea di ciò di cui parla. E, alla sua destra e alla sua sinistra, ci sono i vice Tajani e Salvini: quello sa leggere, infatti corregge sottovoce una delle sue scempiaggini; questo sa scrivere, ma solo sul cellulare mentre fa sì sì con la testa e gongola a ogni gaffe dell’odiata. I giornalisti, ritrovata finalmente coscienza di sé dopo 20 mesi di letargo draghiano, la smentiscono continuamente. E una vocetta fuori campo con inflessione sarda tenta di silenziarli: “Non è un dibattito”, “Non potete”, “Non è professionale”. È Mario Sechi, neo- portavoce e soprattutto portafortuna, già noto perché nella sua modestia crede di aver inventato il giornalismo e tiene a farlo sapere. Solo che non riesce a uscire dalle vite precedenti di montiano, renziano e draghiano e non si dà pace per questi cronisti che fanno domande (“Non è professionale”). Come se il problema fossero le domande e non le risposte.
Eravamo rimasti a Piantedosi che incolpava i morti di scarso patriottismo per non essere rimasti a Kabul o ad Aleppo a “contribuire al riscatto dei loro Paesi” e di somma imprudenza per aver scelto un barcone pericolante invece di una più confortevole nave da crociera; e poi rimediava con l’imperitura minaccia: “Fermatevi lì, veniamo noi a prendervi”, come dicono le segretarie dei Vip agli scocciatori che chiedono un appuntamento: “Ci facciamo vivi noi”. Ora la Meloni chiarisce che non intende andare a prendere nessuno: “Siamo abituati a un’Italia che va a cercare migranti nel Mediterraneo, ma questo governo vuole andare a cercare scafisti in tutto il globo terracqueo”. Dicesi globo terracqueo l’insieme di terre e acque del pianeta. E, se è ragionevole cercare lo scafista in acqua (salvo in quelle territoriali altrui), siamo curiosi di vedere come lo riconoscono sulla terraferma, dove può mimetizzarsi con qualunque altra figura professionale. A meno che non si faccia trovare in uniforme da scafista, con targhetta appuntata al petto, dicitura sulla carta d’identità e tessera del sindacato, nel qual caso chapeau. Ora potete facilmente immaginare il terrore seminato nella categoria scafistica dalla duplice minaccia meloniana: cercarli in tutto il globo terracqueo e condannarli fino a 30 anni di galera. Cioè la stessa pena che rischiano già oggi, anzi la rischierebbero se li prendessero. Ma non li prendono quasi mai perché i migranti, indagati per clandestinità, hanno la facoltà di non rispondere e quasi sempre la esercitano. Cioè perché le teste dei nostri sgovernanti sono globi terracquei. Anzi, solo acquei.
Marco Travaglio (definitivo)
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levysoft · 1 year ago
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Romanzo dalla gestazione travagliata: ancor prima della sua pubblicazione, fu messo al bando e l’autore stesso, Zamjatin,  fu costretto ad abbondare il patrio suolo e a emigrare in Inghilterra dove, nel 1924, riuscì a dare alle stampe il libro “vietato” nel paese natìo, ovvero la nascente Unione Sovietica.
Il titolo, brevissimo, in russo si scrive così: “Мы”, ed è l’equivalente, appunto, del pronome “noi”.
Poco conosciuto in Italia benché gli sia stata attribuita, dalla critica internazionale, un’indole profetica ed altresì lungimirante.
Scritto tra il 1921 e il 1924, venne pubblicato in Russia, patria dell’autore,  solo nel 1988. Influenzò in varie forme “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley e “1984” di George Orwell che lo recensì, nel 1946, per l’edizione francese.
LA TRAMA
I nomi  e i cognomi non esistono più nello “Stato Unico” che, per imporre la sua perfetta civilizzazione, ha dovuto vincere una lunghissima guerra.  Sigle alfanumeriche indentificano le persone che vivono sotto un’enorme cupola verde, svegliandosi alla stessa ora, mangiando alla stessa ora, passeggiando alla stessa ora, e dedicandosi alle attività sessuali, regolate e controllate, solo dopo avere effettuato la prenotazione del partner con il quale si desidera scambiare più di qualche effusione. D-503 lavora come ingegnere e sovraintende la costruzione dell’Integrale, un’astronave spaziale che porterà nell’universo la matematica felicità raggiunta sulla terra. Ma D-503 incontrerà I-330: una donna che inizierà a complicargli la vita a tal punto da contrarre una irrazionale malattia.
LA RECE
Leggere il romanzo di Evgenij Zamjatin nel 2017, pensando che fu scritto fra il 1920 e il 1921, è un’esperienza quantomeno affascinante. Come poi, questo libro, rimanga ancora poco conosciuto e non gli venga attribuita la stessa valenza letteraria di grandi opere come “Il mondo nuovo” di Huxley e “1984” di Orwell, rimane un mistero tutto  da scoprire.
Forse la provenienza dal mondo russo lo ha penalizzato rispetto all’egemonia della cultura occidentale che comunque lo ha aiutato a venire allo scoperto ( come dicevamo, “Noi” fu pubblicato in russo solamente nel 1988).
L’appassionato del genere distopico troverà tutto quello che cerca: accompagnato da una scrittura sincopata, in grado di trasmettere le emozioni estranianti del protagonista, che è immerso in un futuro alienante, subirà in prima persona le aberrazioni di ciò che comunemente è considerato progresso tecnologico e sociale. In “Noi” domina lo “Stato Unico” in cui la popolazione, se ancora può definirsi tale, è la ramificazione cellulare di un solo corpo  guidato dalla perfezione matematica: l’uomo non è più persona ma unità assemblata in un meccanismo strutturato e globale. In questo incastro, rigoroso e incontestabile, la ripetizione all’infinito è fonte di felicità e, per mantenerla, l’inciampo deve essere corretto immediatamente e trattato come una pericolosa anomalia che può dar vita a strane forme di riflessioni. Concetti apparentemente semplici come “fantasia” o, più complessi, come “anima”, costituiscono patologie molto gravi. Zamjatin, attraverso gli appunti del suo personaggio D-503, conditi a volte di sprezzante ironia, sembra parlarci da un mondo parallelo in cui l’umanità ha deciso di sottrarsi a se stessa pur di vivere in pace e serenità. Questi piccoli riassunti di vita plasmata sull’esattezza scientifica raccontano una versione, futura e paurosamente plausibile, della nostra società, o più semplicemente, di noi. Chi ha subìto la fascinazione del fordismo religioso de “Il mondo nuovo” o della figura del “Grande Fratello” orwelliano, non può sottrarsi alla lettura di quest’opera fondamentale. Una potente critica socio-politica che si fa monito per l’intero genere umano, il tutto declinato mendiante le travolgenti vicende del protagonista del romanzo.
L’INCIPIT
<< Mi limito a trascrivere – parola per parola – quanto pubblicato oggi sul Giornale di Stato >> “Di qui a 120 giorni verrà ultimata la costruzione dell’Integrale. Si approssima il grande, storico momento in cui il primo Integrale si librerà nello spazio dell’universo. Mille anni fa i vostri eroici avi assoggettarono al potere dello Stato Unico l’intero globo terrestre. Vi apprestate a un’impresa ancor più gloriosa: grazie all’Integrale di vetro, elettrico e ignivomo, integrerete l’inifinita equazione dell’universo. Vi apprestate ad assoggettare al benifico giogo della ragione esseri ignoti che dimorano su altri pianeti e, forse, ancora si trovano allo stato brado della libertà. Se costoro non comprenderanno che rechiamo loro la felicità matematicamente infallibile, nostro dovere è: costringerli ad essere felici. Ma prima delle armi, sperimenteremo la parola”
E’ un inizio fulminante e carico di significato. Zamjatin ci catapulta nella realtà alternativa di “Noi” con la notizia del giorno, riportata dal “Giornale di Stato”. Si fa cenno alla diffusione di felicità nel selvaggio universo, in un modo molto simile alle nostre attuali “esportazioni” di pace in nazioni ritenute pericolose.
SIPARIO
Per accommiatarci in modo dignitoso, coniughiamo contemporaneamente passato, presente e futuro. Il passato è rappresentato dall’epoca che vide i primi vagiti dell’opera di Zamjatin, il futuro dalla realtà immaginata dallo stesso autore russo e il presente interpretato per l’occasione dai Pet Shop Boys. La band britannica nel 2006 (non proprio presente, ma quasi passato, ma so che sarete tolleranti) compose un brano dal titolo “Integral” ispirandosi a “Noi” e, nello specifico, all’astronave che nel romanzo dovrebbe essere foriera di pace nell’universo. Buona lettura e buon ascolto!
“Long live us The persuaded we Integral Collectively To the whole project It’s brand new Conceived solely To protect you One world One reason Unchanging One season”
https://www.youtube.com/watch?v=5wXMnjLU63I
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