#centro “Orti in Città”
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Natale nei Centri d’Incontro di Alessandria: Un programma ricco di eventi per combattere la solitudine
Iniziative per favorire l’aggregazione e il benessere sociale durante le festività natalizie
Iniziative per favorire l’aggregazione e il benessere sociale durante le festività natalizie Un Natale all’insegna della comunità nei Centri d’Incontro L’Amministrazione comunale di Alessandria, con il supporto dei Centri d’Incontro comunali, propone un programma natalizio ricco di eventi e attività dedicati agli anziani e alla comunità locale. L’obiettivo è quello di combattere la solitudine e…
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marcogiovenale · 1 year ago
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"di là dal fiume" 2023: programma della sesta edizione della rassegna curata dal teatroinscatola
DI LÀ DAL FIUME 2023, sesta edizione Dal 29 agosto il Cibo fra Sacro e Profano – centro di ispirazione del fare arte http://www.teatroinscatola.it/di-la-dal-fiume-sesta-edizione/ http://www.teatroinscatola.it/di-la-dal-fiume-sesta-edizione-programma/ Pronta la sesta edizione di Di là dal fiume, la rassegna promossa da Teatroinscatola che dal 29 agosto torna a trasformare luoghi insoliti della…
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lamilanomagazine · 9 months ago
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Napoli a confronto con Roma e Milano sulla Città dei 15 minuti.
Napoli a confronto con Roma e Milano sulla Città dei 15 minuti. Il Comune di Napoli, rappresentato dalla Vicesindaco Laura Lieto, ha preso parte alla tavola rotonda sulla "Città dei 15 minuti" organizzato dal Comune di Roma con Carlos Moreno presso l'Università Roma Tre. La premessa è il consolidamento dell'alleanza tra le Amministrazioni comunali delle principali città italiane sul tema della transizione e della prossimità. Un impegno concreto verso la creazione di nuove centralità per migliorare la qualità di vita dei cittadini con più servizi e spazi pubblici di qualità. Un'opportunità resa possibile, anche, dagli investimenti del PNRR e che indirizza le linee dello sviluppo urbano delle città verso una maggiore uniformità dei servizi, delle attrezzature e della qualità urbana. Lieto ha fatto il punto ricordando come il Comune di Napoli stia lavorando in questa direzione con i grandi interventi di riqualificazione degli insediamenti residenziali pubblici, i Piani Urbani Integrati delle Vele di Scampia e di Taverna del Ferro a San Giovanni a Teduccio, il nuovo ecoquartiere di Ponticelli che sostituirà i Bipiani post-sisma, i PINQUA (Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell'Abitare ) di Marianella e Toscanella, gli interventi di sostituzione edilizia di Chiaiano e di Soccavo, sono solo alcuni esemi. In tutti questi casi l'intervento edilizio è accompagnato dall'insediamento di nuovi servizi di prossimità, spazi per il tempo libero lo sport, la formazione e la scuola. Spazi verdi e orti di diretta gestione delle comunità insediate, per concretizzare un'idea dell'abitare più ampia che superi l'idea che sia sufficiente avere un tetto sulla testa. A questo si accompagna il lavoro dell'assessorato allo Sport e pari opportunità sulle attrezzature sportive, 3 palestre e 4 piscine già recuperate in questi anni, mentre termineranno entro un anno i lavori di recupero della Piscina Galante di Scampia e la Piscina Prota-Giurleo di Ponticelli. Aumenta, in questa direzione anche l'offerta di Asili Nido, 66 quelli comunali di cui 21 a gestione indiretta. Grazie al lavoro degli uffici e dell'assessorato all'Istruzione, sono state intercettare risorse PNRR che hanno consentito quest'anno l'apertura di 3 nuovi Asili Nido: uno nell'EX ECA nel quartiere Materdei, uno in un bene confiscato alla criminalità organizzata nella Municipalità 4 nel quartiere di San Carlo all'Arena, uno nella sede dei Servizi Sociali di Via Vincenzo Valente nel quartiere di Miano. E' in fasi di finalizzazione anche un lavoro di pianificazione triennale che consentirà di ampliare i posti esistenti e di lavorare su prossime aperture. I servizi pubblici, come nidi e spazi per lo sport (ma non solo) sono alla base della qualità della vita dei quartieri della città. A questi va affiancato un investimento nelle connessioni, e quindi nel trasporto pubblico per fare in modo che la prossimità non si trasformi in ghettizzazione. In questo senso, l'impegno dell'assessorato ai trasporti per l'apertura ormai prossima della linea 6, della stazioni Centro Direzionale e Tribunale, l'incremento dei nuovi treni e del sistema di mobilità leggera BRT traccia la strada verso una città sempre più inclusiva e connessa.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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jacopocioni · 10 months ago
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Piazza delle Pallottole e la sua storia
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Il nome è strano, curioso, forse addirittura inquietante… O che succedeva in questa piazza, c’era forse una fabbrica di munizioni? Oppure era qui presente un antesignano dei moderni poligoni di tiro? Era un luogo mal frequentato, in cui non era raro volassero delle pallottole? Mi spiace deludere le fantasie più sfrenate, ma niente di tutto questo somiglia neppur lontanamente a quello che avveniva in questa piazza. Cominciamo dalla ubicazione: Piazza delle Pallottole si trova nella zona tra l’abside del Duomo e l’inizio di via del Proconsolo; vi si accede da Piazza San Benedetto, da Via de’ Maccheroni e, principalmente, dalla stessa Piazza del Duomo. Procedendo per gradi, analizziamo il nome: Pallottole. Il significato è inequivocabile, vero? … NO!! Le pallottole non sono soltanto quei piccoli tubetti metallici riempiti di polvere da sparo che si inseriscono in un’arma. All’opposto, le pallottole sono un oggetto ludico, divertente, un modo di socializzare e tenere unita la gente, non disdegnando certo qualche parapiglia, di quando in quando, come in ogni gioco che si rispetti. Le pallottole, amici miei, sono le antenate delle bocce.
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Quando si gioca a bocce, è inevitabile che si crei confusione: risate, polemiche, prese per i fondelli, discussioni ed incitamenti, litigate… quelli che una volta venivano definiti “strepiti”. A Firenze, i nostri mitici Signori Otto, avevano tappezzato la città di “leggi di pietra”, quelle lapidi in cui, tra l’altro, si vietavano "giochi di palle e pallottole e fare strepiti”, a xxx braccia da chiese e palazzi signorili, e le punizioni per chi trasgrediva erano sia pecuniarie che corporali, i famosi “tratti di corda”", ad esempio.
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Nel centro storico, un solo luogo era fatto salvo da questi divieti, ed era proprio la Piazza in questione, che deve il suo nome proprio al gioco che qui era consentito fare. Il gioco era molto simile all’attuale gioco delle bocce: delle palline chiamate pallottole venivano lanciate verso un punto preciso, e vinceva chi si avvicinava di più con la sua pallottola. Era uno dei passatempi preferiti dei fiorentini, veniva inizialmente giocato in ogni dove e, visto il nostro carattere “fumino”, spesso le discussioni potevano sfociare in vere e proprie risse. Anche nel mio amato Bisdosso, ovvero diario del Pastoso, se ne trova una notazione: “… in quella viaccia, che è fra i due Orti cioè uno del Canneto delle Monache della Crocetta, e quello delle Monache degli Angiolini, fra la cantonata di Via del Mandorlo e quella della Via della Crocetta, fù ferito con un corno il Tronci dal Limonaio poeta della qual ferita il 29 di detto in Santa Maria Nuova rese l’anima a Dio. La causa per la quale detto Tronci perse così disgraziatamente la sua vita fù, che essendo costoro a giocare alle pallottole fuor della Porta a Pinti, cominciorno a litigare insieme, di modo che si attaccorno alle pugna, e furno spartiti, ma essendo entrati in Firenze uno poco lontano dall’altro tuttavia litigando, quando furono in detto luogo di nuovo si attaccorno alle pugna et essendo caduti in terra, il Limonaio venutoli alle mani un corno, che quivi non ne mancano per esserci lo scaricatoio del Beccaio degl’Innocenti, con esso ferì e ruppe una ganascia al Tronci, che teneva sotto, della qual ferita com’è detto si morì”. Questo fu soltanto uno dei tanti episodi che convinsero i Signori Otto ad emanare la legge che delimitava lo spazio in cui il gioco poteva essere praticato.
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La piazza, all’epoca, era molto più grande di quanto appaia adesso; il restringimento è dovuto ai lavori ottocenteschi con cui vennero abbattute le case che la delimitavano, per concedere più ampio respiro a Piazza del Duomo. Ma di storie questa piazza ne ha da raccontare… fu anche teatro di un delitto d’onore, nel lontano 1528. Giuliano Salviati, grande amico del depravato Duca Alessandro de’ Medici, aveva incontrato, fuori Porta San Miniato, Luisa Strozzi di ritorno dal Perdono del Monte alle Croci, e l’aveva importunata con proposte oscene. Luisa lo riferì al fratello Leone, che si mise subito in cerca di Giuliano Salviati per tutta Firenze. Fu proprio qui, in Piazza delle Pallottole, che lo trovò e, senza tanti discorsi, tirò fuori un pugnale e lo accoltellò, uccidendolo.
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Nella piazza non può non richiamare la nostra attenzione quel grande edificio di forma circolare: è di origine settecentesca. Precedentemente, qui c’era una grande tettoia che formava un portico, sotto il quale lavoravano gli scalpellini dell’Opera del Duomo: si trattava del laboratorio dove venivano realizzate le sculture e le decorazioni per la parte esterna del Duomo. Nel Settecento il vecchio portico lasciò il posto all’attuale rotonda; alla metà dell’Ottocento vi fu il definitivo trasferimento del laboratorio di restauro all’attuale sede di Via dello Studio, dove ancora oggi vengono realizzate le copie delle statue che vanno a sostituire le originali per le quali l’esposizione a cielo aperto risulta lesiva.
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Nel 1946, nel corso di un restauro della Porta del Paradiso, vennero per la prima volta smontati i fregi e venne alla luce un piccolo “cimelio” datato 1452. Si trattava di una pallottola che, probabilmente, era finita in quella intercapedine durante i lavori di montaggio della Porta del Paradiso: quasi sicuramente dei ragazzini, contravvenendo ai divieti, stavano giocando alle pallottole nei pressi del Battistero, ed una pallottola rimbalzando andò a finire proprio lì, dove è stata ritrovata dopo quasi 500 anni. Si tratta di una pallina poco più piccola di una palla da tennis, fatta di due parti di cuoio cucite insieme. Probabilmente - per darle il giusto peso - al centro, nascosto da un involucro di paglia secca ben pressata necessaria a conferire elasticità alla pallottola, si trova un pezzetto di piombo.
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Fotografia di Giovanni Krur In tempi più recenti, verso la fine del Settecento, il Granduca Pietro Leopoldo proibì il gioco delle pallottole: i giocatori toscani si spostarono così tra i filari dei vigneti, dove cominciarono a giocare allo “striscio” (che è il modo più utilizzato per lanciare la boccia da queste parti), con grandi bocce di sorgo. Ultima annotazione: in questa piazza c’era un gigantesco tralcio di vite, che viveva lì da tempo immemore e si era arrampicata sul terrazzo del primo piano di un palazzo: una pianta magnifica, che purtroppo morì nel 2005, c’è chi sostiene con lo sciagurato intervento umano. Di lei rimane il tronco, che ancora si può notare uscire dall’intonaco del palazzo, ed una targa apposta in sua memoria nel 2010. Di storia ne aveva proprio tanta da raccontare, questa piccola particolare piazza… tra cui ricordarci che anche il gioco delle bocce è stato inventato a Firenze.
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siciliatv · 1 year ago
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Favara, ecco come sarà la nuova scuola Mendola a Favara: Un Luogo di Comunità e Apprendimento Innovativo
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Ecco come sarà la nuova scuola "Mendola". Quelli che vedete sono i rendering del progetto redatto da AM3 Architetti Associati, ABgroup, Cartia e Chifari Ingegneri e dall'architetto Giulia Pentella e che ha vinto il bando pubblicato dal Ministero dell'Istruzione che ha consentito al Comune di Favara di ottenere il finanziamento da oltre 8 milioni di euro che servirà alla demolizione e ricostruzione della scuola di via dei Mille. La consegna dei lavori è stata fatta venerdì 26 gennaio 2024. La nuova struttura sarà affidata alla città entro marzo 2026. Leggi:  Al via ai lavori di recupero della scuola “Mendola – Vaccaro”, i locali andranno alla Brancati. Oggi la posa della prima pietra La struttura, hanno specificato ai microfoni di SiciliaTv, il sindaco di Favara Antonio Palumbo e il suo vice, nonché assessore alla Pubblica Istruzione, Antonio Liotta, sarà affidata all'Istituto Comprensivo "Vitaliano Brancati", unica Istituzione Scolastica ad avere ancora locali in affitto. Il progetto per la scuola mira a farla diventare non solo un luogo per imparare, ma anche un centro per la comunità. L'idea è di creare uno spazio che favorisca il confronto, l'integrazione e che offra opportunità formative, didattiche e ludiche. Il progetto prevede ampi spazi per la comunità, consentendo la partecipazione di tutti. Saranno presenti sezioni per l'infanzia, la primaria e la secondaria di primo grado, con aule, laboratori e aree verdi. Il tutto è stato pensato seguendo le linee guida ufficiali e considerando il numero di studenti. L'edificio si integrerà armoniosamente nel contesto urbano, sfruttando la pendenza del terreno. L'ingresso principale sarà dalla via Enrico Ferri. Ci sarà un ampio scalone che funge anche da auditorium. Le aree esterne sono organizzate per garantire autonomia ai diversi cicli scolastici, con parcheggi e terrazze che diventano luoghi di aggregazione extra-scolastica. Il giardino è stato concepito come un luogo di osservazione della natura, con orti didattici e spazi verdi. Il progetto segue le linee guida Futura, rendendo la scuola un punto di riferimento riconoscibile per la comunità. Gli spazi interni sono pensati per essere fruibili anche al di fuori dell'orario scolastico, promuovendo la condivisione e l'inclusione. Il progetto, sviluppato con principi di Universal Design, mira a garantire l'accessibilità e l'inclusione per tutti, promuovendo pari opportunità per gli studenti e il personale scolastico. Ma ecco chi ci lavorerà: le imprese, gli studi professionali e i professionisti impegnati. Di seguito pure le somme economiche interessate. PROGETTAZIONE PROGETTISTA GENERALE E ARCHITETTONICO: AM3 ARCHITETTI ASSOCIATI PROGETTISTA STRUTTURE: ABGROUP INGEGNERIA PROGETTISTA IMPIANTI E ANTINCENDIO: CARTIA E CHIFARI INGEGNERI GEOLOGIA: GRAZIANO E MASI ASSOCIATI RESPONSABILE CAM E DNSH: ARCH. GIULIA PENTELLA CONSULENTE PER LA DIDATTICA: DOTT.SSA MICHELINA MAZZOLA DIREZIONE DEI LAVORI DIRETTORE DEI LAVORI: ARCH. ALBERTO CUSUMANO (AM3 ARCHITETTI ASSOCIATI) C.S.E.: ARCH. ALBERTO CUSUMANO (AM3 ARCHITETTI ASSOCIATI) DIRETTORE OPERATIVO DELLE STRUTTURE: ING. CRISTIANO BILELLO (ABGROUP INGEGNERIA) DIRETTORE OPERATIVO DEGLI IMPIANTI: ING. GIUSEPPE CHIFARI (CARTIA & CHIFARI INGEGNERI) DIRETTORE OPERATIVO ASPETTI GEOLOGICI: GEOL. GIANVITO GRAZIANO (GRAZIANO E MASI ASSOCIATI) DIRETTORI OPERATIVI DELLE PARTI ARCHITETTONICHE: ARCH.TTI MARCO ALESI, CRISTINA CALì, ALBERTO CUFFARO RESPONSABILE UNICO DEL PROCEDIMENTO: ARCH. PIETRO CALÌ IMPRESA COSTRUTTRICE CONSORZIO: CIRO MENOTTI S.C.P.A IMPRESA ESECUTRICE: MACOS Società cooperativa DIRETTORE DI CANTIERE / RSPP: GEOM. DIEGO EMANUELE CORBO CAPOCANTIERE: SIG. DOMENICO VECCHIO INIZIO DEI LAVORI: 26.01.2024 FINE DEI LAVORI: 03.2026 IMPORTO DEI LAVORI A BASE DI GARA: 8.606.002,16 € IMPORTO DEI LAVORI APPALTATI: 6.658.477,88 € IMPORTO ONERI DELLA SICUREZZA: 141.081,59 € IMPORTO COMPLESSIVO: 6.799.559,47 € Read the full article
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dettaglihomedecor · 2 years ago
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Tenuta di Forci in Toscana: 11 casali da sogno in vendita da Knight Frank
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Tenuta di Forci si trova in Toscana, a nord-ovest del centro storico di Lucca e nella zona di Pieve Santo Stefano, da sempre la collina più ambita della zona, sia per la sua natura incontaminata che per i panorami mozzafiato che si estendono fino al Mar Ligure. La proprietà, che dista solo 8 km dal centro storico di Lucca, si trova infatti in una posizione strategica, a 35 km dalla costa della Versilia, conosciuta sia per città d'arte e cultura come Pietrasanta che località balneari come Forte dei Marmi. Dista inoltre solo 40 km dall'aeroporto internazionale di Pisa e 80 km da Firenze. Il cuore pulsante della tenuta è Villa di Forci: costruita nel XIV secolo, fu inizialmente concepita come residenza di caccia dalla famiglia Buonvisi. Un secolo dopo fu ampliata dalla famiglia in una splendida azienda agricola. Negli anni successivi, la villa e il territorio circostante raggiunsero gradualmente l'apice del loro splendore con l'aggiunta della magnifica loggia dell'architetto Vincenzo Civitali. La tenuta è composta da circa 360 ettari di terreno con boschi, vigneti, alberi da frutto, orti e vasti uliveti, un anfiteatro naturale privilegiato e ricercato, che combina perfettamente la sensazione di aperta campagna, dove sembra che tempo si sia fermato, con l'accessibilità a tutti i servizi locali e alle attività culturali.
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I casali in vendita da Knight Frank
All'interno della tenuta sono in vendita undici casali, ognuno di metrature diverse e con caratteristiche individuali, con diversi ettari di terreno agricolo. Segalato, Sorgente e Palazzina Tra questi, Segalato, un'ex casa di caccia, e Sorgente la vicina fattoria.  Segalato si caratterizzerà per l’ampia zona giorno con cucina, cinque camere doppie e otto bagni per un totale di 650 mq di superficie.  Sorgente, una volta ristrutturato, comprenderà una zona giorno, una cucina, quattro camere doppie e cinque bagni per un totale di 560 mq di superficie. Gli edifici sono circondati da circa 4 ettari di terreno con piscina e ampie viste panoramiche. Vi è inoltre Palazzina, un'unica cascina storica circondata da circa 1 ettaro di terreno con piscina. Una volta ristrutturata, la superficie di 380 mq sarà composta da una zona giorno, una cucina, quattro camere matrimoniali e cinque bagni.
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La Villa di Forci e il nuovo santuario Villa di Forci è invece il cuore della tenuta, circondata da una fattoria, da un'ampia corte con ulteriori edifici e da due frazioni sulla sommità occidentale, dove verranno sviluppati alloggi che verranno messi in affitto o utilizzati per ritiri spirituali. La fattoria comprenderà un ristorante, un negozio di prodotti agricoli, uno spazio artistico, una cappella per concerti e cerimonie speciali e altro ancora. È prevista inoltre la costruzione di un santuario della salute olistico, programmato per rispondere ai principi e alle pratiche rigenerative della terra, seguendo la filosofia della trasformazione, della guarigione della mente e del corpo, della nutrizione sana e della nuova coscienza - dal "suolo alla cellula". Le attività saranno ospitate all'interno di alcuni edifici agricoli storici riutilizzati e di cascine ristrutturate vicino alla Villa.
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Il progetto di ristrutturazione dei casali La ristrutturazione dei casali avverrà secondo un progetto specifico con requisiti di eco-sostenibilità.  Noti studi di architettura locali, in collaborazione con lo studio londinese Michaelis Boyd, si occuperanno del progetto. Un team di professionisti della Tenuta di Forci guiderà i nuovi proprietari attraverso l'intero processo di ristrutturazione. Gli acquirenti avranno la possibilità di personalizzare l'immobile, rispettando i requisiti delle autorità locali e il concetto di sostenibilità. Le maestranze si concentreranno sul riutilizzo e sull'uso di materiali naturali, ove possibile di provenienza locale. I progetti terranno conto del percorso del sole e della luce naturale in un’ottica di risparmio energetico.
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Storia della tenuta agricola
Per secoli la Tenuta di Forci è stata fortemente caratterizzata dalla sua componente agricola. Gli attuali proprietari, la famiglia Van Ogtrop,  stanno ulteriormente sviluppando la tenuta con vigneti biodinamici, oliveti biologici, progettazione di permacultura e agricoltura rigenerativa. Il tutto per il desiderio di creare e mantenere un ecosistema autosufficiente con la minore interferenza umana possibile. Il vino e l'olio d'oliva sono i pilastri dell'azienda agricola e l'obiettivo principale è quello di arricchire il terreno per ottenere il massimo risultato da tutte le attività agricole. Gli oltre 4.000 ulivi distribuiti nella proprietà produrranno olio d'oliva e olive biologiche di altissima qualità. I 7 ettari di vigneti saranno lentamente implementati e trattati da una talentuosa squadra di viticoltori ed enologi secondo i principi e le pratiche della viticoltura biodinamica, iniziando con la produzione artigianale di vino rosso e introducendo in futuro vini bianchi. La filosofia alla base del progetto è quella di dare nuova vita alla tenuta agricola attraverso concetti di sostenibilità ed economia circolare, temi chiave molto sentiti dai proprietari, coinvolti personalmente nel progetto su più livelli generazionali. Per saperne di più: www.knightfrank.com   Read the full article
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patrizio-t · 5 years ago
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Io sono tempesta
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Sono pioggia stanotte
mi senti come batto forte sulla tua testa
come premo stringente sul tuo ventre svuotato?
Credi di potermi fermare
credi davvero che il tono della tua voce possa essere una stupida paratia
Io scivolo via, oramai lontano da te
passo attraverso gli stipiti delle tue fragili ossa
Scendo giù nei sotterranei della tua mente ed invado
Sono uragano
sono alberi divelti come fuscelli
sono navi rovesciate, spazzate via come foglie
sono spiagge dorate divorate e case senza tetti che navigano
vite che galleggiano su strade che si fanno fiumi
che parlano di noi come morti.
Sono tempesta, e poi tuoni e poi fulmini
e gorghi che inghiottono ricordi
e pensieri assunti a regali, anelli d’oro, bracciali
fedi di legami dissolti, di promesse non mantenute,
 amori passati finiti, abbandonati, come figli sulla strada
sfigurati di rughe e tristezze.
Ieri, oggi e domani, questo sono.
E tu non ne hai paura.
(testo: PatrizioT © - foto Tony Frissell)
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La cronaca dell' Aqua "granda" - Venezia 1966
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Il 4 novembre del 1966 è il giorno dell'Aqua granda, un'acqua così alta non si ricordava a memoria d'uomo. Venezia è quasi completamente sommersa dall'acqua del mare Adriatico in tempesta. Di seguito un testo denso e sofferto (che è anche lezione di scrittura) ormai introvabile scritto da Giulio Obici, redattore allora di Paese Sera, nel 1967. E nel 2019 siamo ancora qui, come nulla fosse stato.
Ore 18: una prova decisiva per la città
Alle 18, il calcolo delle ore trascorse sottacqua poteva dare un'intuizione dei danni e dei disagi già sofferti, e quello delle probabilità era paurosamente aperto: l'alta marea aveva invaso Venezia alle 22 del 3 novembre, elevandosi con un'impennata prepotente, e alle 5 del mattino successivo avrebbe dovuto, secondo le regole astronomiche, ritirarsi in buon ordine, magari per ritornare più tardi, cioè sei ore dopo. Alle 5, invece, la marea non ebbe che una tenue flessione, scoprendo appena qualche zolla d'asciutto: la laguna non era riuscita ad espellerla. Un primo allarme era scattato. Verso il mezzogiorno, in coincidenza con la nuova onda di marea, le acque, già gonfie, si gonfiarono ancora, recuperando il terreno perduto ed elevando ulteriormente la propria altezza in quello mai abbandonato. Saltavano i telefoni, spariva la luce elettrica e, in molte case, anche il gas: in quasi tutte le zone della città, pur se muniti di alti stivaloni, era impossibile transitare: qualche barca, sotto la pioggia e un caldo sciroccale, ramingava per calli e campi. Venezia, nel buio più completo, affrontava la sera, attendendo le ore 18 - che avrebbero dovuto segnare il secondo e ultimo deflusso di quel giorno - come si attende una prova decisiva. Il dramma in corso, che negli stessi attimi stava sconvolgendo per altre vie altre città e paesi, a Venezia poteva essere seguito e controllato sulle lancette dell'orologio, nella ricerca sottilmente angosciante della conferma che le regole e i tempi che governano la vita lagunare non erano stati del tutto sovvertiti. A Firenze - per spiegarci - il dramma non aveva né tempi né regole da infrangere: era un evento brutale, ingiusto, totalmente abnorme. A Venezia, per devastante che fosse, poteva essere mentalmente contenuto nello schema di un'ipotesi da secoli verificata, e così seguito con una terribile lucidità e con la consapevolezza di ogni minuto che scorreva e di ogni centimetro che le acque si guadagnavano nella loro crescita. Anche la gente che abita i pianterreni e che ormai aveva inutilmente accatastato mobile sopra mobile, non combatteva soltanto contro le acque, ma anche contro il tempo: se Venezia era Venezia, quella devastazione doveva pur cessare. Quasi a rendere più lucido, più percettibile, lo scorrere delle ore, la sommersione progrediva senza fragore di rotte, in un silenzio assoluto. Ingiusto e giusto, irregolare e regolare, il dramma soffocava la bestemmia e induceva alla speranza.
La prova fallisce
Calata la precoce notte di novembre, bloccate le luci, rotto ogni contatto con il mondo che non fosse quello delle radiole a transistor, che tuttavia non restituivano ai Veneziani un'immagine probabile della loro vicenda, si attese l'ultima prova a cui la città e la sua laguna erano chiamate. La prova fallì: ancora una volta la marea non fu espulsa. Anzi - invertendo ogni regola e sconvolgendo ogni tradizione - proprio nel momento in cui avrebbe dovuto calare, riprese a salire. A quel punto - erano le 18 - l'incolumità di Venezia parve vacillare. Stavolta la minaccia non sorvolava la città: vi si era installata e vi maturava; non veniva da fuori per poi seguire prevedibili migrazioni, ma muoveva dal di dentro, dal corpo stesso di Venezia, e per giunta aveva acquisito i caratteri di un fenomeno inarrestabile. Che cosa era successo? Nella generale paralisi, che fin dalla mattina aveva coinvolto anche i telefoni, lo stupore o la disperazione erano rincarate da una paurosa incognita: verso sera, tutti avvertirono che un equilibrio plurisecolare si era rotto, che la città e la laguna avevano smarrito un anello, chi sa quale, del loro delicato ingranaggio. Nessuno, tranne pochi e i pubblici istituti (che in quelle ore parevano essersi diluiti nella marea), sapeva ancora che là, sui litorali, il mare aveva compiuto un disastro che nemmeno la guerra era riuscita a seminare: le difese costiere, tra cui i murazzi, erano scoppiate.
I litorali cedono: il mare tracima in laguna
Scoppiate e rase al suolo. Mentre Venezia affogava nella laguna e in un'attesa lacerante, sul cordone litoraneo si fuggiva. Qui la regola non conosce né ritmi né tempi: è una precisa demarcazione tra laguna e mare. Quel giorno, questa demarcazione non esisteva più: le onde marine, alimentate da un forte scirocco, si congiungevano alle acque lagunari valicando la fascia costiera anche nei tratti più estesi. Non era mai successo. Il Cavallino, che è una penisola tutta orti vigneti e campi, giaceva sotto una coltre di acqua salsa agitata da violente e altissime onde: addio alle coltivazioni per chi sa quanti anni. Decimato il bestiame, macchine agricole spazzate via e non più ritrovate. Invocazioni - si raccontò poi - di gente terrorizzata: qualche fuga in barca là dove prima c'era terra. Il Cavallino, come barriera naturale, non esisteva più: e infatti, l'isola di Burano, che gli sta alle spalle, veniva percossa da ondate paurose, come se d'improvviso si fosse trovata in mare aperto: anche qui la mareggiata entrava nelle case, sparivano la luce e il telefono, le barche si perdevano alla deriva; per di più, saltava anche l'acquedotto. La laguna ha una sentinella, l'isola di S. Erasmo: collocato proprio in faccia alla bocca del porto di Lido, vigila sulle acque che il mare vi incanala e le frena. Quel giorno, l'isola (mille abitanti) era scomparsa sotto ondate alte fino a quattro metri: molte case si svuotarono dei mobili, trascinati via dalle acque. Più oltre, lungo il Lido, la mareggiata decimava le strutture balneari, squassando centinaia di cabine e strappando la sabbia alle spiagge: alcune falle si aprivano sul primo tratto dei murazzi. Ma per i murazzi il vero disastro accadeva più in là, dove il cordone litoraneo si assottiglia ed essi diventano l'unico diaframma che divide il mare dalla laguna. Eretti dalla Repubblica Veneta due secoli or sono, furono concepiti e battezzati come le mura di Venezia contro le insidie dell'Adriatico. Accovacciate ai loro piedi, si stendono due borgate di pescatori e ortolani, settemila persone: San Pietro in Volta e Pellestrina, che se oggi sono ancora là è un vero miracolo. Le mura di Venezia, il 4 novembre, si sono aperte in una decina di punti per un totale di ottanta metri e per altri seicento si sono slabbrate o lesionate o incrinate. Agli abitanti del luogo parve giunta la fine del mondo: fin che il telefono funzionò, invocarono aiuto da Venezia, poi fuggirono in barca alla volta del Lido. Quando Venezia raggiunse le due borgate con una motozattera e alcuni vapori metà della popolazione era già scappata via. A sera mentre il mare continuava a sbriciolare le colossali mura, Pellestrina era pressoché deserta.
Un capitolo ignorato dal centro storico
I Veneziani del centro storico, sequestrati dalla marea, ignorarono questo capitolo del 4 novembre fino all'alba del giorno dopo. E forse fu addirittura una fortuna: poteva anche accendersi la scintilla del panico, e allora la paura del mare sarebbe corsa più in fretta della corrente. Però a chi abita sul bacino di San Marco quelle onde che ingobbivano la laguna e finivano per infrangersi sotto le arcate del Palazzo Ducale, dovettero portare un lugubre presentimento. Un gondoliere ci disse più tardi: -Credevo che il mare fosse arrivato fin qua-. E un vecchio che abita un pianoterra della Giudecca dichiarò a un cronista: -Avevo la sensazione che il mare volesse riempirmi la casa -. La verità è che, se il vento non fosse caduto improvvisamente e la mareggiata avesse potuto continuare anche per poco nella sua opera di distruzione, il mare avrebbe dilagato e messo a dura prova il centro storico. Le fondamenta dei vecchi palazzi, delle vecchie case, per le quali è un pericolo anche lo sciacquio del moto ondoso provocato dai natanti, avrebbero resistito? Per fortuna il vento cadde in tempo perché la dimostrazione del 4 novembre non si spiegasse per intero.
Un rito funebre sulla città agonizzante
Quando, verso le 21, ormai contro ogni attesa, le acque cominciarono a scemare, più d'uno dovette credere al miracolo. Il ritorno così tardivo alla regola fu un altro colpo di scena, un altro repentino voltafaccia. Così come era montata, la marea se ne usciva dalla città, improvvisamente e con una violenza pari a quella del suo accesso. Aveva raggiunto l'inedita altezza di un metro e novantaquattro centimetri sopra il livello medio del mare, devastato tutti i negozi della città, invaso tutte le abitazioni a piano terra, danneggiato quasi tutte le imprese artigianali, strappato la nafta a centinaia di caldaie, inzuppato e deteriorato un numero incalcolabile di libri nelle biblioteche, distrutto merci nei magazzini, mobili nelle case, atti pubblici in molti uffici. In ventiquattr'ore di assoluto dominio, le acque avevano dato la loro terribile dimostrazione e adesso potevano ritirarsi, restituendo ai Veneziani un'altra Venezia, di cui un po' tutti - potendosi infine riversare nelle strade improvvisamente accessibili - sentirono il bisogno di riprendere possesso. Il 4 novembre si concluse con un'immagine iperbolica, eppure lucidamente esatta. Nel buio profondo, senza luna, in cui la città era immersa, più che vedere si intravedeva: ecco la sagoma di una barca in una calle, muri listati a lutto da un segno nero di nafta, materassi sedie mobili immondizie sparsi dovunque, colombi e topi morti a ogni angolo di calle, desolazione nelle case a pianoterra. E su questo uniforme e immobile fondale, ecco centinaia di fiammelle, che lo percorrevano senza illuminarlo. I Veneziani, al lume di candela, perlustravano i luoghi della devastazione: eppure sembrava proprio che celebrassero un collettivo, struggente rito funebre sulla loro città agonizzante
Giulio Obici, Paese Sera, 1967 ©
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oblaz · 5 years ago
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Nascere e crescere nella parte mancina della città forse vuol dire trovarsi con la propria prof di italiano del liceo per caso in centro e finire con lei a fare aperitivo parlando della figura di Ulisse e dell’attuale situazione politica italiana e va bene che mi sento inadatta a tutto forse più ora di come mi sentivo a diciotto anni e la cosa sconvolge sia me che lei ma allo stesso tempo capire che anche a lei Ortis è sempre stato un po’ sulle palle come a me nonostante mentre a suo tempo me lo spiegava in classe sembrava fosse il suo ideale di uomo e che questo mio sentirmi una radical chic più per attitudine che per altro è una cosa che mi piace molto e che probabilmente l’ho preso proprio da lei mi fa capire che forse un paio di cose in questi anni le ho capite e fatte bene e che comunque vada la vita potrò sempre finire con lei a parlare di tutto ciò
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chez-mimich · 5 years ago
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IL GIARDINO DI PALAZZO NATTA A NOVARA
Se andiamo a leggere nel sito della ATL (Azienda Turistica Locale) della Provincia di Novara, sotto la voce Palazzo Natta, sede della Provincia e della Prefettura, dopo alcune note storiche e artistiche sul palazzo, si legge: "... Al primo piano sono visibili affreschi dei pittori De Giorgi e Rizzotti. Di particolare pregio il giardino, che ha subito un restauro conservativo nel 1998. Al centro, si trova una bella fontana in marmo rosa di Baveno, mentre una grande esedra modanata di gusto settecentesco – eseguita in piccoli sassolini bianchi e neri, che può ricordare i “rocaille” (presenti nelle grotte dei giardini dell’isola Bella) – chiude sul fondo del giardino e inquadra un trompe-l’oeil, non perfettamente leggibile. Da segnalare, inoltre, alcune essenze botaniche di raro pregio quali ad esempio un bicentenario Taxus bacatum." Molto interessante. Certo il trompe-l'oeil "non perfettamente leggibile" va tradotto con un "cade a pezzi", così come la "bella fontana" è in realtà tutta sbrecciata e mal ridotta e i sassolini bianchi e neri dell'esedra non sono che un lontano ricordo. Tuttavia, il giardino è suggestivo e credo che il torto maggiore che i cittadini novaresi stiano subendo, non sia tanto le condizioni non perfette in cui versa, ma il fatto che il giardino sia chiuso, invisibile, sbarrato. Solo in qualche circostanza i cittadini possono accedere a questa piccola meraviglia vegetale nel pieno centro della città, per esempio durante il festival di "Novara Jazz" o in pochissime altre circostanze. E' un modo di intendere la "cosa pubblica" superato. Se molti nostri palazzi, a cominciare dal Quirinale, sono denominati come "Casa degli italiani", con l'intento di farli sentire parte della nostra comunità di beni oltre che di idee e tradizioni, è giusto che non si tratti solo di affermazioni simboliche o retoriche, ma che questi beni vengano resi accessibili alla cittadinanza. L'oasi verde di Palazzo Natta, sarebbe un vero giardino-gioiello che andrebbe restituito alla fruizione di passanti, cittadini, turisti. A Parigi la sindaca Anne Hidalgo ha da tempo intrapreso un'operazione di restituzione di piccoli spazi verdi alla cittadinanza, per esempio nel quartiere del Marais, sono nati piccoli orti di erbe aromatiche, cortiletti e "passages" con deliziose aiuole, qualche panchina e zampilli d'acqua. Novara ha altri spazi verdi che dovrebbero essere resi agibili, penso per esempio al giardinetto dinnanzi alla ex Intendenza di Finanza o il cortile del Museo Faraggiana; così come la Curia (e qui il discorso si fa più complesso), dovrebbe rendere agibile il giardino del Vescovado. Si tratta di un modo civile ed elegante di far sentire i cittadini come "padroni in casa loro", visto che siamo in tempi di facili slogan. Attendo un segnale, è chiedere troppo?
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mezzopieno-news · 5 years ago
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LA CITTÀ RINASCE DAL COLORE: L’EDILIZIA DELLA FELICITÀ
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Una ex area industriale trasformata in un quartiere della felicità.
A Kiev, la capitale dell’Ucraina, la vecchia zona dove sorgevano solo capannoni è diventata il nuovo modello di rinascita della città. Case colorate, tanto verde pubblico e grandi spazi senza auto per condividere la vita tra gli abitanti. Sono questi gli ingredienti per una città felice secondo lo studio di architettura Archimatika che ha realizzato questo nuovo quartiere estremamente originale.
Da molti chiamato il quartiere Lego, assomiglia molto alle case del Monopoli ma è frutto di un progetto di sviluppo urbanistico estremamente innovativo. Su una superficie di oltre 40 ettari, Comfort Town è costituita da edifici dallo spirito allegro e giocoso, in cui il benessere dei cittadini è al centro di tutto. Le tecnologie di costruzione utilizzate dai progettisti hanno creato delle sezioni abitative con geometrie molto semplici e funzionali alla vita; molte finestre, spazi di lavoro in comune e un equilibrio armonioso tra strade larghe dedicate alla mobilità e enormi cortili interni dedicati al verde pubblico dove i veicoli a motore non possono circolare. Ci sono campi da gioco, giardini e orti dove gli abitanti possono trascorrere il loro tempo insieme, piscine, scuole e negozi dove tutti possono condividere la vita all’aria aperta.
Comfort Town è un progetto che fa parte della nuova strategia di rilancio della città voluta dal sindaco V. Klitschko, ex campione del mondo di box, ed è classificato nell’edilizia popolare; i prezzi delle case sono molto contenuti e accessibili a persone con reddito basso.
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Fonte: Archimatika; Kiev Municipality - 14 settembre 2019
✔ Buone notizie cambiano il mondo. Firma la petizione per avere più informazione positiva in giornali e telegiornali https://www.change.org/p/per-avere-un-informazione-positiva-e-veritiera-in-giornali-e-telegiornali
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notredelphyne · 6 years ago
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Da quella scala...
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Cominciò a salire rapita una scala di legno antico, profumata di cera d’api e risplendente alla luce filtrata da finestre alte e sottili. Ogni passo un lieve scricchiolio che le ricordava d’essere in un luogo sconosciuto, non suo.
Com’era entrata in quella casa? grazie ad un giovane della vicina fattoria, che l’aveva invitata a scoprire un mondo fermo nel suo tempo, in altorilievo e vivo grazie ai raggi di un sole d’estate. Sedette su una poltrona porpora in velluto di seta e posò i piedi nudi su un tappeto con l’albero della vita in sfondo blu oceano. Dagli scuri spalancati le giunsero profumi di giunchiglia, lillà, gelsomino e glicine. Era in una camera, ma parte del mondo era lì con lei, era espansa verso il fuori.
Spingendosi in giardino vide i tanti colori mossi dalla brezza e siepi di bosso ad abbracciare discrete le fragili corolle.
Al centro uno stagno con boccioli di ninfea, vi immerse le gambe dondolandole come faceva d’abitudine ad ogni incontro con l’acqua.
Non sapeva neppure il nome di quel giovane che l’aveva condotta in un luogo tanto fiabesco e nulla di chi a breve sarebbe giunto a trascorrere il resto della stagione calda, lì nella sua abitazione. Due anziani? una giovane famiglia? un cane con un uomo d’affari? curiosità e fantasia stavano avendo il sopravvento su ogni suo pensiero e quindi così all’improvviso decise di trattenersi in campagna per conoscere questi proprietari. Andò in paese e prenotò una camera e si appagò con una cena frugale, ma fatta di pane cotto nel forno a legna, minestra coi legumi degli orti, formaggio caprino ed un dolce soffice lievitato alto verso il cielo. Passeggiò lungo i campi col naso all’insù perché in tutto quel blu intenso spiccavano tante stelle, come mai ne aveva viste tra le luci della città.
Non comprendeva perché quei luoghi le piacessero tanto, li sentiva suoi, era come se ogni profumo già le appartenesse e ogni rumore non divenisse mai fracasso.  
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telodogratis · 2 years ago
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Un network di orti e frutteti, così le città diventano "commestibili"
Un network di orti e frutteti, così le città diventano “commestibili”
AGI – Negli Stati Uniti ma anche altrove, la terra viene riconvertita per offrire gratuitamente frutta e verdura, senza dover fare specifiche richieste. È una tendenza che si è sviluppata nell’ultimo decennio, anche un Europa a partire dal 2010. Ad esempio la città di Andernach, che si trova nella Valle del Reno in Germania, ha piantato 101 varietà di pomodori nel centro della città e ha…
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lamilanomagazine · 10 months ago
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Roma, via libera ad altri due progetti per il programma "15 Municipi 15 Progetti per la città in 15 minuti"
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Roma, via libera ad altri due progetti per il programma "15 Municipi 15 Progetti per la città in 15 minuti".  La Giunta capitolina ha approvato altri due progetti relativi al programma "15 Municipi 15 Progetti per la città in 15 minuti". Nel primo caso si tratta del Masterplan del progetto di rigenerazione degli spazi pubblici Valco San Paolo, nel Municipio 8, nei pressi dall'ansa del Tevere, a sud di Ponte Marconi. Tenendo conto della presenza del fiume, si lavora alla piena fruibilità pubblica dell'area. Come richiesto dal Municipio si procederà ad un ripensamento della mobilità, soprattutto dolce, per creare percorsi sicuri che colleghino la parte residenziale e quella scolastica-sportiva, funzionalizzare le aree attualmente non configurate, ridefinire le funzioni di portierato delle case ERP e migliorare la percorribilità dell'asse di via Pincherle. La seconda delibera è invece relativa al progetto di fattibilità per la rigenerazione del Parco degli Orti al Colle degli Abeti, nel VI Municipio, nel quadrante est della Capitale. Prevista la realizzazione del Ponte ciclopedonale di via Monsignor Orsi. Un intervento che punta alla costruzione di un'infrastruttura di prossimità che unisca quartieri come Lunghezza, Ponte Di Nona, Colle degli Abeti, Villaggio Falcone e Colle del Sole, valorizzando gli spazi e il verde pubblico che si trovano lungo il percorso. "Insieme ai Municipi intercettiamo i bisogni del territorio - ha commentato il Sindaco Roberto Gualtieri – per mettere la basi di quella Città dei 15 Minuti che nasce dallo sviluppo dei servizi di prossimità, sulla fruibilità degli spazi pubblici e sulla rigenerazione urbana, riconnettendo in definitiva quartieri e cittadini. Vogliamo cambiare il volto di Roma – ha proseguito il primo cittadino – con la realizzazione di un piano di grandi e piccole opere pubbliche che non ha precedenti ma anche attraverso tanti programmi di riqualificazione che vanno dal centro alla periferia, scommettendo sulla sostenibilità ambientale e sociale". "Andiamo avanti nell'approvare i vari progetti che in ogni Municipio ci aiuteranno a realizzare la Città dei 15 minuti con un investimento di 1,5 milioni di euro ciascuno" ha spiegato l'Assessore capitolino all'Urbanistica, Maurizio Veloccia. "Queste due delibere passate in Giunta ci portano a 12 masterplan su 15 approvati e a un nuovo progetto di fattibilità – ha proseguito - frutto di un vasto processo di condivisione con i territori ma, soprattutto, figli di una vera e propria nuova idea di città, che ricuce tra loro i quartieri e avvicina i servizi, gli spazi pubblici e le aree verdi ai cittadini".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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patti-campani · 6 years ago
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Mauro Curati per Prospettiva Nomade#05 Frammento o dettaglio? Scontro semiserio tra due realtà dell’arte
 Nel suo libro di aforismi, “Il dizionario del Diavolo” l’americano Ambrose Bierce, per gli amici <Bitter> (uno che aveva l’amaro in bocca, un giornalista perennemente incazzato col mondo e in particolare con i suoi contemporanei, uno con il dono di spargere sale su tutto ciò che scriveva) alla voce frammento vergò: “Sostantivo maschile. In letteratura composizione che l’autore non è stato capace di finire”. Naturalmente non si fermò solo a questo. Alla voce vanità, per farvi capire il tipo aggiunse: “Tributo di uno stupido al merito del somaro che gli è più vicino”. E alla voce tetraggine: “Condizione dello spirito indotta da un cantante negro, da una rubrica umoristica, da una speranza nel paradiso…”.
Non equivocate. Bierce non era un razzista. Era un americano dell’Ohio, nato a Horse Cave Creek nel 1842 ultimo, credo, di nove figli. Un uomo che per sua sfortuna non ebbe mai occasione si ascoltare Ella Fritzgerald (altrimenti non avrebbe mai scritto una stupidaggine del genere sui cantanti neri) ma scrisse un bellissimo libro grazie alla sua esperienza bellica, dal titolo (“Tales of Soldiers e Civilians). Lo citiamo perché la realtà che viviamo oggi, è una narrazione piuttosto frammentata. Una composizione (direbbe lui) piena di inutili dibattiti che non riusciamo mai a finire. Ogni giorno ci si propina un nuovo quesito. Ogni istante, attraverso i social, dobbiamo decidere con chi stare. La nostra vita è un referendum continuo. Ha ragione Di Maio? Salvini? Calenda? E i Benetton? E l’Ilva? E le pensioni? Non ci è dato il tempo di capire, ma solo cliccare “mi piace”, senza essere informati, né acculturati cosicché in ogni bar che si rispetti, tra un caffè e un cappuccino, c’è un idraulico che pontifica sulle leggi del mare, un imbianchino che sproloquia sui ponti in cemento armato e un cretino che accusa i giornalisti di essere tutti prezzolati. Insomma la vita è diventata un percorso ad ostacoli... che dico, un videogioco ad ostacoli. Per l’appunto…è qualcosa di frammentato.
Ma frammento è anche ciò che rimane di qualcosa che non c’è più. Un progetto più grande, una realtà meno contorta, un’idea più luminosa che per qualche motivo è andata in pezzi e che un tempo faceva parte di un tutto forse più coerente o più bello, probabilmente migliore tanto da permettere alla gente di ascoltare, di informarsi e dunque agli imbianchini di parlare di vernici e agli idraulici di tubi. Poi è successo qualcosa…
Ora non so se frammento sia sinonimo di fallimento. Se si tratta cioè dell’unico superstite di un’idea defunta che stava nella mente di un pittore o di uno scultore, fors’anche di un fotografo oppure di un autore come il sottoscritto che non ha la più pallida idea di dove sta andando a parare con questo testo.
Certo è che frammento non va confuso con dettaglio. Sono termini differenti. Parole con pedigree alternativi. Secondo un qualsivoglia vocabolario il primo infatti (frammento), nella seriosa composizione letterario-grammaticale, risulta più autorevole avendo ben quattro significati differenti: parte di un pezzo infranto, parte di un tutto, parte di un’opera letteraria giuntaci incompleta (ma Bierce non sarebbe d’accordo) e infine estratto di un’opera compiuta. Ci sarebbe anche una quinta definizione “Breve composizione del Frammentismo” ma per amore della chiarezza e perché francamente non so cosa sia il frammentismo, lascerei perdere. Dettaglio, al contrario è un termine più modesto. Meno altezzoso. Più popolare. Infatti ha solo due definizioni. La prima è circostanza minuta. La seconda piccola quantità. Tra lui e frammento, insomma, non c’è storia. Ecco allora che per non creare litigiose e stucchevoli permalosità siamo andati a scovare uno scrittore di spessore, Vittorio Emiliani di cui purtroppo qualcuno s’è dimenticato (ma questo è un dettaglio) dove nel suo libro “L’enigma di Urbino” narrando di sé, della sua infanzia e quella di suo fratello Andrea (che a Bologna conosciamo bene), racconta i tanti piccoli ed importanti dettagli che compongono la sua memoria. E qui, a sorpresa, salta agli occhi la prima vera differenza tra frammento e dettaglio. Il primo per quanto più stimato nel mondo dell’arte, non lascia mai memoria di sé, ma solo traccia di qualcosa che non esiste più. Dettaglio al contrario ricuce lo spazio-tempo e lentamente dal particolare permette di risalire al tutto.
Un esempio? Prendete un altro urbinate, il più grande dell’età moderna, Paolo Volponi. Nel suo “Cantonate di Urbino” mentre descrive quel capolavoro rinascimentale che è il Palazzo Ducale dice: “…Dovete cercare di affacciarvi ad ogni finestra del palazzo, se sono chiuse chiedere con cortesia ma con fermezza a qualche custode che ve la apra, [sia] quelle sulla piazza che vi immettono dall’alto sul centro focale della città ideale, sia quelle verso l’interno, sul cortile, che vi danno l’ampiezza e la velocità del motore spaziale rotante, del colonnato come misura ed emblema di tutto il ducato e del suo ordine, quelle più alte e precipitose sul corpo a mattoni della città, della gente, delle sue case, orti e giardini, dell’infinita pazienza e numero di parti del vivere (ecco la forza del dettaglio) della comunità e del fluire della sua umanità.
Dettaglio dunque e non frammento il quale a questo punto, dopo l’autorevole apparire di Volponi in questo immorale confronto, è in chiara difficoltà. Che dire allora in sua difesa? Che frammento non se la deve prendere più di tanto. Ha ancora qualche freccia al suo arco. A esempio la sua capacità di sintesi. Due frammenti della stessa opera messi insieme sono infatti come i punti che nelle nostre prime infantili lezioni di geometria quando a scuola si andava con grembiule e fiocchetto e si ascoltavamo distrattamente quelle astruse regole (di solito insegnate da una donna, perché solo le donne sanno donare fantasia all’aridità dei numeri) ci narravano come l’unione di due punti anonimi e indifferenti formavano sempre una retta. Vale a dire una linea che non è mai da considerarsi un semplice tratto di penna razionale… tutt’altro. ‘E un prodotto mentale. Qualcosa di nostro che creiamo da soli e che unisce e ci porta diritto all’idea dell’arte, forse vera, forse falsa, ma comunque irripetibilmente nostra. Tanto di cappello dunque a frammento (con buona pace di Volponi e di un altro genio assoluto della letteratura come Philip Roth che parlando della sua infanzia a Netwark in “Pastorale Americana” (lo citiamo perché noi non si butta mai via niente dei nostri rimandi) scriveva [“Da allora c’è mai stato un posto che ti ha assorbito altrettanto pienamente nel suo oceano di dettagli? La forza del dettaglio, l’immensità del dettaglio, il peso del dettaglio, la ricca sconfinatezza del dettaglio che ti circonda nella tua giovane vita?”].
Belle parole, nessun dubbio. Ma visto che siamo nel mondo dei social e dei like frettolosi e inconcludenti, visto che dobbiamo decidere (e finire) noi stiamo con la parola frammento che ci fa sconfinare nel vasto mondo della fantasia per sentenziare in conclusione che lo spirito dell’osservatore sta nel frammento. Cioè nel vuoto che esso chiama a riempire. Onore a lui dunque, ma onore anche al dettaglio. In fondo diciamocelo… anche lui ha combattuto bene. Mauro Curati, ottobre 2018
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ciclofficinaempolese · 4 years ago
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“Zone rosse” della mobilità sostenibile a Empoli: il comune non risponde
Vi ricordate l’iniziativa popolare sulle “zone rosse” della mobilità sostenibile che abbiamo lanciato l’estate scorsa? Abbiamo prima pubblicato i risultati sulla pagina Facebook e poi inviato una segnalazione “ufficiale” alla pubblica amministrazione. Moltissimi concittadini hanno partecipato, dimostrato interesse, condiviso preoccupazioni; la pubblica amministrazione, dai primi di ottobre quando è stata protocollata la segnalazione, non ci ha degnato di alcuna risposta. Riportiamo qui di seguito il testo integrale.
Empoli, 10 ottobre 2020
Al sindaco del comune di Empoli Brenda Barnini, al vicesindaco Fabio Barsottini, all’assessore Adolfo Bellucci, alla dirigente del settore 1, Lavori pubblici e patrimonio, Roberta Scardigli, alla polizia municipale.
Oggetto: criticità della mobilità sostenibile a Empoli
Gent.le sindaco scrivo la presente in qualità di presidente dell’associazione Ciclofficina Empolese per sottoporre alla sua attenzione numerose situazioni di disagio e pericolo che ci sono state manifestate dalla cittadinanza nell’ambito di un esperimento di autentica democrazia che ha coinvolto attivamente un elevato numero di cittadini a riguardo della mobilità ciclabile di Empoli. Nello specifico, durante l’Estate, la Ciclofficina empolese ha condotto un sondaggio tra i concittadini per far emergere le criticità del sistema urbano di mobilità leggera. In seguito alle segnalazioni ricevute abbiamo fatto un sopralluogo da cui sono emersi numerosi casi che riportiamo e sottoponiamo qui di seguito e per i quali chiediamo un intervento volto ad una rapida ed efficace soluzione. Chiediamo inoltre gentilmente di darci un riscontro della presente.
Marcignana
Esiste una strada tra i campi da Marcignana a Empoli che è un collegamento ciclabile già fatto, lontano dal traffico e dai rumori. È quello di via Del Castelluccio dei Falaschi, che passa davanti al canile e poi diventa via Del Ponterotto e che termina in periferia di Empoli, su via Alamanni prima della rotonda di via Livornese. Basta soltanto spianare in alcuni tratti il fondo con uno stabilizzato fine e impedire l'accesso alle auto dei non residenti. È un collegamento diretto che, implementando la rete, farà felici e sicuri molti ciclisti.
Lungarno Dante Alighieri 
Sul Lungarno Dante Alighieri è stato appena realizzato il tanto atteso collegamento ciclabile con il tratto di pista proveniente dal ponte. Ma all'altezza di piazza Gamucci un inspiegabile cartello di fine percorso ciclabile ne vieta il transito alle bici. Qual è la ragione? Il segmento in questione rientra nel propagandato progetto della ciclovia dell’Arno per il quale sono stati investiti, nel solo tratto empolese, un milione e 200 mila euro. Vi chiediamo di fare chiarezza e di eliminare il cartello.
Via Cesare Battisti, attraversamento lungarno Dante Alighieri 
Un percorso ciclabile interrotto dal traffico: sia che si venga da Sovigliana, sia che si venga dal centro città, sul lungarno bisogna scendere dalla bici e dare la precedenza agli automobilisti. Vi consigliamo la realizzazione di un attraversamento ciclabile anche nell’ottica del favore riconosciuto ai ciclisti nelle nuove norme stradali inserite nel Decreto Semplificazione: lungo le strade urbane i conducenti degli altri veicoli hanno l’obbligo di dare la precedenza ai velocipedi che circolano su strade urbane ciclabili o vi si immettono.
Incrocio di via Masini con SS. 67
La pista ciclabile di via Masini, abbondantemente utilizzata, termina in maniera assai brusca all'incrocio con la SS.67 dove c'è il semaforo. Dalla parte opposta, a Pontorme, ci sono le scuole: la media Vanghetti e le elementari. Molti ragazzi vanno a scuola in bici. Come per il precedente caso è assolutamente indispensabile creare un collegamento ciclabile tra le due zone per assicurare la continuità ciclabile e la sicurezza dei ciclisti.
Via Chiarugi, via degli Orti 
Delimitante il borgo d'Empoli insieme alla parallela via degli Orti, storico e importante asse viario per la mobilità cittadina, l'attuale via Chiarugi costituisce una situazione di grave pericolo e insicurezza per tutti i fruitori della strada. Il fondo stradale è disastroso, peggiora inesorabilmente giorno dopo giorno a causa del traffico motorizzato che grava quotidianamente. Il marciapiede è talmente stretto (40 cm) da costringere i pedoni a scendere in strada costituendo, oltre che per se stessi, rischio per i ciclisti incalzati dagli automobilisti. Per non parlare delle difficoltà che incontrano persone anziane, disabili e genitori con figli e passeggino al seguito. 
Via degli Orti versa anche in condizioni peggiori: i marciapiedi sono inesistenti. Ma come se non bastasse, il pericolo maggiore è costituito dalle automobili i cui conducenti spingono ben oltre i limiti di velocità. Pertanto, visto l'importanza del tratto, ponte naturale fra il centro di Empoli, il polo ospedaliero e S. Maria, facendo nostre le segnalazioni e incoraggiando le antiche petizioni di residenti e attività commerciali, chiediamo l’attuazione del BiciPlan: l'istituzione permanente di una zona con limite massimo di velocità di 30 km/h, la realizzazione e/o l'ampliamento dei marciapiedi, la realizzazione di una pista ciclabile in sede propria sacrificando un numero irrilevante di posti auto.
Piazza Gramsci, via Salvagnoli incrocio con via Tinto da Battifolle
Il presente incrocio è interessato da un pericoloso attraversamento pedonale dove gli automobilisti provenienti da piazza Gramsci, fermi allo stop di via Salvagnoli, non prestano attenzione all'attraversamento alla loro sinistra, attenti e distratti dal flusso di macchine proveniente alla loro destra da via Pievano Rolando. Visto i numerosi investimenti sulle strisce oggetto della segnalazione, chiediamo all'amministrazione di trovare rapidamente una soluzione per porre in sicurezza l'incrocio rendendolo promiscuo a pedoni e velocipedi poiché di fatto collega due tratti ciclabili: via Masini, piazza Gramsci, via Tinto Da Battifolle.
Parco Mariambini, lato via Pievano Rolando
Un altro percorso ciclabile interrotto: i ciclisti che arrivano dal tratto di parco Mariambini per entrare nel tratto di via Pievano Rolando devono scendere dalla bici e dare la precedenza ai veicoli a motore. Semplicemente, come per il precedente caso, è assolutamente indispensabile creare un collegamento ciclabile tra le due zone per assicurare la continuità del percorso e la sicurezza dei ciclisti.
Via Pievano Rolando, lato banca Unicredit
La pista ciclabile è ripetutamente profanata e utilizzata come sosta di veicoli prevalentemente dei clienti dell’istituto bancario adiacente. Oltre che un problema di mobilità e di educazione civica, è soprattutto un problema di sicurezza. L’assenza di barriere divisorie e la disattenzione della polizia municipale concorrono ad alimentare una situazione di scarsa tutela degli utenti deboli della strada. Chiediamo l’installazione di barriere di delimitazione.All’interno delle descrizioni elencate sono indicate le possibili soluzioni. 
Molte delle segnalazioni evidenziano un problema per la sicurezza la cui soluzione richiede esclusivamente una scelta radicale: veicoli a motore o biciclette. Non servono finanziamenti né interventi infrastrutturali, serve solo la volontà politica di collegare i percorsi ciclabili già realizzati accordando la precedenza alle bici. Contestualmente le zone 30 sono da estendere in tutte le aree di influenza scolastica e dei più importanti centri attrattori, con segnaletica orizzontale e verticale diffusa e di dimensioni ben visibili. Oltre le zone 30, le tecniche di moderazione del traffico sono molteplici: dossi, attraversamenti rialzati, strettoie, sistemi di controllo della velocità. 
I tratti di piste ciclabili esistenti sono uno “spezzatino” perché non collegati tra di loro. Anche i nuovi tratti in zona Carraia sono stati concepiti con questa logica inefficace e pericolosa. Chiediamo in primo luogo la continuità dei percorsi ciclabili, per una rete di mobilità leggera realmente efficace e sicura, nel rispetto dei finanziamenti ricevuti per tali obiettivi.
In un momento socio-economico drammatico come quello contingente dove il tema della mobilità urbana risulta essere cruciale per garantire la salute e il benessere dei cittadini, serve una politica coraggiosa e lungimirante che non si limiti a piccoli interventi in qualche parte della città, ma abbia una visione globale. Perché non applicare integralmente il già esistente Bici Plan?. 
Le esigenze delle persone che camminano e vanno in bicicletta non sono state soddisfatte. L’amministrazione locale ha ricevuto finanziamenti e fatto attività in questa direzione senza tuttavia avere la forza di andare fino in fondo: disincentivare l’uso dei motori (come si dice, senza se e senza ma), puntare tutto nella direzione verde. È con la consapevolezza e la ferma convinzione che Empoli sia una città con una straordinaria vocazione ciclabile e pedonale che offriamo la nostra collaborazione a codesta amministrazione, portando avanti proposte concrete e non solo rimostranze, nell’ottica del raggiungimento di una mobilità sostenibile rispettosa dell'ambiente e della salute.
Occorre prendere decisioni coraggiose, e a volte impopolari, nella consapevolezza che queste vanno nella direzione giusta. La nostra disponibilità non verrà mai meno, sarà un piacere offrire la nostra esperienza a chiunque ne farà richiesta. 
La ringrazio per l'attenzione posta a queste nostre segnalazioni e, auspicando un suo immediato interessamento per risolvere queste situazioni, distintamente la saluto.
Salvatore D’Amelio Presidente della Ciclofficina empolese
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wetagconsulting · 4 years ago
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Fragranze uniche. Oasi verdi in alto. La mobilità oggi.
I profumi possono riportarci in pochi secondi in un determinato periodo del passato, oppure ricordarci una persona cara. I fiori, l’estate, il bosco, la spiaggia e le fragranze sono solo alcuni fattori che attivano la nostra memoria e possono riportarci letteralmente in situazioni passate, rivivendo emozioni e impressioni. Vi è forse un’essenza profumata che la fa sognare?
Le cime degli alberi nelle foreste sono un microcosmo vivente. Non sorprende quindi il fatto, che sui tetti dei grattacieli tutto possa fiorire e crescere abbondantemente, se si lascia prevalentemente spazio alle oasi verdi. Gli spazi abitativi nelle città stanno divenendo sempre più popolari e allo stesso tempo rari, viene quindi spontaneo utilizzare le superfici dei tetti. Gli orti, le piscine, le aree di benessere e ricreative con alberi, pergolati e zone verdi non solo offrono alla persone del posto un piacevole luogo dove poter sostare, ma rendono anche il loro ambiente un habitat più attrattivo.
Una nuova era dell'industria automobilistica è appena iniziata. In principio con esitazione, ma ora iil desiderio di soluzioni alternative è cresciuto in tutto il mondo. La mobilità elettrica è certamente solo una delle possibili alternative. Se usata correttamente, è una tecnologia molto efficiente e a basso consumo di risorse. Gli esemplari più belli e lussuosi di questi veicoli elettrrici, così come molto altro ancora, sono presentati nell'attuale numero di Christie's International Real Estate Magazine.
Cordialmente, Philipp Peter Owner
+ 41 (0) 91 601 04 50 - [email protected] - www.wetag.ch
Montagnola, Lago di Lugano - rif. 88539
Montagnola: moderna villa con vista lago e piscina esterna a sfioro in vendita
Moderna villa in vendita a Montagnola. La proprietà è disposta su 4 livelli e grazie alle ampie vetrate si gode di spazi ben illuminati e di una bellissima vista sul Lago di Lugano. Gli interni, rifiniti in alto standing, sono curati nei minimi dettagli. Una vasca Jacuzzi con vista lago, una splendida piscina esterna a sfioro e un moderno impianto di domotica completano questo magnifico oggetto.
Highlights
Sauna, area fitness e piscina esterna a sfioro A soli 5 km dal centro di Lugano Vicino alla Scuola Americana TASIS Ascensore interno
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