#apparenza estetica
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Il Rapporto degli Italiani con il Corpo: Tra Autostima e Influenza dei Media. Un sondaggio di Vamonos-Vacanze.it rivela che il 64% degli italiani si piace, ma l'importanza dell'aspetto estetico rimane alta con il 95% che lo considera fondamentale
Come vivono gli italiani il rapporto con il proprio corpo? Questa domanda ha trovato risposta grazie a un sondaggio commissionato da Vamonos-Vacanze.it, che ha coinvolto un campione rappresentativo di italiani, indagando quanto l'aspetto fisico influisca
Come vivono gli italiani il rapporto con il proprio corpo? Questa domanda ha trovato risposta grazie a un sondaggio commissionato da Vamonos-Vacanze.it, che ha coinvolto un campione rappresentativo di italiani, indagando quanto l’aspetto fisico influisca sulla percezione di sé stessi. I risultati sono chiari: il 95% degli italiani ritiene l’apparenza estetica un elemento importante nella propria…
#apparenza estetica#Autostima#bellezza e autostima#benessere e viaggi.#benessere fisico#benessere interiore#comfort zone#cura del corpo#cura del corpo in Italia#Cura di sé#dieta equilibrata#Fitness#giudizio degli altri#influenza dei media#influsso media#IRCM#italiani e autostima#media e bellezza#modelli di bellezza#modelli estetici#percezione del corpo#Rapporto con il corpo#salute fisica#salute mentale#self-care#sicurezza in sé stessi#sondaggio italiani#sondaggio Vamonos-Vacanze.it#Sport#stile di vita sano
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crazy how the very first sin was a woman who ate
#Ⅰ . — musa#Ⅱ . — apparenza#Ⅲ . — vestiario#Ⅳ . — figura#Ⅷ . — estetica#» — edit#hande ercel#hande erçel#handeerceledit#handeerçeledit#herceledit#herçeledit#dailywomen
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La bellezza è nell'occhio di chi guarda.
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Riflessioni sulla bellezza
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Riflessioni sulla bellezza Riflessioni sulla bellezza, pensieri, opinioni, idee, meditazioni, testi brevi filosofici ed estetici di autori famosi sui concetti del bello e della bellezza. Le qualità o le caratteristiche che sono esteticamente attraenti per i sensi o per la mente sono indicate come bellezza, che è una nozione soggettiva. La bellezza va certamente oltre la superficie, include infatti i tratti interiori di una persona, che possono anche essere visti come attraenti. Questi attributi includono personalità, valori e carattere. Poiché il concetto di bellezza è un'idea soggettiva, esso differisce da persona a persona, ed è per questo che il bello in sé non può essere quantificato oggettivamente. Tuttavia, ci sono alcune definizioni culturali o sociali accettate come modello standard di bellezza. In un certo senso, la bellezza è importante perché può influire sulle interazioni sociali, sulla fiducia in se stessi e sull'autostima di una persona. Non dovrebbe, tuttavia, servire come unico strumento per determinare il valore intrinseco di qualcuno. Naturalmente prendersi cura del proprio aspetto fisico come mantenere una buona igiene, seguire una dieta sana, fare esercizio regolarmente e vestirsi in modo appropriato può aumentare il proprio gradiente estetico. Si può e si deve inoltre lavorare sulle proprie qualità interiori, come sviluppare un atteggiamento positivo, essere gentili e compassionevoli e coltivare i propri talenti e le proprie abilità, e come si suol dire con una espressione tipicamente popolare, tutto fa brodo. Carl William Brown Poiché il bene è l'origine del bello, altrimenti non sarebbe bello, bisogna affermare che il bello è generato dal bene, e l'essenza del bello consiste nel partecipare al bene. Tutto ciò che partecipa al bene, in proporzione alla sua partecipazione, diventa bello, mentre quanto ne è privo diventa brutto. Platone, Fedro Anne-Marie passò l’infanzia su una sedia. Le insegnarono ad annoiarsi, a reggersi ritta, a cucire. Aveva certe capacità: credettero rispettabile non coltivargliele; aveva lo splendore della gioventù: si preoccuparono di celarglielo. Questi borghesi modesti e fieri consideravano la bellezza al di sopra dei loro mezzi o al di sotto del loro stato sociale: roba da consentirsi alle marchese e alle puttane Cinquant’anni dopo, sfogliando un album di famiglia, Anne-Marie s���accorse di essere stata bella. J.-P. Sartre La totale cecità psichica di fronte alla bellezza in tutte le sue forme, che oggi dilaga ovunque e rapidamente, costituisce una malattia mentale che non va sottovalutata, se non altro perché va di pari passo con l’insensibilità verso tutto ciò che è moralmente condannabile. Konrad Lorenz Se tutte le nostre donne dovessero diventare belle come la Venere dei Medici, per un certo periodo noi ne saremmo incantati; ma presto cominceremmo a desiderare qualcosa di diverso e, ottenuto questo, vorremmo vedere accentuarsi certe caratteristiche che modifichino i criteri vigenti. Charles Darwin La bellezza è tal cosa che non può essere spiegata dalla lotta per l'esistenza, ed anzi vi son forme di bellezza che possono essere distruttive per lo stesso animale, come le corna troppo sviluppate in un cervo. Darwin si accorse di non poter spiegare la bellezza, nella vita delle piantee degli animali, con la selezione naturale, e fu costretto a introdurre il grande principio secondario della selezione sessuale. Lin Yu-t'ang La bellezza inganna molti e attrae tutti. I sentimenti, le emozioni, gli stimoli che provoca nelle nostre percezioni non possono di certo essere considerati come arbitrari e convenzionali o tantomeno irrazionali. Carl William Brown
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Pensieri sulla bellezza La più nobile specie di bellezza è quella che non trascina a un tratto, che non scatena assalti tempestosi e inebrianti (una tale bellezza suscita facilmente nausea), ma che si insinua lentamente, che quasi inavvertitamente si porta via con sé e che un giorno ci si ritrova davanti in sogno, ma che alla fine, dopo aver a lungo con modestia giaciuto nel nostro cuore, si impossessa completamente di noi e ci riempie gli occhi di lacrime e il cuore di nostalgia. Friedrich Nietzsche Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere(...) Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Robert Kennedy Le persone più belle che si possano incontrare sono quelle che hanno conosciuto la sconfitta, la sofferenza, la lotta, la perdita e che hanno trovato la loro via d'uscita dalle profondità dell'abisso. Queste persone hanno un apprezzamento, una sensibilità e una comprensione della vita che le riempie di compassione, gentilezza e profonda amorevole cura. Le belle persone non diventano tali per caso. Elisabeth Kubler-Ross Muoviti verso l’essere, verso il centro, verso la vera essenza. Cerca sempre le radici! Non farti ingannare dalle foglie. Ma tu ti lasci ingannare dalle foglie. Se una donna è bella in superficie, te ne innamori; ti sei innamorato dell’apparenza. La donna può non essere bella all'interno; può darsi che sia assolutamente brutta, e tu sei preso in trappola. Osho Anche la biologia ha una sua estetica; chissà poi a cosa le servirà, forse è perché anche al nulla piace la bellezza, quella stupida risultante delle leggi fisiche dell'agglomerazione simmetrica della materia. Carl William Brown Non vi è cosa più divina della bellezza, la quale, non appartenendo al corpo e non avendo principio o esistenza se non nello spirito e nella ragione, può essere svelata e appresa da questa parte più divina di noi, quando essa contempla se stessa, unico oggetto degno di lei. Anthony Ashley Cooper Shaftesbury Ci sono miliardi di donne, sulla terra, giusto? Certune sono passabili. La maggior parte sono abbastanza belline, ma ogni tanto la natura fa uno scherzo, mette insieme una donna speciale, incredibile. Cioè, guardi e non ci puoi credere. Tutto è un movimento ondulatorio perfetto, come l'argento vivo, come un serpente, vedi una caviglia, un gomito, un seno, un ginocchio, e tutto si fonde in un insieme gigantesco, provocante. Charles Bukowski Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio; specialmente se avete a che fare con le sembianze della bellezza e della ricchezza, infatti sotto tali spoglie di solito si nasconde il demonio del potere, in genere suggestivo e attraente, ma alla fine sempre illusorio, ipocrita, decadente e deludente. Carl William Brown L’estetica è in fondo un lupo travestito da pecora: è vero che rende l’arte moderna autonoma, ma nel farlo la butta fuori dalla società, la rende autonoma al punto di ridurla a giochino estetico privo di alcuna utilità pratica o teorica. Per Jay M. Bernstein: "Nell’assicurare un dominio autonomo di giudizio estetico, un dominio con le proprie norme, linguaggio e pratiche, Kant stava simultaneamente assicurando l’indipendenza dei domini della cognizione e del valore morale dalle interferenze dell’estetica."... Kant separa la bellezza dalle idee di morale e verità, ponendo le basi per il concetto dell’arte per l’arte, l’arte non può più quindi occuparsi della verità, e finisce nel ghetto della bellezza, dove non disturba e non si può intromettere nelle faccende che contano... È grazie al programma ideologico dell’estetica se ancora oggi sentiamo ripetere che l’arte debba limitarsi a piacere, è grazie a filosofi come Kant se ancora ai giorni nostri persino alcuni artisti ne sono convinti... È una visione idealistica che rinforza un’idea supernaturalistica dell’arte, che la rende contemplativa, disinteressata e puramente spirituale, separata dai bisogni, dai desideri e dalle attività pratiche. Andros
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Riflessioni e idee sulla bellezza Gli uomini restano colpiti vedendo una bella donna, si voltano per strada. Ma questo succede anche alle donne. Anzi le donne sono molto più capaci di valutare l'aspetto estetico della bellezza femminile, ne colgono la terribile potenza di attrazione. Sono orgogliose quando si sentono belle, sono prese da un morso di gelosia vedendo un'altra più bella e più elegante. Francesco Alberoni All'uomo non piace restar nella solitudine dell’io: perciò ama; dunque deve cercare fuori di sé l’oggetto dell’amore. Lo può trovare solo nella bellezza, ma poiché egli stesso è la più bella creatura plasmata da Dio, è necessario che trovi in sé il modello di quella bellezza che cerca al di fuori. Ognuno può scoprire dentro di sé i primi raggi di questa bellezza e, a seconda che il di fuori corrisponda a essa o se ne allontani, si forma le idee di bello o di brutto su ogni cosa. E tuttavia, sebbene l’uomo cerchi di riempire il gran vuoto da lui prodotto uscendo fuori di sé, non può comunque esser soddisfatto da ogni sorta di oggetti. Il suo cuore è troppo vasto; ci dev’essere qualcosa che gli somigli e gli sia molto vicino. Pertanto, la bellezza che può appagare l’uomo consiste non solo nella conformità, ma pure nella somiglianza. Essa la restringe e la limita nella differenza di sesso. Anonimo Hanno ucciso una ragazza, hanno ucciso la bellezza e la simpatia, hanno ucciso la gioia e l’allegria, hanno ucciso la vita, la passione e la verità, ma del resto la natura non può scegliere il suo corso e poi deve comunque ubbidire alla sua universale stupidità. Carl William Brown La bellezza salverà il mondo. Quando siamo affascinati dalla bellezza, ci eleviamo al di sopra delle nostre preoccupazioni quotidiane e sperimentiamo una sorta di trascendenza che ci riempie di gioia e speranza. Fyodor Dostoevsky Ho trovato la definizione del Bello, - del mio Bello. È qualcosa d’ardente e di triste, qualcosa un po’ vago, che lascia corso alla congettura. Andrò ad applicare, se si vuole, le mie idee a un oggetto sensibile, all'oggetto, per esempio, il più interessante nella società, a un viso di donna. Una testa seducente e bella, una testa di femmina, voglio dire, è una testa che fa sognare in una volta, - ma in maniera confusa, - di voluttà e di tristezza; che presuppone un’idea di malinconia, di fiacchezza, persino di sazietà, - ma pure un’idea contraria, ossia un ardore, un desiderio di vivere, associato a un’amarezza rifluente, come provenisse da una privazione o da una disperazione. Il mistero, il rimpianto sono ugualmente caratteri del Bello. Charles Baudelaire Dio o qualcun altro continua a creare le donne e a mandarle in giro, e una ha il culo troppo grosso, l'altra le tette troppo piccole, una è pazza e l'altra è suonata, una ha la mania della religione e l'altra legge le foglie del tè, una non riesce a controllare le scoregge, l'altra ha il naso grosso, e l'altra ancora ha le gambe secche... Ma ogni tanto arriva una donna, in pieno rigoglio, una donna che scoppia dal vestito... una creatura tutta sesso, una maledizione, la fine di tutto. Charles Bukowski Già nell’Ottocento c’è chi contesta l’estetica, come Bernard Rosanquet, che si scaglia contro i tentativi dell’estetica di guidare o assistere l’artista, e di interferire nel suo operato, per lui sarebbe come: "Commettere l’impertinenza di invadere il dominio dell’artista con un apparatus belli di principi e precetti critici." Max Dessoir parlerà di callicrazia, il governo della bellezza: "Secondo la callicrazia, l’arte avrebbe un compito di una semplicità deliziosa, quello cioè di rendere più efficace e accessibile mediante ripetizione il bello in genere o il piacevole in sé. Gli animi naïf sono soliti considerare l’arte in questo modo. Come si restringerebbero la portata e il significato dell’arte, se volessimo ridurla a una forma di piacevolezza più elevata!" Andros Abbellirsi. È il verbo che piace, soprattutto, alle donne. Esse si abbelliscono tanto bene, a forza di pomate, di smalti, di rossetti e di bistri d'ogni genere, che riescono perfettamente a diventare stomachevoli. La bellezza per esse è la moda; e la moda sembra loro tanto più bella, quanto più è grottesca e s'avvicina ai costumi delle prostitute. Domenico Giuliotti e Giovanni Papini Una donna a cui la Provvidenza ha dato sia la bellezza fisica che quella spirituale è una verità nello stesso tempo accessibile e nascosta, che possiamo comprendere solo con l'amore, e toccare solo con la virtù; e quando tentiamo di descrivere una tale donna, ella scompare come tenue vapore. Kahlil Gibran
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Natura e bellezza L'estrema selezione per creare l'olimpo delle divinità dello spettacolo, priva della bellezza l'ordinaria società che deve così fruirla per procura, e per punizione nella vita reale, quando ci si guarda attorno, si vede purtroppo solo la mediocrità. Carl William Brown Ciò che abbaglia nella bellezza trascorre presto, fugace e incostante, mentre dura ciò che la costituisce. Al veramente bello, il tempo non reca danno, anzi ne fa risultare la bellezza; non la fa deperire ma maggiormente emergere alla luce. Filostrato La bellezza di una persona sta nella sua mente, nel suo spirito, nell'atteggiamento che essa adotta nei confronti del mondo. La bellezza esteriore può affascinare, ma è la bellezza interiore che lascia un'impronta duratura. Ralph Waldo Emerson Non pretendo che la gioia non possa accompagnarsi alla bellezza; ma dico che la gioia è uno degli ornamenti più volgari, mentre la malinconia è della bellezza, per così dire, la nobile compagna, al punto che non so concepire un tipo di bellezza che non abbia in sé il dolore. Charles Baudelaire La bellezza fa autentici miracoli. Ogni difetto morale di una bella donna, lungi dal generare repulsione, diventa invece al massimo grado attraente; il vizio stesso spira leggiadria; ma scompaia la bellezza, e una donna dovrà essere venti volte più intelligente di un uomo per attirarsi, non dico amore, ma almeno stima. Nikolaj Gogol Visto che la bellezza non mi è mai stata tanto amica ho cercato prima di accattivarmi l'etica, per poi riuscire così a beffare anche l'estetica. Carl William Brown In certe donne che non sono né belle né piacevoli quanto altre, c'è un fascino invincibile che attrae gli uomini e stupisce e fa sdegnare le altre donne le quali non possono rendersene conto, perché esso agisce soltanto sugli uomini. La ragione è che una certa donna è più donna di un'altra come fra due bottiglie di vino delle stesse dimensioni una contiene più aroma ed essenza di vino di un'altra, così in una donna c'è molta più femminilità che in un'altra. Alphonse Karr Entro un tale ordinamento del mondo appaiono sospetti gli uomini che hanno un'aria triste e le donne che hanno un'aria allegra. Comunque vengono preferiti i mendicanti alle donne leggere. Perché le donne leggere sono delle minorate disoneste, che traggono vantaggio dal difetto fisico della bellezza. Karl Kraus L’estetica è una branca della filosofia che concerne la definizione della bellezza; l’umorismo è una branca della filosofia che concerne la definizione della stupidità. Carl William Brown Per diventare bella, una donna non deve voler passare per carina: cioè in novantanove casi in cui potrebbe piacere, deve disdegnare ed astenersi dal piacere, per raccogliere un giorno il rapimento di colui, la porta della cui anima è abbastanza grande per accogliere il grande. Friedrich Nietzsche
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Opinioni e riflessioni sulla bellezza Ci sono donne di una bellezza sfolgorante, ma irregolare, che spesso ne oscurano altre più autenticamente belle; ma dal momento che il gusto, che è incline al pregiudizio, è il giudice della bellezza, e che la bellezza delle persone più belle non è sempre uguale, sia pure solo per qualche istante può accadere che le meno belle oscurino le altre: le differenze della luce e dei giorni faranno discernere più o meno la verità che è nei lineamenti o nei colori, faranno apparire ciò che la meno bella ha di bello, ed eclisseranno quanto di vero e di bello è nell'altra. François de La Rochefoucauld La natura ha destinato le giovinette a quello che, in termini teatrali, si chiama "colpo di scena": infatti, per pochi anni la natura ha donato loro rigogliosa bellezza, fascino e pienezza di forme, a spese di tutto il resto della loro vita, affinché, cioè, siano capaci di impadronirsi durante quegli anni della fantasia di un uomo in misura tale, che egli si lasci indurre a prendersi onestamente una di loro per tutta la vita, in una forma qualsiasi, passo al quale la mera riflessione razionale non sembrerebbe aver dato nessuna sicura garanzia di invogliare l'uomo. Arthur Schopenhauer La bellezza è suddivisa in mille modi diversi. La donna è il soggetto più adatto a sostenerla e, se possiede intelligenza, la ravviva e la manifesta in maniera mirabile. Se una donna vuol piacere e possiede le doti della bellezza, o almeno una parte, vi riuscirà; e anche se gli uomini non prestassero attenzione ed ella non vi s’impegnasse, riuscirebbe egualmente a farsi amare. Nel cuore degli uomini c’è un posto d’attesa, ove lei s’insedierebbe. Anonimo Innanzi tutto, bisogna abbandonare l’idea che vi sia un’unica definizione compatta di "bello" e che quindi si possa sapere attraverso dei canoni fissi che cosa sia bello: il concetto di bello dipende in primo luogo dalle varie civiltà; in secondo luogo, in ogni civiltà, ma soprattutto nella nostra, è frutto di una serie di stratificazioni, per cui il bello si potrebbe definire a grappolo, a costellazione, cioè prendendo e collegando fra di loro le varianti principali, le varie risposte che sono state date. Il concetto di bello è unito, in molte civiltà, a quello di buono. Del resto il nostro termine stesso, "bello", deriva dal latino "bellus", che è un diminutivo dalla radice "duenulus bonulus", è cioè qualcosa di "buono in piccolo", di "mediamente buono". Del resto, sappiamo anche che in Grecia il termine "kalós" è "bello", ma si trova spesso in endiadi, cioè connesso con il termine "buono". Nel greco moderno, inoltre, "kalós" non vuol più dire "bello", ma "buono". Read the full article
#anima#apparenza#armonia#arte#bellezza#bello#bene#divagazioni#donna#esistenza#estetica#gusto#misura#Nietzsche#opinioni#pensieri#piacere#Platone#realtà#riflessioni#Schopenhauer#spirito#verità#vero#vita
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti
ANIME IN ATTESA
La sostanza è reale se entra in relazione con i sensi. In questo solco, tutto è reale: anche un miraggio. La critica può misurarsi solo con l'illusione, il miraggio, appunto. Ma non sul fatto, inconfutabile, che anche un miraggio possegga una sostanza, ambigua e ingannevole, ma solo fin tanto che non si sveli nella sua natura di fenomeno ottico. Punto. Cosa ha a che fare questo "sproloquio" filosofico con l'arte? Molto. Ogni espressione d'arte è, in fondo, un miraggio del reale. Come l'oasi inesistente nell'inferno di fuoco del deserto, un dipinto è materia plasmata per apparire ad imitazione del reale. Ecco l'inganno: il segno che rimanda ad un oggetto riconoscibile. Sulla verità dell'arte si è sempre dibattuto. Alcuni celebri dipinti di Vincent van Gogh ne sono divenuti l'emblema, in dispute intellettuali che da Heidegger a Derrida hanno provato a tracciare nuovi canoni della riflessione estetica. "Un paio di scarpe", dipinto nel 1886 dal pittore olandese, può essere utile a rendere la sostanza di quei ragionamenti che si spinsero alla ricerca del significato di "arte". Ma lo stesso dipinto, in me, suscita altri pensieri. Nasce come apparenza. Muta in reale. Perché oltre il suo mostrarsi segno di una sostanza riconoscibile, è il suo apparire come tale a rimandare ad un reale "nascosto". Cosa si cela dietro il miraggio di scarponi dipinti che non sono veri scarponi? Il vissuto che rappresentano, il rimando ad un mondo che potrebbe essere narrato da mille racconti. Mille verità, tutte appartenenti ad un reale che è dietro la tela e di fronte agli occhi di una mente. Una metafisica che ciascun osservatore può vedere. Esiste. La tela bianca è solo un sipario in attesa della scena. La scena è un significato che chiede di essere vissuto nelle forme molteplici del pensiero. Ed ecco, ad un tratto: non sono più un paio di scarpe che imitano un paio di scarpe. Sono "vite" che anelano la nascita, coscienze che attendono le voci. Non esiste nulla, come l'arte, che sappia rendere reale un'anima.
- In copertina: Maria Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
#thegianpieromennitipolis#vincent van gogh#jacques derrida#heidegger#maria casalanguida#arte#arte contemporanea#filosofia contemporanea
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Marco De Vincenzo p/e 2018: stile libero dentro un’estate siciliana
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È questione di caparbietà a sapersi divertire con l’equilibrismo perfetto come fosse un piacevole trastullo giocoso: è una dote, semplicemente, quella di reggersi gloriosamente in bilico tra l’istinto puro che dalla profondità del cuore, come fosse un’incantevole voce di sirena, richiama alla necessità irrinunciabile di raccontare la propria creatività con l’arte della stoffa e dei materiali pregiati, e la contemporaneità del mondo fuori che esige sempre nuove forme di bellezza frettolosa.
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{photo backstage © shotbygio e Elle}
È questione di talento: intenso e caleidoscopico, sincero e per questo sempre più applaudito. Questa è la mischia caratteristica e imprescindibile di Marco De Vincenzo: che dalla sua vocazione sartoriale passa attraverso l’instancabile mente creativa e si trasferisce in forme d’eleganza sempre nuove, eppur sempre mirabilmente riconoscibili.
Forse forse…si potrebbe sospettare un lieve penchant squisitamente personale nella penna che sta tracciando questo ritratto: ed in parte è vero, grazie ad in incontro in un’esordiente intervista di svariati anni fa che, oltre ad essere un ricordo prezioso, è una riconferma felice di come l’essenza estetica e stilosa di Marco De Vincenzo muti nel tempo in nuovi racconti, senza mai osare diventare altro dalla fedeltà alle proprie passioni e al desiderio di sorprendersi. E di sorprendere: come accade felicemente nella collezione Primavera-Estate 2018!
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Un carosello di creazioni sartoriali che nascono da un’ispirazione solo in apparenza rischiosa, ma che nella sostanza si è rivelata… una bellissima sorpresa, per l’appunto. La collezione sorge da un viaggio di ritorno a casa, in quella terra sicula che di Marco De Vincenzo è terra natìa, ma che nella moda è spesso fonte di citazionismi perigliosi: ma eccola la cifra stilistica che lo contraddistingue, qui la Sicilia non è macchietta da tour turistico pregno di folklore, bensì è la delicatezza di una miscela sensuale, di ricordi e piacevolezze intime, personalissime, che diventano una sorta di storia di un’estate siciliana trasognata e vissuta nelle percezioni piene, libera nei pensieri e nelle non-regole d’abbigliarsi, attraversata da guizzi per nulla retrogradi di memorie pop.
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Il tipico piglio colto, però, resta: nel pretesto che dà il titolo alla collezione, ovvero due fra i numerosi antichi nomi che l’isola ha ricevuto lungo la storia, Ultrapharum e Triskelion.
Cosa farne? Di certo non c’è bisogno di accorrere a tomi antichi per approfondire le conoscenze storiografiche e mitologiche racchiuse nell’etimologia: bensì, basta divertirsi a vederli tramutarsi in caratteri pop assai vivaci che invadono le t-shirt, stampe dalle tinte psichedeliche che a loro volta diventano motivi grafici che sanno di clubbing e anche un po’ di Seventies, patch con l’emblema della Trinacria immerso nel glitter e applicato a mo’ di decoro sulla giacchetta in scuba o moltiplicato in sequenze optical.
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La collezione è dunque un omaggio alla sua Sicilia interiore, ai contrasti intensi che la rendono unica, a quegli stessi contrasti che della poetica stilistica di Marco De Vincenzo sono il segreto della sua sofisticata, perfetta imperfezione.
La cornice estiva che rievoca lunghe feste e nonchalance di guardaroba giustifica la levità dei tessuti fluidi, la camicia maschile sbottonata, i pantaloni che rivelano la caviglia e quelli che terminano in un’ampia corolla mentre scoprono l’ombelico: poi arriva l’amore per l’ornamentalismo, che arricchisce tale semplicità con dorsi di macramé, con ruches che profilano i cardigan morbidi e diventano balze nell’abito lungo, con quelle sue frange sottili e brevi, fitte fitte a pennellare gonne e abiti di tinte degradé e per questo assai chic proprio come i sandali -da quelli flat agli stiletto vertiginosi- che ne sono percorsi, con i bagliori del lurex per le maglie a mo’ di vestito e con la rete per i top.
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La dote dell’equilibrismo vien fuori anche nel saper bilanciare quel sentimento del colore, che Marco De Vincenzo usa come fosse un vero maestro d’arte, con un gesto d’affettività semplice condivisa: guardatele bene quelle borsette a mano, guardate l’immagine creata dai ricami, e divertitevi tutte con i richiami ai manifesti cinematografici dei grandi classici sempre imperdibili, da guardare nei cinema locali in una stellata notte d’estate siciliana.
Silvia Scorcella
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👩🏼❤️👨🏽
#fine#tutti#desiderare#desiderio#fortuna#incontrare#incontrarsi#guarda#guardare#bello#bellezza#tutta la vita#vita#apparenza#estetica#frasi#frasi belle#amore#frasi d'amore#ti amo#amore a distanza#love#i love you#frasi tristi#innamorata#innamorarsi#affinità#capirsi#comunicazione#sintonia
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Gucci ha fatto una cosa immensa!!!
Ha preso il vostro make-up, la vostra costosissima chirurgia estetica, il vostro desiderio di diventare più belle di Venere, i vostri sacrifici di una vita per costruire un'inutile apparenza trascurando la sostanza e li ha letteralmente cestinati, stravolgendo il vecchio concetto di canone di bellezza.😍
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Quanto conta per te la bellezza estetica di una ragazza/donna?
Sicuramente l’aspetto esteriore ha il suo valore, ma è sempre meglio avere sostanza che solo apparenza
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RT @ProgressistaIMB: Elly #Schlein scioglie gli indugi e si candida alla direzione del PD: "Con me inizia un nuovo corso che non guardi alla sola apparenza estetica ma miri alle interiora" https://t.co/orEVtBQIf4
— Mario Calandra (@MariusKalander) Nov 21, 2022
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Pochi giorni fa ho avuto il piacere e l’onore di conoscere di persona Sonia Maria Luce Possentini, da anni illustratrice di albi per bambini e ragazzi. Ho avuto modo di incontrarla grazie agli incontri per gli insegnanti organizzati dai Comuni di Sarezzo e di Gardone Val Trompia nell’ambito del Filò Festival di narrazione per bambini, che si terrà a partire da domenica 24 marzo sino a domenica 30 marzo presso la Libreria Orso Pilota, le biblioteche dei due comuni in provincia di Brescia, con un programma ricco di eventi per i bambini e le famiglie della fascia dagli 0 ai 10 anni d’età. Sonia Maria Luce Possentini, pur avendo vinto diversi premi per le sue magnifiche illustrazioni, è una persona adorabile e alla mano. Durante l’incontro ci ha incantato tutte, raccontandoci delle sue pubblicazioni, della sua tecnica di disegno e di quanto sia fondamentale l’illustrazione negli albi illustrati di bambini e ragazzi. Ci ha raccontato di quanto, soprattutto oggigiorno, bisogna essere “impertinenti”, diversificarsi in questo mondo fatto di apparenza e velocità, dove ormai pochi lo fanno, bisognerebbe porre l’attenzione sul tempo e sullo spazio che ci circonda, guardando oltre e ponendo lo sguardo su ciò che c’è di più profondo. Illustratrice di fama mondiale, Laureata in Storia dell’Arte al DAMS e diplomata all’Accademia di Belle Arti di Bologna, ha vinto numerosi premi tra cui Premio Gianni Rodari e il Premio Andersen; è docente di Illustrazione presso la Scuola Internazionale di Comics di Reggio Emilia e presso l'Università degli Studi di Padova, Master in illustrazione per l'infanzia ed educazione estetica: per una pedagogia della lettura iconica. La sua produzione è contrassegnata da qualità e originalità, il suo tratto a matita è realistico tale da far sembrare i suoi disegni delle autentiche fotografie. “Per le mie tavole utilizzo principalmente la matita, che adoro, e lavoro sul tradizionale e non in digitale”. Nelle sue tavole sono sempre presenti dettagli, ai quali il lettore dovrebbe porre la sua attenzione, non sono infatti delle semplici decorazioni che completano il disegno, ma sono elementi che arricchiscono la storia e ci vogliono comunicare tanto altro. È importante per questo, soprattutto nel nostro tempo, che in primis noi educatori impariamo a leggere le immagini e trasmettere ai piccoli lettori ciò che esse ci vogliono comunicare. Ogni volta che Sonia Maria Luce Possentini si appresta ad illustrare un albo, si prende il tempo di fare ricerca, si documenta, si sofferma su ogni dettaglio della storia che la colpisce per poterla illustrare al meglio. Oltre alla documentazione, per l’illustratrice è di fondamentale importanza l’inquadratura dell’immagine, che aiuta il racconto; per questo è utile far accrescere la conoscenza visiva sia nei bambini, sia negli adulti. Altra caratteristica intrinseca delle sue illustrazioni è lo spirito del luogo, ciò che il luogo nell’immagine vuole comunicarci. Bisogna darsi del tempo, prepararsi per la tematica e preparare il cuore, soprattutto rispetto a quegli argomenti profondi e difficili da trattare. “L’illustratore è un narratore di immagini, che si deve relazionare al mondo e comunicare”. Tra gli svariati albi dell’illustratrice che sono stati pubblicati ne accennerò alcuni: “L’alfabeto dei sentimenti”, “Il volo di Sara”, “Poesie di luce”, “La prima cosa fu l’odore del ferro”, “Canti dell’attesa”
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Cosa possiamo divenire sognando e come possiamo realizzare una idea astratta . Come possiamo giungere , ad una logica formale che persegue una sua dialettica capace di assimilare il dato di fatto. E la storia ci congiunge al vero, attraverso la filosofia del dialogo nella elaborazione di una forma che rende una sensazione un espressione estetica una via di fuga che allarga la propria coscienza . Ora il giudizio vive nella sintesi , in quella funzione di analisi , forme verbali fatte di esternazioni che stupiscono il dialogo cosi predetto. E nel canto della favola antica aspiriamo ad una conoscenza pragmatica che include il nostro credo ed il nostro sapere. Poiché la storia ci condurrà sempre oltre ogni pensiero ad una distruzione di costumi e morale , legata all’ onirico in cui noi trasformiamo questo esprimere in in verbale ammasso di sensazioni spazzatura. Concetti da ricercare in filologie che decantano a sera la loro espressione proverbiale. In una città sempre più legata al malaffare alla falsa ideologia frutto di una logica partitica. Questo movimento politico che vorrebbe essere insurrezionale si sviluppa nella sua apologia come se fosse una apoteosi concettuale della civiltà odierna . Una bomba organica ad orologeria. Una ideologia cresciuta nell’ estremo tentativo di conoscere i limiti dello intelletto . Il quale volgendo lo sguardo al passato trasforma la poesia in prosa il silenzio in un estetica concettuale pagana . Ed ascoltando le onde del mare il sospiro del cielo si trascende nella genetica dei germi contenuti nel sistema.
Ora il mitico include tante forme concettuali
Un dialogo astratto non regge la scena
La musica vive nel sensibile del rappresentare
E la forma e l’anima di un sapere storico
Noi siamo il frutto di questo dialogo
La logica e l’immagine stessa del concetto del divenire
La nostra vita è apparenza
La materia è eterna
Pura illusione
Non esiste altro Dio all’infuori di me
La sintesi e storia
Il divenire e l’immagine della realtà
Poiché l’estetica cresce attraverso le sensazioni , attraverso il sensibile , ella si fa bella nella sua definizione , nella sua funzione di canzone che trascina la follia verso la bellezza. Trascina questo mondo intorno all’inganno e sono in tanti a gridare aiuto mentre cadono le bombe dal cielo, mentre il filosofare si fa misogino e con pazienza aspetta di essere compreso di essere dato in sposa alla storia. Tutto il nostro comprendere e trasfigurare il senso in altre sfere metafisiche ci conduce a recitare vari passi biblici per lunghi passaggi linguistici . Un percorre a ritroso questa strada di miti e demoni molto spesso travestiti da santi che ti aspettano al varco sulla soglia della porta della percezione.
Non esiste il vero se non in funzione del fatto
E la realtà non ha senso se non è giustamente interpretata
Aforisticamente ogni frase vive di se stessa
I fatti della rivoluzione partenopea sono una sollevazione popolare
I briganti erano degli imbroglioni
I soldati vengono pagati dallo stato
Il fatto vive nella storia
L’estetica è una illusione
Come potremmo chiamare logica una giostra d’immagini , un mondo sepolto nella nostra coscienza che si anima di errori ed orrori di luoghi comuni ai limiti della vita sognata. Ed il filosofare veste il pensiero di mille colori che trascendono il dire per rime ed il concetto riassume il senso della vita come l’abbiamo assaporato , come lo vogliamo che sia ed il desidero di partire di essere un altra pensione di essere se stessi ci conduce verso una dimensione soggettiva che avvolge il nostro credere ed il nostro giudizio. Il mondo si divide in donne ed uomini in bambini e vecchi in bene ed in male e tutto questo che noi sappiamo e solo un aspetto della nostra esperienza che ci indirizza alla conoscenza degli atti come noi li interpretiamo . Una società fatta di tante etnie di linguaggi di gente diversa nell’aspetto vissuta in mondi possibili . E la storia è il passato , il quale ci sta alle costole , ci morde la gambe , ci porta oltre quello che vogliamo essere ad un ritroso passato senza comprensione. Esprimere un concetto generico nella sua origine pragmatica , fuori uscito da una fistola filologica, emorragia di scritti nati da una ferita metafisica , da un dramma reale che abbraccia l’individuo ideale ingabbiato nella sua libertà di soggetto tipologico nella sua trasformazione sostanzialmente atea. Ci trasforma la logica, la quale partorisce discorsi che non hanno un tempo in se vivono nello spazio metafisico di un discorso fatto senza testa e senza giudizio senza un preciso punto di vista , poiché la logica è figlia della metafisica , regina delle idee nate per strade panoramiche ove gli amanti , posano lo sguardo sul mare della vita. Ed il trascende l’esperienza induce ad un concetto etico che eleva l’umanità in categorie e pensieri astrusi fatti di varie sostanze verbali , sigilli di una verità che presume di rappresentare il mondo intero come una rappresentazione parziale dell’essere in se . Ed il mondo continua a ruotare intorno a questi termini in un continuo dare e avere . E come in un formicaio viene praticato l’arte dell’amore ove la logica partorisce discorsi politici senza alcun significato popolare. Giudizi dettati dall’interessi che ogni rappresentante decanta o vuole far credere sia egli un sano giudizio figlio di un esistenza giusta.
La legge segue la morale
La metafisica i costumi dell’ ‘essere
La logica non ha umanità
Tutto vive nel per se è nell’ in se
Tutto è nulla
Ogni cosa è un passo verso la verità
La materia è immagine
L’ Immagine è divenire
Divenire è morire
Tutto il nostro mondo è un atto logico che partorisce, concetti , forme immaginarie nati nella luce del mattino che si scindono a sera in vari momenti utopici . Noi rappresentiamo un atto figurativo un mondo che si muove nell’ombra di una dimensione pagana . Inseguiamo una religione utopica che dovrebbe salvarci dal male dovrebbe aiutarci a crescere in questa antinomia di parole correlate nella loro genealogia come fossero concetti etici . Momenti civili , o passaggi utopici che riassumono la paura dell’individuo che percorre la sua strada da solo . E tutto si trasfigura nella sua partecipazione , nella rappresentazione dell’atto logico linguistico. Dialetti e forme verbali che abbelliscono e nascondono un mondo soggettivo, una parabola del bel dire e del bel vivere. Una parola parte di un dialetto legato alla sorte come forma cromosomica razziale che fa quasi paura . Ci fa rivivere situazioni folli come forme di un giudizio razziale . E siamo uomini e donne , siamo creature terrestri che parlano diversi linguaggi , parlano una lingua sostanzialmente uguale che presuppone in se un concetto ovvero un significato uguale in ogni linguaggio. E l’esperienza ed il topos del luogo la topologia ci aggrazia il comprendere ci rende simile nel topos in quella somma , sintesi di un vivere un immagine rappresentata attraverso quell’espressione dialettale. Ed il mondo delle parole e legato ad una storia di corsi e ricorsi storici in cui noi cresciamo nella comune coscienza religiosa , reazione di un amore che involge ad una flusso esistenziale.
La logica come l’estetica cresce in noi ci trasporta ad un punto preciso che e l’atto scientifico . L’atto dialogico di diversi popoli che non potrà mai distinguere un arabo da un europeo, un occidentale da un orientale , se costoro non avranno assaporato il frutto dell’albero del sapere comune . Individui simili in ogni punto ed in ogni circostanza votati ad essere figli o creature di una divinità unica nella sua sostanza. Una sostanza che ammazza o azzanna a volte ma questo non ha importanza poiché il crescere ipocrito in se stessi rende questa esistenza un circolo vizioso. Tutto il credere, tutto il riassumere queste circostanze verbali , le quali possono essere belle o brutte, atipiche nella sua espressività originale . Un percorso formale che descrive riassume una logica incapace di acclamare un amore , il bisogno di un amore negato nella faticosa adolescenza legato al corpo come sesso e fatto, come atto che persegue l’atto creativo nella storia universale . Un vagito logico fatto di alti e bassi di forme metriche che si disperdono nella loro modularsi che siano parte di una logica apparente o migrante in altre sfere illogiche . Straniera ,civile figlia del consumismo del mondo delle immagini trasmesse virtualmente attraverso la televisione . Ed il percepire e un percepire per rime erranti lungo le vette della conoscenza sublime . Ed un canto dionisiaco anima la danza di tanti dannati in cerca di una risposta , in una metropoli , ove la voce della libertà si eleva in modo dissimile all’etica alla forma che ci ha reso uguali nel bisogno. Ed in questo dialogare con ogni persona ritroviamo il proprio percorso, la forma giusta o sbagliata del vivere . E quella strada del dialogo tra i popoli e stati la forma più giusta per ogni individuo di diverse nazioni.
La logica non è estetica , neppure un dialogo , sbagliato, confondere la logica all’estetica e l’estetica ad una logica fatta ad immagine che rappresenti il bello . E questo bello e tutto il nostro mondo , come noi lo sentiamo come noi lo desideriamo. la logica la nostra logica ci conduce a credere di essere qualcosa di diverso su una strada che attraversa un bosco una dimensione che va oltre ogni intendimento . E credere aiuta e ci fa comprendere che siamo nati per essere qualcosa o qualcuno , un forma stilistica che si ripercuote nel suo svolgimento stilistica come fosse un passaggio ad altre questioni estetiche . E guerra e logica sono lo stesso corpo la stessa sostanza che incredibilmente anima il nostro vivere. E filosofare e un filo logico di concetti ed espressioni di forme senza alcun contenuto che si ripercuote nel proprio discorrere stilistico . Tutto cresce in base all’esperienza e tutto nasce da un coscienza storica da un vissuto che abbraccia il mondo intero delle rappresentazioni , un immaginare per varie logiche formali per vari quesiti stilistici che inducono a credere che siamo parte di questa vita come forma e sostanza come materia e memoria.
L’estetica persegue la realtà , la rappresenta nella sua forma materiale . Amore e odio uomini e donne . Il rapporto materialistico , induce a nuovi intendimenti formali che non hanno nessuna valenza scientifica. Sono un atto materiale che persegue un atto fisiologico come nostro signore comanda , sia nella sua logica che nella sua estetica. Quindi i due termini sono identici ai fini del sapere per diverse tipologie , per sostanza e forma in quanto rappresentano diversi mondi linguistici. Un ideologia materialistica che realizza in ogni momento forma e contenuto il nostro essere in un rappresenta congiunge il soggetto ed il predicato nel giudizio materiale.
Credi che veramente un giudizio possa cambiare la vita
L’individuo vive la sua vita
Certamente non sogna
Ma credere aiuta a crescere
La dialettica degli opposti persegue il logica deleteria
Non esiste una logica se all’origine del creato
Creato e creatore sono la stessa cosa
Lo sono per vari motivi e per diverse tipologie
Non possiamo essere noi stessi se non siamo gli altri
Credere ti rende diverso nella sostanza no negli affetti
Una verità e effettuale o figurativa
La logica l’insegna siamo il frutto di un atto partecipativo
Partecipare vuol dire essere
Il dialogo e la summa del vivere e l’espressione dell’esistenza
Una via di mezzo questa logica nella sua forma
Esperienza e alzare un sipario rappresentare tante esperienze diverse
Come possiamo essere come non possiamo non essere
Il percorso formale e rappresentativo
Allora io voglio credere
Perché ti ostini a credere se gia sei quello che credi d’essere
Allora non avrò altra logicava altra trasformazione
Il dialogo e preghiera intima preghiera
Momenti metafisici che esaltano l’essere nella sua sostanza
Ci sarà mai una nuova logica ed un nuovo dialogo
Questa fa parte della capacita di rapportarsi all’eterno all’immagine di quello che rappresentiamo noi siamo uguali ma diversi dobbiamo essere diversi per essere uguali se ciò non fosse l’unicità di Iddio non esisterebbe.
Dunque io sono per mezzo di Iddio
E come essere se stessi e non esserlo
Non potrai mai essere Iddio poiché egli e una forma origine e fine di questo universo non e sostanza ma e già questa realtà e questo amore poiché egli e odio egli e la logica che persegui a nel dialogo .
Capire e amare cercare di essere Iddio nella sua sostanza.
Non siamo la storia
Siamo il passaggio tra vero e fatto
Siamo il fatto
La storia in se
Il vero che trasforma la sostanza in fatto.
Noi siamo uomini poiché la volontà di nostro signore ci ha guidato ad essere tali
Secondo sua immagine, secondo la sua forma secondo ed il suo volere.
Questo e destino
E logica che si sviluppa nella verità di fatto poiché tutto il creato e una finzione di una rappresentazione.
Una storia materiale.
L’elemento di una logica formale.
Poiché l’arte è sostanza della vita
La filosofia forma della conoscenza universale.
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Da: SARA’ DIPINGERE! - di Gianpiero Menniti
L'EMOZIONE DELLA GRAMMATICA
[...] intuizione che si forma sotto il pennello mentre scorre sulla tela. Fatica. Enorme fatica. Lunga gestazione. Come quella che caratterizzava il processo creativo, prolisso fino allo sfinimento, di Paul Cézanne: le forme, i fenomeni, nel loro apparire im-mediato, come pura percezione. L’oggetto nell’istante della visione, un attimo prima che la memoria lo riconosca. Oblio che rivela. Per l’artista francese, rivela geometrie essenziali, come fossero strutture profonde del linguaggio, il mistero semiotico della sintassi innata, l’idioma materno originario:
��L'una vegghiava a studio de la culla, e, consolando, usava l'idïoma che prima i padri e le madri trastulla». (Dante Alighieri, “Divina Commedia”, Paradiso, Canto XV)
Dunque, non resta che accettare il collegamento tra un’arte “astratta” da un interesse funzionale di kantiana memoria e un’arte liberatrice già espressamente richiamata con Schopenhauer. L’una si tiene con l’altra. Ed entrambe con Platone, nella misura intesa come μίμησις (mímēsis) della visione ideale. Nel nostro caso, direi in questo passaggio di tempo, nella misura che non deduce ma è indotta. Lungo questo solco si può intuire una parte consistente dell’arte contemporanea. Ed è seguendo questo ragionamento che mi sono entusiasticamente imbattuto nelle opere di Maria Casalanguida. Lasciandomi affascinare proprio dal processo creativo, intenso, strutturato in una complessità che non è ricercatezza ma necessità estetica che fonde geometrie e colori in accostamenti misurati fino alla loro definitezza. Mi basterà richiamare “Raggio di luce”, “Esplosione caleiodoscopica”, “Colori al vento”, assieme a “Volo in deltaplano” e “Ritmo ondulatorio sincopato al quadrato”, tutte opere del 1990. Certamente, si tratta di anni nei quali si afferma una svolta: in apparenza è il passaggio dalla figurazione all’astratto, dalla “rappresentazione” alla “presentazione”. Ma se il dipinto muta il suo soggetto, lo stile dell’artista mantiene il suo rigore estetico, la ponderazione geometrica e coloristica, la misura strutturale, la ricerca di espressività che sorge e appare in una forma autonoma, voce dell’ente im-mediato e in sé che precede ogni logos, che precede ogni linguaggio, che è il “vocativo” di una grammatica senza “casi”, inopia della parola, noumeno, cosa ultima, esperienza di un infinito in una traccia di finito. Manca un aggettivo a questi predicati: emozionante. [...]
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Federica Tosi a/i 2017: la doppia anima dello stile creativo
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A proposito di quei percorsi all’interno del vasto mondo della moda che si sdoppiano in due volti, pur condividendo un unico animo creativo: come si trattasse di un Giano bifronte che, per chi fosse poco avvezzo con lo squadrone di divinità classiche tipico delle rimembranze da liceo, è quella figura divina di origine nostrana la cui testa porta due facce, due sguardi che seguono il fluire del tempo e delle cose mentre presiedono la benedizione di ogni inizio.
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Ecco, si diceva, l’universo creativo che sta per essere narrato è un po’ così: un doppio sentiero di creatività con lo sguardo rivolto a completare la bellezza.
Il marchio in questione condivide il nome con la sua fondatrice, nonché mente e anima di ogni abito e gioiello che danno forma alle collezioni: lei, e come lei il brand, si chiama Federica Tosi e per la stagione a/i 2017 ha in serbo delle creazioni in equilibrio tra la conferma della propria estetica di successo e il desiderio di evoluzione.
E, proprio come si accennava nell’introduzione un pizzico solenne, il percorso di Federica Tosi rievoca davvero quella figura classica con il suo dualismo di sguardi: lui, il Giano, narra la mitologia che lo sguardo lo ponesse imperioso e benevolo sul passato, il futuro e su tutte le cose che nel mezzo vi si avvicendavano; lei, Federica Tosi, raccontano le sue collezioni, e lo conferma il successo sempre crescente, volge lo sguardo talentuoso e appassionato ad un presente di stile in cui le creazioni preziose dei gioielli si appaiano a quelle in stoffa dei capi d’abbigliamento, a creare una proposta completa all’interno della quale il desiderio femminile può muoversi libero di scegliere quel che più l’aggrada. E che di certo lo valorizzerà in modo personalissimo.
Ah, c’è un’altra cosa che hanno in comune: a modo squisitamente loro, entrambi sono custodi del valore pregiato del mutamento.
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Dentro la preziosa apparenza statica, infatti, i gioielli ideati da Federica Tosi serbano un animo mutevole, un movimento lieve delle linee che si accomodano sulle forme del corpo, per fondersi con la personalità di chi l’indossa e regalare confortevolezza: per l’Autunno-Inverno 2017 la Collezione Jewelry nasce da ispirazioni organiche agganciate ad un attitude celtic-rock, una mischia che plasma materiali nobili come argento bagnato in oro rosa, giallo e brunito e dà forma a micro anelli e mini fedine curvilinee impreziosite da cristalli, zirconi ed ematite; l’ispirazione compie poi un breve viaggio dal gusto neo-tribale e distribuisce la vivacità delle pietre turchesi su collanine-amuleto e orecchini dalla silhouette a punta di freccia, si concede un guizzo di romanticismo con le perle luminose appese su filamenti metallici vibranti, per aggrappare infine l’appeal medievale delle sfumature nordiche e infonderlo in orecchini e anelli in argento brunito e micro cristalli neri.
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Il mutamento attraversa anche la collezione Apparel, dove i capi d’abbigliamento son frutto di una sperimentazione stilistica che avanza il passo nell’esplorazione del gusto urban-chic, creando giochi materici fra tagli e volumi alternativi, fra le linee asciutte ed essenziali dei pantaloni e capi spalla che si alternano alla morbidezza sofisticata del velluto di abiti e top, e giochi di luce che percorrono i tessuti e la palette colori stessa che li tinge, anch’essa un’armonia di contrasti tra l’intensità del rosso rubino e del verde bosco che si stagliano sull’assolutezza del bianco, nero e grigio antracite.
Silvia Scorcella
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#federicatosi#madeinitaly#fashionjewelry#gioielleria#contemporaryfashion#modaitaliana#modaindipendente#nuovoartigianatoitaliano#brandemergente#stilistaemergente#independentfashion#fashionwriter#fashionwriting#webelieveinstyle
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Anime 011: Mind Game
Mind Game (Masaaki Yuasa, 2004)
Osaka, vigilia del Campionato del Mondo. Lo scippo della fidanzata e dei biglietti della partita si risolve in un match all'ultimo sangue tra Buddha e la Yakuza. Il primo lungometraggio di Masaaki creò un profondo sconcerto. Di buona reputazione ma di nessuna fama, e di scarsa gavetta, il giovane Yuasa aveva messo in piedi una storia complessa e strutturata laddove i suoi sodali del Jikken Eiga, il "cinema sperimentale", di natura vivace e fieri dei pochi mezzi a disposizione, esaurivano la carica creativa alle soglie dei cortometraggi, parecchio apprezzati dalla critica ma di nullo valore commerciale, sia per le classiche difficoltà di proiezione sia per il fisiologico ermetismo di piccoli gioielli condensati e perciò ellittici. Per poter mettere insieme pranzo e cena, gran parte di questi artisti hanno lavorato, negli "anni zero", per la televisione, che ben volentieri li accoglieva al patto di non deragliare da una canonica poetica mainstream, di contenuto valore artistico e culturale. Yuasa no. La sua gavetta dura poco e tra un cartello iniziale, un SMS in maiuscoletto recitante "La tua vita è il risultato delle tue sole decisioni", e una truka-avviso ai naviganti "Questa storia non è mai finita", mette insieme 103 minuti di racconto, un racconto poco focalizzato sulle figure attanziali, sui climax e sul canonico inizio-intreccio-fine, un racconto totalmente affidato ai suoni e alle immagini. In effetti, c'è un solo modo per aggirare lo sconcerto: affidarsi a quel "Mind Game" messo lì in bella mostra, titolo addirittura di un'opera che non descrive il suo contenuto ma la sua struttura, un puzzle, un rompicapo, l'avversario del "Mind Fucking" che manipola e indirizza, svia lo spettatore dal mondo delle possibilità, dalle immanenze della vita e del suo svolgersi. Fin dall'incipit non sarà possibile ignorare la visione, improvvisa, di Astro Boy, il robot senziente creato dalle matite del "dio del manga", Osamu Tezuka, nel lontano 1952, che regola l'orologio al polso prima di lanciarsi in uno dei suoi epici scontri cui non assisteremo, ma di cui avremo apprezzato appieno la padronanza di sé e dei suoi mezzi. O sospenderemo lo sguardo su di una margherita declinata in pop-art, che gira come la ruota della fortuna, una corolla che porta inciso sul velluto bianco dei petali il titolo del film, che gira in tondo, senza direzione, in eterno ritorno. Oppure resteremo sospesi nell'incapacità di afferrare, dopo trent'anni di prigionia nel ventre della balena, il senso del "sushi che gira", una carne cruda eppure inerte, morta, che fa bella mostra di sé sui tavolini girevoli dei sushi-bar newyorkesi più alla moda. E infine comprenderemo le sfumature, quegli scarti di significato tra due azioni formalmente simili, quella del gigante Atsu, il killer della Yakuza che sta per stuprare Myon e perciò le solleva la gonna, e quella così simile, in flashback, del bambino Robin Nishi alla bambina Myon, prima vittima e adesso complice, con le stesse mutandine verdi offerte allo sguardo di un gioco innocente, come aveva fatto Belmondo in un altro esordio (ancor più clamoroso), quello di Godard in "À bout de souffle" (1959), quando solleva la gonna vaporosa a una sconosciuta che passeggiava tranquilla sugli Champs Èlysées: un gioco, a game. Piccole agnizioni, fulminee, che si accostano a lunghe sequenze gratuite, che scavano invece di procedere, affinché parole e azioni siano definite nella loro consistenza. Nishi (Kôji Imada) è un ventenne con già due sogni sulle sue fragili spalle: sfondare come mangaka, autore di fumetti, e impalmare Myon (Sayaka Maeda), il suo grande e unico amore. Troppo timido e rinunciatario per piegare la realtà a suo vantaggio, vive di monologhi interiori e fantasie cromatiche che esistono solo nella sua testa (mind) e che, spesso, lo fanno scoppiare in accessi di ira verbale che sconcertano i co-protagonisti della storia, ignari, al contrario di noi spettatori, di quanto per nulla apatico sia il suo cuore tumultuoso. Myon mal sopporta l'arrendevolezza del suo eterno fidanzato che, nonostante tutto, ama e, forse esasperata, forse speranzosa in una reazione, annuncia le sue prossime nozze con un giovane poco brillante ma solido, forte, rassicurante, addirittura sorridente. La mestizia dello scacco matto si annuvola nel piccolo ristorante di famiglia della ragazza, in cui la sorella maggiore cucina e serve, mentre il padre, un dongiovanni ubriacone e senza remore morali, beve e prova simpatia per quel giovane imbelle. Il dongiovanni però questa volta l'ha fatta grossa: ha scippato a Atsu, l’animalesco yakuza soprannominato "il Maradona del Kanai", la giovane fidanzata e i biglietti per un match dei Mondiali di calcio. In effetti siamo nel 2002, l’anno dei Campionati in Corea del Sud/Giappone, e a Osaka c’è aria di festa e di eccitazione, probabilmente il match doveva essere quello tra il Giappone e la Tunisia (14 giugno, 2-0 per il Giappone). Atsu, che non riconosce il vecchio dongiovanni, perde completamente la testa e sta per stuprare Myon quando questa chiede aiuto a Nishi, paralizzato dal terrore e tremante, rinunciatario come sempre, che però ottiene la curiosità di Atsu che gli si appressa, gli punta la pistola tra le chiappe, spara. Il film a questo punto poteva finire così, l'ennesimo cortometraggio in qualche modo abortito. Questa volta però, il giovane che mai è riuscito a esprimere qualcosa in tutta la sua vita si sveglia. Alter-ego dichiarato di Yuasa, pur portando nome e cognome dello scrittore del romanzo, Nishi riesce, in una settantina di minuti diegetici a esprimere quello che ha represso per venti anni: esordisce litigando con Dio in persona (!?), poi si improvvisa badass da action-movie con tanto di inseguimenti a rotta di collo, fino all'imprigionamento e all'epifania di tutte le possibilità che la vita offre a ogni singolo uomo, anche il più insignificante, e che si esauriscono per mancanza di tempo cinematografico, sicché "questa storia non ha mai fine". Da un punto di vista strettamente sinottico la storia è tutta questa, trenta minuti di conglomerati di atomi che fanno, dicono, sognano, subiscono, e altri settanta minuti in cui ogni descrizione sarebbe (è stata) parziale, fuorviante, infine: inutile. Più sensato, al contrario, ci sembra l'inventario di una enorme stanza dei giochi (game) arredata con gusto eteroclito tra le pieghe mucotiche della balena, in uno stile caotico e policromatico, un museo pop-art in cui tutto è dispiegato e nulla è spiegato: estetica kawaii (carina, gradevole) affiancata senza soluzione di continuità alle lolicon, grottesche raffigurazioni di labbra, seni e fianchi che ledono la dignità della Natura Indifferente, quella vecchia balena che ospita senza pretese un vecchio rassegnato da trent'anni, e i tre giovani appena arrivati, ma che da subito, nell'oscurità, nell’umidità di un ventre materno che non si dischiuderà mai più, riscoprono, tutti, la bellezza senza scopo del cielo blu e delle nuvole bianche. È in questo museo vivente, ricco di anfratti, sgabuzzino di culture, sviluppato in una architettura sghemba ma fluida, molle come il più molle dei marmi, rosa, viscido, segnato dal tempo biologico ma sempre durissimo e invalicabile, tanto verticale quanto orizzontale, panoramico e disteso, espressionista e psichedelico, che prende vita il Superflat (super-piatto), l'estetica agglutinante che pressa e compatta le espressioni artistiche destinate al mercato di massa: anime, manga, grafica, design, dj-ing, e le belle arti, pittura e scultura in primo luogo, che realizzano, tutti quanti, i feticci ostentati e branditi dal "mondo Otaku", "una testimonianza della vuotezza superficiale della cultura di consumo giapponese", e che rappresenta, oggettivamente, la Fame Antropologica della Bestia.
Fondato da Murakami Takeshi, ha tra i suoi esponenti di spicco Morimoto Koji che, a capo dello Studio 4°C, ha non solo prodotto il film ma ne ha pure diretto l'animazione. A Morimoto è doveroso ascrivere una buona parte del successo di "Mind Game". Egli è, tra le tante cose, il regista di "Magnetic Rose", il primo, straordinario episodio di "Memories" (1995), il progetto collettivo e sviluppato in tre parti con la supervisione di Otomo Katsushiro. La sceneggiatura di "Magnetic Rose", tra l'altro, è opera di Satoshi Kon. Morimoto ha inoltre diretto "Beyond", da molti considerato il più riuscito degli episodi di "Animatrix" (2003).
Non ne esce comunque sminuito il lavoro e il talento di Masaaki che già dalla sua opera prima dispiega attitudini e una precisa poetica. Come è facile constatare spulciando la sua filmografia, Yuasa costruisce i suoi mondi in apnea: si tratti di tè ("The Tatami Galaxy", 2010), di alcol ("The Night is Short, Walk on Girl"), o di figure leggendarie ("Lu over the Wall", 2017), fino all'azzardo del liquido spermatico ("Devilman Crybaby", 2018) il suo elemento è liquido, una tavolozza fluida in cui i colori brillano (come sulla pelle viscida delle rane, altro suo atout), le prospettive si dinamizzano fino a distruggersi, e in cui, muoversi al suo interno, è allo stesso tempo camminare, correre, nuotare, volare. Lo si intuisce dalla celebre sequenza al cospetto di Dio, realizzato con la CGI. Nishi è morto, la sua sagoma perde colore e consistenza, il terrore ne svuota il corpo attraverso fiumi di lacrime. Di fronte, un Dio multiforme e proteiforme, coacervo delle forme e delle forze del corpo e dello Spirito, solo in apparenza indifferente alla sofferenza umana, capace addirittura di piangere anche Lui, di abbracciarlo. Nella sequenza ipercinetica che offre all'uomo una possibilità, Egli fluttua liberamente nel vuoto fallacemente rivestito da tendaggi, monitor di Commodore 64, e schermi che riproducono il colpo di pistola fatale da decine di punti di vista, come un VAR calcistico. In effetti, codesto Dio è un incrocio azzardato (sincretico forse) del Dio cristiano e del Buddha, quello che si realizza infine nel Nirvana, il Nulla attraverso cui ci si libera di tutte le sofferenze; ma se la sintesi religiosa pare azzardata, quella del Vuoto Fluttuante è una invenzione (cinetica) di grandissimo spessore. Di converso, il congiungimento carnale di Nishi e Myon si scioglie in un acquerello contrappuntato dalla immagini in rotoscope di una locomotiva che marcia a tutta birra alimentata da una caldaia che sputa fiamme nel mentre i due corpi si fondono come lava (e non è, la lava, l'acqua del fuoco?) e si tengono stretti e indivisibili su ogni superficie, reclinata, declinata, strapiombi, ponti di legno, acqua salata, fino a fluttuare anche loro, non come Dio ma come due farfalle incollate. La realizzazione tecnica di queste sequenze esemplari ha abbisognato di un uso indistinto di animazione classica, in cel, Computer Graphic e Rotoscope, che coinvolge anche i protagonisti, i cui doppiatori hanno dovuto prestare faccia e corpo in numerose sequenze, e che hanno determinato un character design poco definito e spigoloso, tagliente, quasi abbozzato. In questa sarabanda di vuoto e di liquido, l'arte più astratta in assoluto, la musica, la fa da padrona. Essa si dispiega come un a sé stante, raramente commento, più spesso accompagnamento, rinforzo, contrappunto e infiorettatura. Decisamente notevole il pianoforte di Yōko Kanno che in "Rhapsody" fonde la "Hungarian Rhapsody" di Franz Liszt e la "Spring Song" di Felix Mendelsshon come accompagnamento in contrappunto dei minuetti nella pancia della balera messi in figura dai quattro inquilini. Al contrario, "Viva!", una samba, è di difficile collocazione: essa fluttua tra i ritmi che muovono il bacino e le melodie che formano il groppo in gola, e ci accompagna nel finale, quando si manifesta la "malinconia inevitabile" dell'immanenza, delle possibilità più o meno realizzabili e realizzate e che, con la stessa mestizia inevitabile, ci saranno mostrate nelle stanze "dei quattro tatami e mezzo", nel finale della serie "The Tatami Galaxy".
Il film è disponibile su Netflix Qui il film sottotitolato in inglese su YT Qui la colonna sonora
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La vera bellezza è autentica e visionaria
Da 60 anni, Kemon, marchio italiano di haircare nato a San Giustino, in Umbria, ricerca la bellezza. Una bellezza autentica, che non è solo apparenza, accompagnata da continua innovazione. Ecco perché il claim True Visionary Beauty guida da tre generazioni la famiglia Nocentini, proprietaria dell’azienda, in un percorso che non si ferma ai capelli, ma coinvolge la natura e l’arte.
Dalla sintonia con la natura nascono prodotti haircare formulati per il 90 per cento di ingredienti di origine naturale. Lo stabilimento sorge sulle colline umbre, dove dal 2006 sono stati convertiti in agricoltura biologica 20 ettari di terreno. E proprio lì è nato Kemon Open Lab, un laboratorio a cielo aperto, dove la tecnologia si ispira alla natura. Un rapporto complice, che permette di arrivare a formidabili risultati cosmetici rispettando l’ambiente. L’innovazione ha permesso al brand di ottenere due brevetti. Bond Creator, un complesso di molecole presenti in natura, che agiscono in sinergia ricostruendo i legami disolfuro all’interno del capello riparandolo in profondita, e Velian Complex, un fitocomplesso dall’alto potere antinfiammatorio, antibatterico e antiossidante, estratto dalle officinali biologiche del Kemon Open Lab.
L’Open Lab di Kemon a San Giutino, in Umbria.
Una bellezza naturale, autentica e profondamente ambientalista. L’Agenda 2030 dell’Onu per la sostenibilità ha ispirato il lavoro di Kemon. «Nell’ultimo triennio abbiamo compensato o completamente evitato tutte le nostre emissioni e abbiamo ridotto del 34% l’acqua per la realizzazione dei nostri prodotti», spiega Francesca Nocentini, marketing manager Kemon. Dal 2014 l’azienda è Corporate Golden Donor del FAI e nel 2018 ha sostenuto il Bosco di San Francesco.
La cultura della bellezza per Kemon non potrebbe esistere se non avesse al suo interno delle contaminazioni artistiche. Una forma d’arte libera dagli stereotipi e che valorizza l’unicità, sostenibile e duratura, vera e visionaria. Le tendenze nascono per far sentire bene con se stessi nella valorizzazione della propria unicità, in un equilibrio perfetto fatto di contrasti. I saloni Kemon si prendono cura dei capelli con un metodo di lavoro che va oltre al look. Non sono semplici saloni o parrucchieri, ma sono degli hub di creatività.
Mauro Galzignato, direttore artistico Kemon
Sapienza artistica ed estetica che prende forma a partire da K-Now, la pubblicazione annuale che si propone come lente d’ingrandimento per interpretare le tendenze, e che per gli acconciatori è un punto di riferimento di valori, contenuti e moda. La cura dei capelli diventa così una vera e propria filosofia di vita.
Video Credits:
Project coordinator & creative direction Erica Cariello Production & styling Alessia Caliendo Video direction Federico Floridi DOP Matteo Di Pippo Make up Carla Curione Styling assistant Ilaria Barsanti Model Daria M @26models Si ringraziano per il guardaroba: Isabel Benenato Mango Montegallo Pomandere 5 Preview
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