#accordi bilaterali
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Assemblea dei frontalieri a Varese: il PPN chiede equità fiscale e tutela dei lavoratori transfrontalieri
Il Partito dei Frontalieri del Nord (PPN) ha recentemente organizzato un’assemblea a Varese per discutere delle sfide e delle opportunità che i lavoratori frontalieri affrontano quotidianamente. L’incontro ha visto la partecipazione di numerosi lavoratori, rappresentanti sindacali e politici locali, tutti uniti dall’obiettivo comune di migliorare le condizioni di chi lavora oltre confine. Le…
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ilpianistasultetto · 8 months ago
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Vorrei ricordare a tutti quelli che si lamentano della concorrenza sleale di tanti prodotti stranieri, a tutti gli agricoltori che scendono in piazza per difendere i loro ortaggi, vini e formaggi dall'assalto di prodotti stranieri, a tutti quelli che danno retta a tesi strambe o a quella retorica nazionalista di certi politici.. che quando si sottoscrivono accordi commerciali bilaterali, vuol dire che si danno cose e cose si prendono. Se tu vuoi portare mobili in quel paese, devi prenderti la sua carne e il suo grano. Se vuoi gas algerino, ti prendi tutti i suoi prodotti agricoli, arance, olio, limoni o datteri che siano. Dovrebbe essere buona norma della politica (tutta) , illustrare a noi cittadini, i termini dettagliati degli accordi che l'Italia va sottoscrivendo con tanti Paesi al mondo, così da capire quali settori ne trarranno vantaggio e chi svantaggio, altrimenti siamo alla solite frasi roboanti come se per l'Italia arrivano solo vantaggi. Ma qualcuno puo' credere che noi siamo i "furbetti" e gli altri tutti cojoni? Poi, se a voi piace essere presi per il c.lo dando retta a chi promette difese e barricate pur di tenere il nemico fuori dalle mura, accomodatevi.. @ilpianistasultetto
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abr · 6 months ago
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Un mercato unico dei capitali è uno degli aspetti cruciali del Rapporto Draghi. Per finanziare la rinascita industriale dell’Europa unita è necessario un sistema bancario integrato. Alla luce di ciò, l’operazione di Unicredit (acquisizione di Commerzbank, ndr) avrebbe rappresentato un cambiamento significativo rispetto alle operazioni discusse negli ultimi decenni, che generalmente riflettevano accordi politici bilaterali tra Stati membri, prima di eventuali discussioni a livello europeo.
Ora, dopo il Rapporto Draghi, il contesto è diverso. Il consolidamento bancario europeo non si è mai veramente concretizzato, in quanto cedere il controllo del sistema bancario significa cedere una parte significativa di sovranità nazionale.
È evidente che la Germania è contraria a tali sviluppi, che rappresentano un pilastro del consolidamento bancario transfrontaliero. Ciò che stiamo osservando potrebbe essere solo l’inizio di un conflitto tra chi desidera un’Europa più unita e chi si oppone. Da questo punto di vista, il tentativo di Unicredit è percepito dalla Germania come una minaccia maggiore rispetto al passato.
Non si tratta soltanto di posti di lavoro o di attenzioni verso il sistema industriale tedesco; è qualcosa di più grande perché mira a riformulare il progetto europeo a svantaggio dei governi nazionali. Il sistema bancario è al centro della sovranità reale degli Stati. La partita potrebbe vedere l’ingresso di altri attori, perché se il consolidamento deve avvenire, non è indifferente che sia guidato da una banca francese o spagnola. Per i francesi, è preferibile che la sede sia a Parigi piuttosto che a Madrid, e questo vale per tutte le possibili combinazioni.
Tuttavia, questo non è il punto centrale. Non c’è uno scontro diretto tra Italia e Germania, ma tra una certa visione di Europa e chi si oppone.
via https://www.compliancejournal.it/berlino-blocca-la-vendita-di-commerzbank-rivolta-contro-il-rapporto-draghi/
Vista così, da detrattore del Draghi e contrario a un’Europa più unita - l'Europa torni ad essere un MERCATO UNITO - è meglio così. Ci manca solo la superburocrazia brussellese-congolese.
Btw, Unicredit già nel passato molto soffrì per certe sue acquisizioni all'estero che la esposero. Lasciate che gli infingardi tedeschi percolino pure aldilà del Reno e anche fino al Manzanarre se credono, ma non mai Oltralpe.
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tergestin · 1 year ago
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È gravissimo ciò che afferma il primo ministro slovacco Robert Fico: “Alcuni paesi dell'UE e della NATO stanno valutando la possibilità di inviare i propri militari in Ucraina sulla base di accordi bilaterali”.
Queste parole dette da un primo ministro assumono un peso molto più rilevante per una serie di motivi, intanto perché, essendo dentro la NATO e l'UE, non parla a casaccio.
Poi perché per dichiarare pubblicamente una cosa del genere, potrebbe voler dire che alcuni paesi tra cui l'Italia, siano in fase avanzata per uscire pubblicamente con personale Nato contro la Russia dopo aver firmato gli accordi bilaterali con #Zelensky.
Già da un pezzo ci sono militari Nato che combattono in Ucraina, ma sdoganarlo pubblicamente ha un solo significato: mettere a conoscenza l'opinione pubblica che il prossimo passo potrebbe essere guerra aperta mentre è già guerra aperta...
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arcobalengo · 1 year ago
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È gravissimo ciò che afferma il primo ministro slovacco Robert Fico: "Alcuni paesi dell'UE e della NATO stanno valutando la possibilità di inviare i propri militari in Ucraina sulla base di accordi bilaterali".
Queste parole dette da un primo ministro assumono un peso molto più rilevante per una serie di motivi, intanto perché, essendo dentro la Nato e l'UE, non parla a casaccio.
Poi perché per dichiarare pubblicamente una cosa del genere, potrebbe voler dire che alcuni paesi tra cui l'Italia, siano in fase avanzata per uscire pubblicamente con personale Nato contro la Russia dopo aver firmato gli accordi bilaterali con Zelensky.
Sia chiara una cosa, già da un pezzo ci sono militari Nato che combattono in Ucraina, ma sdoganarlo pubblicamente ha un solo significato: mettere a conoscenza l'opinione pubblica che il prossimo passo potrebbe essere guerra aperta mentre è già guerra aperta...
T.me/GiuseppeSalamone
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italiani-news · 9 days ago
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Le politiche commerciali adottate dagli Stati Uniti negli ultimi anni, in particolare l’imposizione di dazi sulle importazioni, stanno avendo un impatto significativo sulle economie mondiali. L’Italia non è immune a queste dinamiche e, secondo le ultime analisi dell'ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica), il nostro paese si troverà a fronteggiare effetti economici notevoli. Le stime parlano di oltre 23.000 imprese vulnerabili, le quali potrebbero essere fortemente danneggiate da queste misure protezionistiche.L’imposizione di tariffe doganali da parte degli Stati Uniti riguarda una vasta gamma di prodotti, tra cui acciaio, alluminio, prodotti agroalimentari, automobili e componenti elettronici. Questi dazi sono stati principalmente introdotti in seguito a tensioni commerciali con diversi paesi, inclusa l'Unione Europea. L’Italia, in quanto membro dell'UE, ha visto i propri prodotti colpiti da queste misure restrittive, con gravi conseguenze per molte imprese italiane.Secondo l'ISTAT, la globalizzazione e l’integrazione delle filiere produttive mondiali rendono sempre più vulnerabili le economie di paesi come l’Italia, che dipendono dalle esportazioni verso mercati chiave come quello statunitense. Le imprese italiane che operano in settori come la metallurgia, l’industria automobilistica e l’agroalimentare si trovano ora a dover affrontare nuove difficoltà a causa dell’aumento dei costi legati ai dazi imposti sui loro prodotti.Oltre 23.000 imprese italiane sono classificate come vulnerabili agli effetti dei dazi USA. Queste aziende rappresentano una fetta significativa del tessuto produttivo nazionale, e la loro vulnerabilità potrebbe tradursi in una perdita di competitività sui mercati esteri. Molte di queste imprese sono piccole e medie imprese (PMI), che già lottano con margini di profitto ridotti e difficoltà di accesso a finanziamenti. L’impatto potrebbe essere particolarmente grave per quelle imprese che esportano direttamente negli Stati Uniti o che dipendono dalla filiera di approvvigionamento statunitense.Le PMI italiane sono particolarmente sensibili agli aumenti dei costi, in quanto spesso non dispongono delle stesse risorse delle grandi aziende per compensare gli effetti dei dazi attraverso strategie di diversificazione dei mercati o l'adozione di nuove tecnologie.Tra i settori più colpiti dai dazi USA troviamo principalmente quelli legati alla produzione di acciaio e alluminio, ma anche il settore automobilistico e quello agroalimentare. L’Italia è uno dei principali esportatori mondiali di prodotti agroalimentari di alta qualità, tra cui vini, oli e formaggi. Le nuove tariffe sulle importazioni di questi beni rischiano di ridurre le vendite verso il mercato statunitense, che rappresenta uno dei principali acquirenti di questi prodotti.Anche il settore automobilistico, che vede l'Italia tra i protagonisti con marchi di prestigio come Fiat, Ferrari e Maserati, sta risentendo delle politiche protezionistiche. I dazi imposti sui veicoli e sui componenti automobilistici aumentano il costo per le aziende italiane che esportano negli Stati Uniti, mettendo a rischio la competitività dei loro prodotti.In risposta alla crescente minaccia dei dazi, l’Italia, insieme all'Unione Europea, sta cercando di adottare misure diplomatiche per limitare l'impatto delle politiche protezionistiche degli Stati Uniti. L'UE ha più volte sollevato il caso all'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e ha cercato di raggiungere accordi bilaterali con gli Stati Uniti per ridurre le tariffe imposte.Tuttavia, la situazione rimane complessa, e la risposta alle politiche protezionistiche americane richiede una strategia coordinata e una gestione attenta delle relazioni internazionali. L’Italia, come membro dell'UE, continua a monitorare l’evoluzione della situazione, ma dovrà prepararsi ad affrontare un futuro che potrebbe portare a nuove sfide per le sue imprese.L’imposizione di dazi da parte degli Stati Uniti è un tema che sta influenzando in modo rilevante l’economia globale, e l’Italia non è immune da questi effetti. Le oltre 23.000 imprese vulnerabili, molte delle quali fanno parte del settore delle PMI, sono a rischio di subire gravi perdite in termini di competitività e profittabilità. La situazione richiede un’azione tempestiva da parte delle istituzioni italiane e europee per proteggere le imprese vulnerabili e cercare soluzioni diplomatiche che possano ridurre l’impatto delle politiche commerciali statunitensi. Read the full article
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jzmor · 18 days ago
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Le nuove normative sulla regolamentazione delle stablecoin: l’interpretazione di JZMOR Exchange sulle novità del GENIUS Act 2025
Di recente, il Senato degli Stati Uniti ha pubblicato la versione aggiornata del Guiding and Establishing the Nation’s Innovation in U.S. Stablecoins Act 2025 (GENIUS Act 2025), tra le cui modifiche più rilevanti spicca l’ampliamento delle disposizioni di reciprocità per i pagamenti in stablecoin emesse da giurisdizioni estere. Questa nuova tendenza regolatoria ha rapidamente attirato l’attenzione del mercato globale degli asset digitali. In questo contesto, JZMOR Exchange ha condotto un’analisi approfondita per aiutare gli investitori a comprendere meglio le potenziali implicazioni di questi cambiamenti normativi per l’intero settore.
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L’aggiornamento del GENIUS Act 2025, approvato dal Senato degli Stati Uniti, pone particolare enfasi sugli accordi di reciprocità nella regolamentazione delle stablecoin con giurisdizioni estere. In particolare, il Segretario del Tesoro degli Stati Uniti dovrà stipulare accordi bilaterali con altri paesi entro due anni dall’entrata in vigore della legge, al fine di garantire che gli emittenti di stablecoin rispettino standard coerenti in materia di requisiti di riserva, misure antiriciclaggio e contro il finanziamento del terrorismo, conformità alle sanzioni, requisiti di liquidità e gestione del rischio. Questo approccio dimostra come gli Stati Uniti stiano cercando di rafforzare la posizione del dollaro nel settore dei pagamenti internazionali attraverso una maggiore armonizzazione normativa.
Dal punto di vista regolatorio, gli Stati Uniti hanno inoltre chiarito che gli emittenti autorizzati di stablecoin destinate ai pagamenti non rientreranno più nella definizione di "commodity" secondo il Commodity Exchange Act. Questo intervento definisce in modo più chiaro i confini della responsabilità regolatoria, fornendo agli emittenti di stablecoin un quadro normativo più trasparente. Secondo l’analisi di JZMOR Exchange, questa maggiore chiarezza normativa favorirà l’ingresso nel mercato delle stablecoin di istituzioni finanziarie tradizionali, contribuendo a una sua ulteriore espansione e stabilizzazione.
Allo stesso tempo, il coordinamento tra gli standard normativi statunitensi e quelli di altri paesi contribuirà a ridurre i costi di conformità per le transazioni transfrontaliere in stablecoin, migliorandone l’efficienza e la trasparenza. JZMOR Exchange sottolinea che questa tendenza alla cooperazione normativa faciliterà notevolmente la circolazione internazionale delle stablecoin, consolidandone il ruolo come strumenti chiave nei pagamenti internazionali e nei regolamenti commerciali.
L’ampliamento delle disposizioni di reciprocità sulle stablecoin previsto dal GENIUS Act 2025 risponde, in realtà, a una strategia più ampia di rafforzamento dell’egemonia del dollaro nel settore dei pagamenti digitali. Da tempo, il dollaro domina il sistema finanziario internazionale, ma negli ultimi anni ha dovuto affrontare sfide crescenti, tra cui la diversificazione delle valute nei regolamenti commerciali, la crescente tendenza alla de-dollarizzazione, le pressioni inflazionistiche globali e il continuo aggravarsi del debito pubblico degli Stati Uniti. Questi fattori hanno spinto gli Stati Uniti a riconsiderare le strategie per mantenere la supremazia del dollaro nell’era dell’economia digitale.
L’ascesa delle stablecoin offre al dollaro una nuova opportunità. Secondo i dati di JZMOR Exchange, otto delle dieci principali stablecoin per capitalizzazione di mercato sono denominate in dollari, con un valore complessivo superiore ai 2.000 miliardi di dollari, pari a oltre il 95% del mercato globale delle stablecoin. Questa predominanza di mercato fornisce al dollaro una solida base per mantenere il proprio ruolo dominante nell’era digitale. Tuttavia, l’espansione rapida delle stablecoin ha sollevato anche numerose sfide normative, tra cui la sicurezza delle riserve, i rischi di riciclaggio di denaro nelle transazioni transfrontaliere e il finanziamento del terrorismo.
Secondo l’analisi di JZMOR Exchange, gli Stati Uniti stanno promuovendo una regolamentazione coordinata a livello internazionale attraverso il GENIUS Act 2025 proprio per costruire un quadro normativo unificato che garantisca la sicurezza e la conformità dell’ecosistema delle stablecoin in dollari. Questa armonizzazione normativa non solo ridurrà gli ostacoli e i costi di conformità nelle transazioni internazionali, ma rafforzerà ulteriormente la posizione delle stablecoin in dollari come valuta di riferimento nei pagamenti digitali globali.
JZMOR Exchange segue costantemente l’evoluzione della regolamentazione globale sugli asset digitali e sta ampliando in modo proattivo le proprie attività legate alle stablecoin. In risposta alle nuove normative introdotte dal GENIUS Act 2025, JZMOR Exchange ha già avviato processi di coordinamento con diverse giurisdizioni internazionali per garantire che le proprie operazioni in stablecoin siano pienamente conformi agli standard normativi globali. Sul piano tecnologico, JZMOR Exchange continua a ottimizzare la propria infrastruttura per garantire transazioni in stablecoin sempre più sicure ed efficienti. A livello strategico, la piattaforma ha stretto collaborazioni con numerose banche e istituzioni finanziarie internazionali per espandere i servizi di pagamento transfrontaliero basati su stablecoin. Guardando al futuro, JZMOR Exchange continuerà a rafforzare le proprie operazioni in conformità con la regolamentazione, partecipando attivamente al processo di armonizzazione normativa globale sulle stablecoin, con l’obiettivo di offrire agli investitori un ambiente di trading di asset digitali più sicuro ed efficiente.
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notiziariofinanziario · 2 months ago
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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha firmato un bilaterale con il principe saudita a gambe incrociate, sui tappeti tradizionali, nel campo tendato del primo ministro. “Durante l’incontro – riferisce una nota di Palazzo Chigi – i due leader hanno firmato una dichiarazione congiunta che eleva i rapporti bilaterali a un partenariato strategico, avviando una cooperazione strutturata. Tra le iniziative concordate, l’organizzazione nei prossimi mesi di un business forum settoriale e l’avvio di un processo per definire un piano d’azione con priorità condivise”. A seguire la cerimonia di firma della dichiarazione congiunta sulla partnership strategica e un pranzo di lavoro. E poi una tavola rotonda con i rappresentanti di imprese dei due paesi nel corso della quale Meloni ha snocciolato la cifra: “Spero che continueremo a firmare intese e costruire cose su questi accordi – ha aggiunto -. È stato un soggiorno bello e lo considero l’inizio di qualcosa di nuovo”. Tra gli italiani presenti, l’ad di Leonardo Roberto Cingolani, per un’intesa con i sauditi sugli elicotteri. In programma anche accordi su mobilità sostenibile, cooperazione energetica, sport e tutela del patrimonio culturale e archeologico. Quelli siglati con l’Arabia Saudita, “sono accordi che prevedono una collaborazione di natura strategica, tecnologica, come per esempio con il Kaust, che è il centro di ricerca ed è a tutti gli effetti una facoltà di ingegneria e tecnologia” e poi c’è “anche un accordo di collaborazione industriale per allargare anche al civile l’interesse a condividere know-how nella costruzione di navi”, ha detto Pierroberto Folgiero, amministratore delegato di Fincantieri. “È molto concreto, lo stiamo veramente trattando. Ovviamente c’è una parte governativa che comanda”, sono invece le parole di Cingolani sull’interesse dei sauditi a entrare nel Gcap, il programma di Italia, Gran Bretagna e Giappone per la creazione di un nuovo caccia da combattimento. “Noi abbiamo già firmato un accordo” con l’Arabia Saudita, “la fabbrica partirà nel secondo trimestre di quest’anno, quindi da aprile: la fabbrica è 25% noi, 75% Pif (Public Investment Fund, fondo sovrano dell’Arabia Saudita), la gestione è nostra e produrrà a regime 3 milioni e mezzo di pneumatici, di cui circa un milione e mezzo marca Pirelli e il resto con un brand locale, questo è il quadro”, ha detto l’ad di Pirelli, Marco Tronchetti Provera. Meloni lunedì volerà poi in Bahrein per un bilaterale con il Re Hamad Bin Isa Al Khalifa. Read the full article
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avvloscerbo · 4 months ago
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Immigrazione, carcere e rieducazione: le sfide di un sistema in bilico
Immigrazione, carcere e rieducazione: le sfide di un sistema in bilico
La questione dei detenuti stranieri in Italia e in Europa rappresenta una criticità che mette in luce le fragilità di un sistema che deve bilanciare due esigenze fondamentali: da un lato, la necessità di rimpatriare i cittadini stranieri che hanno commesso reati; dall'altro, l’obbligo costituzionale di garantire la rieducazione del condannato, qualunque sia la sua origine. Recenti dati rivelano che la presenza di stranieri nelle carceri italiane ed europee è una realtà significativa, che solleva questioni di giustizia sociale, efficienza amministrativa e rispetto dei diritti fondamentali.
I numeri che parlano
Secondo quanto riportato, in Italia il 31% della popolazione carceraria è composta da stranieri, una percentuale ben superiore rispetto alla media europea. Questo dato, purtroppo, non può essere letto semplicemente come un riflesso della presenza straniera nella società, ma piuttosto come il risultato di una serie di fattori strutturali. Tra questi, la difficoltà per gli stranieri di accedere a percorsi alternativi al carcere, come i lavori socialmente utili, e la maggiore esposizione a situazioni di marginalità sociale che spesso conducono alla commissione di reati minori.
A livello europeo, la situazione non è diversa: in molti Paesi gli stranieri rappresentano una quota significativa dei detenuti. Tuttavia, in Italia, i reati connessi all'immigrazione irregolare, come il semplice ingresso o soggiorno irregolare, non comportano la reclusione ma sanzioni amministrative, a differenza di quanto avviene per altri tipi di reato che possono coinvolgere cittadini stranieri, come il piccolo spaccio o i furti.
Il dilemma del rimpatrio
Per molti, la soluzione al problema dei detenuti stranieri sembra essere il rimpatrio. Tuttavia, questa misura non è semplice da attuare. Rimpatriare un detenuto significa affrontare una serie di ostacoli burocratici, diplomatici e logistici. Spesso mancano accordi bilaterali efficaci con i Paesi d'origine, e non sempre le autorità straniere collaborano per il rientro dei loro cittadini.
Inoltre, il rimpatrio solleva questioni etiche e giuridiche. È giusto privare un detenuto straniero della possibilità di completare un percorso rieducativo in Italia? È compatibile con i valori del nostro ordinamento espellere una persona che potrebbe reinserirsi nella società e cambiare la propria vita?
Il principio costituzionale della rieducazione
L’articolo 27 della Costituzione italiana stabilisce che "le pene devono tendere alla rieducazione del condannato". Questo principio, fondamentale per il nostro ordinamento, non fa distinzione tra cittadini italiani e stranieri. Garantire la rieducazione significa offrire a ogni detenuto, indipendentemente dalla sua nazionalità, una seconda possibilità. È un principio che tutela non solo i diritti del singolo, ma anche l’interesse collettivo a una società più sicura e inclusiva.
Tuttavia, per gli stranieri, questo percorso è spesso ostacolato da barriere linguistiche, culturali e sociali. Molti detenuti stranieri non hanno accesso ai programmi di formazione e reinserimento, spesso per mancanza di risorse o per una percezione discriminatoria che li considera "non meritevoli" di tali opportunità.
Le sfide del sistema penitenziario italiano
Il sovraffollamento delle carceri è un problema cronico in Italia e incide negativamente sulla possibilità di garantire percorsi rieducativi efficaci. Per i detenuti stranieri, questa condizione è spesso aggravata dalla mancanza di interpreti, mediatori culturali e programmi specifici di supporto.
D’altro canto, la presenza di stranieri nelle carceri italiane evidenzia la necessità di politiche più inclusive e mirate. Offrire opportunità di rieducazione ai detenuti stranieri non significa solo rispettare i loro diritti, ma anche contribuire a ridurre i tassi di recidiva e a costruire una società più sicura.
Verso una soluzione bilanciata
Affrontare il problema dei detenuti stranieri richiede un approccio integrato, che tenga conto sia delle esigenze di sicurezza dello Stato sia dei principi di umanità e rieducazione sanciti dalla nostra Costituzione. Ecco alcune proposte per un sistema più equilibrato:
Accordi di rimpatrio strutturati e responsabili Stringere accordi con i Paesi di origine per il rimpatrio dei detenuti, garantendo al contempo che questi possano accedere a percorsi di reintegrazione nei loro territori.
Accesso paritario ai percorsi rieducativi Promuovere programmi di formazione e reinserimento specifici per i detenuti stranieri, con il supporto di mediatori culturali e linguistici.
Riforma del sistema penitenziario Affrontare il sovraffollamento e migliorare le condizioni di detenzione, creando strutture adeguate a percorsi rieducativi personalizzati.
Conclusioni
Il sistema penitenziario italiano si trova di fronte a una sfida complessa: garantire sicurezza e rispetto delle regole senza tradire i principi di umanità e giustizia che sono alla base del nostro ordinamento. La presenza di detenuti stranieri rappresenta un banco di prova per la capacità dello Stato di coniugare fermezza e inclusione.
Investire in percorsi di rieducazione per tutti, italiani e stranieri, non è solo un dovere morale, ma anche una scelta strategica per costruire una società più giusta e sicura. Rimpatrio e rieducazione non devono essere viste come alternative inconciliabili, ma come strumenti complementari di un sistema che sappia essere al servizio di tutti.
Avv. Fabio Loscerbo
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londranotizie24 · 8 months ago
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Industria aerospaziale italiana al Farnborough, Crosetto a Londra per il GCAP
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Di Pietro Nigro Industria aerospaziale italiana in mostra al Farnborough International Air Show. Il ministro Crosetto a Londra per il programma GCAP con Regno Unito e Giappone. Industria aerospaziale italiana al Farnborough, Crosetto a Londra per il GCAP Una due giorni a Londra densa di impegni istituzionali dedicati tutti al tema della cooperazione internazionale su Difesa e Industria, quella del ministro della Difesa Guido Crosetto e dal Vice ministro agli Affari esteri Edmondo Cirielli, che ha avuto il suo culmine lunedì sera al rinfresco che l'Ambasciatore d'Italia a Londra Inigo Lambertini ha offerto alla delegazione ministeriale nella sua Residenza ufficiale di Londra. Al centro dell'agenda di Crosetto e Cirielli, gli accordi di cooperazione industriale tra Italia, Regno Unito e Giappone, nonché la qualificatissima presenza di imprese italiane all Farnborough International Air Show, il salone dell'aviazione e dell'aeronautica in corso dal 22 al 26 luglio. Rapporti Italia - Regno Unito, Crosetto: "Nulla è cambiato". Il progetto GCAP va avanti I rapproti bilaterali di collaborazione e cooperazione Italia-Regno Unito, che datano da lunghissimo tempo e si estrinsecano su vari livelli, non da ultimo nel prorgamma GCAP, sono e rimangono assolutamente stabili. A confermarlo è stato il ministro della Difesa Guido Crosetto, che nella giornata di lunedì ha incontrato per la prima volta il suo omologo britannico, il neo minsitro laburista John Healey, con cui nella giornata di martedì incontra anche il ministro della Difesa del Giappone Minoru Kihara nel quadro del GCAP, il programma per lo sviluppo congiunto di un nuovo Jet da caccia. Nei rapporti tra Italia e Regno Unito “nulla è cambiato” con il nuovo governo britannico, ha affermato Crosetto all'agenzia Nova nel corso di un punto stampa che si è tenuto ieri sera all’Ambasciata d'Italia nel Regno Unito. “Il mondo è quello che c’era prima delle elezioni nel Regno Unito”, e l’Europa “ha davanti sfide complesse", così "come la Nato”, a fronte di un potenziale cambio di scenario. Ue e Nato “hanno l’abitudine di affrontare i problemi” quando emergono, e non prima, come nel caso delle questioni legate all’Africa, ha osservato Crosetto. Queste rassicurazioni acquistano un valore importante, dopo che venerdì scorso The Times ha riferito il timore che il progetto Global Combat Air Program fighter - che coinvolge Italia, Gran Bretagna e Giappone, "potrebbe essere a rischio di cancellazione, in un più ampio riesame della materia Difesa", a causa delle preoccupazioni sui costi del governo laburista britannico guidato da Starmer. Dello stato di avanzamento del progetto GCAP si è discusso nella giornata di oggi, in un incontro delle tre delegazioni italiana, britannica e giapponese che si è tenuto nel palazzo di Whitehall, sede del Ministero della Difesa del Regno Unito. "I nostri sono tre grandi Paesi del G7 che hanno intrapreso un importante percorso. Il progetto GCAP, parte di una più ampia strategia della Difesa, si basa su eguale partecipazione in termini finanziari, industriali e tecnologici. Occorre ora garantire rispetto delle tempistiche e un quadro chiaro su condivisione di lavoro e tecnologie", ha detto Crosetto a margine dell’incontro trilaterale con il Segretario di Stato John Healey e con il Ministro Minoru Kihara. Il programma GCAP (Global Combat Air Programme) è una partecipazione trilaterale per lo sviluppo di un caccia di sesta generazione, ed è un progetto ambizioso, fondamentale per l'Italia nello sviluppare capacità e tecnologie innovative e garantire un vantaggio operativo, e che rientra in una più ampia strategia di collaborazione internazionale, indispensabile negli scenari geopolitici attuali. Tanto è vero che Crosetto ne ha parlato anche con il collega giapponese in un incontro faccia a faccia che si è tenuto nella mattinata di martedì nella sede dell'ambasciata italiana e che ha visto, come hanno riferito fonti della Difesa italiana, un proficuo dialogo sui nuovi ambiti di collaborazione tra le Forze Armate di Italia e Giappone e sullo sviluppo della cooperazione nel settore dell’industria della difesa. E questo tema, anche se su aspetti più tecnico operativi, è stato al centro anche di un altro incontro, che Crosetto ha avbuto lunedì pomeriggio, con Maria Eagle, ministro per le Forniture e l'Industria della Difesa britannica, che è stata l'occasione anche per ribadire l'importante legame tra Italia e Regno Unito e approfondire opportunità che il progetto GCAP offre in termini di collaborazione industriale e sviluppo di un polo tecnologico. Sempre lunedì Crosetto ha anche incontrato il Segretario di Stato alla Difesa della Polonia, Pawel Bejda, in un colloquio che ha riguardato ancora una volta le possibilità di cooperazione tra Italia e Polonia innelle Forze armate e sulla cooperazione in ambito industria della Difesa. Industria ... Continua a leggere su
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adrianomaini · 10 months ago
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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Giorgia Meloni e i centri in Albania: una soluzione efficace o una spesa inutile?
Immigrazione e politiche governative: il progetto dei centri in Albania sotto esame.
Immigrazione e politiche governative: il progetto dei centri in Albania sotto esame. Roma, 3 febbraio 2025 – Articolo di Marina Donnarumma Giorgia Meloni ha dichiarato con determinazione: “I centri in Albania funzioneranno, dovessi passarci ogni notte, funzioneranno, funzioneranno.” Ma davvero questa strategia risolverà il problema dell’immigrazione in Italia? Oppure si tratta di un’iniziativa…
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magauda · 10 months ago
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aresdifesa · 1 year ago
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Francia e Moldavia stringono accordi di collaborazione militare La scorsa settimana i Ministri della Difesa di Francia e Moldavia hanno sottoscritto un accordo di cooperazione nel settore della difesa nell’occasione di un incontro all’Eliseo alla presenza del Presidente francese Emmanuel Macron e della Presidente moldava Maia Sandu. L’accordo in questione prevede il rafforzamento delle relazioni bilaterali tra Francia e Moldavia ed indica le linee di indirizzo entro le quali si svolgerà la futura cooperazione tra i due Paesi in materia di sicurezza. In base al nuovo accordo, i due Paesi eseguiranno esercitazioni congiunte, condivideranno informazioni di intelligence, collaboreranno nell’acquisto di sistemi d’arma e nel cyber warfare; da parte
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Articolo 35 della Costituzione italiana: tutela del lavoro
L'articolo 35 della Costituzione italiana è il primo articolo del titolo III della prima parte della Costituzione, cioè i rapporti economici. In esso, la Repubblica italiana si impegna a tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, curando la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Cosa dice l'articolo 35 della Costituzione? La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero. I commi L'articolo 35 si compone di diversi commi. Il primo comma afferma il principio generale della tutela del lavoro da parte della Repubblica. Questo principio implica che il lavoro è un diritto fondamentale del cittadino, che deve essere tutelato da parte dello Stato. La tutela del lavoro si concretizza in una serie di misure, tra cui: - il diritto al lavoro: la Repubblica si impegna a garantire a tutti i cittadini il diritto di lavorare e di ricevere un'adeguata retribuzione; - il diritto alla sicurezza sul lavoro: la Repubblica si impegna a garantire la sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro, prevedendo misure di prevenzione e protezione dai rischi; - il diritto alla libertà sindacale: la Repubblica si impegna a garantire la libertà di associazione sindacale e il diritto dei lavoratori di contrattare collettivamente con i datori di lavoro; - il diritto alla formazione professionale: la Repubblica si impegna a promuovere la formazione professionale dei lavoratori, al fine di migliorarne le competenze e le opportunità di lavoro. Il secondo comma dell'articolo 35 specifica alcune delle misure concrete che la Repubblica si impegna a adottare per tutelare il lavoro. Queste misure riguardano: - la promozione della formazione professionale dei lavoratori: la Repubblica si impegna a promuovere la formazione professionale dei lavoratori, al fine di migliorarne le competenze e le opportunità di lavoro; - la tutela del lavoro italiano all'estero: la Repubblica si impegna a tutelare i diritti dei lavoratori italiani all'estero, promuovendo accordi internazionali e accordi bilaterali; - la promozione degli accordi e delle organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro: la Repubblica si impegna a promuovere gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro, al fine di rafforzare la tutela dei lavoratori a livello globale. L'articolo 35 della Costituzione è un articolo fondamentale per la tutela dei diritti dei lavoratori in Italia. Esso costituisce la base giuridica per una serie di leggi e regolamenti che hanno lo scopo di garantire ai lavoratori un lavoro sicuro, dignitoso e remunerativo. L'applicazione dell'articolo L'articolo 35 della Costituzione è stato applicato da una serie di leggi e regolamenti, che hanno contribuito a tutelare i diritti dei lavoratori in Italia. Tra queste leggi, si possono ricordare: - il codice civile: il codice civile disciplina il rapporto di lavoro subordinato, prevedendo una serie di norme a tutela dei diritti dei lavoratori; - il codice penale: il codice penale punisce le violazioni delle norme in materia di lavoro, come il lavoro minorile, il lavoro clandestino e il lavoro sfruttato; - la legge 300/1970, detta "Statuto dei lavoratori": la legge 300/1970 è una delle leggi più importanti in materia di tutela dei diritti dei lavoratori. Essa prevede una serie di misure a tutela della libertà sindacale, della sicurezza sul lavoro e della libertà di opinione dei lavoratori; - il contratto collettivo nazionale di lavoro: il contratto collettivo nazionale di lavoro è un accordo stipulato tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro. Esso contiene una serie di norme che regolano le condizioni di lavoro dei dipendenti, come la retribuzione, l'orario di lavoro e le ferie. L'applicazione dell'articolo 35 della Costituzione ha contribuito a migliorare la situazione dei lavoratori in Italia. Tuttavia, vi sono ancora alcune criticità che devono essere affrontate. Tra queste, si possono ricordare: - il tasso di disoccupazione, che è ancora elevato, soprattutto tra i giovani; - la precarietà del lavoro, che è un fenomeno in aumento; - il lavoro nero, che è ancora diffuso, soprattutto nel settore del lavoro agricolo e domestico. Per superare queste criticità, è necessario proseguire nell'applicazione dell'articolo 35 della Costituzione, adottando nuove misure a tutela dei diritti dei lavoratori. Tra queste misure, si possono ricordare: - la promozione della formazione professionale, per migliorare le competenze dei lavoratori e facilitarne l'ingresso nel mercato del lavoro; - la riduzione della precarietà del lavoro, attraverso l'introduzione di nuove forme di contratto di lavoro a tempo indeterminato; - la lotta al lavoro nero, attraverso controlli più stringenti e sanzioni più severe. La tutela dei diritti dei lavoratori è un obiettivo fondamentale per una società equa e democratica. Foto di copertina: Martelletto Asta Legge - Foto gratis su Pixabay - Pixabay Read the full article
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Mattarella dal presidente uzbeko Mirziyoyev, firma accordi
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, avrà oggi una serie di colloqui politici a Tashkent con il presidente dell’Uzbekistan Shavkat Mirziyoyev. Il capo dello Stato, da ieri nella capitale uzbeka, è arrivato al palazzo presidenziale accolto da una cerimonia ufficiale di benvenuto. Saranno firmati anche una serie di intese bilaterali. La prima è un accordo tra il Governo della…
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