#Scrittura narrativa
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divulgatoriseriali · 1 year ago
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Scrittura narrativa: dove ambientare la storia di un romanzo? il luogo giusto non esiste, ma possiamo trovarlo insieme
Dove ambientare la storia di un romanzo è una decisione cruciale per ogni scrittore. La location diventa lo sfondo in cui i personaggi prendono vita e le trame si sviluppano. In questo articolo esploreremo l’importanza della scelta del luogo e le considerazioni fondamentali per garantire che il mondo che creiamo sia autentico e coinvolgente per i lettori. La domanda che spesso ci poniamo è: “Il…
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gloria-ma · 2 years ago
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Scienze Umane per scrivere – l'identità e il cambiamento dei personaggi
Uno degli aspetti più interessanti all’interno dei romanzi è sicuramente il cambiamento dei personaggi: il loro viaggio (di cui ho parlato QUI) e quella sorta di mutazione che sperimentano nel superare il conflitto della storia (il loro problema, quindi, o la loro paura o i loro desideri), diventando, alla fine, in qualche modo diversi da loro stessi. Ecco, di questa diversità e dell’identità ne…
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valentina-lauricella · 7 months ago
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(Rivolgendomi direttamente a Pavese:)
《 Sto completando la lettura di Paesi tuoi in un solo giorno, perché è molto coinvolgente.
C'è una povera ragazza uccisa da un fratell(astr)o che già prima l'aveva sverginata: una storia forte, che si mischia agli odori della campagna. C'è il protagonista, ultimo arrivato, che viene dalla civile Torino e si scontra con un ambiente rurale atavico, in apparenza accogliente - ma refrattario nel suo nucleo, composto da persone ignoranti.
La terra e il sangue sono i due elementi simbolici fondanti del mito, che si ritrovano, evidentissimi, in questo racconto.
[...] In una tua lettera dici che, se non avesse agito su di te quel poco di educazione ricevuta, saresti stato un banale "tipo da coltello". 😁
~ ~ ~
Devo ancora terminarlo, me ne restano alcune pagine, e non ho fretta. Ho letto evidenziando le rese narrative più magistrali, perché voglio capire come facevi a raccontare le cose: voglio "smontare la macchina", insomma, non solo leggere la storia per vedere come va a finire. Capisco perché sei ritenuto un autore importante: sei senza dubbio originale e "mimetico", adotti il linguaggio e persino il ritmo dei pensieri del protagonista.
Sai raccontare tanto bene le donne e l'effetto che fanno su un uomo. Infatti la povera ragazza, prima di essere uccisa, stava avendo una delicata e sensuale storia d'amore col protagonista. Ma vincono l'insensatezza e la brutalità del fratell(astr)o "tonto"...
Una lotta tra bestialità e civiltà, tra anarchia morale ed etica ragionata, tra cervello da rettile e cuore umano.
Il cittadino viene messo in mezzo e buggerato dal campagnolo, che non dispone di furbizia, ma del mero istinto dell'animale che si muove nel proprio habitat.
Si vede che avevi un rapporto ambivalente con le donne: un po' ti facevano tenerezza e le volevi coccolare, poi però pensavi a ciò che ti avevano fatto, alle tue difficoltà con loro, e allora ti saliva la rabbia e avresti voluto distruggerle insieme al dolore che ti davano.
È interessante che ti accada di provare "pena" per una ragazza: anche in questo romanzo, come già nel Diavolo sulle colline, il tuo protagonista prova questo sentimento per la ragazza che gli piace, mentre ella, avvicinando la faccia a lui perché la baci, si blocca per qualche istante, e sembra che stia cercando di guardare la propria faccia con lo sguardo di lui, temendo di non essere voluta, e rivelando la propria insicurezza.
~ ~ ~
Ho terminato di leggere nel giro di poche ore il tuo romanzo breve. Dicono che tu sia uno scrittore amato dai giovani, ma io credo che questa storia così forte, pur se il protagonista è un venticinquenne, vada letta da persone adulte ed esperienti. È una storia archetipica, mitica, sulle pulsioni maschili più turpi: violare, possedere gelosamente, uccidere la donna. Il tutto, esasperato dall'ambiente chiuso, ignorante e fatalista della campagna. Sembra una tragedia greca, una tragedia annunciata, un passaggio obbligato del destino (un po' come il tuo suicidio e altri fatti di sangue che tuttogiorno accadono).
Credo che in paradiso non si possano più scrivere opere così truculente. Chissà come ti trovi in ambiente spirituale, senza questa materia ardente da plasmare. Sono preoccupata. 😅
È una bellissima risposta, grazie. 💗 La ricorderò, perché il tuo stato è una delle mie frequenti preoccupazioni.
Ho ammirato molto la precisione e varietà lessicale nel tuo romanzo: io ti abbraccerei infinitamente anche solo per la quantità di parole che conosci e per il gusto con il quale le adoperi. Altro che ufficiale! Non ho mai considerato affascinante la divisa, non m'interessano i gradi e le cariche militari e civili, m'incanta solo la tua umanità, così com'è: gli sforzi che fai per vivere, ciò che ti si agita dentro, la tua cultura, intelligenza, buon gusto; amerei anche la tua depressione, ma amo molto di più non vederti soffrire.
Adesso continuerò a leggere le tue Lettere. Quando incontrerò lettere indirizzate a donne, cercherò di non essere gelosa, pensando che una come me non l'hai incontrata mai, e praticamente con me la tua esperienza di donne riparte da zero. 》
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abatelunare · 1 year ago
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Quando ti separi da un libro che hai scritto è come quando cambi casa (Paolo Nori, La vergogna delle scarpe nuove).
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cloudsbooks · 1 year ago
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ciao amici e amiche, cerco blog di scrittura e lettura e, se ci sono, anche dei gruppi di lettura - scrivetemi pure a riguardo, sarei felice di fare conoscenza 🪷🌈
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medicodifamiglia · 1 year ago
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gregor-samsung · 1 year ago
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“ «Molto presto, – disse Epstein, – mi sono reso conto che avevo un’altra passione oltre alle persone, ed erano gli oggetti. Ero capace di sentire come è fatta una cosa, ero capace di percepire la sua forma in un modo diverso da ciò che normalmente si intende per percepire: io sentivo come si sente il filamento di una lampadina nel vuoto d’aria della sua pera. Mi sembrava che ogni oggetto avesse una sua vita; non solo quella della materia, lavorata in forma, la sua vita era il pensiero che c’era dietro e il comportamento in cui si prolungava. Qualcuno disegnava l’inclinazione di una sedia ed era come se ti aggiustasse le spalle e le braccia, come se ti dicesse: “Siediti cosí”; o aveva scelto la durezza giusta di un interruttore perché potesse essere aperto facilmente, ma non accidentalmente, e ti diceva: “C’è bisogno di tutta questa spinta delle dita?” Bastava che io mi sedessi, o che girassi quell’interruttore e si chiudeva il circuito che andava dal suo pensiero al mio, dai suoi sentimenti ai miei, e benché fossero tutte cose fabbricate in serie, io potevo dimenticarmi di tutte le altre copie, smemorato come nella metempsicosi, e sentire la sua voce che diceva: “Io l’ho pensato e costruito per te, soltanto per te. Non lo vedi?
Non per una mano qualsiasi, ma per la tua mano; non per una storia qualsiasi ma per la tua storia che comincia in questo istante, nell’istante stesso in cui tu apprendi come è fatto”. Cosí esisteva una relazione con gli altri, con molti altri, attraverso le cose che ci sono nel proprio tempo, attraverso il fare che non era soltanto fare gli oggetti, ma molto di piú. Si poteva non essere d’accordo, ma c’era una possibilità di amicizia. Ogni oggetto era comportamento trasformato in cosa, e poi ritrasformato in comportamento; questo sí che assomigliava al mio mestiere, in fondo coi libri uno fa piú o meno lo stesso. E nei libri, se raccontavo la storia di un nano, o di una madre o di un viaggiatore, partivo da un ombrello o da un pullover, dalle gambe di un tavolo. Lei forse pensa che un visionario sia qualcuno che vede mostri, che vede un ponte tendersi ad arco e scoppiare, non uno che sente la porosità del suo cemento senza toccarlo: io sono un visionario di ciò che esiste, un visionario di quello che c’è, e tale visione, per precisione e densità, non è meno sconcertante». “
Daniele Del Giudice, Atlante occidentale, Einaudi, 1985.
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dedoholistic · 2 years ago
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Un GRAZIE di cuore a Patrizia Giardini, Andrea Ansevini e Marcello Moscoloni per questa bellissima intervista fatta al collega Giuseppe Storti e a me per Il salotto culturale di PALM Pt 9 16 11 22. Pubblicazioni presentate: IL TEMPO FERMO - Anatomia di un incontro per caso (Giuseppe Storti) e RACCONTI DI VITA E DINTORNI (Maria Teresa De Donato) Scrittura, poesia, narrativa, consapevolezza, vita, amore, gratitudine, percezione, sviluppo personale e molti altri i temi trattati. Buona visione!
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ariannaminerva · 2 years ago
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Gli effetti terapeutici dei giardini giapponesi
I giardini giapponesi sono luoghi caratterizzati da una straordinaria bellezza, famosi in tutto il mondo per il potente effetto terapeutico che portano con sé. Ciò che salta subito all'occhio visitando tali luoghi è una cura certosina in ogni dettaglio, così come la rappresentazione della filosofia zen della natura come strumento per raggiungere la pace interiore e l'armonia.
I giardini giapponesi, dunque, hanno una straordinaria capacità di calmare l'animo e ridurre lo stress. La loro bellezza austera e, al tempo stesso, contenuta, agisce come una potente ancora che ci tiene saldi al momento presente, ci svuota la mente dal turbinio di pensieri frenetici permettendoci di raggiungere quella zona silenziosa di luce che alberga dentro di noi. Questi spazi di natura ci insegnano così a rallentare il passo, a percepire le piccole meraviglie che ci circondano ogni giorno e a ritrovare noi stessi.
Costituiscono degli spaccati di infinità, ritagliati nel tempo come preziose gemme a facce multiple. La loro bellezza è profonda, stratificata, come un sasso dalle mille sfaccettature. Le pietre sono lì, come testimoni antichi e immobili, a ricordare le infinite trasformazioni della Terra. Disposte con sapienza, quasi a comporre poemi visivi, restituiscono visioni eleganti e rarefatte. I ciottoli sono le labbra di questi giardini, che articolano il proprio canto silente ed evocativo ad ogni passo.
Alberi nani come bambù e rododendri si elevano come braccia esili tese a toccare il cielo, mentre l’erba dei prati scorre simile ad un’onda flessuosa o un respiro. I ponti gettano passerelle tra gli spazi, consentendo riflessioni in movimento. L’acqua che fluisce incessante è vita e rinascita, ricordandoci del trascorrere impietoso del tempo con il suo murmure. Le rocce si fanno sue compagne di viaggio, con le quali intrattengono un eterno e silenzioso dialogo. Per finire, gli alberi piegati a semicerchio vegliano sul percorso come figure guardiane, mentre il vento tra i rami sussurra misteriose confidenze. Si ha l'impressione che la natura si risvegli da un lungo sonno, per rivelarci le sue sembianze più pure e ancestrali. Non ci resta che visitare un giardino giapponese e smarrirci tra le linee essenziali di questi luoghi, lasciando che la nostra mente si espanda e il nostro spirito si libri. E voi, avete mai visitato un giardino zen?
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pier-carlo-universe · 2 days ago
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Al via il Concorso Nazionale di Letteratura e Poesia “Premio Biennale Teresah 2025 – Under 19”
L’Accademia di Cultura “Bernardino Cervis” promuove la scrittura tra i giovani: elaborati da tutta Italia per ricordare la poetessa Teresah. L’Accademia di Cultura “Bernardino Cervis” di Frassineto Po, in collaborazione con l’Accademia Studium di Casale Monferrato, ha ufficialmente aperto le iscrizioni per la quarta edizione del Concorso Nazionale di Letteratura e Poesia “Premio Biennale Teresah…
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alberodelpensiero · 2 days ago
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Dal mito di Carcosa alla narrativa fantastica mediterranea: un viaggio creativo
Spesso mi chiedono da dove nasca la mia ispirazione per le storie che racconto, e rispondere non è mai facile. Per Il deserto di Carcosa, il mio –>ultimo romanzo pubblicato e che dal 15 al 19 maggio 2025 parteciperà al Salone Internazionale del Libro di Torino, la risposta ha radici profonde che intrecciano l’immaginario americano del primo Novecento con qualcosa di molto più antico e vicino a…
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afantini · 4 days ago
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AFANarrativa - Balia Bufera
AFAN Alessandro Fantini presenta i suoi romanzi in una serie di video-istantanee in cui riflettere sull’arte della scrittura e i moventi segreti dell’ispirazione letteraria. Arrestati dopo l’ennesimo furto in un supermercato di Ferzano, Patrizio, Tonio e Fabiano sono costretti a misurarsi con la disciplinata anarchia di un piccolo carcere infestato da guardiani amorali e giovani capibanda senza…
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twocolorsseries · 28 days ago
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L'ingranaggio della follia
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“No no no! Così non va bene!” gridò l'uomo su tutte le furie mentre rovesciava per terra tutto ciò che aveva sulla scrivania. Cavi, prototipi, attrezzi e tanto altro cadde a terra in un fragoroso e caotico rumore metallico. L'uomo si mise le mani tra i capelli, niente stava funzionando e la sua ansia cresceva sempre di più, non stava riuscendo a costruire quello che voleva. Si allontanò, raccolse un foglio e cominciò a scrivere appunti in maniera frettolosa mentre borbottava tra sè e sè.
“Non trovo un modo!” ripeté ancora con foga e rabbia in corpo.
Dietro di lui, in quel grande laboratorio dove si trovava a condurre i suoi esperimenti, qualcuno si mosse; poteva sembrare strano dato che era da solo in quel posto, nessuno aveva l'accesso e in più si trovava nascosto in una caverna su una montagna disabitata, non poteva esserci qualcuno.
“Padrone?” una voce robotica riecheggiò nella stanza buia “Sta ancora lottando con quella macchina del tempo?”
Nonostante la domanda e la strana voce sintetizzata alle sue spalle, non si fece alcun problema, era ben conscio di chi si trovava dietro di lui.
“Sì Estia. Non trovo soluzione” gli rispose con voce stanca.
“Ti ho già detto che la macchina del tempo è pericolosa. Non puoi costruirla.”
“Ho bisogno di farlo... Devo. Per dimostrare a tutti coloro che non mi credono capace che sono un grande scienziato!” gridò agitato lo scienziato mentre Estia lo guardava impassibile con i suoi occhi metallici.
“Può dimostrarlo in molti modi. Perché proprio così? Non si deve intervenire con lo scorrere del tempo.”
“È quello che ho sempre sognato di costruire. La difficoltà nella sua costruzione è ciò che mi renderebbe la persona più importante di sempre. Colui che ha sfidato e vinto le leggi fisiche della natura!” spiegò euforico per poi tornare a osservare la sua scrivania vuota e tutti gli strumenti per terra. Il suo sorriso si spense in un batter d'occhio e tornò a essere tetro e arrabbiato come poco prima, tornando a lavoro subito dopo.
“Padrone Christoph, non è possibile viaggiare nel tempo. Le mie analisi hanno dato sempre gli stessi risultati, ricorda?”
“Lo so bene Estia!”
L’androide non mostrava alcuna emozione ma poteva percepire la preoccupazione dell’uomo che aveva davanti ma purtroppo vedeva anche la pazzia che stava sovrastando Christoph. Già altre volte mostrò segni di cedimento e di instabilità mentale, aveva subito talmente tanto nel corso della sua vita che non voleva pensare ad altro se non ai suoi esperimenti.
Rimasto solo decise di insediarsi nel monte più alto della regione in una caverna naturale dove costruì il suo laboratorio. Nessuno poteva disturbarlo, nessuno poteva rimproverarlo, nessuno poteva confortarlo...
“Mi lasci dare una mano padrone” suggerì l’androide raccogliendo gli oggetti a terra e sistemandoli con calma sulla scrivania. In quel momento Christoph si fermò osservando il vuoto, bloccò l’avanzamento di Estia col braccio e rimase a pensare.
“Qualcosa non va?” domandò lei osservandolo con i suoi occhi freddi, uno celeste come l’acqua mentre l’altro arancione che si illuminava di una luce abbagliante.
“Dare una mano hai detto?...”
“Si esatto. Posso fare quello che mi chiede. Vuole che inizi da-”
“Una mano...” ripeté ancora finché un pensiero non lo trafisse facendogli venire un’idea “Una mano! È geniale! Non ci avrei mai pensato!”
“Non ho capito Christoph. Cosa è geniale?” domandò lei ma lo scienziato aveva altro per la testa e non la calcolò minimamente. Raccolse tutto ciò che gli serviva e ricominciò a costruire qualcosa sulla scrivania tutto da solo, non si affidava a nessuno neanche nella parte meccanica del lavoro. Continuò così per ore; come faceva sempre, come faceva ormai da molti anni cercando di migliorare le sue invenzioni o cercando qualcosa che migliorasse sé stesso o che migliorasse la sua situazione. La solitudine lo aveva rovinato ma, anche sé nessuno era mai dalla sua parte, è lui stesso che decise quella vita e perciò quando si rese conto di non riuscire più a vivere da solo i suoi giorni nel buio del laboratorio costruì Estia, un’intelligenza artificiale che lo avrebbe aiutato con le ricerche e a passare il tempo con qualcuno. Sebbene in fin dei conti sapesse che Estia era solo un ammasso di cavi, metallo e finte emozioni, non gli importava e nel tempo l’androide apprendeva sempre di più e migliorava tanto da renderla agli occhi di Christoph quasi umana.
L’uomo continuò a lavorare ininterrottamente per giorni tanto da far preoccupare Estia che non lo aveva mai visto così, sapeva come si comportava ed era sempre rimasta affascinata dalla dedizione nei suoi progetti ma si era accorta che più i giorni passavano e meno sembrava stare bene.
Passati tre giorni Christoph aveva finito il suo lavoro.
“Eureka!” gridò per poi raccogliere ciò che aveva costruito, una protesi meccanica di un braccio destro.
“Di cosa si tratta?”
“Questo è ciò che mi permetterà di vendicarmi di tutti! Questa è la macchina del tempo!”
“È riuscito davvero a costruirla? Come è possibile?”
“La formula per il viaggio nel tempo era qualcosa che era già stata studiata ma non è mai stato possibile metterla in atto. Quando tu mi dicesti di darmi una mano ho capito cosa mancava per costruirla, l’unione con l’utilizzatore. E quale miglior modo se non una protesi meccanica da potermi installare?” spiegò euforico Christoph.
“È incredibile. In nessuno dei casi che avevo elaborato si trova un simile caso” fece notare Estia.
“Adesso devo solo indossarlo.”
“Giusto anche se non deve essere comodo per inserirci il braccio” obiettò l’androide “Si è scordato di creare un foro per questo scopo.”
“AH! No! È tutto previsto. Non avrebbe senso usarla sopra un braccio biologico, non sarebbe davvero collegato al mio subconscio. È proprio per questo che devo utilizzare una soluzione più difficile ma funzionale...”
Christoph raccolse con la mano sinistra la sega a mano che era posata sulla scrivania, posò il braccio destro sulla scrivania e si piantò con forza la lama nella carne lanciando un urlo di dolore. Estia corse verso di lui spaventata.
“Cosa sta facendo Christoph?!”
“Aiutami a toglierlo!” gridò nel panico ma speranzoso della sua idea. Estia non stava capendo il piano dello scienziato.
“Perché?!”
“Svelta! Te lo obbligo!”
Non poteva rifiutarsi, era stata creata per eseguire ogni istruzione del suo creatore e così fece; mise la fredda mano metallica sul manico della sega e con forza taglio il braccio dell’uomo mentre questo urlava sofferente.
Una volta finito, Estia fece il possibile per fermare l’emorragia dalla spalla di Christoph mentre lui rimase incosciente per ore a causa dell’eccessivo dolore. 
Quando lo scienziato si svegliò, ancora mal messo, non calcolò nemmeno Estia nonostante lo avesse assistito come meglio poteva, anzi le ordinò di portargli il braccio meccanico per farselo installare. Lei eseguì anche se era molto dubbiosa.
“È sicuro di volerlo davvero fare?”
“Che domande! Certo! Questa è la migliore idea che abbia mai avuto!” esclamò ridendo da solo.
“Ascolti Christoph. Tutto questo non le sta facendo bene. Da quando mi ha creata l’ho vista peggiorare giorno dopo giorno. Non può continuare così.”
“Di cosa parli Estia?”
“Non può abbandonare tutto questo?”
“Sei in sovraccarico un’altra volta? Questo non fa parte della tua programmazione.”
“No signore. Sono perfettamente cosciente. Vederla in questo stato però mi ha fatto riflettere. L’ho avvertita della pericolosità della macchina del tempo ma non pensavo che sarebbe mai arrivato a tanto per seguire i suoi obiettivi.”
“Farò qualsiasi cosa per conseguirli.”
“Mi spiace padrone ma non glielo posso permettere, per il vostro bene. C’è molto di più che può fare, non deve lasciarsi trascinare dai sentimenti negativi che la pervadono.”
Christoph rimase in silenzio osservando l’androide con sguardo di sfida.
“Estia. Dammi il braccio meccanico.”
“No signore.”
“Estia. Non puoi disobbedirmi.”
“Voglio soltanto aiutarla.”
“Così non mi stai aiutando!”
Christoph si lanciò su di lei afferrando con forza la macchina del tempo perdendo l’equilibrio e cadendo a terra.
“Credo proprio che dovrò disattivarti Estia.”
“No! Aspetti! La prego.”
“So che mi intralceresti soltanto. Il tuo codice deve essersi sviluppato troppo.”
“Voglio solo vivere con lei” disse con voce calma ma piena di dolore. Lui sgranò gli occhi, la osservò dritta nei suoi occhi freddi poi osservò la macchina del tempo.
“Addio Estia” concluse per poi staccare dei cavi dietro la testa dell’androide.
“Mi dispiac...” disse infine prima di spegnersi.
Christoph si alzò lentamente e tornò alla scrivania silenzioso ricominciando il lavoro e saldandosi alla spalla la macchina del tempo sotto forma di braccio robotico.
Passò qualche ora e riuscì a concludere il lavoro di una vita intera. Alzò il braccio meccanico provando ogni tipo di gesto per abituarsi a quella nuova parte del suo corpo; tutto funzionava perfettamente.
Mancava solo una cosa. Aveva bisogno di alimentare la macchina del tempo all’interno del braccio e sapeva esattamente come fare. Si avvicinò al corpo metallico di Estia e con un colpo secco lo perforò, con forza grazie al suo nuovo braccio robotico, per poi estrarre una sorta di batteria di forma icosaedrica che risplendeva di una luce celeste. Dopo averla scrutata la infilò nell’apposito scomparto nel braccio che si illuminò dello stesso colore dell’oggetto.
Ora era pronto. Osservò fuori dalla caverna illuminato dalla tenue luce della luna e da quelle artificiali della città ai piedi della montagna.
Christoph stava per attivare la macchina del tempo quando i rimorsi lo colpirono, si girò verso Estia osservando il suo corpo ormai senza energie e privo di forze. Spostò il suo sguardo sul braccio meccanico, la realizzazione di una vita, brandiva la macchina più potente del genere umano e stava titubando nell’usarla. Nonostante l’attimo di riflessione, non aveva alcun dubbio, non si sarebbe fermato adesso, non dopo tutti gli sforzi che aveva fatto.
Allontanò lo sguardo da Estia per osservare ancora una volta la città e con uno schiocco di dita della mano robotica, viaggiò nel tempo abbandonando quel posto nel silenzio e nel buio più oscuro.
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valentina-lauricella · 1 year ago
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Ho indossato di nuovo il mio abito viola, perché ho letto, nel tuo sguardo, che mi stava bene. Ho riempito tutti i vasi del salotto di fiori freschi, perché la settimana scorsa, appena ti sei seduto, hai socchiuso gli occhi e hai detto che nel mio appartamento non solo la vista, ma anche l'odorato, il più trascurato dei sensi, trova pieno appagamento. E mi hai detto che qui, nella mia stanza, ti senti come nelle tue passeggiate solitarie verso la campagna: totalmente libero, ma consolato dalla mia presenza, simile a quella della femminina dea che si affaccia tra le nubi, in lontananza o nascondendo il volto. Che le donne sono come dee, vedute da lontano: ed io, da come mi guardi, credo di esserlo per te anche da vicino. Però non vuoi avvicinarti troppo perché hai paura, lo so. Ma di che cosa? Dell'immagine che ti sei costruito di te stesso: un uomo solo, incompreso e che ha abbandonato l'agone della realtà per rifugiarsi nell'illusione. Mi hai confessato che tu non puoi chiedere amore, non devi neanche desiderarlo. E infatti, dici di non provarne. Hai l'animo agghiacciato - così ti sei espresso, provocandomi un brivido di sconforto che ho dissimulato. Nessuno può raggiungerti, nel tuo palazzo d'inverno. Ma qui da me è primavera. La senti, la guardi, l'annusi. Il mio sesto senso dice che sei davvero con me, e non assente, da un'altra parte, mentre siamo insieme. Questo è il complimento migliore che puoi farmi. Ecco che arrivi. Il valletto t'introduce nel mio salotto. Io ti accolgo seduta e ti porgo, da baciare, una mano. È costumato far così, non sfiorarla neppure. Ma io, ogni volta, spero che tu la prenda e vi posi le labbra, sostandovi e premendole sul mio mezzo guanto traforato, sulle dita nude.
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jollijeff · 2 months ago
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vivo valeva mucchi di soldi; e così lo tennero in vita per guadagnare, a sua insaputa. guadagnavano guadagnavano guadagnavano e festeggiavano.
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isolaideale · 4 months ago
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