#Firenze oscura
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pier-carlo-universe · 4 days ago
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Il guardiano dei sigilli di Claudio Aita: Geremia Solaris tra misteri e delitti in una Firenze oscura. Recensione di Alessandria today
Un thriller esoterico che esplora il male nascosto tra riti, simboli e segreti proibiti.
Un thriller esoterico che esplora il male nascosto tra riti, simboli e segreti proibiti. Claudio Aita, autore della serie bestseller dedicata a Geremia Solaris, torna con Il guardiano dei sigilli, un thriller intenso e coinvolgente ambientato in una Firenze sinistra e maledetta. La trama, ricca di colpi di scena e riferimenti esoterici, conduce il lettore tra presenze demoniache, biblioteche…
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thegianpieromennitipolis · 2 years ago
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti 
IL BOTTICELLI PENTITO
C'è un Botticelli che dipinge "La Primavera" nel 1478 e "La nascita di Venere" nel 1485.  E poi, nel 1501 presenta, con la "Natività mistica", un testo pittorico di controversa interpretazione, nel quale non mutano solo i riferimenti iconografici e iconologici ma soprattutto lo stile dell'artista fiorentino. Dopo essersi immerso nel clima rinascimentale acerbo ed entusiasta della Firenze di Lorenzo, gli anni che seguono alla morte di quest'ultimo (1492) sono vissuti dal pittore nel segno della decadenza rispetto ai fasti della casata medicea soppiantata dalla Seconda Repubblica di Savonarola e poi di Pier Soderini e Niccolò Machiavelli.  In Botticelli si avverte l'apparire di una visione apocalittica come espressione di un animo soggiogato dagli eventi ed incapace di comprenderne il significato. Così, l'espressione artistica muta in cupa premonizione e richiamo tragicamente patetico: le forme perdono naturalità divenendo traccia di presenze effimere, quasi ammiccando all'estetica più antica di stampo gotico.  Senza perdere, tuttavia, eleganza. Si tratta di un Botticelli che ha smarrito la matrice neoplatonica ispiratrice delle opere più ardite.  Si piega in se stesso, in un'inquietudine priva di slancio.  Come un fanciullo che scomparsa l'innocenza, rielabora la realtà pervaso da un sentimento di oscura, infantile contrizione.
- Sandro Filipepi detto Botticelli (1445-1510): "Natività mistica", 1501, National Gallery, Londra
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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jacopocioni · 2 years ago
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Rodolfo Siviero il detective dell'arte.
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Rodolfo Siviero Solitamente si ricorda un'opera d'arte o il suo creatore, l'artista, ma mai si ricorda chi quell'opera l'ha salvata. Esiste un personaggio di nascita pisana ma naturalizzato a Firenze che ha fatto del recupero di opere d'arte lo scopo della della sua vita. Il Signore in oggetto si chiamava Rodolfo Siviero e la sua base operativa esiste ancora sul Lungarno Serristori ed è possibile visitarla. Questo il link . Siviero è appassionato d'arte sin da giovane e le sue frequentazioni di ambienti artistici e letterari gli permettono di crescere e migliorare la sua competenza in campo artistico, addirittura ha ambizioni poetiche, nel 1936 pubblica una raccolta di poesie "La selva oscura". La sua passione va dall'antico al moderno fino a scoprirsi critico d'arte. In una fase iniziale aderisce al fascismo come molti giovani a quel tempo, ma è sufficiente poco tempo, e soprattutto la consapevolezza di quante opere d'arte vengono trafugate dall'Italia con la scusa di salvarle dai bombardamenti, per diventare un fervido antifascista. Si rende conto che queste opere finiscono nelle collezioni private dei gerarchi nazisti con il placido silenzio del fascismo italiano, tanto che dopo l'8 settembre del 1943 e l'occupazione tedesca in Italia il trasporto delle opere d'arte in Germania diventa un vero e proprio furto legalizzato continuativo. Con base logistica all'interno della palazzina oggi conosciuta come Casa Siviero comincia il suo lavoro da antifascista sia mediante collegamenti con i partigiani sia mediante collegamenti con le truppe dell'intelligence inglesi. Il suo lavoro si svolge soprattutto nel segnalare, per poter essere intercettati, i convogli che trafugano verso la Germania le opere d'arte. Il suo lavoro non passa però inosservato e nell'aprile del 1944 vine catturato, imprigionato e torturato presso Villa Triste di via Bolognese, poi rilasciato grazie ad ufficiali collaboranti con le forze anglo-americane. Questa sua conoscenza dell'arte e la sua attività serrata nel bloccare le "esportazioni" gli valgono, dopo la liberazione, incarichi di prestigio proprio a fronte del problema della restituzione delle opere d'arte trafugate prima e dopo la guerra, tanto da essere incaricato da De Gasperi nel 1953 per concludere un accordo con la Germania per la restituzione di tutte le opere d'arte ritrovate in suolo germanico. Tutti gli anni seguenti sono passati da Siviero come detective per ritrovare i tesori Italiani e riportarli in patria. Arriva a formare un ufficio preposto che con una fitta rete di informatori e la diplomazia riesce a scovare e recuperare innumerevoli pezzi d'arte.
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Roberto Siviero Ricordiamo il Discobolo Lancellotti, i capolavori dei musei napoletani portati via dall'Abbazia di Montecassino o ancora le Fatiche di Ercole di Antonio del Pollaiolo conservate ora agli Uffizi e poi ancora Annunciazione del Beato Angelico. Opera sua è il salvataggio dei quadri di De Chirico sottraendoli con stratagemma dalla villa di Fiesole dello stesso De Chirico costretto a scappare per rastrellamenti nazisti. Tutti i dipinti vengono nascosti in un deposito della Soprintendenza. Le sue segnalazione permettono di intercettare e recuperare le opere d'arte trafugate a Firenze dalla Galleria degli Uffizi e dal Museo dell'Opera di Santa Maria del Fiore. Addirittura la Madonna con Bambino del Masaccio riesce a recuperarla due volte, prima nel 1947 e poi nel 1973 dopo il suo furto avvenuto 1971. Negli ultimi anni della sua vita ricopre il ruolo di presidente della Accademia delle Arti del Disegno l'istituzione fiorentina fondata da Vasari e da Cosimo I dei Medici ma non smette mai il suo ruolo di "cercatore" anche se non più supportato dai successivi governi italiani come nei primi anni. Muore nel 1983 lasciando la sua collezione privata e la sua casa alla Regione Toscana perchè rimanga esempio di quanto siano importanti l'arte e la cultura nell'identificazione culturale di un popolo. Oggi è possibile visitare il piano inferiore di Casa Siviero, un viaggio all'interno di un'abitazione privata aperta al pubblico circondati di oggetti e mobili pregiati senza contare i quadri appesi che vanno da De Chirico a Pietro Annigoni.
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Barberino di Mugello: arriva la settima edizione del Mugello Comisc!
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Barberino di Mugello: arriva la settima edizione del Mugello Comisc! La settima edizione del Mugello Comics è alle porte! Il 30 settembre e 1 ottobre torna a Barberino di Mugello il Festival del Fumetto, dell’Illustrazione e del Gioco, organizzato da La bottega delle arti varie in collaborazione con Pro Loco per Barberino. Tema di quest’anno è “La bestia dentro”, un viaggio nella parte più oscura del nostro mondo interiore, un’occasione per risvegliare il lato più autentico e forse più pericoloso della nostra essenza. Quindi spazio a bestie fantastiche, vampiri e soprattutto licantropi, come si intuisce dall'illustrazione in locandina firmata da Mattia Sarti. E proprio sulla figura del lupo mannaro sarà incentrata una delle quattro mostre in programma durante il festival, “Quando la luna splende” allestita allo spazio Bouturlin di Piazza Cavour. Bozze, schizzi, studi di quello che diventerà un libro/diario di un licantropo, scritto e disegnato a quattro mani dal nostro Mattia Sarti e dal fumettista livornese Alessandro Balluchi. Altre due mostre saranno visibili, sempre gratuitamente, in Teatro Corsini: “M.M. Memento Mori” di Massimo Miai, tatuatore e illustratore, e “IllustriAmo Montepiano” curata da Anita Barghigiani e ProLoco Montepiano con le illustrazioni presentate alla prima edizione dell’omonimo concorso. Anche la sala di Palazzo Pretorio sarà, come ogni anno, teatro di vari eventi durante tutto il week end. Sabato alle 11.00 si inaugurerà la mostra “Evocazioni dantesche nelle foreste sacre”, curata da Giropoggio, Scuola Internazionale di Comics e 2,8 Fotoclub Firenze che mette insieme illustrazione e fotografia per un progetto che fonde la Divina Commedia agli scenari naturali delle Foreste Casentinesi, visibile fino al 7 ottobre. Si prosegue poi nel pomeriggio con la caccia al tesoro fumettosa organizzata dalla Biblioteca Comunale e all’inaugurazione dello scaffale manga. Domenica 1 ottobre alle 11, sempre in sala di Palazzo Pretorio, la conferenza-spettacolo “Bestie leggendarie della Toscana”, con il professor Matteo Cosimo Cresti, un itinerario attraverso luoghi storici della Toscana, alla scoperta delle bestie favolose che animano le leggende e le tradizioni regionali. Cuore pulsante del Festival sarà come ogni anno la mostra mercato - ancora più ricca di stand a tema - e la Via degli Artisti che vedrà fumettisti e illustratori all’opera durante tutto il weekend. Tra questi ricordiamo la presenza di Gradimir Smudja, illustratore serbo di fama internazionale, e Wally Pain, giovane illustratrice calabrese che ha da poco pubblicato il suo primo libro “Corpi”, edito da Feltrinelli, con il quale abbatte ogni tipo di pregiudizio sull’amore e l’eros. Spazio anche alla formazione con due workshop di fumetto con Diego Bonesso, disegnatore, tra le altre cose, di DragoNero, rivolti ai ragazzi dai 16 anni in su, in programma alle 16 di sabato 30 e di domenica 1 ottobre (per info [email protected]). Grande novità di questa settima edizione, la finale del Fuori di Contest, il contest rivolto a band emergenti organizzato in collaborazione con Love Records. L’appuntamento è sul palco di Piazza Cavour sabato alle 17.30 per ascoltare le sei band finaliste in concerto! Tra gli eventi più attesi, l’ormai classica Thortellata con gli artisti al Circolo Arci Bruno Baldini per il pranzo della domenica, uno dei momenti più belli del festival che unisce ospiti, visitatori e organizzatori. (prenotazioni con messaggio whatsapp al 333 9077615). Non mancherà certamente l’animazione con i Fantasy Real Dreams e Florence Knights ed i loro combattimenti coreografici nell’arena di Piazza Cavour. Sempre in piazza, tra le novità, ’allestimento di uno skate park in collaborazione con Red Park, scuola mugellana di skateboard che farà provare evoluzioni sulla tavola sia a grandi che piccini. Tra gli appuntamenti immancabili per gli appassionati di giochi da tavolo e giochi di ruolo, ci sono quelli ai tavoli allestiti da Mugello Boardgame e Kraken aps, pronti a farvi vivere mille avventure nella Via del Dado. A conclusione dei due giorni di Festival, l’imperdibile Gara Cosplay alle 16.00 sul palco di Piazza Cavour in collaborazione con Azione Cosplay e la consegna del Premio Gigante del Mugello! “Mugello Comics nasce sette anni fa da un’idea coraggiosa, innovativa e lungimirante di alcuni giovani barberinesi, commenta l’Assessore alla cultura del Comune di Barberino Fulvio Giovannelli. Ritrovarsi oggi alle porte del via alla sua settima edizione non solo rappresenta un gran bel traguardo, ma anche il proficuo risultato del grande lavoro di sensibilizzazione e coinvolgimento che tutte le persone impegnate nel progetto hanno portato avanti in questi anni. Un plauso ed un grande ringraziamento quindi ai ragazzi ed alle ragazze del “Mugello Comics”, alla loro passione ed alla loro energia positiva che riesce ad entusiasmare ed avvicinare anche i giovani e giovanissimi di una fascia di età a cui non sempre è facile rivolgersi”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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federicodeleonardis · 1 year ago
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Pistoletto impazza
                                                           Specchio, specchio delle mie brame
                                                           Chi è il più bello del reame?
                                                            Sei tu, sei tu Sansone
                                                           Il più bello del rione1
                                                                       Da Il Mistero buffo di Dario Fo
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Richard Serra: Spirale
Faccio fatica a prendere la cosa sul serio, c’è da non credere ai propri occhi, “un grande evento”: su Artribune scorrono le immagini del rogo della Grande Venere degli stracci di Napoli, in piazza del municipio davanti al Maschio Angioino, e poi sulla performance del Grande Autore alla stampa. Sansone ci spiega, magnanimo, che occorre un po’ di pietà nei confronti del miserabile barbone, in carcere perché ha appiccato fuoco alla sua gigantesca scultura. Un tempo, quando ancora non s’era bevuto il cervello (ma sapeva già comunque da che parte era imburrato il proprio panino), in formato ridotto l’aveva chiamata “dell’Arte Povera” (i compagni della rispettabilissima scuderia di cui faceva parte - staffiere Germano Celant- avevano mal digerito lo scippo d’un cotale titolo). Lungi da me i sospetti di orchestrazione dell’evento, del “rumore”, assicurato in tempi come questi, oltre che infernali per clima, funzionali a tutti i “gazzettieri” (Carmelo Bene). Ma, non bastavano la Mela di Piazza Diaz a Milano, la “Donna col mal di testa” a Firenze (Porta Romana), la miriade di Terzi paradisi con i quali ha cosparso mezza Italia (ma tutti con la furbata della tripla giravolta del simbolo (eh, si sa, occorre qualcosa di nuovo, una zampata di genio! Non mi chiamo Michelangelo?)?
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FDL Specchio Roma,Nuova Pesa, 1996
Per carità non facciamo paragoni, almeno questo! E’ da quel dì che Pistoletto ha subìto la metamorfosi. Qualcuno mi sollecita a essere serio, a trattare questa tragedia col rispetto dovuto a un artista che una volta aveva pur prodotto qualcosa di buono (che so, il lavoro per Arte all’Arte al Chiostro di Volterra, il mappamondo rimpicciolito di giornali, l’ultima sua mostra di grandi specchi da Sergio Casoli a Milano, gli autoritratti coi riflessi nelle bacinelle della Camera oscura, forse qualcos’altro che ora non ricordo); devo impegnarmi. Onore al merito, grande o piccino che sia (lo decideranno i posteri), ma le origini di cotale ubriacatura mentale sono già a metà della carriera. Gli specchi serigrafati con cui ha cosparso il cosiddetto Mondo dell’arte (che per la verità è molto piccolo e si specchia solo in se stesso) erano una genialata, titillavano il narcisismo di tutti (”ci siamo anche noi”, colleghi, amici, gente di potere ecc), una trovata popartistica anticipatrice del postmodern. L’arte, a partire dall’impressionismo, s’era buttata alle spalle la vecchia pratica della ritrattistica, che aveva dato da mangiare un po’ a tutti per almeno cinque secoli, ma ci sono voluti Warohl e Pistoletto a rimetterla in auge: quel Mondo non ne poteva più di cotanto rigore, Pollock, gli Action Painters e poi questi fracassoni di poveristi, per non parlare di tipi come Agnetti o Mauri!
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Richard Serra, Spirale a NY, 2001
E’ un fatto che la genialata era funzionale al mercato: troppa fatica mantenere la tensione della creazione e allora mettiamoci a scopiazzare in giro: gli stracci sono di Boltanski (altra levatura, altro spessore), le rotture (beh, lasciamo andare, siamo in tanti; per citarne solo uno: Mario Merz), la Venere stessa è pescata nell’armamentario del ben più serio Paolini. Devo proseguire? Per carità il furto deriva anche dall’ammirazione per un collega; chi non ruba, chi non ha mai rubato? Ma a guardar bene nessun furto serio riesce in pieno, per lo meno a chi non può dimenticare la propria originalità, la propria ossessione, la propria tensione. E’ il rispetto per il linguaggio a giustificalo, per l’arte. Che non appartiene a nessuno.
Ripescarlo oggi nella cloaca maxima del mercato è diventata un’impresa.
Sì, il discorso andrebbe approfondito, ma il rogo non lo merita.
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Richard Serra, Spirale, Biennale di Venezia
1 Sanità del, questo sì Grande, Edoardo De Filippo
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mypickleoperapeanut · 2 years ago
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"La Comunicazione è Vita"
di Riccardo Rescio
La Comunicazione è una cosa seria seria, è l'elemento indispensabile e inalienabile per la convivenza e l’evoluzione individuale e sociale di una piccola comunità familiare, una organizzazione sociale, una nazione.
La valorizzazione territoriale di un luogo, di piccolo paese, di una città, di una nazione e di tutto ciò che quel determinato contesto contiene, è una cosa molto seria, che troppo spesso non viene considerata prioritaria per gli stessi abitanti e per i potenziali ospiti nazionali e internazionali.
La comunicazione territoriale, per raggiungere gli obiettivi che si prefigge, deve avere come presupposto l’individuazione di professionalità che preposte a livello locale, regionale e nazionale, siano in grado di svolgere tale funzione.
Determinante nelle figure professionali indicate, è il possedere una visione olistica, per determinare e perseguire strategie operative che tengano conto di tutto ciò che possa essere utile alla immediata individuazione geografia e alla facile raggiungibilità del territorio che si vuole fare conoscere, alle specifiche peculiarità che lo caratterizzano e identificano, comunicando in modo preciso e circostanziato tutto quello che insiste sul quel determinato territorio, dai luoghi di culto, a quelli della cultura, dallo sport al tempo tempo libero, dai Musei a tutto quello che può determinare momento attrattivo e soprattutto l’indicazione dei servizi offerti, dalla ricettività alla somministrazione, dagli ospedali alle farmacie, dai trasporti ad ogni altro tipo di servizio alla persona.
Effettivamente la comunicazione in generale è una cosa seria, in particolare in quella territoriale che assomma in sé tutte quelle caratteristiche che differenziano un luogo vivibile, da un avventurosa selva oscura.
Riccardo Rescio Italia&friends
Associazione di Promozione Sociale (no profit)
“Assaggia l’Italia ApS”
Firenze 5 maggio 2923
Ministero della Cultura Ministero del Turismo Daniela Santanchè ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo
Credito di immagine : https://www.guidapsicologi.it/articoli/la-comunicazione-e-vita
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cinquecolonnemagazine · 2 years ago
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Il salto nel buio di Biagiotti
Nuova puntata di Sommessamente, il podcast di Cinque Colonne Magazine. Sarà Biagiotti ad essere il protagonista della puntata odierna. Con lui parleremo della sua musica e soprattutto del suo ultimo brano “Salto nel buio”. Ascolta il podcast Il brano “Nel mezzo del cammin di nostra vita...” è proprio con l’inizio di un viaggio su note dolci che parte “Salto nel buio”, il nuovo singolo di Biagiotti, non nella selva oscura come ci si aspetterebbe, ma attraverso una contrada, dall’inferno al paradiso, analizzando l’incertezza della vita in cui ogni giorno l’essere umano si trova davanti a dei bivi con la paura delle proprie scelte, o di prendere o meno la strada giusta, ci troviamo spesso davanti ad un buco così nero da non riuscire a vedere il fondo. sentendo la terra che manca sotto i piedi, non ci resta che saltare. https://www.youtube.com/watch?v=-89D537RoZk L'ospite di oggi, Biagiotti Biagiotti è autore e compositore. La sua passione per la musica emerge già alle elementari dove, grazie al coro dell’istituto, riproduce brani popolari di contenuto folkloristico. Proprio qui si forma l’artista che ancora oggi riporta nei testi storie ispirate a chi vive ai margini della società o fa parte della classe operaia. Decide di iscriversi al conservatorio di Firenze Luigi Cherubini e di specializzarsi nella disciplina di nuove tecnologie. Il conservatorio lo avvicina alla composizione della musica elettroacustica sperimentale, il culmine lo raggiunge inscenando uno spettacolo sulla base di una propria composizione a Manhattan nel 2014 chiamata “Rhapsody Rain”. Il viaggio negli Stati Uniti gli apre una visione della musica più urban e più underground, tornato in Italia inizia a produrre composizioni con influenze elettroniche sperimentali con l’obiettivo di arrivare ad un pubblico più ampio. Read the full article
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erfigh · 3 years ago
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Il 25 marzo è il DANTEDÌ, la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri. La data è quella che gli studiosi riconoscono come inizio del viaggio nell’aldilà della Divina Commedia, ed è l’occasione per ricordare in tutta Italia e nel mondo il genio di Dante. 💚🤍❤️ La Divina Commedia. Inferno. Canto I. Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant’è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte. 💚🤍❤️ #dantedì #dantedì2022 #dantedìacasa #dante #dantedi #dantealighieri #firenze #florencia #florenciaitalia🇮🇹 #toscana #toscanagram #tuscany #diadedante #italia #italy #italy🇮🇹 #florenciaitalia #ladivinacomedia #ladivinacommedia santacroce (en Piazza Santa Croce Firenze) https://www.instagram.com/p/Cbg9NJsBayO/?utm_medium=tumblr
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hermioneblk · 3 years ago
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La figlia oscura 🎧 commento 📖
Forse è una prerogativa del team Ferrante lasciarmi così di stucco all’improvviso pensando che la storia potrebbe andare avanti all’infinito e invece di punto in bianco si ferma quando vuoi sapere di più ma ecco che non c’è più niente da ascoltare!
Alla fine dell’audiolibro ti chiedono quante stelle vuoi dare e, se durante l’ascolto mi ero convinta che ne avrei date quattro, senza pensare ne ho messe cinque dunque deve essere questa la vera valutazione quella fatta senza ragionare ma solo a sentimento perché il sentimento è quello che ancora una volta si è insinuato tra le righe lette in maniera ineccepibile coinvolgente e perfetta da Anna Bonaiuto. Al team Ferrante che non ha un volto se non altro ora posso dare questa voce. È una storia ottima per essere narrata e ascoltata e probabilmente avrei avuto lo stesso effetto coinvolgente anche ascoltando l’amica geniale, il parlare in prima persona raccontando una vicenda in modo lineare con continui flashback rende il tutto perfetto per un audiolibro, la protagonista parla a noi.
�� il primo libro che ascolto di Ferrante ma non penso che sarà l’ultimo anzi subito mi riascoltò questo, adoro rivivere le storie appena conosciute senza l’ansia di sapere come vanno a finire, c’è più tranquillità quando si ha una visione d’insieme e qui c’è stata un po’ di tensione, quella sensazione che sta per succedere qualcosa che può rovesciare la situazione e allora come tutte le storie che ti prendono cominci a sperare che succeda una cosa oppure un’altra e solo dopo aver letto tutta la storia ci si può rilassare e gustarsela in un altro modo, la stessa sensazione che ho avuto leggendo l’ultimo libro dell’amica geniale.
Questo libro dall’impronta decisamente femminile secondo me (che cerco sempre di capire chi compone il team) è stato lasciato in primis a una donna con una certa esperienza e mi è piaciuto ritrovare alcuni tratti distintivi attraverso i quali ho riconosciuto proprio la scrittrice dell’amica geniale. Pur non essendo mai una copiatura ho trovato delle particolarità interessanti delle similitudini tra questo libro e quelli dell’amica geniale che ho qui elencato.
C’è una donna che parla in prima persona e questa donna:
* è una madre
* è separata dal marito
* è acculturata
* va in villeggiatura al mare d’estate
Questa donna ha due figlie che:
* sono andate a vivere all’estero dal padre
* hanno due anni di differenza
* sono abbandonate temporaneamente dalla madre
Il padre delle due figlie:
* è un professore
* lavora sempre anche di notte
* è fuggito all’estero
* è separato dalla madre
In entrambe le storie ci sono:
* continui flashback
* un personaggio di nome Lenù
* la sparizione di una figlia (qui momentanea)
* qualcuno che fa il serpente con la buccia della mela (qui Leda sull’amica Nino)
* delle bambole
* Firenze associata allo studio, alla carriera, alla famiglia creata
* Napoli associata alla famiglia natale
* telefonate all’amante dal telefono pubblico con le figlie vicino (Leda e Elena)
Nonostante tutto questi particolari non fanno mai pensare a un riciclaggio di idee ma a un tratto distintivo dell’autrice come una specie di firma intrinseca e artistica.
Inoltre il titolo sull’amica geniale era ambivalente nel senso che poteva riferirsi a Lenù o a Lila e qui invece è “multi-valente”.
Il titolo è interessante accattivante e incuriosisce e mi incuriosisce anche dopo aver letto il libro perché la figlia oscura chi è? La scrittrice? La protagonista? La bambina che ha perso la bambola? Una figlia della protagonista? Probabilmente la protagonista ma di figlie ce ne sono parecchie in questa storia e la figlia oscura potrebbe essere anche la bambola sia della protagonista quando era piccola oppure della bambina…
La vicenda è quasi tranquilla non succedono tantissime cose come siamo abituati con l’amica geniale, qui tutto si svolge in una vacanza al mare durante la quale la protagonista ripercorre con la mente a causa delle persone che incontra tutta la sua vita e noi la conosciamo ascoltando i suoi pensieri e siamo con lei perturbati dai personaggi che incontra in spiaggia.
Non ho scelto questo libro perché sta per uscire il film (quello è stato un caso!) ma l’ho scelto perché è del team Ferrante e poi perché sono stata colpita dalla copertina. Penso che sia la prima volta che una copertina è veramente azzeccata e decente e indecente al tempo stesso. Con decente intendo proprio che si poteva fare di meglio, la bambola è bruttina, più di quella della storia, poteva essere quella tale e quale e invece no e viene posta in una posizione alquanto strana ed indecente, già, la posa della bambola con il suo vestito suggeriscono un’indecenza provocante ma artistica.
Ci sono rimasta un po’ male per come si è conclusa dentro di me stavo dicendo: no la bambola non deve andare in quella direzione, deve andare dalla parte opposta rispetto a quella dove è andata (parlando senza spoiler) ma poi mi rendo conto che la scelta della scrittrice o meglio del team è perfetta come sempre, tutto ha una precisione sconvolgente e invidiabile, scrivere così da professionisti con vera maestria ti lascia a bocca aperta. Ferrante è in grado non solo di raccontare una storia ma anche di trasmettere un’esperienza di una vita e ti fa tirare un sospiro di sollievo perché ti rendi conto che ancora ci sono degli artisti in giro e non solo dei narratori di storielle. Non c’è niente di lasciato al caso proprio come è successo per l’amica geniale.
Infine mi sono messa a ragionare ancora sulla bambola di questa storia: forse si tratta di un MacGuffin? Il MacGuffin è un oggetto usato nella fiction come espediente narrativo. Wiki dice che questo oggetto è “irrilevante o insignificante di per sè, tanto che spesso scompare nel corso della narrazione o comunque non viene compiutamente svelato allo spettatore, serve a fornire una motivazione alle azioni dei personaggi e allo svolgersi della trama.”
In questo caso la bambola è svelata in scena, anche se non lo è assomiglia molto a un MacGuffin, essendo un oggetto che si contendono i personaggi e che diventa il fulcro, il cardine di tutto quanto scritto.
MacGuffin o no, posso godermi il frutto di questo minuzioso lavoro e cominciare a pensare, avviando il secondo ascolto, che Ferrante sia proprio una delle mie scrittrici preferite.
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corallorosso · 4 years ago
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Bambini abusati sessualmente e torturati fino all'uccisione: è l'inferno scoperto dai carabinieri di Siena Bambini abusati sessualmente e torturati fino all'uccisione, con il progredire delle sevizie legate a pagamenti di somme in criptovalute (Bitcoin) sempre maggiori da parte degli spettatori collegati online su siti del 'dark web': è l'inferno degli orrori che si è spalancato davanti agli occhi dei carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Siena, con il coordinamento della Procura dei Minori di Firenze, impegnati nello sviluppo dell'operazione denominata 'Delirio', avviata nell'ottobre scorso, che finora aveva registrato 25 indagati (19 minorenni e 6 maggiorenni), residenti in 13 province italiane, accusati di diffusione e detenzione di materiale pedo-pornografico ed istigazione a delinquere. A far scoprire l'esistenza di siti criptati dove assistere a sevizie di ogni tipo in diretta, che terminano quasi sempre con la morte del bambino, compiute verosimilmente nel sud est asiatico, sono state le perquisizioni eseguite oggi a carico di due minorenni piemontesi, un ragazzo e una ragazza entrambi 17enni, che ora sono anche loro indagati per istigazione a delinquere e pedo-pornografia nell'ambito dell'operazione 'Delirio'. Le attività investigative ... hanno fatto affiorare ... la parte più oscura e drammatica delle risultanze indiziarie", quella relativa al 'deep web', un contesto internet criptato, "dove circolano immagini di efferata violenza, anche in situazioni 'live', in cui agli utenti che sono riusciti ad accedere a questi ambienti reconditi, viene consentito di interagire in condotte di violenza sessuale e tortura su minori, attuate in diretta da adulti". I 'servizi' offerti hanno costi diversi: per vedere video registrati si paga meno, mentre per assistere 'live', in diretta a sevizie che terminano con la morte del bambino si paga molto di più. Si può interagire a pagamento con gli aguzzini: chiedere ad esempio che venga amputato un braccio oppure versato sul corpo del bambino seviziato olio bollente. "Le richieste 'live' hanno costi molto rilevanti e assicurano guadagni altissimi alle organizzazioni straniere che compiono tali atti disumani", spiegano gli investigatori. ...In particolare il ragazzo raccontava continuamente alla sua amica delle cosiddette 'red room', stanze dell'orrore, spiegano sempre gii investigatori dell'Arma, "in cui gli utenti più attrezzati tecnologicamente riescono ad accedere a pagamento per assistere a violenze sessuali e torture praticate 'in diretta' da soggetti adulti su minori, con possibilità di interagire per gli spettatori, che possono richiedere determinate azioni ai diretti protagonisti delle efferate azioni". Le investigazioni hanno consentito di accertare le modalità di accesso al 'deep web', dove vengono acquisite e poi fatte circolare le immagini 'gore', con esecuzioni, omicidi, smembramenti, atti sessuali compiuti in danno di animali, estrapolazioni di organi, castrazioni, immagini raccapriccianti e pedo-pornografia ai danni di bambini piccolissimi. ... globalist
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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Inside City di Daneel Baley: Un Thriller Oscuro tra Amore e Redenzione. Recensione di Alessandria today
Due anime tormentate si incontrano in una fredda Firenze natalizia.
Due anime tormentate si incontrano in una fredda Firenze natalizia. Recensione: “Inside City” di Daneel Baley è un thriller intenso ambientato in una Firenze innevata e immersa nel gelo, in un contesto che rende l’atmosfera ancora più cupa e affascinante. Il protagonista, un Tenente dal passato tormentato da un grave incidente avvenuto durante la sua missione in Afghanistan, vive in solitudine,…
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thegianpieromennitipolis · 3 years ago
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Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti
IL BOTTICELLI PENTITO
C'è un Botticelli che dipinge "La Primavera" nel 1478 e "La nascita di Venere" nel 1485.  E poi, nel 1501 presenta con la "Natività mistica", un testo pittorico di controversa interpretazione, nel quale non mutano solo i riferimenti iconografici e iconologici ma soprattutto lo stile dell'artista fiorentino. Dopo essersi immerso nel clima rinascimentale acerbo ed entusiasta della Firenze di Lorenzo, gli anni che seguono alla morte di quest'ultimo (1492) sono vissuti dal pittore nel segno della decadenza rispetto ai fasti della casata medicea, soppiantata dalla Seconda Repubblica di Savonarola e poi di Pier Soderini e Niccolò Machiavelli.  In Botticelli si avverte l'apparire di una visione apocalittica come espressione di un animo soggiogato dagli eventi e incapace di comprenderne il significato. Così, l'espressione artistica muta in cupa premonizione e richiamo tragicamente patetico: le forme perdono naturalità divenendo traccia di presenze effimere, quasi ammiccando all'estetica più antica di stampo gotico.  Senza perdere, tuttavia, eleganza. Si tratta di un Botticelli che ha smarrito la matrice neoplatonica ispiratrice delle opere più ardite.  Si piega in se stesso, in un'inquietudine priva di slancio.  Come un fanciullo che scomparsa l'innocenza, rielabora la realtà pervaso da un sentimento di oscura, infantile contrizione.
Sandro Filipepi detto Botticelli (1445-1510): "Natività mistica", 1501, National Gallery, Londra
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jacopocioni · 7 months ago
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Intervista impossibile a Rodolfo Siviero: prima parte
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Rodolfo Siviero Intervista impossibile a Rodolfo Siviero, figura molto discussa, ricordato per aver revuperato e riportato in Italia opere d'arte trafugate dai Nazisti, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Tempo fa ho deciso di andare a visitare  il museo dello 007 dell'arte Rodolfo Siviero. Nel Lungarno Serristori si trova un villino il cui proprietario collezionista e storico dell'arte ebreo Giorgio Castellano vi abitava insieme alla moglie Matilde Forti e il figlio Paolo. Questa abitazione venne acquistata dal Siviero dal figlio Paolo, dopo le leggi raziali emanate dal governo italiano. Ne fece la base di partenza per i suoi viaggi per il mondo  a recuperare le opere d'arte portate via o acquistate dai Nazisti per  le collezioni private di Hadolf Hitler e Herman Goering. Vi abitò fino alla morte facendone un museo lasciato per disposizione testamentaria alla Regione Toscana affinchè lo mantenesse e lo aprisse al pubblico per le visite. Mentre giravo per le stanze del piccolo museo, mi sono imbattuto in un elegante signore di circa 72 anni seduto ad una scrivania, mentre guardava con una lente di ingrandimento un quadro disteso sul piano.  Mi sono fermato a guardare il suo lavoro. L'uomo sentendosi osservato , ha interrotto il suo lavoro e mi ha apostrofato: Desidera? Sono rimasto impietrito e ho farfugliato: Bu buon giorno, sta restaurando quel quadro? No sono il padrone di casa e di tutto quello che c'è dentro. Mi chiamo Rodolfo Siviero, e lei? Piacere, mi chiamo Alberto Chiarugi, sono venuto vedere la sua collezione di quadri e statue e se lei  permette vorrei farle alcune domande sulla sua vita e l'attività di recupero. Una amichevole intervista da pubblicare sulla Rivista Fiorentina FlorenceCity. Va bene acconsento, le racconterò la mia avventurosa vita. Prego, inizi pure.
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Mi chiamo Rodolfo Siviero, sono nato nel paese di Guardistallo nella Maremma pisana la viglilia del Natale del 1911, sono figlio di un sottufficiale dei Reali Carabinieri e della senese Caterina Bulgherini. Ho anche una sorella Imelde detta Rina più piccola. Giunsi con la mia famiglia a Firenze nel 1924, dove mio padre era stato trasferito. La mia carriera scolastica non era molto brillante, non ho mai preso un diploma. iniziai anni dopo a seguire corsi umanisti universitari. All'epoca mi consideravo un Don Giovanni, mi iscrissi come tanti italiani al Partito Fascista. Ero un grande idealista, amante dell'arte e poeta. Ho collaborato al giornale del Partito Fascista. Anni dopo sono entrato in contatto con gli intellettuali frequentanti il bar delle Giubbe Rosse, grazie a queste conoscenze iniziai a lavorare per alcune testate giornalistiche come critico artistico e letterario. Nel 1936 sono riuscito a pubblicare dall'editore Le Monnier  una raccolta di liriche da me scritte dal titolo "La Selva Oscura". Così lei aveva realizzato il sogno di diventare poeta. Continui, la sua vita incomincia ad interessarmi. Conoscevo e parlavo correntemente diverse lingue straniere, riuscii ad entrare in contatto con alte cariche del Partito. Era mia intenzione di fare la carriera diplomatica o entrare a far parte di istituti di cultura italiani. Dopo un anno, il Servizio Investigativo Militare, mi fece avere una borsa di studio universitaria in storia dell'arte in Germania. In realtà si trattava di una copertura per un incarico di informatore. La missione si svolse nella città di Erfurt dalla fine del 1937 al 1938. L'incarico mi venne assegnato dal Generale Alberto Pariani, sottosegretario alla guerra, responsabile delle azioni segrete. Tutto per raccogliere informazioni sull'annessione dell'Austria al Terzo Reich. La missione in Germania ebbe fine nel dicembre del 1938, fui espulso come persona non gradita. Credevo che il ritorno a Firenze mi avrebbe riservato una accoglienza migliore. Purtroppo veni messo sotto controllo . Il servizio segreto dei fascisti, avevano scoperto che, durante la permanenza in Germania mi ero avvicinato agli alleati e in Italia ai movimenti antifascisti. Fine prima parte
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Alberto Chiarugi Read the full article
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fotopadova · 4 years ago
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Viaggio nella fotografia italiana del novecento: dalle associazioni agli anni sessanta
Viaggio nella fotografia italiana del novecento: dalle associazioni agli anni sessanta
di Silvia Berselli da https://www.collezionedatiffany.com/ 
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Lotto 482 - MARIO GIACOMELLI, Gabbiani,1980 ca. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d'argento. Timbro dell'autore al verso. cm 30,5 x 40,5 Valutazione € 800 - 1.200. Venduto € 2.125. Courtesy: Il Ponte Casa d'Aste.
L’anno 1947 segnò un momento importante per la fotografia italiana del Novecento. In quell’anno due autori con stili molto differenti, ma con la stessa forte personalità, posero le basi per una nuova e divergente stagione fotografica.
Giuseppe Cavalli (1904-1961) pubblicò in quell’anno il suo manifesto ideologico nella pagine della rivista “Ferrania”. Promotore del gruppo “La Bussola” e caposcuola di una visione formalista della fotografia vicina all’estetica idealista di Benedetto Croce, era mosso dal desiderio di “allontanare la fotografia, che avesse pretese di arte, dal binario morto della cronaca documentaria”.
Il Gruppo era composto da Mario Finazzi, Federico Vender, Ferruccio Leiss e Luigi Veronesi che prediligevano fotografie astratte, nature morte o paesaggi dalle atmosfere surreali. Lo scontro fu inevitabile con tutti quei fotografi che vedevano nell’impegno sociale e nella documentazione della realtà la vera natura della fotografia, come gli aderenti al Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia.
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Lotto 26 – PAOLO MONTI, Chimigramma, 1961. Stampa fotografica vintage con interventi chimici. Pezzo unico. Firma dell’autore e data al verso. Opera in cornice. cm 28 x 23 (cm 63 x 58). Valuttazione € 1.400-1.500. Venduto € 1.625. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
A Venezia Paolo Monti (1908-1982) fondò il Circolo Fotografico “La Gondola”, nell’ottica di «sviluppare l’autonomia della fotografia, accentuandone i limiti, esprimendosi liberamente senza lasciarsi intimidire dalle regole troppo numerose decretate da chi non sa sopportare il rischio di una completa libertà di espressione».
Alla Gondola aderirono negli anni Fulvio Roiter, Gianni Berengo Gardin e Gino Bolognini. Monti, che aveva una visione più ampia della fotografia, riteneva controproducente il fatto di schierarsi con i formalisti o con i documentaristi; volontà apparsa chiara fina dalla scelta del termine circolo rispetto a gruppo per identificare La Gondola.
Inoltre, egli conosceva i grandi maestri americani come Minor White o Aaron Siskind dai quali aveva attinto una personale perizia tecnica nella stampa dell’immagine. 
I gemelli Emanuele e Giuseppe Cavalli
   Giuseppe Cavalli, uomo colto ed accentratore, ritiratosi in un piccolo comune come Senigallia, fu una figura centrale nella fotografia italiana. Il suo stile, personale ed inedito nel panorama internazionale lo portò a lavorare su immagini dai toni delicatissimi o dai bianchi accecanti, nelle quali trovano posto leggere sfumature di grigio, mentre il nero era quasi bandito.
In antitesi al lavoro dei grandi maestri internazionali che consideravano questo il tono attorno al quale costruire l’immagine in un periodo storico in cui il concetto di “colore” era ancora lontano.
La figura di Giuseppe è stata in parte studiata e i suoi lavori sono presenti in importanti collezioni museali, mentre ancora molto poco si conosce del fratello gemello Emanuele Cavalli (1904-1981) pittore vicino alla Scuola romana e figura centrale nella crescita artistica di Giuseppe.
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Lotto 195 – EMANUELE CAVALLI, Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento, Firenze 1950-51. Timbro Eredi Cavalli al verso. cm 17 x 23. Bibliografia/Literature Valeriana Rizzuti, “Emanuele Cavalli fotografo”, Quaderni di AFT, Prato, 2008, pag. 54. Venduto € 3.750. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Le fotografie di Emanuele, decisamente più graffianti, presentano una carica grottesca e ironica estranea ai lavori più formali del fratello. La rivalità che lega i due e la complessità degli scatti di questi autori, a volte attribuiti all’uno a volte all’altro, restano un’affascinante pagina della fotografia italiana ancora tutta da studiare.
“La Bussola” era un piccolo feudo di pochi eletti su cui regnava incontrastato Giuseppe Cavalli che nel 1953, auspicando un ricambio generazionale,  decise di creare l’Associazione Fotografica Misa.
Tra i nuovi soci c’erano giovani fotografi come Mario Giacomelli, Piergiorgio Branzi e Alfredo Camisa che, insieme a Pietro Donzelli, rinnovarono la fotografia alla fine degli anni Cinquanta con stile e raffinatezza ponendo fine alla disputa tra forma e contenuto che aveva contrapposto tanti autori del dopoguerra.
Mario Giacomelli il poeta
   Mario Giacomelli (1925-2000) è un ‘gigante’ della fotografia italiana e non solo. Nato in provincia, di umili origini e con una modesta educazione, ha saputo rivoluzionare dal basso il modo di fare fotografia. Legato alla terra, al mondo rurale e ai suoi abitanti, il suo sguardo è molto lontano da quello dei neorealisti. Egli piega, plasma e modella il mezzo fotografico per dare voce al suo sentire.
Il mondo per Giacomelli non è da documentare, la sua è un’operazione di stravolgimento, nulla è meno verosimile di un suo scatto. La realtà diventa il tassello – aggiunto, sovrapposto o annerito – che gli permette di dar forma al suo mondo interiore fatto di sogni e incubi, di luci e ombre “ogni immagine è il ritratto mio, come se avessi fotografato me stesso”.
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Lotto 101 – MARIO GIACOMELLI, Paesaggio,  1980 ca. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento. Valutazione € 2.000 – 2.500. Venduto € 3.500. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
La fotografia diventa un materiale malleabile nelle mani di Giacomelli, da incidere in camera oscura. I paesaggi marchigiani si trasformano in un’inchiostrata calligrafia fatta di segni; gli anziani dell’ospizio diventano fantasmi evanescenti, fragili e poetici; i pretini sono dervisci danzanti senza tempo.
«Prima di ogni scatto c’è uno scambio silenzioso tra oggetto e anima, c’è un accordo perché la realtà non esca come da una fotocopiatrice, ma venga bloccata in un tempo senza tempo per sviluppare all’infinito la poesia dello sguardo che è per me forma e segno dell’inconscio».
Gli anni Sessanta e la decostruzione del mezzo fotografico
   L’intero paese, il mondo dell’arte in particolare, ebbe in Italia tra gli anni Sessanta e Settanta una spinta innovativa straordinaria. Oggi, infatti, artisti italiani di allora sono tra i più ammirati nei musei di tutto il mondo e i loro nomi risultano ai primi posti nelle classifiche di vendita.
Autori come Ugo Mulas, Paolo Gioli, Franco Vaccari, Mario Cresci restano ai più sconosciuti tanto che le loro opere si possono acquistare con poche centinaia di euro. Come si è già verificato in altri contesti, sono i migliori studiosi stranieri a ricordarci il valore artistico dei nostri autori.
Quentin Bajac, già direttore del dipartimento di Fotografia del MOMA, sottolinea come i fotografi italiani abbiano un primato: «La grande decostruzione del mezzo fotografico attuata negli anni Sessanta e di cui il contesto italiano è stato in Europa l’attore principale con i lavori di Pistoletto, Paolini, Jodice, Mulas, Di Sarro o Gioli. In nessun’altra scena artistica europea è stata condotta – con la stessa costanza, e nello stesso periodo – un’azione simile di indagine del mezzo fotografico».
Le riflessioni sui linguaggi, che serpeggiavano nel mondo dell’arte concettuale, trovarono risposta nei lavori fotografici con forme e contenuti innovativi.
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Lotto n° 455 – UGO MULAS, Alberto Burri, 1960 ca. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento. Timbro dell’autore al verso. Opera accompagnata dall’autentica dell’archivio Ugo Mulas. Opera in cornice cm 32 x 42 (cm 26 x 37). Venduto € 3.500. Courtesy: Casa d’Aste Il Ponte
Ugo Mulas (1928-1973), già noto per il memorabile reportage sugli artisti di New York, pubblica poco prima della sua giovane dipartita le Verifiche “nel 1970 ho cominciato a fare delle foto che hanno per tema la fotografia stessa, una specie di analisi dell’operazione fotografica per individuarne gli elementi costitutivi e il loro valore in sé”.
Lotto n° 123 – FRANCO VACCARI, 700 Km di esposizione Modena Graz, 1972. Opera composta da venti stampe vintage a colori procedimento cromogeno applicate su cartone con testi manoscritti ad inchiostro. Testo, firma dell’autore, data e 46/60 al recto. Opera in cornice. cm 99 x 69 (cm 103 x 73). Venduto € 5.625. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Franco Vaccari (1936) utilizza il mezzo fotografico in relazione alle sue riflessioni connesse allo spazio e al tempo, organizzando delle performance che chiamerà Esposizioni in tempo reale. Nel 1972 partecipa alla Biennale di Venezia e scrive: “ho esposto una cabina Photomatic (una di quelle che si trovano nelle grandi città per realizzare le fototessere) ed una scritta in quattro lingue che incitava il visitatore a lasciare una traccia fotografica del proprio passaggio. Io mi sono limitato ad innescare il processo facendo la prima photostrip, il giorno dell’inaugurazione; poi non sono più intervenuto. Alla fine dell’esposizione le strip accumulate erano oltre 6000”.
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Lotto n° 130 – PAOLO GIOLI, Film finish – ritmo figura, 1979. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento. Firma dell’autore, titolo e data la verso. cm 24 x 17,5 Bibliografia/Literature Roberta Valtorta, “Paolo Gioli”, Art&, Udine, 1996, pag.19 (variante). Venduto € 1.875 Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Paolo Gioli (1942) si dedica allo studio dell’immagine e della visione nel cinema e nella fotografia, affascinato dai principi dell’ottica. Azzera il fare fotografia ripartendo dalle origini, il foro stenoeco ma anche la spiracolografia: un omaggio a Leonardo dove l’immagine è ottenuta utilizzando il pugno della mano come macchina fotografica. Gioli esplora le diverse tecniche fotografiche manipolando e ricostruendo le immagini come nelle polaroid trasferite in omaggio ai proto-fotografi.
Mario Cresci (1942) usa la fotografia ad ampio raggio mischiando generi e linguaggi: installazioni, grafica, urbanistica e antropologia. Nel 1968 crea uno striscione antimilitarista, composto da immagini note e “trouvè” che srotola dalla finestra di un palazzo romano; nel 1969 crea un’installazione di mille scatole trasparenti con all’interno uno spezzone di pellicola con riproduzione di oggetti di consumo. L’interesse sociale di Cresci lo spinge a Tricarico e Matera dove lavora utilizzando in chiave concettuale gli studi di antropologia.
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Lotto n° 146 – MICHELE ZAZA, Mimesi, 1975. Opera composta da dodici stampe fotografiche vintage alla gelatina sali d’argento. Firma dell’autore sul cartoncino di montaggio delle singole fotografie. Opera in cornice. Opera accompagnata da autentica. (cm 18 x24 cad.). Venduto € 15.000. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Il Sud, la terra, le origini sono temi che si ritrovano in questa nuova lettura delle relazioni famigliari nei lavori di Michele Zaza (1948). Il padre, la madre e il pane sono gli elementi di una “primordialità” ricorrente che si misura con l’espressione del corpo e del tempo. Essere stato un artista-fotografo e non un artista-artista ha certamente penalizzato il lavoro di Zaza malgrado avesse, come altri colleghi, esposto a New York da Leo Castelli e partecipato alla Biennale di Venezia.
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Silvia Berselli
Laureata in Storia dell’Arte, si occupa da molti anni di conservazione, restauro e valorizzazione della fotografia. La sua formazione è avvenuta presso l’International Museum of Photography di Rochester New York e l’Atelier de Restauration des Photographies del Comune di Parigi. Accanto alla docenza universitaria presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e l’Università di Udine ha diretto i dipartimenti di Fotografia per le case d’aste Bloomsbury, Minerva e Bolaffi: attualmente ricopre questo incarico per la Casa d’Aste Il Ponte. E’ perito per il settore fotografico di Axa Assicurazioni, ha collaborato con numerose istituzioni del Ministero dei Beni Culturali.
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mostrogobbo · 7 years ago
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Il diavolo di tutte le terre - Daichi no Akuma
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In seguito all'analisi del capitolo 103 mi sono trovata a ragionare sulle motivazioni di Zeke e, soprattutto, sulla sua attuale situazione. All'inizio pensavo lavorasse da solo, poi ho creduto lavorasse solo con Eren, adesso penso lavori *anche* con Levi e gli SC... ma sinceramente non credo di aver capito, né di aver intuito cosa passi nella testa di Zeke. Sappiamo che il suo principale "segreto" è legato al suo sangue reale ma sono quasi certa che ci siano diverse cose che non sappiamo di lui a partire di quando è arrivato a Paradis per raggiungere Berthold, Annie e Reiner assieme a Pieck, prendendo quindi parte alla battaglia di Shiganshina. Dove è stato per tutto quel tempo? Quando lo vediamo per la prima volta ha i capelli lunghi e l'aria del soldato di lungo corso rimasto per troppo tempo allo stato selvaggio.
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Quando, al Castello di Uthgard, Ymir e Reiner trovano delle scatolette di cibo con scritte che entrambi riescono a capire, oltre ad un bivacco, io ho sempre sospettato (vista anche la presenza di Zeke in forma Beast Titan poco distante) che quell'accampamento fosse proprio il suo. E' impossibile ragionare su Zeke senza prendere in considerazione anche il suo gigante e nell'analisi del capitolo 103 ho citato il parallelo fra lui e Kenny Ackerman: entrambi avevano e hanno "un grande sogno", nel caso di Kenny sappiamo trattarsi di qualcosa di semplice quanto banale, ossia il potere. Zeke è un caso più complesso ma la chiave del discorso è semplice: entrambi sanno che per ottenere i propri scopi è necessario sacrificare qualcosa, qualcuno, molto, moltissimo. Tutto? Ho pensato che, come Kenny Ackerman, anche il Beast Titan potesse essere qualcosa dal potere difficilmente gestibile, una creatura che non può essere domata o comandata a bacchetta così sono finita a chiedermi: come sarebbe la storia se il "diavolo di tutte le terre" fosse proprio l'antenato del Beast Titan? E, da qui, un'altra domanda: chi era lo shifter all'interno del "diavolo di tutte le terre"? C'era? Oppure questo "mostro" era una cosa diversa dai titan shifter che conosciamo oggi?
Sappiamo che questo gigante è "sempre stato più grande degli altri" come affermano i soldati Marlean sul campo di battaglia di prova in cui si allenano i piccoli warrior e, semplicemente guardandolo, notiamo che è diverso dagli altri. Ho sempre considerato i giganti macchine organiche funzionali ad uno scopo specifico, nel caso, il fare la guerra. Ora, se il Beast Titan è una sorta di enorme macchina d'assedio (tipo un trabucco o una catapulta), perchè non crearlo semplicemente con la forma di un umanoide deforme ma per perfetto per il proprio scopo? In sostanza, perchè coprirlo di pelliccia? Qual è la funzione del pelo e dell'aspetto simile ad una grossa scimmia? Facciamo un passo indietro e torniamo al "diavolo di tutte le terre" che vediamo ritratto con Ymir e che reca gli attributi che tutti possiamo rimandare all'iconica immagine "diabolica" della radice cristiana.
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Corna, denti ed artigli affilati, corpo irsuto, orecchie ferine.
Facciamo un passo indietro verso quindi le origini del "diavolo" proprio nella cultura cristianam avvalendomi di un ottimo documento trovato in rete di F. Rompazzo che, per comodità, cito testualmente.
"Alla base della rappresentazione iconografica del maligno nell’arte romanica e gotica c’è proprio l’idea di diversità, di rovesciamento e stravolgimento dei connotati umani e divini. Sia che esso venga ritratto in forma umana, come nel mosaico del Duomo dell’Isola di Torcello, dove il diavolo è rappresentato come un vecchio dalla barba bianca, privo di connotati bestiali, sia che compaia nei dipinti come una figura ferina, come nel Mosaico del Giudizio nel Battistero di San Giovanni a Firenze, la sua fisicità è sempre, in ogni caso, esagerata e mostruosa, questo perché l’obiettivo era quello di spaventare i peccatori con le minacce delle dannazioni eterne, e le fattezze mostruose e bestiali concorrevano proprio a distinguere Satana, i dannati e i demoni dalle figure angeliche. Nell’iconografia, a partire dall’arte paleocristiana fino a tutto il IX secolo, il demonio ha prevalentemente fattezze umanoidi. Viene, infatti, rappresentato
a. come un vecchio b. come un essere piccolo e deforme c. con artigli ai piedi.
Gli attributi iconografici più caratteristici nella forma umana sono:
a. la capigliatura liscia e scura, e successivamente serpentina b. gli occhi di fuoco  c. il naso lungo e ricurvo (questo particolare dovuto alla stereotipizzazione degli ebrei al fine di demonizzarli)
Dal IX secolo inizia, invece, ad essere rappresentato come animale o mostro in pandant con l’immaginario medievale, richiamando in un certo qual modo: serpenti, gatti, lupi, caproni, pipistrelli. Fra gli attributi tipici di questo periodo è opportuno ricordare:
a. la coda b. le orecchie animali c. la barba caprina d. gli artigli e le zampe da capro
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Le corna, attributo per eccellenza di quando si parla del diavolo, cominciarono a diffondersi nell’arte figurata a partire dall’XI sec. Per quanto riguarda le tinte e i colori utilizzati nelle raffigurazioni, Satana era dipinto, di solito, con il nero; altre volte potevano essere utilizzati il blu o il viola, colori che comunque mettono in risalto la sua natura infima e oscura."
Se vogliamo quindi escludere le corna, aggiunte alla figura diabolica solo successivamente per accrescerne il grottesco, si può ottenere una sorta di strana chimera con parti bestiali assortite nella sua anatomia.
Occupatici dell'aspetto, passiamo quindi all'etimologia del nome di Zeke. Si parla principalmente di un contrattura del nome "Ezekiel" (Ezechiele) e, in minor parte, di una lieve storpiatura del nome "Sieg" da Siegfried. Occupiamoci quindi di Ezechiele: chi era costui?
Cito da Wikipedia.
Ezechiele nacque verso la fine del regno di Giuda, intorno al 620 a.C. Apparteneva ad una famiglia di sacerdoti, ma visse ed operò da profeta.
Fu deportato in Babilonia nel 597 a.C. assieme al re Ioiachin e si stabilì nel villaggio di Tel Abib sul fiume Chebar, come riportato nel Libro di Ezechiele, in un sito da identificare probabilmente lungo il canale di Khabur, vicino all'antica città di Nippur nell'odierno Iraq. Cinque anni più tardi ricevette la chiamata alla missione di profeta. Doveva rincuorare i Giudei in esilio e quelli rimasti a Gerusalemme. Non è conosciuta la data della morte, ma si sa solo che era ancora vivo 22 anni più tardi della chiamata profetica. Inascoltato all'inizio della sua missione, dopo la caduta di Gerusalemme il popolo gli diede ascolto perché aveva compreso la veridicità delle sue profezie. La sua predicazione si concentrò, da quel momento, sulla ricostruzione della Città santa.
Dal testo biblico si evince che ricevette delle profezie complesse ed era in grado di vedere i fatti che si verificavano a Gerusalemme, pur essendone distante quasi 2.000 km.
Vedeva se stesso come pastore che doveva vegliare sul popolo, guidandolo dall'interno. Si considerava come anticipatore del Messia. Si presentava anche come guardiano del popolo poiché doveva annunciargli l'imminente giudizio di Dio. Accusava gli israeliti per i loro peccati e li invitava alla conversione.
Una delle sue visioni più famose, quella del campo cosparso di ossa che tornano a rivivere al soffio di Dio, viene vista dai cristiani quale simbolo della resurrezione della carne.
Un'altra visione è quella che mostra quattro viventi (uomo, leone, bue e aquila; cfr. Ezechiele 1, 10) attorno al trono dell'Eterno, nei quali si sono visti i simboli degli evangelisti.
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Giuseppe Ricciotti, sempre da Wikipedia, ci fa presente questo.
È una caratteristica degli scritti e dell'attività profetica di Ezechiele l'abbondanza di visioni, simboli, azioni simboliche anche stranissime, e altri espedienti allegorici: le quali cose rendono particolarmente difficile l'esatta interpretazione, perché spesso non appare chiaramente il limite ove la realtà finisce e l'allegoria comincia. Ciò vale anche per le azioni simboliche compiute dal profeta (ad es. quelle del cap. 4).
Per interesse, vi lascio qui sotto cosa si dice nel capitolo quattro del "Libro di Ezechiele".
«Figlio dell’uomo, prendi una tavoletta d’argilla, mettila dinanzi a te, disegnaci sopra una città, Gerusalemme, e disponi intorno ad essa l’assedio: rizza torri, costruisci terrapieni, schiera gli accampamenti e colloca intorno gli arieti. Poi prendi una teglia di ferro e mettila come muro di ferro fra te e la città, e tieni fisso lo sguardo su di essa, che sarà assediata, anzi tu la assedierai! Questo sarà un segno per la casa d’Israele.
Mettiti poi a giacere sul fianco sinistro e io ti carico delle iniquità d’Israele. Per il numero di giorni in cui giacerai su di esso, espierai le sue iniquità: io ho computato per te gli anni della sua espiazione come un numero di giorni. Espierai le iniquità della casa d’Israele per trecentonovanta giorni.
Terminati questi, giacerai sul fianco destro ed espierai le iniquità di Giuda per quaranta giorni, computando un giorno per ogni anno. Terrai fisso lo sguardo contro il muro di Gerusalemme, terrai il braccio disteso e profeterai contro di essa. Ecco, ti ho cinto di funi, in modo che tu non potrai voltarti né da una parte né dall’altra, finché tu non abbia ultimato i giorni della tua reclusione.
Prendi intanto grano, orzo, fave, lenticchie, miglio e spelta, mettili in un recipiente e fattene del pane: ne mangerai durante tutti i giorni in cui tu rimarrai disteso sul fianco, cioè per trecentonovanta giorni. La razione che assumerai sarà del peso di venti sicli al giorno: la consumerai a ore stabilite. Anche l’acqua che berrai sarà razionata: un sesto di hin, a ore stabilite.
Mangerai questo cibo fatto in forma di schiacciata d’orzo: la cuocerai sopra escrementi umani davanti ai loro occhi». Il Signore mi disse: «In tale maniera mangeranno i figli d’Israele il loro pane impuro in mezzo alle nazioni fra le quali li disperderò». Io esclamai: «Signore Dio, mai mi sono contaminato! Dall’infanzia fino ad ora mai ho mangiato carne di bestia morta o sbranata, né mai è entrato nella mia bocca cibo impuro». Egli mi rispose: «Ebbene, invece di escrementi umani ti concedo sterco di bue; lì sopra cuocerai il tuo pane».
Poi soggiunse: «Figlio dell’uomo, ecco io tolgo a Gerusalemme la riserva del pane; mangeranno con angoscia il pane razionato e berranno in preda all’affanno l’acqua misurata. Mancando pane e acqua, languiranno tutti insieme e si consumeranno nelle loro iniquità.
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Ci sono alcuni passaggi straordinariamente calzanti soprattutto volendo ampliare la possibilità di approfondimento della storia.
Se Ezechiele si sentiva un anticipatore del Messia come sarebbe se il nostro Zeke si sentisse altrettanto e fosse in possesso del gigante che ha dato l'inizio a tutto, il "Diavolo di tutte le terre" che non era altro se non un beast titan gestito da un essere vivente dal sangue "speciale", dove questa specialità è poi diventata sinonimo di sangue reale? Se il nostro Zeke volesse anticipare il "messia" di Paradis, ossia Eren? Se Zeke non fosse altro, alla fine, che strumento consapevole di un'architettura mastodontica ad opera della fine mente di Eren Krueger che ha guidato Dina Fritz da Grisha proprio per avere un bambino dal sangue reale da poter "muovere" secondo i propri scopi? E... Se accanto a questo straordinario bambino speciale Eren Krueger avesse lasciato un uomo di fiducia ossia quello che per comodità dal fandome viene chiamato "goggles-kun" ma che nella Wikia ufficiale è chiamato "Mystery Man" per assicurarsi che il piccolo Zeke facesse esattamente ciò che ha fatto, portando il mondo sull'orlo di un baratro per poter "rinascere dal suo personale campo d'ossa"?
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Io sono tutt'ora convinta, per esempio, che alla coppia Krueger+Goggles-Kun debba essere aggiunta anche Kyomi Azumabito (evidentemente loro coetanea) che, da quel che immagino, sia alle spalle del letale colpo di stato in corso a Marley, un colpo di stato nel colpo di stato, quindi, un colpo al non ancora nato "stato" di cui Magath dovrebbe essere il Generale.
Ma la domanda ora è: chi era questo "diavolo di tutte le terre" che Ymir ha incontrato in un non meglio specificato strato sotterraneo?
Concludo con una citazione dal "Signore degli Anelli", una di quelle che ti fanno sentire ancora i brividi e la pelle d'oca a distanza di anni dalla prima volta in cui la sentisti, in un vecchio cinema di Bologna con addosso due dita di trucco da Uruk-Hai:
"I Nani hanno scavato troppo a fondo e con troppa avidità. Sai cos'hanno risvegliato nell'oscurità di Khazad-dûm? Ombra e fiamme."
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mypickleoperapeanut · 3 years ago
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I&f RotoWeb Illustrato agosto 2021 ''Dalle selva oscura all'amor che move il sole e le stelle... degli Ottoni'' Lo straordinario spettacolo sabato 7 agosto 2021. Al calar del sole, il Fiume Arno, Ponte Vecchio e la riva del fiume del Circolo della Società Canottieri Firenze, saranno invasi dai tre ensemble dell'Italian Brass Week per la serata musicale dedicata a Dante Alighieri, per i 700 anni dalla sua morte. Dale Clevenger, storico primo corno della Chicago Symphony Orchestra e Presidente onorario del festival, sarà alla guida del Golden Bridge Ensemble. Clevenger, Benucci e Baadsvik, saranno i nocchieri dell'Italian Brass Week, che delle barche storiche dei Renaioli, eseguiranno il concerto accompagnati dai solisti internazionali del Festival, Andrea Tofanelli, Ruben Simeo, Andrea Dell'Ira alle trombe; Paride Canu e Matias Piñeira ai corni; Vincent Lepape e Zoltan Kiss ai tromboni; Gabriele Malloggi, trombone basso; Luciano De Luca, euphonium; Alessandro Fossi e Roland Szentpali alle tube. Luca Benucci dirigerà l'Italian Brass Ensemble e Øystein Baadsvik l'Ensemble Dante. Riccardo Rescio per Italia&friends Firenze 7 agosto 2021 I&f RotoWeb Illustrato agosto 2021 https://italiaefriends.wordpress.com/2021/08/01/if-rotoweb-illustrato-agosto-2021/?preview=true #toscanadituttodipiu #comunichiamoalmondolitalia #tuttoilbelloeilbuonochece L'ingresso al concerto è libero e gratuito Info e contatti: www.italianbrass.com [email protected] italianbrassweek Estate Fiorentina Fondazione CR Firenze Città di Firenze https://www.facebook.com/societacanottieri.firenze/ L'ufficio stampa del Festival Dr.ssa Sabrina Malavolti Landi (presso Italian Brass Week) https://www.instagram.com/p/CSRdfrJiEjg/?utm_medium=tumblr
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