#Carcere
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“ Lipari è la migliore di tutte le isole in cui sono deportati gli oppositori al regime. Prima del fascismo, vi erano relegati i delinquenti comuni dichiarati incorreggibili. La zona riservata ai confinati era di un chilometro quadrato: attualmente è ridotta a poche centinaia di metri. Sentinelle e pattuglie sbarrano le vie d’accesso. Per cinquecento deportati prendevano servizio trecento agenti e militi fascisti. Attualmente vi sono cinquecento militi fascisti: dietro ogni deportato un milite. Solo pochi deportati, malati o con famiglia, possono abitare nelle case private: gli altri sono obbligati a dormire nelle caserme, dentro le mura di un antico castello. La popolazione simpatizza con i deportati, ma sono vietati i rapporti. In venti mesi, dal novembre cioè del 1927 all’agosto del 1929, io non ho potuto avvicinare che il medico. Il deportato deve vivere segregato dal mondo. I giornalisti stranieri che hanno visitato Lipari non hanno parlato che con gli agenti di polizia. Un giornalista americano, per il Natale del 1927, visitò l’Isola espressamente per passare le feste con il suo amico deputato Morea. Gli fu vietato lo sbarco. Il mare è continuamente guardato da barche, da motoscafi veloci della regia marina e da un canotto da guerra: su tutti vi erano riflettori e mitragliatrici; sul canotto c‘è anche un cannone. Di giorno e di notte, ispezionano le coste. Il controllo sulle navi che approdano nell’Isola, è fatto colle norme del tempo di guerra. Tutti gli estranei che sbarcano nell’Isola sono sottoposti a perquisizioni personali. “
Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, introduzione di Giovanni De Luna, Einaudi (collana ET Scrittori n° 1037), 2008⁴, pp. 180-181.
NOTA: Questo memoriale antifascista fu pubblicato dall'autore in esilio a Parigi dapprima nel 1931 per un pubblico internazionale, quindi nel 1933 in lingua italiana (col significativo sottotitolo Fascismo visto da vicino) dalla casa editrice parigina "Critica". Il libro fu edito in Italia già nel 1945 dall'editore Einaudi nella Collana "Saggi".
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Sono cresciuto dove dovevo trovare soluzioni a problemi più gradi di me mentre i “grandi” facevano cose da “grandi”, dove bisognava pulire sistemare e fare tutte le faccende di casa senò botte. Cresciuto in una casa disfunzionale, povera, dove sapevi già che a Natale o al compleanno l’unica cosa che ricevevo se andava bene erano gli auguri. Non ho mai preteso niente perché sapevo già la risposta, sono cresciuto con le botte e i “NO” e mi sono entrati sotto pelle ormai. Ora ho 26 anni anzi a breve 27 ma certe cose non sono e non so se riuscirò mai a dimenticarle. Fanno parte di me ormai. Come i due molari che mi hai rotto creano ancora dei problemi.
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URLA DI SILENZIO
Canzone costruita in carcere da Dj Tubet insieme agli studenti dei Licei C. Percoto e G. Sello e ai detenuti della Casa Circondariale di Udine all'interno del progetto "Il piacere della legalità? Mondi a confronto”
Rappo ciò che vedo con pazienza e coraggio; io so che il carcere è solo di passaggio. Penso a quanto manco alla famiglia là fuori; il dolore non ha tempo e nemmeno orologi. Non puoi tornare indietro, ciò che è perso è perso; chiuso dentro qualche metro, perciò cerco un senso la routine, tra attese e permessi, dove i volti e i luoghi son sempre gli stessi. Tra visite contate e mancanza d'affetti, l'amicizia è onestà a tutti gli effetti, sognando libertà e giustizia condivisa emozioni in subbuglio come una perquisa.
Urla di silenzio, Urla di silenzio siam voce voce di un tempo lento. Urla di silenzio, Urla di silenzio siam cuori umani, questo è ciò che sento.
Chi ha problemi fuori sta tranquillo, dentro qua abbiamo poche gioie, ma tanto tempo; la solidarietà qui è al cento per cento. Attendo il fine pena come inizio certo. Futuro incerto? tra pare di altre pene tra sogni logoranti e speranze a mo' di seme conviene spegnere la testa! Ricordi e affetti sono come coltellate dimmi fuori chi è che resta? Per rivederci liberi e far due passeggiate. Per il passato non ci giudicate male, noi sogniamo di riprendere una vita normale; c'è chi vuole essere riconosciuto padre, vedere i figli crescere e goderseli danzare.
Urla di silenzio, Urla di silenzio siam voce voce di un tempo lento Urla di silenzio, Urla di silenzio siam cuori umani, questo è ciò che sento.
I sogni non son miraggi o chiacchiere, chissà se avremo aiuti fuori dal carcere; il destino è un cammino da riscrivere Legalità e Libertà e nuova gioia di vivere!
Urla di silenzio, Urla di silenzio siam voce voce di un tempo lento Urla di silenzio, Urla di silenzio siam cuori umani, questo è ciò che sento.
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Tutti meritano una relazione: una relazione d'amore, una relazione d'amicizia, una relazione medica (con uno specialista serio, che tratti problemi relazionali); o una relazione di subordinazione e sorveglianza (con le guardie carcerarie).
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Come allora, nel primo giorno di scuola, sto cadendo in preda alla sensazione panica di dover entrare in un luogo misterioso e potente del quale non so niente, e dove niente ormai dipenderà più dalla mia volontà.
Goliarda Sapienza, L'università di Rebibbia
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È DIFFICILE
Una cosa difficile che proverò a spiegare: l’idea di sconfiggere la criminalità isolando per sempre un essere umano in una cella, privandolo della dignità che ogni essere vivente dovrebbe avere e dei rapporti sociali alla base della vita stessa, non ha alcun senso. Il carcere dice di voler rieducare a non commettere più il reato per il quale una persona è stata condannata, ma ancora oggi appare come uno strumento quasi esclusivamente punitivo e vendicativo. Quindi chi sbaglia non deve pagare? Forse la domanda è sbagliata. Dovremmo chiederci: chi sbaglia deve subire per tutta la vita una punizione fine a se stessa o va aiutato a fare in modo che lui e altri non commettano più quel reato fino alla scomparsa del reato stesso? La stragrande maggioranza di chi entra in carcere né esce (se esce) distrutto, etichettato come sbagliato, emarginato, isolato, e torna recidivo nello stesso reato o in reati più gravi. Il carcere così com’è strutturato non funziona, non ha la funzione che dice di avere. Ma il mafioso? Il pedofilo? Lo stupratore? Bisogna capire se cerchiamo vendetta o se vogliamo trasformarci in una società migliore. È difficilissimo immaginarlo, io sono il primo a non riuscirci, perché la vendetta è il primo desiderio che ci assale, ma è un desiderio imposto, si accende in noi perché così è più semplice, è un metodo accettato: chi sbaglia, paga. Lo sciopero della fame di Alfredo Cospito va guardato sotto questa lente: gli anarchici sognano una società senza carcere non perché i delinquenti possano girare indisturbati, ma perché credono in una società dove la criminalità non esiste, che si autogoverna con la solidarietà, dove gli uomini provvedono ai proprio bisogni senza farli propri in modo illecito. La maggior parte di chi finisce in carcere ha commesso reati per necessità, se creiamo una società che soddisfa i bisogni di tutti, senza una gestione del potere che ci divide in sfruttati e sfruttatori, la necessità di agire in modo illecito sparirà, e sparirà anche il reato. Un'utopia, ma la costruzione di un mondo migliore è ancora possibile? Forse solo come illusione, ma può essere utile allargare lo sguardo e continuare a porsi la domanda.
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via delle Mantellate 14, artisti davanti carcere..
artiste devant prison
artists before prison
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Freedom
Truth
Justice
Reasonably priced love
And
a hard boiled egg
Almost forgot but happy may 25th discworld!
#night watch#the glorious 25th of may#how do they rise up#discworld#sam vimes#john keel#reg shoe#carcere#the disc#freedom truth justice reasonably priced love and a hard boiled egg
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Dopo 9 mesi di galera sono tornato. Non è stato molto facile, anzi, la depressione mi ha spaccato
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Beato colui che si trova Al cospetto del suo Dio nel dolore. E sulla schiena ha una croce di pena Le ferite una vergogna aperta. Perché costui è un figlio di Dio E benedetto sia il nome suo
Bobby Sands, Scritti dal carcere. Poesie e prose
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“ Disteso sul pagliericcio del carcere, mi sentivo a casa mia, dissi a Chiellino, nel sogno ora stavo bene, ma lui mi svegliò veramente dal bel torpore dell’ultimo sonno con le parole “La campagna si fa lunga”. Il carcere era per lui, come quella della Libia e del fronte italiano, un’altra campagna. Caddi dalla branda. Volli prendere lo straccio, non so se mi spettava, e se pure mi spettava, Chiellino in mia vece era già accoccolato e così, piegato sulle ginocchia, indietreggiava man mano che con lo straccio puliva il pavimento e la striscia bagnata arrivava ai suoi piedi. «No, no, deve venire uno specchio, tu lo lisci, devi calcare; calca forte» mi diceva Chiellino. Calcavo forte e nello sventagliare lo straccio due opposti pensieri, a destra e a sinistra, mi salivano in capo: perché dobbiamo pulirci noi il pavimento? Ecco l’origine della schiavitù. Giappone, perciò, non si abbassa mai, è lì che fischietta e sorveglia, da padrone: lui, ed anch’io, faremmo crescere la polvere dei mesi e degli anni, lui per protestare e chiedere il colloquio e dire al procuratore di provvedere con uno spazzino o con una guardia, io per richiudermi nello sdegno e nell’isolamento, per non darla vinta ai boia, ai comandanti, ai giudici: essi non ci hanno soltanto messi in galera per scacciarci dalle strade, ma così ottengono che ci avvezziamo all’umile ordine interno e che ricreiamo tra noi la gerarchia dei servizi, la necessità di una legge. Loro ci volano sopra, sorridenti e beati come il generale passa a cavallo a dire col mento, col mento suo e con quello del cavallo: “Bravi, voi siete il mio ordine e la mia volontà, il mio regolamento. Fra poco morirete da cani in battaglia; anche questo è previsto”. Noi siamo le pecore e i buoi dei macellai e dei proprietari di bestiame. Così essi mantengono la loro ragione sugli operai, sui contadini, sui pezzenti e il sempre nuovo annuncio del vangelo, ogni giorno e ogni domenica, ripete la legge degli uomini e ognuno dice a se stesso: “Io sono la via, la verità, la vita” e subito corre a comandare alla moglie, ai figli, al fratello più piccolo, al più debole di sé. Il pavimento si bagnava, potevo vedermi la faccia dentro e mi arrestai nel vederla. “
Rocco Scotellaro, L' uva puttanella-Contadini del Sud, Laterza (collana Universale, n° 4; prefazione di Carlo Levi), 1977⁴, pp. 79-80.
[Prime Edizioni originali, postume: Laterza (collana Libri del tempo), 1956-1954]
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Nella solitudine della prigione, il ricordo delle persone care diventa un rifugio prezioso.
…spero tu stia “bene” anche se 5 anni sono tanti per tutti, dei gatti me ne prenderò cura io anche se vogliono il loro papà…
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Il filmato della mia esibizione all'evento Il piacere della legalità? Mondi a confronto. Legami di responsabilità durante Vicino/lontano 2024.
Felice di aver rappato il nuovo testo "Urla di Silenzio" canzone costruita in carcere da Dj Tubet insieme agli studenti dei Licei C. Percoto e G. Sello e ai detenuti della Casa Circondariale
Non sono mancate le consuete improvvisazioni freestyle con i temi del pubblico e alcune canzoni richieste dalla platea al momento conclusivo di un percorso formativo rivolto agli studenti su etica e responsabilità al Teatro Nuovo Giovanni da Udine.
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"La giustizia è quella cosa in cui spero, ma in cui non credo più".
[Olindo Romano]
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Si portava addosso una stanchezza asfissiante, di quelle che sa dare solo la tristezza
Lorenzo Marone, Le madri non dormono mai
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Abbiamo una Role Play su whatsapp dedicata a Mare Fuori, chi vuole partecipare lo scriva nei commenti.
I personaggi che mancano sono:
Filippo
Beppe
Pino
Viola
Totò
Kubra
Teresa
Il comandante (Massimo)
Gemma
Ambra
Lino
Milos
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