#Bianciardi
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4 dicembre, Santa Barbara
«Guardi, diceva un minatore muovendo in giro la mano tesa, tutto quello che lei vede è della Montecatini. Non si può sbagliare.» La Montecatini, qua a Niccioleta, possiede le case, le strade, gli spacci aziendali, i mezzi di trasporto, le sedi dei partiti politici, il terreno circostante. Della Montecatini sono i grossi casamenti gialli, sparsi in disordine per le pendici di questi colli scabri, collegati appena da un sentiero scosceso, con larghi improvvisi sterrati nudi; il palazzotto del dopolavoro, una costruzione pseudo - razionale, di taglio littorio, stile 900, come si diceva nel ventennio; e la chiesa, un altro scatolone con una specie di pronao rettangolare, che fa pensare ad una palestra di boxe. Son della Montecatini le grigie e scialbe casette degli impiegati, e la mediocre villa della contadina, ed i più vecchi amano ancora, dopo la miniera, coltivare un pezzetto di terra, per cavarne ortaggi, od allevarvi un coniglio, un paio di galline. Molti operai non abitano qui, ma nei villaggi vicini, a Prata, a Monterotondo, o vengono addirittura da Massa Marittima: tutti su automezzi della Montecatini; prima della guerra venivano in bicicletta, e non pochi a piedi, dieci chilometri di strada e dopo il lavoro.
L. Bianciardi, La lambretta dei minatori [1954]. Online QUI.
Immagine: Il pranzo del minatore, miniera di Niccioleta (GR), primi anni '70. Nel 'caldaino', conservato nella 'panierina', il primo e il secondo. E nella 'panierina' anche il vino, il pane, il sale, le posate… I topi, dove c'erano, riuscivano a penetrare nelle panierine (di cartone pressato) e allora se ne doveva usare una di lamiera zincata.
La foto, ovviamente 'in posa', da QUI.
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In seconda elementare un ragazzo normale sa già scrivere come un beatnik, e continuerebbe volentieri su quella strada, ma la maestra, con tanta pazienza e tanta fatica, ha saputo poi correggerlo, i professori hanno fatto il resto e adesso, a vent’anni, il Nostro scrive esattamente come Giuseppe Lipparini. Toccherà a lui la fatica di disimparare, riapprendere i modi dell’anacoluto pregnante, dell’antisintassi, passare da Manzoni a Verga, da Verga a Gadda, da Gadda a Kerouac.
Bianciardi, Luciano. Non leggete i libri, fateveli raccontare. Neri Pozza.
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Parve a molti un miracolo quello che si compiva a Torino nella primavera del '61: ventidue milioni di italiani improvvisamente uniti in un sol regno. E miracolo fu veramente, ma insieme tremendo equivoco, che costerà agli italiani cento anni di dolorisissima storia: la guerra dei briganti, le sommosse del '66, l'immagine radicata nel popolo dello stato oppressore, quello che esige le tasse e chiama a far la guerra, l'analfabetismo mai sconfitto, mezzo milione di emigranti che ogni anno lasceranno questa «porca Italia», l'unità più volte messa in pericolo a ogni crisi nazionale, il razzismo interno che sempre ha serpeggiato sottile nel costume nostro, la mafia, la miseria. Son tutte cose che oggi si riassumono con due parole: «questione meridionale»; è un eufemismo che piace ai sociologi, perché non dice la tragedia a cui soltanto allude. A tale «questione» noi non abbiamo ancora saputo dare una risposta, e son passati cento anni da quando essa cominciò; da quando in Torino si proclamava solennemente l'Italia unita.
Luciano Bianciardi, Da Quarto a Torino. Breve storia della spedizione dei Mille
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Ho dato la buona notte a un'amica, ieri sera, augurandole di ben riposarsi dalla stracanata che ha fatto oggi, primo giorno di una vacanza di una settimana; le ho suggerito anche di andarsi a vedere il termine, familiare e toscano, sulla Treccani [sicuramente le è ignoto] e in più le ho aggiunto che, a causa della gorgia, qui in Toscana viene spesso pronunciato [stra'anàta].
Poi mi sono ricordato di aver letto un post, e lo rebloggo, con una poesia di Gianni Rodari dedicata al 'ane.
Dal Vocabolario Treccani Online:
stracanata s. f. [der. di stracanarsi], fam. tosc. – Fatica fisica molto gravosa, strapazzo notevole: fare una s., sottoporsi a una stracanata. stracanarsi stracanarsi v. intr. pron. [der. di cane, col pref. stra-], fam. tosc. – Affaticarsi molto, affannarsi, strapazzarsi con fatiche materiali: si deve stracanare per tirare avanti la famiglia; mi sono [...] stracanato per arrivare fin quassù con questo caldo. ◆ Part. pass. stracanato, anche come agg.: al pasto della sera io sono meno stracanato (Bianciardi). *
* Da: L. Bianciardi, La vita agra, [1962], Milano, RCS Libri, 2006
La poesia è tratta da:
G. Rodari, Il libro degli errori, Torino, Einaudi, 1964. Disegni di B. Munari. (vedi)
"Vivere senza testa
non è il peggio dei guai:
tanta gente ce l'ha
ma non l'adopera mai."
- Gianni Rodari, "Il povero ane"
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“ Ora facciamo bene attenzione, perché nessuno sembra rendersene conto: gli uomini che sono andati a letto con la stessa donna, anche se non contemporaneamente, sono tutti imparentati fra di loro. Purtroppo leggi, costumanze e vocabolario ignorano questo tipo di parentela, e non esiste parola, in nessuna lingua nota, che la indichi. Eppure la parentela c’è. Due uomini che si uniscono carnalmente con due donne, le quali siano fra di loro sorelle, diventano cognati e questa parentela è riconosciuta da tutti, anzi lodata (“fratello-in-legge” dicono gli inglesi, “bel fratello”, aggiungono i francesi). Molto maggiore dovrebbe essere il vincolo della parentela quando i due si coniugano con la medesima donna. Più che cognati, sono quasi fratelli, sono, se così può dirsi, fratelli inversi. La parentela è innegabile e anche fruttuosa qui in Italia, Paese, come sappiamo, che tiene in gran conto l’istituto familiare, e funziona soprattutto grazie a una fitta rete di consorterie fra parenti. A volte si tuona contro il sistema, ma a ben pensarci in particolare in alcuni casi quei legami tribali hanno evitato guai peggiori: c’è sempre, in Italia, un cognato che arriva con la grazia quando tu sei già davanti al plotone di esecuzione. E nulla esclude che anche i componenti di quel picchetto siano, alla lontana, parenti tuoi: o compaesani, o compagni di scuola o di vita militare. “
Luciano Bianciardi, Non leggete i libri, fateveli raccontare. Sei lezioni per diventare un intellettuale dedicate in particolare ai giovani privi di talento, Edizioni Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri (collana Eretica), 2008; pp. 54-55.
NOTA: Il libro raccoglie sei ironici articoli pubblicati nel 1967 su sei numeri consecutivi di “ABC”, settimanale culturale milanese anticonformista e anticlericale che aderì a numerose campagne civili (aborto, obiezione di coscienza, libertà sessuale, laicità dello Stato). Significativa fu la sospensione delle pubblicazioni di questo periodico nel 1975 dovuta, secondo Lidia Ravera, al titolo di copertina «Polizia assassina».
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Gli atti rivoluzionari sono sempre di segno negativo. Non fare. Disubbidire. Negare. Negare tutto ciò che è ovvio, ossia borghese. Per esempio la maleducazione. Provate ad essere educati, e vi accorgerete quanto sia rivoluzionario. «Scusi», ti dicono, «ma quel suo amico è per caso un finocchio?» E tu allora rispondi: «No, è soltanto una persona gentile, non è un cafone come lei». La gentilezza ormai è rivoluzionaria. È contro gli schemi, è contro il sistema.
- Luciano Bianciardi
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Italian literature tournament - First round.
Propaganda in support of the authors is accepted, you can write it both in the tag if reblog the poll (explaining maybe that is propaganda and you want to see posted) or in the comments. Every few days it will be recollected and posted here under the cut.
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Anna Baldini, Una collana d’autore. Centopagine nell'epistolario di Italo Calvino, in Infinite scritture. Luciano Bianciardi 100+1: i convegni del 2023, Edited by Riccardo Castellana and Gianni Turchetta, Ex Cogita, Milano, 2024, pp. 69-87
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Il progetto l’ho già esposto altrove, ed è semplice. Mi basta da un massimo di duecento a un minimo di cinque specialisti preparati e volenterosi, e un mese di tempo, poi in Italia ci sarebbe il vuoto. E nemmeno con troppe perdite: diciamo una trentina, e nessuno dei nostri. Con trenta omicidi ben pianificati io ti prometto che farei il vuoto, in Italia. Ma il guaio è dopo, perché in quel vuoto si ficcherebbero automaticamente altri specialisti della dirigenza. Non puoi scacciarli perché questo è il loro mestiere, e si sono specializzati sugli stessi libri di quelli che dirigono adesso, ragionano con lo stesso cervello di quelli di ora, e farebbero le stesse cose. Lo so, sarebbero più onesti, dici tu, più seri, ma per ciò appunto più pericolosi. Farebbero crescere le medie, sul serio, la produttività, i bisogni mai visti prima. E la gente continuerebbe a scarpinare, a tafanarsi, più di prima, a dannarsi l’anima.
Luciano Bianciardi - La vita agra
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Faranno insorgere bisogni mai sentiti prima. Chi non ha l’automobile l’avrà, e poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa, daremo anche un televisore a ciascuno, due televisori, due frigoriferi, due lavatrici (…). A tutti. Purché tutti lavorino, purché siano pronti a scarpinare, a fare polvere, a pestarsi i piedi, a tafanarsi l’un con l’altro dalla mattina alla sera. Io mi oppongo
Luciano Bianciardi, La vita agra - Luciano Bianciardi: io mi oppongo
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Ribolla, 4/5/54
Non posso fare a meno di essere turbato: anche il mio babbo, qualche anno dopo, sarebbe stato tra quegli operai, quei minatori che, per campare, andavano sotto terra per centinaia e centinaia di metri, con la speranza di uscire otto o dieci ore dopo e di tornare a casa evitando la morte che era lì, dietro ogni 'volata' o in agguato in un 'fornello' delle miniere di pirite delle Colline Metallifere. Le ho vissute in famiglia, queste situazioni: quante volte ho visto la preoccupazione di mamma per il ritardo di un rientro del babbo, quante volte ho sentito io stesso, bimbetto, la notizia portata da qualche compagno di lavoro, che 'in miniera c'è stato un incidente…' e allora le mamme e le mogli correvano alla fermata dell'autobus che avrebbe dovuto già riportare a casa figli o mariti, e lì si angosciavano, tutte insieme, per una terribile paura, non detta, ma incisa sulle loro facce.
Note al testo Pozzo Camorra: Uno dei "pozzi", che sono strutture che servivano per portare all'esterno il materiale estratto nella miniera o per fornire aerazione sino al fondo della miniera. Gabbia: Il grande ascensore senza pareti che portava i minatori tra i vari livelli del sottosuolo. Volata: "Disposizione e il caricamento del materiale esplosivo necessario per abbattere una parete rocciosa durante i lavori di una galleria" e relativo scoppio. Fornello: Scavo che mette in comunicazione due livelli della miniera e che serve per scaricare i materiali, per il passaggio del personale e per la ventilazione.
Ribolla 4/5/54
Noi, gente di Maremma, quel 4 Maggio del 1954 non riusciamo a dimenticarlo; quando se ne parla, anche a quasi settantanni di distanza, ci viene un groppo alla gola e gli occhi ci si fanno lucidi, come a me adesso. Quel martedì a Ribolla, un paesino della Maremma vicino a Grosseto, nella miniera di lignite della Montecatini, a 256 metri di profondità, una galleria esplodeva a causa di una grande stagnazione di grisù. Fu una tragedia: 43 minatori morti.
Ricordo i fatti, con le parole di Luciano Bianciardi:
«Si seppe della sciagura la mattina del 4 Maggio: era stata verso le otto e trenta, un’esplosione al Camorra, un’esplosione spaventosa: avevano visto una gran nube di fumo uscire dalla bocca del pozzo, un boato sordo. (…) «Le notizie che si diffusero subito erano vaghe e contraddittorie, ma la gravità del disastro fu subito chiara a tutti: le esperienze precedenti avevano insegnato che un’esplosione in una miniera di lignite, assume sempre proporzioni tragiche. Non è facile capire quel che è realmente successo. Una piccola folla di donne si accalca dinanzi al cancello dell’infermeria, ne esce un’auto con a bordo un uomo svenuto. Carabinieri, poliziotti, guardie giurate cercano di trattenere la gente che man mano cresce, preme. «I primi morti uscirono dal Camorra verso le cinque del pomeriggio: l’opera di soccorso, o meglio, di raccolta delle vittime, continuò tutta la notte. «La gente sta a guardare in silenzio (…). Quando suona il campanello dell’arganista il silenzio si fa ancora più grave, perché vuoi dire che arriva la «gabbia» (…). Una donna si mette a piangere (…). Un vecchio cammina avanti e indietro gridando solo una bestemmia, sempre quella. Fa: “Diolupo, diolupo, diolupo”… «Rimasi quattro giorni nella piana di Montemassi, dallo scoppio fino ai funerali, e li vidi tirare su quarantatre morti, tanti fagotti dentro una coperta militare».
L. Bianciardi, C. Cassola, I minatori di Maremma [1956], Stampa alternativa - Strade bianche, 2010
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La politica, come tutti sanno, ha cessato da molto tempo di essere la scienza del buon governo, ed è diventata invece arte della conquista e della conservazione del potere. Così la bontà di un uomo politico non si misura sul bene che egli riesce a fare agli altri, ma sulla rapidità con cui arriva al vertice e sul tempo che vi si mantiene.
Luciano Bianciardi - La vita agra
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I nodi venivano al pettine: il retorico ottimismo del La Masa non aveva dato modo di intendere la verità sulla disposizione degli isolani. Costoro non potevano e non volevano combattere in massa per una causa lontana e a loro estranea qual era l'unità d'Italia. Alla sopravvenuta libertà non si accompagnava, per i contadini, la fine del feudalesimo e la spartizione delle terre. Il decreto del 2 giugno doveva restare lettera morta: i grossi proprietari si opponevano, il governo aveva scarsa possibilità (in qualche caso scarsa volontà) di tradurlo in pratica, e in generale dava la precedenza ai problemi della guerra in corso. Fu un gioco abbastanza facile presentare i tumulti contadini come un puro e semplice fenomeno di banditismo, e la maggior parte dei garibaldini li stimarono tali.
Luciano Bianciardi, Da Quarto a Torino. Breve storia della spedizione dei Mille
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Geno Pampaloni – Prefazione a «La vita agra» di Luciano Bianciardi
Luciano Bianciardi nell’imitazione, e addirittura nell’intarsio, del fraseggiare degli autori che il Bianciardi traduceva per mestiere, lo scrittore consegna la parte arresa della propria autobiografia, la parte ripetitiva, meccanizzata, le prove e le tracce del suo stesso automatismo verbale Introduzione Un capitolo di storia letteraria ancora da scrivere, e certo di qualche interesse,…
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La cucina maremmana e l'acquacotta
La cucina maremmana è «povera», ma povera sul serio, perché nasce dalla miseria. Una terra difficile che ricorda la sua sopravvivenza alla malaria, anzi la «mal’aria» e non solo. Terra selvatica di vipere e cinghiali ha lottato per secoli con la sua natura aspra. I sapori della cucina maremmana Lo scrittore Luciano Bianciardi, figlio di Maremma, scrisse nel suo libro «La battaglia soda»,…
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