#questione meridionale
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Mentre la Meloni si compiace sul social, citando assurdi sondaggi di "Libero" (il solo nome del giornale fa ridere, lettori 5, la Meloni, la sorella, il cognato, Salvini e lo stesso direttore), sta passando quasi sotto silenzio un fatto di una gravità inaudita accaduto a Crotone, dove un vice ispettore fuori servizio, è stato costretto prima a sparare (e uccidere) per auto-difesa, per poi essere linciato in strada dagli altri suoi aggressori e persino dai parenti del morto, scesi in piazza all'istante, manco fossero stati Zulu in agguato, nascosti dietro l'erba alta sulle colline sudafricane contro l'Esercito di Sua Maestà La Regina.
La Calabria va MILITARIZZATA.
Così come larghe parti della Sicilia , Napoli e la sua provincia e altre zone del sud, specificamente delle province di Bari e Foggia.
Non c'è altra soluzione e non è mai esistita altra soluzione se non la militarizzazione, i blindati per le strade, i fucili d'assalto spianati, le calibro cinquanta pronte all'uso, sui mezzi.
Queste larghissime sacche di popolazione delinquenziale ed animalesca , che popolano il nostro meridione, e IO SONO UN MERIDIONALE, vanno ESTIRPATE come la gramigna.
Una volta e per sempre.
Esse non rappresentano sparute minoranze, ma veri e propri ESERCITI DI CRIMINALI E BESTIE FEROCI in percentuale più che significativa, rispetto alla popolazione totale.
Interi quartieri, alle volte interi paesi, vivono al di fuori della legalità, completamente al di fuori, costituendo zone franche criminali.
E gli eserciti si combattono attraverso altri eserciti, meglio armati ed equipaggiati.
Casa per casa.
Casa per casa, strada per strada, vicolo per vicolo, con tanto di COPRIFUOCO e legge MARZIALE.
Solo così, questa piaga potrà essere debellata dal nostro meridione d'Italia, solo così potrà esserci il nostro riscatto, il nostro ingresso nella PIENA CIVILTA' , che ci viene negata dai tempi del brigantaggio ottocentesco.
Invece di postare CAZZATE, la Meloni ci facesse sapere, stesso mezzo, come intende risolvere questa questione, sulla quale non si è nemmeno espressa, idem con patate Piantedosi.
O pensiamo solo all'Ucraina e al Medio Oriente, invece che a far pulizia in casa nostra ?
Giuseppe Sabatino.
#mafia#camorra#'ndrangheta#sacra corona unita#Sud Italia perduto#questione meridionale#mezzogiorno d'Italia
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" Non ho mai visto in mano a un contadino un libro popolare sull'unità italiana: ho visto spesso, insieme ai Reali di Francia, la rapsodia dell'abate Cesare e la bellissima istoria di Angiolillo, e tuttavia il dramma di Peppe Mastrilli appassiona ed esalta le menti. Ancora adesso, nelle lunghe sere d'inverno, nelle notti vegliate, nelle soste del lavoro, trasformate e ingigantite dalla leggenda si ripetono con compiacenza le storie dei briganti. È tutto questo un male? lo non vorrei dire e non saprei. Le cause che hanno prodotto per tanti secoli il brigantaggio non sono ancora del tutto rimosse e il male è che esistano, non che esistendo operino e, scomparso il brigantaggio, producano effetti di altra natura, ma sempre egualmente dolorosi. "
———
Brano tratto dal saggio breve Briganti (1899) raccolto in:
Francesco Saverio Nitti, Eroi e briganti, Edizioni Osanna (collana Biblioteca Federiciana n° 3), Venosa (PZ), 1987¹; p. 34.
#leggere#letture#citazioni#saggio storico#Francesco Saverio Nitti#saggistica#filosofia della Storia#Storia del Risorgimento#patriottismo#Regno delle Due Sicilie#Unità d'Italia#patria#questione meridionale#Italia meridionale#Mezzogiorno d'Italia#meridionalismo#libertà#vendetta#giustizia#rivolte#ribellismo#contadini#plebi#Giuseppe Garibaldi#Camillo Benso#Cavour#Vittorio Emanuele II di Savoia#Regno d'Italia#Giuseppe Mazzini#20 Settembre 1870
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da deriveapprodi: machinalibro.com
MACHINALIBRO Dentro la storia di DeriveApprodi, nasce un nuovo marchio editoriale: MachinaLibro. Il progetto ha le proprie fondamenta nell’esperienza dell’omonima rivista online Machina che dal 2020 – con diciotto sezioni e un migliaio di articoli – ha proposto un campo di riflessione su questioni dirimenti: dalle trasformazioni del lavoro a quelle degli spazi urbani, dalla geopolitica alla…
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Parve a molti un miracolo quello che si compiva a Torino nella primavera del '61: ventidue milioni di italiani improvvisamente uniti in un sol regno. E miracolo fu veramente, ma insieme tremendo equivoco, che costerà agli italiani cento anni di dolorisissima storia: la guerra dei briganti, le sommosse del '66, l'immagine radicata nel popolo dello stato oppressore, quello che esige le tasse e chiama a far la guerra, l'analfabetismo mai sconfitto, mezzo milione di emigranti che ogni anno lasceranno questa «porca Italia», l'unità più volte messa in pericolo a ogni crisi nazionale, il razzismo interno che sempre ha serpeggiato sottile nel costume nostro, la mafia, la miseria. Son tutte cose che oggi si riassumono con due parole: «questione meridionale»; è un eufemismo che piace ai sociologi, perché non dice la tragedia a cui soltanto allude. A tale «questione» noi non abbiamo ancora saputo dare una risposta, e son passati cento anni da quando essa cominciò; da quando in Torino si proclamava solennemente l'Italia unita.
Luciano Bianciardi, Da Quarto a Torino. Breve storia della spedizione dei Mille
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primis quella che garantisce il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Nessuna nazione intervenne, nonostante le Cancellerie ne fossero informate, questo fa capire che vi fossero accordi e una rete di relazioni segrete. L’unificazione italiana fu la distruzione voluta,
programmata e sistematica, che ridusse il più florido Stato della penisola nella miseria e nel degrado. Le fabbriche furono chiuse, in alcuni casi distrutte, i giovani coscritti o deportati, furono inviati i soldati piemontesi a reprimere il dissenso e compiute stragi indescrivibili. È ora di smontare il “falso storico” che ha generato il luogo comune più deleterio che il Paese abbia conosciuto: il Nord industriale ed evoluto, il Sud agricolo e arretrato. In realtà questo è stato l’obiettivo di casa Savoia e del suo padrone Cavour.
Scorrettamente chiamata dalla storiografia “questione meridionale”, essa emerse dopo l’unità, non prima. Quando l’opera di distruzione del tessuto sociale e produttivo del Sud, diede i suoi amarissimi frutti. Il Regno delle Due Sicilie era lo Stato più industrializzato d'Italia e il terzo in Europa, dopo Inghilterra e Francia, così risultò dalla Esposizione Internazionale di Parigi del 1856. I settori principali erano: cantieristica navale, industria siderurgica, tessile, cartiera, estrattiva e chimica, conciaria, del corallo, vetraria, alimentare.
Nel periodo borbonico (1734-1860) la popolazione si era triplicata, determinando lo Stato preunitario più esteso e popolato. Per la sua politica di sviluppo Ferdinando II formò grandi aziende statali, e incentivò anche il sorgere di aziende con capitale suddiviso in azioni di piccolo taglio, per attrarre nella proprietà anche i ceti medi. Nel 1851 fu istituita la "Commissione di Statistica generale pe' reali domini continentali" con lo scopo di guidare la politica economica del Paese, cui si affiancavano le Giunte Statistiche costituite in ogni provincia e circondario. Molti imprenditori nazionali ed esteri accorsero nel Regno. L’economia ferdinandea privilegiava lo sviluppo occupazionale senza spostare masse dai luoghi di origine. Fu uno sviluppo guidato dallo Stato. La propaganda liberale si scagliò con tutte le sue forze contro tale modello e mise in moto una macchina da guerra che distrusse tutte le industrie del Sud e rubò tutto persino i beni personali dei Borbone: con un decreto del 23 ottobre vennero confiscati alla Casa reale 6 milioni di ducati, anche i depositi che Francesco II
aveva lasciato a Napoli, dopo averli ripresi dal Banco d’Inghilterra, a dimostrazione di quanto fosse legato al suo popolo, lui che napoletano lo era per davvero. Cominciò così, dopo il saccheggio del 31 maggio 1860 del Banco di Sicilia da parte di Garibaldi (80 milioni di euro, 150 miliardi di vecchie lire, quasi la metà delle spese per la guerra franco-piemontese contro l’Austria dell’anno precedente), la corsa alla spogliazione e all’arricchimento. Il Regno delle Due Sicilie, nel settore dell’industria, contava 2 milioni di occupati a fronte dei 400.000 della Lombardia, possedendo 443 milioni di moneta in oro, ovvero l’85% delle riserve auree di tutte le province. Oltre 80 milioni furono prelevati, in una anno, da Torino dalle casse dell’ex Regno delle Due Sicilie. Pochissimi investimenti al Sud ma tante ruberie. La boria e lo sprezzo verso le città del Sud, caratterizzava chiunque arrivasse da Torino. Il luogotenente Farini (in seguito Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia tra il 1862 e il 1863), il dittatore che entrò a Modena il 19 giugno come vincitore di un guerra che non aveva combattuto (gli Estensi fuggirono prima dell’arrivo delle truppe francesi e piemontesi), così si espresse riferendosi a Napoli: “Altro che Italia! Questa è Africa, i beduini a riscontro di questi caffoni, son fior di virtù civile”. Va da sé che il controllo delle ex Due Sicilie fu difficile, regnò la precarietà e l’insicurezza, così cominciò l’atroce guerra civile del brigantaggio. Uno Stato così imposto non poté che generare solo ingiustizie e latrocini. Fu messo in opera un preciso disegno della politica vessatoria di Torino: il Nord
si sviluppò ai danni del Sud. Il primo doveva avere il monopolio dell’industria italiana, al secondo invece fu destinato un ruolo agricolo e di fornitore di mano d’opera per l’industria del Settentrione. “Il dissidio tra la Lombardia e molta altra parte d’Italia ha origini in una serie di fatti: soprattutto il sacrificio continuo che si è fatto degli interessi meridionali”(dalla lettera di Nitti del 5 luglio 1898 a Giuseppe Colombo, direttore del Politecnico di Milano). Carlo Bombrini (banchiere, imprenditore, fondatore della banca di Genova) uomo di fiducia di Cavour e redattore del piano di “riequilibrio” economico post-Unità, disse: “Il Sud Italia non dovrà essere più in grado di intraprendere”. A questo punto riporto uno dei casi più eclatanti di distruzione industriale: l’Officina di Pietrarsa. A Pietrarsa, località posta nella zona orientale della città di Napoli, era attiva la più grande industria metalmeccanica d'Italia, estesa su una superficie di oltre tre ettari. Era l'unica fabbrica italiana in grado di costruire motrici a vapore per uso navale. A Pietrarsa fu istituita anche la
[continua su X]
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Lo ricordiamo a tutti, in modo che tutti possano di nuovo far finta di dimenticarselo.
-Castrese
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I miei genitori hanno lasciato tutto per andare al nord e avere una vita migliore. Io sono nat* più al nord del nord italia, perché loro volevano che io vivessi meglio di come avevano vissuto loro. E ho avuto una vita e opportunità migliori delle loro. I miei genitori hanno represso il loro accento per tutta la mia vita perché non volevano che io lo assimilassi nemmeno per sbaglio. Perché Dio perdoni se un’accento del sud si fosse sentito in giro. Ad una cena recentemente qualcuno ha detto a mio padre che non era più della sua regione, perché aveva lasciato tutto per una vita migliore, perché l’aveva fatto per me. Quindi oggi, per colpa di uno stato che non avrebbe mai potuto concedergli la vita che abbiamo oggi, noi non siamo più nulla. Pure io, se posso concedermelo, non so che sono. Perché non sarò mai abbastanza per le persone qua, ma nemmeno abbastanza per i miei parenti giù. Perché volere una vita migliore in italia spesso può significare lasciare tutto, girare le spalle alla terra che ami, perché i miei genitori amano la loro regione (guai a chi prova ad insinuare altro), vivere con appunto questo rimorso, questa costante mezza soddisfazione. Perché hai guadagnato, ma hai anche perso. E niente non so dove questo discorso voleva andare a parare, ho perso il filo. Però volevo solo scrivere qualcosa a proposito del fatto di dover lasciare tutto e andare al nord per avere un lavoro decente (e successivamente essere dipinto pure come ingrato se ti lamenti). Non so, questo fatto mi rende triste, volevo dirlo a qualcuno. Buona serata xx
Anon dico "ti capisco" perché l'infanzia l'ho passata in nord italia e l'adolescenza al centro, so bene di cosa stai parlando, solo in età adulta sono tornata a casa. Ringrazio comunque che i miei non siano stati così "rigidi", cioè ovviamente volevano parlassi italiano, ma non hanno mai represso il loro accento o dialetto, e infatti il mio accento è sempre stato percepito come meridionale, in qualunque regione andassi (tranne quella da cui provengo, per loro un periodo ero diventata milanese, un altro romana). Ovvio, mi sono beccata tutte le conseguenze che dici, prese in giro e compagnia, quindi comprendo perché i tuoi l'abbiano fatto, anche se mi mette una tristezza addosso allucinante.
Per la questione "non vengo accettat- manco dagli altri meridionali" comprendo uguale, o meglio, comprendevo. Mi ci è voluto un po' per riadattarmi, ma ti assicuro che non mi rompono più le scatole per questa cosa, anche perché tbh di gente che si trasferisce per necessità al nord ne è pieno, ed è abbastanza ipocrita prendersela con chi se ne va, quando purtroppo è una cosa che facciamo in molti.
I miei 2 cent sulla questione, giusto per concludere:
Quasi tutti quelli che si trasferiscono, che si tratti di migrazione interna o addirittura IMMIGRAZIONE, lo fanno perché obbligati. Non tutti ovvio, ma se a tutti fossero date le stesse possibilità, sarebbero pochi gli spostamenti, punto. Non è manco una questione "lu sudde è più bello, lu sole, lu mare, lu core, voi c'avete solo la nebbia", nono, è semplicemente APPARTENENZA. Forse un giorno, quando il nord s'impoverirà, e i settentrionali capiranno cosa cazzo vuol dire abbandonare la propria casa per spostarsi altrove (addirittura spostarti in un posto dove TI ODIANO), il dolore che si prova nel farlo, magari quel giorno ci daranno tregua. E pensa, noi ci sentiamo così e non proviamo nemmeno 1/3 del dolore di chi viene da altre nazioni o continenti.
Ai meridionali che invece se la prendono con altri meridionali perché se ne sono andati dico: smettetela. Prendetevela piuttosto con un paese che ci obbliga ad abbandonare le nostre case e radici perché fa comodo un sud impoverito e il nord pieno della forza lavoro meridionale.
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In this Sanremo week has resurfaced something that is effectively a systemic disease in our country: the ideological, social and economic discrepancy between the North and the South.
The Questione Meridionale is anything but resolved, it's not just an economic gap like many believe (for which us southerners are often blamed, like we chose to be unprivileged and poor, okay lol). There's a worrisome system of beliefs in act, the discrimination is palpable and hateful people have become increasingly more bold and entitled with the last two governments, that have seen Lega (a right wing party that has its foundation in antimeridionalismo and xenophobia) and Fratelli d'Italia (currently at the gov, with their pinkwashing - hoping that a woman prime minister would make it better somehow) in basically every position of power.
And when we dare to speak up you know what happens? We get belittled, we're told we're playing the victim, that is our fault because we don't work hard enough, because we have to always work harder than the rest to have half of the results, because it's our fault that we ended up using illegal means to survive in a system that doesn't care about us. I could tell you about a childhood with no drinkable water in the summer, of discrimination on the job as soon as the clients heard my accent, of going on social media and seeing "Vesuvio wash them with fire" week in and out over absolutely trivial things (there's a even song about this ndr); but I don't think it would make any difference to these people.
Massimo d'Azeglio said "Fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani" (now that Italy is made, we need to make the italians); it's been 163 years and I'm not sure we're even halfway there.
#sanremo#italy#personal musings#waiting for the haters to get me let's gooooo#if this is how they treat compatriots imagine the foreigners 💀
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Gli Stati Uniti e l'Unione Europea celebrano l'adesione della Finlandia al blocco NATO come vittoria della pace e della chimera di una maggior stabilità e sicurezza
Tutto questo è molto sciocco e totalmente irrealistico oltre che essere una vera e propria palese provocazione di allargamento del conflitto ucraino e più in generale del confronto ormai in atto est-ovest
Per tutto il dopoguerra ed i lunghi decenni di Guerra Fredda, la Finlandia si è vantata di adottare una posizione non allineata nelle relazioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica mantenendo quindi una sua neutralità.
C'erano ottimi motivi per questa neutralità finlandese.
Il paese nordico non solo condivide un lungo confine con la Russia sovietica, rendendo così la sua neutralità un requisito essenziale per la sicurezza di Mosca, ma in aggiunta la Finlandia sopporta anche la vergogna di essere stata sconfitta dall'Armata Rossa come membro delle Potenze dell'Asse guidate dai nazisti.
Il revisionismo storico dell'occidente tende a minimizzare il fatto che molti stati europei erano alleati del Terzo Reich durante la 2a Guerra Mondiale; l'esercito finlandese ha svolto un ruolo chiave nell'aiutare e propiziare l'invasione nazista dell'Unione Sovietica a noi nota come Operazione Barbarossa del giugno 1941.
I finlandesi infatti facevano parte della tenaglia settentrionale la cui controparte meridionale attraversava l'Ucraina. Fu l'esercito finlandese insieme alle truppe della Wehrmacht ad assediare San Pietroburgo in una orribile battaglia durata 872 giorni
I sovietici da soli ruppero l'accerchiamento e sconfissero il Reich nazista ed i loro alleati dell'Asse ... compresa la Finlandia quindi!
Al termine della 2a Guerra Mondiale, la neutralità della Finlandia non fu una questione di nobile principio da parte dei finlandesi ma piuttosto una questione di riparazione per i crimini commessi contro il popolo sovietico
Tendere a dimenticare la Storia e ad ignorarne i naturali equilibri, è sempre stato un esercizio estremamente pericoloso, ancora e soprattutto oggi!
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Gasparri sottolinea come, “La questione meridionale esiste da sempre nel nostro Paese anche senza l’autonomia differenziata. Oggi quella legge non è stata ancora applicata, eppure c’è già, ad esempio, una sanità migliore al Nord e peggiore al Sud. È una domanda che preoccupa tutti. Ma ci sono regioni come la Sardegna e la Sicilia che hanno uno statuto speciale fortissimo, molto più avanzato di quello che potrebbe avere una regione con l’autonomia differenziata Il punto è se le nuove opportunità vengono utilizzate bene o male”.
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Non solo semplici Cartoni! - Animazione
In un tranquillo pomeriggio di qualche giorno fa mentre preparavo un caffè risanante, mi è capitato di avere un' insolita chiacchierata con uno dei miei parenti su un mediometraggio di animazione trasmesso in televisione proprio in quel momento: "Saludos Amigos", classico Disney del 1943!
Inutile dire che ero in estasi! Dopotutto io adoro l'animazione, e non ho potuto fare a meno di intromettermi per sapere cosa ne pensasse. Insieme alla voglia sfrenata di raccontare alcuni piccoli dettagli su questa pellicola con un po' di fierezza personale. L' entusiasmo era eccessivo e per quanto la persona in questione amasse davvero i personaggi di Walt Disney, lo scambio di battute fra di noi fu breve e venni congedato abbastanza in fretta da una classica frase di chi non vuole saperne di subire delle info-dumping "Io so solo che sono cartoni animati di quando ero piccolo e mi basta solo questo" e andava bene così.
Ma io non demordo e ne parlo qui al meglio delle mie possibilità!
Con l'inizio della seconda guerra mondiale l'attenzione del mondo si concentrava in larga parte sugli eventi salienti degli scontri in Europa. Come è facile immaginare l'animazione della Disney non potette godere appieno dell'attenzione del mondo, rimanendo con pochissimi finanziatori disposti a investire nelle produzioni degli artisti di casa Disney di cui si interesso solamente il governo statunitense a preservare attraverso alcuni finanziamenti federali, destinati però a essere utilizzati alla produzione di corti di propaganda con soldati, armi o persino alcune guide su come il popolo americano poteva contribuire alla causa bellica.
Qui si ritorna al nostro topic iniziale. Con la produzione di Saludos Amigos (1943) si stava tentando di sfruttare appieno la popolarità dei personaggi dello studio di Hollywood in Sudamerica, decidendo così di impiegare la fama mondiale di Disney trasformandolo nell'ambasciatore ideale con cui era possibile saldare dei buoni rapporti diplomatici con i vicini degli statunitensi. Difatti quest'opera era anch'essa un progetto nato dal sostegno diretto del governo statunitense, seguendo così fedelmente l'idea politica del "buon vicinato" intrapresa in quegli anni dal presidente Delano Roosevelt (Good Neighboor policy) sosteneva l'idea che mantenere dei buoni rapporti con i paesi limitrofi potesse favorire il governo Americano riducendo al minimo le influenze esterne della Germania Nazista.
La produzione dei 4 corti del mediometraggio furono il risultato di una vacanza di circa 2 mesi a cui partecipò lo stesso Walt Disney assieme ai suoi animatori. Viaggiando per l'America meridionale i dipendenti della Disney col tempo confezionarono un prodotto animato frutto diretto delle loro esperienze con la cultura locale trasmessa dalla gente del posto. Lo staff di artisti ha rappresentato i in modo personale i colori dei paesi visitati accompagnando lo spettatore attraverso un secondo viaggio riproposto per il pubblico, con un misto di sequenze dal vivo da una parte e dall'animazione dall'altra. Offrendoci interessanti incontri di culture con un Pippo che scopre il gaucho argentino o un Paperino in visita in Perù o quest'ultimo in visita a Rio de Janeiro per fare la conoscenza di un novello personaggio brasiliano conosciuto come il futuro amico José Carioca!
La storia di questi grandi lavori non smetterà mai di affascinarmi.
(Primo vero articolo çwç, accetto critiche costruttive volentieri!)
Fonti utilizzate
Articoli:
Dale Adams, Saludos Amigos: Hollywood and FDR's
Good Neighbor Policy, University of Texas, Austin, 2007.
Siti Web:
https://www.ilsollazzo.com/c/disney/scheda/SaludosAmigos
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northern italians on this app are getting too cocky we need to go back to posting questione meridionale discourse
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“ Quando una popolana napoletana non ha figli, essa non si addolora segretamente della sua sterilità, non fa una cura mirabile per guarirne, come le sposine aristocratiche, non alleva un cagnolino o una gattina o un pappagallo, come le sposette della borghesia. Una mattina di domenica ella, si avvia, con suo marito, all'Annunziata, dove sono riunite le trovatelle, e fra le bimbe e i bimbi, allora svezzati o grandicelli, ella ne sceglie uno con cui ha più simpatizzato, e, fatta la dichiarazione al governatore della pia opera, porta con sè, trionfante, la piccola figlia della Madonna. Questa creaturina, non sua, ella l'ama come se l'avesse messa al mondo; ella soffre di vederla soffrire, per malattia o per miseria, come se fossero viscere sue; nella piccola umanità infantile napoletana, i più battuti sono certamente i figli legittimi; di battere una figlia di Maria, ognuno ha un certo ritegno; una certa pietà gentilissima fa esclamare alla madre adottiva: puverella, non aggio core de la vattere, è figlia della Madonna. Se questa creatura fiorisce in salute e in bellezza, la madre ne va gloriosa come di opera sua, cerca di mandarla a scuola o almeno da una sarta per imparare a cucire, poiché certamente, per la sua bellezza, la bimba è figlia di un principe; in nessun caso di miseria o infermità, la madre adottiva riporta, come potrebbe, la figliuola all'Annunziata. E l'affezione, scambievole, è profonda, come se realmente fosse filiale; e a una certa età il ricordo dell'Annunziata scompare, e questa madre fittizia acquista realmente una figliuola. Ma vi è di più: una madre ha cinque figli. Il più piccolo ammala gravemente, ella si vota alla Madonna, perché suo figlio guarisca; ella adotterà una creatura trovatella. Il figlio muore; ma la pia madre, portando il fazzoletto nero che è tutto il suo lutto, compie il voto, lagrimando. Così, a poco a poco, la creatura viva e bella consola la madre della creatura morta, e vi resta in lei solo una dolcezza di ricordo e vi fiorisce una gratitudine grande per la figlia della Madonna. Talvolta, il figlio guarisce: il primo giorno in cui può uscire, la madre se lo toglie in collo e lo porta alla chiesa dell'Annunziata, gli fa baciare l'altare, poi vanno dentro a scegliere la sorellina o il fratellino. E fra i cinque o sei figli legittimi, la povera trovatella non sente mai di essere un'intrusa, non è mai minacciata di essere cacciata, mangia come gli altri mangiano, lavora come gli altri lavorano, i fratelli la sorvegliano perché non s'innamori di qualche scapestrato, ella si marita e piange dirottamente, quando parte dalla casa e vi ritorna sempre, come a rifugio e a conforto. “
Matilde Serao, Il ventre di Napoli. (Corsivi dell’autrice)
[Edizione originale: fratelli Treves, Milano, 1884]
#Matilde Serao#Il ventre di Napoli#XIX secolo#citazioni#libri#Italia meridionale#Meridione#scrittrici#giornalismo#Treves#intellettuali dell'800#Campania#Mezzogiorno#Storia d'Italia#questione meridionale#arrangiarsi#saggistica#plebe#Sud#Agostino Depretis#popolino#Regno d'Italia#Sinistra storica#letteratura meridionale#classi popolari#generosità#orfani#pietà#amore#famiglia
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Mi sto veramente scazzando perché la polemica sull'antimeridionalismo è posta in maniera così sterile persino da viola carofalo che le vorrei dire fra ti prego siamo colleghe arripigliati.
Avrò il cazzo di diritto di dire che geolier fa una musica brutta (gli studi sull'estetica musicale boh si buttano nel cesso?) e che riempire gli stadi non significa assolutamente niente (e sarò elitaria musicale probabilmente).
Ma un paese che da dopo gli anni di piombo è stato plasmato per far perdere coscienza politica alle classi popolari e non, può definire geolier come paladino della lotta di classe e della questione meridionale? Forse sì proprio perché ha perso la coscienza politica. Ma da chi (come viola carofalo etc) presume di avere tale coscienza mi aspetto si spinga un attimino oltre e definisca soggetti politici che davvero possono dare un carattere militante alla questione meridionale.
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LACONICO
la-cò-ni-co
SIGNIFICATO Della Laconia, regione di Sparta; dei Laconi, degli Spartani; di persona poco loquace, che si esprime in modo essenziale; conciso, essenziale
ETIMOLOGIA voce dotta, recuperata dal latino Laconicus, dal greco Lakonikós ‘proprio dei Laconi’.
«Ho ottenuto solo qualche riscontro laconico.» Il carattere del popolo spartano è estremamente sfaccettato e attraente, e ha un nitore unico: difficilmente una comunità entra nella lingua, col suo nome, avendo un insieme di attributi così chiari, coerenti e incisivi. Ma togliamo un velo: questo è possibile solo in virtù della sfocatura nella percezione di un popolo infinitamente lontano nel tempo, di cui non resta praticamente traccia se non nella materia più resistente lavorata dagli esseri umani: il racconto.
Sappiamo che la gente di Sparta viveva in maniera spartana: che questa frase abbia un senso chiaro, in primo luogo, è bizzarro, in secondo luogo testimonia l’impressione storica che questo popolo ha lasciato. C’è severità, nel modo d’essere spartano, sobrietà austera, rigore, durezza, sia nella dimensione morale e di condotta di vita, sia nella dimensione estetica — premesse di un’efficienza militare che si fa stile di vita.
La considerazione dei caratteri tipici di chi abitava il luogo non è rimasta monolitica attraverso i secoli, e non è chiaro quando e quanto ci sia continuità rispetto a ciò che si pensava di loro in antichità. Ciò che è certo è che l’aggettivo ‘laconico’, che propriamente significa ‘della Laconia’, cioè della regione di Sparta, nel Peloponneso meridionale, a partire dal Cinquecento in italiano ha selezionato i propri significati su un campo estremamente specifico: la concisione nel parlare.
È chiaro: nell’eterna contrapposizione abbiamo da un lato il popolo di Atene, dedito a filosofare e a discutere nelle assemblee — una ciarla continua, pietra miliare dell’Occidente ma per un certo metro sempre ciarla. Dall’altro quello di Sparta, fattivo, concreto, che non si perde in chiacchiere, non si dilunga: s’è mai vista una genìa di militari fanatici che si diffonda in discorsi prolissi, in sbrodolature e svolazzi? C’è però un però.
L’aggettivo ‘laconico’ è piuttosto laconico: ci racconta solo una tendenza all’essenzialità nel parlare, una scarsa loquacità. È un significato vasto, che resta non tagliato: in particolare non ci dice niente sulle sue ragioni di questa manifestazione di parole in scarso numero — ragioni che possono essere le più varie e opposte.
Posso dare risposte laconiche quando temo di tradirmi e non voglio rovinare una sorpresa; ci dà risposte laconiche la figlia quando le chiediamo com’è andata a scuola, com’è andata la serata; è laconico l’idraulico a cui ci rivolgiamo da trent’anni; laconica la critica secca; l’amministrazione dirama una circolare laconica che fa intendere ciò che deve a chi deve intenderla; ed è laconico il commento della persona sotto indagine intervistata dai giornali.
Non resta fissata necessariamente un’essenzialità spartana, nel laconico. Ci può essere delicata riservatezza, inclinazione caratteriale, calcolo, freddezza, imbarazzo — non proprio il modo laconico di essere di un Rambo greco del V secolo a.C. che ci immaginiamo.
Testo originale pubblicato su: https://unaparolaalgiorno.it/significato/laconico
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questione di stirpe.
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Nelle scuole superiori di tutta la Nazione (cit.) gli studenti fanno: storia greca, storia romana, storia medievale, il Rinascimento, le guerre d‘Italia, il Seicento, l’Illuminismo, il Risorgimento e le due Guerre Mondiali. Aggiungiamoci anche Dante, Petrarca, Boccaccio, Tasso, Ariosto, Goldoni, Foscolo, Manzoni, Leopardi, più tutti gli autori del 900. Inoltre due questioni della lingua, la questione meridionale, elementi di diritto italiano, e tanto altro che riguarda la nostra cultura e le nostre origini. Dunque mi domando: che cazz’è il liceo del Made in Italy?
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Ecco, io vorrei chiedere a Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, quale fosse esattamente il merito del suo discorso di ieri durante un evento assai importante: la dimostrazione pratica e operativa di come si possa trarre forza dal dolore, fare del lutto privato una grande occasione collettiva di crescita, di consapevolezza, come abbiamo sempre visto con la famiglia Cecchettin.
Oggi io vorrei un’interpretazione autentica, una nota a margine, una spiegazione qualunque, perché, sinceramente, non arrivo a comprendere. Non comprendo perché evocare il patriarcato sia “un’operazione ideologica”, mentre mettere l’accento - contro ogni dato disponibile - sull’immigrazione illegale a proposito dell’incremento delle violenze sessuali e dei femminicidi invece non lo sia (effetto Albania? Ce lo hanno per contratto, di dare sempre la colpa ai migranti?).
Non comprendo come si possa seriamente pensare che citare Massimo Cacciari - quindi una fonte “di sinistra”, per zittirci tutte e tutti, noi ideologici impenitenti - sia sufficiente a liquidare il patriarcato come tema cruciale del nostro mondo (anzi, letteralmente il ministro ha parlato di “risolvere la questione femminile”. Cosa sarebbe, la “questione femminile”? È tipo una questione meridionale ma più grande? La violenza sulle donne e i femminicidi sono la “questione femminile”? Non è una questione sociale in cui le donne sono le vittime?). Con l’aggiunta che, ormai ha detto il ministro - come “fenomeno giuridico” la famiglia patriarcale non esiste più, quindi di cosa parliamo quando parliamo di patriarcato?
Per esempio, parliamo di mansplaining, guarda un po’. Parliamo di squilibri di potere tra uomini e donne, della “storica asimmetria di potere fra uomini e donne” (una cosa che persino la ministra Roccella ha sottolineato, nella stessa circostanza). Parliamo di squilibri di salario, di ruolo, di riconoscimento. Parliamo di strutture economiche manifeste e di strutture culturali profonde. Parliamo di quel “machismo” che Valditara ha menzionato come “residuo” trascurabile, preferendo sottolineare la “grave immaturità narcisista del maschio, che non sa sopportare i no”. Ma guarda, un maschio che non sa sopportare la parità, la possibilità che una donna gli dica no o si rifiuti di essere controllata: che strano, non sono queste su cui si edifica il narcisismo “le braci del patriarcato” (come le ha chiamate Massimo Recalcati)?
Non comprendo lo spazio che il ministro ha dato “alla diffusione di pratiche che offendono la dignità delle donne”, a opera dei “nuovi venuti”: sappiamo perfettamente come in tante parti del mondo le donne siano marginalizzate e sottomesse da regimi e teocrazie infami, e siamo molto sensibili a questo (ahinoi, anche lì c’entra il patriarcato, dietro il paravento della religione: possiamo dirlo o sarà ideologia? E il ministro lo sa che a volte i profughi e i “nuovi venuti” fuggono proprio da quello?). Tutte abbiamo chiesto giustizia per Saman Abbas, sorella la cui morte ancora ci offende. Peccato che il massacratore di Giulia Cecchettin fosse immigrato dal Padovano, tutt’al più.
Poi, con doppio salto mortale, il ministro, dopo avere evocato i “nuovi venuti” (regolari? Irregolari? Non importa: sono “altro da noi”, portatori di cose brutte per definizione), dice che l’ “incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale”. Ignorando che la stragrande maggioranza di violenze avviene in famiglia e nelle relazioni, e ha come autori e protagonisti gli italiani. E lasciamo perdere l’altro salto mortale: l’immigrazione illegale provoca marginalità e devianza. Che strano, pensavamo che relegare le persone ai margini, privarle della possibilità di vita civile producesse devianza, di cui più facilmente sono preda gli ultimi degli ultimi (ricordatemi chi ha smantellato l’”accoglienza diffusa”, l’unica dal volto umano…). Bello, il rovesciamento logico (uno dei tanti): sono gli emarginati a produrre marginalità, non il mondo che hanno attorno a spingerli ai margini. Un po’ come pensano ancora in troppi - lo leggiamo ancora troppe volte in certi resoconti, in certi articoli, in certi interrogatori: non saranno le femmine, a causare i femminicidi?
Bello anche il momento edificante finale, roba da pubblicità del pandoro: proteggiamo i buoni, i deboli, i miti. Le donne saranno buone, deboli o miti, e quindi bisognose “per natura” di protezione (e se non è patriarcato questo, non so proprio cosa possa esserlo)?
E sì, l��unica cosa giusta che il ministro ha detto (statisticamente doveva pur accadere) è quella: la violenza è un fatto culturale. Esattamente. E la sua eliminazione passa per l’educazione sentimentale e sessuale, passa per l’uguaglianza, per le pari opportunità, per l’azione su quei “residui di machismo”, su quel narcisismo patologico. Il suo ministero cosa ha fatto, quindi, in questi due anni? Ah già, un progetto sperimentale, facoltativo ed extracurricolare. Non sia mai che lo prendano per ideologico.
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