#letteratura meridionale
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“ Disteso sul pagliericcio del carcere, mi sentivo a casa mia, dissi a Chiellino, nel sogno ora stavo bene, ma lui mi svegliò veramente dal bel torpore dell’ultimo sonno con le parole “La campagna si fa lunga”. Il carcere era per lui, come quella della Libia e del fronte italiano, un’altra campagna. Caddi dalla branda. Volli prendere lo straccio, non so se mi spettava, e se pure mi spettava, Chiellino in mia vece era già accoccolato e così, piegato sulle ginocchia, indietreggiava man mano che con lo straccio puliva il pavimento e la striscia bagnata arrivava ai suoi piedi. «No, no, deve venire uno specchio, tu lo lisci, devi calcare; calca forte» mi diceva Chiellino. Calcavo forte e nello sventagliare lo straccio due opposti pensieri, a destra e a sinistra, mi salivano in capo: perché dobbiamo pulirci noi il pavimento? Ecco l’origine della schiavitù. Giappone, perciò, non si abbassa mai, è lì che fischietta e sorveglia, da padrone: lui, ed anch’io, faremmo crescere la polvere dei mesi e degli anni, lui per protestare e chiedere il colloquio e dire al procuratore di provvedere con uno spazzino o con una guardia, io per richiudermi nello sdegno e nell’isolamento, per non darla vinta ai boia, ai comandanti, ai giudici: essi non ci hanno soltanto messi in galera per scacciarci dalle strade, ma così ottengono che ci avvezziamo all’umile ordine interno e che ricreiamo tra noi la gerarchia dei servizi, la necessità di una legge. Loro ci volano sopra, sorridenti e beati come il generale passa a cavallo a dire col mento, col mento suo e con quello del cavallo: “Bravi, voi siete il mio ordine e la mia volontà, il mio regolamento. Fra poco morirete da cani in battaglia; anche questo è previsto”. Noi siamo le pecore e i buoi dei macellai e dei proprietari di bestiame. Così essi mantengono la loro ragione sugli operai, sui contadini, sui pezzenti e il sempre nuovo annuncio del vangelo, ogni giorno e ogni domenica, ripete la legge degli uomini e ognuno dice a se stesso: “Io sono la via, la verità, la vita” e subito corre a comandare alla moglie, ai figli, al fratello più piccolo, al più debole di sé. Il pavimento si bagnava, potevo vedermi la faccia dentro e mi arrestai nel vederla. “
Rocco Scotellaro, L' uva puttanella-Contadini del Sud, Laterza (collana Universale, n° 4; prefazione di Carlo Levi), 1977⁴, pp. 79-80.
[Prime Edizioni originali, postume: Laterza (collana Libri del tempo), 1956-1954]
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da deriveapprodi: machinalibro.com
MACHINALIBRO Dentro la storia di DeriveApprodi, nasce un nuovo marchio editoriale: MachinaLibro. Il progetto ha le proprie fondamenta nell’esperienza dell’omonima rivista online Machina che dal 2020 – con diciotto sezioni e un migliaio di articoli – ha proposto un campo di riflessione su questioni dirimenti: dalle trasformazioni del lavoro a quelle degli spazi urbani, dalla geopolitica alla…
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Mentre ci riuniamo qui, in questa sala elegante e ben illuminata, in questa fredda sera di dicembre, per discutere sulla sorte dello scrittore in esilio, soffermiamoci per un minuto a immaginare alcuni di coloro che, per ovvie ragioni, non ce l'hanno fatta a mettere piede in questa sala. Immaginiamo, per esempio, certi Gastarbeiter turchi che si aggirano per le strade della Germania occidentale, incapaci di afferrare la realtà che li circonda o capaci soltanto di invidiarla. O immaginiamo i boat people del Vietnam, sballottati dal mare o già insediati in qualche plaga dell'entroterra australiano. Immaginiamo gli straccioni messicani che strisciano negli anfratti della California meridionale per eludere le guardie di frontiera e sgattaiolare nel territorio degli Stati Uniti. O immaginiamo i pakistani - interi piroscafi - che sbarcano su qualche costa del Kuwait o dell'Arabia Saudita, pronti a tutto per procurarsi un lavoro troppo umile per i signori del petrolio. Immaginiamo le moltitudini di etiopi che attraversano a piedi qualche deserto per arrivare in Somalia - o è tutto il contrario? - e sfuggire alla carestia. Be', possiamo fermarci qui, perché quel minuto che volevamo dedicare all'immaginazione è già passato, sebbene molti altri casi, moltissimi, si potrebbero aggiungere all'elenco. Nessuno ha mai contato questa gente, e nessuno, neanche le organizzazioni umanitarie delle Nazioni Unite, la conterà mai: essendo milioni, si sottraggono a qualsiasi calcolo e costituiscono quello che - in mancanza di un termine migliore o di un grado abbastanza alto di misericordia - viene chiamato il fenomeno dell'emigrazione. Qualunque sia il nome giusto per designare queste persone, quali che siano le loro motivazioni, origini e destinazioni, quale che sia l'effetto della loro partenza sulle società che abbandonano o quello del loro arrivo sulle società alle quali approdano - una cosa è assolutamente chiara: questa gente rende assai difficile ogni discorso a cuor sereno sulla sorte dello scrittore in esilio. Eppure dobbiamo parlare; e non solo perché la letteratura, come i poveri, è notoriamente portata a prendersi cura dei propri figli, ma più ancora per via di un'antica e forse infondata convinzione, secondo la quale se i padroni di questo mondo avessero letto un po' di più, sarebbero un po' meno gravi il malgoverno e le sofferenze che spingono milioni di persone a mettersi in viaggio.
Iosif Brodskij, Dall'esilio, trad. it. di Gilberto Forti, Adelphi, 1988
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Jacques-Louis David - Parigi - Malmaison - Napoleone valica il Gran San Bernardo - 1803
Napoleone ha costituito uno spartiacque nella storia d’Italia: la generazione cresciuta sotto il suo dominio ha sviluppato ideali che hanno portato al Risorgimento.
La storia della letteratura italiana, ai cui albori vi è la volgarizzazione del latino soprattutto in chiave goliardica e l’influenza di altre culture (Chretien de Troyes e i minnesanger cortesi) può essere descritta secondo le seguenti tappe.
1059 - Il normanno Roberto il Guiscardo riceve dal Papa il potere sull’Italia meridionale
1077 - Gregorio VII accoglie a Canossa Enrico IV all’apice della lotta per le investiture
1095 - Urbano II lancia la prima crociata, atto di forza politica dopo aver prevalso sull’Impero nella lotta per le investiture.
1168 - Fondazione di Alessandria
1176 - Federico Barbarossa sconfitto a Legnano dai Comuni della Lega Lombarda. Da quel momento l’Italia del Nord, in assenza di sovrani, è territorio dei Comuni.
1189 - Terza crociata con Filippo Augusto di Francia, Enrico I d’Inghilterra e Federico Barbarossa
1202 - Nella quarta crociata, Zara viene assediata a vantaggio di Venezia
1220 - Nipote del Barbarossa e figlio dell’ultima esponente dei Normanni di Sicilia, Costanza d’Altavilla, Federico II è eletto imperatore. Si sviluppa la scuola siciliana (Cielo d’Alcamo, Giacomo da Lentini) in un ambiente di confluenza fra la cultura araba filosofica e scientifica e quella normanna e cavalleresca: l’amor cortese è ideale, non reale.
1224 - Cantico della Creature (San Francesco)
1260 - Nella battaglia di Montaperti, i ghibellini prevalgono sui guelfi a Firenze, ma Farinata degli Uberti impedisce la distribuzione della città.
1266 - Carlo d’Angiò, fratello di Luigi IX, sconfigge Manfredi a Benevento. Gli Angioini dominano l’Italia meridionale.
1277 - dopo la battaglia di Desio, i Visconti a capo del Comune di Milano
1282 - I siciliani, dopo il trasferimento della capitale da Palermo a Napoli, insorgono nei Vespri.
1284 - Pisa è sconfitta da Genova nella battaglia della Meloria
1289 - Con la battaglia di Campaldino sono i guelfi a prevalere a Firenze
1301 - Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello, favorendo i Neri, entra a Firenze. Dopo aver mandato in esilio l’amico Guido Cavalcanti e il cognato Corso Donati, Dante è esiliato a sua volta mentre è a Roma in una ambasceria con Bonifacio VIII. A Firenze domina l’amor gentile (“Tanto gentile e tanto onesta pare”).
1306 - 1321 Divina Commedia
~ Tu sei il mio maestro e il mio autore
~ l’amico mio e non de la ventura
~ nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria
~ divenir del mondo esperto de li vizi umani e del valore
~ loco d’ogni luce muto
~ la gente nova e i subiti guadagni
~ Libertà va cercando ch’è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta
~ State contenti, umana gente, al quia; ché se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria
~ facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sè non giova, ma dopo sè fa le persone dotte
~ Credete Cimabue nella pittura, tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, si che la fama di colui è scura
~ Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale
~ I' mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch'e' ditta dentro vo significando
~ O voi ch’avete li ’ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ’l velame de li versi strani
1338 - Il Canzoniere (Petrarca), opera che non presenta più l’anelito mistico medioevale della Commedia, ma proprio per questo risulta connotata da una malinconia che segna la fine di un’epoca. L’amore di Petrarca è platonico, incapace di esprimere la vita vera eppure è più partecipato della lezione stilnovista.
~ E veggio ’l meglio, et al peggior m’appiglio
~ Italia mia, benché 'l parlar sia indarno
Solo et pensoso
Solo et pensoso i piú deserti campi / vo mesurando a passi tardi et lenti, / et gli occhi porto per fuggire intenti / ove vestigio human / l’arena stampi. / Altro schermo non trovo che mi scampi / dal manifesto accorger de le genti, / perché negli atti d’alegrezza spenti / di fuor si legge com’io dentro avampi: / sì ch’io mi credo omai che monti et piagge / et fiumi et selve sappian di che tempre / sia la mia vita, ch’è celata altrui. / Ma pur sí aspre vie né sí selvagge / cercar non so ch’Amor non venga sempre / ragionando con meco, et io co’llui.
1349 - 1351 Decameron (Boccaccio), eredità dell'enciclopedismo classico (Ovidio) e medioevale (Novellino), testimonianza della Peste nera, ma anche espressione di un mondo nuovo, lontano dagli ideali cavallereschi e dal misticismo medioevale, capace di aprirsi alla società comunale e borghese del tempo. Personaggi delle novelle sono: il mercante abbindolato Andreuccio da Perugio, l’innamorato Federigo degli Alberighi, Nastagio degli Onesti e il suo amore tossico, il venditore di reliquie Frate Cipolla, ….
1378 - tumulto dei Ciompi
1381 - Venezia e Genova si scontrano nella battaglia di Chioggia
1434 - Con il rientro dall’esilio a Venezia, Cosimo il Vecchio estende il potere dei Medici a Firenze. Per contrastare i dissidi fra le fazioni comunali, emergono le Signorie.
1454 - Con la Pace di Lodi, la Milano di Francesco Sforza, Venezia e la Firenze di Cosimo il Vecchio creano le condizioni per lo sviluppo del Rinascimento.
1478 - Congiura dei Pazzi
1483 - Orlando innamorato (Boiardo)
1490 - “Chi vuol essere lieto, sia. Del doman non c’è certezza” (Lorenzo de’ Medici). Le rime di Lorenzo, l’erudizione di Poliziano, la concretezza di Leon Battista Alberti rappresentano l’apice dell’Umanesimo prima che le vicende politiche ne decretino la fine.
1494 - Calata di Carlo VIII poi sconfitto a Fornovo, chiamato da Ludovico il Moro. I francesi, finita la Guerra dei Cent’anni, si rivolgono ad un’Italia ricca e divisa.
1498 - Morte di Savonarola
1513 - Il principe (Machiavelli, tanto homini nullum par elogium) in cui sono affrontate, senza vincoli morali, le virtù - quelle del leone e della volpe - che possono condurre alla nascita dello Stato. Ciò che stava avvenendo presso gli altri Paesi europei e non accadrà in Italia.
"Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro".
1516 - Orlando furioso (Ariosto). È il poema dell’immaginazione, dell’ironia, della fantasia: dipinge un mondo cavalleresco consapevole della sua fine, ma senza lo scherno di Cervantes che scriverà cento anni dopo, nel mondo successivo a Lepanto e alla scoperta dell'America. Senza valori cortesi o cristiani, con la perdita della ragione di Orlando sentenzia in metafora la fine del Rinascimento.
“Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, / le cortesie, l’audaci imprese io canto”
1518 - Mandragola (Machiavelli)
1525 - Prose de la volgar lingua (Bembo)
1526 - Sonetti lussuriosi (Aretino)
1528 - Il cortegiano (Castiglione)
1530 Carlo V e Clemente VII (Giulio de’ Medici) ripristinano il potere dei Medici a Firenze. Ricordi (Guicciardini).
1552 - Baldus (Teofilo Folengo)
1555 - Galateo (Della Casa)
1559 - Pace di Cateau - Cambresis: Milano e Napoli sotto la dominazione spagnola
1563 - Emanuele Filiberto trasferisce la capitale del Ducato a Torino
1581 - Gerusalemme liberata (Tasso), effetto della battaglia di Lepanto (1571)
1589 - Della ragion di Stato (Botero)
1623 - Adone (Marino)
1647 - Rivolta popolare di Masaniello
1706 - A seguito della guerra di successione spagnola, Milano passa all’Austria
1737 - Si estingue la dinastia dei Medici: Firenze entra nell’orbita dell’Austria
1751 - La locandiera (Goldoni), donna borghese che intende sedurre i suoi nobili ospiti, è l’opera più famosa di un autore che supera lo schematismo della commedia dell’arte e inscena personaggi borghesi con un intreccio e un canovaccio preciso.
1763
Il giorno (Parini)
Storia dell’arte nell’antichità (Winkelmann)
1764 - Dei delitti e delle pene (Beccaria)
1798 - Le ultime lettere di Jacopo Ortis (Foscolo) da cui traspare la delusione per il Trattato di Campoformio
1803 - Alla sera (Foscolo)
Forse perché della fatal quïete / tu sei l'immago, a me sì cara vieni, / o Sera! E quando ti corteggian liete / le nubi estive e i zeffiri sereni, / e quando dal nevoso aere inquïete / tenebre e lunghe all'universo meni / sempre scendi invocata, e le secrete / vie del mio cor soavemente tieni / Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme / che vanno al nulla eterno; e intanto fugge / questo reo tempo, e van con lui le torme / delle cure onde meco egli si strugge; / e mentre io guardo la tua pace, dorme / quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.
1806 - Vita (Alfieri)
1807 - Sepolcri (Foscolo)
All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno / della morte men duro? / Celeste è questa corrispondenza d’amorosi sensi / egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti
1816 - Con la pubblicazione dell'articolo "Sulla maniera e sull'utilità delle traduzioni" di Madame De Stael, in Italia si innesca il dibattito fra classico e romantico. Il romanticismo, reazione al regime neoclassicista francese, assegna all'arte (Schelling) la facoltà creatrice per eccellenza ponendo al centro la natura, il popolo, la Nazione, il Medioevo.
1821 - Ei fu (Manzoni)
Ei fu. Siccome immobile, / dato il mortal sospiro, / stette la spoglia immemore / orba di tanto spiro, / così percossa, attonita / la terra al nunzio sta, / muta pensando all’ultima / ora dell’uom fatale; / né sa quando una simile / orma di piè mortale / la sua cruenta polvere / a calpestar verrà. / Dall’Alpi alle Piramidi, / dal Manzanarre al Reno, / di quel securo il fulmine / tenea dietro al baleno; / scoppiò da Scilla al Tanai, / dall’uno all’altro mar. / Fu vera gloria? Ai posteri / l’ardua / sentenza / Ei si nomò: due secoli, / l’un contro l’altro armato, / sommessi a lui si volsero, / come aspettando il fato; / ei fe' silenzio, ed arbitro / s’assise in mezzo a lor.
1828 - Sonetti (Belli)
1831 - Canti (Leopardi)
"Virtù viva sprezziam, lodiamo estinta" (Nelle nozze della sorella Paolina)
1832 - Le mie prigioni (Pellico)
1842
I promessi sposi (Manzoni)
~ Pensino ora i miei venticinque lettori
~ Si racconta che il principe di Condé dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi
~ Che vuol ch’io faccia del suo latinorum
~ Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire
~ All’avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle
~ Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!
~ E Dio non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande
~ La sventurata rispose
~ Comanda chi può e ubbidisce chi vuole
~ Il coraggio, uno non se lo può dare
~ Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune
1848 - Cinque giornate di Milano e prima guerra di indipendenza
1849 - il generale Oudinot e Luigi Napoleone (poi Napoleone III) costringono alla resa la Repubblica Romana di Mazzini e Garibaldi
1859 - Seconda guerra di indipendenza ed armistizio di Villafranca
1861 - Proclamazione del Regno d’Italia
1866 - Terza guerra di indipendenza e annessione del Veneto
1870 - Sconfitta francese di Sedan e conquista di Roma capitale d’Italia
1877 - Odi barbare (Carducci)
San Martino
La nebbia a gl’irti colli / piovigginando sale, / e sotto il maestrale / urla e biancheggia il mar; / ma per le vie del borgo / dal ribollir de’ tini / va l’aspro odor de i vini / l’anime a rallegrar. / Gira su’ ceppi accesi / lo spiedo scoppiettando: / sta il cacciator fischiando / sull’uscio a rimirar / tra le rossastre nubi / stormi d’uccelli neri, / com’esuli pensieri, / nel vespero migrar.
Pianto antico
L’albero a cui tendevi / la pargoletta mano, / il verde melograno / da’ bei vermigli fior, / nel muto orto solingo / rinverdì tutto or ora, / e giugno lo ristora / di luce e di calor. / Tu fior de la mia pianta / percossa e inaridita, / tu de l’inutil vita / estremo unico fior, / sei ne la terra fredda, / sei ne la terra negra / né il sol più ti rallegra / né ti risveglia amor.
1881 - I Malavoglia (Verga)
1896 - X Agosto (Pascoli)
San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l'aria tranquilla / arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla. / Ritornava una rondine al tetto: l'uccisero: cadde tra i spini; ella aveva nel becco un insetto: la cena dei suoi rondinini. / Ora è là, come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; / e il suo nido è nell'ombra, che attende, che pigola sempre più piano. / Anche un uomo tornava al suo nido: l'uccisero: disse: Perdono; / e restò negli aperti occhi un grido: portava due bambole in dono. / Ora là nella casa romita, / lo aspettano, aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita / le bambole al cielo lontano. / E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, / oh! d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male!
1889 - Il piacere (D’Annunzio)
1902 - La pioggia nel pineto (D’Annunzio)
1908 - L’umorismo (Pirandello)
1916 - Il porto sepolto (Ungaretti)
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Zebiniso Meiliyeva presenta la giovane poetessa Ziyoda Abdumominova Sherzod
Foto cortesia di Ziyoda Abdumominova Sherzod La figlia di Ziyoda Abdumominova Sherzod è nata il 21 dicembre 2005 nel distretto di Ohangaron nella regione di Tashkent. Studente di filologia e insegnamento delle lingue presso l’Università statale di studi orientali di Tashkent. Nella raccolta “Paesi dell’Asia meridionale e sud-orientale: problemi di lingua, letteratura e traduzione”, è stato…
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non so se sia peggio chi si alza e se ne va, oppure chi fa finta di non capire e se ne esce con "eh ma anche x è meridionale", "era una protesta contro la classifica".
i meme fanno ridere pure me, così come mi ha fatto ridere quello di ursula e bigmama. sono qualcuno per dire a chi ha subito il meme di farsi una risata? no. ora prendete pari pari il discorso ma sostituite al bodyshaming i napoletani che rubano, e cercate di fare 2+2. il solo fatto che la prima cosa che vi (ci) venga in mente quando vediamo un napoletano vincere qualcosa è che abbia rubato è un problema. poi ad ognuno i propri bias.
chi mi stordisce di più, però, è quella categoria che dice che la canzone non può piacere perché non si capiscono le parole. ebbene, vi svelo un altro segreto: viviano nel periodo storico dove non si è in grado di fare un'analisi del testo, non si è in grado di comprendere un testo scritto e la soglia dell'attenzione è a dei livelli infimi in generale. senza scomodare il fatto che ascoltare musica non vuol dire necessariamente capire i testi perché quello sta alla sensibilità e ricerca individuale, nessuno di voi ha mai ascoltato una canzone russa? polacca? tedesca? svedese? no perché mi pare di capire che ad ogni eurovision c'è chi si spacca a commentare canzoni in lingue di cui non si conosce neanche mezza parola, eppure... poi va beh, in giro ciò che vedo è solo: oh mio dio che cazzo di hit via dei ciclamini orietta berti x la sad la voglio su spotify senza neanche sapere di cosa parla in realtà. wow, capisci le parole, eppure non capisci ciò che ascolti e leggi. gg.
la mia canzone italiana preferita di sempre recita "mai più canzoni in italiano, greco, slavo. poca letteratura, brevi racconti, al massimo scrittori intraducibili, relazioni elementari, poeti ermetici."
imparate ad uscire dalla lingua e dai modi.
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Modena: alla Tenda tre appuntamenti dal fantasy al dreampop
Modena: alla Tenda tre appuntamenti dal fantasy al dreampop. Spazia tra la letteratura fantasy, la poesia, la musica rock declinata nel genere dreampop e un approfondimento sui movimenti operai la programmazione della Tenda, dove in questa settimana prosegue con tre appuntamenti la rassegna culturale inserita nell'ambito delle attività proposte dall'assessorato alle Politiche giovanili del Comune di Modena. La settimana si apre mercoledì 18 ottobre, alle ore 21, col terzo e ultimo appuntamento di "Dai Margini - La letteratura di genere legge il mondo", rassegna di incontri sulla scrittura di genere (fantascienza, horror, noir, etc) a cura di Natalia Guerrieri e Giorgio Raffaelli, in collaborazione con Zona42. Titolo della serata è "Fantasy e Poetry slam": fantastico e fantasy hanno mille, nuove e interessanti declinazioni, dalle proposte young adult alle nuove tendenze del fantasy contemporaneo. Nell'occasione, quindi, Tiffany Vecchietti e Vargas sviluppano una panoramica sulla direzione intrapresa dal genere; modera Luca Fazioli. Dopo la talk si svolge una poetry slam a tema, curata da Mutuo soccorso poetico. Giovedì 19, sempre alle 21, spazio invece della musica dal vivo con un nuovo appuntamento di Arts & Jam #11, rassegna di jazz e contaminazioni curata da associazione Muse e JazzOff Produzioni. Sul palco di viale Monte Kosica sale il gruppo italo-francesce "terestesa": durante il concerto, il gusto avvolgente del dreampop viene perturbato dalle sonorità acidule e nebbiose dell'improvvisazione libera e della musica elettronica, in un universo riservato e notturno che si dispiega sulle proprie malinconie, a bordo di un treno o su un letto, da qualche parte tra la Francia e l'Italia. I testi brutali e intimi descrivono i sentimenti contrastanti della compositrice verso la sua terra natale: la vita in Francia, lontano da casa, risveglia il suo bisogno di raccontare il suo paese tanto amato e tanto detestato, di descriverne gli odori concreti e le tinte nebbiose. Largo poi ai libri venerdì 20, alle 18, con un nuovo appuntamento di "Dialogo con l'autore", kermesse curata dall'associazione culturale L'Asino che vola. In questo appuntamento Flavio Giordano presenta "Sognando la rivoluzione. Lotta continua e la stagione dei movimenti. Gli anni Settanta nella provincia meridionale" (Edizioni dell'Ippogrifo). Sabato 21, infine, la Tenda ospita alcuni appuntamenti di Atipico Festival, la rassegna diffusa promossa da Cgil Modena e curata dall'associazione Outer: uno sguardo sul mondo dei lavoratori atipici del mondo della cultura, dello spettacolo (il programma online su www.atipicofestival.com). Il calendario completo di tutte le iniziative e le modalità di prenotazione sono consultabili sui canali social e sul sito web de La Tenda all'indirizzo www.comune.modena.it/latenda. Per informazioni: mail [email protected], telefono 059 2034810.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Rothschildia equatorialis - 15 uova
La più grande specie del genere Rothschildia, che comprende splendide falene diffuse nell’America centro-meridionale. I bruchi si cibano di Ligustro ma si citano in letteratura anche i Prunus da frutto (es. Ciliegio). Possono esserci più generazioni all’anno (nelle aree di origine gli sfarfallamenti sono legati alla stagione delle piogge) ma in inverno è possibile che i bozzoli formati in autunno…
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John Fante, nella California degli emigranti
Lo scrittore che raccont�� il lato inedito della California… John Fante nacque a Denver, in Colorado, l’8 aprile 1909 da una povera famiglia d’origini italiane. Il padre, Nick, un muratore di Torricella Peligna, nell’Abruzzo meridionale, era emigrato negli Stati Uniti nei primi anni del Novecento, dove sposò Mary Capolungo, italoamericana, nata a Chicago, figlia di un sarto lucano. Il piccolo John, primo dei quattro figli, visse la sua infanzia a Boulder e nel 1927 si diplomò al Regis High School di Denver, dai Gesuiti, poi iniziò a frequentare l’Università del Colorado senza mai ultimare gli studi. Negli anni Trenta, ventenne, Fante si trasferì in California, a Wilmington, nei pressi del porto di Los Angeles, dove seguì alcuni corsi di scrittura all’Università di Long Beach, per diventare scrittore. In questo periodo, H. L. Mencken, uno dei critici più autorevoli, lo incoraggiò a scrivere e pubblicò alcuni dei suoi racconti sulla nota rivista The American Mercury, tra cui Chierichetto. A Los Angeles, Fante alterò il mestiere di scrittore a lavori come il lavapiatti, il fattorino d’albergo, l’operaio nelle fabbriche di scatolame di pesce. Negli anni Trenta, Nick e Mary si trasferirono a Rosenville, una tranquilla cittadina californiana dove John conobbe la moglie, Joyce Smart, una delle prime donne laureate alla Stanford University. La famiglia Smart, costituita da ricchi proprietari terrieri anglosassoni, non vide di buon occhio la relazione della figlia con il giovane scrittore e il 31 luglio 1937 i due innamorati decisero di sposarsi in segreto a Reno, nel Nevada, e di trasferirsi a Los Angeles, dove ebbero quattro figli. Dopo la stesura del suo primo romanzo, La strada per Los Angeles, poi uscito postumo, Fante pubblicò nel 1938 Aspetta primavera, Bandini, considerato dalla critica americana tra i migliori libri dell’anno. Nel 1939 fu la volta di Chiedi alla polvere, il suo capolavoro, tradotto anche in Italia e un ’anno dopo, la casa editrice Viking di New York diede alla stampa la sua prima raccolta di racconti, Dago Red. Parallelamente a quella di scrittore, Fante intraprese la professione di sceneggiatore, collaborando con registi del calibro di Edward Dmytryk e Orson Welles. Alla fine degli anni Trenta, Fante si dedicò ad un progetto che considerava decisivo per la sua carriera di scrittore, sugli emigrati filippini della California per il quale firmò un nuovo contratto con Pascal Covici della Viking, il quale però, dopo avere letto alcune stesure del romanzo, rifiutò di pubblicarlo. Amareggiato, Fante per dieci anni si concentrò esclusivamente sul suo lavoro di sceneggiatore e in una vita di eccessi, dedita al gioco d’azzardo, al golf e all’alcool. Bisogna aspettare gli anni Cinquanta per il romanzo Full of Life, che uscì nel 1952 e diventa subito un best-seller tradotto in numerosi paesi, che si trasformò in un film, diretto da Richard Quine, che diede Fante un’ulteriore opportunità economica. Nel 1957 e nel 1960 John andò in Italia per lavorare con il produttore italiano Dino De Laurentiis e li scrisse il film Il re di Poggioreale, diretto da Diulio Coletti. In quegli anni Fante scrisse La confraternita dell’uva, romanzo sulla figura del padre tra i più belli della letteratura mondiale secondo il critico Francesco Durante, pubblicato solo nel 1977, mentre Un anno terribile e Il mio cane stupido usciranno postumi. Anche se era afflitto da una grave forma di diabete che lo ha rese cieco e disabile, nel 1979 John decise di scrivere un nuovo romanzo e iniziò a dettare alla moglie quello che fu il suo ultimo romanzo, Sogni di Bunker Hill, pubblicato dalla Black Sparrow nel 1982. John Fante morì l’8 maggio 1983, qualche mese dopo la ristampa di Aspetta Primavera, Bandini. Read the full article
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" Il fabbricante di scale ha la sua bottega addossata a un'antica chiesetta romanica del Duecento ormai prossima a crollare completamente. Fabbrica scale da sempre, il mestiere lo ha imparato dal padre, il padre dal nonno e cosí via, come sempre capita per questi lavori artigiani. Costruisce scale fino a 34 gradini, per gli alberi più alti, specialmente per gli ulivi giganteschi nella zona di Ostuni, di Monopoli. La scala media più usata è quella a 20 gradini. La maggior quantità di scale viene venduta in occasione di fiere e mercati. La fiera più importante della zona avviene proprio qui a Modugno, in paese, nel mese di novembre. Un'altra fiera importante la fanno ad Acquaviva delle Fonti. Ma quella di Modugno è piú importante perché cade di novembre, il mese di piena per la raccolta delle ulive.
Il legno più usato è il castagno e l'abete. È un lavoro che è rimasto, salvo in qualche fase, essenzialmente manuale. Adesso i fori alle fiancate laterali della scala dove vengono fissati i pioli, vengono fatti a macchina. I pioli vengono prima fissati ad una fiancata della scala battendoli forte con l'ascia, ma prima bisogna avere l'accortezza di bagnare la punta del piolo nell'acqua, cosi l'accoppiata viene piú forte. Poi si mette l'altra fiancata della scala e, messi i pioli nei dovuti fori, si procede a fissarli definitivamente coi lavoro di inchiodatura. Alla fine la scala viene rifinita con la raspa e con un attrezzo, formato da una lama tenuta da due manici. Poi mi confida: "Caro amico, è un lavoro duro il mio, specialmente per me che debbo lavorare in questa bottega povera. L'interno è troppo piccolo e mi tocca lavorare estate ed inverno sotto questa tettoia. Lavorare nelle stagioni buone qui sotto è una delizia ma l'inverno fa molto freddo. Con questo lavoro guadagno abbastanza, però non sono riuscito a arricchirmi perché lavoro onestamente. Il cliente lo voglio trattare bene. Ma sono soddisfatto lo stesso. Tra poco debbo partire per una fiera a Gravina e sono contento perché vado a svagarmi un poco. Caricato il camioncino di scale, parto in compagnia di un buon panino e di un fiasco, di vino. Ricordo quando ero piccolo e viveva la buonanima di mio padre, si partiva a notte fonda, con il traino, per arrivare alla fiera ci si metteva piú tempo ma ci si divertiva di piú per la strada. "
Tommaso Di Ciaula, Prima l'amaro e poi il dolce. Amore e altri mestieri, Feltrinelli (collana Franchi Narratori, n° 33), 1981¹; pp. 53-54.
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Lo sciakuddhi, il folletto dispettoso del Salento
il folletto salentino, visto da Daniele Bianco
di Paolo Vincenti
Lo sciakùddhi, o sciacuddhi, è la maschera popolare del Carnevale della Grecìa salentina, protagonista delle colorate sfilate in maschera che si tengono nei giorni carnascialeschi. È un termine greco-salentino col quale si indica un curioso folletto, esponente di quell’immenso patrimonio che sono le tradizioni popolari del nostro territorio, abitato da molte altre maschere o “spauracchi”, quali la catta scianara, l’uomo nero, le macare, il Nanni Orcu, ecc. Lo sciakùddhi è conosciuto sotto nomi diversi non solo negli altri comuni del Salento ma anche in tutta la vasta area meridionale italiana. Nella fantasia popolare, esso è un folletto, molto piccolo, bruttino, fosco, peloso, vestito di panno e con un buffo cappellino in testa; in genere scalzo, smanioso di possedere un paio di scarpette, quindi riconoscente nei confronti di coloro che gliele donano, ai quali regala un gruzzolo di monete sonanti o indica il luogo dove si trova nascosto un tesoro, l’acchiatura. Ha l’abitudine di saltare di notte sul letto delle case che visita, raggomitolandosi sul petto del dormiente e dandogli un senso di soffocamento, poiché esercita una forte pressione; e probabilmente, proprio dalla voce dialettale carcare, ossia “premere”, deriva carcaluru, nome con cui è più conosciuto nel nord Salento. Per la verità, questo che stiamo descrivendo è propriamente il tipo dello scazzamurrieddhu, assimilato allo sciakùddhi, mentre lu moniceddhu è raffigurato come un uomo piccolissimo, vestito con un abito da frate ed è considerato uno spiritello più bizzarro e scherzoso che cattivo, come è invece lu scazzamurrieddhu : “piccin piccino, gobetto, con gambe un po’ marcate in fuori, è peloso in tutta la persona, gli copre il capo un piccolo cappelletto a larghe tese e indossa una corta tunica affibbiata alla cintola”, come ci informa il Castromediano.
Vi è almeno una trentina di modi in cui è chiamato questo folletto: oltre a quelli già citati, asciakùddhi, variante di sciakùddhi, nella Grecìa Salentina, soprattutto a Martano; àuru, nelle varianti lauru e laurieddhu, a Lecce; diaulicchiu o fraulicchiu, o, più raro, piccinneddhu, nel medio Salento; scarcagnulu, diffuso nel Capo di Leuca; altrove anche uru, urulu, ecc.
Per il Rohlfs, sciacuddhi /sciaguddhi è un folletto ed anche un incubo; il suo nome verrebbe dal greco σκιαούλον, ossia “piccolo spettro”, da σκιά ,“ombra”, con influsso del latino augurium. In altre aree del Salento si ha però, come abbiamo detto, anche scazzamurreddhu, scazzamaurrieddhu, che secondo il Vocabolario dei dialetti salentini vale “spirito, folletto” e “incubo”. L’origine si trova in un cazzamurreddhu che, oltre a presentare l’aspetto di una parola composta, si mostra anche congruente col francese cauchemar. La somiglianza non è sfuggita a Rohlfs, che infatti rimanda la nostra forma a un composto tra la voce dialettale cazzare, “schiacciare”, e il germanico mara, “fantasma”. Nonostante la voce salentina (e meridionale) presenti un vocalismo e uno sviluppo morfologico più tipico, l’origine di questo secondo elemento è rafforzata dal primo, visto che TLFI (Trèsor de la langue francaise informatisè) ritiene che il francese cauche dipenda proprio da un latino calcare, “schiacciare” e, in sintonia con la proposta di OED (Oxford English Dictionary on line) per l’inglese nightmare, riconduce il francese mar a forme di tipo mare, “spettro” presenti in neerlandese, tedesco e inglese antico.
Munacceddhu e animali, visto da Daniele Bianco
A Napoli, “o munaciello” è quasi una maschera popolare; ma, a differenza del monaciello napoletano, che miracolosamente nacque dalla bella Mariuccia e dall’ottantenne doli Salvatore, come informa Giovan Battista Basile nel Cunto de li cunti, lu scazzamurrieddhu salentino non ha lasciato traccia della sua venuta al mondo. Può essere lo spirito di un bambino morto senza aver ricevuto il battesimo, come il monachicchio, l’omologo lucano del nostro moniceddhu, di cui parla Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli. Oppure, questo spirito lo si credeva sprigionato dal fumo delle carcare (da cui, forse, un’altra etimologia per carcaluru), nelle quali si produceva la calce utilizzata per le costruzioni. Dal fumo della calce ribollente, veniva fuori l’astuto folletto e guai alla casa che prendeva di mira, nella quale si intrufolava passando dal camino, e guai agli abitanti della stessa, che venivano svegliati di soprassalto dallo scazzamurrieddhu, il quale in questo modo, sonoramente, sottolineava il proprio arrivo. Certo, il comitato di benvenuto che il furbo carcaluro si sarebbe aspettato di trovare al suo arrivo non era proprio la “festa” che gli arrabbiatissimi famigliari, svegliati di soprassalto, gli volevano fare. Il Nostro è dunque un nano, categoria dalla quale ha attinto molta letteratura per l’infanzia e in ispecie le fiabe (pensiamo, su tutti, a Biancaneve e i sette nani).
Il primo e il più famoso di questi nani è lu cumpare Sangiunazzeddhu, così chiamato perché piccolissimo quasi quanto un sanguinaccio, secondo il Castromediano. Sangiunazzeddhu sta per Sanguinello e la derivazione forse più attendibile di questo termine, secondo Rossella Barletta, è quella di Silvanus, una divinità agreste della mitologia romana che più tardi il popolo convertì in una specie di folletto.
A volte, egli può volgere la sua attenzione agli animali: di notte striglia, abbevera i cavalli e gli asini nelle stalle, oppure li bastona; può vedere di buon occhio il cavallo e mal vedere l’asino, e allora toglie la biada all’uno e la porta all’altro. Una volta infilatosi in casa dal camino, comincia a compiere una serie di scherzetti anche pesanti: nasconde o cambia la disposizione degli oggetti, rompe piatti, bottiglie, bicchieri, producendo un gran frastuono, facendo sobbalzare nel letto i componenti della famiglia. Guai se vi è un ospite sgradito in casa: lu moniceddhu comincia a premergli il petto fino a toglierli il respiro. Ma se l’oppresso riesce a vincere l’affanno e a catturare il folletto, prendendolo per il ciuffetto e tenendolo fermamente, allora il dispettoso spiritello piange e prega e tutto promette per riavere la libertà.
disegno di Daniele Bianco
Un altro modo per sottometterlo è impadronirsi del suo berretto rosso, lu cappeddhuzzu. Senza il suo copricapo, il folletto non può vivere e per riaverlo promette di rivelare ai padroni della casa il luogo in cui si trova un’acchiatura. Ciò può essere un tranello e, per ritrovare questo fantomatico tesoro, l’uomo può cacciarsi in grossi guai, sempre che il folletto non sia nel frattempo scappato, dopo aver ricevuto il suo cappeddhuzzu, senza rivelare alcun nascondiglio. Essendo un burlone, se gli si chiede denaro, egli colma la casa di cocci; se invece gli si chiedono cocci, egli dà il denaro. “E’ uno di quei folletti”, dice ancora il Castromediano, “tra il bizzarro e l’impertinente, tra lo stizzoso e lo scherzevole, cattivo con chi lo ostacola o sveli le sue furberie, benefico con chi usa tolleranza”.
Frequentando le stalle, può succedere che si innamori di un’asina o di una cavalla ed allora è tutto premure e dolcezze. Pettina e lucida il crine o la coda della cavalla di cui è innamorato e, a questa soltanto, porta tutta la biada, sottraendola agli altri animali, che diventano sempre più rinsecchiti, per somma disperazione dello stalliere che non riesce a darsi una spiegazione per lo strano fenomeno. La famiglia che abita la casa visitata dal nanetto, a causa della sua presenza ossessiva e fastidiosissima, può anche decidere di cambiare casa; sempre che il terribile folletto non decida di seguire le sue vittime nella nuova abitazione.
Fra i vari dispetti, il peggior male è, senz’altro, quello di non dormire la notte o di dormire male, con un sonno agitato dagli incubi. C’è un altro rimedio per tenerlo lontano: si può apporre ad un arco o alla sommità della porta principale della casa un paio di corna di bue o di montone, di cui il folletto ha una paura tremenda. Come visto, un altro nome con cui viene indicato dalle parti di Lecce è lauru o auru, auricchiu nel suo diminutivo. Secondo Rossella Barletta, l’origine del termine auro deriva da “augurio”, dal latino augurium, derivato da augur, cioè “augure”, intendendo con questo termine quei sacerdoti che, nella religione romana arcaica, divinavano la volontà degli déi attraverso la lettura dei segni celesti o anche attraverso il canto o il volo, oppure ancora le interiora, degli uccelli. Ma il termine “augurio”, nella nostra lingua, è collegato con qualcosa di positivo, un buon auspicio, e questo ci fa pensare alla componente buona, o almeno duale, del carattere di questo folletto-divinità della casa. Maurizio Nocera individua un’altra etimologia per laurieddhu: “Le due parole (Laurieddhu e Monachicco) non sono in contraddizione fra di loro, anzi: Laurieddhu si riferisce al luogo e ha la sua origine etimologica da laura, grotta naturale, spesso usata nel primo millennio d. C. dai monaci bizantini per i loro ritiri, per pregare ed anche per dormire. In Salento le laure basiliane sono molte tuttora visitabili. Monachicco invece significa appunto piccolo monaco, che vive nella laura”.
Ricorda, Nocera, le sue paure di bambino nel piccolo paese agricolo (Tuglie) in cui è nato: “La mia paura era legata soprattutto al buio e ai racconti che si facevano intorno a questo elemento della natura. Una volta andati a letto, ai bambini si raccomandava di mettersi sotto le coperte e di non mettere mai fuori la testa da esse, pena l’arrivo del laurieddhu e gli scherzi di cattivo gusto che egli avrebbe potuto fare. A ciò vanno aggiunte le paure derivanti dai racconti legati all’apparizione di anime morte o comunque di spiriti maligni. Ovviamente da bambino anch’io ho creduto a tutto ciò, e non dimentico il terrore che avevo per questo strano spiritello. Il mio lettino stava affianco a quello di mio fratello più grande, oltre al quale c’era il camino, di giorno acceso, di notte spento. Una volta coricato e messa la testa sotto le coperte, l’immagine della mente più appariscente che mi si presentava era sempre quella della bocca del camino nero, dal quale poteva uscire lo gnomo dispettoso o qualche anima morta. Terrore e tremore fino a che il sonno non vinceva. Da adulti, mio fratello mi ha ricordato che durante quella prima fase di sonno ipnagogico, parlavo molto, a volte gridavo anche, e le parole che scandivo erano sempre rivolte allo gnomo affinché stesse lontano da me. Paure di bambino scaturite dalla narrazione.
Oggi di tutta questa leggenda sono rimasti solo i racconti”. Fatto sta che, nonostante la disponibilità di contributi autorevoli di figure di spicco della cultura salentina, deve ancora allestirsi una bibliografia sugli esseri immaginari salentini, anche in relazione a quelli di altre aree dello spazio mediterraneo.
Per trovare l’origine degli scazzamurrieddhi, secondo noi, si può certamente risalire ai Lares, ai Penates e ai Manes, le divinità domestiche della casa romana. Nella religione romana, i Lares erano protettori di uno spazio fisico ben preciso e circoscritto, la casa appunto. Ad essi si portavano delle offerte, come un grappolo d’uva, una corona di fiori o cibarie. Il Lar Familiaris è invocato da Catone nel De agri cultura e da Plauto nell’Aulularia. I Penati erano, etimologicamente, gli dèi del penus, cioè il vano delle provviste. Anch’essi erano i protettori della casa e dei suoi abitanti, in particolare del pater familias. Vi erano poi i Lemures o Manes, cioè gli spiriti dei morti. La morte, nell’antica Roma, veniva ritenuta contagiosa, funesta, e quindi doveva essere purificata con riti appropriati, come il sacrificio di una scrofa a Cerere. Il lutto durava nove giorni. L’ultimo giorno, si faceva un pasto sulla tomba, poi la pulizia con la scopa e la purificazione della casa e di tutti coloro che avevano assistito alla sepoltura. La famiglia infatti si riteneva contaminata, in qualche modo, dal contatto con la morte. Se ai morti veniva data giusta sepoltura, essi potevano sopravvivere in pace nell’aldilà, altrimenti potevano tornare sulla terra e tormentare i vivi. Questi spettri malefici erano chiamati Larvae e i famigliari venivano da essi tormentati. I Lares ed i Penates non abbandonavano mai la casa e ne proteggevano gli abitanti, mentre i Manes, nella loro forma di Larve, potevano essere avversi. Se dunque affondassero nella mitologia romana le origini dei folletti di casa nostra, ciò fornirebbe anche una spiegazione della loro doppia natura, benevola e malevola.
tavola di Daniele Bianco
Ringrazio il prof. Antonio Romano per l’ottima consulenza bibliografica.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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Idem, Leggende di Puglia, Bari, Levante, 1958.
Giuseppe Gabrieli, Biblioteca del folklore pugliese, Bari, Set, 1931.
Giuseppe Gigli, Superstizioni, pregiudizi e tradizioni in Terra d’Otranto, ristampa, Bologna, Forni, 1970.
Sigismondo Castromediano, Cavallino: usi costumi e superstizioni, ristampa, Lecce, Capone Editore, 1976.
Gerard Rohlfs, Vocabolario dei dialetti salentini di Terra d’Otranto, Galatina, Congedo, 1976.
Aa.Vv., Favole e leggende salentine, Bari, Adda Editore, 1977.
Aa.Vv., Salve – miti e leggende popolari, Salve, Edizioni Vantaggio, 1995.
Alice Joisten e Christian Abry, Trois notes sur les fondements du complexe de Primarette. Loups-garous cauchemars, prédations et graisses, in Le Monde alpin et rhodanien. Revue régionale d’ethnologie, n. 30- 1-3, 2002, pp.135-161.
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Mario Alinei, L’étude historique des êtres imaginaires des Alpes, dans le cadre de la théorie de la continuité, in Les êtres imaginaires dans les recits des Alpes – Actes de la conférence annuelle sur l’activité scientifique du Centre d’Études Francoprovençales, Saint-Nicolas 16-17 décembre 1995, 103-110.
Gian Luigi Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e parole perdute, Torino, Einaudi, 1995.
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Davide Ermacora, Intorno a Salvàns e Pagàns in Friuli: buone vecchie cose o nuove cose buone, in «Atti dell’Accademia San Marco» n. 11, 2009, pp. 477-502.
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Êtres fantastiques des Alpes, a cura di Alice Joisten e Christian Abry, Paris, Entente, 1995, (Collezione di Estratti da: Le Monde alpin et rhodanien. Revue régionale d’ethnologie, n.1-4/1992).
Giovanni Ruffino, Fantastiche abitatrici dello spazio domestico nelle credenze popolari alpine e siciliane, in Les êtres imaginaires dans les recits des Alpes – Actes de la conférence annuelle sur l’activité scientifique du Centre d’Études Francoprovençales, Saint-Nicolas 16-17 décembre 1995, 45-50.
Rossella Barletta, Scazzamurrieddhri i folletti di casa nostra, Fasano, Schena Editore, 2002.
Federico Capone, In Salento Usi, costumi, superstizioni, Lecce, Capone Editore, 2003.
Salento da favola storie dimenticate e luoghi ritrovati, a cura di Roberto Guido, Lecce, I libri di Qui Salento, Guitar Edizioni, 2009.
Maurizio Nocera, Il laurieddhu e il culto della papagna nel Salento, in La magia nel Salento, a cura di Gianfranco Mele e Maurizio Nocera, Lecce, Edizioni “Spagine/Fondo Verri”, 2018, pp. 123-136.
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“In ciò che creavo potevo essere ciò che ero”. Stephen Spender in Italy. L’epopea del grande poeta e del figlio Matthew sul lago di Garda
Azzurro, così appare il Garda in quella prima estate italiana del 1951: Stephen Spender, la moglie Natasha e i figli Lizzie e Matthew trascorrono l’estate a Torri del Benaco, all’albergo Gardesana in centro al paese – lo stesso frequentato da Gide.
In un libro agile e lieve come la sua conversazione, Within Tuscany, In Toscana, Matthew esordirà ricordando la vita a Torri con gli occhi del ragazzo di allora, un ragazzo che già avverte quella felicità, con i giorni pieni d’azzurro e la luce del Garda, destinata nostalgicamente e comunque a finire, anche come simbolo.
Sua sorella Lizzie è ancora piccola ma lui ha per sé «tutto il mondo all’aperto» e dalla mattina alla sera gironzola per Torri con una banda di ragazzini in cerca di avventure: «Quell’estate non c’era differenza fra quello che mi succedeva, quello che immaginavo e quello che sentivo raccontare». Memorie e affreschi della quotidianità sul lago risentono indirettamente dell’amore di Matthew per la pittura e la scultura, la seconda in effetti sua professione, e leggendo le pagine di Within Tuscany si ha spesso l’impressione di guardare dipinti di scuola Toscana: perché è là che vivono lui e Maro Gorky, sua moglie, figlia di Arshile e anche lei pittrice.
En passant, Bertolucci ha inserito decine delle opere di Matthew Spender nel set di Io ballo da sola, film in parte ispirato alla sua cerchia di amici artisti, inglesi residenti in Toscana. Una tradizione di secoli ormai, questa linea immaginaria che lega l’isola britannica alla dolcezza del paesaggio toscano: da Chaucer agli Shelley e ai Browning, da Byron a Foster e a Lawrence, fino agli americani Ezra Pound e Henry James, tanto per nominarne alcuni. È il Chiantishire, appunto.
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Ho incontrato Matthew Spender per una giornata dedicata al padre Stephen, qualche anno fa: è entrato nella sala conferenze della Società Letteraria a Verona con passo deciso, la stessa altezza, le lunghe gambe e la stessa zazzera candida che Stephen aveva nella maturità, come scrive Brodskij: «con i capelli bianchi come neve, gli occhi grigio-azzurri scintillanti, il sorriso di scusa che presiede al suo metro e ottanta leggermente ricurvo, sembra (…) l’allegoria di un inverno benevolo in visita alle altre stagioni» (In Memory of Stephen Spender, On Grief and Reason).
L’accompagnava Giuseppe Lorenzini, proprietario dell’albergo “Gardesana”, dove gli Spender soggiornavano. In quell’occasione abbiamo parlato di poesia, della Toscana e di una rivista che ricordavo, con foto della sua casa sulle colline italiane. Credo sia stata l’ultima volta che Matthew Spender è venuto a Verona. All’invito di tornarci, rispondeva con humour in una mail di due anni fa: “È da qualche anno che non mi sono mosso verso il nord d’Italia. Al massimo, arrivo ogni tanto a Milano per vedere dottori o avvocati, due categorie di professionisti che si accumulano man mano che s’invecchia”. Il ritratto degli Spender sul Garda è uscito nel volume Poeti, Sognatori viaggiatori, e Matthew l’ha ricevuto per posta.
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Sul loro soggiorno a Torri – quell’estate e la seguente – lui parla anche nella biografia del padre A House in St. John’s Wood, In Search of My Parents, commosso ricordo di entrambi i genitori.
Torri evidentemente piaceva a Spender: da giovane l’aveva frequentato varie volte, da solo o con amici, e in quell’estate del 1951 ci porta la famiglia. Il loro arrivo crea da subito un qualche scompiglio perché la madre Natasha, brillante pianista, ha portato con sé il proprio strumento, che sarà faticosamente issato al Gardesana: «Avevano dovuto sradicare la ringhiera della scala a chiocciola per farlo entrare» (Within Tuscany).
Stephen Spender alla “Gardesana”, Torri, con la famiglia e il piccolo Matthew
Ogni giorno, dalle finestre aperte dell’albergo, la musica di Natasha si spande a lungo in riva al lago. Anche Stephen lavora. «Abbiamo per noi l’intera ala di un albergo – scrive Stephen a John Hayward il 12 luglio –, offertaci a poco dall’albergatore perché André Gide occupava queste stesse camere». Torri, ricorda Matthew, «era affascinata dagli stranieri raffinati che ci arrivavano per le vacanze…» (A House…).
Dalla scrivania di Spender (anche oggi nella stessa posizione di allora) si vede il lago: nel porticciolo le barche oscillano a pelo d’acqua, i nomi dipinti a mano sul legno verniciato di bianco e blu, le funi che le fermano agli ormeggi. Oltre il porto, il fuoco azzurro dell’acqua arretra in lontananza fino al cupo centro profondo, e i giorni limpidi la penisola di Sirmione esce dall’orizzonte nella foschia celeste. Le colline accerchiano la sponda lontana: alla famiglia inglese Torri sembra un “piccolo mondo antico” meridionale.
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A Torri tutto ruota intorno al lago: «Il lago dominava la nostra vita» dirà Matthew. Ci sono gli amici delle gite in bicicletta, le partite di pesca che rendono pesciolini da friggere in padella o esemplari enormi da fotografare, gli scalzi e abbronzati bambini del paese colti in sottofondo dall’obiettivo del fotografo a osservare turisti, passanti e abitanti locali.
Nel 1951 la guerra è finita da anni, ma non il suo lascito: l’Italia frequentata dagli Spender è un paese povero, quasi ottocentesco. «Non era affatto difficile in questo ambiente sprofondare nel diciottesimo secolo», commenta Matthew a proposito di una decorata biblioteca senese. Il che è vero e a maggior ragione per un borgo di pescatori poveri del lago.
Stephen arriva a Torri con dietro di sé molta gloria letteraria. Agli esordi paragonato a Shelley, è tra i poeti emblema della propria epoca, l’interludio tra le due guerre che nei «college di dandy, ricchi e aristocratici» di Oxford – narra in The Temple – ha messo in luce lui e Isherwood, MacNiece e Day Lewis, il “gruppo degli anni Trenta” sotto l’egida di Auden. Evelyn Waugh scolpisce la storia in un mood sarcastico: Auden, Isherwood e Spender per lui sono i tre giovani scrittori «che hanno aggredito e catturato un decennio». Comunque, per loro la poesia è «sacra e segreta vocazione»: così nel celebre World Within World, l’autobiografia di Spender uscita da pochi mesi e già scelta ‘Libro del mese’ dalla Book Society.
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Matthew ricorda di esser rimasto solo a Torri una settimana, perché i genitori tornano in Inghilterra per i rispettivi impegni. La vita del borgo gli offre però molto da fare, molto da fantasticare: «per un bambino dominato da una passione esclusiva, un momento può riempirsi di quella che appare un’eternità di divorante nostalgia».
Decantando gli anni che separano presente e passato, la scrittura ritrova tracce lontane, bagliori e frammenti di memorie, «stralci di ricordanze» leopardiane: o «frammenti della nostra vita in Italia». Il semplice sottotitolo di Within Tuscany – Reflections on a Time and Place – in italiano si colora in “Considerazioni di un artista inglese sull’arte, gli usi, i costumi e le stranezze degli italiani tra i quali vive”. Splendono il pianoforte di Natasha alzato contro lo sfondo azzurro del Garda, il profumo di una pianta dai rami che oltrepassano un muro al sole, il prato dove le orme di piccoli piedi scompaiono in giochi esaltati. Sottratti al flusso eterogeneo del vivere, restano i momenti d’oro, gli attimi puri nella prospettiva dell’adulto che ricorda: occasioni, atmosfere, un viso o un riflesso sull’acqua di un lago italiano. Scene e visioni: «Un silenzio riempito da cicale. Un giardino quadrato ricoperto da un cubo frusciante di insetti».
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Matthew chiama quasi sempre suo padre Spender, semplicemente. Per Spender la poesia è dedizione assoluta, «lo scopo più serio della vita», la «maturità dell’anima»: «In ciò che creavo potevo essere ciò che ero» (World…). Dopo l’impegno civile – la speranza di riuscire a salvare la civiltà e il dovere di contrastare le tirannidi di ogni segno – per lui veniva il disincanto espresso con parole tristi e brillanti: «Siamo stati la Generazione Divisa degli Amleti che trovarono un mondo dissestato e non riuscirono a rimetterlo in sesto». Spender s’impegna a raccontare un’epoca che non ha voluto fermare la propria corsa, s’indigna per l’assenza di orrore all’orrore del nazismo, assiste alla parabola della civiltà europea, definitivamente consegnata al “mondo di ieri” con lucidità visionaria: “La guerra aveva strappato il pavimento della sala da ballo da sotto i piedi della classe media inglese. La gente somigliava a ballerini sospesi a mezz’aria che, malgrado ciò, riuscivano miracolosamente a fingere di ballare ancora. Eravamo consapevoli dell’abisso ma non vedevamo nuovi valori che potessero sostituire quelli che ci avevano sorretto nel passato”. (World…)
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A Torri, il tempo pare invece sospeso. I muri delle case scendono all’acqua, peschi carichi di frutta macchiano di rosa gli orti. Tra i vicoli stretti del paese risuona il tamtam degli zoccoli ai piedi dei ragazzi. Matthew gira con indosso magliette Marx and Spencer, quasi una sorta di uniforme che Natasha ha portato da Londra. Il borgo con il porto e il castello in rovina, ancora lontani dal turismo di massa, offrono pace e lenti ritmi arcaici. I figli dei pescatori raccontano storie locali e «i bambini del paese mi rincorrono gridando ‘Poeta!’ – Stephen riferisce sempre a Hayward –. Suppongo che Catullo abbia loro insegnato a farlo con i poeti in visita».
Gli Spender non sono sempre soli: amici – artisti, scrittori e poeti – vengono a salutarli o si fermano qualche giorno sul Garda, come Day Lewis in viaggio di nozze. Ci sono cene e gite sul lago, ci sono ombre di ulivi tra rovine romane:
La penisola di Sirmione si stende nel lago Come chi parli spingendosi al centro Dell’acqua cerchiata di monti … (Sirmione Peninsula)
Quando gli amici se ne vanno, Natasha torna alla musica, Spender alla letteratura: «Le lettere sono una danza, segni viventi su una pagina patinata: sembrano capaci di vibrare come una ringhiera metallica percorsa dalla punta di un bastone. Sentendo il sangue affluirgli al viso, lo scrittore sa che c’è stato un tormento in cui lui è stato legittimato» (World…). La ringhiera-sequenza di parole precorre casualmente, di poco, quella vera tagliata all’albergo “Gardesana”.
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Il manoscritto della poesia “In Attica” di Stephen Spender
Sul lago Stephen traduce Rilke e prepara una selezione di poesie. Nella grafia inclinata, ringrazia il proprietario del “Gardesana” «per i tre mesi più felici (per noi) dalla guerra, trascorsi a Torri del Benaco». Il paese sul lago gli ricorda la terra di Omero: «Non ho scritto una poesia su Torri, ma eccone una scritta guardando il lago dalla mia camera e pensando alla Grecia». «Settembre 1951» la data. In Attica (in italiano) il titolo:
Ancora, ancora vedo questa forma sdoppiarsi: La spalla nuda di una cima tracciata Contro il cielo, che declina con delicatezza al Gomito; poi di nuovo la discesa all’incavo Del polso di una mano che riposa Sulla solida spianata.
Ancora, ancora, un braccio teso dalla spalla Che s’appoggia a terra. Come se gli dei dall’alto Busto, il capo e le membra invisibili, Avvolti dal cielo o affondati in terra, Qui lasciassero tuttavia dita tese quali segni Tra cielo e piana; e facessero questo paesaggio Dolce, come steli greche, dove i morenti Mutati sono in pietra da un gesto lieve d’aria, Mentre indugiano nel loro addio infinito.
*
La lirica sarà poi pubblicata in raccolta con delle varianti, ma questa versione è ancora oggi alle pareti di una sala dell’albergo:
IN ATTICA.
Again, again, I see this form repeated: The bare shoulder of a peak outlined Against the sky: declining gently to The elbow; then once more the scooped descent To the wrist of a hand which rests On the solid plain.
Again, again, an arm outstretched from the high shoulder And leaning on the land. As though the torsoed Gods, with heads and lower limbs invisible, Plunged in the sky or buried in the earth, Yet left fingers tended here as signs, Between the sky and plain; and made this landscape Gentle, like Greek steles, where the dying Change to stone on a gesture light as air, Lingering in their infinite departure. Stephen Spender, Sept. 1951 (per gentile concessione di Giuseppe Lorenzini).
*
L’estate gardesana al termine si lascia dietro una mareggiata di sogni e di ricordi. Con «questo strano amore per Torri del Benaco», gli Spender riportano a Londra immagini di memoria quasi corale: un muro assolato e una lucertola ferma, attaccata ai sassi. Campi o orti coltivati a fiori, destinati al mercato in Piazza Erbe a Verona. La collina che sale verso il cielo alle spalle del Garda. Le lucertole che «diventano dragoni» e le caprette bisonti sotto la lente d’ingrandimento della fantasia infantile di Matthew. Un compagno indovina bizzarramente l’ora con precisione assoluta, osservando l’obliquità dei raggi del sole che sembrano «un’estensione dei suoi capelli» (Within Tuscany).
A Torri il crepuscolo raduna pieni e vuoti l’acqua del lago sparisce «nell’ombra della sponda lontana». E in quell’ombra s’annida il cuore dell’elegia – da Virgilio a noi –, desiderio acuto d’illuminare di nuovo brani di passato, portarne un riverbero nel futuro.
*
La decisione paterna di soggiornare sul Garda (padre e figlio ci torneranno insieme nel 1988) contribuirà a far amare l’Italia a Matthew, anzi, a “Matteo”: “mi ha convinto che l’Italia è un paese dove la simmetria fra paesaggio, viuzze, orticelli – persino parafanghi delle biciclette – ha un ritmo intrinseco, che non consiste in una serie di pensierini sconnessi come in Inghilterra. È un paese unito da ritmi quasi impercettibili, anche se il suono che ne emerge somiglia talvolta a quello di un remoto conflitto”.
Matthew e Maro Gorky vivono nel Chianti dal 1968, da allora in love with Italy, le sue leggiadre cadenze e i suoi reconditi dissidi. Entrambi continuano a dedicarsi alle loro rispettive arti: la scultura di Matthew, la pittura di Maro.
Paola Tonussi
*In copertina: Stephen Spender, al centro, tra W.H. Auden (a sinistra) e Christopher Isherwood, nel 1931
L'articolo “In ciò che creavo potevo essere ciò che ero”. Stephen Spender in Italy. L’epopea del grande poeta e del figlio Matthew sul lago di Garda proviene da Pangea.
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"A sud delle cose" di Pasqualino Bongiovanni, recensione di Lorenzo Spurio
“A sud delle cose” di Pasqualino Bongiovanni, recensione di Lorenzo Spurio
La nuova edizione di A sud delle cose(Lebeg, Roma, 2017) del calabrese Pasqualino Bongiovanni (la prima edizione risale al 2006), s’inserisce in quell’ampio filone della letteratura nostrana (ancor più vivido negli anni ’70 e ’80) teso a indagare con costanza, rispetto e profonda serietà, la situazione socio-economica e identitaria di una terra definita come meridionale, posta a Sud del…
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Kyrgyzstan
Klavdiya Antipina ,Fotografie di Rolando Paiva, acquerelli di Temirbek Musakeev
Skira, Milano 2006, 224 pagine, 107 ill.col., english/russian language, ISBN 978-8884919700
euro 160,00
email if you want to buy :[email protected]
Un meraviglioso percorso visuale attraverso gli straordinari costumi dei popoli nomadi dell’Asia centrale.
Questo libro è unico per due aspetti. Innanzitutto, nella letteratura americana o dell’Europa occidentale non è mai stato pubblicato prima un libro sui costumi dei popoli nomadi dell’Asia centrale. Il volume, riccamente illustrato, presenta il lavoro dell’eminente antropologa russa Klaudia Ivanova Antipina, morta nel 1996 all’età di 92 anni. Klaudia Antipina fu una dei pochissimi antropologi sovietici che dedicarono la vita a compiere ricerche tra i nomadi kirghizi, trascorrendo lei stessa la maggior parte della sua esistenza in Kyrgyzstan e concentrando il proprio lavoro in particolare sulla cultura materiale nella regione meridionale del paese. I costumi e la documentazione presentati in questo volume costituiscono una parte sostanziale del materiale di ricerca raccolto dall’insigne antropologa durante gli anni trascorsi in Kyrgyzstan e non sono mai stati pubblicati prima. In secondo luogo, il libro è illustrato dalle immagini del fotografo francese Rolando Paiva, che ha viaggiato in tutto il Kyrgyzstan per ritrarne la popolazione e i costumi attraverso il suo obiettivo. Mostrando la trasformazione, l’evoluzione e soprattutto la conservazione dell’identità kirghiza, rappresentativa della cultura nomade dell’Asia centrale, il suo lavoro integra e arricchisce quello di Klavdiya Antipina.
orders to: [email protected]
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Amore e Psiche, favola dell'anima
Amore e Psiche Favola dell’anima
Int.: Daniele Molino, Roberta Crivelli,
Francesca Tripaldi, Simone Tudda,
Roberta Barbiero, Caterina Bonanni, Pietro Cerchiello.
adattamento e regia Daniela Capurro.
Conferenze precedenti a cura di Paola Martini
e Guido Milanese. Moderatrice: Maurizia Migliorini
Produzione Teatro G.A.G.
Il 6 e 7 ottobre alle ore 20:00
Museo diocesano
Chiostro dei canonici
Nella programmazione di ActorsPoetryFestival 11th, un filone di ricerca interessa arti figurative e rappresentazioni teatrali. Letteratura musica e poesia interagiscono in teatri, spazi, chiostri, musei chiese e territorio. Il tema della “Fabula” permea il progetto suscitando una nuova drammaturgia, costruita ad hoc. Il bicentenario della morte di Antonio Canova, del quale Genova conserva la Maddalena penitente a Palazzo Bianco e molte opere che costituiscono il gran teatro di Staglieno, è appena uno spunto. Ci si chiede il perché di tanta fortuna in tutte le arti di “Amore e Psiche”, favola dell’anima, attraverso cui si individua una linea per coproduzioni e partenariati anche con l’estero. Della Fabula di Apuleio sono molte le trasposizioni e/o traduzioni in almeno una ventina di varianti: dall’India antica (Urvashi e Pururava), alla Cina (favola del bifolco e della tessitrice separati dal Fiume d’Argento), al Giappone col Kojiki, la più antica cronaca esistente e il primo testo di narrativa giapponese pervenutoci, che narra di Toyotamabime e Ho-wori. Dal mondo celtico con Melusina, al mondo germanico con Lohengrin, agli Ojibway dell'America Settentrionale, agli Zulù dell'Africa meridionale, ai Chota Nagpur dell’India, non si contano le versioni estratte dal patrimonio orale.
Amore e Psiche è una fabula che..."occupa il centro esatto delle Metamorfosi, quasi mise en abyme dell’intera parabola...”(Carlo Ossola). Il successo della Fabula deae Psicae et Cupidinis, dalla Loggia di Psiche alla Farnesina (Raffaello), a Polidoro da Caravaggio, 1524, e Giulio Romano, e poi tanti altri sino ad Antonio Canova in una scultura che ha ispirato a sua volta generazioni di artisti, al cinema (La bella e la bestia), alla musica (Lohengrin), non lascia dubbi. Tracce di un ciclo narrativo orale che dall’Anatolia e dall’Iran, attraverso il Caucaso, assume origine letteraria nell’India del II millennio a.C., per giungere poi sotto molteplici vesti (Dracula, La Bella e la Bestia, Biancaneve), fino ai giorni nostri. L'ambizione di farla recitare in diverse lingue da attori noti nel panorama internazionale è un'importante valorizzazione culturale internazionale per la Liguria concretizzata ad ActorsPoetryFestival, che si impegna ad allestire alcune delle versioni interpretate da attori italiani/UE ed extra UE. Amore e Psiche è il primo di una serie di spettacoli sul tema. Regia e adattamento: Daniela Capurro. Int:. principali: Daniele Molino, Roberta Crivelli, Roberta Tripaldi, Roberta Barbiero, Pietro Cerchiello. Conferenze e spettacoli in programma:
6 ottobre, ore 18:00 “Iconografia di Amore e Psiche tra sacro e profano”. A cura di Paola Martini. Moderatrice: Maurizia Migliorini. ore 20:00 Amore e Psiche, favola dell’anima. Int. Daniele Molino, Roberta Crivelli, Francesca Tripaldi, Roberta Barbiero, Simone Tudda, Caterina Bonanni, Pietro Cerchiello.
7 ottobre ore 18:00 “Amore e Psiche tra fantasy e filosofia”. A cura di Guido Milanese. Moderatrice: Maurizia Migliorini.
ore 20:00 Amore e Psiche, favola dell’anima. Replica.
ACTORSPOETRYFESTIVAL 11TH
Lo spettacolo è in programma IL 6 E 7 OTTOBRE alle ore 20:00 presso il MUSEO DIOCESANO - CHIOSTRO DEI CANONICI a Genova.
PRENOTAZIONE SU WHATSAPP 39 388 040 2671
Vendita biglietti online: WTICKET
INFO www.teatrogag.com
UFFICIO STAMPA Luigi Di Stefano - [email protected]
www.museodiocesanogenova.it
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Milano - Palazzo Giureconsulti - Torre Civica - 1270
L’impero, il papato, le grandi famiglie feudali sono gli attori in gioco di quest’ultima parte del Medioevo. Di seguito la cronologia dei fatti.
1152 Federico Barbarossa re di Germania
1155 Federico Barbarossa in Italia è incoronato re d’Italia e consegna Asti al suo vassallo, Guglielmo Marchese di Monferrato. Arnaldo da Brescia messo al rogo
1158 Assedio di Milano
1162 Resa di Milano. A sostenerla il papa Alessandro III non riconosciuto dall’Imperatore. Barbarossa imperatore
1164 Frattura tra Enrico II re d’Inghilterra e Thomas Beckett
1167 Giuramento di Pontida
1168 Fondazione di Alessandria
1174 Assedio di Alessandria. La sconfitta imperiale convince Guglielmo V di Monferrato ad inviare i suoi quattro figli alle Crociate
1176 Vittoria di Legnano
1178 Pace fra l’imperatore e papa Alessandro III
1183 il Barbarossa riconosce la Lega Lombarda e rinomina Alessandria Cesarea
1186 il Barbarossa a Milano sposa il figlio Enrico con Costanza d’Altavilla a Sant’Ambrogio
1187 Il Saladino sconfigge Guido da Lusignano ad Hattin
1190 Morte del Barbarossa alle Crociate. Enrico VI
1193 Di ritorno dalla crociata Riccardo Cuor di Leone è fatto prigioniero. Giovanni Senza Terra re d’Inghilterra
1197 Morte di Enrico VI. Federico II “Stupor Mundi”, figlio di Enrico VI e di Costanza d’Altavilla che porta in dote l’Italia Meridionale, re di Sicilia
1204 i Crociati conquistano Costantinopoli. I veneziani, che li avevano trasportati e in cambio avevano ottenuto Zara, portano in patria i leoni di San Marco, ottengono Creta e iniziano il loro successo politico e commerciale
1206 i Crociati fondano il Regno di Gerusalemme. Nasce l’Ordine dei Domenicani mentre inizia la predicazione di Francesco d’Assisi
1209 Crociata contro i Catari
1215 Magna Charta
1220 Federico II di Svevia, dopo la morte del suo antagonista Ottone di Brunswick, è incoronato imperatore. Inizio della letteratura italiana e, con Michele Scoto, dello studio di Aristotele alla corte siciliana di Federico II
1226 Luigi IX Il Santo re di Francia
1228 Con un accordo e non con una battaglia, Federico II diventa Re di Gerusalemme
1236 Federico II sconfigge la Lega Lombarda a Cortenuova
1249 Pier delle Vigne fatto accecare per corruzione da Federico II
1250 Morte di Federico II. Corrado IV
1254 Corradino di Svevia e in Sicilia Manfredi
1259 In seguito all’annoso conflitto fra nobili e popolo raccolto nella Credenza di Sant’Ambrogio, è nominato Signore di Milano Martino della Torre che fronteggia Ezzelino da Romano principale esponente dei ghibellini nell’Italia Settentrionale. Alla morte di quest’ultimo, Mastino della Scala a Verona inizia la dinastia degli Scaligeri
1260 A Montaperti i ghibellini senesi sconfiggono i guelfi fiorentini, ma Farinata degli Uberti si oppone alla distruzione della città
1266 Carlo d’Angiò, chiamato dal Papa Clemente IV, sconfigge Manfredi a Benevento
1268 Corradino di Svevia decapitato a Napoli da Carlo d’Angiò
1271 Marco Polo inizia il suo viaggio in Asia
1272 Napo della Torre fa elevare la torre del Broletto mentre Ottone Visconti è Arcivescovo di Milano: continua la lotta fra le due fazioni di ghibellini e guelfi
1273 Rodolfo d’Asburgo imperatore
1277 A Desio i Visconti sconfiggono i della Torre successivamente dispersi nel 1281
1285 Il gonfalone di Sant’Ambrogio sostituisce il Carroccio
1291 Matteo Visconti Signore di Milano
1294 Dopo la rinuncia di Celestino V, Bonifacio VIII è eletto papa
1300 Il figlio di Matteo Visconti, Galeazzo, sposa Beatrice d’Este e viene associato al potere
1302 I guelfi neri, attorno alla famiglia dei Donati, aiutati da papa Bonifacio VIII e da Carlo di Valois, prevalgono sui guelfi bianchi a cui appartengono la famiglia Cerchi e gli Alighieri. Dante va in esilio
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