#tutto perduto
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Mi sento come se fossi stato privato della mia vita, come se appartenesse a qualcun altro.
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A volte faceva semplicemente finta di essere felice.
Era diventata tanto abile in questa farsa che neanche lei si rendeva conto quanto avviava il meccanismo, tale da non accorgersi di far finta anche con se stessa. Si accorgeva bene, invece, quando il meccanismo cessava.
Accadeva alla fine della giornata, quando rincasava e guardava attorno tutte le sue cose immobili, fisse, mentre in lei tutto tornava in movimento o, meglio, il movimento scopriva le fratture, i tentennamenti.
Le cose che aveva dentro erano differenti da quelle fuori, era tutta rotta all’interno al punto che nemmeno un milione di risate avrebbero potuto ripulirla da quelle macerie.
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È stato bello sentire una sala mezza vuota singhiozzare all'unisono anche perché la maggior parte erano coppie di vecchiə
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PRIMA PAGINA Il Riformista di Oggi sabato, 10 agosto 2024
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Ho perso qualcuno, c'è un motivo? Nessuno.
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Un giorno....
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Noi siamo fatti anche da tutti i nostri innumerevoli morti, da tutte le perdite che hanno scavato nella nostra anima dei vuoti, da tutte le persone significative che abbiamo incontrato e poi perduto: maestri, amori che sono finiti, amici che abbiamo perso. Tutto quello che è stato e che non è più, che ha marchiato la nostra vita e si è perduto nel tempo, resta in qualche modo ancora qui perché lo portiamo dentro noi stessi.
- Massimo Recalcati
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La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà.
La scienza ci ha trasformato
in cinici, l'avidità ci
ha resi duri e cattivi.
Pensiamo troppo
e sentiamo poco.
Più che macchinari,
ci serve umanità.
Più che abilità, ci serve bontà e gentilezza.
Senza queste qualità,
la vita è violenza e tutto è
perduto.
- Charlie Chaplin
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e lo facevano nel nome dell’interesse pubblico a “evitare la disinformazione” e “limitare l’anarchia sul web”: “Non è che questi tycoon privati si possono sentire al di sopra delle leggi!”
E fin qui, avremmo a che fare con una tesi politica, una tesi straordinariamente ottusa, ma formalmente rispettabile come tutte le affermazioni politiche.
Solo che poi mi è sovvenuto che su quelle stesse pagine, proprio le stesse, durante la pandemia si giustificava la censura sui social, anche quando era totalmente e manifestamente pretestuosa, e lo facevano nel nome del fatto che “dopo tutto i social sono imprese private, e fanno quello che gli pare; se non ti piace, puoi sempre andartene”.
Questo, per dire, veniva sbattuto in faccia quando veniva chiusa la propria pagina per un mese per aver pubblicato un articolo del British Medical Journal che contrastava la narrazione ufficiale (ogni riferimento a cose e persone riconoscibili è puramente intenzionale).
Dunque finché censura in linea con la narrativa ufficiale è un'impresa privata libera di fare fa quel che gli pare, quando non censura è un'impresa privata che deve essere messa in riga nel nome dell'interesse pubblico.
Ora, la questione che mi si pone è l’eterno dilemma: “Ci sono o ci fanno?” Vedo infatti solo due interpretazioni possibili, che potremmo chiamare, per darci un nome icastico, l’interpretazione alla Carlo Maria Cipolla e l’interpretazione alla Sartre.
La prima interpretazione accetta la possibilità che questa gente, nonostante spesso si tratti di affermati professionisti, giornalisti, persino accademici, molto semplicemente sia così sconfortantemente scema da non vedere la contraddittorietà dei propri criteri.
In effetti una profonda verità del più citato dei libri di Cipolla (peraltro, grande storico) è che “La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.” (II legge fondamentale).
E a questa verità, per sconfiggere la mia incredulità, si affianca la Prima Legge: “Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.”
La seconda interpretazione assume invece che questi soggetti non siano stupidi, ma siano in malafede. Diciamo che è gente così in malafede che persino la loro malafede soffre di malafede.
Questa genia è disposta serenamente a qualunque menzogna, contraddizione, doppio e triplo standard purché ciò si attagli ai propri interessi del momento.
Qui l’onnicomprensività della malafede semplicemente ha abolito le funzioni di verità, viste come orpelli inutili.
Avremmo dunque a che fare con il cinismo utilitaristico più conclamato, dove ogni appello al vero e all’integrità sarebbe sconfitto in partenza dalle esigenze pragmatiche correnti.
C’è, tuttavia, temo una terza interpretazione, che fonde entrambe le precedenti.
A metterci sulla buona strada è ancora una volta Cipolla, questa volta con la Terza Legge: “Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita."
Dovremmo fare spazio all’amara possibilità che l’abolizione di ogni criterio di verità, integrità, ragione nel nome di una concezione utilitaristica del vero (“Proclamo come vero ciò che mi serve”), abbia finito per creare le condizioni per la più perfetta stupidità: la stupidità in malafede, che avendo perduto ogni contatto con il vero e il reale non è più nemmeno in grado di percepire il proprio porco interesse.
Questo è il più grande dei pericoli, in cui se non mi inganno stiamo sguazzando: la presenza diffusa di un gran numero di persone disposte a mentire, distorcere, falsificare opportunisticamente, ma senza più nemmeno la capacità di percepire cosa sia nel loro, per quanto meschino, interesse.
Ecco a voi il Male.
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Potevo avere 5 anni. A quel tempo eravamo soliti trascorrere le feste natalizie da alcuni zii, la cui casa in campagna diventava allora accogliente rifugio per parenti e amici. Portavo sempre con me un pupazzo a farmi compagnia, dato che i miei cugini, ormai adolescenti, avrebbero certo mal sopportato l'idea di giocare assieme. Ricordo ancora chiaramente quel pomeriggio: la sera saremmo stati dai miei zii come di consueto ed io mi sarei malannoiato fra i bigi discorsi degli adulti, urgeva perciò la Selezione.
L'ambita Selezione avveniva per eliminazione diretta in scontri 1 vs 1. Ogni pupazzo s'affrontava in una moderna rivisitazione delle giostre medievali, allo scopo di conquistarsi il mio cuore. Come sempre accade, anche quel torneo era palesemente truccato, sicché alla fine trionfavano sempre gli stessi. Fra i grandi campioni, la più avvezza alla vittoria era senza dubbio la Pantera Rosa, un vecchio pupazzo che mi portavo sempre dietro, ovunque andassi. Dopo averla portata in trionfo quel pomeriggio, le promisi che ci saremmo divertiti, sarebbe stata una grande serata. Non sapevo, ahimè, che per noi sarebbe stata purtroppo l'ultima. Il mio giocarci difatti, a quell'età, trovava massimo sfogo nel lanciar in aria il malcapitato pupazzo, raccoglierlo per poi reiterare il gesto ad libitum. Uno di quegli sciagurati lanci però mandò la pantera talmente in orbita da farla finire dietro un'enorme e inamovibile credenza. A nulla valse piangere e disperarsi, la povera pantera restò lì (con sadico compiacimento di tutti gli astanti). Ricordo ancora il malinconico struggimento di quei giorni densi di colpa e mortificazione, le penose richieste e la perenne risposta ("Quando faremo pulizia"), i piani perversi studiati in dormiveglia per infiltrarmi in casa loro e riprendermi la pantera e il languido desiderio che mi s'accendeva a ogni fiera di paese, quando scorgevo fra i premi del tiro a segno un pupazzo simile a quello tanto amato e perduto.
Sono passati trent'anni, dico d'aver dimenticato, ma una parte della mia infanzia è rimasta sepolta lì, dietro quella credenza, dove ho smesso definitivamente di credere agli adulti e ho imparato cosa vuol dire perdere qualcuno o qualcosa senza potergli dire addio. O almeno credevo, perché l'altro giorno chiama mia zia per dirci che finalmente, dopo trent'anni, hanno fatto pulizie e spostato la credenza, trovandovi "un giochino di quando Giuseppe era bambino, non so se se ne ricorda ancora..." Ah, zia ingenuotta! Non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato, così sulle prime ho pensato, "chissà se mi riconoscerà dopo tutto questo tempo..." "del resto anche casa nostra è cambiata, spero non si senta a disagio". Siamo andati a prenderla la sera stessa, era tutta sporca, molto più piccola di quanto ricordassi, orba d'un occhio (non oso immaginare cosa deve aver subito in questi trent'anni di prigionia) e con un aspetto decisamente vintage, ma ora è di nuovo a casa. Mia madre era convinta che dopo anni d'oscurità e polvere, si sarebbe sbriciolata dopo pochi minuti al sole, invece sembra reggere ancora. Dopo averla lavata a fondo, oggi l'ho potuta finalmente riabbracciare come quell'ultima volta trent'anni fa e ho un po' pianto. È stato come riabbracciare quella parte di me che credevo perduta per sempre.
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La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà. La scienza ci ha trasformato in cinici, l''avidità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità. Più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità, la Vita è violenza e tutto è perduto.
Charlie Chaplin, Il grande dittatore
L'umanità, la gentilezza, il rispetto ormai sono diventate una rarità.
cywo
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“Date poco ad una persona.
Troverà che è troppo.
Mettetevi a dargli molto:
troverà che è abbastanza.
Così si spiegano la nascita e
la morte di tutti gli affetti.
L’amore inizia con l’abbaglio di
un’anima che non si aspettava niente
e si chiude sulla delusione di un
io che pretende tutto “.
Gustavo Thibon, il filosofo contadino,
Il tempo perduto, l’eternità ritrovata
Tratto da pagina Marinella Grilli fb
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"Smettila che così mi fai male" sono state le ultime parole di Giulia.
Poi il dolore, poi le lacrime, poi gli occhi che si chiudono, il cuore che si arrende.
La violenza che porta via tutto: i sogni, i programmi, un'altra storia d'amore che volevi, un'altra storia di vita, una vita, la sua vita.
C'è un'anima che si muove libera adesso in questo mondo che le ha dato qualcosa che sembrava amore ma che ha portato il buio.
Un'anima che vibra di energia, ancora, in questo universo dove il male e il bene si travestono e si sovrappongono senza darci modo di capire il senso di tutto questo dolore inutile, e di tutto questo amore perduto.
Per tutti quelli che ti hanno voluto bene, Giulia.🌼
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