#tecnicas narrativas
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gregor-samsung · 3 months ago
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“ Scoprii che i pasti caldi mi avevano cambiato la vita: adesso, infatti, per mangiare ci voleva molto meno tempo, e ciò mi dava agio di mettere ordine nei miei pensieri. Oswald usava il tempo così risparmiato per andare a caccia, papà per fare i suoi esperimenti; io lo dedicavo in buona parte all'introspezione. E mi resi conto, con un certo sbigottimento, che sopra le mascelle e dietro gli occhi avvenivano tantissime cose, indipendentemente da ciò che poteva avvenire al di fuori. Così indipendentemente, in verità, che gli eventi interiori continuavano anche mentre dormivo, e ancor più vividi: ma allora perdevo ogni controllo su di essi, che diventavano una specie di immagine riflessa, come su uno specchio o sull'acqua, del mondo spaziale in cui si muovevano le membra esterne. Ma anche in quell'altro mondo avevo un corpo: un corpo ombra, che talvolta sfrecciava da un punto all'altro a cento chilometri all'ora, e altre volte sembrava radicato al terreno, quando volevo disperatamente scappare per salvarmi da un leone. Non era sufficiente liquidare tutto ciò come sogno, perché faceva parte della realtà con altrettanta concretezza della mia ascia di selce. Una cosa che succedeva. Imprevedibile e spaventoso era il mondo esterno; ancora di più lo era quello interiore.
Una notte, ad esempio, nella terra dei sogni, un leone mi inseguì per ore e ore, e alla fine riuscì a mettermi con le spalle al muro. Disperato, gli scagliai contro la lancia… ed eccola diventata una leggerissima canna! Pure, vola rapida nell'aria e trafigge il leone come se fosse il gibbone che avevo mangiato arrosto la sera. In qualche modo assurdo, inoltre, il leone era il gibbone. E proprio in quella il leone disse allegramente: «Finalmente, Ernest, hai fatto qualcosa per la specie! Hai sconfitto il re degli animali. Ora le possibilità sono magnifiche: ben sfruttate, condurranno la subumanità ai vertici dell'evoluzione.» «Gloria, gloria, alleluia! I miei occhi vedono la fine del Pleistocene!». Mi svegliai tutto sudato e tremante, sotto le stelle, con la voce di papà che mi risuonava nelle orecchie. “
Roy Lewis, Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, traduzione di Carlo Brera, Adelphi (collana Gli Adelphi n° 185), 2003⁴, pp. 129-130.
[Edizione originale: The Evolution Man, 1960]
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chez-mimich · 1 year ago
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MANODOPERA
Intitolare un film “Manodopera”, quando il titolo in lingua originale è “Interdit aux chiens et aux Italiens” è una scelta molto discutibile, ma si sa che a decidere è la distribuzione, secondo le regole del mercato e non certo il regista. Passiamo allora a parlare del film di Alain Ughetto, francese di origine italiane, che ha debuttato con questo gioiellino al Festival internazionale del film d’animazione di Annecy del 2022. Si tratta di un film scarno che non concede quasi nulla allo spettacolo (anzi alla spettacolarizzazione), un film poetico come capita, sempre più spesso, per i film di animazione che per capacità narrativa non sono certo meno efficaci del cinema tradizionale. Il film, se non strettamente autobiografico, è comunque un film sugli antenati del regista originari di Ughettera, una frazione di Giaveno, paese ai piedi del Monviso. Ed è proprio tra questa montagne che conduce la propria misera esistenza la famiglia Ughetto, i cui componenti sono costretti a migrare oltre confine nella vicina Francia per lavorare come muratori, manovali, spazzacamini. Una Patria, quella italiana, che si è sempre o molto spesso, dimenticata dei proprio figli, quando erano economicamente bisognosi, ma poi se ne è sempre ricordata al momento di inviarli in guerra. Non è una storia nuova, si sa, ma è una storia di chi non vuol vedere un certo “patriottismo” di maniera, vivo e vegeto, anche ai nostri giorni. Alain Ughetto escogita un dolcissimo, ma altrettanto geniale dialogo a distanza con la nonna che sembra essere il tramite tra gli avi e la contemporaneità. Non era certo impresa facile rendere con la plastilina e le tecnica dello stop-motion, una gamma di emozioni così intense e sentimenti così amari come quelli dei protagonisti di questa storia, ma Ughetto è riuscito a ricostruire questa saga famigliare fatta di sofferenza e umiliazione, una saga di quel “mondo dei vinti” come lo chiamò il grande scrittore piemontese Nuto Revelli, a cui il film è idealmente dedicato. “Interdit aux chiens et aux italiens” è come voler dire “sono troppi” o magari “ci vuole il blocco navale” oppure “portateli a casa vostra” e tutto l’armamentario di espressioni para-razziste che riempie tutti i giorni le pagine dei social, le pagine di alcuni giornali e che purtroppo, viene sbraitato da troppi italiani. Fortunatamente il mondo del cinema sembra aver “preso coscienza” (uso del tutto volontariamente un’espressione da anni Settanta) del problema che non è quello dei migranti, ma quello del razzismo e della incapacità di gestire un esodo causato dall’ingiustizia sociale. Prossima puntata “Io capitano” di Matteo Garrone…
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thegianpieromennitipolis · 2 years ago
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti 
ANTICHE TECNICHE, ANTICHE SENSIBILITA'
La ceramica antica non è appassionante poichè appare ornamento di un oggetto che riveste ben altre utilità. Eppure possiede una notevole importanza per l'archeologia e la conoscenza del passato: la ceramica è il più delle volte "databile" e grazie a questa caratteristica diviene uno strumento "datante". Eccone un esempio. Sul cratere, datato al 515 a.C., conservato nel museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma, Euphronios narra l’epilogo della vicenda terrena di Sarpedonte, re licio figlio di Zeus e di Laodamia, caduto durante la guerra di Troia come avversario del fronte acheo, il cui cadavere, riverso e possente, viene trasportato, al cospetto di due guerrieri situati alle due estremità della scena, da Thanatos (la morte) e Hypnos (il sonno, personificazione di un concetto di origine presocratica).  Ermes, riconoscibile dal caduceo che porta in mano, assiste all'atto pietoso: la caratterizzazione dei personaggi è un’altra dote della ceramografia narrativa rivelata attraverso le “figure rosse”.  Ma i limiti dell’espressività delle figure nere sono superati anche attraverso dettagli che acquisiscono consistenza materiale, imprimendo alle rappresentazioni la consistenza di “apparizioni”, luce in rilievo dal fondo acronico di un tempo mitico.  Perché, a ben vedere, la coniugazione tra il nero del fondo e le figure che su di esso si stagliano, produce un effetto visivo di forte impatto, l'emergere dal “nulla” della vita che s'impone allo spettatore come espressione di un monito, di un messaggio filtrato attraverso la sintesi delle immagini, di un atto di comunicazione che diviene testo retorico e convenzionale dei valori ideali della polis. Il tema è originalissimo e quindi di raro uso.  Ed è conciliatorio: il cratere porta impressa la rappresentazione dell’omaggio funebre che supera la consueta distinzione tra alleato e nemico per raccogliersi intorno alla condizione ineluttabile dell’abbandono dell’esistenza terrena di un combattente valoroso.  Con il dio Ermes, invisibile - lo è, nell'espressione simbolica, grazie all’elmo che indossa - che solleva la mano ad indicare l’ascesa del guerriero verso la trascendenza. Il cratere a calice è attribuito ad Euphronios in qualità di ceramografo (agì tra il 520 ed il 500) e ad Euxitheos come vasaio. La produzione di ceramiche a figure rosse rappresenta il punto d’arrivo di un lungo ed intenso processo di raffigurazione narrativa sorto nel c.d. periodo protoattico dell’età orientalizzante allocabile nel VII sec. a.C. (700-625 a.C.) e giunto fino agli anni 530-525 a.C. ai quali si fa risalire convenzionalmente l’invenzione della nuova tecnica che prevede superfici vive risparmiate stagliate su un fondo trattato con vernice nera brillante.  Su questi spazi la raffigurazione interamente pittorica scopre la luce delle immagini prima campite, al contrario, con vernice nera ed incisioni necessarie a fornire i dettagli anatomici dei corpi.  La tecnica a figure nere, più antica e diffusa, risalente alle opere del pittore di Nesso, continuò a convivere a lungo con il nuovo “stile” a figure rosse (così definite poiché le superfici dell’argilla lasciate libere dalla campitura nera del fondo assumono, a seguito della cottura, un caratteristico colore rossastro) che s’impose definitivamente solo nel primo quarto del V sec. a.C.. Fino ad allora, si assiste a produzioni che rivelano la parallela persistenza (specie fuori dall’Attica) del vecchio modo e pensino la creazione di vasi “bilingui”.
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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cameronarchive · 1 year ago
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La colaboracion entre Spy x Family y Mision Imposible es simplemente perfecta, pero como un fanatico de ambas franquicias, tengo un par de quejas. Son solo ñoñeces tecnicas y narrativas en las representacion de los personajes.
Vienen algunos spoilers sobre la ultima pelicula de Mision Imposible. Si no la vieron, abstenerse.
Me gusta que Anya ocupe el lugar de Ilsa porque para Tom (Loid) ella es mas importante que Grace (Yor). Esperemos que no la quede como ese otro personaje.
Franklin como Benji y Fiona com Paris son decisiones totalmente acertadas. Tanto por su forma de ser como por su rol dentro de la trama. Si, Fiona esta mas del lado de Loid que Paris de Ethan. Lo interesante aca es que Fiona funciona tambien como un personaje no muy facil de encasillar, porque tiene interese propios que van en discordancia a veces con la mision. Saben a que me refiero.
Yuri no debe ser Luther. Se que los pusieron porque ambos son hombres, pero Luther debio ser Shylvia, la jefa de Loid. Ella es el personaje que aconseja a Loid cuando necesita ayuda y la que mas lo guiara en su camino. Es como un consejero para nuestro prota, como Luther lo es con Ethan.
Yuri debio ser Alanna o la viuda blanca. Es un personaje con intereses externos a los de nuestro protagonista. Ambas tienen una relacion particular que siempre es de mutua convivencia, pero en cualquier momento se puede romper. Aunque no creo que Yuri se quiere tirar a Loid. Todavia.
Bond como Gabriel no tiene sentido. Bond es bueno. El otro, es la representacion del mal en su totalidad. No tiene nada de bueno. El personaje mas ideal creo que seria el de Donovan, pero bueno supongo que no es popular.
Anya, no debe correr sobre el tren. Ese es Tom Cruise, asique debe ser Loid. Aunque Anya corre mas cute.
Si llegaste hasta aca te agradezco que hayas leido este barbaridad de quejas sin sentido. Gracias.
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multiverseofseries · 6 days ago
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Tomb Raider - La leggenda di Lara Croft: ma adattare le icone è possibile?
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Su Netflix è disponibile la serie animata dedicata alla celebre eroina dei videogiochi. Una storia inedita e adatta anche ai non appassionati, ma ben ancorata alla più recente trilogia Survivor.
Che voi siate appasionati di videogiochi o no, che abbiate giocato a buona parte dei numerosi titoli dedicati oppure no, che abbiate chiuso il maggiordomo nella mitica cella frigorifera oppure non sappiate nemmeno di cosa stia parlando, poco importa: Tomb Raider è un brand che non potete non aver sentito almeno una volta nella vostra vita, così come la sua celeberrima protagonista, Lara Croft. Complici i diversi tentativi di adattamento ad opera di Hollywood, la saga dell'archeologa videoludica più famosa del mondo ci ha proposto, nel corso degli anni, diverse incarnazioni in live action ma, si sa, adattare i videogiochi non è per nulla cosa facile. Ci si scontra con storie spesso esili e un immaginario che per essere compreso spesso deve essere vissuto in prima persona.
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Lara Croft durante un combattimento
È per questo che all'annuncio di Tomb Raider: La leggenda di Lara Croft sino rimasta un po' perplessa, seppur intrigata dal cambio di mezzo espressivo, l'animazione, così vicina al mondo dei videogiochi, scelta che potenzialmente può dare una libertà di espressione pressoché illimitata e che per questo può risultare sia un'occasione ghiotta che un'insidia. Disponibile su Netflix, quindi, questa serie ci presenta una Lara palesemente ispirata alla giovane donna conosciuta nella trilogia Survivor, serie di videogiochi più recente che torna alle origini del personaggio, mostrandoci la sua crescita.
Vivere con il senso di colpa
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Una scena di Tomb Raider: La leggenda di Lara Croft
In La leggenda di Lara Croft, infatti, scopriamo un'eroina ancora in erba ma che porta sulle spalle il pesante fardello del senso di colpa. Dopo la morte del suo mentore la protagonista si sente persa: dilaniata dal rimorso sente che la cosa migliore da fare è tagliare i ponti col passato per poter lasciare andare quei fantasmi che ancora nei suoi incubi la tormentano. Decide così di mettere all'asta buona parte dei cimeli stipati nell'enorme maniero di suo padre, ed è durante la serata scelta per le compravendite che un pezzo viene rubato davanti a tutti i presenti. L'artefatto sottratto si rivela essere parte di un puzzle che, se completato, potrebbe portare il mondo alla rovina. Lara, anche se restia a coinvolgere i suoi amici in questa situazione, cercherà di venire a capo del mistero che si cela dietro la storia di queste antiche e pericolose reliquie.
Una storia avvincente
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Lara Croft imbraccia l'arco
Se c'è una cosa nella quale Tomb Raider: La leggenda di Lara Croft riesce è quella di garantire una continuity con la trilogia Survivor rendendo, però, il titolo perfettamente comprensibile e godibile anche ai non videogiocatori. L'impavida Lara, durante gli 8 episodi che compongono la stagione, si troverà a dover combattere, investigare e risolvere enigmi proprio come nei giochi, grazie ad una struttura narrativa che rimane fedele nello spirito alla fonte originaria pur adattando tutto al nuovo mezzo, ovvero il piccolo schermo, e ad una fruizione che incoraggia il binge watching, anche se non lo impone. Dietro, quindi, scelte ben calibrate c'è la mano di Tasha Huo, che aveva già ricoperto questo ruolo per Netflix con la serie The Witcher: L'origine del sangue. Per quanto riguarda adattamento e scrittura, quindi, la serie funziona e centra gli obiettivi dando allo spettatore un prodotto divertente e appassionante perfetto per i momenti di relax.
Cosa si perde nell'adattamento
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La protagonista alle prese con la lava
Qualche problema, però, arriva quando si va ad analizzare la resa tecnica. Le animazioni per la maggior parte del tempo presentano una qualità piuttosto in linea con la maggior parte delle produzioni animate seriali americane, se non per alcuni momenti durante i quali subiscono qualche calo significativo risultando all'occhio piuttosto legnose. Va anche detto che se l'adattamento narrativo è sicuramente pregevole quello visivo sortisce quei problemi che spesso si hanno nel trasporre un videogioco: alcune prodezze che con il pad o una tastiera in mano funzionavano alla perfezione qui sembrano un po' eccessive.
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Lara si lancia in un cratere
È tutta questione di punti di vista, ma non intesi come opinioni, bensì come l'effettivo coinvolgimento attivo che il giocatore ha nella storia ma che viene meno quando si parla di serie tv. Il punto di vista passivo dello spettatore rende quindi i salti quasi sovrumani della protagonista esagerati ed improbabili, così come la sua incredibile resistenza agli urti e a diverse problematiche a cui si trova a far fronte. Questa prima stagione, quindi mi ha soddisfatto, anche se con qualche, migliorabile, riserva. Tuttavia, è la dimostrazione che adattare i mostri sacri è possibile, ovviamente se alle spalle si hanno idee originali.
Conclusioni
In conclusione Tomb Raider: La leggenda di Lara Croft è una serie che si prefigge l’arduo compito di far funzionare sul piccolo schermo le vicende dell’avventuriera più famosa dei videogiochi. In linea di massima ci riesce grazie ad una storia ben costruita che riesce ad agganciarsi, anche piuttosto saldamente, alla trilogia Survivor ma che allo stesso tempo risulta assolutamente fruibile anche da chi non conosce nulla dei giochi. Qualche problema arriva con le animazioni che in alcuni momenti presentano un calo significativo della qualità.
👍🏻
Una scrittura intelligente.
La struttura della serie, ben equilibrata.
I riferimenti ai videogiochi che però non ostacolano la visione a chi non conosce il titolo.
👎🏻
Qualche calo evidente nella qualità delle animazioni.
Alcune prodezze di Lara Croft non funzionano nella serie.
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teacblanc · 4 months ago
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“Terra ancestrale – La memoria del sangue” è un romanzo di fantascienza, di Alberto Brandi. Argomento e tecnica narrativa presentano una certa anomalia. Qualche mia considerazione dopo averlo letto.
#albertobrandi #terraancestrale #lamemoriadelsangue #romanzo #fantascienza #nuovevie #teacblanc
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cinquecolonnemagazine · 4 months ago
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“Crisalide”: la violenza sulle donne nell’analisi di Augello e Messina 
“Crisalide” di Francesco Augello e Teresa Messina edito da Armando Editore è un’interessantissima indagine a 360° su un tema molto triste, preoccupante e di grande attualità: il femminicidio. “Crisalide” è frutto di un prezioso lavoro a quattro mani, un approccio multidisciplinare che ha l’obiettivo di scavare nelle nostre radici culturali per svelare le dinamiche che sono alla base di tanta violenza. Gli autori hanno unito le loro competenze per realizzare un libro completo che affronta la tematica dal punto di vista giuridico, sociologico, psicologico e storico.  “Crisalide”, affrontando anche il fenomeno della realtà virtuale, dello stalking e degli effetti del lockdown, è un testo che offre numerosi spunti di riflessione, specialmente per quanto riguarda il fenomeno del femminicidio commesso da giovanissimi. Come di consueto, ringrazio gli autori per la disponibilità e per il grande contributo che con il loro lavoro hanno dato a un fenomeno sempre più sconcertante. Crisalide” di Francesco Augello e Teresa Messina Salve professore Augello, ci racconta brevemente di cosa si occupa nella vita e qual è la sua specializzazione professionale? Da anni mi occupo di formazione. Ho iniziato con la formazione degli adulti quando avevo 24 anni. Ho sempre avuto una platea diversificata e amplia di formanti, giovani, giovanissimi e adulti. Spesso ho anticipato, nei tempi, tematiche cogenti, affrontando argomenti come il disagio giovanile, il fenomeno delle droghe virtuali e la genitorialità a rischio, coniugando la tecnica, la tecnologia, il suo impiego in senso stretto, con le scienze umane e informatiche, quando tali accostamenti, sembravano incomprensibili. Inoltre, mi sono dedicato alle tecnologie informatiche, come analista/programmatore, combinandole con la pedagogia speciale e sperimentale, insieme al multimedia, a favore delle buone prassi pedagogiche ed educative.  Collaboro da anni con testate giornalistiche e riviste educative e accademiche, affrontando tematiche tiflologiche, andragogiche (una branca della pedagogia) e psicosociali. Nel corso del tempo, ho dato spazio alla saggistica, alla poesia, alla narrativa e all’aforistica. Attualmente, sono impegnato anche nel campo della psicologia clinica e del lavoro, con un maturato interesse per i disturbi della nutrizione e del comportamento alimentare. Crisalide è uno splendido e dettagliato lavoro a quattro mani. Ci svela quando e perché ha scelto di scrivere con la dottoressa Teresa Messina? All’inizio del 2022 abbiamo avviato una disquisizione sul crescendo della violenza di genere, dei femminicidi, alla potente influenza del COVID-19, oltre che ai suoi postumi, per nulla silente. L’isolamento forzato ha messo a nudo l’impensabile, coinvolgendo giovani coppie o presunte tali, coppie adulte, ininfluente se consolidate o meno dalla colla del tempo e dall’età. Questo, nonostante il 2018, con le sue 94 vittime di femminicidio, fosse già stato un anno di brutalità e quantità impressionanti. Ho avvertito la necessità di offrire una prospettiva meno nota sulle dinamiche dei femminicidi, aprendola a tutti e includendovi anche un dizionario sul fenomeno, perché “l’assenza della parole, del dare un nome ai gesti, alle cose, persino all’amaro della violenza, svuota di senso la promozione stessa il cambiamento.   Nel narrato, abbiamo pensato e desiderato anche il contributo, per nulla semplice, di donne, non estranee alla violenza percepita o subita, che hanno preferito rimanere anonime. Teresa Messina, donna, amica e professionista sensibile, è stata la persona più adatta per dare voce a cifre e aspetti giuridici di cui la stessa ha piena conoscenza. Nel libro affrontate la violenza sulle donne a 360°. Qual è, secondo lei, l’aspetto più complicato da gestire e da arginare? Affrontare la violenza sulle donne in modo esaustivo è un compito complesso e delicato. Ma abbiamo voluto perseguire tale intento, ponendoci nella direzione di una lettrice e di un lettore curioso,  fornendo una prospettiva di lettura altra. Non è possibile ragionare sul fenomeno per singoli compartimenti o sommandoli per giungere al tutto. Per tale ragione, il volume, pur presentandosi con diversi contenitori e contenuti, non sacrifica quel filo conduttore che, partendo dalla storia, ne ripercorre la complessità di un fenomeno via via trasformatosi, ahinoi, insieme a quelle coordinate di un progresso tecnologico e globalizzante, giungendo ai nostri giorni sempre più mediato e mediatizzato anche dal ludico, dai social e dalla TV, anch’essa sempre più Soap. La società, dal preadolescente all’adulto e all’anziano, appare, dinanzi a tale piaga sociale, fortemente disattenta e resa sempre più tale dal futile mediaticamente indotto. Il silenzio, quello della vittima, a qualunque età, rimane probabilmente uno degli aspetti più difficili, ancora oggi, da gestire. Salve dottoressa Messina, si vuole presentare anche lei, brevemente, al nostro pubblico di Cinquecolonne Magazine? Sono una dipendente pubblica con una formazione giuridica amministrativa e con un background giuridico sociale sull’immigrazione. Fotografa per passione e da sempre amante dei viaggi. La società ci rimanda continuamente al termine “patriarcato” per ricercare l’origine atavica della violenza sulle donne. È corretto?  Si è corretto, esiste correlazione tra femminicidio e patriarcato. Bisogna però notare che l’uso di tale termine è stato ampliamente adottato, oltre che nel contesto familiare e domestico, anche in altri contesti, per descrivere le dinamiche di genere nella società. La violenza sulle donne deriva da un problema strutturale della società che nonostante le conquiste ottenute dalle lotte femministe, resta di stampo patriarcale in tutto il mondo. Il patriarcato purtroppo esiste ancora, gli ultimi casi di donne uccise perché si sono opposte a un uomo, ingabbiato in un modello di mascolinità tossica ne è una testimonianza. Che idea si è fatta in merito al crescente numero di femminicidi che coinvolgono giovani uomini? Perché un ragazzo di 20 anni uccide la sua fidanzatina che ha deciso di lasciarlo? Ai miei tempi, 20 anni fa, ci si fidanzava subito con un’altra, si faceva chiodo schiaccia chiodo, si soffriva, ma si voltava pagina senza conclusioni estreme come quello dell’omicidio.  Gli ultimi casi efferati di femminicidio in Italia sono stati compiuti da uomini relativamente giovani, ben inseriti nella società, che si potrebbero definire tranquillamente “perbene”, giovani uomini incapaci di inibire un comportamento lesivo, che fanno fatica a controllarsi e che non sanno gestire il confronto, il dialogo. Un aspetto di particolare rilievo è, senza dubbio, la tematica dei contributi ludici, socio virtuali e mediatici. Con dovizia di particolari, abbiamo volute esporre nel volume l’influenza che potenzialmente questi elementi e strumenti hanno sui giovani fruitori, fornendo loro l’occasione di esercitare il proprio potere contro le donne, trattate come oggetti manipolabili e da manipolare a proprio compiacimento, fino a Giungere, in taluni casi, alla “tortura” e al “piacere omicida”. Read the full article
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marisolceceda · 6 months ago
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Diario PA2: narración, gamificación y digitalización del paisaje de aprendizaje.
·   ¿Qué ideas nuevas te ha suscitado el bloque?
En este bloque del curso, si que me han surgido muchas ideas nuevas como por ejemplo que con la  creación de un paisaje de aprendizaje con elementos de narración y gamificación y digitalización implica innovar en la forma en que se presenta el contenido educativo y se motiva a los estudiantes a desarrollar un mejor aprendizaje.
Es verdad que al principio del curso me sentí muy confundida y bastante perdida y porque no decirlo incluso con deseos de dejarlo, pero poco a poco y despacito he ido adquiriendo soltura y familiarizarme con las herramientas como Canva, Geniality que aunque las  conocía, nunca antes la había usado. Sin embargo, me he dado cuenta de que Geniality es una herramienta muy intuitiva a la vez que visual, que permite crear juegos y dinámicas muy interesantes y atractivas para los alumnos y alumnas de educación primaria.
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·  ¿Habías usado antes técnicas de narración (storytelling)
Nunca antes había usado ni  sabia en que consistía la tecnica del Storytelling pero bueno poco a poco como lo he dicho anteriormente vamos aprendiendo. Me ha parecido super interesante crear la narración haciendo uso de esta herramienta.
¿Se te ha ocurrido la historia que dará sentido a tu paisaje?
Me ha costado mucho, pero creo que lo tengo decidido.
La Gran Fiesta de la Selva
Narrativa:
En lo más profundo de la selva, donde el sol se oculta entre las hojas verdes, vivía una familia de animales que compartían la selva como su hogar. En ese lugar mágico, reinaba un oso grande y amigable llamado Bruno. Bruno no era como los osos que asustan en las historias, ¡no! Era un oso muy bueno y cariñoso que siempre estaba dispuesto a ayudar a sus amigos animales.
A su lado, vivía una familia de monos traviesos que pasaban el día saltando de árbol en árbol y haciendo travesuras. También estaban las jirafas elegantes, con sus largos cuellos que alcanzaban las hojas más altas, y los elefantes amigables, con sus grandes orejas y trompas fuertes. En la selva también vivían los loros coloridos que llenaban el cielo con sus vuelos y sus canciones alegres, y los tigres rayados que se escondían entre la maleza pero que eran tan amigos como cualquier otro animal.
Cada día, los animales de la selva se despertaban con el sol y comenzaban sus aventuras. Los monos jugaban a las escondidas entre las ramas, las jirafas caminaban elegantes buscando las mejores hojas para comer, y los loros volaban de un lado a otro contando chistes y riendo.
Un día, mientras los animales se preparaban para su gran fiesta anual de la selva, donde todos se reunían para celebrar y compartir historias, surgió un problema inesperado. Los loros, encargados de decorar la fiesta con sus plumas coloridas, comenzaron a discutir con los monos, que querían usar las mismas ramas para sus juegos. La discusión creció tanto que los loros se negaron a decorar y los monos se escondieron, molestos.
Bruno, al ver la disputa, decidió intervenir. Reunió a todos los animales y les recordó la importancia de la amistad y la colaboración. “Esta selva es nuestro hogar y cada uno de nosotros tiene un papel importante en ella. Si trabajamos juntos, nuestra fiesta será la más hermosa de todas,” dijo Bruno con una sonrisa.
Los animales, reflexionando sobre las palabras de Bruno, decidieron colaborar. Los monos ayudaron a los loros a recoger las plumas más bonitas y a colocarlas en los lugares perfectos. Las jirafas, con sus largos cuellos, ayudaron a colocar las decoraciones en lo alto de los árboles, mientras los elefantes con sus trompas fuertes, llevaron los frutos más deliciosos para la fiesta. Hasta los tigres, normalmente reservados, se unieron para vigilar que todo estuviera en orden.
Finalmente, llegó el día de la gran fiesta. La selva estaba decorada con los colores más brillantes y todos los animales estaban felices y emocionados. La fiesta fue un éxito rotundo, llena de risas, cantos y bailes. Los animales aprendieron que trabajando juntos y respetándose mutuamente, podían superar cualquier problema y disfrutar de momentos maravillosos.
Y así, la selva vibraba con la alegría de la gran fiesta, unida por la amistad y la colaboración de todos sus habitantes.
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·  ¿Cómo lo vas a gamificar?
Los niños deben ayudar a los animales de la selva a organizar la Gran Fiesta de la Selva superando diferentes misiones. Cada actividad completada les otorga puntos y recompensas que los acercan a la fiesta final.
Elementos de Gamificación:
MONEDAS: Los niños ganan MONEDAS por cada actividad completada.
RECOMPENSAS: Insignias de OSITOS por logros específicos.
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Niveles: Cada área representa un nivel que los niños deben superar.
¿Conoces alguna otra herramienta, además de las aquí propuestas, en las que puedas diseñar un paisaje?
La verdad que no, he visto herramientas para gamificar, pero lo de herramientas especificas para la creación de paisajes de aprendizaje no.
Geniality está muy bien.
·  ¿Qué dificultades has encontrado en el uso de la herramienta?
La principal dificultad es que no conocía su uso y aplicación de GENIALITY, pero bueno me he informado viendo  videos tutoriales  que me han ayudado a manejarlo, también he usado el soporte de ayuda de a Geniality y claro la profe me ha ayudado a resolver todas las dudas y darme tic a fin de a hacer mejor el trabajo.
·  ¿Qué ventajas le has visto?
Usar Genially en la creación de paisajes de aprendizaje no solo hace el contenido más atractivo y accesible, sino que también enriquece la experiencia educativa al incorporar interactividad, multimedia, y elementos de gamificación que pueden transformar la forma en que los niños aprenden y participan.
·  Incluye tu paisaje en el diario final usando el código HTML
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reiners-bratwurst · 7 months ago
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Ensí, supongo que estar siempre rodeado de autores geniales que escriben obras maestras solo con un suspiro, personas que pitan y vivien del arte, hace que acabes sintiendotye muy pequeño. Porque por bien que lo hagas, uno siempre observa con mayor claridad el talento del otro.
No es que mis acuarelas estén mal. Son aceptables y me gusta jugar con diferentes tecnicas añadidas. Así mismo cuando escribo, escribo desde el yo descibriendo lo que mi mente, demasiado centrada en la percepción visual me muestra.
A veces me pregunto si hacer cine como mi hermana es la respuesta, pero no quiero hacer cine. El cine en si mismo cuenta una narrativa visual. PEro yo quiero que la pelicula pase en la mente de la persona que observa la obra. Quiero que el espectador ponga su salsa y la mezcle. Eso hace que se pueda mal interpetar, pero si me busco en el arte, me busco en la literatura o en la pintura en si misma. Yo quiiero que el que mire mi obra no piense " que buena es esta obra" quiero que piense "Estoy en esta obra reflejado" o "Podría ser yo".
¿Es egocentrico? No lo sé. Soy una persona común y esa es la gracia. Que en realidad hasta los putos genios de la creatividad, como son mis hermanas, como es la chica platonica, como son todos esos autores que he leido, en el fondo son iguales que yo.
Lana del rey dice Life imitates art. Pues claro coño. El arte eres tu mismo y todos cagamos, comemos y reimos. El asunto es, cómo consigo que mi texto en The golden hour llegue a la gente en ese punto cuando mi protagonista es un excentrico de mierda sin ganas de vivir y el otro abandonó toda esperaza cuando vio lo que hay más allá del velo.
Porque yo soy esas dos personas. Yo he visto más allá del velo y me siento infeliz, aunque no sea más que porque perdí la guerra y mi ego no quiere dejarme perder. El proceso de escribir una novela desgasta, y solo sé que mi vida no es un puto ejemplo. Pero la vida de Bukowski tampoco ¿no? y llegó al corazón de la gente a pesar de ser horrible.
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biancheriaecotone · 7 months ago
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Un albero di Natale tessile: il simbolo di unità e solidarietà nel cuore di Chiusa Pesio
Un albero di Natale tessile: il simbolo di unità e solidarietà nel cuore di Chiusa Pesio.
Nel comune di Chiusa Pesio in provincia di Cuneo, le donne locali sono impegnate in un'attività creativa e solidale che sta portando nuova vita e colore alle strade e agli spazi pubblici. Il loro talento e la loro passione per l'artigianato tessile si manifestano attraverso un progetto unico e coinvolgente: l'allestimento dell'albero di Natale del paese.
Donne Creative e Solidali
Le donne del villaggio hanno trovato un modo originale per celebrare il Natale, mettendo in mostra il proprio ingegno e la propria abilità nel lavoro a maglia e all'uncinetto. Il risultato è sorprendente: un albero di Natale alto 4 metri e largo quasi 3, composto da 392 "granny square" o "quadrati della nonna", ciascuno realizzato con cura e dedizione.
Granny Square
Ma cosa sono esattamente questi "granny square"? Si tratta di piccoli quadrati di lana lavorati all'uncinetto, una tecnica tradizionale che ricorda le coperte fatte dalle nonne. Le donne del paese hanno impiegato diversi mesi per completare tutti i quadrati, sfruttando il loro tempo libero per creare qualcosa di davvero speciale per la comunità.
Storie Intrecciate
L'aspetto più affascinante di questo progetto è che ciascun "granny square" porta con sé una storia unica. Ogni donna ha scelto i colori e i motivi che meglio rappresentano la propria personalità e la propria esperienza di vita, conferendo all'albero una dimensione emotiva e narrativa.
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Uniti per la Magia del Natale
Ma l'albero di "Natale tessile" non è solo una questione di estetica; è anche un simbolo di collaborazione e solidarietà nella comunità. Tutti, dall'amministrazione locale alla Pro Loco, dalle associazioni ai volontari e agli esercenti, si sono uniti per rendere possibile questo progetto, dimostrando che quando le persone lavorano insieme, possono creare qualcosa di veramente straordinario.
Unione e Gioia
L'inaugurazione dell'albero di "Natale tessile" , all'inizio di dicembre, è un momento di gioia e festa per tutta la comunità. I residenti si riuniscono per ammirare l'opera d'arte tessile che hanno contribuito a creare e per condividere insieme lo spirito del Natale. In definitiva, l'albero di Natale del paese non è solo una decorazione, ma un simbolo di unità e di orgoglio comunitario. È il risultato del lavoro di tante mani e del cuore di molte donne che hanno reso il loro paese un posto più bello e accogliente da vivere durante le festività natalizie.
ragncampagnin
Esempi di Prodotto Tessile Italiano
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londranotizie24 · 8 months ago
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affascinailtuocuore · 11 months ago
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Saramago-STORIA DELL’ASSEDIO DI LISBONA, “quello che chiamiamo falso ha prevalso su quello che chiamiamo vero, ne  ha preso il posto…”
Come può un esercizio storico-linguistico-testuale così sofisticato e caleidoscopico coinvolgere una lettrice? Può, proprio in virtù della sua natura di “gioco linguistico” che attraversa la storia, la fantasia, la tecnica narrativa e il processo di revisione delle bozze. Può dal momento che il nocciolo duro della storia è la piccola parola “NON” che scatena turbolenze letterarie e affettive, e…
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scenariopubblico · 1 year ago
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Intervista alla Compañia Poyo Rojo
Domenica pomeriggio, prima della seconda replica di Un Poyo Rojo a Scenario Pubblico, abbiamo incontrato Luciano Rosso, Alfonso Barón, interpreti dello spettacolo, e il regista Hermes Gaido. La Compañia Poyo Rojo fondata nel 2008 è composta da artisti coesi come una piccola famiglia, benché eterogenei nella formazione artistica basata tra danza, teatro, musica e sport. Il loro spettacolo è stato portato in scena, con più di 1400 repliche, in teatri di tutto il mondo. Dialogando con loro abbiamo scoperto qualcosa di più sulla storia della loro iconica creazione. Prima di lasciare loro la parola, una piccola premessa:
- Luciano Rosso ha interpretato inizialmente lo spettacolo insieme a Nicholas Poggi, suo partner anche fuori dalla scena. - Da loro deriva il titolo dello spettacolo – nonché il nome della compagnia: Nicholas Poggi - Luciano Rosso - Un Poyo Rojo... è un gioco di parole. - Insieme a Hermes hanno creato lo spettacolo in poco più di un anno a Buenos Aires. - Oggi in scena insieme a Luciano c’è Alfonso Barón, entrato all’interno della performance dopo aver visto la prima versione della stessa.
Come avete sviluppato il processo creativo? Luciano Rosso: all'inizio volevamo fare uno spettacolo di danza contemporanea, con un linguaggio astratto ma poi abbiamo virato verso qualcosa di più teatrale perché eravamo interessati a raccontare una storia più narrativa o, meglio, una relazione. All'inizio del lavoro, infatti, c’eravamo io e il mio partner e Hermes era il regista.
Hermes Gaido: Nicholas non si sentiva a suo agio con l'umorismo. È stato un problema perché voleva lavorare su qualcosa di più astratto. Così Alfonso ha imparato la parte di Nicholas.
Alfonso Barón: Nel pezzo originale ho visto una relazione reale sul palco. Ma io e Luciano non siamo una coppia. Con la regia di Hermes, abbiamo iniziato a cambiare il rapporto tra i due personaggi. C'era più resistenza, più conflitto, quindi più teatro. Abbiamo mantenuto la struttura originale, ma io ho un background diverso, un corpo diverso. Io e Luciano abbiamo trovato il nostro modo di raccontare quella storia. All'inizio ho impiegato molto tempo per capire lo spettacolo e poi per lavorarci, è stato davvero difficile. È stato semplice invece imparare le parti tecniche, ma non è questo il punto di Un Poyo Rojo. L'aspetto principale è il lavoro sull'interpretazione e la relazione tra i personaggi.
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Riguardo la ricezione del pubblico, avete notato differenze nel corso degli anni e nei diversi luoghi? Luciano Rosso: direi che dipende più dai luoghi in cui ci esibiamo che dalla cultura del posto. In America Latina il pubblico è solitamente molto espressivo e partecipe, mentre in alcune zone d'Europa, come la Germania o il Belgio, le persone sono più tranquille, ma alla fine ti rendi conto che gli spettatori hanno apprezzato molto lo spettacolo e che lo hanno espresso in un altro modo, quindi sì, è sempre diverso.
Alfonso Barón: in generale c'è molta accettazione ed è molto bello anche perché è uno spettacolo che può essere recepito in tanti termini. Per esempio i bambini piccoli ci vedono come un cartone animato...Gli altri spettatori colgono vari aspetti: la parte tecnica, quella “poetica”, quella erotica… si passa attraverso un sacco di colori e texture per raccontare una storia semplice.
E in merito alla critica? Alfonso Barón: Abbiamo iniziato molti anni fa quando in Argentina non si accettava ancora il matrimonio tra uomini per esempio. Alcune critiche dicevano che questo spettacolo è omofobo o è contro la comunità LGBTQ+, perché ritenevano che avessimo un'immagine di retroguardia o che ci prendevamo gioco di loro. Comunque abbiamo avuto pochi commenti di questo tipo, ma non ne capisco ancora il motivo. Non attacchiamo nessuno e non veicoliamo un'informazione specifica per dire ai gay che abbiamo il diritto di baciarci o di non farlo affatto. E anche per i bambini, cosa c'è di nuovo? Siamo come cartoni animati��potremmo somigliare a Tom e Jerry, Bugs Bunny e Topolino! È una storia d'amore, la storia del primo bacio tra due uomini.
C'è stata qualche reazione particolare che ricordi di uno degli spettacoli che avete fatto negli anni? Alfonso Barón: Ho l’immagine in testa di una madre o un padre, non ricordo, che cercava di mettere le mani sugli occhi del figlio per non far vedere…e il bambino si dimenava come a dire: fammi vedere!
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Come vi posizionate rispetto ai messaggi che arrivano al pubblico? Alfonso Barón: noi trattiamo la storia in modo fresco, cosicché sia naturale e facile da vedere. Tecnicamente ci sono molte cose che possono essere interessanti, ma noi raccontiamo la storia senza pretenziosità rispetto a temi dell'umanità, è come un gioco ma allo stesso tempo è politico e diciamo cose, diciamo un sacco di cose ma in una specie di modo cool, ecco perché è come se fosse facile da vedere.
A proposito di questo secondo voi che ruolo dovrebbe avere la danza nella società di oggi? Luciano Rosso: Personalmente penso che la danza faccia parte del teatro, si può usare o non usare… come la musica o come tutte le espressioni. Personalmente sono un po' confuso sul ruolo della danza…
Hermes Gaido: Stiamo vivendo in un momento in cui tutte le accademie di musica, teatro, danza stanno andando in frantumi, perché a volte c'è gente che balla con la street dance o che fa musica con il cellulare. Tutto sta cambiando. Ricordo che mia nonna mi ha raccontato quando ero in Argentina che era molto comune che la gente finisse di mangiare e portasse via il tavolo per ballare. Abbiamo perso questa dimensione...nessuno lo fa più, o cerca di riportare questa sensazione.
E dato che il vostro lavoro mostra la danza e il teatro insieme mentre forse la nostra cultura li considera come generi indipendenti, pensate che la danza e il teatro possano vivere l'uno senza l'altro o hanno bisogno di coesistere? Alfonso Barón: dipende dalla tua decisione personale. Puoi decidere di usare un modo strettamente teatrale, togliere il movimento, sentirti bene in un testo o qualcosa di super classico senza espressione fisica. Noi tre veniamo dal mondo del teatro e non dalla danza. All'inizio con il teatro stavamo imparando a rompere le regole.
Perché in teatro la regola è che non ci sono regole.
Penso che nella danza si viene educati in un modo più rigido, ecco perché i ballerini hanno paura di allontanarsi da quelle regole. Noi rompiamo le regole e usiamo la danza per andare in un "modo nuovo". Credo che noi siamo coraggiosi nel senso che ci permettiamo di rompere le regole e di non pensare a noi stessi come danzatori, clown, acrobati, quindi ci piace dire che ci chiamiamo "interprete fisico". Il corpo è il nostro strumento e possiamo fare quello che vogliamo.
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Avete dei modelli di riferimento nel vostro lavoro? Qualcuno che vi ispira? Hermes Gaido: per me sicuramente i film di Chaplin e tutto il genere di cinema classico muto, come il vecchio teatro basato sulla pantomima.
Luciano Rosso: tutti i cartoni animati che guardavo da bambino, tutti i film di Buster Keaton o della Pantera Rosa, ma anche i miei amici, la mia famiglia. Posso ispirarmi a tutto ciò che mi circonda. Non credo di avere un modello di riferimento...Beyoncé, lei potrebbe essere.
Alfonso Barón: per me i supereroi sono super potenti, pensavo sempre a cosa avrei fatto se avessi avuto un superpotere. Mi sarebbe piaciuto avere un superpotere come quello di volare o di arrampicarmi.
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a cura di Luca Occhipinti e Sofia Bordieri
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albumdigitale2023rita · 1 year ago
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AUTORE: uomini del Paleolitico
NOME DELL'OPERA: Grotta di Chauvet
DATA: 36.000-32.000 anni fa
TECNICA: pitture rupestri realizzate soprattutto con il carbone, alternando la pittura all'incisione
COLLOCAZIONE: Francia sud-orientale, Grotta di Chauvet, sala del cranio
FUNZIONE ORIGINALE: scopo propiziatorio e funzione narrativa
COLLOCAZIONE ATTUALE: Grotta di Chauvet, Ardèche, Vallon-Pont-d'Arc, Francia
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martianbeancounter · 1 year ago
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Técnicas Reunidas (TRE.MC) SWOT Analysis | Can a legacy business be a wo...
¡Bienvenidos a la nueva entrega de Investigaciones de Inversiones Tecnológicas! 🌐 En este episodio, desentrañamos el fascinante universo financiero de Tecnicas Reunidas, un coloso en ingeniería y construcción. 🏗️💼
🔍 Aspectos Destacados del Episodio: ✅ Legado del Fundador: Descubre cómo Tecnicas Reunidas, fundada en 1959 por un consorcio de visionarios, moldeó el paisaje industrial. ✈️ Huella Global: Explora los proyectos de TRSA que abarcan continentes, desde Oriente Medio hasta América Latina, tejiendo una narrativa de influencia internacional. 📊 Enfoque en el CEO: Conoce a Juan Llado Arburua, quien guía TRSA desde abril de 1998, liderando la empresa con mano firme en diferentes climas económicos. 🌱 Iniciativas Sostenibles: Revela el compromiso de TRSA con iniciativas ecológicas, desde Oriente Medio hasta proyectos ecológicos en Australia, pintando un retrato de una empresa dedicada a un futuro sostenible. 💼 Dinámica de la Fuerza Laboral: Con un aproximado de [número actual de empleados], descubre cómo el equipo de TRSA es el corazón de su éxito.
🤔 Análisis SWOT Desglosado:
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carmenvicinanza · 1 year ago
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Yvonne Rainer
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Yvonne Rainer danzatrice, coreografa e regista, tra le principali artiste dell’avanguardia newyorkese, ha segnato la storia della danza postmoderna.
Teorica della danza, è professoressa emerita presso l’Università della California.
Sfidando i codici della modern dance e in particolare la sua dimensione narrativa e psicologica, non ha ricercato la perfezione tecnica o l’espressività ma sperimentato l’oggettiva presenza del corpo, dei suoi gesti e movimenti.
Nata il 24 novembre 1934, a San Francisco, in un ambiente in cui l’arte e la politica erano di casa, dal padre ha imparato a usare la telecamera e la madre le ha trasmesso l’amore per la danza.
Ha studiato recitazione al Theater Arts Colony prima di trasferirsi a New York dove ha studiato con Martha Graham e le più grandi coreografe del tempo.
Parte del movimento giovanile anti-establishment, cercando un’alternativa culturale e artistica, nel 1962 ha partecipato alla fondazione del Judson Dance Theater, il collettivo artistico che ha rappresentato un radicale cambiamento di prospettiva nella pratica coreografica, identificato come l’origine della danza post moderna.
L’intento di liberare la danza dalla sua convenzionalità è stato enunciato teoricamente nel suo No Manifesto del 1964, in cui evidenzia gli attributi non associabili alla sua danza: spettacolarità, intrattenimento e finzione «magica» a cui contrapponeva una visione reale, cinetica e ordinaria del movimento.
Convinta che l’arte è politica nella misura in cui destabilizza e crea tensione, ha proposto un’idea nuova in cui la danza non risponde alla semplice industria culturale che trasforma l’arte in bene di consumo, ai fini dell’intrattenimento.
L’interesse per la politica maturato negli anni ’70 è palesato nell’opera WAR e nella sua partecipazione alla mostra collettiva di protesta tenuta al Judson Flag Show. Nel 1971 ha partecipato con il Grand Union al concerto tenuto in favore delle Pantere Nere.
Dall’anno successivo ha coltivato la sua passione per il cinema, campo in cui è emerso il suo attivismo femminista ponendo una grande attenzione al modo in cui il corpo viene visualizzato o oggettivato dall’obiettivo della fotocamera, senza seguire convenzioni narrative, ma affrontando temi sociali e politici.
Nei suoi film ha mosso critiche pesanti alla società patriarcale, ha parlato di disuguaglianze economiche razziali, di amore omosessuale, ha affrontato l’argomento menopausa e il cancro al seno.
Dopo diversi anni dedicati al lavoro di regista e alla stesura di diversi libri, è tornata alla danza continuando a far sentire la sua voce libera.
Nel 2000, da coreografa ha creato After Many a Summer Dies the Swan per il White Oak Dance Project di Mikhail Baryshnikov, continuando a mietere successi, nonostante l’età avanzata.
Nel corso della sua carriera ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui due Guggenheim Fellowships (1969 e 1988), Genius Grant (1990), Wexner Prize (1995) e Merce Cunningham Award (2015).
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