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#tecnicas narrativas
gregor-samsung · 1 month
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“ Scoprii che i pasti caldi mi avevano cambiato la vita: adesso, infatti, per mangiare ci voleva molto meno tempo, e ciò mi dava agio di mettere ordine nei miei pensieri. Oswald usava il tempo così risparmiato per andare a caccia, papà per fare i suoi esperimenti; io lo dedicavo in buona parte all'introspezione. E mi resi conto, con un certo sbigottimento, che sopra le mascelle e dietro gli occhi avvenivano tantissime cose, indipendentemente da ciò che poteva avvenire al di fuori. Così indipendentemente, in verità, che gli eventi interiori continuavano anche mentre dormivo, e ancor più vividi: ma allora perdevo ogni controllo su di essi, che diventavano una specie di immagine riflessa, come su uno specchio o sull'acqua, del mondo spaziale in cui si muovevano le membra esterne. Ma anche in quell'altro mondo avevo un corpo: un corpo ombra, che talvolta sfrecciava da un punto all'altro a cento chilometri all'ora, e altre volte sembrava radicato al terreno, quando volevo disperatamente scappare per salvarmi da un leone. Non era sufficiente liquidare tutto ciò come sogno, perché faceva parte della realtà con altrettanta concretezza della mia ascia di selce. Una cosa che succedeva. Imprevedibile e spaventoso era il mondo esterno; ancora di più lo era quello interiore.
Una notte, ad esempio, nella terra dei sogni, un leone mi inseguì per ore e ore, e alla fine riuscì a mettermi con le spalle al muro. Disperato, gli scagliai contro la lancia… ed eccola diventata una leggerissima canna! Pure, vola rapida nell'aria e trafigge il leone come se fosse il gibbone che avevo mangiato arrosto la sera. In qualche modo assurdo, inoltre, il leone era il gibbone. E proprio in quella il leone disse allegramente: «Finalmente, Ernest, hai fatto qualcosa per la specie! Hai sconfitto il re degli animali. Ora le possibilità sono magnifiche: ben sfruttate, condurranno la subumanità ai vertici dell'evoluzione.» «Gloria, gloria, alleluia! I miei occhi vedono la fine del Pleistocene!». Mi svegliai tutto sudato e tremante, sotto le stelle, con la voce di papà che mi risuonava nelle orecchie. “
Roy Lewis, Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, traduzione di Carlo Brera, Adelphi (collana Gli Adelphi n° 185), 2003⁴, pp. 129-130.
[Edizione originale: The Evolution Man, 1960]
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Premissa - A promessa da história
Olá, como vão todos? Damos início oficialmente ao nosso canto criativo! E por que não começar com o que realmente importa? Ao invés de dar sugestões de como iniciar nossas histórias com ideias específicas, como tropes ou prompts (ideias para enredo), achei mais sábio preparar o terreno e já compartilhar com vocês formas de pensar em nossos enredos e tramas. A forma mais eficaz para isso é definir alguns conceitos, como a premissa narrativa.
Você já ouviu sobre isso ou é algo que foge ao entendimento? Nos próximos posts veremos o que ela significa, seus significados e outros conceitos irmãos à premissa.
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chez-mimich · 1 year
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MANODOPERA
Intitolare un film “Manodopera”, quando il titolo in lingua originale è “Interdit aux chiens et aux Italiens” è una scelta molto discutibile, ma si sa che a decidere è la distribuzione, secondo le regole del mercato e non certo il regista. Passiamo allora a parlare del film di Alain Ughetto, francese di origine italiane, che ha debuttato con questo gioiellino al Festival internazionale del film d’animazione di Annecy del 2022. Si tratta di un film scarno che non concede quasi nulla allo spettacolo (anzi alla spettacolarizzazione), un film poetico come capita, sempre più spesso, per i film di animazione che per capacità narrativa non sono certo meno efficaci del cinema tradizionale. Il film, se non strettamente autobiografico, è comunque un film sugli antenati del regista originari di Ughettera, una frazione di Giaveno, paese ai piedi del Monviso. Ed è proprio tra questa montagne che conduce la propria misera esistenza la famiglia Ughetto, i cui componenti sono costretti a migrare oltre confine nella vicina Francia per lavorare come muratori, manovali, spazzacamini. Una Patria, quella italiana, che si è sempre o molto spesso, dimenticata dei proprio figli, quando erano economicamente bisognosi, ma poi se ne è sempre ricordata al momento di inviarli in guerra. Non è una storia nuova, si sa, ma è una storia di chi non vuol vedere un certo “patriottismo” di maniera, vivo e vegeto, anche ai nostri giorni. Alain Ughetto escogita un dolcissimo, ma altrettanto geniale dialogo a distanza con la nonna che sembra essere il tramite tra gli avi e la contemporaneità. Non era certo impresa facile rendere con la plastilina e le tecnica dello stop-motion, una gamma di emozioni così intense e sentimenti così amari come quelli dei protagonisti di questa storia, ma Ughetto è riuscito a ricostruire questa saga famigliare fatta di sofferenza e umiliazione, una saga di quel “mondo dei vinti” come lo chiamò il grande scrittore piemontese Nuto Revelli, a cui il film è idealmente dedicato. “Interdit aux chiens et aux italiens” è come voler dire “sono troppi” o magari “ci vuole il blocco navale” oppure “portateli a casa vostra” e tutto l’armamentario di espressioni para-razziste che riempie tutti i giorni le pagine dei social, le pagine di alcuni giornali e che purtroppo, viene sbraitato da troppi italiani. Fortunatamente il mondo del cinema sembra aver “preso coscienza” (uso del tutto volontariamente un’espressione da anni Settanta) del problema che non è quello dei migranti, ma quello del razzismo e della incapacità di gestire un esodo causato dall’ingiustizia sociale. Prossima puntata “Io capitano” di Matteo Garrone…
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti 
ANTICHE TECNICHE, ANTICHE SENSIBILITA'
La ceramica antica non è appassionante poichè appare ornamento di un oggetto che riveste ben altre utilità. Eppure possiede una notevole importanza per l'archeologia e la conoscenza del passato: la ceramica è il più delle volte "databile" e grazie a questa caratteristica diviene uno strumento "datante". Eccone un esempio. Sul cratere, datato al 515 a.C., conservato nel museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma, Euphronios narra l’epilogo della vicenda terrena di Sarpedonte, re licio figlio di Zeus e di Laodamia, caduto durante la guerra di Troia come avversario del fronte acheo, il cui cadavere, riverso e possente, viene trasportato, al cospetto di due guerrieri situati alle due estremità della scena, da Thanatos (la morte) e Hypnos (il sonno, personificazione di un concetto di origine presocratica).  Ermes, riconoscibile dal caduceo che porta in mano, assiste all'atto pietoso: la caratterizzazione dei personaggi è un’altra dote della ceramografia narrativa rivelata attraverso le “figure rosse”.  Ma i limiti dell’espressività delle figure nere sono superati anche attraverso dettagli che acquisiscono consistenza materiale, imprimendo alle rappresentazioni la consistenza di “apparizioni”, luce in rilievo dal fondo acronico di un tempo mitico.  Perché, a ben vedere, la coniugazione tra il nero del fondo e le figure che su di esso si stagliano, produce un effetto visivo di forte impatto, l'emergere dal “nulla” della vita che s'impone allo spettatore come espressione di un monito, di un messaggio filtrato attraverso la sintesi delle immagini, di un atto di comunicazione che diviene testo retorico e convenzionale dei valori ideali della polis. Il tema è originalissimo e quindi di raro uso.  Ed è conciliatorio: il cratere porta impressa la rappresentazione dell’omaggio funebre che supera la consueta distinzione tra alleato e nemico per raccogliersi intorno alla condizione ineluttabile dell’abbandono dell’esistenza terrena di un combattente valoroso.  Con il dio Ermes, invisibile - lo è, nell'espressione simbolica, grazie all’elmo che indossa - che solleva la mano ad indicare l’ascesa del guerriero verso la trascendenza. Il cratere a calice è attribuito ad Euphronios in qualità di ceramografo (agì tra il 520 ed il 500) e ad Euxitheos come vasaio. La produzione di ceramiche a figure rosse rappresenta il punto d’arrivo di un lungo ed intenso processo di raffigurazione narrativa sorto nel c.d. periodo protoattico dell’età orientalizzante allocabile nel VII sec. a.C. (700-625 a.C.) e giunto fino agli anni 530-525 a.C. ai quali si fa risalire convenzionalmente l’invenzione della nuova tecnica che prevede superfici vive risparmiate stagliate su un fondo trattato con vernice nera brillante.  Su questi spazi la raffigurazione interamente pittorica scopre la luce delle immagini prima campite, al contrario, con vernice nera ed incisioni necessarie a fornire i dettagli anatomici dei corpi.  La tecnica a figure nere, più antica e diffusa, risalente alle opere del pittore di Nesso, continuò a convivere a lungo con il nuovo “stile” a figure rosse (così definite poiché le superfici dell’argilla lasciate libere dalla campitura nera del fondo assumono, a seguito della cottura, un caratteristico colore rossastro) che s’impose definitivamente solo nel primo quarto del V sec. a.C.. Fino ad allora, si assiste a produzioni che rivelano la parallela persistenza (specie fuori dall’Attica) del vecchio modo e pensino la creazione di vasi “bilingui”.
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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cameronarchive · 1 year
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La colaboracion entre Spy x Family y Mision Imposible es simplemente perfecta, pero como un fanatico de ambas franquicias, tengo un par de quejas. Son solo ñoñeces tecnicas y narrativas en las representacion de los personajes.
Vienen algunos spoilers sobre la ultima pelicula de Mision Imposible. Si no la vieron, abstenerse.
Me gusta que Anya ocupe el lugar de Ilsa porque para Tom (Loid) ella es mas importante que Grace (Yor). Esperemos que no la quede como ese otro personaje.
Franklin como Benji y Fiona com Paris son decisiones totalmente acertadas. Tanto por su forma de ser como por su rol dentro de la trama. Si, Fiona esta mas del lado de Loid que Paris de Ethan. Lo interesante aca es que Fiona funciona tambien como un personaje no muy facil de encasillar, porque tiene interese propios que van en discordancia a veces con la mision. Saben a que me refiero.
Yuri no debe ser Luther. Se que los pusieron porque ambos son hombres, pero Luther debio ser Shylvia, la jefa de Loid. Ella es el personaje que aconseja a Loid cuando necesita ayuda y la que mas lo guiara en su camino. Es como un consejero para nuestro prota, como Luther lo es con Ethan.
Yuri debio ser Alanna o la viuda blanca. Es un personaje con intereses externos a los de nuestro protagonista. Ambas tienen una relacion particular que siempre es de mutua convivencia, pero en cualquier momento se puede romper. Aunque no creo que Yuri se quiere tirar a Loid. Todavia.
Bond como Gabriel no tiene sentido. Bond es bueno. El otro, es la representacion del mal en su totalidad. No tiene nada de bueno. El personaje mas ideal creo que seria el de Donovan, pero bueno supongo que no es popular.
Anya, no debe correr sobre el tren. Ese es Tom Cruise, asique debe ser Loid. Aunque Anya corre mas cute.
Si llegaste hasta aca te agradezco que hayas leido este barbaridad de quejas sin sentido. Gracias.
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teacblanc · 2 months
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“Terra ancestrale – La memoria del sangue” è un romanzo di fantascienza, di Alberto Brandi. Argomento e tecnica narrativa presentano una certa anomalia. Qualche mia considerazione dopo averlo letto.
#albertobrandi #terraancestrale #lamemoriadelsangue #romanzo #fantascienza #nuovevie #teacblanc
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cinquecolonnemagazine · 2 months
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“Crisalide”: la violenza sulle donne nell’analisi di Augello e Messina 
“Crisalide” di Francesco Augello e Teresa Messina edito da Armando Editore è un’interessantissima indagine a 360° su un tema molto triste, preoccupante e di grande attualità: il femminicidio. “Crisalide” è frutto di un prezioso lavoro a quattro mani, un approccio multidisciplinare che ha l’obiettivo di scavare nelle nostre radici culturali per svelare le dinamiche che sono alla base di tanta violenza. Gli autori hanno unito le loro competenze per realizzare un libro completo che affronta la tematica dal punto di vista giuridico, sociologico, psicologico e storico.  “Crisalide”, affrontando anche il fenomeno della realtà virtuale, dello stalking e degli effetti del lockdown, è un testo che offre numerosi spunti di riflessione, specialmente per quanto riguarda il fenomeno del femminicidio commesso da giovanissimi. Come di consueto, ringrazio gli autori per la disponibilità e per il grande contributo che con il loro lavoro hanno dato a un fenomeno sempre più sconcertante. Crisalide” di Francesco Augello e Teresa Messina Salve professore Augello, ci racconta brevemente di cosa si occupa nella vita e qual è la sua specializzazione professionale? Da anni mi occupo di formazione. Ho iniziato con la formazione degli adulti quando avevo 24 anni. Ho sempre avuto una platea diversificata e amplia di formanti, giovani, giovanissimi e adulti. Spesso ho anticipato, nei tempi, tematiche cogenti, affrontando argomenti come il disagio giovanile, il fenomeno delle droghe virtuali e la genitorialità a rischio, coniugando la tecnica, la tecnologia, il suo impiego in senso stretto, con le scienze umane e informatiche, quando tali accostamenti, sembravano incomprensibili. Inoltre, mi sono dedicato alle tecnologie informatiche, come analista/programmatore, combinandole con la pedagogia speciale e sperimentale, insieme al multimedia, a favore delle buone prassi pedagogiche ed educative.  Collaboro da anni con testate giornalistiche e riviste educative e accademiche, affrontando tematiche tiflologiche, andragogiche (una branca della pedagogia) e psicosociali. Nel corso del tempo, ho dato spazio alla saggistica, alla poesia, alla narrativa e all’aforistica. Attualmente, sono impegnato anche nel campo della psicologia clinica e del lavoro, con un maturato interesse per i disturbi della nutrizione e del comportamento alimentare. Crisalide è uno splendido e dettagliato lavoro a quattro mani. Ci svela quando e perché ha scelto di scrivere con la dottoressa Teresa Messina? All’inizio del 2022 abbiamo avviato una disquisizione sul crescendo della violenza di genere, dei femminicidi, alla potente influenza del COVID-19, oltre che ai suoi postumi, per nulla silente. L’isolamento forzato ha messo a nudo l’impensabile, coinvolgendo giovani coppie o presunte tali, coppie adulte, ininfluente se consolidate o meno dalla colla del tempo e dall’età. Questo, nonostante il 2018, con le sue 94 vittime di femminicidio, fosse già stato un anno di brutalità e quantità impressionanti. Ho avvertito la necessità di offrire una prospettiva meno nota sulle dinamiche dei femminicidi, aprendola a tutti e includendovi anche un dizionario sul fenomeno, perché “l’assenza della parole, del dare un nome ai gesti, alle cose, persino all’amaro della violenza, svuota di senso la promozione stessa il cambiamento.   Nel narrato, abbiamo pensato e desiderato anche il contributo, per nulla semplice, di donne, non estranee alla violenza percepita o subita, che hanno preferito rimanere anonime. Teresa Messina, donna, amica e professionista sensibile, è stata la persona più adatta per dare voce a cifre e aspetti giuridici di cui la stessa ha piena conoscenza. Nel libro affrontate la violenza sulle donne a 360°. Qual è, secondo lei, l’aspetto più complicato da gestire e da arginare? Affrontare la violenza sulle donne in modo esaustivo è un compito complesso e delicato. Ma abbiamo voluto perseguire tale intento, ponendoci nella direzione di una lettrice e di un lettore curioso,  fornendo una prospettiva di lettura altra. Non è possibile ragionare sul fenomeno per singoli compartimenti o sommandoli per giungere al tutto. Per tale ragione, il volume, pur presentandosi con diversi contenitori e contenuti, non sacrifica quel filo conduttore che, partendo dalla storia, ne ripercorre la complessità di un fenomeno via via trasformatosi, ahinoi, insieme a quelle coordinate di un progresso tecnologico e globalizzante, giungendo ai nostri giorni sempre più mediato e mediatizzato anche dal ludico, dai social e dalla TV, anch’essa sempre più Soap. La società, dal preadolescente all’adulto e all’anziano, appare, dinanzi a tale piaga sociale, fortemente disattenta e resa sempre più tale dal futile mediaticamente indotto. Il silenzio, quello della vittima, a qualunque età, rimane probabilmente uno degli aspetti più difficili, ancora oggi, da gestire. Salve dottoressa Messina, si vuole presentare anche lei, brevemente, al nostro pubblico di Cinquecolonne Magazine? Sono una dipendente pubblica con una formazione giuridica amministrativa e con un background giuridico sociale sull’immigrazione. Fotografa per passione e da sempre amante dei viaggi. La società ci rimanda continuamente al termine “patriarcato” per ricercare l’origine atavica della violenza sulle donne. È corretto?  Si è corretto, esiste correlazione tra femminicidio e patriarcato. Bisogna però notare che l’uso di tale termine è stato ampliamente adottato, oltre che nel contesto familiare e domestico, anche in altri contesti, per descrivere le dinamiche di genere nella società. La violenza sulle donne deriva da un problema strutturale della società che nonostante le conquiste ottenute dalle lotte femministe, resta di stampo patriarcale in tutto il mondo. Il patriarcato purtroppo esiste ancora, gli ultimi casi di donne uccise perché si sono opposte a un uomo, ingabbiato in un modello di mascolinità tossica ne è una testimonianza. Che idea si è fatta in merito al crescente numero di femminicidi che coinvolgono giovani uomini? Perché un ragazzo di 20 anni uccide la sua fidanzatina che ha deciso di lasciarlo? Ai miei tempi, 20 anni fa, ci si fidanzava subito con un’altra, si faceva chiodo schiaccia chiodo, si soffriva, ma si voltava pagina senza conclusioni estreme come quello dell’omicidio.  Gli ultimi casi efferati di femminicidio in Italia sono stati compiuti da uomini relativamente giovani, ben inseriti nella società, che si potrebbero definire tranquillamente “perbene”, giovani uomini incapaci di inibire un comportamento lesivo, che fanno fatica a controllarsi e che non sanno gestire il confronto, il dialogo. Un aspetto di particolare rilievo è, senza dubbio, la tematica dei contributi ludici, socio virtuali e mediatici. Con dovizia di particolari, abbiamo volute esporre nel volume l’influenza che potenzialmente questi elementi e strumenti hanno sui giovani fruitori, fornendo loro l’occasione di esercitare il proprio potere contro le donne, trattate come oggetti manipolabili e da manipolare a proprio compiacimento, fino a Giungere, in taluni casi, alla “tortura” e al “piacere omicida”. Read the full article
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marisolceceda · 4 months
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Diario PA2: narración, gamificación y digitalización del paisaje de aprendizaje.
·   ¿Qué ideas nuevas te ha suscitado el bloque?
En este bloque del curso, si que me han surgido muchas ideas nuevas como por ejemplo que con la  creación de un paisaje de aprendizaje con elementos de narración y gamificación y digitalización implica innovar en la forma en que se presenta el contenido educativo y se motiva a los estudiantes a desarrollar un mejor aprendizaje.
Es verdad que al principio del curso me sentí muy confundida y bastante perdida y porque no decirlo incluso con deseos de dejarlo, pero poco a poco y despacito he ido adquiriendo soltura y familiarizarme con las herramientas como Canva, Geniality que aunque las  conocía, nunca antes la había usado. Sin embargo, me he dado cuenta de que Geniality es una herramienta muy intuitiva a la vez que visual, que permite crear juegos y dinámicas muy interesantes y atractivas para los alumnos y alumnas de educación primaria.
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·  ¿Habías usado antes técnicas de narración (storytelling)
Nunca antes había usado ni  sabia en que consistía la tecnica del Storytelling pero bueno poco a poco como lo he dicho anteriormente vamos aprendiendo. Me ha parecido super interesante crear la narración haciendo uso de esta herramienta.
¿Se te ha ocurrido la historia que dará sentido a tu paisaje?
Me ha costado mucho, pero creo que lo tengo decidido.
La Gran Fiesta de la Selva
Narrativa:
En lo más profundo de la selva, donde el sol se oculta entre las hojas verdes, vivía una familia de animales que compartían la selva como su hogar. En ese lugar mágico, reinaba un oso grande y amigable llamado Bruno. Bruno no era como los osos que asustan en las historias, ¡no! Era un oso muy bueno y cariñoso que siempre estaba dispuesto a ayudar a sus amigos animales.
A su lado, vivía una familia de monos traviesos que pasaban el día saltando de árbol en árbol y haciendo travesuras. También estaban las jirafas elegantes, con sus largos cuellos que alcanzaban las hojas más altas, y los elefantes amigables, con sus grandes orejas y trompas fuertes. En la selva también vivían los loros coloridos que llenaban el cielo con sus vuelos y sus canciones alegres, y los tigres rayados que se escondían entre la maleza pero que eran tan amigos como cualquier otro animal.
Cada día, los animales de la selva se despertaban con el sol y comenzaban sus aventuras. Los monos jugaban a las escondidas entre las ramas, las jirafas caminaban elegantes buscando las mejores hojas para comer, y los loros volaban de un lado a otro contando chistes y riendo.
Un día, mientras los animales se preparaban para su gran fiesta anual de la selva, donde todos se reunían para celebrar y compartir historias, surgió un problema inesperado. Los loros, encargados de decorar la fiesta con sus plumas coloridas, comenzaron a discutir con los monos, que querían usar las mismas ramas para sus juegos. La discusión creció tanto que los loros se negaron a decorar y los monos se escondieron, molestos.
Bruno, al ver la disputa, decidió intervenir. Reunió a todos los animales y les recordó la importancia de la amistad y la colaboración. “Esta selva es nuestro hogar y cada uno de nosotros tiene un papel importante en ella. Si trabajamos juntos, nuestra fiesta será la más hermosa de todas,” dijo Bruno con una sonrisa.
Los animales, reflexionando sobre las palabras de Bruno, decidieron colaborar. Los monos ayudaron a los loros a recoger las plumas más bonitas y a colocarlas en los lugares perfectos. Las jirafas, con sus largos cuellos, ayudaron a colocar las decoraciones en lo alto de los árboles, mientras los elefantes con sus trompas fuertes, llevaron los frutos más deliciosos para la fiesta. Hasta los tigres, normalmente reservados, se unieron para vigilar que todo estuviera en orden.
Finalmente, llegó el día de la gran fiesta. La selva estaba decorada con los colores más brillantes y todos los animales estaban felices y emocionados. La fiesta fue un éxito rotundo, llena de risas, cantos y bailes. Los animales aprendieron que trabajando juntos y respetándose mutuamente, podían superar cualquier problema y disfrutar de momentos maravillosos.
Y así, la selva vibraba con la alegría de la gran fiesta, unida por la amistad y la colaboración de todos sus habitantes.
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·  ¿Cómo lo vas a gamificar?
Los niños deben ayudar a los animales de la selva a organizar la Gran Fiesta de la Selva superando diferentes misiones. Cada actividad completada les otorga puntos y recompensas que los acercan a la fiesta final.
Elementos de Gamificación:
MONEDAS: Los niños ganan MONEDAS por cada actividad completada.
RECOMPENSAS: Insignias de OSITOS por logros específicos.
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Niveles: Cada área representa un nivel que los niños deben superar.
¿Conoces alguna otra herramienta, además de las aquí propuestas, en las que puedas diseñar un paisaje?
La verdad que no, he visto herramientas para gamificar, pero lo de herramientas especificas para la creación de paisajes de aprendizaje no.
Geniality está muy bien.
·  ¿Qué dificultades has encontrado en el uso de la herramienta?
La principal dificultad es que no conocía su uso y aplicación de GENIALITY, pero bueno me he informado viendo  videos tutoriales  que me han ayudado a manejarlo, también he usado el soporte de ayuda de a Geniality y claro la profe me ha ayudado a resolver todas las dudas y darme tic a fin de a hacer mejor el trabajo.
·  ¿Qué ventajas le has visto?
Usar Genially en la creación de paisajes de aprendizaje no solo hace el contenido más atractivo y accesible, sino que también enriquece la experiencia educativa al incorporar interactividad, multimedia, y elementos de gamificación que pueden transformar la forma en que los niños aprenden y participan.
·  Incluye tu paisaje en el diario final usando el código HTML
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reiners-bratwurst · 5 months
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Ensí, supongo que estar siempre rodeado de autores geniales que escriben obras maestras solo con un suspiro, personas que pitan y vivien del arte, hace que acabes sintiendotye muy pequeño. Porque por bien que lo hagas, uno siempre observa con mayor claridad el talento del otro.
No es que mis acuarelas estén mal. Son aceptables y me gusta jugar con diferentes tecnicas añadidas. Así mismo cuando escribo, escribo desde el yo descibriendo lo que mi mente, demasiado centrada en la percepción visual me muestra.
A veces me pregunto si hacer cine como mi hermana es la respuesta, pero no quiero hacer cine. El cine en si mismo cuenta una narrativa visual. PEro yo quiero que la pelicula pase en la mente de la persona que observa la obra. Quiero que el espectador ponga su salsa y la mezcle. Eso hace que se pueda mal interpetar, pero si me busco en el arte, me busco en la literatura o en la pintura en si misma. Yo quiiero que el que mire mi obra no piense " que buena es esta obra" quiero que piense "Estoy en esta obra reflejado" o "Podría ser yo".
¿Es egocentrico? No lo sé. Soy una persona común y esa es la gracia. Que en realidad hasta los putos genios de la creatividad, como son mis hermanas, como es la chica platonica, como son todos esos autores que he leido, en el fondo son iguales que yo.
Lana del rey dice Life imitates art. Pues claro coño. El arte eres tu mismo y todos cagamos, comemos y reimos. El asunto es, cómo consigo que mi texto en The golden hour llegue a la gente en ese punto cuando mi protagonista es un excentrico de mierda sin ganas de vivir y el otro abandonó toda esperaza cuando vio lo que hay más allá del velo.
Porque yo soy esas dos personas. Yo he visto más allá del velo y me siento infeliz, aunque no sea más que porque perdí la guerra y mi ego no quiere dejarme perder. El proceso de escribir una novela desgasta, y solo sé que mi vida no es un puto ejemplo. Pero la vida de Bukowski tampoco ¿no? y llegó al corazón de la gente a pesar de ser horrible.
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biancheriaecotone · 5 months
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Un albero di Natale tessile: il simbolo di unità e solidarietà nel cuore di Chiusa Pesio
Un albero di Natale tessile: il simbolo di unità e solidarietà nel cuore di Chiusa Pesio.
Nel comune di Chiusa Pesio in provincia di Cuneo, le donne locali sono impegnate in un'attività creativa e solidale che sta portando nuova vita e colore alle strade e agli spazi pubblici. Il loro talento e la loro passione per l'artigianato tessile si manifestano attraverso un progetto unico e coinvolgente: l'allestimento dell'albero di Natale del paese.
Donne Creative e Solidali
Le donne del villaggio hanno trovato un modo originale per celebrare il Natale, mettendo in mostra il proprio ingegno e la propria abilità nel lavoro a maglia e all'uncinetto. Il risultato è sorprendente: un albero di Natale alto 4 metri e largo quasi 3, composto da 392 "granny square" o "quadrati della nonna", ciascuno realizzato con cura e dedizione.
Granny Square
Ma cosa sono esattamente questi "granny square"? Si tratta di piccoli quadrati di lana lavorati all'uncinetto, una tecnica tradizionale che ricorda le coperte fatte dalle nonne. Le donne del paese hanno impiegato diversi mesi per completare tutti i quadrati, sfruttando il loro tempo libero per creare qualcosa di davvero speciale per la comunità.
Storie Intrecciate
L'aspetto più affascinante di questo progetto è che ciascun "granny square" porta con sé una storia unica. Ogni donna ha scelto i colori e i motivi che meglio rappresentano la propria personalità e la propria esperienza di vita, conferendo all'albero una dimensione emotiva e narrativa.
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Uniti per la Magia del Natale
Ma l'albero di "Natale tessile" non è solo una questione di estetica; è anche un simbolo di collaborazione e solidarietà nella comunità. Tutti, dall'amministrazione locale alla Pro Loco, dalle associazioni ai volontari e agli esercenti, si sono uniti per rendere possibile questo progetto, dimostrando che quando le persone lavorano insieme, possono creare qualcosa di veramente straordinario.
Unione e Gioia
L'inaugurazione dell'albero di "Natale tessile" , all'inizio di dicembre, è un momento di gioia e festa per tutta la comunità. I residenti si riuniscono per ammirare l'opera d'arte tessile che hanno contribuito a creare e per condividere insieme lo spirito del Natale. In definitiva, l'albero di Natale del paese non è solo una decorazione, ma un simbolo di unità e di orgoglio comunitario. È il risultato del lavoro di tante mani e del cuore di molte donne che hanno reso il loro paese un posto più bello e accogliente da vivere durante le festività natalizie.
ragncampagnin
Esempi di Prodotto Tessile Italiano
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londranotizie24 · 6 months
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affascinailtuocuore · 9 months
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Saramago-STORIA DELL’ASSEDIO DI LISBONA, “quello che chiamiamo falso ha prevalso su quello che chiamiamo vero, ne  ha preso il posto…”
Come può un esercizio storico-linguistico-testuale così sofisticato e caleidoscopico coinvolgere una lettrice? Può, proprio in virtù della sua natura di “gioco linguistico” che attraversa la storia, la fantasia, la tecnica narrativa e il processo di revisione delle bozze. Può dal momento che il nocciolo duro della storia è la piccola parola “NON” che scatena turbolenze letterarie e affettive, e…
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Tema e Premissa - Sobre o que sua história se trata?
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scenariopubblico · 10 months
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Intervista alla Compañia Poyo Rojo
Domenica pomeriggio, prima della seconda replica di Un Poyo Rojo a Scenario Pubblico, abbiamo incontrato Luciano Rosso, Alfonso Barón, interpreti dello spettacolo, e il regista Hermes Gaido. La Compañia Poyo Rojo fondata nel 2008 è composta da artisti coesi come una piccola famiglia, benché eterogenei nella formazione artistica basata tra danza, teatro, musica e sport. Il loro spettacolo è stato portato in scena, con più di 1400 repliche, in teatri di tutto il mondo. Dialogando con loro abbiamo scoperto qualcosa di più sulla storia della loro iconica creazione. Prima di lasciare loro la parola, una piccola premessa:
- Luciano Rosso ha interpretato inizialmente lo spettacolo insieme a Nicholas Poggi, suo partner anche fuori dalla scena. - Da loro deriva il titolo dello spettacolo – nonché il nome della compagnia: Nicholas Poggi - Luciano Rosso - Un Poyo Rojo... è un gioco di parole. - Insieme a Hermes hanno creato lo spettacolo in poco più di un anno a Buenos Aires. - Oggi in scena insieme a Luciano c’è Alfonso Barón, entrato all’interno della performance dopo aver visto la prima versione della stessa.
Come avete sviluppato il processo creativo? Luciano Rosso: all'inizio volevamo fare uno spettacolo di danza contemporanea, con un linguaggio astratto ma poi abbiamo virato verso qualcosa di più teatrale perché eravamo interessati a raccontare una storia più narrativa o, meglio, una relazione. All'inizio del lavoro, infatti, c’eravamo io e il mio partner e Hermes era il regista.
Hermes Gaido: Nicholas non si sentiva a suo agio con l'umorismo. È stato un problema perché voleva lavorare su qualcosa di più astratto. Così Alfonso ha imparato la parte di Nicholas.
Alfonso Barón: Nel pezzo originale ho visto una relazione reale sul palco. Ma io e Luciano non siamo una coppia. Con la regia di Hermes, abbiamo iniziato a cambiare il rapporto tra i due personaggi. C'era più resistenza, più conflitto, quindi più teatro. Abbiamo mantenuto la struttura originale, ma io ho un background diverso, un corpo diverso. Io e Luciano abbiamo trovato il nostro modo di raccontare quella storia. All'inizio ho impiegato molto tempo per capire lo spettacolo e poi per lavorarci, è stato davvero difficile. È stato semplice invece imparare le parti tecniche, ma non è questo il punto di Un Poyo Rojo. L'aspetto principale è il lavoro sull'interpretazione e la relazione tra i personaggi.
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Riguardo la ricezione del pubblico, avete notato differenze nel corso degli anni e nei diversi luoghi? Luciano Rosso: direi che dipende più dai luoghi in cui ci esibiamo che dalla cultura del posto. In America Latina il pubblico è solitamente molto espressivo e partecipe, mentre in alcune zone d'Europa, come la Germania o il Belgio, le persone sono più tranquille, ma alla fine ti rendi conto che gli spettatori hanno apprezzato molto lo spettacolo e che lo hanno espresso in un altro modo, quindi sì, è sempre diverso.
Alfonso Barón: in generale c'è molta accettazione ed è molto bello anche perché è uno spettacolo che può essere recepito in tanti termini. Per esempio i bambini piccoli ci vedono come un cartone animato...Gli altri spettatori colgono vari aspetti: la parte tecnica, quella “poetica”, quella erotica… si passa attraverso un sacco di colori e texture per raccontare una storia semplice.
E in merito alla critica? Alfonso Barón: Abbiamo iniziato molti anni fa quando in Argentina non si accettava ancora il matrimonio tra uomini per esempio. Alcune critiche dicevano che questo spettacolo è omofobo o è contro la comunità LGBTQ+, perché ritenevano che avessimo un'immagine di retroguardia o che ci prendevamo gioco di loro. Comunque abbiamo avuto pochi commenti di questo tipo, ma non ne capisco ancora il motivo. Non attacchiamo nessuno e non veicoliamo un'informazione specifica per dire ai gay che abbiamo il diritto di baciarci o di non farlo affatto. E anche per i bambini, cosa c'è di nuovo? Siamo come cartoni animati…potremmo somigliare a Tom e Jerry, Bugs Bunny e Topolino! È una storia d'amore, la storia del primo bacio tra due uomini.
C'è stata qualche reazione particolare che ricordi di uno degli spettacoli che avete fatto negli anni? Alfonso Barón: Ho l’immagine in testa di una madre o un padre, non ricordo, che cercava di mettere le mani sugli occhi del figlio per non far vedere…e il bambino si dimenava come a dire: fammi vedere!
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Come vi posizionate rispetto ai messaggi che arrivano al pubblico? Alfonso Barón: noi trattiamo la storia in modo fresco, cosicché sia naturale e facile da vedere. Tecnicamente ci sono molte cose che possono essere interessanti, ma noi raccontiamo la storia senza pretenziosità rispetto a temi dell'umanità, è come un gioco ma allo stesso tempo è politico e diciamo cose, diciamo un sacco di cose ma in una specie di modo cool, ecco perché è come se fosse facile da vedere.
A proposito di questo secondo voi che ruolo dovrebbe avere la danza nella società di oggi? Luciano Rosso: Personalmente penso che la danza faccia parte del teatro, si può usare o non usare… come la musica o come tutte le espressioni. Personalmente sono un po' confuso sul ruolo della danza…
Hermes Gaido: Stiamo vivendo in un momento in cui tutte le accademie di musica, teatro, danza stanno andando in frantumi, perché a volte c'è gente che balla con la street dance o che fa musica con il cellulare. Tutto sta cambiando. Ricordo che mia nonna mi ha raccontato quando ero in Argentina che era molto comune che la gente finisse di mangiare e portasse via il tavolo per ballare. Abbiamo perso questa dimensione...nessuno lo fa più, o cerca di riportare questa sensazione.
E dato che il vostro lavoro mostra la danza e il teatro insieme mentre forse la nostra cultura li considera come generi indipendenti, pensate che la danza e il teatro possano vivere l'uno senza l'altro o hanno bisogno di coesistere? Alfonso Barón: dipende dalla tua decisione personale. Puoi decidere di usare un modo strettamente teatrale, togliere il movimento, sentirti bene in un testo o qualcosa di super classico senza espressione fisica. Noi tre veniamo dal mondo del teatro e non dalla danza. All'inizio con il teatro stavamo imparando a rompere le regole.
Perché in teatro la regola è che non ci sono regole.
Penso che nella danza si viene educati in un modo più rigido, ecco perché i ballerini hanno paura di allontanarsi da quelle regole. Noi rompiamo le regole e usiamo la danza per andare in un "modo nuovo". Credo che noi siamo coraggiosi nel senso che ci permettiamo di rompere le regole e di non pensare a noi stessi come danzatori, clown, acrobati, quindi ci piace dire che ci chiamiamo "interprete fisico". Il corpo è il nostro strumento e possiamo fare quello che vogliamo.
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Avete dei modelli di riferimento nel vostro lavoro? Qualcuno che vi ispira? Hermes Gaido: per me sicuramente i film di Chaplin e tutto il genere di cinema classico muto, come il vecchio teatro basato sulla pantomima.
Luciano Rosso: tutti i cartoni animati che guardavo da bambino, tutti i film di Buster Keaton o della Pantera Rosa, ma anche i miei amici, la mia famiglia. Posso ispirarmi a tutto ciò che mi circonda. Non credo di avere un modello di riferimento...Beyoncé, lei potrebbe essere.
Alfonso Barón: per me i supereroi sono super potenti, pensavo sempre a cosa avrei fatto se avessi avuto un superpotere. Mi sarebbe piaciuto avere un superpotere come quello di volare o di arrampicarmi.
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a cura di Luca Occhipinti e Sofia Bordieri
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO SECONDO - di Gianpiero Menniti 
L’EVOLUZIONE DELLA PITTURA
Tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo, nel “Libro dell’Arte”, Cennino Cennini scriveva che per la pittura «conviene avere fantasia e operazione di mano, di trovare cose non vedute, cacciandosi sotto ombra di naturali, e fermarle con la mano, dando a dimostrare quello che non è, sia. E con ragione merita metterla a sedere in secondo grado alla scienza e coronarla di poesia». Quando Cennino si cimentava nella teoria dell'arte, Giotto, la punta più avanzata della nuova pittura, era già scomparso da oltre sessant'anni, lasciando in eredità l’apertura alla terza dimensione e con essa le infinite possibilità della narrazione, le ambientazioni naturalistiche, l’espressività che connota la psicologia delle figure ritratte, la magia della luce attraverso i colori. Ma anche qualcosa di più: il ruolo della pittura quale strumento principe di nuove forme di visione. Detta così sembra semplice. Eppure, la questione non può limitarsi a registrare il processo di maturazione in atto tra la fine del '200 e gli inizi del '300.La pittura rimase a lungo relegata in una manieristica, ossessiva ripetizione del modello "costantinopolitano": forse per la mancanza di riferimenti alternativi? Forse perché le arti plastiche coglievano le opportunità del tutto tondo ovvero dell’altorilievo che colori e pennelli non erano in grado di equiparare? Cosa accadde ai vari Giunta Pisano, Coppo di Marcovaldo, Cimabue, Giotto e Duccio di Buoninsegna perché si destassero spalancando all’arte scenari inconsueti e fecondi? E perché questo cambiamento, pur timido nelle sue fasi iniziali, si affermò proprio nel momento in cui i modelli bizantini, dopo la IV crociata del 1204 e la conquista di Costantinopoli, proliferavano nell'Europa occidentale? Proviamo a capire. Senza dubbio la pittura era più economica e più rapida da realizzare. Poi, occorre aggiungere, si affermò l’uso della “tavola” dipinta poiché poteva essere rimossa e così fungere anche da icona per le processioni. Naturalmente, non basta. Esisteva un riflesso culturale legato all’opera pittorica, una dimensione nella quale il dipinto è soggetto-oggetto: modificare questa concezione, diffusa e consolidata, diveniva atto di un riformismo radicale che non poteva essere accolto così facilmente. Quindi, la pittura nuova doveva nascere in un mutato ambiente culturale, quando gradualmente le generazioni dell’urbanesimo italiano (e non solo italiano) maturarono paradigmi differenti attribuendo alla figurazione funzioni diverse dal passato. In questa scia ci si accorse che la scultura possedeva una capacità narrativa intensa ma insufficiente a descrivere le novità della rivoluzione commerciale ed il cambiamento dei costumi sociali: sul supporto bidimensionale la descrizione del mondo e dei suoi contenuti è molto più agevole, potenzialmente più ampia, diventa soprattutto una questione tecnica prima che stilistica. Anche le sensibilità religiose si stavano trasformando: influenzate e mediate dagli Ordini mendicanti, presenze che hanno luogo nella città, nella fitta trama di società convulse, tendono a farsi corpo di una nuova espressività, più profonda, più vicina ai sentimenti dei nuovi ceti sociali e del loro protagonismo. Non è un caso se spicca la figura di San Francesco che diventerà uno dei soggetti preferiti della figurazione pittorica. Allo stesso modo, il Cristo crocifisso transita dall’essere "triumphans" al diventare "patiens", mentre la Vergine in trono, che simboleggia l’Ecclesia e tiene in braccio Gesù Bambino, comincia ad assumere in volto un’espressione carica di umano sentimento e di afflato materno. La prospettiva è ancora fragile. Eppure esiste: si tratta di una prospettiva inversa, quella che colloca il punto di fuga verso lo spettatore come per accoglierlo entro la scena rappresentata. Tutti assieme, questi elementi costituiscono i vagiti ancora lontani dell'Umanesimo: è lo spirito che si realizza nella storia.
Giunta Pisano (1190/1200 circa - 1260 circa): Crocifisso, Basilica di San Domenico, 1250/1254, Bologna (particolare)
Coppo di Marcovaldo (1225 circa - 1276 circa): “San Francesco Bardi”, 1250/1260, Basilica di Santa Croce, Firenze
Cimabue (1240 circa - 1302): Crocifisso, 1268/71, Chiesa di San Domenico, Arezzo (particolare)
Duccio di Buoninsegna (1255 circa - 1318 o 1319): "Madonna Rucellai", 1285, Galleria degli Uffizi, Firenze
Giotto (1267 - 1337):“Crocifisso”, 1290/1295, Santa Maria Novella, Firenze e "Omaggio dell'uomo semplice", 1295 /1299, ciclo di affreschi delle "Storie di San Francesco", Basilica Superiore di San Francesco, Assisi
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albumdigitale2023rita · 10 months
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AUTORE: uomini del Paleolitico
NOME DELL'OPERA: Grotta di Chauvet
DATA: 36.000-32.000 anni fa
TECNICA: pitture rupestri realizzate soprattutto con il carbone, alternando la pittura all'incisione
COLLOCAZIONE: Francia sud-orientale, Grotta di Chauvet, sala del cranio
FUNZIONE ORIGINALE: scopo propiziatorio e funzione narrativa
COLLOCAZIONE ATTUALE: Grotta di Chauvet, Ardèche, Vallon-Pont-d'Arc, Francia
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