#teatro popolare
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Il Bruscello
Montepulciano 2022.Il Bruscello.Il Decamerone. —

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Gran Gala d’Inverno al Teatro Marenco di Novi Ligure. Un concerto straordinario per concludere il 2024 con eleganza e musica d’eccellenza
Il Gran Gala d’Inverno, evento musicale di grande prestigio, si terrà per la prima volta al Teatro Romualdo Marenco di Novi Ligure, lunedì 23 dicembre 2024, in occasione dell'antivigilia di Natale
Il Gran Gala d’Inverno, evento musicale di grande prestigio, si terrà per la prima volta al Teatro Romualdo Marenco di Novi Ligure, lunedì 23 dicembre 2024, in occasione dell’antivigilia di Natale. Organizzato dall’Associazione Novi Musica e Cultura, il gala rappresenta la quinta edizione di un appuntamento ormai atteso e consolidato, nato nel 2020 durante il periodo della pandemia, quando la…
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Pubblicato il "Vocabolario del dialetto di Matelica" a cura di Ennio Donati
La nuova corposa opera di Ennio Donati (600 pagine che contengono circa 16.000 vocaboli) è relativa alla costruzione di un vocabolario del dialetto di Matelica, comune del Maceratese dove è nato nel 1946. Dal 1980 l’Autore, pur indissolubile alla sua città natale, vive nella rivierasca Senigallia. Laureato in Ingegneria Chimica all’Università “Alma Mater” di Bologna nel 1970, è iscritto…

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#Agostino Regnicoli#dialetto#Diego Poli#dizionario#Ennio Donati#Flavio Parrino#folklore#Franco Scataglini#Gabriele Ghiandoni#Leonardo Mancino#Lorenzo Spurio#Marche#Matelica#Matelicese#poesia#popolare#Teatro Piermarini#Vocabolario#Vydia#Vydia Editori
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Il più grande errore di Togliatti
Ogni anno la premier Meloni ricorda la morte di Giorgio Almirante, celebrandolo come eroe della patria, uomo retto e suo riferimento politico.
Almirante in realtà è stato un razzista convinto, un criminale di guerra e un istigatore di stragi e rappresaglie.
Nella primavera del 1944 firmò il "manifesto della morte" come capo di gabinetto del ministro della Cultura Popolare dell'RSI. Il manifesto annunciava la fucilazione per "sbandati ed appartenenti a bande" che non si fossero consegnati ai "posti militari e di polizia italiani e tedeschi".
Le zone della Toscana in cui fu affisso il bando divennero teatro di stragi e rappresaglie, in particolare a Niccioleta, dopo la diffusione di quel bando, furono assassinati dai nazifascisti 83 minatori accusati di collaborazione con i “banditi partigiani”. Il manifesto della morte venne ritrovato nell'estate del 1971 e pubblicato il 27 giugno dai quotidiani "l'Unità" e "il Manifesto". Giorgio Almirante li denunciò per diffamazione.
Nel corso del procedimento furono rinvenute negli Archivi di Stato e prodotte in giudizio inequivocabili prove documentali attestanti la veridicità del manifesto di fucilazione. La Cassazione nel 1978 decretò la vittoria totale de L’Unità, che rifiutò il risarcimento economico. La stampa comunista aveva dimostrato che Almirante era un criminale di guerra. Questa è solo una delle tante criminali vicende legate alla storia di Giorgio Almirante.
Chi lo ritiene il proprio riferimento politico si qualifica da solo/a.
Cronache Ribelli
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Mi chiamo Caryn Elaine Johnson, ma tutti mi conoscono come Whoopi Goldberg. Sono un’artista EGOT, ovvero ho vinto i quattro premi più prestigiosi dell’intrattenimento americano: Emmy, Grammy, Oscar e Tony. Questo significa che ho eccelso in tutti i settori – televisione, musica, cinema e teatro. Dicono che il mio carisma sia irresistibile e che la mia energia sia così travolgente da poter andare in Vaticano e chiedere a Papa Francesco di recitare in Sister Act 3, mentre negli Stati Uniti festeggio il tributo che mi è stato dedicato in TV in Italia da Fiorello.
Ho vinto l'Oscar come Miglior Attrice Non Protagonista per Ghost nel 1990 (diventando la seconda donna afroamericana a riuscirci dopo Hattie McDaniel, che interpretò Mami in Via col vento) e sono stata candidata come Miglior Attrice per Il colore viola di Steven Spielberg. Ho ricevuto anche due Golden Globe, due Emmy, un Saturn Award, quattro People's Choice Awards, cinque Kids' Choice Awards, sette Image Awards, due Drama Desk Awards e un BAFTA. Nel 2002, mi è stata dedicata una stella sulla Hollywood Walk of Fame.
Ho diretto e prodotto documentari, musical e film acclamati sia dal pubblico che dalla critica. Sono un'attivista per i diritti umani, la ricerca sull’AIDS e la tutela dei bambini. Ho partecipato a numerosi show e serie televisive americane e, tra i vari progetti, ho co-condotto per nove stagioni Comic Relief, uno speciale televisivo benefico a favore dei meno fortunati, insieme a Billy Crystal e Robin Williams. Dal 2007, sono una delle conduttrici di The View, il popolare e progressista talk show dell'ABC.
A 68 anni, ho scritto la mia autobiografia, Frammenti di memoria.
In questo libro, che ho scritto anche per affrontare il dolore della perdita di mia madre Emma, racconto la mia vita, dall’infanzia nei quartieri popolari di New York ai viaggi a Coney Island, dagli spettacoli di pattinaggio su ghiaccio alle visite ai musei, fino alla mia carriera, tra successi e sconfitte. Il libro è un omaggio alle due figure più importanti della mia vita: mia madre e mio fratello Clyde, entrambi scomparsi negli ultimi anni. Mia madre, orgogliosa, pratica e indomabile, ci ha trasmesso l’amore e la saggezza necessari per affrontare la vita, insegnandoci sempre l'importanza di essere onesti, almeno con noi stessi.
Whoopi Goldberg
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Arlechìn 🎭 Arlecchino


Fra le maschere italiane è forse la più conosciuta e popolare. Si tratta anche di una delle maschere più antiche, le sue origini si possono infatti rintracciare nella figura del “diavolo burlone” delle favole medioevali e in seguito nel “buffone” delle compagnie di comici girovaghi alle corti principesche o fra i saltimbanchi e gli acrobati nelle fiere e nei mercati dei sobborghi, sempre affollati di gente in cerca di divertimento. Nativo di Bergamo bassa, parla inizialmente solo nel suo dialetto locale. Il suo vestito era in origine bianco, ma con il tempo a furia di rattoppi con pezzi di stoffa di ogni genere, è diventato quello che oggi tutti conosciamo; un variopinto abito composto da un corto giubbetto e da un paio di pantaloni attillati, entrambi a losanghe e triangoli di tutti i colori. Arlecchino ha un carattere stravagante e scapestrato. Ne combina di tutte, inventa imbrogli e burle a spese dei padroni avidi e taccagni dei quali é a servizio, ma non gliene va bene una. Intendiamoci Arlecchino non é uno stupido; magari è un ingenuo, talvolta forse un po' sciocco, ma ricco di fantasia e immaginazione. In quanto a lavorare nemmeno a parlarne. Però fa lavorare la lingua e molto. I suoi lazzi, le sue battute, le sue ingenue spiritosaggini, fanno ridere a crepapelle tutti quanti. Quando poi non sa come cavarsi da un impaccio o a liberarsi da un guaio, Arlecchino diventa un abile maestro nel far funzionare le gambe; capriole, piroette e salti acrobatici.
Brigh��la 🎭 Brighella

Brighella deve il suo nome al suo carattere attaccabrighe, insolente e dispettoso. E’ il compare di Arlecchino. Entrambi sono nati a Bergamo. Brighella non fa solo il servo come Arlecchino, ma un'infinità di altri mestieri, più o meno leciti ed onesti. Così si ritrova sempre in mezzo a svariati intrighi. Elementi caratteristici del personaggio sono la prontezza e l'agilità della sua mente, per escogitare inganni e preparare trappole in cui far cadere il prossimo, tutto questo solo per il gusto stesso di imbrogliare gli altri. E' intrigante, molto furbo e senza scrupoli. Brighella inoltre è un tipo bugiardo, racconta frottole con sicurezza e convinzione che è quasi impossibile distinguerle dalla verità. Inoltre è molto abile nel cantare, suonare e ballare. La giacca e i pantaloni sono decorati di galloni verdi; ha le scarpe nere con i pon pon verdi. Il mantello è bianco con due strisce verdi, la maschera e il cappello sono neri.
Giopì de Sanga 🎭 Gioppino

La tradizione vuole che sia nato da Bortolo Söcalonga e Maria Scatolera a Zanica, Bergamo, dove vive con la moglie Margì ed il figlio Bortolì. Ha anche due fratelli, Giacomì e il piccolo Pisa 'n braga [Pisanbraga], e i nonni Bernardo e Bernarda.



La sua principale caratteristica fisica sono tre grossi gozzi, da lui chiamati le sue granate o coralli, che ostenta non come un difetto fisico, ma come veri e propri gioielli. Faccione furbo, rubicondo, vestito di grosso panno verde orlato di rosso, pantaloni scuri da contadino e cappello rotondo con fettuccia volante, di mestiere fa il facchino e il contadino, professioni che non svolge preferendo guadagni occasionali meno faticosi. Di modi e linguaggio rozzissimi, di buon cuore, porta sempre con sé un bastone che non disdegna di usare per far intendere la ragione, sempre comunque a vantaggio dei piccoli e degli oppressi Gioppino incarna il sempliciotto rozzo ma di buon cuore, pronto a difendere i deboli. Ha assunto, tuttavia, anche una connotazione negativa, come persona furbastra e inaffidabile tanto che nel linguaggio comune si suole dire fare la figura del Giupì di chi non mantiene la parola o usa mezzucci per concludere raggiri di poco conto. Gioppino oltre che essere una maschera è anche un burattino ed è protagonista di moltissime commedie per il teatro dei burattini. .
Meneghìn 🎭 Meneghino
Meneghino è una maschera lombarda che nasce nel Seicento. Impersona un servitore rozzo ma di buon senso che, desideroso di mantenere la sua libertà, non fugge quando deve schierarsi al fianco del suo popolo ed è assai abile nel deridere i difetti degli aristocratici. Il nome deriva da “domenighin”, appellativo del servo che la domenica era solito accompagnare le nobildonne milanesi a messa o a passeggio.
Meneghino è la maschera tradizionale milanese e come la sua città è generoso, sbrigativo e non sa mai stare senza far nulla. Da lui nasce infatti l'appellativo “meneghini” in riferimento agli abitanti del capoluogo. Ama la buona tavola e davanti ad una fetta di panetùn possono anche salirgli le lacrime agli occhi, non solo perché ne é molto goloso, ma perché gli ricorda la “soa Milàn” e il “so Domm” di cui non smette mai di vantarsi. Vestito di una lunga giacca marrone, calzoni corti e calze a righe rosse e bianche, cappello a forma di tricorno sopra una parrucca con un codino stretto da un nastro, ancora oggi, assieme alla moglie Cècca, trionfa nei carnevali milanesi.
#commedia dell'arte#lombardia#carnevale#arlecchino#meneghino#brighella#beltrame#folklore#lombardy#italy
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Conte Giuseppe Primoli 1890, neve sullo sterrato della zona dove sarebbe sorto il Tempio Maggiore di Roma (1904) e la zona dei cosiddetti "quattro villini" tra piazza delle Cinque Scole, via del Portico d'Ottavia, Lungotevere Cenci.
Sotto questa terra smossa su cui bruca il cavallo dovevano stendersi resti di magazzini romani, della zona indicata nella Forma Urbis Severiana come Navalia e, forse, del Tempio di Castore e Polluce, collocato sotto l'area di Monte Cenci dove furono rinvenute, tra Quattro e Cinquecento, le statue dei Dioscuri, già allora traslate al Campidoglio.
In lontananza nella foto, il campanile di San Giovanni Calibita sull'isola Tiberina e, di fronte, la Torre della Pulzella.
Risalente al 1200, essa era parte delle torri medievali di Roma, legate a famiglie della nobilità e del ceto mercantile cittadino di cui erano insieme strumento e concreta traccia sul territorio.
Questa torre, collocata sull'isola, guado fluviale tanto essenziale alla vita cittadina da aver facilitato e forse cagionato la nascita dei primi insiediamenti destinati ad evolversi nella Roma romulea, apparteneva alla famiglia dei Pierleoni.
Probabilmente ebrei e opportunamente convertiti per poter sfruttare al meglio le proprie ricchezze in una Roma medievale pur non ancora dotata di Ghetto, e forse meno ostile alla Comunità di quanto non si sarebbe più tardi dimostrata, i Pierleoni controllavano anche il tratto alla base del Campidoglio.
L'edificio medievale presso il vico Jugario è a loro intitolato, e anche loro era la torre che si nota a destra, addossata al corpo della Basilica di San Nicola in Carcere, riusata come torre campanariae contenente un'antica campana di fine Duecento, commissionata dai Savelli.
Ma, soprattutto, oltre a case medievali al vicino Velabro, ai Pierleoni apparteneva il forte costruito sulle rovine del Teatro di Marcello, e di cui ancora si vede l'affollarsi di strutture alte e strette su via del Foro Olitorio.
Passato ai Savelli e, tramite loro, agli Orsini, quel forte oggi lo conosciamo come palazzo Savelli Orsini, opera di Baldassarre Peruzzi, la malinconica e splendida residenza costruita nella cavea del Teatro.


La torre della Pulzella, dall'enigmatica testolina che vi appare inquadrata da una finestrella cieca e che guarda intenta dalla parte del Portico d'Ottavia, passò come tutto il resto dei Pierleoni nelle mani dei Savelli, incastellati così tra l'isola e l'omonimo Monte, e i cui domini si estendevano già verso Campo de' Fiori e all'Aventino, come attestato dagli odonimi vicolo de' Savelli e Clivo di Rocca Sabella.
La pulzella, comunque, è una testa romana, ma la leggenda popolare la vuole l'impietrirsi di una bella giovane aristocratica che, murata per vincere la sua resistenza a un matrimonio di convenienza, morì lassù spiando all'orizzonte il ritorno del suo vero amore dalla guerra.
Fonti: studi di F. Coarelli e P. L. Tucci sulla topografia del Circo Flaminio e dell'area dei Calderari.
A. Carandini, Roma. Il primo giorno, Laterza 2007.
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"Vota quella stronza della Meloni", il meme ironico che circola nelle chat. L'effetto Giorgia non si ferma - Secolo d'Italia (secoloditalia.it)
’effetto Meloni prosegue senza sosta. Il dopo-Caivano registra un ennesimo “colpo di scena” di questa campagna elettorale. Un’ ennesima conferma di quanto quella frase -“Presidente De Luca, sono quella stro*** della Meloni. Come sta?”- abbia bucato i social e fatto parlare e straparlare molti opinionisti. Tanto che oggi -il giorno dopo quell’incontro che tanto sta facendo rodere il fegato dei mestrini raical-chic col ditino alzato- viene anche rilanciata. C’è un meme spiritoso e ironico che circola in rete e nelle chat dei parlamentari: “Vota quella stronza della Meloni” è la scritta che campeggia su un finto manifesto elettorale per le Europee: con il simbolo FdI barrato e il volto della premier. Sta facendo il giro del web.
L’effetto Meloni non si ferma: dopo il video arriva il meme virale
Dopo il boom sui social dell’incontro fatidico tra Meloni e il governatore De Luca arriva, dunque, questo meme a rilanciare la “mossa” della premier che ha sconvolto i salotti buoni dei talk show. Dimostrando che il suo comportamento ha colto nel segno. E soprattutto, fatto impazzire una sinistra politica e intellettuale che in modo ridicolo censura l’ atteggiamento “poco istituzionale” della premier. Dovevate osservare i vari Severgnini, Fittipaldi, Lella Costa, Floris, Piccolotti dare lezioni di bon ton istituzionale. Nessuno che lo avesse fatto con tanto accanimento quando ad offendere la premier per primo era stato proprio De Luca. Tanto livore dei dem e dei salotti radical-chic non lo abbiamo proprio notato all’epoca.
Il dopo-Caivano: la doppia vittoria di Meloni
Dunque, vince ancora Giorgia. Non a caso l’ istant sentiment realizzato in esclusiva per Adnkronos da Vis Factor nell’immediatezza dell’incontro Meloni- DeLuca fu già una sentenza. Nella maggioranza dei commenti a favore di Meloni – ben il 56%- sottolineavano coraggio, franchezza, presenza di spirito del presidente del Consiglio. Spirito e franchezza che manca del tutto a sinistra, che chissà quando si riprenderà da questo doppio successo della premier: avere fatto rinascere il Parco Verde di Caivano, teatro fin’ora di stupri, spaccio e criminalità; ed essere entrata contemporaneamnte negli incubi più tetri di una sinistra triste. Sempre più ostaggio della propria incapacità di ancorarsi a un sentimento popolare. Anche ora che il meme ironico “Vota quella stronza della Meloni” sta furoreggiando, le dosi di Maalox dovranno essere raddoppiate.
Un’ altra mossa comunicatica che fa impazzire la sinistra salottiera
Qualche esempio. L’editorialista del Corriere, Beppe Severnini ad Otto e mezzo ha affermato che “Meloni dovrebbe imparare il decoro verbale”. Fittipaldi urla un “Mi vergogno” a Tagadà. Lella Costa, attrice e sceneggiatrice, femminista, dal salotti di “Di martedì” afferma che la frase di Meloni a De Luca “è una forma di bullismo”. Alla faccia della solidarietà femminile… Ed Elisabetta Picoclotti di Avs ha tuonato: “Il prossimo passo che farà il presidente del Consiglio qual è? La lotta nel fango?” Zittita da un imperturbabile Italo Bocchino, direttore editoriale del Secolo d’Italia: “Ciò che ha detto Meloni è un grande esempio di comunicazione. Finalmente De Luca impietrito”. Insomma, ancora una volta la sinistra non capisce che la sfida ha avuto un solo vincitore: il premier. Anche oggi assisteremo a varie lezioni di galateo istituzionale a puntate? Un ultimo appunto merita il ridicolo furore di Giuseppe Conte, ospite di Floris. Anche l’ex premier in pochette ha stigmatizzato le parole della premier. A tacitarlo Francesco Storace: “Ma come? Sei il leader del partito del vaffa e ti scandalizzi?”…
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Storia Di Musica #304 - Bob Dylan, Bringing It Al Back Home, 1965
Ogni anno ho raccontato un disco di Bob Dylan. Prescindere da Dylan è impossibile per il rock, e arriva in luoghi, stili e musicisti che a prima vista sembrano lontani anni luci da lui. Eppure, il suo è uno degli ingranaggi cruciali che mette in moto la macchina della musica popolare occidentale (e non solo) che è arrivata fino ad oggi. Il disco di oggi è l'occasione per un viaggio alquanto insolito, che svelerò alla fine, per chiudere il 2023 musicale. Il disco di oggi nasce da alcune idee che erano state scartate per quello precedente, Another Side Of Bob Dylan del 1964. Sebbene ancora legato al folk, quel disco scopre un lato introspettivo che il Dylan di quei tempi ancora doveva scandagliare: inizia quindi a mettere di lato (sebbene non lo abbandonerà mai del tutto) il lato politico e sociale (dello stesso anno è The Times They Are A-Changin') per quello privato. Inoltre c'è la necessità musicale di legare insieme il folk dei primordi con le nuove pulsioni del rock'n'roll, che secondo Dylan gli permetterebbero maggiore libertà creativa. Decide quindi di andare a vivere in una piccola villetta di campagna a Woodstock, proprio a pochi km dalla spianata che pochi anni più tardi fu teatro di una immensa folla rock, casa di proprietà del suo manager Albert Grossman. Dylan adora quel posto, e ci passa tutta l'estate. Dopo pochi giorni, è raggiunto da Joan Baez, che racconta la routine del menestrello di Duluth: passava la giornata alla macchina da scrivere, accompagnato incessantemente da sigarette e bottiglie di vino, e spesso nel cuore della notte avendo avuto una intuizione si metteva a scrivere senza soluzioni di continuità. Dylan è cauto, e affina tutti i particolari: alla prima sessione di registrazione canta da solo acustico. Il giorno dopo, 14 Gennaio 1965 che nella storia del rock è un giorno importante, si presenta con una band elettrica: i chitarristi Al Gorgoni, Kenneth Rankin, e il grande Bruce Langhorne, il pianista Paul Griffin, i bassisti Joseph Macho Jr. e William E. Lee, e il batterista Bobby Gregg. Registrano per ore, e le canzoni volano veloci e in poche ore, quando è notte fonda, è pronto metà disco. La sera successiva, il 15 Gennaio, Dylan dopo cena si presenta con una nuova band, tra cui John P. Hammond, che diventerà suo fido braccio destro negli anni a seguire, e John Sebastian, che diventerà famoso con i Lovin' Spoonful. Di questa sessione però non fu salvato nulla, così il 16 torna in studio con tutti i musicisti e finisce di registrare il disco. Che secondo il racconto dei presenti fu tutto di first takes, cioè canzoni registrate e considerate buone dopo solo una registrazione. Dylan, timoroso che il passaggio totale alla musica elettrica fosse un passo troppo lungo, decide di dividere il disco a metà con canzoni vecchia maniera musicalmente, ma che nei testi e nelle idee lo propongono del tutto nuovo: un surrealismo fantastico che lega Rimbaud alla beat generation, e che inizia a popolare lo scenario della musica giovanile di luoghi e personaggi che diventeranno archetipi.
Il 22 Marzo 1965 viene pubblicato Bringing It All Back Home dalla Columbia. Verrà distribuito in alcuni paesi con il titolo di Subterrean Homesick Blues, nome del primo singolo, ma ciò che importa è che è uno dei più grandi dischi di Dylan, ergo, è uno dei più grandi dischi della storia del rock. Perchè riesce nell'intento che si era prefissato, cioè trovare un legame credibile tra la tradizione folk, il blues e il nascente rock, creando paesaggi lirici che sconvolgono, consegnando alla storia canzoni mito su cui tutti hanno preso spunto. La sequenza di canzoni è ormai a quasi 60 anni dall'uscita un greatest hits: Subterrean Homesick Blues è il biglietto d'ingresso nel mondo elettrico, e passa anche alla storia per l'innovativo videoclip, famosissimo e stracitato, di Dylan con i cartelli di parole chiavi del testo, con Allen Ginsberg che passeggia sullo sfondo di una vecchia fabbrica in rovina. Il testo, che utilizza anche espressioni da strada, è una infinita carrellata di riferimenti, più o meno chiari, alla società, alla politica, al giornalismo, e inizia a creare delle espressioni che diventeranno futuri slogan tra studenti, manifestanti per i diritti civile e così via (il più famoso You don't need a weather man\To know which way the wind blows). She Belongs To Me è l'ennesima novità stilistica: la prima figura di "donna ammaliatrice" (definizione di uno dei massimi studiosi di Dylan, Robert Shelton) con cui esiste un rapporto difficoltoso, sebbene non si sappia chi sia realmente l'spirazione, le più accreditate sono Suze Rotolo, la sua ex fidanzata che sta con lui sulla copertina di Freewheelin' Bob Dylan, Joan Baez, sua sodale, Nico, la cantante svedese che conobbe alla Factory di Warhol e che canterà con i Velvet Underground o forse Sara Lownds, quella che diventerà sua moglie poche settimane dopo l'uscita del disco. Ogni canzone diventerà un'icona: Maggie's Farm, probabilmente un blues contro ogni forma di sfruttamento; On The Road Again è una dichiarazione profetica sul rapporto Dylan-successo, dove il primo spesso sceglie la lontananza e l'autoesilio, impaurito da quello che succede; It's Alright, Ma (I'm Only Bleeding), tutta acustica, è uno dei massimi capolavori lirici dylaniani, con una carrellata drammatica per tensione e suggestione di immagini e sensazioni che esprimono un impellente desiderio di critica nei confronti dell'ipocrisia, del consumismo, dei sostenitori della guerra, e della cultura americana contemporanea, che rispetto al Dylan folk stavolta non si risolve in un ottimismo rivoluzionario, ma in un arrabbiato status quo da osservare. Ricordo altre due perle: It's All Over Now, Baby Blue, Dylan alla chitarra acustica e all'armonica a bocca e William E. Lee al basso come unica strumentazione, è un'altra ballata storica, dai mille significati (chi sia o cosa sia Baby Blue, per esempio) ma la canzone più famosa è senza dubbio Mr. Tambourine Man, altra canzone dai mille significati e simbolismi, che diventerà un soprannome dello stesso Dylan, e oggetto di centinaia di saggi, anche accademici, alla ricerca dei messaggi più reconditi di questo vagabondo con tamburo intento a suonare una canzone per lui mentre la notte sta per terminare avviandosi verso il mattino tintinnante.
Il disco è un successo: numero 6 nella classifica americana, addirittura numero 1 in Gran Bretagna, dove in quei mesi inizia una vera e proprio Dylanmania. E sarà uno dei più coverizzati di sempre: i Byrds lo riprenderanno quasi del tutto, e molte delle loro versioni di questi brani diventeranno famose, anche per l'uso nelle colonne sonore, da ricordare quelle in Easy Rider. Ma non tutti furono folgorati, e non posso non ricordare l'episodio che avvenne al Festival Di Newport: il 25 luglio 1965 Dylan si presentò sul palcoscenico non come cantante solista con chitarra e armonica come suo solito, ma con una chitarra elettrica accompagnato dalla Paul Butterfield Blues Band, formidabile band di blues elettrico. Qui succede questo: non si sa nemmeno bene se fosse colpa dell'acustica che non funzionava, ma il pubblico iniziò a fischiare Dylan, che dopo un paio di brani lasciò il palco; gli organizzatori lo convinsero a ritornare, solo con armonica e chitarra, per una sessione solo acustica che leggenda vuole finisca con It's All Over Now (Baby Blue), da allora canzone anche per sancire un passaggio epocale nella vita delle persone deluse dai cambiamenti.
Rimane da raccontare la copertina: Daniel Kramer con una lente distorsiva fotografa Dylan in un salotto con una donna, Sally Grossman, moglie dell'allora manager di Dylan, Albert Grossman. Sul tavolino tra i due dischi famosi Keep On Pushing de The Impressions, King Of The Delta Blues Singers di Robert Johnson, India's Master Musician di Ravi Shakar, Sings Berlin Theatre Songs by Kurt Weill di Lotte Leyna e l'amico Eric Von Schmidt con The Folk Blues Of Eric Von Schmidt; dietro Sally Grossman, seminascosto da un cuscino, c'è il lato superiore della copertina dell'album Another Side Of Bob Dylan, e sotto il suo braccio destro, una copia della rivista Time con Lyndon B. Johnson in copertina. Sulla mensola del camino, alla sinistra del dipinto, si vede l'album di Lord Buckley The Best Of Lord Buckley. Compare un gatto, che si chiamava Rolling Stone, Dylan indossa dei gemelli regalati da Joan Baez e in primo piano, in basso a sinistra della fotografia, campeggia un cartello con su scritto Fallout Shelter (rifugio antiatomico). Questo tavolino sarò il punto di partenza di nuove storie, nel nome di Dylan e di uno dei dischi fondamentali della storia.
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Museo Teatrale alla Scala
a cura di Giampiero Tintori e Angelo Fedegari
Foto Mario Carrieri
Testi di Massimo Alberini, Paolo Beonio Brocchieri, Joice Brusa, Giorgio Lise, Alberto Lorenzi, Mario Monteverdi, Giovanni Pellini, Giampiero Tintori, Marco Valsecchi.
Banca Popolare di Milano, Milano 1971, 199 pagine, 26,5x34cm,
euro 25,00
email if you want to buy booksinprogressmilano@yahoo.it
Ottimo testo con un excursus su tutto ciò che contiene il Museo Teatrale alla Scala di MIlano : i cimeli archeologici,le pitture e le statue, la scenografia e i costumi, le stampe e i manifesti, le miniature, le ceramiche, i pastori per presepe napoletano, le marionette e i burattini, gli autografi, il medagliere, gli strumenti musicali, il teatro extraeuropeo, le edizioni secentesche del Teatro italiano nella Biblioteca Simoni, la raccolta fotografica
17/02/25
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Serata Goldoniana ad Alessandria: Cena Veneta e Commedia con "Innamorati" di Carlo Goldoni. Un evento imperdibile il 26 ottobre alla Ristorazione Sociale di Alessandria, con cena e spettacolo teatrale diretto da Simona Barbero
Il 26 ottobre 2024, la Ristorazione Sociale di Alessandria ospiterà una serata all'insegna del teatro e della tradizione culinaria veneta, con la "Serata Goldoniana".
Alessandria. Il 26 ottobre 2024, la Ristorazione Sociale di Alessandria ospiterà una serata all’insegna del teatro e della tradizione culinaria veneta, con la “Serata Goldoniana”. L’evento inizierà alle 20:00 con una cena tipica veneta, seguita alle 21:30 dalla messa in scena della commedia “Innamorati”, diretta da Simona Barbero. Il costo della serata, che include sia la cena che lo spettacolo,…
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𝚃𝚛𝚊𝚖𝚊 :: Angelo Duro fa l'autista di notte raccattando gli adolescenti ubriachi fuori dalle discoteche. La sorella, che non sentiva da anni, una mattina lo chiama per responsabilizzarlo sulla gestione dei genitori anziani di cui lei si è sempre e sola preoccupata. È estate, ha una vacanza programmata e gli implora di darle il cambio. Prima riluttante, Angelo Duro accetterà l'incarico nell'ottica di vendicarsi con loro di tutto quello che gli hanno vietato o costretto di fare da piccolo. Gennaro Nunziante, il regista dei primi film con Checco Zalone e con Pio e Amedeo, costruisce una cornice da commedia irriverente e paradossale sul personaggio comico, popolare in tv e al teatro, di Angelo Duro.
𝙶𝚞𝚊𝚛𝚍𝚊 Io sono la fine del mondo 𝚜𝚝𝚛𝚎𝚊𝚖𝚒𝚗𝚐 𝙸𝚃𝙰 𝚒𝚗 𝚊𝚕𝚝𝚊 𝚍𝚎𝚏𝚒𝚗𝚒𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎 𝚜𝚎𝚗𝚣𝚊 𝚕𝚒𝚖𝚒𝚝𝚒 𝚐𝚛𝚊𝚝𝚒𝚜 𝚜𝚞 𝙲𝚒𝚗𝚎𝙱𝚕𝚘𝚐𝟶𝟷. Io sono la fine del mondo (2025) 𝚜𝚝𝚛𝚎𝚊𝚖𝚒𝚗𝚐 𝙲𝙱𝟶𝟷 𝚏𝚒𝚕𝚖 𝚌𝚘𝚖𝚙𝚕𝚎𝚝𝚘 𝙸𝚝𝚊𝚕𝚒𝚊𝚗𝚘. 𝚂𝚌𝚊𝚛𝚒𝚌𝚊 𝚏𝚒𝚕𝚖 Io sono la fine del mondo 𝙷𝙳 𝟽𝟸𝟶𝚙, 𝙵𝚞𝚕𝚕 𝙷𝙳 𝟷𝟶𝟾𝟶𝚙, 𝚄𝚕𝚝𝚛𝚊 𝙷𝙳 𝟺𝙺.
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da Eugene Ionesco, Relazione per una riunione di scrittori (febbraio 1961) in Note e contronote, Scritti sul teatro, pp.142-143
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Osservate la gente correre indaffarata, nelle strade.
Non guardano né a destra né a sinistra, preoccupati, con gli occhi fissi a terra, come cani. Tirano diritto, ma sempre senza guardare davanti a sé, poiché coprono un percorso già risaputo, macchinalmente.
In tutte le grandi città del mondo le cose stanno così. L'uomo moderno, universale, è l'uomo indaffarato, che non ha tempo, che è prigioniero della necessità, che non comprende come una cosa possa non essere utile; che non comprende neppure come, in realtà, proprio l'utile possa essere un peso inutile, opprimente.
Se non si comprende l'utilità dell'inutile, l'inutilità dell'utile, non si comprende l'arte; e un paese dove non si comprende l'arte è un paese di schiavi o di robots, un paese di persone infelici, di persone che non ridono né sorridono, un paese senza spirito; dove non c'è umorismo, non c'è il riso, c'è la collera e l'odio.
Poiché queste persone indaffarate, ansiose, tese verso un fine che non è un fine umano o che è solo un miraggio, improvvisamente possono, al suono di chissà quali trombe, al richiamo di qualunque folle o demone, lasciarsi trascinare da un fanatismo delirante, da una qualsiasi violenta passione collettiva, da una nevrosi popolare.
# Eugene Ionesco
# drammaturgo
#'900
#teatro dell' assurdo
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"Mi chiamo Caryn Elaine Johnson, ma tutti mi conoscono come Whoopi Goldberg. Sono un’artista Egot (ossia il poker dei massimi riconoscimenti americani dello spettacolo: Emmy, Grammy, Oscar e Tony) a significare un’attrice che si è misurata con tutto: televisione, musica, cinema e teatro. Dicono abbia una simpatia travolgente e una carica di energia capace di andare in Vaticano e chiedere a papa Francesco di recitare in Sister Act 3 e di rilanciare nel mio show americano l’omaggio fattomi da Fiorello in tv.
Ho vinto l'Oscar come miglior attrice non protagonista per Ghost - Fantasma nel 1990 (seconda donna afroamericana dopo Hattie McDaniel, la Mami di Via col vento) e sono stata candidata come miglior attrice protagonista per Il colore viola di Steven Spielberg. Ho anche vinto due Golden Globe, due Emmy, un Saturn Award, quattro People's Choice Award, cinque Kids' Choice Award, sette Image Award, due Drama Desk Award e un Bafta. Nel 2002 mi è stata assegnata una stella nella Hollywood Walk of Fame.
Ho diretto e prodotto documentari, musical e film acclamati da pubblico e critica. Sono attivista per i diritti umani, il sostegno della ricerca contro l'Aids e i diritti dell'infanzia. Sono apparsa in innumerevoli trasmissioni e serie tv americane e, tra le altre, ho condotto insieme a Billy Cristal e Robin Williams nove stagioni di Comic Relief, uno speciale televisivo benefico a favore dei più svantaggiati. Dal 2007 sono una delle conduttrici della popolare trasmissione e progressista della Abc, The View."
A 68 anni ho scritto la mia autobiografia dal titolo "Frammenti di memoria".
Nel memoir, che ho scritto anche per superare il lutto di mia mamma Emma, mi racconto a partire dalla mia infanzia (nelle case popolari di New York, le gite a Coney Island, gli spettacoli di pattinaggio artistico sul ghiaccio e le visite ai musei) alla mia carriera, successi e fallimenti. Il libro è un omaggio alle figure cardine della mia vita, mia madre e mio fratello Clyde, entrambi venuti a mancare negli ultimi anni. Mia madre, orgogliosa, pratica e indomabile, ha trasmesso a noi figli l’amore e la saggezza necessari per riuscire nella vita, incoraggiandoci sempre a essere onesti almeno verso noi stessi."
Whoopi Goldberg
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DANILO REA_OPERA IN JAZZ
Per rendere “simpatico” il jazz al grande pubblico non c’è strada migliore che cercare di renderlo digeribile con ibridazioni e ammiccamenti con i ritmi della grande musica popolare. Operazioni simili si sono già viste alla televisione, per esempio per la danza, basta ricordare le trasmissioni televisive di Roberto Bolle che si è prestato a questa operazione di grande divulgazione (e quindi forse anche Andrea Bocelli andrebbe ascritto ai grandi divulgatori in campo musicale per la lirica). Un’operazione simile con il jazz la fa Danilo Rea che a JazzMI ha presentato, sabato scorso al Teatro della Triennale di Milano (ex-Teatro dell’arte), “Opera in jazz”, operazione piuttosto compressa, volta a portare il jazz a dialogare con i grandi interpreti del passato della lirica italiana. Pezzi ed arie celeberrime dell’opera lirica sono rielaborate al pianoforte in chiave jazzistica, mentre su uno schermo scorrono immagini, fotografie e filmati storici degli interpreti dell’opera. Si incomincia con una “Casta diva” nella memorabile e irraggiungibile interpretazione di Maria Callas da “Norma” di Vincenzo, Bellini, si prosegue con “Una furtiva lagrima” dall’ “Elisir d’amore” di Gaetano Donizetti, cantata da Enrico Caruso, e via via fino ad arie meno consumate dall’uso, ma sempre di grande impatto, concludendo, per il bis, con la canzone italiana per eccellenza, ovvero quel “O sole mio” di Alfredo Mazzucchi e Eduardo Di Capua, celebrata, cantata e ricantata in tutto il mondo con una impennata di celebrità in questo nuovo millennio. E il jazz? Bisogna riconoscere che, nonostante queste operazioni siano sempre un po’ rischiose, il risultato è assolutamente pregevole, date anche le capacità tecniche di prim’ordine di Danilo Rea. Non era facile, come lo stesso Rea ha ricordato dal palco al folto pubblico, dialogare con un cantante o una cantante che in realtà non ti ascolta, la cui voce, anzi la cui registrazione monofonica della voce, proviene dalla notte dei tempi della musica riprodotta. Rea riesce eccellentemente nell’operazione, tanto che qualche aria sembra continuare naturalmente nella sua tastiera poliedrica. Se qualche dubbio resta, almeno a me, è il senso generale dell’operazione, come se il jazz non bastasse a sé stesso e altrettanto vale per l’opera lirica. Ma io oltre a non fare testo, sono sempre un po’ troppo esigente e un po’ troppo rigoroso, anche con me stesso, e queste “scampagnate musicali” mi sembrano sempre un po’ delle operazioni azzardate. Quelle che invece sembrano proprio di difficile digestione, sono le immagini proiettate sullo schermo, di una bruttezza e di un cattivo gusto esemplari: elaborazioni elettroniche di rose che fioriscono, fiocchi di neve da centro commerciale, bolle, riflessi, ombre e tramonti napoletani degni di una pizzeria. Forse, se proprio necessario, sarebbe bastato proiettare le rare immagini della Callas, di Beniamino Gigli, di Mario del Monaco o di Mascagni, Rossini e Puccini nel loro originale e fascinosissimo b/n. Spero soltanto che il Roberto Grossi che ha curato la parte video della serata, non sia lo stesso Roberto Grossi, ex studente nella mia stessa scuola e scenografo di mia conoscenza, perché sarebbe la fine di una amicizia…

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Pronto ciao, sono Marcello.
...Di me, come attore se n'è parlato tanto, come uomo, ho preferito che se ne parlasse il meno possibile, perché la mia vita, per quanto accetti il compromesso che il pubblico possa sognare, vorrei che fosse solo cosa mia. "Non sono un catalogo da sfogliare", per intenderci non voglio essere privato dal titolo "nobiliare" di individuo, seppur il mio profilo risulti immediatamente riconoscibile. Sarei disonesto se dicessi che essere popolare non mi abbia aiutato, ma quello che si vede è puramente materiale, superficialmente labile. A chi importa, quante scarpe ho, che orologi indosso, quante rughe ho sul mio volto? Quello che in realtà io sono, è una tavola apparecchiata che faccia spazio a chi ha voglia di sedersi, una casa da progettare e abitare, un camino acceso e tante chiacchiere tra qualche sigaretta che si lascia consumare. Una telefonata, per parlarti. È per questo che ti chiamo, per dirti che: Io sono una malinconia, un'ironia, una solitudine da colmare. Io sono la mia ignoranza, la mia pigrizia, la mia ricchezza, la mia stessa rabbia. Bada bene, non parlo della mia unicità, siamo un po' tutti fatti così. Io, non mi sono mai sentito arrivato, fino alla fine non ho mai smesso di correre. Fino-alla-fine. Ho sempre giocato a fare Marcello che faceva l'attore. Perché la vita come nel teatro, nel cinema, l'ho presa come un bellissimo gioco, a cui bisogna partecipare. Qualche volta, ho perso, qualche volta ho vinto. Ma alla fine cosa importa? Beh, ora ti devo proprio lasciare, telefonami tra vent'anni, un abbraccio, ciao.

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