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“ Mentre gli europei impiegavano le lenti per costruire microscopi, telescopi ed occhiali, i cinesi si divertivano ad adoperarli come giocattoli incantati. Lo stesso fecero con gli orologi. Lenti, orologi ed altri strumenti erano stati inventati in Europa per soddisfare esigenze quali sperimentate da uno specifico ambiente socioculturale. In Cina queste invenzioni piovvero casualmente dal cielo e i cinesi le riguardarono come divertenti stranezze. I migliori intelletti si dedicavano all'arte e alla filosofia, non alle scienze. Come osservò padre Ricci, «alla matematica come alla medicina non si applicano se non persone che non possono studiare bene le loro lettere per il puoco ingegno e habilità; e così stanno queste scientie in bassa stima e fioriscono assai puoco. I gradi più solenni sono quelli delle scienze morali». In Cina non era il mondo cittadino a scandire il tono della cultura. In una società composta essenzialmente di una élite di literati nutriti alle discipline classiche e di una vasta massa di contadini che, come nota il dr. Chiang «misuravano il tempo in termini di giorni e di anni e non di minuti o di ore», l'orologio aveva scarse possibilità di imporsi come strumento di pratica utilità. Perché ciò accadesse, si sarebbe dovuto verificare un completo ribaltamento della società, delle sue strutture e dei suoi bisogni. La macchina ha ragion d'essere solo come espressione della risposta dell'uomo ai problemi postigli dall'ambiente e recepiti e interpretati traverso il filtro della cultura prevalente. “
Carlo M. Cipolla, Le macchine del tempo. L'orologio e la società (1300-1700), Il Mulino (collana Intersezioni, n° 169), 2008 [1ª ed.ne 1981]; pp. 71-72.
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ERA UNA FAMIGLIA NORMALE DI GRAN LAVORATORI
E tutte le volte mi viene da dire 'E allora pensa se era una famiglia strana di gente che non aveva voglia di fare un cazzo'... ma poi correggo i miei pensieri ingiusti e mi risovviene quella frase di Bocca con cui commentava la visita a un'operosa cittadina del Nord Italia:
«Fare soldi, per fare soldi, per fare soldi: se esistono altre prospettive, chiedo scusa, non le ho viste»
E penso a quelle migliaia di persone giovani, di cui ogni tanto qualcuna 'normale' sbrocca e fa una strage in famiglia, senza saper dare un perché che accontenti una società normale di gran lavoratori.
'I genitori gli hanno dato tutto e loro li hanno uccisi!'
Da genitore posso dire che già è difficile fare qualcosa di giusto per i propri figli, figuriamoci dar loro TUTTO... o forse si riferiscono ai bisogni basilari - casa, cibo, riscaldamento, soldi - moltiplicati all'eccesso per poi poter dire 'Non gli ho fatto mancare nulla!'
E no... se ti ritrovi la parte sbagliata di un coltello nel fegato e all'altra estremità c'è quello a cui non hai mai fatto mancare nulla, forse due domandine te le dovevi fare per tempo e non ora che ti si annebbia la vista per lo shock da ipovolemia emorragica.
A distanza di decine di anni ricordo ancora le parole di un docente che davanti a noi studenti disse ai suoi colleghi 'Ok il programma che deve andare avanti ma tutte le volte che ci voltiamo per non ascoltare i loro bisogni è un calcio in culo con cui li facciamo crescere soli e rabbiosi'.
Fu in quel momento che decisi quale tipo di adulto sarei voluto diventare.
E ora sono una persona abbastanza vecchia, le mie figlie sono grandi e se non mi hanno accoltellato prima non credo che oramai lo faranno adesso, sono dolente per la solitudine a cui molti sono condannati pur seduti al caldo con molti parenti davanti a una tavola imbandita e vorrei fare qualcosa di più che non incazzarmi per la furba tendenziosità dei titoli di giornale con cui ci si chiede 'Ma cosa gli sarà preso a quel figlio? Cosa sarà passato in mente a quella figlia?'
Nulla.
E a volte è proprio il nulla che ti divora da dentro.
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Vi penso... e per quanto possa valere, vi voglio bene.
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Lettera aperta a tutti quelli che che mi hanno conosciuto.
Passano gli anni ma mi rendo conto che chi sta meglio di me in realtà sta peggio.
Persone che ho sempre voluto vedere felici, che mai avevo visto nemmeno di persona, hanno cercato di usarmi pensando fossi ingenuo, ma la bontà non è sinonimo di ingenuità, di debolezza, io ho aperto le porte a chiunque, perché dentro non smetterò mai di abbandonare quel bambino che sono stato, che condivideva anche i sorrisi che non aveva per sé stesso, ma che non avrebbe passato la notte se avesse saputo che il suo “amichetto/a” il giorno dopo avesse avuto il broncio.
Perché siete “cresciuti” dando spazio all’odio?
Perché anziché promettere ad altri non promettete a voi stessi di ritrovarvi?
Di guardarvi dentro una volta tanto, e affondare nel male che avete condiviso con me, anziché condividere quella parte di “esseri umani” che era ancora insita in voi?
Se foste stati di parola, come a quegli anni, non mi avreste mai abbandonato, così dicevate.
Vedere lasciare soffrire una persona non rientrerà mai nei mei pensieri, anche se fosse qualcuno che, come successo fino all’altro ieri, ha fatto di tutto per mettermi i bastoni fra le ruote, no, perché so che anche il peggiore ha dentro qualcosa di positivo da condividere con chi gli sta accanto, solo che non lo sa, ma anche se fosse, non ci proverebbe minimamente a mostrarlo, l’egoismo è letale.
Parto sempre dal presupposto che non ho lezioni da dare a nessuno, sono anni che passo muto ad osservarvi, non ho mai commentato una virgola, chi sarei per farlo?
È proprio per questo, che ho preso in mano una penna e ho iniziato a sfogare tutto ciò che avevo dentro, quello che avrei voluto dirvi, ma sarebbero stati guai a raccontarvi quello che provavo, perché un consiglio oggi è visto come una condanna.
Eppure vi ho sempre lasciato sfogare con me, vi ho sempre ascoltato, anche quando ne avevo le palle piene, avevo i problemi a casa con mia mamma e la sua maledetta malattia, io per anni non sono esistito per voi, ma non me ne vergogno, ho ammesso anche io i miei sbagli, ho chiesto scusa, anche quando non non mi andava di farlo, e soprattutto quando non c’era motivo per scusarmi, ma pensavo: “Magari domani sanno che potranno sfogarsi nuovamente con me, si sentiranno più liberi dal peso che questa società ci scaglia addosso”.
Quanto male mi son fatto!
Ma rifarei di nuovo tutto, vi verrei di nuovo incontro, vi vorrei vedere sorridere solo a sentirmi parlare, vi vorrei tutti più uniti, come da piccoli ricordate?
Non c’era bimbo/a che stesse solo.
Perché qualcuno andava a recuperarlo, anche a costo di restarci solo assieme.
Ma abbiamo dimenticato, come si dimentica la storia, stessa identica cosa.
Di voi ricordo ciò che dicevate tutti: “Mattia non cambiare non diventare come gli altri, hai qualcosa in più che non riuscirò mai a spiegarti”, questa frase me la ricordo ogni mattina quando mi sveglio, da quanti anni ormai? Troppi.
Permettetemi una domanda?
Perché voi siete cambiati?
Per piacere a gente che poi vi ha fatto lo stesso gioco che avete fatto con me?
Perché farsi del male da soli?
Perché arrivare a non guardarsi più in faccia?
E poi c’è ancora qualcuno che pensa di cambiare il mondo?
Sì, uno ce n’era, il sottoscritto, ma non voleva cambiare il mondo, solamente la sua generazione, il mio sogno più grande, che continuerò anche se con molto sconforto, a portare avanti, “UNO CONTRO TUTTI”, chissà se ora qualcuno, capirà/collegherà tante mie frasi passate a cosa fossero collegate.
Siete riusciti a darmi contro per una canzone su ciò che ho vissuto sulla mia pelle, e sono stato zitto, scendeva una lacrima, ma stavo zitto, so che qualcuno ancora l’ascolta e sappiate che vi leggo spesso nei commenti, e mi fa sorridere il fatto proprio da chi mi “odiava” ingiustificatamente alla fine è finito a farmi i complimenti, ma no, io non voglio queste cose, voglio solo capire perché un giorno disprezzate e l’altro apprezzate una persona come nulla fosse, ma non sapreste spiegarmelo, ne sarei sicuro.
Io ho tanti di quei testi scritti negli ultimi anni, che spesso mi faccio paura da solo, non mi rendo conto di quanti ne scrivo, di quante cose il cuore comunica alla mano che spesso trema, come non volesse accettare quelle cose, ma deve, dobbiamo, accettare tutto in questa vita, ma io in primis non vorrei mai.
Come non ho mai accettato le malattie di mia madre, la morte degli unici amici che avevo fin da quando ero adolescente, che sono gli angeli in terra che hanno evitato quel pensiero maledetto che avevo di togliermi la vita…ma qui mi fermo, perché ognuno di noi non accetta il passato, quindi si blocca, respira, e sa, che se continuasse a pensare a tutto ciò, prima o poi sarebbe lui stesso ad andarsene.
Purtroppo la rabbia generata dalla mia generazione, da chi è passato per la mia anima, e dai quali ho voluto assorbire, pur di evitare di vedervi soffrire ancor di più, mi ha ucciso dentro.
Voi tutti qui, fuori da qui, avete visto Me per quel poco che mi è rimasto da far vedere esteriormente, con un maledetto sorriso che non farò mai mancare a nessuno, gentili o meno che siate con me; quelle poche volte che stavo al centro estivo le animatrici mi dicevano che un mio sorriso giornaliero, era la carica per tutti i ragazzi dello staff, e chi sono io per tenere musi?
Dentro non esisto più, da anni, ma sto cercando di recuperarmi, pezzo per pezzo, forse non mi basterà il resto della vita, ma voglio ritrovarmi anch’io.
Il “numero uno” non esiste, qui dietro al mio essere, c’è solo tanta fragilità, tanta voglia di donare amore, un po’ di spensieratezza, anche se momentanea, di rialzare chi è a terra e spronarlo a rigenerarsi, assieme, mai da soli.
Questa società c’ha fatto sbranare fra di noi, fatto credere che uno potesse essere meglio dell’altro, che potesse avere tutti ai suoi piedi, e noi ci abbiamo creduto, dai più piccoli ai più grandi, passando da un social alla vita reale, visto che ormai non c’è più differenza fra quest’ultime.
Voglio essere sincero con me stesso fino all’ultimo, anche a costo di perdere qualsiasi cosa ma mai la dignità, quindi risponderò a semplici domande che mi son state fatte negli ultimi anni, alle quali non ho mai voluto dare risposta.
Cos’è l’amicizia?
Puro opportunismo.
Cos’è l’amore?
A 16 anni ti avrei risposto, quello che ha verso di me mia madre, piange, urla *silenziosamente* dai dolori, passa settimane a letto, ma rinasce quando mi vede felice, anche se solo per un giorno.
Oggi?
La stessa cosa.
Il significato del termine “amore” mi ha aperto gli occhi mentre pensavo inconsciamente di viverlo, ma andando avanti si inciampa negli errori degli anni passati, e l’amore per giunta non è mai stato amore, è sempre quel qualcosa con una data di scadenza, una parola inventa per stupire un pubblico di creduloni, sii sincero, per quante forme possa avere l’amore, come può essere chiamato tale, se siamo nati con l’odio e il disprezzo reciproco dentro?
E tu come ultima cosa mi hai domandato perché scrivo?
Perché tutto ciò chi mai avrebbe avuto il coraggio di ascoltarlo?
Vi abbraccio con tutte le mie paure, spoglio di tutto ciò che negli anni non ho saputo tenermi stretto, consapevole che domani potrei non esserci più, e sicuro di aver raccontato tutto di me, perché l’oscurità non mi appartiene, e so di essere stato messo al mondo con uno scopo;
come ognuno ha il suo, io ho il mio, quello di far farvi splendere nel vostro piccolo, anche se per poco, assieme a me.
Chiudo mandando un abbraccio forte a mia mamma, il delfino che mi porto sempre in tasca da quando ero piccolo, per ricordarmi che non sono mai solo, anche nei momenti più disperati, mio padre, che nonostante le voragini d’incomprensioni conta su di me, per i vostri sacrifici, mi metto dalla vostra parte e riconosco tanti miei errori ingiustificabili, un abbraccio forte a tutte quelle persone che conosco e ho conosciuto che stanno passando dei brutti momenti, del resto non c’ha mai uniti così tanto il male quanto il bene…e a te che sei arrivato fin qui, l’unica cosa che chiedo sempre a tutti dopo un semplice ma per molti ormai banale: “Come stai”?! Ricordati di farti un sorriso appena puoi.
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Hai mai festeggiato un fallimento?
Sei mai andato da tuo figlio con una guantiera di dolci dopo che non ha passato un esame?
Ti sei regalato il tuo profumo più caro dopo che hai ricevuto un due di picche al lavoro?
Hai prenotato al ristorante preferito dopo aver fatto una gaffe che nemmeno una cancellazione di memoria toglie via le emozioni scritte sulla pelle?
Non penso. Penso che il ragionamento a cui ti ha portato questa società è che i premi vanno ai vincitori e ai perdenti vanno due calci in culo.
Peccato che i vincitori sono quelli che si rialzano e trovano rimedi, soluzioni, alternative e ricominciano.
Peccato che il fallimento, come scrisse qualcuno, non è una strada... è l'unica strada!
Quindi la prossima volta che ti va male qualcosa pensa a premiarti per il modo in cui ti rimetti in piedi e per il fatto che non dubiterai di farlo, perché il resto conta un cazzo e di certo non te lo porti nella tomba.
L'esperienza invece, quello che determina le tue azioni, si inscrive nel DNA del tuo Essere.
E ti segue in coda ai tuoi talenti.
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Ho saputo che una collega (piuttosto arrogante ed elitista, in verità) ha 22 anni ed è al secondo anno di magistrale, il che implica che abbia finito la triennale a 21 anni esatti, o magari perfino prima di compierli. Senz’altro è stata favorita dal destino, perché tanto per cominciare ha iniziato la scuola a cinque anni, e come è risaputo di solito le famiglie che ti piazzano sui banchi di scuola quando ancora a stento minzioni e defechi in autonomia ti vogliono operativo per la società, brillante e scattante il prima possibile. Spesso, dicevo, è una profezia che si autoavvera e questo è uno di quei casi.
Ieri ho passato una giornata bella e distesa dopo molto tempo (laurea inclusa, ahimè, che mi è scorsa davanti come un insieme di fotogrammi frenetici e sempre impietosamente inframezzati dai dissesti di salute) ma soprattutto in cui mi sono sentita viva, fisicamente e intellettualmente, in cui ho molto camminato, immaginato e discusso, che sono tre tra le mie attività preferite al mondo, che qualcuno definirebbe gratuite solo perché è venuto al mondo con tutti gli ingranaggi integri.
La sera, ho raggiunto il culmine dell’eccitazione intellettuale della giornata vedendo la prima dell’Amica Geniale. Durante certe scene ho proprio ripreso contatto con me stessa e con certi miei aspetti sopiti e sviliti attraverso il monologo interiore di Elena e la forza di quelle parole. So che non è alta letteratura e non mi interessa; a discapito di una nostra certa reputazione certe storie fanno semplicemente al caso nostro, e quando le incontriamo non si compie che un incontro destinico. Arrivata la notte, quindi, dopo tanto tempo mi sentivo tronfia e trionfante, a dispetto di tutto, non curante per una volta del fatto che quello appeno trascorso non possa essere per impedimenti tecnici lo standard delle mie giornate. Altrimenti sarei stata altrove e con chissà quanti altri progetti a gonfiarmi il cuore. Comunque, ieri sera davvero non me ne importava un bel niente e mi facevo forte della mia bella, fluida (e per questo più unica che rara) giornata. Mi sono poi anche ricordata che in una delle nostre ultime telefonate quel controverso personaggio che è il mio relatore, il docente più odiato, temuto, frainteso, sbeffeggiato del dipartimento mi ha detto che quando scriveremo l’articolo a quattro mani mi toccherà una verifica della parte di cui sarà autore, onde evitare che non rispetti le informazioni della tesi “per assicurarsi che non abbia scritto cavolate”. Il terrore della facoltà mi chiede quindi da fargli da revisore di bozze per non tradire la natura del testo da me scritto. Chi avrebbe mai potuto dirlo? Quanta gloria, anche se arrivata in gran ritardo. Eppure, quando poco fa ho appreso le notizie biografiche sulla collega giovanissima ho provato di nuovo quel maledetto complesso di inferiorità, simile al malessere fortissimo che mi ha colto tutte le volte che ho presenziato a discussioni di tesi prima che arrivasse la mia. Ho naturalmente anche pensato che se relatore avesse incontrato lei anziché me ci avrebbe scommesso cento volte di più, non solo per la tenera e ancora malleabile età, ma soprattutto per la disponibilità sia monetaria che di salute ad aderire a possibili iniziative. Eppure non è successo: le parche non si sono prese la briga di filare questa particolare trama e hanno invece accordato la loro benevolenza alla mia. Quanto durerà? È mai iniziata davvero, mi chiedo? C’è qualcosa di ufficiale in ballo o tutto si risolverà in una trita accozzaglia di parole fatue e promesse vane, che ti fanno tirare avanti con corpo e mente per qualche giorno (o qualche settimana) per poi mandarti al tracollo perché, date le restanti circostanze di vita, altri appigli non possono fisiologicamente e materialmente esistere e/o ripresentarsi in una serie combinatoria altrettanto felice e favorevole? Non so dirlo. D’altronde, relatore non insegna né vive neanche più qui e proprio adesso sta attraversando una metamorfosi psichica massiccia che potrebbe facilmente distoglierlo, a dispetto di qualsiasi stima giurata, dalle promesse fatte. E infatti non ci sentiamo da un bel po’, ma non voglio pensarne male. Forse se la laureata a 21 anni fossi stata io, il mio percorso non sarebbe stato pronto ad accogliere certe congiunture che sono arrivate molto più in là, ma con grande forza vitale. Il fatto è che, come dico sempre a mia madre, non è che i problemi ci sono stati e ora son finiti. Ci sono ancora e anzi si sono complicati e sono peggiorati. Per cui non si può nemmeno dire:“eh vabbè, sei in ritardo, in grande ritardo, ma ora sei a completa disposizione”, perché semmai è il contrario. E non ho nessuno con cui mettere a fuoco tutto questo che non sia io stessa, senza che, eventualmente, il mio racconto venga distorto, per esempio per produrne facili soluzioni che comunque, per mia fortuna, insieme a molte altre operazioni cognitive semplificatorie per chi le compie, hanno smesso di offendermi.
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Quanto è bello parlare di arte, di musica, di filosofia, dei libri, della società, del passato, del dolore, dei sogni. Ne ho bisogno, amo le conversazioni vere, sono queste le cose che ci tengono in vita!
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All'attenzione del sig. Santa Claus.
Con la presente Le comunichiamo i reati di cui dovrà rispondere in tribunale.
1) Lei si è dichiarato "Babbo", contribuendo al diffondersi del patriarcato e offendendo chi non si riconosce nella famiglia tradizionale come specificato dalla legge Papà Castoro del 1995.
2) Lei ha più volte utilizzato il suffisso "Natale" in spregio alla società multiculturale odierna. È inoltre al vaglio degli inquirenti la sua appartenenza al gruppo suprematista "Bianco Natale".
3) Lei non possiede una slitta elettrica di ultima generazione ed è entrato in ZTL chiuse al traffico inquinante, accorciando la vita del pianeta a tre anni, nove mesi, quattro giorni, dodici ore e ventisette secondi. Ora ventisei.
4) Lei applica costantemente il Body Shaming ai danni degli elfi. Quest'ultimi risultano essere stati da Lei assunti con regolare contratto a tempo indeterminato, in spregio alla flessibilità del mondo del lavoro.
5) Lei ha più case di proprietà (di classe G) site in Lapponia e al Polo Nord su cui non sta pagando alcuna Imu. Inoltre Lei non è ancora passato al mercato libero delle luminarie.
Le verranno comunque riconosciute le attenuanti date dalla sua Body Positivity, in quanto Lei non si è mai vergognato del suo normalissimo peso, e dalla sua collaborazione con la multinazionale Coca Cola.
Cordiali saluti,
Ministero della Verità e della Bontà.
(Matteo Brandi)
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A 12 anni, limonavo con un quasi trentenne: non potrò mai essere pertanto moralista; negli anni '80 non era raro essere molto giovani, leggere Cioè, e frequentare qualcuno o più di uno, soprattutto se facevi parte d'un gruppo di amici o scout o dell'associazione cattolica.
𝐸𝑟𝑎𝑣𝑎𝑚𝑜 𝑝𝑟𝑒𝑐𝑜𝑐𝑖? 𝐸𝑟𝑎𝑣𝑎𝑚𝑜 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑚𝑎𝑡𝑢𝑟𝑖 𝑑𝑒𝑖 𝑟𝑎𝑔𝑎𝑧𝑧𝑖𝑛𝑖 𝑑'𝑜𝑔𝑔𝑖 ? No! Per nulla... 𝑬𝒓𝒂𝒗𝒂𝒎𝒐 𝒔𝒆𝒎𝒑𝒍𝒊𝒄𝒆𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒈𝒊𝒐𝒗𝒂𝒏𝒊 𝒆 𝒄𝒊 𝒈𝒐𝒅𝒆𝒗𝒂𝒏𝒐 𝒍𝒂 𝒗𝒊𝒕𝒂; a non farlo era chi non riusciva a sfuggire a genitori bigotti, esattamente come accade anche oggi.
Spesso, entrati nel mondo degli "adulti" si rinnega il passato e lo si ripulisce da ciò che la società contemporanea condanna per ostentare un'aria da persone "superiori" o evitare critiche, ma moltissimi millennial, oggi genitori, 𝑠𝑖 𝑖𝑚𝑝𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑐𝑎𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑑𝑖 ��𝑟𝑢𝑡𝑡𝑜 anche in discoteca già a 13 anni (oltre ad essere tollerati in famiglia come precoci alcolisti): molto peggio tutto questo del sesso a 13 anni con quasi coetanei, perché il sesso non rovina il cervello, non ti manda con l'auto contro un palo il sabato sera.
Gli anni Ottanta sono famosi non solo per la musica ma anche per 𝗹𝗲 𝘀𝘁𝗿𝗮𝗴𝗶 𝗱𝗲𝗹 𝘀𝗮𝗯𝗮𝘁𝗼 𝘀𝗲𝗿𝗮.
Il mio post potrebbe infastidire gli oggi adulti ipocriti che si riconoscono in quanto da me ricordato, ma è l'unica cosa reale dietro alla costruzione di una verità fittizia data in pasto ai più giovani capace solo di nuocere.
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"Canto di Natale" ("A Christmas Carol"), pubblicato per la prima volta nel 1843, è una delle opere più celebri di Charles Dickens,. Questo racconto breve ha avuto un impatto duraturo sulla cultura natalizia, diventando una lettura imprescindibile durante le festività (...e non solo). Dickens utilizza la sua narrazione per esplorare temi di redenzione, generosità e la vera essenza del Natale.
La storia segue Ebenezer Scrooge, un vecchio avaro che disprezza il Natale e tutto ciò che rappresenta. La sua vita cambia radicalmente quando viene visitato da tre fantasmi la vigilia di Natale. Il Fantasma del Natale Passato lo riporta ai momenti chiave della sua giovinezza, mostrandogli come le sue scelte lo abbiano portato a diventare l'uomo solitario che è. Il Fantasma del Natale Presente gli mostra la vita delle persone che lo circondano, compreso il suo impiegato Bob Cratchit e la sua famiglia, che nonostante la povertà, celebrano il Natale con gioia e amore. Infine, il Fantasma del Natale Futuro gli presenta una visione inquietante della sua morte solitaria e della sua eredità dimenticata.
Il tema centrale del racconto è la possibilità di cambiamento e redenzione. Scrooge, inizialmente un personaggio negativo, ha l'opportunità di riflettere sulle sue azioni e di trasformarsi in una persona migliore. Dickens sottolinea l'importanza della generosità e della comunità. La capacità di Scrooge di cambiare e abbracciare il Natale rappresenta una celebrazione dei valori umani più profondi. L'opera, inoltre, offre una critica alla società vittoriana, evidenziando le ingiustizie sociali e le disuguaglianze. Attraverso la famiglia Cratchit, Dickens pone l'accento sulle difficoltà dei meno fortunati e sull'importanza della solidarietà.
Il racconto è scritto in uno stile accessibile e coinvolgente. Dickens utilizza un linguaggio ricco e descrittivo, capace di evocare emozioni intense. La struttura del racconto facilita il progresso narrativo e mantiene alta la tensione fino alla conclusione, dove avviene il ravvedimento di Scrooge.
"Canto di Natale" ha avuto un impatto significativo sulla cultura popolare e ha contribuito a definire le tradizioni natalizie moderne. Il racconto ha ispirato innumerevoli adattamenti teatrali, cinematografici e musicali, rendendolo una pietra miliare della letteratura.
"Canto di Natale" è molto più di una semplice storia natalizia: è un'opera letteraria profonda e toccante che invita alla riflessione sui valori fondamentali della vita. La sua capacità di emozionare e di ispirare la trasformazione personale lo rende un classico senza tempo, adatto a lettori di ogni età. È un libro che consiglio vivamente di leggere, o rileggere, non solo durante il periodo natalizio, ma ogni volta che si sente il bisogno di ricordare l'importanza della gentilezza e della generosità.
P.S. Se alla lettura del libro aggiungete anche la visione del film "La vita è meravigliosa" diretto da Frank Capra, il Natale si può dire perfetto!
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NAZISTI A CINECITTÀ
"Una vita difficile’ di Dino Risi è da sempre uno dei miei film preferiti. Ciò che non sapevo è che il tedesco che sorprende il partigiano interpretato da Sordi si chiamava Borante Domizlaff ed era un vero nazista. Non uno qualsiasi, ma un maggiore delle SS che agli ordini di Kappler sparò alle Fosse Ardeatine. Dopo la guerra fu imprigionato al Forte Boccea di Roma con Kappler e altri ufficiali nazisti. Cera anche il comandante della X° MAS Valerio Borghese. Dopo un fallito tentativo di evasione furono trasferiti a Regina Coeli e accolti con saluti e slogan dai fascisti detenuti. Il 20 luglio 1948 Kappler fu condannato all'ergastolo e Domizlaff assolto per aver agito "senza la consapevolezza di eseguire ordini illegittimi." Si convertì al cattolicesimo con l'obiettivo di uscire dal carcere e ci riuscì sposando una ragazza italiana, trasferendosi così a Roma. Non ha mai utilizzato nomi falsi e il suo indirizzo era pubblico, anche se portava a una società di produzione cinematografica per la quale forse lavorava. Lo collega al passato una foto scattata nel 1961 per la comunione della figlia. Assieme a lui c'è Mina Magri Fanti, madrina e vicina di casa, ma anche militante dei movimenti neofascisti, era lei che si interpellava con Kappler quando era detenuto. Celebrò la funzione Alois Hudal, il vescovo seguace di Hitler che nascondeva e aiutava i nazisti in fuga. Nella foto c'è anche Vittoria Vigorelli, che lavorava nel cinema come segretaria e forse fu il tramite per introdurre Domizlaff nell'ambiente. L'ex SS recitò anche in ‘La ciociara’ che valse a Sofia Loren l'Oscar come miglior attrice, in ‘Tutti a casa' di L. Comencini e in altri film. Non fu l'unico nazista a interpretare se stesso nei film italiani del dopoguerra. Assurdo che nessuno si sia accorto o abbia sorvolato sulla presenza di un criminale tra le comparse, anche perché lo sceneggiatore de ��Una vita difficile' era Rodolfo Sonego, ex comandante partigiano che per il film si era ispirato alla propria vita, inserendo tra le comparse amici, conoscenti e, forse senza saperlo, un assassino nazista mai pentito.
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" Secondo un dato riferito nel rapporto annuale del Censis (dicembre del 2019), gli italiani sono affetti da una sindrome inquietante: la scomparsa del futuro. E questo provoca una sorta di “stress post-traumatico” collettivo. Assenza di futuro significa cose molto precise. La grande maggioranza vede che la mobilità sociale è bloccata, che l’ascensore sociale è rotto, che l’offerta di lavoro è scarsa; gli operai non sperano in avanzamenti; imprenditori e professionisti temono perfino una brusca scivolata in basso. Grave appare specialmente la condizione dei giovani in età lavorativa. Qui secondo una statistica del 2017 abbiamo il record europeo della cosiddetta generazione «neet» («neither in employment nor in education or training»): giovani tra i 18 e i 24 anni che non studiano, non hanno un lavoro e non lo cercano*. La perdita della memoria e l’ignoranza della storia si sommano all'assenza di futuro. O forse è proprio l’assenza di futuro che provoca una distorsione profonda nel senso del passato. La memoria sociale, detta anche memoria storica, è frutto di una continua rielaborazione di fatti e idee. Ed è qui che ci si imbatte nel ritorno d’attualità di relitti di nazismo e fascismo nelle idee e nei comportamenti collettivi. Ma intanto bisognerà tenere presente il nesso tra memoria del passato e speranza di futuro. "
*La ricerca Il silenzio dei NEET. Giovani in bilico tra rinuncia e desiderio è stata redatta da Annarita Sacco e rivista dallo staff del Comitato Italiano dell'Unicef.
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Adriano Prosperi, Un tempo senza storia. La distruzione del passato, Giulio Einaudi editore (collana Vele); prima edizione: 19 gennaio 2021. [Libro elettronico]
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Quello che sta accadendo in queste ore ad Elena Cecchettin è la perfetta dimostrazione che viviamo in una società patriarcale che non ammette una narrazione diversa da quella imposta dall'uomo:
per una volta una donna -
la sorella di Giulia 103esima vittima di femminicidio - non si adegua al copione prestabilito e non si presenta come donnina da consolare, sofferente e materna come ogni donna dovrebbe essere ma diventa accusatrice del sistema e accusa tutta la società patriarcale, sessista e omofoba, additando ogni singolo uomo come complice di questo sistema, di questa narrazione che è terreno fertile su cui cresce e si nutre ogni femminicidio.
E cosa accade?
Che d'un tratto Elena Cecchettin non è più vittima o sorella della vittima ma diventa colpevole:
colpevole di fare fuorvianti discorsi ideologici, di essere satanista - perché indossa una felpa di un noto brand skater che un pirla leghista (ma che purtroppo riveste ruolo di funzionario pubblico)
scambia, o meglio, vuole scambiare, per un simbolo di satana -
di essere una ragazzina plagiata, di essere una matta che accusa tutti gli uomini di essere degli assassini di piangere poco di piangere troppo
di parlare
eccetera eccetera eccetera
E via a indagare nel suo privato, tra i suoi profili, nelle sue scelte personali, nelle sue toto, e a criticare ogni sua singola espressione, parola, immagine, anche del passato eccetera eccetera eccetera
E così davanti agli occhi di tutti e dell'opinione pubblica intera si commette un altro femminicidio:
non la uccidiamo ma la stiamo mettendo alla gogna.
Perché?
Perché una donna non dovrebbe poter sempre dire quello che pensa.
Soprattutto se quel pensiero non piace a noi maschi.
E quindi ecco che quello che sta accadendo in queste ore ad Elena Cecchettin è la perfetta dimostrazione che viviamo in una società patriarcale, sessista, razzista, omofoba e maschile che non ammette alcuna narrazione diversa da quella imposta da noi maschi:
Perdonaci Giulia
Perdonaci Elena
"Spacchiamo tutto"
Massimiliano Loizzi
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NON TEMO IL PATRIARCATO IN SE' MA IL PATRIARCATO IN ME
Quando ricevo un ask anonimo di cui non è possibile estrapolare il genere della persona che mi scrive, dentro di me parto dal presupposto che sia una ragazza.
Potrei addurre a mia giustificazione il fatto che 8 persone su 10 che mi scrivono appartengono al genere femminile (poi arriviamo anche a questo) ma la realtà è un'altra.
Al netto che il variegato ramo della mia famiglia è composto ad alta percentuale di figlie di eva e che ho passato 25 anni a proteggere e a cercare di far crescere serene due figlie femmine, il fatto è che si accetta istintivamente e culturalmente che sia il sesso debole ad aver bisogno e quindi a chiedere aiuto, mentre i veri uomini ce la fanno da soli e non piagnucolano come delle femminucce.
Guardate quanti stereotipi di genere nell'ultima frase e se forse in giro se ne sente usare sempre meno, alla fine il preconcetto rimane radicato, più o meno apertamente negli uomini ma istintivamente anche e soprattutto nelle donne.
Per ciò che mi riguarda, ho peccato spesso (e succede ancora) di paternalismo ma mi dico che è un riflesso condizionato dell'essere stato una presenza rassicurante e spesso risolvente nella vita delle mie figlie, per cui il mio primo istinto diventa quello di trattare l'interlocutore come se avesse sempre bisogno del mio aiuto.
E bene o male, alla fine, chi ha bisogno del mio 'aiuto' - o meglio, mi scrive per parlare di sé - nella maggior parte dei casi è una persona di sesso femminile (non me ne vogliano le persone binarie o trans ma cerchino di capire il senso di quanto vado dicendo).
Perché i maschi si vergognano.
Non tutti ma abbastanza da rendere asimmetrica le richieste.
Chiamatela maschilità tossica, virilità forzata, machismo o mascolinità egemone ma il risultato è sempre quello.
Uomini fragili perché costretti a essere sempre all'altezza di certe aspettative culturali e sociali, ai quali non è permesso chiedere aiuto per il proprio malessere.
Però non voglio fare un torto a tutti quei figli di adamo che mi scrivono e che davvero non sono pochi, comunque.
Il malessere non ha genere, semmai si declina in contesti e con azioni differenti ma alla fine - al di là che gli effetti devastanti siano più evidenti sulle donne - se faccio fatica io per primo ad aprirmi e a rigettare certi bias patriarcali, figuriamoci se posso chiederlo a uomini decisamente meno fortunati di me.
Perché fino a oggi è dipeso molto dalla fortuna... di avere avuto un padre e una madre amorevoli nel modo giusto, amici e coetanei di un certo tipo, ambienti di studio e di lavoro predisponenti a una certa visione della società.
Fino a oggi fortuna...
Domani vediamo dove ci avrà portato questa nuova sensibilità sociale, spero non effimera e di pancia come dentro di me sento il timore.
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Bei Fior
Questo 25 Aprile è ancora più importante: perchè siamo al culmine di una strisciante strategia di revisionismo, dai tratti sbracati e ingenui (per questo spesso di presa) che continua ad ammiccare, a nascondersi, a non affrontare il problema. Lo fa nonostante sia classe dirigente, lo fa con atteggiamenti antistorici, propagandistici. Lo fa manipolando.
E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull’ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l’importante: che ne restasse sempre uno. Scattò il capo e acuì lo sguardo come a vedere più lontano e più profondo, la brama della città e la repugnanza delle colline l’afferrarono insieme e insieme lo squassarono, ma era come radicato per i piedi alle colline. – I’ll go on to the end. I’ll never give up.
Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny
Questo 25 Aprile è anche importante per un altro anniversario.
50 anni fa una rivoluzione pacifica mise fine ad un regime che credeva fosse meglio vivere non nel presente, ma cento anni nel passato. Un regime che vigeva dal 1926: con il colpo di Stato del generale Carmona, Antonio de Oliveira Salazar è nominato Ministro delle Finanze con pieni poteri nel 1928 e nel 1932 Salazar si trasforma nel dittatore che, attraverso il suo Estado Novo, controllerà per 35 anni ogni aspetto della società portoghese. Nel 1968 una trombosi cerebrale, causata da un incidente domestico, lo allontana per sempre dal potere. Viene quasi subito sostituito da Marcelo Caetano, ma fino al giorno della sua morte nel 1970 rimane convinto di essere ancora il Primo Ministro. Pare che nessuno ebbe mai il coraggio di dirgli la verità. Dopo decenni di oscurantismo, censura, mancate libertà personali, l'ossessivo controllo della PIDE (poi DGS) la polizia politica, istruita dalla Gestapo e dalla CIA, che controlla l'intera popolazione in patria e nelle colonie, dove sin dagli anni '60 ribollono istanze di indipendenza (Angola, Mozambico, Guinea-Bissau). E In Portogallo furono i militari, tramite il Movimento das Forças Armadas, che organizzarono prima un movimento clandestino, poi un effettivo golpe incruento volto a far cadere il Governo Caetano.
La sera del 24 Aprile poco prima di Mezzanotte, il segnale fu lanciato: per la radio di Stato passò una canzone, Grândola vila morena del cantautore e attivista politico José Afonso, da sempre bandita. In poche ore un corteo pacifico di mezzi corazzati entra nel centro di Lisbona. Caetano prima si rifugia nel Palazzo della Guardia Civil, poi si arrende. Il 25 Aprile, sparsa la notizia, la gente si riversa in piazza, e una fioraia, felicissima, inizia a distribuire garofani rossi ai soldati, che li infilano nei loro fucili. È il simbolo della Rinascita: il 1° Maggio 1974 il Portogallo festeggia la Festa dei Lavoratori dopo 46 anni. La Transizione sarà lunga e difficile, ma i Militari mantengono le promesse: indipendenza alle colonie, libere elezioni, un progressivo ammodernamento del Paese.
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Vi racconto una cosa di Twitter.
Almeno di quando ci lavoravo, anche se non penso che le cose siano cambiate. Non potrei farlo per via di una questione contrattuale, non potrei neanche dire che ho lavorato su twitter per contratto, comunque. C'è, o c'era ma vi ripeto certe cose non cambiano, una policy che si chiama 'gloryfication of violence' dove chi inneggia ad una qualsiasi violenza facendola passare come una cosa buona va punito, di solito cancellando il tweet ma se è a livello profilo anche il profilo va eliminato, per esempio se io scrivo che il baffetto stava facendo una cosa buona con gli ebrei cado in questa policy. Però mi capitò un caso dove la polizia, americana, uccise un tizio perché gli aveva tirato una molotov nella macchina e il tweet recitava tipo "hanno fatto bene ad ucciderlo sto tizio", levando il fatto che mi sono beccato un errore (ma questo è un altro discorso) e che l'analista mi fece rileggere a voce alta alcuni punti della policy, fastidio, tale policy non è applicabile "alle violenze che la polizia perpreta sui civili", al che ho fatto notare all'analista che non è una cosa buona perché così facendo, cioè lasciando le malefatte dei poliziotti sulla piattaforma si istiga all'odio verso la pula, l'analista era d'accordo con me ma siccome il lavoro era quello di seguire le policy mi sono beccato sto errore e sono dovuto stare zitto nonostante sia una cosa assurda. Questo perché come vi ho già detto in passato la piattaforma, come anche le altre made in usa, sono soggette al volere del governo americano, se il governo ti dice che devi seguire una linea tu lo fai se no ti fanno chiudere. Perché vi racconto sta cosa? Perché oggi ho letto un articolo su Ansa che parla di un assalto da parte di ragazzi ad una macchina della polizia, nel giornalino c'è scritto bene e diverse volte 'antagonisti', ma anche anarchici dei centri sociali, che c'azzecca?, perché nell'articolo si dice che non è tollerabile, perché manganellare dei ragazzi inermi è tollerabile? Poi c'è anche scritto che la dirigente di Pisa la spostano a Pescara, un pò come fa la chiesa con i preti pedofili invece di punirli li sospende per un pò e li sposta in un'altra chiesa, così si allarga il danno. Questa è una deriva regalataci dagli amici yankee? Oppure è solo emulazione da parte del governo attuale verso un sistema che fa gola per via del nazi/fascio che hanno intriso dentro? Sempre gli americani ah! Stiamo andando in quella direzione, o come negli stati uniti, dove poliziotti razzisti picchiano i ragazzini di colore malamente? Visto un video sempre su twitter per lavoro e ho dovuto lasciarlo perché non potevo cancellarlo grazie alla policy sopracitata, quindi le forze dell'ordine saranno usati sempre più per punire comportamenti che non piacciono al governo? Portandoli così ad essere odiati e di conseguenza quando succede qualcosa non li chiami perché potrebbero prendersela con te che in realtà ne hai bisogno. Sempre perché il governo attuale ha bisogno di cani rabbiosi, proprio come gli americani hanno bisogno che i sudditi siano cattivi e seguano una linea che porta al disordine e al caos.
Tutto questo accade dopo le dichiarazioni di ursula sul riarmo europeo, sulla guerra, sulle questioni spinose che in questo momento il vecchio continente sta affrontando, sempre grazie ai nostri alleati tossici. Qualcuno dice che sono mosse politiche pre elezioni, può essere, secondo me Ursula sta cercando di prendersi il posto dello stoltonberg a capo della NATO, quindi deve dimostrare di essere in linea con quegli psicopatici paranoici, perché io che sono europeo, come tutti voi, non la volevo questa guerra, non avrei mai voluto una guerra se pur per procura, non è la nostra guerra, se gli stati uniti vogliono distruggere la russia che vadano loro dalla parte dell'Alaska e non vengano qua a rompere i coglioni a noi che abbiamo già da doverci difendere da politici inutili che minano la nostra società. Nessuno vuole che l'Europa sia libera e indipendente per il fatto che una superpotenza con un grande passato e un futuro roseo potrebbe creare problemi a livello mondiale, quindi gli amichetti yankee non potrebbero fare le loro merdate in giro per il mondo, ma direi che è anche ora di levarci di torno sti adolescenti bulli che sanno solo roteare le loro pistole.
Mi fermo qua, perché potrei anche andare all'infinito e ho tante cose da fare oggi.
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