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#schiusa
l-incantatrice · 4 months
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Io bianca betulla
del verde privata
e d’oro vestita,
non più fanciulla
mi sento rinata
tra le tue dita,
un tocco, un nulla,
schiusa è la soglia,
arde il mio fuoco,
sei vento d’autunno
che ora mi spoglia
a poco a poco...
Nel gelo notturno
l’ultima foglia
cade leggera,
mi tieni in pugno
esplode la voglia
e sogno s’avvera
Leona savelli
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instabileatrofia · 6 months
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Schiusa, in attesa di Primavera conclamata
I.S.A.
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solochiacchiere · 1 year
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Vento d'autunno e di passione. E polvere,
polvere che striscia sulla terra
di queste vie più candide che ossa.
Tempo, questo, che il cuore oppresso s'agita,
revoca in dubbio quel che fu reale,
non fiaba, non apparizione vana.
Tue notizie che possono recarmi?
Ti conosco abbastanza per saperti
inquieta, sono certo che osi appena,
se pure osi, chiederti che penso.
Penso a te, alla tua passione schiusa,
alla luce di gemma ch'è dell'Umbria
di prima estate tra Foligno e Terni,
mi chiedo, scusa la follia, se mai
una gioia sarà gioia per sempre
o comunque sia colma la misura
delle cose che devo amare e perdere.
Mario Luzi
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gregor-samsung · 1 year
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“ Seduta sul letto, con la camicia da notte scomposta sul corpo e le gambe nude fino al biancore dei fianchi, lasciavo che la brezza della notte arrivasse dal balcone aperto sulla strada silenziosa. Stava esplodendo l’estate, benché si fosse ancora in maggio, e l’odore passo e carnale di certe rose gialle che fioriscono in quel mese giungeva fino a dentro la stanza, e si mescolava all’odore stralunato del mio corpo. A tratti, quand’anche non sudassi, sentivo giungere gli effluvi delle mie ascelle, laddove una tenue peluria bionda era cresciuta a proteggere l’incavo che, dalle braccia, sale fino alla morbidezza dei seni. Se infilavo le mani in quel punto segreto e pudico della mia femminilità, scoprivo di non sapere quand’era accaduto che avessi dismesso le sembianze fanciulle per divenire una donna. Mi annusavo lentamente, con una voluttà senza memoria, scoprendomi a me stessa per la prima volta; mi cullavo dolcemente, come si culla un bambino stretto fra le braccia, e ripetevo piano il mio nome, come se a chiamarmi fosse lui: “Chiara!” sussurravo, “Chiara! ” E nel sentire il suono del mio nome, immaginavo che lui tremasse intenerito. “Chiara! Moglie mia!” ripetevo, mentre le braccia incrociate attorno al corpo, mi stringevano con forza dolorosa. Sentivo aggiungersi, all’odore della pelle, un aroma pungente di succhi segreti che il corpo, languidamente, scioglieva. Dondolavo profondamente cullandomi nell’abbraccio, e l’aria della notte mi accarezzava con un brivido meraviglioso. Oh! Mi sarei amata anch’io: ero bella, e la bellezza mia non era muta. Un piacere sottile si irradiava per tutto il cammino dei nervi, e le tempie, mano a mano, battevano un ritmo denso e convulso. Le mani, sciolto l’abbraccio con cui mi cingevo, corsero al cuscino che ristava abbandonato sul letto. Con un gesto impetuoso, lo abbracciai come fosse stato il mio amato, e mi volsi a esso affamata d’amore. Lo accarezzavo come se, sotto le mie mani, ci fosse non il grezzo lino, ma la sua cara pelle sconosciuta ai miei sensi; chiudevo gli occhi e lo cercavo con la punta sensibile delle dita: qua c’era l’incavo leggero del naso, proprio dove la fronte diritta e breve inizia correndo fino all’attaccatura dei capelli riccetti e lucidi che gli coronano il capo, come un’aureola cupa. Qua ci sono le orecchie grandi e attaccate alla testa, con i lobi carnosi e tondi che si arrossano lievemente per l’eccitazione; se li sfioro per caso, mi giunge l’ondata del loro calore. Qua, seguendo a occhi chiusi la linea degli zigomi, si giunge fino alla mascella dura, da zingaro e, accarezzando con un brivido la barba che cresce ruvida e insieme tenera, si tocca la fossetta sul mento; un ammicco lievissimo di quella più aperta che ha sulla guancia. No! Non gli tocco le labbra carnose e sanguigne che si chiudono sui denti bianchi e aguzzi da animale carnivoro. Lentamente, inghiottendo saliva arida, percorro la linea struggente degli occhi; quel richiamo doloroso al mio sangue che fiammeggia sotto la sua fronte. Questi occhi catturanti dei D’Auria: così belli e così malinconici; così appassionati e così vuoti; così avveduti e così folli. In questi occhi vorrei perdermi per sempre, anima mia! Così sussurro, mentre cerco la bocca che intanto si è schiusa sui denti che illuminano la notte. Poso le mie labbra sulle sue in un bacio casto come il primo suggimento di un neonato. “Vita mia!” lo imploro, e sento che non vivrò senza di lui. “
Mariateresa Di Lascia, Passaggio in ombra, Feltrinelli (collana I Narratori), 1995¹; pp. 241-242.
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susan-38 · 8 months
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Tempo fa
Un giovane mi disse
Che ero fresca
come una rosa.
Così pensai al sangue
Del cuore spezzato
Di un giovane amante
Che come un petalo cadde
In nome di Amore
Gocciolante
Straziante
Pazzo è colui che muore d'angoscia
Sotto i veli sgargianti di un'odalisca
Mille e una notte ancora
Dove tutto s'avvera
L'amore prende vita
Fumose notti ardite
Lanci di acute strida
In un lento languore di voluttà.
Amore sbocciato come una rosa
appena schiusa
quella gioventù che riaffiora
sprofondata nell'estasi dell’oblio,
quel grido che vola in segreto
dell’animo in tumulto
di una seduzione appena gustata
per scoprire anche
il piacere di una spina.
Quell'esplosione di felicità
che si libera nel cuore
e fa tremare i sensi
in un letto palpitante di lussuria
E poi ancora
Fiore
Colore
Sapore
Rosa
così accesa
così rossa di tenero sangue.
Fu solo un morso alla vita
Tra risa
Silenzi ed urla
Tornare rosa
Sola sopra lo stelo
Per ritrovare un lembo
Di pelle anima e unghie.
(SusanLett)
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     🎨Francine van Hove
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scorcidipoesia · 10 months
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Dopo di te sono spopolata, una nuvola senza popolo delle nuvole, un'anima senza angoli, spazzata da vento impetuoso. Un nòcciolo senza frutto. Respiro forte sotto cielo duro. Sovraesposta e schiusa, mi aggiro appena nata per la città fragorosa e tocco muri con dita vegetali, li conto, come prove numeriche di essere al mondo, lo stesso mondo. Chandra Livia Candiani
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mezzopieno-news · 2 years
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ARRIVA IL PRIMO VACCINO CHE SALVA LE API DALLA PESTE
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Il primo vaccino per le api è stato approvato e apre la strada al controllo di una serie di virus e parassiti che hanno decimato la popolazione globale di insetti impollinatori in tutto il mondo. È il primo vaccino pensato per un insetto.
Il vaccino è costituito da larve inattive di Paenibacillus, il batterio che causa la peste americana, e si presenta sotto forma di cibo che può essere incorporato nella pappa reale, il nutrimento zuccherino somministrato alle api regine. Una volta ingerito raggiunge le loro ovaie, trasmettendo l’immunità alle larve in via di sviluppo, prima della loro schiusa. L’introduzione del vaccino arriva in un momento critico per le api mellifere, insetti vitali per il sistema alimentare e per l’equilibrio ecologico mondiale, in declino a livello globale a causa del cambiamento climatico, dei pesticidi e delle malattie come la peste americana, una infezione batterica molto aggressiva che si diffonde rapidamente da un alveare all’altro e che durante il 1800 e il 1900 ha spazzato via migliaia di colonie di api.
Almeno tre quarti delle piante da fiore richiedono l’assistenza degli impollinatori per produrre frutti e semi. “Gli apicoltori non vorrebbero dover usare più gli antibiotici che la maggior parte dà una volta all’anno” ha dichiarato Chris Hiatt, allevatore di api e presidente dell’American Honey Producers Association: “Questo vaccino può raggiungere migliori risultati”. “Le api dovrebbero avere gli stessi strumenti per prendersi cura di loro che abbiamo per i nostri polli, gatti e cani”, ha ricordato Annette Kleiser di Dalan.
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Fonte: Dalan Animal Health; Business Wire
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Stasera, per un attimo,
sul palcoscenico aperto
hai danzato per me.
Tra le povere scene di carta,
sotto le luci false,
nel frastuono di note e nel respiro
della folla piegata,
s'è fatta per un attimo
una pausa altissima,
un brivido di estatica purezza,
e hai sfiorato i tappeti
in un cielo d'aurora.
Sei stata per me, un attimo,
la raffica di musica che
da una porta schiusa
si riversa in un turbine
nella strada notturna.
Per un attimo solo,
in una luce splendida,
poi sei tornata nuda.
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Cesare Pavese
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petalidiagapanto · 1 year
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«La vita è bella
sii saggio, mio cuore.
Batti stancamente
più sordo, più piano...
Vedi, ho letto che
l'anima non muore»
.
(Anna Andreevna Achmatova,
da La porta è schiusa)
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foxpapa · 1 month
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siciliatv · 2 months
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La schiusa delle uova di Caretta caretta: sono nate 117 tartarughine. "E' stato un grande successo"
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La schiusa delle uova di Caretta caretta: sono nate 117 tartarughine. "E' stato un grande successo" La notte del 28 maggio 2024 mamma tartaruga ha deposto 125 uova al lido Kaeso a Realmonte e nelle... #SiciliaTV #SiciliaTvNotiziario Read the full article
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lecodellariviera · 3 months
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Perchè Arma ha perso la Bandiera Blu se una tartaruga Caretta Caretta ha scelto proprio il mare di Taggia e la sabbia del Piccolo lido per figliare?
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Al turismo, ai cittadini, agli ospiti di Arma e di Taggia, all'amministrazione Conio, è tornato il sorriso. Dopo anni di successi l'aver perso inaspettatamente e malamente a maggio la Bandiera Blu per l'estate 2024 aveva, infatti, aperto un'autostrada a "mugugni" e legittimi interrogativi. A riparare danni, rilanciare, a tirare le orecchie a chi ha sbagliato, a mettere questa volta le cose a posto ci ha pensato non l'uomo (per fortuna?), ma la natura. Sono state infatti le tartarughe  marine Caretta Caretta,  animali tra i più antichi della terra. Da giorni quotidiani, media, social, riviste non parlano d'altro. Pubblicità e promozione cadute dal cielo straordinarie. Per la prima volta nella storia tabiese queste tartarughe, quasi sfidando la sentenza dei giudici della Bandiera Blu, quest'anno infatti hanno scelto il mare, le spiagge, il sole, gli arenili di Arma come sede più idonea, pulita, accogliente del Mediterraneo non per una vacanza o alla ricerca di zone di mare e di pesca più abbondanti, ma per compiere nel migliore dei modi l'atto fondamentale della vita. Nello specifico, nella sabbia  dello storico stabilimento balneare Piccolo Lido, di "Lito & family Cichero", all'ombra del campanile di Sant'Erasmo, patrono dei marinai, una tartaruga Caretta Caretta ha sepolto 80-100, forse anche più uova per far nascere in piena estate, in una zona ideale, a pochi passi da un mare pulito, tranquillo, protetto  i suoi piccoli.
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Lito Cichero
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La moglie Paola
Sul posto sono subito intervenuti tecnici del Gruppo Ligure Tartarughe Marine, l'Acquario di Genova, l'Associazione Delfini del Ponente, il Comune, la Guardia Costiera, l'Università di Genova, l'Arpal, bagnanti, turisti italiani, stranieri, soprattutto francesi armati di telecamere, cellulari, foto a go gò. A scoprire  per prima le tracce di tartaruga sulla sabbia e pensare ad un loro possibile nido al  "Piccolo Lido" è stata Federica Turco che, prontamente, ha telefonato ai vari enti interessati. Tra i primi ad intervenire il responsabile dei bagnini, Franco, amante degli animali, da 15 anni ha in casa e la porta al mare, fotografatissima dai turisti, Medea, uno splendido, coloratissimo e loquace pappagallo femmina.
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Al centro il bagnino Franco con i biologi marini
Poi lo staff di "Lito", il sindaco Conio e company. La zona del nido è stata subito protetta con transenne, avvisi. Si trova tra sdraio, ombrelloni, bagnanti, ed è meta di un numero sempre crescente di persone, tanti ragazzi, curiosi, amanti della tintarella, delle novità. Avere a portata di mano o di click fotografico il nido di tartarughe marine Caretta Caretta, infatti, non è roba da poco. Ad Arma poi...ha quasi dell'impossibile. Invece possibilissimo. Qualcuno si domanda anche perchè sia stata tolta ad Arma la Bandiera Blu se, proprio quest'anno, il mare di Arma è stato scelto, ritenendolo naturalmente tra i più puliti ed adatti, per generare, continuare la specie addirittura da tartarughe Caretta Caretta che, com'è noto, rischiano brutalmente di scomparire perchè il mare, gli oceani, per loro non sono più l'Eden, ma parte del globo pericolosissimo proprio per l'inquinamento crescente. 
Buona estate a tutti ed appuntamento a fine agosto per assistere all'eccezionale schiusa ed alla prima entrata in mare di tantissime tartarughine. 
Roberto Basso
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pietrosretino · 3 months
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fatti guardare
vestita, in piedi, al muro , con la mano tormentante, la bocca schiusa, la lingua in cerca e poi scossa, in un grido gioioso
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luigifurone · 5 months
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56. (Lettera)
Mia Cara,
mi è capitato per caso sotto gli occhi, l’altro giorno, un filmato di un tizio che a pelle non mi piaceva affatto. Ho ascoltato solo le prime parole. “Dobbiamo riscoprire il valore dell’attesa.” Devo dire che mi sono rimaste appresso. Nella mente ha cominciato a prendere forma un qualcosa, e la musa ha parlato.
“Le mie parole sono le mie mani, le sole con cui possa toccarti, perciò scrivo e scrivo e scrivo”. Il mosaico s’è mostrato. Ho pensato di scriverti una lettera, come si usava qualche tempo fa. Scritta a mano, con la penna. Una lettera che avresti ricevuto qualche giorno dopo. Lettera, parole, attesa. Quando in quegli anni si scriveva si poteva scrivere di getto, è vero, ma certo consegnavamo al tempo la nostra bottiglia, il nostro messaggio, sperando che le onde toccassero il nostro bersaglio, e che lui potesse accogliere quelle parole nel modo da noi segretamente sperato. Una sfida. Un sacrilegio, oggi, in cui la contemporaneità ci sfianca. Era una idea che mi piaceva, mi piaceva assai, questo fatto di sfidare il tempo, dico. Di mormorargli … “Che puoi farmi? Che puoi fare, di questo sentire? Non crederai che sia così leggero da essere già disperso, domani? No, non crederlo. È un sentimento ambizioso, questo. Di tutto ha paura, ma non di te.” Una cosa romantica, sicuramente, ma tant’è. Poi avresti ricevuto la mia lettera, l’avresti letta, forse ti sarebbe piaciuta, forse l’avresti tenuta conservata in un cassetto, nelle pagine di un libro. Forse sarebbe rimasta impilata tra i volumi dei tuoi ricordi o dei tuoi desideri. Le mie parole sono le mie mani, perché solo con le parole ti posso toccare, così ti scrivo e ti scrivo e ti scrivo.
“Come un granchio sui piccoli quarzi, le chele puntute e lievi, minuscoli tocchi.” Era sempre la musa. Le dita l’avevano invitata sulla tua schiena. Chissà perché mi vieni a visitare a pezzi. Per fortuna sono ottimi pezzi. Per fortuna sei intera e dai senso al tutto. La tua schiena mi è comparsa come immagino che sia adesso, che s’accarezza del sole dolce del tardo pomeriggio, appena schiusa dall’acqua, acqua quasi ispessita. Era la tua schiena ed era una spiaggia. Una caletta difficile da raggiungere, per i turisti troppo indaffarati, troppo frettolosi. Una caletta che invitava senza invitare, un racconto, quasi una spiaggia del mito, che si svela solo a qualche fortunato ed intraprendente viaggiatore, benedetto dalle divinità o dalle bufere e anche già pronto di suo a perdersi. Una caletta sabbiosa, per nulla calpestata se non da qualche granchio di passaggio, dal vento, dalle onde più corpose. Tutti questi minuscoli esseri, tutte queste caparbie insuperabili forze, erano le mie mani, ora leggere da fartele sentire appena, ma che le sentissi, ora desiderose e forti, che le sentissi con tutto il loro intatto vigore. Tutti i modi del mio desiderio, tutti quelli che io conoscessi per potermi coniugare a questa tua orgogliosa, fiera e delicata bellezza.
E così, fossi pure stato un naufrago in questo piccolo approdo, s’è rivelato luminoso e patente quanto non avessi più voglia o bisogno di cercare un’altra strada, ché avevo trovato qui il luogo dove le strade scompaiono. La tua schiena. Tu.
Ti lascio queste mie parole, allora, nell’attesa che tu le legga e chissà, che tu decida di conservarle. E che tu sappia che mentre le starai leggendo ancora io ti starò guardando.  
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alonewolfr · 8 months
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Coprirmi grandemente. Scioglimi in me resta. E poi fammi respirare lenta, schiusa, dentro la tua testa.
|| Patrizia Cavalli
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franronc · 8 months
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Puoi sederti, accomodati mentre aspetti la schiusa delle tue semine, non sarà tempo perso, lo garantisco, ma tempo preso per imparare i giorni necessari affinché tutto possa manifestarsi e accadere.
Puoi togliere l'orologio e smettere di controllare e chiedere il quando, quando?
La risposta sta solo dentro al seme che hai affidato al futuro e non parla le parole, indica solo di sopportare il silenzio e l'attesa, l'incertezza e tutti i chi lo sa; ti spinge a indietreggiare, a lasciarlo fare e a lasciarti un po' stare.
Puoi sederti e intanto ricordare che per fare un anno ci vogliono 365 giorni, una luna piena si fa in 29 giorni e mezzo, per un pomodoro, di giorni se ne aspettano almeno 120, 90 per una manciata di patate, 100 anni per un bosco su un terreno incolto, 280 giorni per un figlio o una figlia e devi aspettare 75 anni per conquistare l'età in cui sarai definita anziana, tra i 650 e i 680 giorni perché un elefante venga al mondo, tutte le stagioni per fare il pane, una vita intera per tendere a chi sei e più di una per provarne anche altre, trenta secondi per innamorarti e 21 giorni per iniziare a cambiare una abitudine. Quattro stagioni per una margherita, circa un centinaio di milioni di anni per una stella simile al sole, un attimo per morire, tutta la vita per vivere e un battito di cuore per un sogno.
Siediti, puoi farlo, puoi sopportare l'idea che nonostante tutto sembra andare velocissimo, i fatti di vita hanno un altro tempo: il tempo del cielo e della terra, il respiro dei fili d'erba.
Siediti, e se ti sembra tardi, ricorda che sei nel tuo tempo giusto.
La Raccontadina
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